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Discorsi, omelie, udienze, angelus e altri documenti

Ultimo Aggiornamento: 02/03/2013 17:43
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25/04/2009 16:09
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UDIENZA AI PARTECIPANTI ALL’INCONTRO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE CATTOLICA

Alle ore 12 di questa mattina, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre riceve in Udienza i partecipanti all’Incontro degli Insegnanti di Religione Cattolica e rivolge loro il discorso che riportiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

è un vero piacere per me incontrarvi quest’oggi e condividere con voi alcune riflessioni sulla vostra importante presenza nel panorama scolastico e culturale italiano, nonché in seno alla comunità cristiana. Saluto tutti con affetto, a cominciare dal Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, che ringrazio per le cortesi parole che mi ha rivolto, presentandomi questa numerosa e vivace Assemblea. Ugualmente rivolgo un saluto cordiale a tutte le autorità presenti.

L’insegnamento della religione cattolica è parte integrante della storia della scuola in Italia, e l’insegnante di religione costituisce una figura molto importante nel collegio dei docenti. È significativo che con lui tanti ragazzi si tengano in contatto anche dopo i corsi. L’altissimo numero di coloro che scelgono di avvalersi di questa disciplina è inoltre il segno del valore insostituibile che essa riveste nel percorso formativo e un indice degli elevati livelli di qualità che ha raggiunto. In un suo recente messaggio la Presidenza della CEI ha affermato che "l’insegnamento della religione cattolica favorisce la riflessione sul senso profondo dell’esistenza, aiutando a ritrovare, al di là delle singole conoscenze, un senso unitario e un’intuizione globale. Ciò è possibile perché tale insegnamento pone al centro la persona umana e la sua insopprimibile dignità, lasciandosi illuminare dalla vicenda unica di Gesù di Nazaret, di cui si ha cura di investigare l’identità, che non cessa da duemila anni di interrogare gli uomini".

Porre al centro l’uomo creato ad immagine di Dio (cfr Gn 1,27) è, in effetti, ciò che contraddistingue quotidianamente il vostro lavoro, in unità d’intenti con altri educatori ed insegnanti. In occasione del Convegno ecclesiale di Verona, nell’ottobre 2006, io stesso ebbi modo di toccare la "questione fondamentale e decisiva" dell’educazione, indicando l’esigenza di "allargare gli spazi della nostra razionalità, riaprirla alle grandi questioni del vero e del bene, coniugare tra loro la teologia, la filosofia e le scienze, nel pieno rispetto dei loro metodi propri e della loro reciproca autonomia, ma anche nella consapevolezza dell’intrinseca unità che le tiene insieme" (Discorso del 19 ottobre 2006: Insegnamenti di Benedetto XVI, II, 2 [2006], 473; 471). La dimensione religiosa, infatti, è intrinseca al fatto culturale, concorre alla formazione globale della persona e permette di trasformare la conoscenza in sapienza di vita.

Il vostro servizio, cari amici, si colloca proprio in questo fondamentale crocevia, nel quale – senza improprie invasioni o confusione di ruoli – si incontrano l’universale tensione verso la verità e la bimillenaria testimonianza offerta dai credenti nella luce della fede, le straordinarie vette di conoscenza e di arte guadagnate dallo spirito umano e la fecondità del messaggio cristiano che così profondamente innerva la cultura e la vita del popolo italiano. Con la piena e riconosciuta dignità scolastica del vostro insegnamento, voi contribuite, da una parte, a dare un’anima alla scuola e, dall’altra, ad assicurare alla fede cristiana piena cittadinanza nei luoghi dell’educazione e della cultura in generale. Grazie all’insegnamento della religione cattolica, dunque, la scuola e la società si arricchiscono di veri laboratori di cultura e di umanità, nei quali, decifrando l’apporto significativo del cristianesimo, si abilita la persona a scoprire il bene e a crescere nella responsabilità, a ricercare il confronto ed a raffinare il senso critico, ad attingere dai doni del passato per meglio comprendere il presente e proiettarsi consapevolmente verso il futuro.

L’appuntamento odierno si colloca anche nel contesto dell’Anno Paolino. Grande è il fascino che l’Apostolo delle genti continua ad esercitare su tutti noi: in lui riconosciamo il discepolo umile e fedele, il coraggioso annunciatore, il geniale mediatore della Rivelazione. Caratteristiche, queste, a cui vi invito a guardare per alimentare la vostra stessa identità di educatori e di testimoni nel mondo della scuola. È Paolo, nella prima Lettera ai Tessalonicesi (4,9), a definire i credenti con la bella espressione di theodidaktoi, ossia "ammaestrati da Dio", che hanno Dio per maestro. In questa parola troviamo il segreto stesso dell’educazione, come anche ricorda sant’Agostino: "Noi che parliamo e voi che ascoltate riconosciamoci come fedeli discepoli di un unico Maestro" (Serm. 23, 2).

Inoltre, nell’insegnamento paolino la formazione religiosa non è separata dalla formazione umana. Le ultime Lettere del suo epistolario, quelle dette "pastorali", sono piene di significativi rimandi alla vita sociale e civile che i discepoli di Cristo devono ben tenere a mente. San Paolo è un vero "maestro" che ha a cuore sia la salvezza della persona educata in una mentalità di fede, sia la sua formazione umana e civile, perché il discepolo di Cristo possa esprimere in pieno una personalità libera, un vivere umano "completo e ben preparato", che si manifesta anche in un’attenzione per la cultura, la professionalità e la competenza nei vari campi del sapere a beneficio di tutti. La dimensione religiosa non è dunque una sovrastruttura; essa è parte integrante della persona, sin dalla primissima infanzia; è apertura fondamentale all’alterità e al mistero che presiede ogni relazione ed ogni incontro tra gli esseri umani. La dimensione religiosa rende l’uomo più uomo. Possa il vostro insegnamento essere sempre capace, come lo fu quello di Paolo, di aprire i vostri studenti a questa dimensione di libertà e di pieno apprezzamento dell’uomo redento da Cristo così come è nel progetto di Dio, esprimendo così, nei confronti di tanti ragazzi e delle loro famiglie, una vera carità intellettuale.

Certamente uno degli aspetti principali del vostro insegnamento è la comunicazione della verità e della bellezza della Parola di Dio, e la conoscenza della Bibbia è un elemento essenziale del programma di insegnamento della religione cattolica. Esiste un nesso che lega l’insegnamento scolastico della religione e l’approfondimento esistenziale della fede, quale avviene nelle parrocchie e nelle diverse realtà ecclesiali. Tale legame è costituito dalla persona stessa dell’insegnante di religione cattolica: a voi, infatti, oltre al dovere della competenza umana, culturale e didattica propria di ogni docente, appartiene la vocazione a lasciar trasparire che quel Dio di cui parlate nelle aule scolastiche costituisce il riferimento essenziale della vostra vita. Lungi dal costituire un’interferenza o una limitazione della libertà, la vostra presenza è anzi un valido esempio di quello spirito positivo di laicità che permette di promuovere una convivenza civile costruttiva, fondata sul rispetto reciproco e sul dialogo leale, valori di cui un Paese ha sempre bisogno.

Come suggeriscono le parole dell’apostolo Paolo che fanno da titolo a questo vostro appuntamento, auguro a tutti voi che il Signore vi doni la gioia di non vergognarvi mai del suo Vangelo, la grazia di viverlo, la passione di condividere e coltivare la novità che da esso promana per la vita del mondo. Con questi sentimenti benedico voi e le vostre famiglie, insieme a tutti coloro – studenti e insegnanti – che ogni giorno incontrate in quella comunità di persone e di vita che è la scuola.

26/04/2009 16:09
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CAPPELLA PAPALE PER LA CANONIZZAZIONE DI 5 BEATI

Alle ore 10 di questa mattina, III Domenica di Pasqua, il Santo Padre Benedetto XVI celebra l’Eucaristia sul sagrato della Basilica Vaticana e procede alla Canonizzazione dei Beati: ARCANGELO TADINI, (1846-1912), presbitero, fondatore della Congregazione delle Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth; BERNARDO TOLOMEI (1272-1348), abate, fondatore della Congregazione di Santa Maria di Monte Oliveto dell’Ordine di San Benedetto; NUNO DE SANTA MARIA ÁLVARES PEREIRA (1360-1431), religioso, dell’Ordine dei Carmelitani; GELTRUDE COMENSOLI (1847-1903), vergine, fondatrice dell’Istituto delle Suore Sacramentine; CATERINA VOLPICELLI (1839-1894), vergine, fondatrice della Congregazione delle Ancelle del Sacro Cuore.

Pubblichiamo di seguito il testo dell’Omelia che il Papa pronuncia nel corso del solenne rito di canonizzazione:


OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

in questa terza domenica del tempo pasquale, al centro della nostra attenzione la liturgia pone ancora una volta il mistero di Cristo risorto. Vittorioso sul male e sulla morte, l’Autore della vita, che si è immolato quale vittima di espiazione per i nostri peccati, "continua ad offrirsi per noi ed intercede come nostro avvocato; sacrificato sulla croce più non muore e con i segni della passione vive immortale" (cfr Prefazio pasquale 3). Lasciamoci interiormente inondare dal fulgore pasquale che promana da questo grande mistero, e con il Salmo responsoriale preghiamo: "Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto".

La luce del volto di Cristo risorto risplende oggi su di noi particolarmente attraverso i tratti evangelici dei cinque Beati che in questa celebrazione vengono iscritti nell’albo dei Santi: Arcangelo Tadini, Bernardo Tolomei, Nuno de Santa Maria Álvares Pereira, Gertrude Comensoli e Caterina Volpicelli. Mi unisco volentieri all’omaggio che a loro rendono i pellegrini, qui convenuti da varie nazioni, ai quali con grande affetto rivolgo un cordiale saluto. Le diverse vicende umane e spirituali di questi nuovi Santi stanno a mostrarci il rinnovamento profondo che nel cuore dell’uomo opera il mistero della risurrezione di Cristo; mistero fondamentale che orienta e guida tutta la storia della salvezza. Giustamente pertanto la Chiesa sempre, ed ancor più in questo tempo pasquale, ci invita a dirigere i nostri sguardi verso Cristo risorto, realmente presente nel Sacramento dell’Eucaristia.

Nella pagina evangelica, san Luca riferisce una delle apparizioni di Gesù risorto (24,35-48). Proprio all’inizio del brano, l’evangelista annota che i due discepoli di Emmaus, tornati in fretta a Gerusalemme, raccontarono agli Undici come lo avevano riconosciuto "nello spezzare il pane" (v. 35). E mentre essi stavano narrando la straordinaria esperienza del loro incontro con il Signore, Egli "in persona stette in mezzo a loro" (v. 36). A causa di questa sua improvvisa apparizione gli Apostoli restarono intimoriti e spaventati, al punto che Gesù, per rassicurarli e vincere ogni titubanza e dubbio, chiese loro di toccarlo – non era un fantasma, ma un uomo in carne ed ossa - e domandò poi qualcosa da mangiare. Ancora una volta, come era avvenuto per i due di Emmaus, è a tavola, mentre mangia con i suoi, che il Cristo risorto si manifesta ai discepoli, aiutandoli a comprendere le Scritture e a rileggere gli eventi della salvezza alla luce della Pasqua. "Bisogna che si compiano – egli dice – tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi" (v. 44). E li invita a guardare al futuro: "nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati" (v. 47).

Questa stessa esperienza, ogni comunità la rivive nella celebrazione eucaristica, specialmente in quella domenicale. L’Eucaristia, il luogo privilegiato in cui la Chiesa riconosce "l’autore della vita" (cfr At 3,15), è "la frazione del pane", come viene chiamata negli Atti degli Apostoli. In essa, mediante la fede, entriamo in comunione con Cristo, che è "altare, vittima e sacerdote" (cfr Prefazio pasquale 5). Ci raduniamo intorno a Lui per far memoria delle sue parole e degli eventi contenuti nella Scrittura; riviviamo la sua passione, morte e risurrezione. Celebrando l’Eucaristia comunichiamo con Cristo, vittima di espiazione, e da Lui attingiamo perdono e vita. Cosa sarebbe la nostra vita di cristiani senza l’Eucaristia? L’Eucaristia è la perpetua e vivente eredità lasciataci dal Signore nel Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue, che dobbiamo costantemente ripensare ed approfondire perché, come affermava il venerato Papa Paolo VI, possa "imprimere la sua inesauribile efficacia su tutti i giorni della nostra vita mortale" (Insegnamenti, V [1967], p. 779). Nutriti del Pane eucaristico, i santi che oggi veneriamo, hanno portato a compimento la loro missione di amore evangelico nei diversi campi, in cui hanno operato con i loro peculiari carismi.

Lunghe ore trascorreva in preghiera davanti all’Eucaristia sant’Arcangelo Tadini, che, avendo sempre di vista nel suo ministero pastorale la persona umana nella sua totalità, aiutava i suoi parrocchiani a crescere umanamente e spiritualmente. Questo santo sacerdote, uomo tutto di Dio, pronto in ogni circostanza a lasciarsi guidare dallo Spirito Santo, era allo stesso tempo disponibile a cogliere le urgenze del momento e a trovarvi rimedio. Assunse per questo non poche iniziative concrete e coraggiose, come l’organizzazione della "Società Operaia Cattolica di Mutuo Soccorso", la costruzione della filanda e del convitto per le operaie e la fondazione, nel 1900, della "Congregazione delle Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth", allo scopo di evangelizzare il mondo del lavoro attraverso la condivisione della fatica, sull’esempio della Santa Famiglia di Nazareth. Quanto profetica fu l’intuizione carismatica di Don Tadini e quanto attuale resta il suo esempio anche oggi, in un’epoca di grave crisi economica! Egli ci ricorda che solo coltivando un costante e profondo rapporto con il Signore, specialmente nel Sacramento dell’Eucaristia, possiamo poi essere in grado di recare il fermento del Vangelo nelle varie attività lavorative e in ogni ambito della nostra società.

Anche in san Bernardo Tolomei, iniziatore di un singolare movimento monastico benedettino, spicca l’amore per la preghiera e per il lavoro manuale. La sua fu un’esistenza eucaristica, tutta dedita alla contemplazione, che si traduceva in umile servizio del prossimo. Per il suo singolare spirito di umiltà e di accoglienza fraterna, fu dai monaci rieletto abate per ventisette anni consecutivi, fino alla morte. Inoltre, per assicurare l’avvenire della sua opera, egli ottenne da Clemente VI, il 21 gennaio 1344, l’approvazione pontificia della nuova Congregazione benedettina, detta di "S. Maria di Monte Oliveto". In occasione della grande peste del 1348, lasciò la solitudine di Monte Oliveto per recarsi nel monastero di S. Benedetto a Porta Tufi, in Siena, ad assistere i suoi monaci colpiti dal male, e morì egli stesso vittima del morbo come autentico martire della carità. Dall’esempio di questo Santo viene a noi l’invito a tradurre la nostra fede in una vita dedicata a Dio nella preghiera e spesa al servizio del prossimo sotto la spinta di una carità pronta anche al sacrificio supremo.

