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Viaggio apostolico in Giordania e Israele

Ultimo Aggiornamento: 08/07/2009 21:40
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16/05/2009 01:43
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Parole del Papa ai giornalisti sul volo di ritorno a Roma
“Una decisa volontà al dialogo interreligioso”



ROMA, venerdì, 15 maggio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo le parole rivolte questo venerdì da Benedetto XVI ai giornalisti presenti sul volo papale di ritorno a Roma, a conclusione del pellegrinaggio in Terra Santa.

* * *

Cari amici,
grazie per il vostro lavoro. Immagino come era difficile, circondato da tanti problemi, tanti trasferimenti, ecc., e vorrei ringraziare che avete accettato tutte queste difficoltà per informare il mondo su questo pellegrinaggio, invitare così anche altri al pellegrinaggio in questi luoghi santi.

Ho già fatto un breve riassunto di questo viaggio nel discorso all’aeroporto, non vorrei aggiungere molto. Potrei portare tanti, molti dettagli: la commovente discesa nel punto più profondo della terra, al Giordano, che per noi è anche un simbolo della discesa di Dio, della discesa di Cristo nei punti più profondi dell’esistenza umana.

Il Cenacolo, dove il Signore ci ha donato l’Eucaristia, dove c’è stata la Pentecoste, la discesa dello Spirito Santo; il Santo Sepolcro, tante altre impressioni, ma mi sembra che non sia il momento di farlo.

Forse, tre sono le impressioni fondamentali: la prima è che ho trovato dappertutto, in tutti gli ambienti, musulmani, cristiani, ebrei, una decisa volontà al dialogo interreligioso, all’incontro, alla collaborazione tra le religioni.

Ed è importante che tutti vedano questo, non solo come un’azione - diciamo – per motivi politici nella situazione data, ma come frutto dello stesso nucleo della fede, perché credere in un unico Dio che ha creato tutti noi, Padre di tutti noi, credere in questo Dio che ha creato l’umanità come una famiglia, credere che Dio è amore e vuole che l’amore sia la forza dominante nel mondo, implica questo incontro, questa necessità dell’incontro, del dialogo, della collaborazione come esigenza della fede stessa.

Secondo punto: ho trovato anche un clima ecumenico molto incoraggiante. Abbiamo avuto tanti incontri con il mondo ortodosso con grande cordialità; ho potuto anche parlare con un rappresentante della Chiesa anglicana e due rappresentanti luterani, e si vede che proprio questo clima della Terra Santa incoraggia anche l’ecumenismo.

E terzo punto: ci sono grandissime difficoltà – lo sappiamo, lo abbiamo visto e sentito. Ma ho anche visto che c’è un profondo desiderio di pace da parte di tutti. Le difficoltà sono più visibili e non dobbiamo nascondere le difficoltà: ci sono, devono essere chiarite. Ma non è così visibile il desiderio comune della pace, della fraternità, e mi sembra dobbiamo parlare anche di questo, incoraggiare tutti in questa volontà per trovare le soluzioni certamente non facili per queste difficoltà.

Sono venuto come un pellegrino della pace. Il pellegrinaggio è un elemento essenziale di molte religioni, così proprio anche dell’Islam, della religione ebraica, del cristianesimo. È anche l’immagine della nostra esistenza, che è un camminare avanti, verso Dio e così verso la comunione dell’umanità.

Sono venuto come pellegrino e spero che molti seguano queste tracce e così incoraggino l’unità dei popoli di questa Terra Santa e diventino anche messaggeri di pace. Grazie!





Il Papa: l'Olocausto, brutale "sterminio" di un "regime senza Dio"
Una mano tesa a quanti lo avevano criticato



TEL AVIV, venerdì, 15 maggio 2009 (ZENIT.org).- Benedetto XVI è stato accusato da alcune personalità ebraiche di non aver utilizzato la parola "assassinio" e di non aver fatto riferimenti al nazismo nel suo discorso al Memoriale dell'Olocausto di Yad Vashem. Congedandosi da Israele, il Pontefice è andato oltre a ciò che volevano i suoi accusatori, denunciando che quei morti sono stati "brutalmente sterminati" da "un regime senza Dio".

