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Viaggio apostolico in Giordania e Israele

Ultimo Aggiornamento: 08/07/2009 21:40
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15/05/2009 08:27
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Dal blog di Lella...

Dove di solito si urla il Papa sussurra

Verbum caro hic factum est.
Qui il verbo si è fatto carne.
Così è scritto nella grotta dell’Annunciazione, custodita all’interno della grande basilica che sorge a Nazareth, tappa odierna del viaggio di Benedetto XVI in Terra Santa.
Questa formula sintetica descrive le origini del Cristianesimo, il Mistero dell’Incarnazione, attraverso cui Dio si fa uomo e lega il trascendente alla concretezza della vita terrena oltre l’immaginabile.
Questa è anche la peculiarità della Terra Santa, dove la dimensione spirituale e quella materiale si incontrano e si scontrano da millenni come in nessun altro posto al mondo, dove la religione e la politica si intrecciano in maniera inscindibile, contribuendo a rendere questi luoghi così affascinanti ed allo stesso tempo così complicati. Questa è anche un po’ l’essenza del lungo viaggio del Papa, che è prima di tutto un pellegrinaggio nei luoghi della vita terrena di Cristo, ma che ha inevitabilmente anche delle ricadute politiche.
Intorno alla visita del Papa la tensione è letteralmente palpabile. Migliaia di poliziotti e militari che spesso fanno trasparire un po’ di fastidio e di tracotanza, come in occasione della messa nella Valle di Josaphat; il centro stampa in Israele chiuso nel giorno in cui il Papa va a Betlemme, visita di cui i mezzi d’informazione israeliani non hanno trasmesso immagini; le polemiche futili scoppiate sui giornali israeliani dopo che Benedetto XVI aveva usato la parola “uccisi” anziché “assassinati” riferendosi alle vittime della shoah nella sua visita alla Yad Vashem; il Gran Muftì che gli chiede di condannare “l’aggressione perpetrata contro i luoghi santi dell’Islam e lo sterminio del popolo palestinese”.
Questi sono alcuni esempi di come le molte tensioni politiche e religiose tendano ad avviluppare la visita del Papa nella loro spirale, cercando di farne prima di tutto un viaggio politico.
È invece impressionante come tutto il pellegrinaggio di Benedetto XVI sia stato sinora improntato alla delicatezza, all’attenzione, all’accoglienza, alla comprensione. Dove normalmente si urla, il Papa sussurra.
Non per timore, ma per andare aldilà delle reciproche recriminazioni, per invitare al dialogo, alla ricerca instancabile eppure indispensabile del terreno comune che lega tutti i figli di Abramo.
Il Papa non è un leader politico: si può capire la grandezza del suo messaggio solo leggendo attentamente le sue parole e tenendo presente che si pone un orizzonte un po’ più ampio della quotidianità politica.
In quest`ottica, Benedetto XVI ha affidato alla Chiesa di Terra Santa il grande compito di non cedere sotto il peso della paura e delle difficoltà, al fine di continuare la propria opera di “ponte” ed ha richiamato tutti i cristiani a sostenere quella piccola comunità in tale missione. L’abitudine a lottare con le tante difficoltà del presente non deve impedire l’ingresso alla reciproca comprensione e, in definitiva, alla dimensione del perdono. Come dice sempre Mons. Twal, Patriarca Latino di Gerusalemme: “sessanta anni di guerra sui luoghi sacri dovrebbero essere sufficienti per farci capire che la violenza non è la soluzione”.

Stefano Costalli PiùVoce.net


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