«Sabei que o Senhor me fez maravilhas. Ele me ouve, quando eu o chamo» (Sal 4,4). Estas palavras do Salmo Responsorial exprimem o segredo da vida do bem-aventurado Nuno de Santa Maria, herói e santo de Portugal. Os setenta anos da sua vida situam-se na segunda metade do século XIV e primeira do século XV, que viram aquela nação consolidar a sua independência de Castela e estender-se depois pelos Oceanos – não sem um desígnio particular de Deus –, abrindo novas rotas que haviam de propiciar a chegada do Evangelho de Cristo até aos confins da terra. São Nuno sente-se instrumento deste desígnio superior e alistado na militia Christi, ou seja, no serviço de testemunho que cada cristão é chamado a dar no mundo. Características dele são uma intensa vida de oração e absoluta confiança no auxílio divino. Embora fosse um óptimo militar e um grande chefe, nunca deixou os dotes pessoais sobreporem-se à acção suprema que vem de Deus. São Nuno esforçava-se por não pôr obstáculos à acção de Deus na sua vida, imitando Nossa Senhora, de Quem era devotíssimo e a Quem atribuía publicamente as suas vitórias. No ocaso da sua vida, retirou-se para o convento do Carmo por ele mandado construir. Sinto-me feliz por apontar à Igreja inteira esta figura exemplar nomeadamente pela presença duma vida de fé e oração em contextos aparentemente pouco favoráveis à mesma, sendo a prova de que em qualquer situação, mesmo de carácter militar e bélica, é possível actuar e realizar os valores e princípios da vida cristã, sobretudo se esta é colocada ao serviço do bem comum e da glória de Deus.

Una particolare attrazione per Gesù presente nell’Eucaristia avvertì sin da bambina santa Gertrude Comensoli. L’adorazione del Cristo eucaristico diventò lo scopo principale della sua vita, potremmo quasi dire la condizione abituale della sua esistenza. Fu infatti davanti all’Eucarestia che santa Gertrude comprese la sua vocazione e missione nella Chiesa: quella di dedicarsi senza riserve all’azione apostolica e missionaria, specialmente a favore della gioventù. Nacque così, in obbedienza a Papa Leone XIII, il suo Istituto che mirava a tradurre la "carità contemplata" nel Cristo eucaristico, in "carità vissuta" nel dedicarsi al prossimo bisognoso. In una società smarrita e spesso ferita, come è la nostra, ad una gioventù, come quella dei nostri tempi, in cerca di valori e di un senso da dare al proprio esistere, santa Gertrude indica come saldo punto di riferimento il Dio che nell’Eucaristia si è fatto nostro compagno di viaggio. Ci ricorda che "l’adorazione deve prevalere sopra tutte le opere di carità" perché è dall’amore per Cristo morto e risorto, realmente presente nel Sacramento eucaristico, che scaturisce quella carità evangelica che ci spinge a considerare fratelli tutti gli uomini.

Testimone dell’amore divino fu anche santa Caterina Volpicelli, che si sforzò di " essere di Cristo, per portare a Cristo" quanti ebbe ad incontrare nella Napoli di fine Ottocento, in un tempo di crisi spirituale e sociale. Anche per lei il segreto fu l’Eucaristia. Alle sue prime collaboratrici raccomandava di coltivare una intensa vita spirituale nella preghiera e, soprattutto, il contatto vitale con Gesù eucaristico. E’ questa anche oggi la condizione per proseguire l’opera e la missione da lei iniziate e lasciate in eredità alle "Ancelle del Sacro Cuore". Per essere autentiche educatrici della fede, desiderose di trasmettere alle nuove generazioni i valori della cultura cristiana, è indispensabile, come amava ripetere, liberare Dio dalle prigioni in cui lo hanno confinato gli uomini. Solo infatti nel Cuore di Cristo l’umanità può trovare la sua ‘stabile dimora". Santa Caterina mostra alle sue figlie spirituali e a tutti noi, il cammino esigente di una conversione che cambi in radice il cuore, e si traduca in azioni coerenti con il Vangelo. E’ possibile così porre le basi per costruire una società aperta alla giustizia e alla solidarietà, superando quello squilibrio economico e culturale che continua a sussistere in gran parte del nostro pianeta.

Cari fratelli e sorelle, rendiamo grazie al Signore per il dono della santità, che quest’oggi rifulge nella Chiesa con singolare bellezza in Arcangelo Tadini, Bernardo Tolomei, Nuno de Santa Maria Álvares Pereira, Gertrude Comensoli e Caterina Volpicelli. Lasciamoci attrarre dai loro esempi, lasciamoci guidare dai loro insegnamenti, perché anche la nostra esistenza diventi un cantico di lode a Dio, sulle orme di Gesù, adorato con fede nel mistero eucaristico e servito con generosità nel nostro prossimo. Ci ottenga di realizzare questa missione evangelica la materna intercessione di Maria, Regina dei Santi, e di questi nuovi cinque luminosi esempi di santità, che oggi con gioia veneriamo. Amen!






LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DEL REGINA CÆLI

Al termine della Santa Messa celebrata in Piazza San Pietro per la proclamazione di 5 nuovi Santi, prima di recitare il Regina Cæli il Santo Padre Benedetto XVI rivolge ai presenti le seguenti parole:


PRIMA DEL REGINA CÆLI

Mentre ci avviamo a concludere questa solenne celebrazione, desidero rivolgere un cordiale saluto a tutti voi, che avete voluto venire di persona a rendere omaggio ai nuovi Santi. Esprimo anzitutto riconoscenza alla Delegazione del Governo italiano e alle altre autorità civili, in particolare ai Sindaci e ai Prefetti delle città dei ben quattro concittadini elevati oggi all’onore degli altari. Saluto la Delegazione dell’Ordine di Malta. Con grande affetto ringrazio i numerosi pellegrini provenienti da molte parti d’Italia. Auspico che questo pellegrinaggio, vissuto nel segno della santità e avvalorato dalla grazia dell’Anno Paolino, possa aiutare ciascuno a "correre" con più gioia e più slancio verso "la mèta" finale, verso il "premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù" (cfr Fil 3,13-14).

In questo contesto mi piace menzionare anche la Giornata dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che si celebra oggi. A 50 anni dalla morte del fondatore, Padre Agostino Gemelli, auguro che l’Università Cattolica sia sempre fedele ai suoi principi ispiratori, per continuare ad offrire una valida formazione alle giovani generazioni.

Dirijo a minha saudação grata e deferente à Delegação oficial de Portugal e aos Bispos vindos para a canonização de Frei Nuno de Santa Maria, com todos os seus compatriotas que guardam no coração o testemunho do «Santo Condestável»: deste modo lhe chamavam já os pobres do seu tempo, vendo o sentido de compaixão e o despojamento de quem deu os seus bens aos mais desfavorecidos. Deixou-nos assim uma nobre lição de renúncia e partilha, sem as quais será impossível chegar àquela igualdade fraterna característica duma sociedade moderna, que reconhece e trata a todos como membros da mesma e única família humana. Em particular saúdo os Carmelitas, a quem um dia se prendeu o olhar e o coração deste militar crente, vendo neles o hábito da Santíssima Virgem e no qual depois ele próprio se amortalhou. Ao desejar a abundância dos dons do Céu para todos os peregrinos e devotos de São Nuno, deixo-lhes este apelo: «Considerai o êxito da sua carreira e imitai a sua fé» (Heb 13, 7).

I greet the English-speaking pilgrims who are here with us today, especially those who have travelled to Rome to be present at the canonization of today’s new saints. Through their intercession, may all of you be filled with joy in the Risen Lord, and bear witness to him courageously in your daily lives. I invoke God’s abundant blessings upon all of you, and upon your families and loved ones at home.

Je suis heureux de vous accueillir chers pèlerins francophones. La Résurrection du Seigneur a rempli nos cœurs de lumière. Que l’exemple des nouveaux saints canonisés en ce jour, nous donne de ne pas avoir peur d’aller vers nos frères et sœurs pour transmettre la Parole de Vie dans le monde entier. Que ces Saints soient, avec la Vierge Marie, des guides et des soutiens dans votre existence quotidienne ! A la suite des disciples d’Emmaüs, soyez à votre tour des témoins du Christ Ressuscité. Que Dieu vous bénisse !

Ein herzliches Grüß Gott sage ich den Pilgern deutscher Sprache; besonders heiße heute die Studentenverbindung Capitolina willkommen. Die neuen Heiligen helfen uns bei der Betrachtung des Heilswirkens Christi: Nuno Álvares Pereira zeigt uns das göttliche Kind im Arm seiner jungfräulichen Mutter; Arcangelo Tadini führt uns zur Heiligen Familie in Nazareth, Bernhard Tolemei vergegenwärtigt uns das Geschehen am Ölberg, vor dem Geheimnis der Eucharistie hält Gertrud Comensoli inne und Caterina Volpicelli weist auf das heiligste Herz Jesu hin, in dem Gottes unergründliche Liebe sichtbar ist. Wie diese Heiligen wollen wir uns aufmachen, um Gott näher zu kommen und so auch den Menschen nahe zu sein. Der Herr segne euch und begleite euch auf allen Wegen!

Saludo con afecto a los fieles de lengua española presentes en esta celebración. Que Cristo, Buen Pastor, afiance en nosotros la alegría por haber recobrado, a través de su Resurrección, nuestra adopción filial y nos llene de esperanza en nuestro caminar hacia la Vida Eterna. Confiamos esta intención a la protección maternal de la Santísima Virgen María y a la intercesión de los cinco nuevos santos, que hoy he propuesto a la veneración de la Iglesia Universal. Feliz Pascua y Feliz Domingo.

Pozdrawiam serdecznie Polaków. Pod patronatem Dzieła Biblijnego imienia Jana Pawła II Kościół w Polsce obchodzi po raz pierwszy Niedzielę i Tydzień Biblijny. Tym, którzy zgłębiają tajemnicę Bożego Słowa z serca błogosławię. Za wstawiennictwem nowych świętych upraszam dla wszystkich dar Bożej Mądrości. Życzę dobrej niedzieli i obfitych owoców tego tygodnia.

[Saluto cordialmente i polacchi. Sotto il patronato dell’Opera Biblica intitolata a Giovanni Paolo II, la Chiesa in Polonia celebra oggi per la prima volta la Domenica e la Settimana Biblica. Benedico di cuore tutti coloro che approfondiscono la Parola di Dio. Per intercessione dei nuovi Santi, imploro per tutti il dono della Sapienza Divina. Auguro buona domenica e abbondanti frutti di questa speciale settimana.]

Alla Vergine Maria, che ha osservato pienamente la parola di Dio, così che il suo amore in lei è stato veramente perfetto (cfr 1 Gv 2,5a), eleviamo ora la nostra filiale preghiera. Regina Caeli…

27/04/2009 16:07
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LE UDIENZE

Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in Udienza:

S.E. il Signor Alexander Lukashenko, Presidente della Repubblica di Bielorussia, e Seguito;

Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale di Argentina, in Visita "ad Limina Apostolorum":

S.E. Mons. Santiago Olivera, Vescovo di Cruz del Eje;

S.E. Mons. Pedro María Olmedo Rivero, C.M.F., Prelato di Humahuaca;

S.E. Mons. Marcelino Palentini, S.C.I., Vescovo di Jujuy;

S.E. Mons. Francisco Polti Santillán, Vescovo di Santiago del Estero

con l’Ausiliare:

S.E. Mons. Ariel Edgardo Torrado Mosconi, Vescovo tit. di Vico di Pacato;

S.E. Mons. Juan Alberto Puiggari, Vescovo di Mar del Plata;

S.E. Mons. Armando José María Rossi, O.P., Vescovo di Concepción;

S.E. Mons. Hugo Norberto Santiago, Vescovo di Santo Tomé;

S.E. Mons. Luis Teodorico Stöckler, Vescovo di Quilmes;

S.E. Mons. Eduardo María Taussig, Vescovo di San Rafael;

S.E. Mons. Carlos José Tissera, Vescovo di San Francisco;

S.E. Mons. Luís Héctor Villalba, Arcivescovo di Tucumán.

Il Papa riceve questa mattina in Udienza:

Le Loro Altezze Reali il Principe del Galles e la Duchessa di Cornovaglia, e Seguito.

28/04/2009 17:05
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VISITA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI ALLE ZONE TERREMOTATE DELL’ABRUZZO


Alle ore 9 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI ha lasciato il Vaticano per recarsi nelle zone terremotate dell’Abruzzo. A causa delle avverse condizioni meteorologiche, il Papa ha raggiunto l’Abruzzo in auto anziché in elicottero, arrivando alla tendopoli di Onna alle ore 10.30. Dopo aver visitato la tendopoli, il Santo Padre ha rivolto ai presenti alcune parole di saluto, quindi ha guidato la recita della preghiera per i defunti.

Pubblichiamo di seguito le parole che il Papa ha pronunciato nel corso dell’incontro:

PAROLE DI SALUTO DEL SANTO PADRE

Cari amici!

Sono venuto di persona in questa vostra terra splendida e ferita, che sta vivendo giorni di grande dolore e precarietà, per esprimervi nel modo più diretto la mia cordiale vicinanza. Vi sono stato accanto fin dal primo momento, fin da quando ho appreso la notizia di quella violenta scossa di terremoto che, nella notte del 6 aprile scorso, ha provocato quasi 300 vittime, numerosi feriti e ingenti danni materiali alle vostre case. Ho seguito con apprensione le notizie condividendo il vostro sgomento e le vostre lacrime per i defunti, insieme con le vostre trepidanti preoccupazioni per quanto in un attimo avete perso. Ora sono qui, tra voi: vorrei abbracciarvi con affetto uno ad uno. La Chiesa tutta è qui con me, accanto alle vostre sofferenze, partecipe del vostro dolore per la perdita di familiari ed amici, desiderosa di aiutarvi nel ricostruire case, chiese, aziende crollate o gravemente danneggiate dal sisma. Ho ammirato e ammiro il coraggio, la dignità e la fede con cui avete affrontato anche questa dura prova, manifestando grande volontà di non cedere alle avversità. Non è infatti il primo terremoto che la vostra regione conosce, ed ora, come in passato, non vi siete arresi; non vi siete persi d’animo. C’è in voi una forza d’animo che suscita speranza. Molto significativo, al riguardo, è un detto caro ai vostri anziani: "Ci sono ancora tanti giorni dietro il Gran Sasso".

Venendo qui, ad Onna, uno dei centri che ha pagato un alto prezzo in termini di vite umane, posso immaginare tutta la tristezza e la sofferenza che avete sopportato queste settimane. Se fosse stato possibile, avrei desiderato recarmi in ogni paese e in ogni quartiere, venire in tutte le tendopoli e incontrare tutti. Mi rendo ben conto che, nonostante l’impegno di solidarietà manifestato da ogni parte, sono tanti e quotidiani i disagi che comporta vivere fuori casa, o nelle automobili, o nelle tende, ancor più a causa del freddo e della pioggia. Penso poi ai tanti giovani costretti bruscamente a misurarsi con una dura realtà, ai ragazzi che hanno dovuto interrompere la scuola con le sue relazioni, agli anziani privati delle loro abitudini.