Nella cerimonia di congedo celebrata all'aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv questo venerdì, il Pontefice ha pronunciato un accorato discorso di ringraziamento, in cui ha riassunto il suo messaggio di pace per queste terre e i molti incontri di questi giorni, soffermandosi solo su uno di questi, la visita al Memoriale e il suo incontro con i sopravvissuti alla Shoah.

"Quegli incontri profondamente commoventi hanno rinnovato ricordi della mia visita di tre anni fa al campo della morte di Auschwitz, dove così tanti Ebrei - madri, padri, mariti, mogli, figli, figlie, fratelli, sorelle, amici - furono brutalmente sterminati sotto un regime senza Dio che propagava un'ideologia di antisemitismo e odio", ha detto il Papa.

"Quello spaventoso capitolo della storia non deve essere mai dimenticato o negato. Al contrario, quelle buie memorie devono rafforzare la nostra determinazione ad avvicinarci ancor più gli uni agli altri come rami dello stesso olivo, nutriti dalle stesse radici e uniti da amore fraterno", ha aggiunto.

Alcuni rappresentanti ebraici avevano anche rimproverato il fatto che il Papa non avesse alluso alla sua origine tedesca nel discorso allo Yad Vashem. Il Papa ha risposto implicitamente citando il discorso che ha pronunciato ad Auschwitz, dove ha fatto quel riferimento (28 maggio 2006).

In quel discorso, il Papa spiegò che visitava Auschwitz "come figlio del popolo tedesco", considerando che per questo la sua visita era "un dovere di fronte alla verità e al diritto di quanti hanno sofferto, un dovere davanti a Dio", condannando anche la barbarie nazista.

Con questo discorso di congedo, pronunciato davanti al Presidente israeliano Shimon Peres e al Primo Ministro Benjamin Netanyahu, il Papa ha risposto alle critiche, evitando ogni polemica. Al contrario, come ha affermato, le sue erano le parole di un "amico degli israeliani".






Riunione tra il Papa e Netanyahu sulla pace in Medio Oriente
Incontro bilaterale Santa Sede-Israele sull'applicazione degli accordi



NAZARETH, venerdì, 15 maggio 2009 (ZENIT.org).- Benedetto XVI e il Primo Ministro di Israele, Benjamin Netanyahu, hanno affrontato le sfide della pace in Medio Oriente nell'incontro privato che hanno avuto questo giovedì in occasione della visita papale in Terra Santa.

Nel colloquio è stato analizzato il processo di pace alla luce degli incontri che il Papa ha avuto in questo periodo con altri leader.

L'incontro, svoltosi nel convento dei francescani a Nazareth, è durato circa 15 minuti, come ha riferito il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi S.I.

Concluso l'incontro privato, il Papa e il Primo Ministro israeliano hanno partecipato insieme alla riunione delle due delegazioni sulle trattative bilaterali tra Santa Sede e Israele per l'attuazione dell'Accordo Fondamentale e sulle difficoltà per il rilascio dei visti per il personale religioso.

La delegazione vaticana era composta, tra gli altri, dal Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone, dal Sostituto della Segreteria di Stato, l'Arcivescovo Fernando Filoni, e dal Nunzio in Israele, l'Arcivescovo Antonio Franco.






Benedetto XVI: “possa la speranza levarsi sempre di nuovo”
Durante la visita nella Basilica del Santo Sepolcro

di Mirko Testa


GERUSALEMME, venerdì, 15 maggio 2009 (ZENIT.org).- Il culmine del pellegrinaggio papale sulle orme di Gesù e tra le pietre vive della Terra Santa è stato una invocazione accorata affinché ritorni a sbocciare la speranza in questa terra martoriata da conflitti e tensioni apparentemente insanabili.

Dopo aver preso parte all’incontro ecumenico presso il Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme, Benedetto XVI ha percorso le vie strette della città vecchia per recarsi alla Basilica del Santo Sepolcro.

Sulla porta è stato accolto dai Padri di Terra Santa insieme ai rappresentanti del Patriarcato greco-ortodosso e della Chiesa armena apostolica, che in base allo “statu quo”, il decreto imperiale emesso dal Sultano turco nel 1852, sono i principali responsabili della vita delle 6 comunità cristiane presenti all'interno della Basilica.

