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Viaggio apostolico in Giordania e Israele

Ultimo Aggiornamento: 08/07/2009 21:40
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15/05/2009 10:19
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La giornata trascorsa a Betlemme

Tra danze e canti il racconto di una tragedia

dal nostro inviato Gianluca Biccini

Una nuova pagina dell'amore di Benedetto XVI verso gli ultimi, i senza voce, gli emarginati e rifiutati.
L'ha scritta mercoledì pomeriggio toccando di persona le sofferenze dei piccoli ricoverati al Caritas baby hospital e dei rifugiati nel campo profughi di Aida.
Della visita alla struttura pediatrica è divenuta simbolo la foto del Pontefice con in braccio il piccolo Elias, che pesa solo due chili e mezzo. Ha già fatto il giro del mondo. Al nosocomio Benedetto XVI ha lasciato in dono un modernissimo apparecchio per respirare.
Successivamente si è recato nel campo profughi di Aida. A ridosso del muro di separazione, con i suoi cinquemila abitanti è il più popoloso delle tre realtà di questo genere, nate tra il 1949 e il 1950 nei pressi di Betlemme. Gli altri sono Azza e Deheisheh, visitato da Giovanni Paolo II nel 2000, e in tutto ospitano oltre quindicimila palestinesi di varie generazioni.
Immagini eloquenti della sofferenza umana passata sotto gli occhi del Papa. Le case costruite di terra con il tempo hanno preso il posto delle tende. Il grande sogno di questa gente è simboleggiato dalle "chiavi del ritorno", che un gruppo di bambini in abiti tradizionali hanno mostrato al Papa durante una coreografia musicale di benvenuto.
Ad Aida vivono anche 14 famiglie cristiane. Gli abitanti godono di un discreto livello di istruzione.
Alcuni murales, raffiguranti villaggi abbandonati e gli altri 59 campi profughi palestinesi, sparsi tra i Territori e i paesi arabi vicini, stanno a testimoniare delle capacità artistiche di numerosi abitanti del campo. Per organizzare i preparativi è stato costituito un comitato: tra i suoi membri ci sono Ziyad Al Bandak, presidente del governo locale; padre Majdi Syriani, sacerdote del patriarcato latino, e Aissa Qaraqe membro del Parlamento, che ha fatto da speaker durante l'incontro con il Papa.
"Il diritto al ritorno è sacrosanto": una delle scritte più ricorrenti sugli striscioni in arabo, mentre alcune madri sollevavano in alto le foto dei figli uccisi o dispersi e gridavano a Benedetto XVI il loro dolore.
La cerimonia si è svolta nel cortile della scuola per le ragazze. Dopo i saluti rivoltigli dalla responsabile dell'Unrwa, signora Abu Zayd, da un rappresentante della comunità locale, Semir Aita, che ha illustrato il dramma dei suoi fratelli dispersi nell'immensa area mediorientale, e dal presidente Abu Mazen, il Pontefice ha pronunciato il suo discorso.
Parole, quelle di Benedetto XVI, interrotte da vari applausi. Soprattutto quando ha espresso solidarietà a tutti i palestinesi senza casa che aspirano a poter tornare nei luoghi natii o ad avere una patria propria, o quando - come aveva fatto alla messa del mattino - ha ricordato le vittime del conflitto di Gaza, esortando però nel contempo a rompere il circolo vizioso delle aggressioni. Al termine del suo discorso Benedetto XVI ha anche annunciato che la Santa Sede intende stabilire una commissione bilaterale di lavoro permanente, così com'è stata delineata nell'accordo firmato in Vaticano con l'Autorità palestinese il 15 febbraio di nove anni fa. Quindi sono salite sul palco tre bambine, i cui padri sono prigionieri. Hanno offerto al Papa testi di alcune loro preghiere. Infine gli sono stati presentati alcuni doni, tra cui una stola che Benedetto XVI ha indossato.
Infine, a conclusione della giornata a Betlemme, il Papa ha restituito la visita di cortesia al presidente dell'Autorità palestinese. Nella circostanza, prima della cerimonia di congedo, ha avuto modo di incontrare rappresentanti delle comunità giunti da Gaza e dalla Cisgiordania. Un momento senza discorsi pubblici, ma che conferma la dimensione di questo pellegrinaggio di Benedetto XVI, improntato all'ascolto, al conforto e all'offerta di speranza.

(©L'Osservatore Romano - 15 maggio 2009)


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