Si potrebbe dire, cari amici, che vi trovate, in un certo modo, nello stato d’animo dei due discepoli di Emmaus, di cui parla l’evangelista Luca. Dopo l’evento tragico della croce, rientravano a casa delusi e amareggiati, per la "fine" di Gesù. Sembrava che non ci fosse più speranza, che Dio fosse nascosto e non fosse più presente nel mondo. Ma, lungo la strada, Egli si accostò e si mise a conversare con loro. Anche se non lo riconobbero con gli occhi, qualcosa si risvegliò nei loro cuori: le parole di quello "Sconosciuto" riaccesero in loro quell’ardore e quella fiducia che l’esperienza del Calvario aveva spento.

Ecco, cari amici: la mia povera presenza tra voi vuole essere un segno tangibile del fatto che il Signore crocifisso vive; che è con noi, che è realmente risorto e non ci dimentica, e non vi abbandona; non lascerà inascoltate le vostre domande circa il futuro, non è sordo al grido preoccupato di tante famiglie che hanno perso tutto: case, risparmi, lavoro e a volte anche vite umane. Certo, la sua risposta concreta passa attraverso la nostra solidarietà, che non può limitarsi all’emergenza iniziale, ma deve diventare un progetto stabile e concreto nel tempo. Incoraggio tutti, istituzioni e imprese, affinché questa città e questa terra risorgano.

Il Papa è qui, oggi, tra di voi per dirvi anche una parola di conforto circa i vostri morti: essi sono vivi in Dio e attendono da voi una testimonianza di coraggio e di speranza. Attendono di veder rinascere questa loro terra, che deve tornare ad ornarsi di case e di chiese, belle e solide. È proprio in nome di questi fratelli e sorelle che ci si deve impegnare nuovamente a vivere facendo ricorso a ciò che non muore e che il terremoto non ha distrutto e non può distruggere: l’amore. L’amore rimane anche al di là del guado di questa nostra precaria esistenza terrena, perché l’Amore vero è Dio. Chi ama vince, in Dio, la morte e sa di non perdere coloro che ha amato.

Vorrei concludere queste mie parole rivolgendo al Signore una particolare preghiera per le vittime del terremoto.

Affidiamo questi nostri cari a Te, Signore, sapendo

che ai tuoi fedeli Tu non togli la vita ma la trasformi,

e nel momento stesso in cui viene distrutta

la dimora di questo nostro esilio sulla terra,

Ti preoccupi di prepararne una eterna ed immortale in Paradiso.

Padre Santo, Signore del cielo e della terra,

ascolta il grido di dolore e di speranza,

che si leva da questa comunità duramente provata dal terremoto!

E’ il grido silenzioso del sangue di madri, di padri, di giovani

e anche di piccoli innocenti che sale da questa terra.

Sono stati strappati all’affetto dei loro cari,

accoglili tutti nella tua pace, Signore, che sei il Dio-con-noi,

l’Amore capace di donare la vita senza fine.

Abbiamo bisogno di Te e della Tua forza,

perché ci sentiamo piccoli e fragili di fronte alla morte;

Ti preghiamo, aiutaci, perché soltanto il Tuo sostegno

può farci rialzare e indurci a riprendere insieme,

tenendoci fiduciosi l’un l’altro per mano, il cammino della vita.

Te lo chiediamo per Gesù Cristo, nostro Salvatore,

in cui rifulge la speranza della beata risurrezione. Amen!

Preghiamo adesso con la preghiera che il Signore ci ha insegnato; "Padre Nostro...

Quindi il Santo Padre ha impartito la benedizione, poi ha aggiunto:

La mia preghiera è con voi; siamo insieme e il Signore ci aiuterà. Grazie per il vostro coraggio, la vostra fede e la vostra speranza.



SOSTA ALLA BASILICA DI COLLEMAGGIO DE L’AQUILA

Conclusa la visita alla tendopoli di Onna, alle ore 11.15 il Santo Padre ha raggiunto in auto L’Aquila ed ha sostato alla Basilica di Collemaggio dove ha venerato l’urna di Papa Celestino V, deponendovi come omaggio il Pallio che Gli è stato imposto nella celebrazione di inizio del Pontificato.



SOSTA PRESSO LA CASA DELLO STUDENTE

Poco dopo le 11.30, il Papa è giunto presso la Casa dello Studente de L’Aquila dove ha incontrato un gruppo di studenti.



INCONTRO CON LA POPOLAZIONE ED IL PERSONALE IMPEGNATO NEI SOCCORSI A COPPITO

Alle ore 12 il Santo Padre Benedetto XVI è arrivato alla Scuola della Guardia di Finanza di Coppito dove ha incontrato, per un breve saluto, i Sindaci e i Parroci dei Comuni più colpiti dal sisma.

Quindi, nel Piazzale della Scuola, il Papa ha incontrato la popolazione ed il personale impegnato nei soccorsi (Volontari, Protezione Civile, Vigili del Fuoco, Militari,...).

Dopo gli indirizzi di saluto dell’Arcivescovo de L’Aquila, S.E. Mons. Giuseppe Molinari, del Presidente della Regione Abruzzo, On. Gianni Chiodi, e del Sindaco della Città, On. Massimo Cialente, il Papa ha rivolto ai presenti un discorso e ha guidato la recita del Regina Coeli davanti alla statua della Madonna di Roio, Nostra Signora della Croce, davanti alla quale ha deposto una rosa d’oro.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha pronunciato nel corso dell’incontro:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

Grazie per la vostra accoglienza, che mi commuove profondamente. Vi abbraccio tutti con affetto nel nome di Cristo, nostra salda Speranza. Saluto il vostro Arcivescovo, il caro Mons. Giuseppe Molinari, che come Pastore ha condiviso e sta condividendo con voi questa dura prova; a lui va il mio ringraziamento per le toccanti parole piene di fede e di fiducia evangelica con cui si è fatto interprete dei vostri sentimenti. Saluto il Sindaco dell’Aquila, Onorevole Massimo Cialente, che con grande impegno sta operando per la rinascita di questa città; come pure il Presidente della Regione, Onorevole Gianni Chiodi. Ringrazio entrambi per le loro profonde parole. Saluto la Guardia di Finanza, che ci ospita in questo luogo. Saluto i Parroci, gli altri sacerdoti e le religiose. Saluto i Sindaci dei paesi colpiti da questa sciagura, e tutte le Autorità civili e militari: la Protezione Civile, i Vigili del Fuoco, la Croce Rossa, le Squadre di Soccorso, e i tanti volontari di molte e diverse associazioni. Nominarle tutte mi sarebbe difficile, ma a ciascuno vorrei far giungere una speciale parola di apprezzamento. Grazie di ciò che avete fatto e soprattutto dell’amore con cui l’avete fatto. Grazie dell’esempio che avete dato. Andate avanti uniti e ben coordinati, così che si possano attuare quanto prima soluzioni efficaci per chi oggi vive nelle tendopoli. Lo auguro di cuore, e prego per questo.

Ho iniziato questa mia visita da Onna, tanto fortemente colpita dal sisma, pensando anche alle altre comunità terremotate. Ho nel cuore tutte le vittime di questa catastrofe: bambini, giovani, adulti, anziani, sia abruzzesi che di altre regioni d’Italia o anche di nazioni diverse. La sosta nella Basilica di Collemaggio, per venerare le spoglie del santo Papa Celestino V, mi ha dato modo di toccare con mano il cuore ferito di questa città. Il mio ha voluto essere un omaggio alla storia e alla fede della vostra terra, e a tutti voi, che vi identificate con questo Santo. Sulla sua urna, come Ella Signor Sindaco ha ricordato, ho lasciato quale segno della mia partecipazione spirituale il Pallio che mi è stato imposto nel giorno dell’inizio del mio Pontificato. Inoltre, assai toccante è stato per me pregare davanti alla Casa dello studente, dove non poche giovani vite sono state stroncate dalla violenza del sisma. Attraversando la città, mi sono reso ancor più conto di quanto gravi siano state le conseguenze del terremoto.

Eccomi ora qui, in questa Piazza su cui s’affaccia la Scuola della Guardia di Finanza, che praticamente sin dal primo momento funziona come quartiere generale di tutta l’opera di soccorso. Questo luogo, consacrato dalla preghiera e dal pianto per le vittime, costituisce come il simbolo della vostra volontà tenace di non cedere allo scoraggiamento. "Nec recisa recedit": il motto del Corpo della Guardia di Finanza, che possiamo ammirare sulla facciata della struttura, sembra bene esprimere quella che il Sindaco ha definito la ferma intenzione di ricostruire la città con la costanza caratteristica di voi abruzzesi. Questo ampio piazzale, che ha ospitato le salme delle tante vittime per la celebrazione delle esequie presiedute dal Cardinale Tarcisio Bertone, mio Segretario di Stato, raccoglie quest’oggi le forze impegnate ad aiutare L’Aquila e l’Abruzzo a risorgere presto dalle macerie del terremoto. Come ha ricordato l’Arcivescovo, la mia visita in mezzo a voi, da me desiderata sin dal primo momento, vuole essere un segno della mia vicinanza a ciascuno di voi e della fraterna solidarietà di tutta la Chiesa. In effetti, come comunità cristiana, costituiamo un solo corpo spirituale, e se una parte soffre, tutte le altre parti soffrono con lei; e se una parte si sforza di risollevarsi, tutte partecipano al suo sforzo. Devo dirvi che manifestazioni di solidarietà mi sono giunte per voi da tutte le parti del mondo. Numerose alte personalità delle Chiese Ortodosse mi hanno scritto per assicurare la loro preghiera e vicinanza spirituale, inviando anche aiuti economici.

Desidero sottolineare il valore e l’importanza della solidarietà, che, sebbene si manifesti particolarmente in momenti di crisi, è come un fuoco nascosto sotto la cenere. La solidarietà è un sentimento altamente civico e cristiano e misura la maturità di una società. Essa in pratica si manifesta nell’opera di soccorso, ma non è solo una efficiente macchina organizzativa: c’è un’anima, c’è una passione, che deriva proprio dalla grande storia civile e cristiana del nostro popolo, sia che avvenga nelle forme istituzionali, sia nel volontariato. Ed anche a questo, oggi, voglio rendere omaggio.

Il tragico evento del terremoto invita la Comunità civile e la Chiesa ad una profonda riflessione. Come cristiani dobbiamo chiederci: "Che cosa vuole dirci il Signore attraverso questo triste evento?". Abbiamo vissuto la Pasqua confrontandoci con questo trauma, interrogando la Parola di Dio e ricevendo dalla crocifissione e dalla resurrezione del Signore nuova luce. Abbiamo celebrato la morte e la risurrezione di Cristo portando nella mente e nel cuore il vostro dolore, pregando perché non venisse meno nelle persone colpite la fiducia in Dio e la speranza. Ma anche come Comunità civile occorre fare un serio esame di coscienza, affinché il livello delle responsabilità, in ogni momento, mai venga meno. A questa condizione, L’Aquila, anche se ferita, potrà tornare a volare.

Vi invito ora, cari fratelli e sorelle, a volgere lo sguardo verso la statua della Madonna di Roio, venerata in un Santuario a voi molto caro, per affidare a Lei, Nostra Signora della Croce, la città e tutti gli altri paesi toccati dal terremoto. A Lei, la Madonna di Roio, lascio una Rosa d’oro, quale segno della mia preghiera per voi, mentre raccomando alla sua materna e celeste protezione tutte le località colpite.

Ed ora preghiamo:

O Maria, Madre nostra amatissima!

Tu, che stai vicino alle nostre croci,

come rimanesti accanto a quella di Gesù,

sostieni la nostra fede, perché pur affranti dal dolore,

conserviamo lo sguardo fisso sul volto di Cristo

in cui, nell’estrema sofferenza della croce,

si è mostrato l’amore immenso e puro di Dio.

Madre della nostra speranza, donaci i tuoi occhi per vedere,

oltre la sofferenza e la morte, la luce della risurrezione;

donaci il tuo cuore per continuare,

anche nella prova, ad amare e a servire.

O Maria, Madonna di Roio,

Nostra Signora della Croce, prega per noi!

Regina Caeli…


Al termine, il Santo Padre Benedetto XVI ha salutato i Rappresentanti delle diverse categorie presenti all’incontro.

29/04/2009 17:16
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RINUNCE E NOMINE


NOMINA DELL’AUSILIARE DI LILONGWE (MALAWI)

Il Santo Padre ha nominato Ausiliare della diocesi di Lilongwe (Malawi) il Rev.do Stanislaus Tobias Magombo, del clero di Dedza, Segretario Nazionale per la Pastorale presso la Conferenza Episcopale del Malawi, assegnandogli la sede titolare vescovile di Cesarea di Mauritania.

Rev.do Stanislaus Tobias Magombo

Il Rev.do Stanislaus Tobias Magombo è nato il 24 febbraio 1968 a Matowe Village, Kachindamoto, Dedza. Dopo aver frequentato il Seminario Minore di Dedza (1985-1989), ha studiato nel Seminario Nazionale Filosofico di Kachebere (1989-1992) e successivamente in quello teologico di Zomba (1992-1996). È stato ordinato sacerdote il 3 agosto 1996 ed incardinato nella diocesi di Dedza.

Dopo l’ordinazione sacerdotale ha ricoperto vari incarichi: 1996-1999: Vicario parrocchiale e poi Parroco a Ntcheu; 1999-2001: Studi per la Licenza in Teologia Spirituale presso la Catholic University of Eastern Africa a Nairobi (C.U.E.A.), Kenya; 2001-2005: Rettore del Seminario Minore St. Kizito; Consultore Diocesano e Direttore dell’Ufficio Diocesano dell’Educazione; dal 2005: Segretario Nazionale per la Pastorale presso la Conferenza Episcopale del Paese, con residenza a Lilongwe (incarico rinnovato nel 2008).

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L’UDIENZA GENERALE


L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 in Piazza San Pietro dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

Nel discorso in lingua italiana, il Papa, continuando il ciclo di catechesi sui grandi Scrittori della Chiesa di Oriente e di Occidente del Medioevo, si è soffermato su San Germano, Patriarca di Costantinopoli.

Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.

L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.


CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Cari fratelli e sorelle,

il Patriarca Germano di Costantinopoli, del quale vorrei parlare oggi, non appartiene alle figure più rappresentative del mondo cristiano orientale di lingua greca e tuttavia il suo nome compare con una certa solennità nella lista dei grandi difensori delle immagini sacre, stesa nel Secondo Concilio di Nicea, settimo ecumenico (787). La Chiesa Greca celebra la sua festa nella liturgia del 12 maggio. Egli ebbe un ruolo significativo nella storia complessa della lotta per le immagini, durante la cosiddetta crisi iconoclastica: seppe resistere validamente alle pressioni di un Imperatore iconoclasta, cioè avversario delle icone, quale fu Leone III.