Subito dopo padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, si è inginocchiato per baciare la “Pietra dell'Unzione”, il marmo che ricorda il luogo dove Gesù, deposto dalla croce, venne cosparso di unguenti.

“Il suo pellegrinaggio in Terra Santa – ha detto padre Pizzaballa – si conclude proprio qui, al Sepolcro vuoto di Cristo. Come non ricordare in questo momento la corsa di Pietro apostolo al Sepolcro, insieme al discepolo che Gesù amava, subito dopo la sua risurrezione?”.

“Da allora milioni di pellegrini sono giunti qui per compiere lo stesso gesto. Venire a vedere il Sepolcro vuoto – ha aggiunto –. Piegarsi per entrare nel Sepolcro e toccare queste pietre, testimoni fino ai nostri giorni, di quell’evento straordinario”.

“Il messaggio del Sepolcro vuoto non è una sorta di omaggio di pietà, ma è anzi un annuncio di gioia e di slancio, un guardare sempre al di là dell’orizzonte fino a scorgere i profili dell’alba”, ha proseguito.

“Grazie, Beatissimo Padre, per la sua alta testimonianza di Pace, consegnataci in questi intensi giorni di pellegrinaggio – ha detto il Custode di Terra Santa – . Ci sproni, ora, a seguire Gesù ovunque, senza paura, con la gioia dei figli, amati e salvati”.

C'è quindi stato l'Ingresso solenne del Papa, secondo il cerimoniale riservato molto tempo fa a tutti i gruppi di pellegrini che si recavano al Santo Sepolcro e che venivano accolti ufficialmente dal Custode di Terra Santa, incaricato da Papa Clemente VI con una bolla del 1342 di risiedere a Gerusalemme e di accogliere i fedeli.

Attraversata poi la porticina alta appena un metro e trentatré centimetri che permette di accedere al Sepolcro, il Santo Padre si è quindi inginocchiato per baciare la lastra di marmo che ricopre la roccia originale sulla quale venne deposto il corpo senza vita di Gesù.

Successivamente, nel rivolgere un breve saluto al Santo Padre il Patriarca latino di Gerusalemme, Sua Beatitudine Fouad Twal, ha detto “ora, siamo venuti in processione dalla pietra dell'Unzione alla Tomba vuota cantando il Te Deum, il grande inno di lode e di azione di grazie a Dio”.

“Questo Te Deum, lo cantiamo per esprimere la nostra gioia che Lei abbia potuto effettuare questo pellegrinaggio malgrado la situazione così complicata, il carico assai pesante che Lei porta e la conseguente fatica”, ha detto.

“Come Lei lo può costatare, Beatissimo Padre, la distanza tra la tomba della Resurrezione e il Golgota è assai breve”, ha osservato.

“Ugualmente noi speriamo – ha continuato – che, grazie alla preghiera della Chiesa, con l'impegno della comunità internazionale e per l'azione di tutti gli uomini di buona volontà, non resterà lontano dalle nostre croci quotidiane l'evento della pace e della giustizia”.

“Né il conflitto, né l'occupazione, né i muri di separazione, né la cultura di morte, né l'emigrazione dei cristiani non giungeranno ad abbattere il nostro morale, a spegnere la nostra speranza e ad immergerci nella gioia!”, ha esclamato infine.

Nel suo discorso il Papa ha ricordato che “qui Cristo morì e risuscitò, per non morire mai più. Qui la storia dell’umanità fu definitivamente cambiata”.

“La tomba vuota ci parla di speranza, quella stessa che non ci delude, poiché è dono dello Spirito della vita”, ha detto.

“Questo è il messaggio che oggi desidero lasciarvi, a conclusione del mio pellegrinaggio nella Terra Santa. Possa la speranza levarsi sempre di nuovo, per la grazia di Dio, nel cuore di ogni persona che vive in queste terre!”, ha esclamato.

“Possa radicarsi nei vostri cuori, rimanere nelle vostre famiglie e comunità ed ispirare in ciascuno di voi una testimonianza sempre più fedele al Principe della Pace”, ha poi continuato.