Durante il patriarcato di Germano (715-730) la capitale dell’impero bizantino, Costantinopoli, subì un pericolosissimo assedio da parte dei Saraceni. In quell’occasione (717-718) venne organizzata una solenne processione in città con l’ostensione dell’immagine della Madre di Dio, la Theotokos, e della reliquia della Santa Croce, per invocare dall’Alto la difesa della città. Di fatto, Costantinopoli fu liberata dall’assedio. Gli avversari decisero di desistere per sempre dall’idea di stabilire la loro capitale nella città simbolo dell’Impero cristiano e la riconoscenza per l’aiuto divino fu estremamente grande nel popolo.

Il Patriarca Germano, dopo quell’evento, si convinse che l’intervento di Dio doveva essere ritenuto un’approvazione evidente della pietà mostrata dal popolo verso le sante icone. Di parere completamente diverso fu invece l’imperatore Leone III, che proprio da quell’anno (717) si insediò quale Imperatore indiscusso nella capitale, su cui regnò fino al 741. Dopo la liberazione di Costantinopoli e dopo una serie di altre vittorie, l’Imperatore cristiano cominciò a manifestare sempre più apertamente la convinzione che il consolidamento dell’Impero dovesse cominciare proprio da un riordinamento delle manifestazioni della fede, con particolare riferimento al rischio di idolatria a cui, a suo parere, il popolo era esposto a motivo dell’eccessivo culto delle icone.

A nulla valsero i richiami del patriarca Germano alla tradizione della Chiesa e all’effettiva efficacia di alcune immagini, che venivano unanimemente riconosciute come ‘miracolose’. L’imperatore divenne sempre più irremovibile nell’applicazione del suo progetto restauratore, che prevedeva l’eliminazione delle icone. E quando il 7 gennaio del 730 egli prese posizione aperta in una riunione pubblica contro il culto delle immagini, Germano non volle in nessun modo piegarsi al volere dell’Imperatore su questioni ritenute da lui determinanti per la fede ortodossa, alla quale secondo lui apparteneva proprio il culto, l’amore per le immagini. In conseguenza di ciò, Germano si vide costretto a rassegnare le dimissioni da Patriarca, auto-condannandosi all’esilio in un monastero dove morì dimenticato pressoché da tutti. Il suo nome riemerse in occasione appunto del Secondo Concilio di Nicea (787), quando i Padri ortodossi decisero in favore delle icone, riconoscendo i meriti di Germano.

Il Patriarca Germano curava molto le celebrazioni liturgiche e, per un certo tempo, fu ritenuto anche l’instauratore della festa dell’Akatistos. Come è noto, l’Akatistos è un antico e famoso inno sorto in ambito bizantino e dedicato alla Theotokos, la Madre di Dio. Nonostante che dal punto di vista teologico non si possa qualificare Germano come un grande pensatore, alcune sue opere ebbero una certa risonanza soprattutto per certe sue intuizioni sulla mariologia. Di lui sono state conservate, in effetti, diverse omelie di argomento mariano e alcune di esse hanno segnato profondamente la pietà di intere generazioni di fedeli sia in Oriente che in Occidente. Le sue splendide Omelie sulla Presentazione di Maria al Tempio sono testimonianze tuttora vive della tradizione non scritta delle Chiese cristiane. Generazioni di monache, di monaci e di membri di numerosissimi Istituti di Vita Consacrata, continuano ancora oggi a trovare in quei testi tesori preziosissimi di spiritualità.

Creano ancora adesso stupore anche alcuni testi mariologici di Germano che fanno parte delle omelie tenute In SS. Deiparae dormitionem, festività corrispondente alla nostra festa dell’Assunzione. Fra questi testi il Papa Pio XII ne prelevò uno che incastonò come una perla nella Costituzione apostolica Munificentissimus Deus (1950), con la quale dichiarò dogma di fede l’Assunzione di Maria. Questo testo il Papa Pio XII citò nella menzionata Costituzione, presentandolo come uno degli argomenti in favore della fede permanente della Chiesa circa l’Assunzione corporale di Maria in cielo. Germano scrive: "Poteva mai succedere, santissima Madre di Dio, che il cielo e la terra si sentissero onorati dalla tua presenza, e tu, con la tua partenza, lasciassi gli uomini privi della tua protezione? No. E’ impossibile pensare queste cose. Infatti come quando eri nel mondo non ti sentivi estranea alle realtà del cielo, così anche dopo che sei emigrata da questo mondo non ti sei affatto estraniata dalla possibilità di comunicare in spirito con gli uomini… Non hai affatto abbandonato coloro ai quali hai garantito la salvezza… infatti il tuo spirito vive in eterno né la tua carne subì la corruzione del sepolcro. Tu, o Madre, sei vicina a tutti e tutti proteggi e, benché i nostri occhi siano impediti dal vederti, tuttavia sappiamo, o Santissima, che tu abiti in mezzo a tutti noi e ti rendi presente nei modi più diversi…Tu (Maria) ti riveli tutta, come sta scritto, nella tua bellezza. Il tuo corpo verginale è totalmente santo, tutto casto, tutto casa di Dio così che, anche per questo, è assolutamente refrattario ad ogni riduzione in polvere. Esso è immutabile, dal momento che ciò che in esso era umano è stato assunto nella incorruttibilità, restando vivo e assolutamente glorioso, incolume e partecipe della vita perfetta. Infatti era impossibile che fosse tenuta chiusa nel sepolcro dei morti colei che era divenuta vaso di Dio e tempio vivo della santissima divinità dell’Unigenito. D’altra parte noi crediamo con certezza che tu continui a camminare con noi" (PG 98, coll. 344B-346B, passim).

E’ stato detto che per i Bizantini il decoro della forma retorica nella predicazione, e ancora di più negli inni o composizioni poetiche che essi chiamano tropari, è altrettanto importante nella celebrazione liturgica quanto la bellezza dell’edificio sacro nel quale essa si svolge. Il Patriarca Germano è stato riconosciuto, in quella tradizione, come uno di coloro che hanno contribuito molto nel tener viva questa convinzione, cioè che bellezza della parola, del linguaggio e bellezza dell’edificio e della musica devono coincidere.

Cito, per concludere, le parole ispirate con cui Germano qualifica la Chiesa all’inizio di questo suo piccolo capolavoro: "La Chiesa è tempio di Dio, spazio sacro, casa di preghiera, convocazione di popolo, corpo di Cristo… E’ il cielo sulla terra, dove Dio trascendente abita come a casa sua e vi passeggia, ma è anche impronta realizzata (antitypos) della crocifissione, della tomba e della risurrezione... La Chiesa è la casa di Dio in cui si celebra il sacrificio mistico vivificante, nello stesso tempo parte più intima del santuario e grotta santa. Dentro di essa si trovano infatti il sepolcro e la mensa, nutrimenti per l’anima e garanzie di vita. In essa infine si trovano quelle vere e proprie perle preziose che sono i dogmi divini dell’insegnamento offerto direttamente dal Signore ai suoi discepoli" (PG 98, coll. 384B-385A).

Alla fine rimane la domanda: che cosa ha da dirci oggi questo Santo, cronologicamente e anche culturalmente abbastanza distante da noi. Penso sostanzialmente tre cose. La prima: c’è una certa visibilità di Dio nel mondo, nella Chiesa, che dobbiamo imparare a percepire. Dio ha creato l’uomo a sua immagine, ma questa immagine è stata coperta dalla tanta sporcizia del peccato, in conseguenza della quale quasi Dio non traspariva più. Così il Figlio di Dio si è fatto vero uomo, perfetta immagine di Dio: in Cristo possiamo così contemplare anche il volto di Dio e imparare ad essere noi stessi veri uomini, vere immagini di Dio. Cristo ci invita ad imitarLo, a divenire simili a Lui, così che in ogni uomo traspaia di nuovo il volto di Dio, l’immagine di Dio. Per la verità, Dio aveva vietato nel Decalogo di fare delle immagini di Dio, ma questo era a motivo delle tentazioni di idolatria a cui il credente poteva essere esposto in un contesto di paganesimo. Quando però Dio si è fatto visibile in Cristo mediante l’incarnazione, è diventato legittimo riprodurre il volto di Cristo. Le sante immagini ci insegnano a vedere Dio nella raffigurazione del volto di Cristo. Dopo l’incarnazione del Figlio di Dio, è diventato quindi possibile vedere Dio nelle immagini di Cristo ed anche nel volto dei Santi, nel volto di tutti gli uomini in cui risplende la santità di Dio.

La seconda cosa è la bellezza e la dignità della liturgia. Celebrare la liturgia nella consapevolezza della presenza di Dio, con quella dignità e bellezza che ne faccia vedere un poco lo splendore, è l’impegno di ogni cristiano formato nella sua fede. La terza cosa è amare la Chiesa. Proprio a proposito della Chiesa, noi uomini siamo portati a vedere soprattutto i peccati, il negativo; ma con l’aiuto della fede, che ci rende capaci di vedere in modo autentico, possiamo anche, oggi e sempre, riscoprire in essa la bellezza divina. E’ nella Chiesa che Dio si fa presente, si offre a noi nella Santa Eucaristia e rimane presente per l’adorazione. Nella Chiesa Dio parla con noi, nella Chiesa "Dio passeggia con noi", come dice San Germano. Nella Chiesa riceviamo il perdono di Dio e impariamo a perdonare.

Preghiamo Dio perché ci insegni a vedere nella Chiesa la sua presenza, la sua bellezza, a vedere la sua presenza nel mondo, e ci aiuti ad essere anche noi trasparenti alla sua luce.



SINTESI DELLA CATECHESI NELLE DIVERSE LINGUE


○ Sintesi della catechesi in lingua francese

Chers Frères et Sœurs,

Le Patriarche Germain de Constantinople eut un rôle significatif, au huitième siècle, durant la crise iconoclaste. Il sut résister aux pressions de l’empereur Léon III qui était convaincu que le redressement de l’Empire devait commencer par une réorganisation des manifestations de la foi, face au risque d’idolâtrie auquel, selon lui, le peuple était exposé en raison d’un culte excessif des icônes. Les rappels du Patriarche Germain à la tradition de l’Eglise et à l’efficacité d’images reconnues comme « miraculeuses », ne servirent à rien. L’Empereur demeura inébranlable. Et quand le 7 janvier 730 celui-ci prit position contre le culte des images, Germain ne voulut pas se plier à sa volonté sur des questions qu’il considérait déterminantes pour l’orthodoxie de la foi. En conséquence il dut démissionner et s’exiler dans un monastère où il mourut oublié de presque tous. Son nom réapparut à l’occasion du second Concile de Nicée en 787, lorsque les Pères orthodoxes en reconnurent les mérites.

Le Patriarche Germain a porté un grand soin aux célébrations liturgiques. Certaines de ses œuvres sont connues surtout en raison de ses intuitions sur la mariologie. Plusieurs de ses splendides homélies mariales ont profondément marqué la piété de générations de fidèles en Orient et en Occident et elles ont encore beaucoup à nous dire aujourd’hui.

Je suis heureux d’accueillir les pèlerins francophones. Je salue particulièrement les jeunes lycéens du diocèse d’Ajaccio, avec leur Évêque Mgr Jean-Luc Brunin. Que votre pèlerinage aux tombeaux des Apôtres Pierre et Paul soit pour vous tous l’occasion de faire grandir votre foi dans le Christ ressuscité ! Avec ma Bénédiction apostolique !


○ Sintesi della catechesi in lingua inglese

Dear Brothers and Sisters,

In our catechesis on the early Christian writers of East and West, we turn to Saint Germanus, Bishop and Patriarch of Constantinople, whose feast day is celebrated in the Greek Church on 12 May. In 717, while Constantinople was under siege by Saracen armies, Germanus led a procession with the venerated image of the Theotokos, the Mother of God, and relics of the Holy Cross. The siege was lifted, convincing him that God had responded to the people’s devotion. Some time later however, Emperor Leo III initiated his campaign against the use of sacred images, judging them to be a source of idolatry. When Germanus opposed the Emperor publicly in 730 he was forced to retire in exile to a monastery, where he later died. His memory was not forgotten, and in the Second Council of Nicea, which restored devotion to sacred images, his name was honoured. The writings of Germanus, steeped in an ardent love of the Church and devotion to the Mother of God, have had a wide influence on the piety of the faithful both of the East and the West. He promoted a solemn and beautiful Liturgy and is also known for his insights in Mariology. In homilies on the Presentation and the Dormition of the Virgin Mary, Germanus extols her virtue and her mission. A text which sees the source of her bodily incorruption in her virginal maternity was included by Pope Pius XII in his Apostolic Constitution Munificentissimus Deus. I pray that through the intercession of Saint Germanus we may all be renewed in our love of the Church and devotion to the Mother of God.

I offer a warm welcome to all the English-speaking pilgrims and visitors from England, Scotland, Ireland, Denmark, Finland, Japan, Canada and the United States. Upon all of you I cordially invoke the Lord’s Easter blessings of joy and peace!


○ Sintesi della catechesi in lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern!

In dieser Katechese möchte ich den Patriarchen Germanus von Konstantinopel vorstellen, der von 715 bis 730 in der Hauptstadt des oströmischen Reiches wirkte. Zu seinen großen Verdiensten gehört die Verteidigung der Verehrung der heiligen Ikonen, besonders in jenen Zeiten der Not, als Konstantinopel die Belagerung durch die Sarazenen unversehrt überstand und man dies dem Gebet der Gläubigen vor den Ikonen zuschrieb. Der oströmische Kaiser Leo III. sah in der Bilderverehrung hingegen eine Gefahr des Aberglaubens und wollte seine Herrschaft durch eine Neuordnung des religiösen Lebens festigen. Germanus konnte dem nicht zustimmen und mußte schließlich ins Exil gehen. Die Frömmigkeit des Patriarchen zeigte sich auch in seiner Liebe zur Schönheit der Liturgie und zur kunstvollen Formulierung der Gebete und Predigten, wie es besonders in der Ostkirche Tradition ist. Noch heute können wir die Erhabenheit und zugleich die freimütige, dialogische Sprache seiner Homilien zur Darstellung Marias im Tempel oder zu ihrer Aufnahme in den Himmel bewundern. So hören wir ihn zu Maria sagen: „Wie dir, als du auf Erden weiltest, die himmlischen Dinge nicht fremd waren, so ist dir auch nach deinem Fortgang aus dieser Welt die Möglichkeit nicht fremd, im Geist zu den Menschen zu sprechen... Du, oh Mutter, bist allen nahe und behütest alle... Wir glauben fest, daß du weiter mit uns gehst."

Ganz herzlich heiße ich alle deutschsprachigen Pilger und Besucher willkommen. Auch grüße ich die niederländischen und belgischen Gäste: unter ihnen Kardinal Simonis, die Bischöfe von Haarlem, Rotterdam, Breda und Antwerpen, die Alumnen des Spätberufenenseminars „Bovendonk" und das Musikinstitut der Kathedrale von Haarlem. Wie der Patriarch Germanus wollen auch wir in der Kirche unsere besten Fähigkeiten und unser ganzes Leben in den Dienst Gottes stellen und durch eine schön gestaltete Liturgie ihm Lob und Dank darbringen. Christus, der Auferstandene, begleite euch und eure Angehörigen mit seinem Segen.


○ Sintesi della catechesi in lingua spagnola

Hoy hablamos del Patriarca Germano de Constantinopla, conocido sobre todo por defender la devoción por los iconos e imágenes sagradas, ante la campaña iconoclasta del Emperador de Bizancio que las quería eliminar. Como no consiguió frenarlo, se vio forzado a dimitir, recluyéndose en un monasterio donde murió en el olvido. Pero su nombre fue ensalzado más tarde por el Segundo Concilio de Nicea, del año setecientos ochenta y siete, en el que se reconocieron sus méritos y se ratificó la tradición de venerar las imágenes. Germano es recordado también por su atención al decoro de la retórica en la predicación, como es característico en la tradición bizantina, convencido de que la hermosura de los himnos, composiciones poéticas y homilías es tan importante en la liturgia como la belleza de los lugares en que se celebra. A él debemos algunas piezas que han marcado la piedad durante siglos y en las que también hoy puede encontrarse un tesoro de espiritualidad. Son particularmente famosos algunos textos suyos sobre la Santísima Virgen María y el misterio de la Iglesia.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, en particular a los peregrinos de la diócesis de Chascomús, con su Obispo, Monseñor Carlos Humberto la Malfa. Que los esfuerzos de nuestros antepasados en la fe por transmitir, profundizar y enaltecer la verdad cristiana, nos impulsen también hoy a dar realce y brillantez a los misterios divinos que profesamos.

Muchas gracias.



SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE


○ Saluto in lingua portoghese

Amados peregrinos de língua portuguesa, uma saudação afectuosa para todos, especialmente para os grupos do Brasil e de Portugal! Que a vossa amorosa adesão a Cristo e à Sua Igreja se robusteça ao professardes a fé nestes lugares santificados pelo testemunho dos Apóstolos Pedro e Paulo, que serviram Cristo e amaram a Igreja até ao martírio. A todos sirva de estímulo e conforto a Bênção que vos dou a vós, aos vossos familiares e comunidades eclesiais.


○ Saluto in lingua polacca

Witam polskich pielgrzymów. Pozdrawiam wszystkich, a szczególnie tak liczną delegację diecezji Bielsko-Żywieckiej. W Roku św. Pawła przybywacie do miejsc związanych z jego apostolską działalnością i męczeństwem, aby od niego uczyć się wiary i oddania Chrystusowi. Niech Bóg błogosławi wam w tej duchowej drodze. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus!

[Do il benvenuto ai pellegrini polacchi. Saluto tutti voi, e in modo particolare la così numerosa delegazione della Diocesi di Bielsko-Żywiec. Nell’Anno di san Paolo siete giunti ai luoghi legati alla sua attività apostolica e al martirio, per imparare da lui la fede e la dedizione a Cristo. Dio vi benedica in questo cammino spirituale. Sia lodato Gesù Cristo!]


○ Saluto in lingua ungherese

Szeretettel Köszöntöm a magyar híveket, különösen azokat, akik Zuglóból. Balonyból és Erdélyből érkeztek! Kedves Testvéreim, Kívánom, hogy imáitok az apostolok sírjainál felszítsák bennetek a készséget a keresztény tanúságtételre. Dicsértessék a Jézus Krisztus!

[Do un cordiale benvenuto ai pellegrini ungheresi, specialmente ai fedeli delle parrocchie di Balon, di Budapest-Zugló e di Miercurea Ciuc! Carissimi, auspico che la vostra visita alle tombe degli Apostoli susciti in ognuno di voi un rinnovato desiderio di testimonianza cristiana. Sia lodato Gesù Cristo!]


○ Saluto in lingua ceca

Srdečně vítám poutníky z České republiky, zvlášť z farnosti Lichnov, a přeji jim, aby je návštěva u hrobů apoštolských povzbudila ke křesťanskému svědectví. Chvála Kristu!

[Saluto cordialmente i pellegrini di Repubblica Ceca, in particolare i fedeli della parrocchia di Lichnov, ed auguro che la loro visita alle tombe degli Apostoli susciti una rinnovata testimonianza cristiana. Sia lodato Gesù Cristo!]


○ Saluto in lingua slovacca

Zo srdca vítam slovenských pútnikov z Chminianskej Novej Vsi, Budkoviec, Starého, Čaklova, Novote, Hrádku a Hôrky, Trenčína a Nemocnice v Prešove. Osobitne pozdravujem ďakovnú púť Trnavskej arcidiecézy, vedenú arcibiskupom Jánom Sokolom a primátorom mesta. Bratia a sestry, prajem vám nech bazilika minor svätého Mikuláša v Trnave je miestom modlitby na posilňovanie vašej jednoty s Rímskou cirkvou. Rád vás žehnam. Pochválený buď Ježiš Kristus!

[Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini slovacchi provenienti da Chminianska Nová Ves, Budkovce, Staré, Čaklov, Novoť, Hrádok e Hôrka, Trenčín e dall’Ospedale di Prešov. In particolare saluto il pellegrinaggio di ringraziamento dell’Arcidiocesi di Trnava, guidato dall’Arcivescovo S.E.Mons. Ján Sokol, con il sindaco della città. Fratelli e sorelle, vi auguro che la basilica minore di San Nicola a Trnava sia il luogo di preghiera in cui si rafforza la vostra unione con la Chiesa di Roma. Volentieri vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!]


○ Saluto in lingua slovena

Lepo pozdravljam romarje iz Slovenije, še posebej iz Ljubljane, Mengša, Slovenskih Konjic, Tolmina in s Primskovega. Dragi prijatelji! Prišli ste v Rim, da bi ob zgledu svetih apostolov Petra in Pavla poživili vašo vero in zvestobo Vstalemu Kristusu in Njegovi Cerkvi. Naj bo On vir vašega veselja in upanja in naj vas vse spremlja moj blagoslov!

[Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini provenienti dalla Slovenia, in particolare da Ljubljana, Mengeš, Slovenske Konjice, Tolmin e Primskovo. Cari Amici! Siete venuti a Roma affinché, ispirate dall’esempio dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, siano rafforzate la vostra fede e la vostra fedeltà al Cristo Risorto ed alla Sua Chiesa. Sia Lui la fonte della vostra letizia e della vostra speranza, e vi accompagni tutti la mia Benedizione!]


○ Saluto in lingua croata

Srdačno pozdravljam sve hrvatske hodočasnike, a napose vjernike župe Svetog Pavla iz Zagreba te grupu iz Sombora. S osobitom radošću pozdravljam vas, drage vjernike, svećenike, redovnike, redovnice i bogoslove iz Đakovačko-osječke nadbiskupije i Srijemske biskupije, predvođene vašim pastirima, nadbiskupom Marinom Srakićem i biskupima Đurom Gašparovićem i Đurom Hranićem. Došli ste očitovati svoju zahvalnost prigodom osnivanja Đakovačko-osječke nadbiskupije i metropolije kao i Srijemske biskupije, zbog proglašenja Izjava i Odluka Druge biskupijske sinode te završetka Godine braka i obitelji u vašoj mjesnoj Crkvi. Ovim hodočašćem želite javno pokazati da „vam je velika djela učinio Svesilni, sveto je Ime njegovo" (usp. Lk 1, 49). Dok vam jamčim svoju duhovnu blizinu, vama i vašim obiteljima udjeljujem poseban apostolski blagoslov. Hvaljen Isus i Marija!

[Saluto di cuore i pellegrini croati, tra i quali i fedeli della parrocchia di San Paolo da Zagabria e il gruppo di Sombor. Con particolare gioia saluto voi, cari fedeli, sacerdoti, religiosi, religiose e seminaristi dalla Arcidiocesi di Đakovo-Osijek e dalla Diocesi di Srijem, guidati dai vostri pastori, l’Arcivescovo Marin Srakić ed i Vescovi Đuro Gašparović e Đuro Hranić. Siete venuti a manifestare la vostra gratitudine in occasione dell’erezione dell’Arcidiocesi e della Metropolia di Đakovo-Osijek e della Diocesi di Srijem, come pure per la proclamazione delle Dichiarazioni e dei Decreti del Secondo Sinodo Diocesano, e per la chiusura dell’Anno del matrimonio e della famiglia nella vostra Chiesa particolare. Con questo pellegrinaggio volete pubblicamente dimostrare che "le grandi cose vi ha fatto l’Onnipotente e Santo è il suo nome" (cf. Lc 1, 49). Mentre vi assicuro la mia spirituale vicinanza imparto a voi e alle vostre famiglie una speciale Benedizione Apostolica. Siano lodati Gesù e Maria!]


○ Saluto in lingua italiana

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i fedeli della diocesi di Lucera-Troia, con il Vescovo Mons. Domenico Cornacchia; della diocesi di Forlì-Bertinoro, con il Vescovo Mons. Lino Pizzi; e della diocesi di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, con il Vescovo Mons. Giuseppe Petrocchi. Cari amici, l’Apostolo Paolo sia per voi esempio di totale dedizione al Signore e alla sua Chiesa, oltre che di apertura all’umanità e alle sue culture. Saluto i fedeli di Cava dei Tirreni, con l’Ordinario diocesano il Rev.mo P. Abate Dom Benedetto Chianetta, augurando a ciascuno di vivere con fervore spirituale l’importante ricorrenza del millennio di fondazione della loro Abbazia territoriale. Saluto i fedeli provenienti dalla Sardegna, accompagnati dal Vescovo Mons. Giuseppe Mani, Presidente della Conferenza Episcopale Sarda, qui convenuti per ricambiare la visita che ho avuto la gioia di compiere in quella Regione. Cari amici, vi ringrazio per la vostra presenza e vi auguro di testimoniare con rinnovato ardore missionario Cristo e il suo Vangelo.

Il mio pensiero va, infine, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. La Liturgia celebra oggi santa Caterina da Siena, Vergine domenicana e Dottore della Chiesa, nonché Compatrona d'Italia insieme con san Francesco d'Assisi. Cari giovani, specialmente voi, ministranti della "Parrocchia dei Santi Antonio e Annibale Maria", di Roma, siate innamorati di Cristo, come lo fu Caterina, per seguirlo con slancio e fedeltà. Voi, cari ammalati, immergete le vostre sofferenze nel mistero d'amore del Sangue del Redentore, contemplato con speciale devozione dalla grande Santa senese. E voi, cari sposi novelli, col vostro reciproco e fedele amore siate segno eloquente dell'amore di Cristo per la Chiesa.

30/04/2009 16:36
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LE UDIENZE

Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in Udienza:

S.E. il Signor Álvaro Uribe Vélez, Presidente della Repubblica di Colombia, con la Consorte, e Seguito;

Em.mo Card. Ivan Dias, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli;

S.E. Mons. Luigi Bonazzi, Arcivescovo tit. di Atella, Nunzio Apostolico in Lituania, Lettonia ed Estonia.

Il Papa riceve questa mattina in Udienza:

Gruppo degli Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale di Argentina, in Visita "ad Limina Apostolorum".

Il Santo Padre incontra questo pomeriggio:

l’On. Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica Italiana.

Il Papa ha ricevuto ieri in Udienza:

Em.mo Card. Paul Josef Cordes, Presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum".



30/04/2009 16:37
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VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" DEGLI ECC.MI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI ARGENTINA (III GRUPPO)

Alle ore 12.15 di questa mattina, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI incontra i Presuli della Conferenza Episcopale di Argentina (III gruppo), ricevuti in questi giorni, in separate udienze, in occasione della Visita "ad Limina Apostolorum", e rivolge loro il discorso che riportiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Queridos Hermanos en el Episcopado:

1. Es para mí un motivo de gran alegría reunirme con este grupo de Pastores de la Iglesia en Argentina, con el cual concluye su visita ad limina. Os saludo con todo afecto y os deseo que este encuentro fraterno con el Sucesor de Pedro os ayude a sentir el latido de la Iglesia universal y a consolidar los vínculos de fe, comunión y disciplina que unen vuestras Iglesias particulares a esta Sede Apostólica. Al mismo tiempo, doy gracias al Señor por esta nueva ocasión de confirmar a mis hermanos en la fe (cf. Lc 22, 32), y participar en sus alegrías y preocupaciones, en sus logros y dificultades.

Agradezco de todo corazón las amables palabras que, en nombre de todos, me ha dirigido Mons. Luis Héctor Villalba, Arzobispo de Tucumán y Vicepresidente de la Conferencia Episcopal Argentina, y en las que ha manifestado vuestros sentimientos de afecto y adhesión, así como los de los sacerdotes, religiosos y fieles laicos de vuestras comunidades.

2. Queridos Hermanos, el Señor Jesús nos ha confiado un ministerio de altísimo valor y dignidad: llevar su mensaje de paz y reconciliación a todas las gentes, cuidar con amor paternal al Pueblo santo de Dios y conducirlo por la vía de la salvación. Ésta es una tarea que supera con creces nuestros méritos personales y nuestra pobre capacidad humana, pero a la que nos entregamos con sencillez y esperanza, apoyándonos en las palabras de Cristo, «no me habéis elegido vosotros a mí, sino que yo os he elegido a vosotros, y os he destinado para que vayáis y deis fruto, y que vuestro fruto permanezca» (Jn 15, 16). Jesús, el Maestro, mirándoos con amor de hermano y amigo, os ha llamado a entrar en su intimidad, y consagrándoos con el óleo sagrado de la unción sacerdotal ha puesto en vuestras manos el poder redentor de su sangre, para que, con la seguridad de actuar siempre in persona Christi capitis, seáis en medio del Pueblo que se os ha confiado «un signo vivo del Señor Jesús, Pastor y Esposo, Maestro y Pontífice de la Iglesia» (Juan Pablo II, Pastores gregis, 7).

En el ejercicio de su ministerio episcopal, el Obispo debe comportarse siempre entre sus fieles como quien sirve (cf. Lumen gentium, 27), inspirándose constantemente en el ejemplo de Aquel que no vino a ser servido sino a servir y dar su vida en rescate por muchos (cf. Mc 10, 45). Realmente, ser Obispo es un título de honor cuando se vive con este espíritu de servicio a los demás y como participación humilde y desinteresada en la misión de Cristo. La contemplación frecuente de la imagen del Buen Pastor os servirá de modelo y aliento en vuestros esfuerzos por anunciar y difundir el Evangelio, os impulsará a cuidar de los fieles con ternura y misericordia, a defender a los débiles y a gastar la vida en una constante y generosa dedicación al Pueblo de Dios (cf. Pastores gregis, 43).