“La Chiesa in Terra Santa – ha sottolineato quindi il Santo Padre –, che ben spesso ha sperimentato l’oscuro mistero del Golgota, non deve mai cessare di essere un intrepido araldo del luminoso messaggio di speranza che questa tomba vuota proclama”.

“Gesù chiede a ciascuno di noi di essere testimone di unità e di pace per tutti coloro che vivono in questa Città della Pace”, ha concluso.

Infine il Papa si è recato nella Cappella delle Apparizioni per sostare in adorazione davanti al santissimo sacramento, prima di salire al Golgota per raccogliersi di nuovo in silenziosa preghiera sul luogo del Calvario.




La visita del Papa segna una rinascita nei rapporti interreligiosi
Spiega padre Caesar Atuire

di Mercedes de la Torre

GERUSALEMME, venerdì, 15 maggio 2009 (ZENIT.org).- La visita di Benedetto XVI in Terra Santa, terminata questo venerdì, ha portato una "rinascita" nelle relazioni tra ebrei, musulmani e cristiani, sostiene padre Caesar Atuire, responsabile dell'Opera Romana Pellegrinaggi, istituzione dipendente dalla Santa Sede.

Compiendo un bilancio del pellegrinaggio che ha portato il Papa in Giordania, Israele e Territori palestinesi, il sacerdote ne ha sottolineato l'ultima tappa simbolica, la visita al Santo Sepolcro, che ha avuto luogo poche ore prima che si imbarcasse per tornare a Roma.

"Il Santo Sepolcro è il luogo della resurrezione di Gesù Cristo - ha osservato -. Questo luogo segna una rinascita nella storia dell'umanità. E credo che la visita di Benedetto XVI qui in Terra Santa sia stata un momento per la rinascita delle relazioni tra cristiani, musulmani ed ebrei".

Padre Atuire ha citato come esempio le parole pronunciate dal Presidente di Israele Shimon Peres davanti al Papa, quando ha detto che mai in duemila anni di storia i rapporti tra ebrei e cristiani sono stati migliori.

"Il Papa ha scacciato le paure e le preoccupazioni esistenti prima della visita e si è sgombrato il campo per stabilire una nuova tappa nei rapporti tra cristiani ed ebrei", ha constatato.

"E lo stesso è accaduto con i musulmani. Basta ascoltare il discorso di questo giovedì a Nazareth del rappresentante musulmano per vedere che ha inizio una nuova tappa".

Padre Atuire ha ricordato che "nei quattro anni di pontificato di Benedetto XVI ci sono state tensioni con ebrei e musulmani e i mezzi di comunicazione hanno dato a intendere che con questo Papa le relazioni interreligiose hanno subito un peggioramento".

"Questo viaggio dimostra però che tali accuse non hanno fondamento. In questo senso, man mano che il viaggio evolveva è aumentato l'entusiasmo, fino al momento in cui il Papa ha preso per mano ebrei, musulmani e drusi e tutti insieme hanno cantato chiedendo a Dio la pace. E' stato il culmine di questo viaggio".

Per padre Atuire, la visita avrà anche un importante impatto tra i cristiani di Terra Santa, "che si sentono lontani dal resto del mondo. La visita del Papa ha fatto sentire loro la vicinanza della Chiesa universale e li ha confermati nella loro vocazione: essere lievito di pace per la terra".

"Anche se pochi, possono fare la differenza perché la pace giunga in questa regione - ha riconosciuto -. Hanno una vocazione al servizio della Chiesa e del mondo".

Dopo la visita papale, il sacerdote pensa che si possa "sperare che il processo di pace, che cammina con grandi difficoltà, inizi a prendere velocità. Ci sono molti elementi convergenti che stanno cercando la pace in questa terra e la visita del Papa ha dato molto coraggio a quanti cercano la pace".

"Il Papa ha confermato a Mahmoud Abbas, Presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, la necessità di creare due Stati, che vivano in sicurezza e collaborazione, garantendo il diritto al libero movimento, in cui i cittadini possano vivere in dignità con le proprie famiglie. In questo senso, è una pace non solo politica, perché nasce dal cuore".