3. Como parte esencial de vuestro ministerio episcopal en la Iglesia, verdadero amoris officium (cf. S. Agustín, In Io. Ev., 123, 5), deseo exhortaros vivamente a fomentar en vuestras comunidades diocesanas el ejercicio de la caridad, de modo especial para con los más necesitados. Con vuestra cercanía y vuestra palabra, con la ayuda material y la oración, con el llamado al diálogo y al espíritu de entendimiento que busca siempre el bien común del pueblo, y con la luz que viene del Evangelio, queréis dar un testimonio concreto y visible del amor de Cristo entre los hombres, para construir continuamente la Iglesia como familia de Dios, siempre acogedora y misericordiosa con los más pobres, de tal manera que en todas las diócesis reine la caridad, en cumplimiento del mandamiento de Jesucristo (cf. Christus Dominus, 16). Junto a eso, quisiera insistir también en la importancia de la oración frente al activismo o a una visión secularizada del servicio caritativo de los cristianos (cf. Deus caritas est, 37). Ese contacto asiduo con Cristo en la plegaria trasforma el corazón de los creyentes, abriéndolo a las necesidades de los demás, sin inspirarse, por tanto, en «esquemas que pretenden mejorar el mundo siguiendo una ideología, sino dejándose guiar por la fe que actúa por el amor» (ibíd., 33).

4. Deseo encomendaros de un modo especial a los presbíteros, vuestros colaboradores más cercanos. Que el abrazo de paz, con el que los acogisteis en el día de su ordenación sacerdotal, sea una realidad viva cada día, que contribuya a estrechar cada vez más los lazos de afecto, respeto y confianza que os unen a ellos en virtud del sacramento del Orden. Reconociendo la abnegación y entrega al ministerio de vuestros sacerdotes, deseo invitarlos también a que se identifiquen cada vez más con el Señor, siendo verdaderos modelos de la grey por sus virtudes y buen ejemplo, y apacentando con amor el rebaño de Dios (cf. 1 P 5, 2-3).

5. La vocación específica de los fieles laicos los lleva a intentar configurar rectamente la vida social y a iluminar las realidades terrenas con la luz del Evangelio. Que los seglares, conscientes de sus compromisos bautismales, y animados por la caridad de Cristo, participen activamente en la misión de la Iglesia así como en la vida social, política, económica y cultural de su País. En este sentido, los católicos deberán destacar entre sus conciudadanos por el cumplimiento ejemplar de sus deberes cívicos, así como por el ejercicio de las virtudes humanas y cristianas que contribuyen a mejorar las relaciones personales, sociales y laborales. Su compromiso los llevará también a promover de modo especial aquellos valores que son esenciales al bien común de la sociedad, como la paz, la justicia, la solidaridad, el bien de la familia fundada sobre el matrimonio entre un hombre y una mujer, la tutela de la vida humana desde la concepción hasta su muerte natural, y el derecho y obligación de los padres a educar a sus hijos según sus convicciones morales y religiosas.

Deseo concluir pidiéndoos que llevéis mi saludo afectuoso a todos los miembros de vuestras Iglesias diocesanas. A los Obispos eméritos, sacerdotes, seminaristas, religiosos y religiosas, y a todos los fieles laicos, decidles que el Papa les agradece sus trabajos por el Señor y la causa del Evangelio; que espera y confía en su fidelidad a la Iglesia. A vosotros, queridos Obispos de Argentina, os agradezco vuestra solicitud pastoral y os aseguro mi cercanía espiritual y mi plegaria constante. Os encomiendo de corazón a la protección de Nuestra Señora de Luján y os imparto una especial Bendición Apostólica.

01/05/2009 02:05
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Il Papa a un gruppo di vescovi dell'Argentina in visita «ad limina»

Una Chiesa sempre accogliente
e misericordiosa verso i poveri

La Chiesa è chiamata a "rendere una testimonianza concreta e visibile dell'amore di Cristo fra gli uomini" mostrandosi "sempre accogliente e misericordiosa verso i più poveri". Lo ha ricordato il Papa a un gruppo di vescovi dell'Argentina, ricevuti in udienza nella mattina di giovedì 30 aprile, nella Sala del Concistoro, in occasione della visita ad limina Apostolorum.



Cari Fratelli nell'Episcopato,
1. È per me motivo di grande gioia riunirmi con questo gruppo con il quale i Pastori della Chiesa in Argentina concludono la loro visita ad Limina. Vi saluto con affetto e vi auguro che questo incontro fraterno con il Successore di Pietro vi aiuti a sentire il battito della Chiesa universale e a consolidare i vincoli di fede, comunione e disciplina che uniscono le vostre Chiese particolari a questa Sede Apostolica. Allo stesso tempo, rendo grazie al Signore per questa nuova occasione di confermare i miei fratelli nella fede (cfr Lc 22, 32) e di partecipare alle loro gioie e alle loro preoccupazioni, ai loro successi e alle loro difficoltà.
Ringrazio di cuore monsignor Luis Héctor Villalba, Arcivescovo di Tucumán e Vicepresidente della Conferenza Episcopale Argentina, per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome di tutti, e nelle quali mi ha manifestato i vostri sentimenti di affetto e di adesione, come pure quelli dei sacerdoti, dei religiosi e dei fedeli laici delle vostre comunità.
2. Cari Fratelli, il Signore Gesù ci ha affidato un ministero di altissimo valore e dignità: portare il suo messaggio di pace e di riconciliazione a tutte le genti, assistere con amore paterno il Popolo santo di Dio e condurlo lungo la via della salvezza. Questo è un compito che va ben oltre i nostri meriti personali e la nostra povera capacità umana, ma al quale ci dedichiamo con semplicità e speranza, sostenuti dalle parole di Cristo, "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga" (Gv 15, 16). Gesù, il Maestro, guarda a voi con amore di fratello e di amico, vi ha chiamati a entrare nella sua intimità e, consacrandovi con l'olio sacro dell'unzione sacerdotale, ha posto nelle vostre mani il potere redentore del suo sangue, affinché, con la sicurezza di agire sempre in persona Christi capitis, siate in mezzo al Popolo che vi è stato affidato "segno vivente del Signore Gesù pastore e Sposo, Maestro e Pontefice della Chiesa" (Giovanni Paolo II, Pastores gregis, n. 7).
Nell'esercizio del suo ministero episcopale, il Vescovo deve comportarsi sempre fra i suoi fedeli come chi serve (cfr. Lumen gentium, n. 27), ispirandosi costantemente all'esempio di Colui che non è venuto per farsi servire ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti (cfr. Mc 10, 45). In realtà, essere Vescovo è un titolo di onore quando si vive con questo spirito di servizio agli altri e si partecipa in modo umile e disinteressato alla missione di Cristo. La contemplazione frequente dell'immagine del Buon Pastore vi servirà da modello e da incoraggiamento nei vostri sforzi per annunciare e diffondere il Vangelo, vi spingerà a prendervi cura dei fedeli con tenerezza e misericordia, a difendere i deboli e a spendere la vita in una costante e generosa dedizione al Popolo di Dio (cfr Pastores gregis, n. 43).
3. Quale parte essenziale del vostro ministero episcopale nella Chiesa, vero amoris officium (cfr sant'Agostino, In Io. Ev. 123, 5), desidero esortarvi vivamente a promuovere nelle vostre comunità diocesane l'esercizio della carità, in modo particolare verso i più bisognosi. Con la vostra vicinanza e la vostra parola, con l'aiuto materiale e la preghiera, con la chiamata al dialogo e allo spirito di intesa che ricerca sempre il bene comune del popolo, e con la luce che viene dal Vangelo, volete rendere una testimonianza concreta e visibile dell'amore di Cristo fra gli uomini, per costruire continuamente la Chiesa come famiglia di Dio, sempre accogliente e misericordiosa verso i più poveri, di modo che in tutte le diocesi regni la carità, nel compimento del mandato di Gesù Cristo (cfr Christus Dominus, n. 16). Inoltre, desidero insistere anche sull'importanza della preghiera di fronte all'attivismo o a una visione secolarizzata del servizio caritativo dei cristiani (cfr Deus caritas est, n. 37). Questo contatto assiduo con Cristo nella preghiera trasforma il cuore dei credenti, aprendolo ai bisogni degli altri, senza tuttavia ispirarsi alle "ideologie del miglioramento del mondo, ma farsi guidare dalla fede che nell'amore diventa operante" (Ibidem, n. 33).
4. Desidero affidarvi in modo particolare i presbiteri, vostri più stretti collaboratori. Che l'abbraccio di pace, con il quale li accogliete nel giorno della loro ordinazione sacerdotale, sia una realtà viva ogni giorno e contribuisca ad approfondire sempre più i vincoli di affetto, di rispetto e di fiducia che vi uniscono a loro in virtù del sacramento dell'Ordine. Riconoscendo l'abnegazione e la dedizione al ministero dei vostri sacerdoti, desidero invitarli anche a identificarsi sempre più con il Signore, dimostrandosi veri modelli del gregge con le loro virtù e il buon esempio, e pascendo con amore il gregge di Dio (cfr. 1 Pt 5, 2-3).
5. La vocazione specifica dei fedeli laici li porta a cercare di configurare rettamente la vita sociale e a illuminare le realtà terrene con la luce del Vangelo. Che i laici, consapevoli degli impegni assunti nel Battesimo, e animati dalla carità di Cristo, partecipino attivamente alla missione della Chiesa, come pure alla vita sociale, politica, economica e culturale del loro Paese! In tal senso, i cattolici dovranno distinguersi fra i loro concittadini per il compimento esemplare dei loro doveri civili, così come per l'esercizio delle virtù umane e cristiane che contribuiscono a migliorare le relazioni personali, sociali e lavorative. Il loro impegno li porterà anche a promuovere in modo particolare quei valori che sono essenziali al bene comune della società, come la pace, la giustizia, la solidarietà, il bene della famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna, la tutela della vita umana dal suo concepimento fino alla sua morte naturale, e il diritto e l'obbligo dei genitori di educare i figli secondo le proprie convinzioni morali e religiose.
Desidero concludere chiedendovi di portare il mio saluto affettuoso a tutti i membri delle vostre Chiese diocesane. Ai Vescovi emeriti, ai sacerdoti, ai seminaristi, ai religiosi e alle religiose, e a tutti i fedeli laici, dite che il Papa li ringrazia per la loro opera per il Signore e la causa del Vangelo, che spera e confida nella loro fedeltà alla Chiesa. Cari Vescovi dell'Argentina, vi ringrazio per la vostra sollecitudine pastorale e vi assicuro della mia vicinanza spirituale e della mia costante preghiera. Vi affido di cuore alla protezione di Nuestra Señora de Luján e vi imparto una speciale Benedizione Apostolica.



(©L'Osservatore Romano - 1 maggio 2009)

01/05/2009 02:06
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Il Papa per il concerto nel IV anniversario di pontificato
Eseguito dall'Orchestra e dal Coro “Giuseppe Verdi” di Milano



CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 30 aprile 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo giovedì sera da Benedetto XVI al termine del Concerto nell'Aula Paolo VI, in Vaticano, offerto dal Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, in occasione del quarto anniversario del suo Pontificato.

L'Orchestra Sinfonica e il Coro Sinfonico di Milano "Giuseppe Verdi", diretti rispettivamente dal Maestro Xian Zhang e dal Maestro Erina Gambarini, ha eseguito musiche di Franz Joseph Haydn, Wolfgang Amadeus Mozart e Antonio Vivaldi.

* * *

Signor Presidente della Repubblica,

Signori Cardinali,

Onorevole Presidente del Consiglio e onorevoli Ministri,

venerati Fratelli,

gentili Signori e Signore!

Nel rivolgere a tutti il mio cordiale saluto, esprimo la più viva gratitudine al Presidente della Repubblica Italiana, Onorevole Giorgio Napolitano, che, in occasione del quarto anniversario dell’inizio del mio Pontificato, ha voluto offrirmi questo eccellente omaggio musicale. Grazie, Signor Presidente, anche per le cortesi parole che mi ha indirizzato poc’anzi, e un caro saluto alla Sua gentile Signora. Sono lieto di salutare i Ministri e le altre Autorità dello Stato italiano, come pure i Signori Ambasciatori e le diverse Personalità che ci onorano della loro presenza.

Ho molto gradito il ritorno dell’Orchestra e del Coro “Giuseppe Verdi” di Milano, che abbiamo già molto apprezzato un anno fa. Mentre dunque ringrazio l’omonima Fondazione e quanti in diversi modi hanno collaborato all’organizzazione, rinnovo le mie congratulazioni a tutti gli Orchestrali e Coristi, in particolare al Direttore, Signorina Zhang Xian, al Maestro del Coro, Signora Erina Gambarini, e alle tre Soliste. La maestria e l’entusiasmo di ciascuno ha contribuito ad un’esecuzione che ha dato veramente nuova vita ai brani proposti, opera di tre Autori di prima grandezza: Vivaldi, Haydn e Mozart. Ho trovato la scelta delle composizioni molto adatta al tempo liturgico che stiamo vivendo: il tempo di Pasqua. La Sinfonia 95 di Haydn – che abbiamo ascoltata per prima – sembra contenere in sé un itinerario che potremmo dire “pasquale”. Comincia infatti in tonalità minore di Do, e attraverso un percorso sempre perfettamente equilibrato, ma non privo di drammaticità, giunge alla conclusione in Do maggiore. Questo fa pensare all’itinerario dell’anima – rappresentata in modo particolare dal violoncello – verso la pace e la serenità. Subito dopo, la Sinfonia 35 di Mozart è giunta quasi ad amplificare e coronare l’affermazione della vita sulla morte, della gioia sulla mestizia. In essa, infatti, prevale decisamente il senso della festa. L’andamento è molto dinamico, nel finale addirittura travolgente – e qui i nostri virtuosi orchestrali ci hanno fatto sentire come la forza può armonizzarsi con la grazia. E’ ciò che avviene al massimo grado – se mi si consente questo accostamento - nell’amore di Dio, in cui potenza e grazia coincidono.

Poi sono entrate, per così dire, in scena le voci umane – il coro –, quasi per dare parola a quanto la musica aveva già voluto esprimere. E non a caso la prima parola è stata “Magnificat”. Uscita dal cuore di Maria – prediletta da Dio per la sua umiltà –, questa parola è diventata il canto quotidiano della Chiesa, proprio in quest’ora del vespro, l’ora che invita alla meditazione sul senso della vita e della storia. Chiaramente il Magnificat presuppone la Risurrezione, cioè la vittoria di Cristo: in Lui Dio ha realizzato le sue promesse, e la sua misericordia si è rivelata in tutta la sua paradossale potenza. Fin qui la “parola”. E la musica di Vivaldi? Prima di tutto è degno di nota il fatto che le arie solistiche egli le abbia composte espressamente per alcune cantanti sue allieve nell’Ospedale veneziano della Pietà: cinque orfane dotate di straordinarie doti canore. Come non pensare all’umiltà della giovane Maria, da cui Dio trasse “grandi cose”? Così, questi cinque “assoli” stanno quasi a rappresentare la voce della Vergine, mentre le parti corali esprimono la Chiesa-Comunità. Entrambe, Maria e la Chiesa, sono unite nell’unico cantico di lode al “Santo”, al Dio che, con la potenza dell’amore, realizza nella storia il suo disegno di giustizia. E infine, il Coro ha dato voce a quel sublime capolavoro che è l’Ave verum Corpus di Mozart. Qui la meditazione cede il passo alla contemplazione: lo sguardo dell’anima si posa sul Santissimo Sacramento, per riconoscervi il Corpus Domini, quel Corpo che veramente è stato immolato sulla croce e da cui è scaturita la sorgente della salvezza universale. Mozart compose questo mottetto poco prima della morte, e in esso si può dire che la musica diventa veramente preghiera, abbandono del cuore a Dio, con un senso profondo di pace.

Signor Presidente, il Suo cortese e generoso omaggio è riuscito ampiamente non solo a gratificare il senso estetico, ma al tempo stesso a nutrire il nostro spirito, e dunque Le sono doppiamente grato. Formulo i migliori auspici per il proseguimento della Sua alta missione, e li estendo volentieri a tutte le Autorità presenti. Cari amici, grazie di essere venuti! Ricordatemi nelle vostre preghiere, perché possa compiere sempre il mio Ministero come vuole il Signore. Egli, che è la nostra pace e la nostra vita, benedica tutti voi e le vostre famiglie. Buona serata a tutti!

[© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana]

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Dal blog di Lella...

VENERDÌ 1 MAGGIO 2009

Il Papa: "La «terra natale» è più di un luogo geografico: è l'ambiente storico e culturale, è la comunità dove l'uomo cresce e trova sostegno..."





Pubblichiamo in una nostra traduzione dal tedesco la lettera che Benedetto XVI ha inviato per il gemellaggio del proprio paese natale, Marktl in Baviera, con Sotto il Monte, paese natale di Papa Giovanni e che verrà letta domenica.

Care cittadine e cari cittadini di Marktl, Sotto il Monte Giovanni XXIII e Wadowice, Cari ospiti d'onore!

Dopo il gemellaggio con Wadowice, la città natale del mio diretto predecessore sulla cattedra di Pietro, Papa Giovanni Paolo II, il paese dove sono venuto alla luce suggella ora anche un patto di amicizia con Sotto il Monte Giovanni XXIII, terra natale del beato Papa Giovanni XXIII. Con gioia Vi invio, a questo riguardo, i miei più cari saluti. Ma cosa significa «terra natale»?
È più di un luogo geografico: è l'ambiente storico e culturale, è la comunità dove l'uomo cresce e trova sostegno, sicurezza, orientamento.
La profonda impronta di fede cristiana caratterizzante i nostri rispettivi ambienti, è stata determinante tanto per Angelo Roncalli, quanto per me.
Entrambi siamo stati battezzati lo stesso giorno della nostra nascita nelle nostre rispettive chiese parrocchiali, entrambi fummo educati in modo molto naturale a una vita rivolta a Dio.
In questo modo abbiamo acquisito, in virtù delle nostre radici e nella tradizione della nostra terra natale, un attaccamento ancora più profondo che va oltre la patria terrestre. Sia nell'Antico che nel Nuovo testamento la religione biblica ha presentato l'esistenza umana come un cammino.
Israele è il popolo di Dio che va incontro alla sua destinazione nella «Terra promessa» e il Nuovo Testamento mostra come questa terra sia «la città con le fondamenta solide» che «Dio stesso ha progettato e costruito»: la «patria migliore», la «Gerusalemme celeste» (Ebrei 11,10.16; 12,22; Apocalisse 21,2).
Sulla via del pellegrinaggio del nuovo popolo di Dio, la Chiesa, una stazione unisce in modo particolare il beato Papa Giovanni XXIII e me: il Concilio Vaticano II che lui ha annunciato 50 anni fa, durante la festa della Conversione di San Paolo nel 1959 e al quale io, allora giovane teologo, ho avuto l'onore di partecipare come consigliere al fianco del cardinale Frings.
Ed è questo legame che ha dato l'impulso al Comune di Marktl di perseguire il gemellaggio con Sotto il Monte Giovanni XXIII che ora si sta suggellando.
Che possa questo legame di amicizia ricordarci quanto sia importante per la vita di tutti noi un ritorno alle nostre radici cristiane così come per la continuazione della cultura europea. E possa questo legame, che va oltre i due Comuni, allo stesso tempo essere anche un appello per una viva e attuale testimonianza dell'immutata e inalterata fede, così come ha voluto il promotore del Concilio. Nella luce degli insegnamenti del Vaticano II, il popolo di Dio, in cammino verso la patria celeste, può attingere anche oggi nuova forza alla fonte dell'infinita ricchezza delle sue sorgenti. Confidando che i miei due predecessori, il beato Giovanni XXIII e il servo di Dio Giovanni Paolo II, per volontà di Dio, accompagnino la Chiesa di Gesù Cristo sul suo cammino, impartisco a tutti i presenti la mia Apostolica Benedizione.

Dal Vaticano, il 16 aprile 2009

BENEDICTUS PP. XVI

© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana

© Copyright Eco di Bergamo, 1° maggio 2009


Papa Ratzi Superstar









"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
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LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

Em.mo Card. Giovanni Battista Re, Prefetto della Congregazione per i Vescovi;

Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale del Perù, in Visita "ad Limina Apostolorum":

S.E. Mons. Javier Augusto del Río Alba, Arcivescovo di Arequipa;

S.E. Mons. Jorge Pedro Carrión Pavlich, Vescovo di Puno;

S.E. Mons. Marco Antonio Cortez Lara, Vescovo di Tacna y Moquegua;

S.E. Mons. Luis Abilio Sebastiani Aguirre, S.M., Arcivescovo di Ayachuco

con l’Ausiliare:

S.E. Mons. Gabino Miranda Melgarejo, Vescovo tit. di Usula;

S.E. Mons. Juan Antonio Ugarte Pérez, Arcivescovo di Cuzco;

S.E. Mons. Isidro Sala Ribera, Vescovo di Abancay

con l’Ausiliare:

S.E. Mons. Gilberto Gómez González, Vescovo tit. di Mozotcori.

Il Papa riceve questa mattina in Udienza:

S.E. Mons. Luigi Bianco, Arcivescovo tit. di Falerone, Nunzio Apostolico in Honduras, con i Familiari;

Membri della "Papal Foundation".




RINUNCE E NOMINE


RINUNCIA E SUCCESSIONE DEL VESCOVO DI LANCASTER (INGHILTERRA)

In data 1° maggio 2009 il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Lancaster (Inghilterra), presentata da S.E. Mons. Patrick O’Donoghue, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

Gli succede S.E. Mons. Michael Gregory Campbell, O.S.A., finora Vescovo Coadiutore della medesima diocesi.


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LETTERA DEL SANTO PADRE ALL’INVIATO SPECIALE ALLE CELEBRAZIONI DEL 25° ANNIVERSARIO DELLA VISITA PASTORALE DEL SERVO DI DIO GIOVANNI PAOLO II IN THAILANDIA (BANGKOK, 10-11 MAGGIO 2009)

In data 14 marzo 2009, il Santo Padre ha nominato l’Em.mo Card. Joseph Zen Ze-kiun, S.D.B., Suo Inviato Speciale alle celebrazioni del 25° anniversario della Visita Pastorale del Servo di Dio Giovanni Paolo II in Thailandia, che avranno luogo a Bangkok nei giorni 10-11 maggio 2009.

La Missione che accompagnerà l’Em.mo Card. Joseph Zen Ze-kiun, attualmente Vescovo emerito di Honk-Kong, è composta da:

- Rev.do John Bosco Thepharat Pitisant, S.D.B., Superiore Provinciale dei PP. Salesiani in Thailandia;

- Rev.do Vincent Ekapong Pongsungnern, del clero dell’Archidiocesi di Bangkok, Assistente del Segretario Generale della Commissione Episcopale Pastoral Care of the Christians;

- Rev.do Mons. Marek Zalewski, Consigliere di Nunziatura a Bangkok;

- Rev.do Mons. Dennis Kuruppassery, Segretario di Nunziatura a Bangkok.

Pubblichiamo di seguito la Lettera del Santo Padre al Suo Inviato Speciale:


LETTERA DEL SANTO PADRE

Venerabili Fratri Nostro
IOSEPHO S.R.E. Cardinali ZEN ZE-KIUN, S.D.B.
Episcopo Sciiamchiamensi

Quinta iam et vicesima recolitur memoria ex quo tempore Decessor Noster Dei Servus Ioannes Paulus II Thailandiam invisit, qui sollicite libenterque ad hanc Nationem olim accessit, Salvatoris bonum nuntium demonstraturus. Eo quidem adstante, omnes ad potiora petenda sunt incitati, tum quod ad spiritalem progressionem attinet, tum quod ad humanam promotionem spectat.

Admodum ideo decet et convenit ut eventus hic congruenter commemoretur et optimo iure extollatur. Celebratio enim haec copiam dat et facultatem non huius rei dumtaxat recordationem repetendi, verum homines ad ferventiorem religionis sensum, ampliorem probitatem certioraque proposita, pristinis illius Pontificis verbis ob oculos habitis, permovendi.

Miserenti igitur favente Domino, evenientis mensis Maii X-XI diebus Bancokii sollemnis erit celebratio, unde sive catholici sive gentiles ex hac re fere sumentes vigorem, uberiores omne genus progressionis fructus fundant et laetiores dies experiantur.

Quocirca ut ritus hic magnificentius efficaciusque evolvatur, Venerabilis Fratris Georgii Yod Phimphisan, Thailandiensis Episcoporum Conferentiae Praesidis, postulatis libenter occurrentes, mittere aliquem eminentem Praesulem statuimus, qui partes Nostras sustineat et Personam agat. Ad te autem, Venerabilis Frater Noster, cogitationem convertimus, qui prorsus idoneus occurris ad ministerium hoc praestandum et luculenter explendum. Itaque permagna moti affectione, te, Venerabilis Frater Noster, Missum extraordinarium Nostrum renuntiamus et constituimus ad celebrationem quam supra diximus agendam.

Universis igitur participibus fidelibusque inibi cunctis mentem Nostram benignam ostendes, cum quamvis longo spatio separemur adsimus spiritu praesentes. Omnibus Nostro nomine Benedictionem Apostolicam impertias volumus, quae sit animorum renovationis signum et futuro de tempore supernorum nuntiatrix donorum.

Ex Aedibus Vaticanis, die IV mensis Aprilis, anno MMIX, Pontificatus Nostri quarto.

BENEDICTUS PP. XVI

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UDIENZA AI MEMBRI DELLA "PAPAL FOUNDATION"

Alle ore 12.15 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i Membri della "Papal Foundation" e rivolge loro il saluto che riportiamo di seguito:


SALUTO DEL SANTO PADRE

Dear Cardinal Keeler,

Brother Cardinals and Bishops,

Dear Brothers and Sisters in Christ,

It is a great pleasure for me to have the opportunity to greet the members of the Papal Foundation once again, on your annual visit to Rome. In this Pauline Year I welcome you with the words of the Apostle of the Gentiles, "Grace to you and peace from God our Father and the Lord Jesus Christ" (Rom 1:7).

Saint Paul reminds us of how the entire human race yearns for God’s grace of peace. Today’s world is truly in need of his peace, especially as it faces the tragedies of war, division, poverty and despair. In just a few days I will have the privilege of visiting the Holy Land. I go as a pilgrim of peace. As you are well aware, for more than sixty years, this region — the land of our Lord’s birth, death and Resurrection; a sacred place for the world’s three great monotheistic religions — has been plagued by violence and injustice. This has led to a general atmosphere of mistrust, uncertainty and fear – often pitting neighbor against neighbor, brother against brother. As I prepare for this significant journey I ask in a special way that you join me in prayer for all the peoples of the Holy Land and the region. May they receive the gifts of reconciliation, hope and peace.

Our meeting this year occurs during a time when the entire world is struggling with a very worrying economic situation. At moments such as these it is tempting to overlook those without a voice and think only of our own difficulties. As Christians we are aware, however, that especially when times are difficult we must work even harder to ensure that the consoling message of our Lord is heard. Rather than turning in on ourselves, we must continue to be beacons of hope, strength and support for others, most especially those who have no one to watch over or assist them. For this reason I am pleased to have you here today. You are examples of good Christian men and women who continue to meet the challenges we face with courage and trust. Indeed, the Papal Foundation itself, through the great generosity of many, enables valuable assistance to be carried out in the name of Christ and his Church. For your sacrifice and dedication I am most grateful to you: by means of your support the Easter message of joy, hope, reconciliation and peace is more widely proclaimed.

Entrusting all of you to the loving intercession of the Blessed Virgin Mary, she who remains always in our midst as our Mother, the Mother of Hope, (cf. Spe Salvi, 50), I cordially impart my Apostolic Blessing to you and your families as a pledge of joy and peace in the Risen Savior.

03/05/2009 01:46
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Il discorso di Benedetto XVI ai membri della Papal Foundation

Pellegrino di pace in Terra Santa




Benedetto XVI andrà come "pellegrino di pace" nella Terra Santa che per oltre sessant'anni è stata "martoriata dalla violenza e dall'ingiustizia". È stato lui stesso a sottolinearlo nel discorso ai membri della Papal Foundation, ricevuti in udienza sabato mattina, 2 maggio, nella Sala Clementina.

Caro Cardinale Keeler,
Cari Fratelli Vescovi,
Cari Fratelli e Sorelle in Cristo,
È per me un grande piacere avere l'opportunità di salutare ancora una volta voi membri della Papal Foundation in occasione della vostra visita annuale a Roma. In questo Anno Paolino vi accolgo con le parole dell'Apostolo dei Gentili, "grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (Rm 1, 7).
San Paolo ci ricorda come l'intera umanità aneli alla grazia della pace di Dio. Il mondo attuale ha davvero bisogno della sua pace, specialmente mentre affronta le tragedie della guerra, della divisione, della povertà e della disperazione. Tra qualche giorno avrò il privilegio di visitare la Terra Santa. Andrò come pellegrino di pace. Come ben sapete, per oltre sessant'anni questa regione - la terra che ha visto la nascita, la morte e la risurrezione di nostro Signore; un luogo sacro per le tre grandi religioni monoteistiche del mondo - è stata martoriata dalla violenza e dall'ingiustizia. Ciò ha portato a un clima generale di diffidenza, incertezza e paura, spesso opponendo vicino a vicino, fratello a fratello. Mentre mi preparo per questo significativo viaggio, vi chiedo in modo speciale di unirvi a me nella preghiera per tutti i popoli della Terra Santa e della regione. Possano essi ricevere i doni della riconciliazione, della speranza e della pace!
Quest'anno il nostro incontro avviene in un tempo in cui il mondo intero è alle prese con una situazione economica molto preoccupante. In momenti simili, è forte la tentazione di ignorare coloro che non hanno voce e pensare solo alle proprie difficoltà. Come cristiani, però, siamo consapevoli che, specialmente quando i tempi sono difficili, dobbiamo impegnarci più a fondo per far sì che il messaggio consolatore del Signore venga udito. Invece di chiuderci in noi stessi dobbiamo continuare a essere fari di speranza, di forza e di sostegno per gli altri, specialmente per quelli che non hanno nessun altro che si prenda cura di loro o li assista. Per questo sono lieto che siate qui oggi. Voi siete un esempio di uomini e donne, buoni cristiani che continuano ad affrontare le sfide che ci si presentano con coraggio e fiducia. Infatti, la Papal Foundation stessa, attraverso la generosità di tante persone, consente di prestare una preziosa assistenza in nome di Cristo e della sua Chiesa. Vi sono molto grato per il vostro sacrificio e la vostra dedizione: attraverso il vostro sostegno, il messaggio pasquale di gioia, speranza, riconciliazione e pace viene proclamato in maniera più ampia.
Affidando tutti voi all'amorevole intercessione della Beata Vergine Maria, colei che rimane sempre in mezzo a noi come nostra Madre, la Madre della Speranza (cfr. Spe salvi, n. 50), di cuore imparto la mia Benedizione Apostolica a voi e alla vostre famiglie come pegno di gioia e di pace nel Salvatore Risorto.