Dopo questo viaggio, l'amministratore delegato dell'Opera Romana Pellegrinaggi (http://www.orpnet.org), che ha tra i suoi obiettivi quello di evangelizzare visitando i Luoghi Santi, considera che la visita del Papa "ci conferma nella nostra missione e ci esorta a portare più pellegrini in Terra Santa".

"I pellegrinaggi - ha concluso - sono anche un modo straordinario per promuovere la pace, perché suscitano contatti e amicizie, e il modo migliore per porre fine ai pregiudizi è conoscersi".

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]






Il Papa trae dalla visita in Terra Santa "tre impressioni fondamentali"
Nel viaggio di ritorno commenta con i giornalisti il suo pellegrinaggio



ROMA, venerdì, 15 maggio 2009 (ZENIT.org).- Per Benedetto XVI non è facile descrivere la visita che ha appena concluso in Terra Santa. Lo ha confessato ai giornalisti presenti sull'aereo della compagnia israeliana El Al che lo ha riportato a Roma questo venerdì pomeriggio dopo una settimana in Giordania, Israele e Territori palestinesi.

Dopo averli ringraziato per aver affrontato non poche difficoltà "per informare il mondo su questo pellegrinaggio", il Papa ha ammesso che oltre al breve riassunto del viaggio che ha fatto nel discorso di congedo all'aeroporto di Tel Aviv potrebbe portare ancora "tanti, molti dettagli".

A questo proposito, ha citato "la commovente discesa nel punto più profondo della terra, al Giordano, che per noi è anche un simbolo della discesa di Dio, della discesa di Cristo nei punti più profondi dell'esistenza umana."; "il Cenacolo, dove il Signore ci ha donato l'Eucaristia, dove c'è stata la Pentecoste, la discesa dello Spirito Santo; il Santo Sepolcro".

Ad ogni modo, ha riconosciuto che le "impressioni fondamentali" suscitate dalla sua visita sono sostanzialmente tre, a cominciare dal fatto di aver trovato "dappertutto, in tutti gli ambienti, musulmani, cristiani, ebrei, una decisa volontà al dialogo interreligioso, all'incontro, alla collaborazione tra le religioni".


"E' importante che tutti vedano questo, non solo come un'azione - diciamo - per motivi politici nella situazione data, ma come frutto dello stesso nucleo della fede, perché credere in un unico Dio che ha creato tutti noi, Padre di tutti noi, credere in questo Dio che ha creato l'umanità come una famiglia, credere che Dio è amore e vuole che l'amore sia la forza dominante nel mondo, implica questo incontro, questa necessità dell'incontro, del dialogo, della collaborazione come esigenza della fede stessa", ha confessato.


In secondo luogo, il Pontefice ha confessato di aver trovato "un clima ecumenico molto incoraggiante".

"Abbiamo avuto tanti incontri con il mondo ortodosso con grande cordialità; ho potuto anche parlare con un rappresentante della Chiesa anglicana e due rappresentanti luterani, e si vede che proprio questo clima della Terra Santa incoraggia anche l'ecumenismo", ha spiegato.


Il terzo elemento che ha colpito Benedetto XVI è la constatazione che "ci sono grandissime difficoltà - lo sappiamo, lo abbiamo visto e sentito", ma c'è anche "un profondo desiderio di pace da parte di tutti".

Le difficoltà "sono più visibili" e "devono essere chiarite", ha aggiunto, "ma non è così visibile il desiderio comune della pace, della fraternità, e mi sembra dobbiamo parlare anche di questo, incoraggiare tutti in questa volontà per trovare le soluzioni certamente non facili per queste difficoltà".


Il Papa ha quindi ribadito di essersi recato in Terra Santa "come un pellegrino della pace", ricordando che il pellegrinaggio è un elemento essenziale di molte religioni, tra cui l'ebraismo e l'islam.

"È anche l'immagine della nostra esistenza, che è un camminare avanti, verso Dio e così verso la comunione dell'umanità", ha rimarcato.

"Sono venuto come pellegrino e spero che molti seguano queste tracce e così incoraggino l'unità dei popoli di questa Terra Santa e diventino anche messaggeri di pace", ha concluso.

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