(©L'Osservatore Romano - 2-3 maggio 2009)

03/05/2009 16:15
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SANTA MESSA PER L’ORDINAZIONE PRESBITERALE DI 19 DIACONI DELLA DIOCESI DI ROMA

Alle ore 9.30 di oggi, IV Domenica di Pasqua, il Santo Padre Benedetto XVI presiede nella Basilica Vaticana la Santa Messa nel corso della quale conferisce l’Ordinazione presbiterale a 19 diaconi della Diocesi di Roma.

Concelebrano con il Papa: l’Em.mo Card. Agostino Vallini, Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma, S.E. Mons. Luigi Moretti, Vicegerente, i Vescovi Ausiliari, i Superiori dei Seminari interessati e i Parroci degli ordinandi.

Nel corso della Liturgia dell’ordinazione, il Santo Padre pronuncia la seguente omelia:


OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

Secondo una bella consuetudine, la Domenica "del Buon Pastore" vede riuniti il Vescovo di Roma e il suo presbiterio per le Ordinazioni dei nuovi sacerdoti della Diocesi. Questo è ogni volta un grande dono di Dio; è sua grazia! Risvegliamo pertanto in noi un sentimento profondo di fede e di riconoscenza nel vivere l’odierna celebrazione. E in questo clima mi è caro salutare il Cardinale Vicario Agostino Vallini, i Vescovi Ausiliari, gli altri Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio, e con speciale affetto voi, cari Diaconi candidati al presbiterato, insieme con i vostri familiari e amici. La Parola di Dio che abbiamo ascoltato ci offre abbondanti spunti di meditazione: ne raccoglierò alcuni, perché essa possa gettare una luce indelebile sul cammino della vostra vita e sul vostro ministero.

"Questo Gesù è la pietra … non vi è altro nome nel quale siamo salvati" (At 4,11-12). Nel brano degli Atti degli Apostoli – la prima lettura – colpisce e fa riflettere questa singolare "omonimia" tra Pietro e Gesù: Pietro, il quale ha ricevuto il suo nuovo nome da Gesù stesso, qui afferma che è Lui, Gesù, "la pietra". In effetti, l’unica vera roccia è Gesù. L’unico nome che salva è il suo. L’apostolo, e quindi il sacerdote, riceve il proprio "nome", cioè la propria identità, da Cristo. Tutto ciò che fa, lo fa in nome suo. Il suo "io" diventa totalmente relativo all’"io" di Gesù. Nel nome di Cristo, e non certo nel proprio nome, l’apostolo può compiere gesti di guarigione dei fratelli, può aiutare gli "infermi" a risollevarsi e riprendere a camminare (cfr At 4,10). Nel caso di Pietro, il miracolo poco prima compiuto rende questo particolarmente evidente. E anche il riferimento a ciò che dice il Salmo è essenziale: "la pietra scartata dai costruttori / è divenuta la pietra d’angolo" (Sal 117[118],22). Gesù è stato "scartato", ma il Padre l’ha prediletto e l’ha posto a fondamento del tempio della Nuova Alleanza. Così l’apostolo, come il sacerdote, sperimenta a sua volta la croce, e solo attraverso di essa diventa veramente utile per la costruzione della Chiesa. Dio ama costruire la sua Chiesa con persone che, seguendo Gesù, ripongono tutta la propria fiducia in Dio, come dice lo stesso Salmo: "E’ meglio rifugiarsi nel Signore / che confidare nell’uomo. / E’ meglio rifugiarsi nel Signore / che confidare nei potenti" (vv. 8-9).

Al discepolo tocca la medesima sorte del Maestro, che in ultima istanza è la sorte scritta nella volontà stessa di Dio Padre! Gesù lo confessò alla fine della sua vita, nella grande preghiera detta "sacerdotale": "Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto" (Gv 17,25). Anche in precedenza l’aveva affermato: "Nessuno conosce il Padre se non il Figlio" (Mt 11,27). Gesù ha sperimentato su di sé il rifiuto di Dio da parte del mondo, l’incomprensione, l’indifferenza, lo sfiguramento del volto di Dio. E Gesù ha passato il "testimone" ai discepoli: "Io – confida ancora nella preghiera al Padre – ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro" (Gv 17,26). Perciò il discepolo – e specialmente l’apostolo – sperimenta la stessa gioia di Gesù, di conoscere il nome e il volto del Padre; e condivide anche il suo stesso dolore, di vedere che Dio non è conosciuto, che il suo amore non è ricambiato. Da una parte esclamiamo, come Giovanni nella sua prima Lettera: "Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!"; e dall’altra con amarezza constatiamo: "Per questo il mondo non ci riconosce: perché non ha conosciuto lui" (1 Gv 3,1). E’ vero, e noi sacerdoti ne facciamo esperienza: il "mondo" – nell’accezione giovannea del termine – non capisce il cristiano, non capisce i ministri del Vangelo. Un po’ perché di fatto non conosce Dio, e un po’ perché non vuole conoscerlo. Il mondo non vuole conoscere Dio e ascoltare i suoi ministri, perché questo lo metterebbe in crisi.

Qui bisogna fare attenzione a una realtà di fatto: che questo "mondo", sempre nel senso evangelico, insidia anche la Chiesa, contagiando i suoi membri e gli stessi ministri ordinati. Il "mondo" è una mentalità, una maniera di pensare e di vivere che può inquinare anche la Chiesa, e di fatto la inquina, e dunque richiede costante vigilanza e purificazione. Finché Dio non si sarà pienamente manifestato, anche i suoi figli non sono ancora pienamente "simili a Lui" (1 Gv 3,2). Siamo "nel" mondo, e rischiamo di essere anche "del" mondo. E di fatto a volte lo siamo. Per questo Gesù alla fine non ha pregato per il mondo, ma per i suoi discepoli, perché il Padre li custodisse dal maligno ed essi fossero liberi e diversi dal mondo, pur vivendo nel mondo (cfr Gv 17,9.15). In quel momento, al termine dell’Ultima Cena, Gesù ha elevato al Padre la preghiera di consacrazione per gli apostoli e per tutti i sacerdoti di ogni tempo, quando ha detto: "Consacrali nella verità" (Gv 17,17). E ha aggiunto: "per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità" (Gv 17,19). Mi sono soffermato su queste parole di Gesù nell’omelia della Messa Crismale, lo scorso Giovedì Santo. Oggi mi ricollego a tale riflessione facendo riferimento al Vangelo del Buon Pastore, dove Gesù dichiara: "Io do la mia vita per le pecore" (cfr Gv 10,15.17.18).

Diventare sacerdoti, nella Chiesa, significa entrare in questa auto-donazione di Cristo, mediante il Sacramento dell’Ordine, ed entrarvi con tutto se stessi. Gesù ha dato la vita per tutti, ma in modo particolare si è consacrato per quelli che il Padre gli aveva dato, perché fossero consacrati nella verità, cioè in Lui, e potessero parlare ed agire in nome suo, rappresentarlo, prolungare i suoi gesti salvifici: spezzare il Pane della vita e rimettere i peccati. Così, il Buon Pastore ha offerto la sua vita per tutte le pecore, ma l’ha donata e la dona in modo speciale a quelle che Egli stesso, "con affetto di predilezione", ha chiamato e chiama a seguirlo nella via del servizio pastorale. In maniera singolare, poi, Gesù ha pregato per Simon Pietro, e si è sacrificato per lui, perché doveva dirgli un giorno, sulle rive del lago di Tiberiade: "Pasci le mie pecore" (Gv 21,16-17). Analogamente, ogni sacerdote è destinatario di una personale preghiera di Cristo, e del suo stesso sacrificio, e solo in quanto tale è abilitato a collaborare con Lui nel pascere il gregge che è tutto e solo del Signore.

Qui vorrei toccare un punto che mi sta particolarmente a cuore: la preghiera e il suo legame con il servizio. Abbiamo visto che essere ordinati sacerdoti significa entrare in modo sacramentale ed esistenziale nella preghiera di Cristo per i "suoi". Da qui deriva per noi presbiteri una particolare vocazione alla preghiera, in senso fortemente cristocentrico: siamo chiamati, cioè, a "rimanere" in Cristo – come ama ripetere l’evangelista Giovanni (cfr Gv 1,35-39; 15,4-10) –, e questo si realizza particolarmente nella preghiera. Il nostro ministero è totalmente legato a questo "rimanere" che equivale a pregare, e deriva da esso la sua efficacia. In tale prospettiva dobbiamo pensare alle diverse forme della preghiera di un prete, prima di tutto alla santa Messa quotidiana. La celebrazione eucaristica è il più grande e il più alto atto di preghiera, e costituisce il centro e la fonte da cui anche le altre forme ricevono la "linfa": la Liturgia delle ore, l’adorazione eucaristica, la lectio divina, il santo Rosario, la meditazione. Tutte queste espressioni di preghiera, che hanno il loro centro nell’Eucaristia, fanno sì che nella giornata del prete, e in tutta la sua vita, si realizzi la parola di Gesù: "Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore" (Gv 10,14-15). Infatti, questo "conoscere" ed "essere conosciuti" in Cristo e, mediante Lui, nella Santissima Trinità, non è altro che la realtà più vera e più profonda della preghiera. Il sacerdote che prega molto, e che prega bene, viene progressivamente espropriato di sé e sempre più unito a Gesù Buon Pastore e Servo dei fratelli. In conformità a Lui, anche il prete "dà la vita" per le pecore che gli sono affidate. Nessuno gliela toglie: la offre da se stesso, in unione con Cristo Signore, il quale ha il potere di dare la sua vita e il potere di riprenderla non solo per sé, ma anche per i suoi amici, legati a Lui dal Sacramento dell’Ordine. Così la stessa vita di Cristo, Agnello e Pastore, viene comunicata a tutto il gregge, mediante i ministri consacrati.

Cari Diaconi, lo Spirito Santo imprima questa divina Parola, che ho brevemente commentato, nei vostri cuori, perché porti frutti abbondanti e duraturi. Lo chiediamo per intercessione dei santi apostoli Pietro e Paolo e di san Giovanni Maria Vianney, il Curato d’Ars, al cui patrocinio ho intitolato il prossimo Anno Sacerdotale. Ve lo ottenga la Madre del Buon Pastore, Maria Santissima. In ogni circostanza della vostra vita, guardate a Lei, stella del vostro sacerdozio. Come ai servi alle nozze di Cana, anche a voi Maria ripete: "Qualsiasi cosa vi dica, fatela" (Gv 2,5). Alla scuola della Vergine, siate sempre uomini di preghiera e di servizio, per diventare, nel fedele esercizio del vostro ministero, sacerdoti santi secondo il cuore di Dio.

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LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DEL REGINA CAELI


Al termine della Santa Messa celebrata nella Basilica Vaticana per l’Ordinazione presbiterale di 19 diaconi della Diocesi di Roma, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del Suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare il Regina Caeli con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.

Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana del tempo pasquale:


PRIMA DEL REGINA CAELI

Cari fratelli e sorelle!

Si è da poco conclusa, nella Basilica di San Pietro, la Celebrazione eucaristica durante la quale ho consacrato diciannove nuovi Sacerdoti della Diocesi di Roma. Ancora una volta ho scelto questa domenica, la IV di Pasqua, per tale felice evento, perché essa è caratterizzata dal Vangelo del Buon Pastore (cfr Gv 10,1-18) e perciò offre un contesto particolarmente adatto. Per lo stesso motivo si celebra oggi la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. Nel mio annuale messaggio per questa circostanza, ho invitato a riflettere sul tema: La fiducia nell’iniziativa di Dio e la risposta umana. Infatti, la fiducia nel Signore, che continuamente chiama tutti alla santità e alcuni in particolare a una speciale consacrazione, si esprime proprio nella preghiera. Sia personalmente che in comunità, dobbiamo pregare molto per le vocazioni, perché la grandezza e la bellezza dell’amore di Dio attiri tanti a seguire Cristo sulla via del sacerdozio e in quella della vita consacrata. Occorre anche pregare perché ci siano altrettanti sposi santi, capaci di indicare ai figli, soprattutto con l’esempio, gli orizzonti alti a cui tendere con la loro libertà. I santi e le sante, che la Chiesa propone alla venerazione di tutti i fedeli, stanno a testimoniare il frutto maturo di questo intreccio tra la chiamata divina e la risposta umana. Affidiamo alla loro celeste intercessione la nostra preghiera per le vocazioni.

C’è un’altra intenzione per la quale oggi vi invito a pregare: il viaggio in Terra Santa che compirò, a Dio piacendo, dal prossimo venerdì 8 maggio al venerdì 15. Sulle orme dei miei venerati predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II, mi farò pellegrino ai principali luoghi santi della nostra fede. Con la mia visita mi propongo di confermare e di incoraggiare i cristiani di Terra Santa, che devono affrontare quotidianamente non poche difficoltà. Quale Successore dell’apostolo Pietro, farò loro sentire la vicinanza e il sostegno di tutto il corpo della Chiesa. Inoltre, mi farò pellegrino di pace, nel nome dell’unico Dio che è Padre di tutti. Testimonierò l’impegno della Chiesa Cattolica in favore di quanti si sforzano di praticare il dialogo e la riconciliazione, per giungere ad una pace stabile e duratura nella giustizia e nel rispetto reciproco. Infine, questo viaggio non potrà non avere una notevole importanza ecumenica e inter-religiosa. Gerusalemme è, da questo punto di vista, la città-simbolo per eccellenza: là Cristo è morto per riunire tutti i figli di Dio dispersi (cfr Gv 11,52).

Rivolgendoci ora alla Vergine Maria, la invochiamo quale Madre del Buon Pastore, affinché vegli sui nuovi Presbiteri della Diocesi di Roma, e perché in tutto il mondo fioriscano numerose e sante vocazioni di speciale consacrazione al Regno di Dio.



DOPO IL REGINA CAELI

Je suis heureux de vous accueillir, chers pèlerins francophones, et je vous invite en cette journée mondiale de prière pour les vocations à prier pour l’Église et pour les vocations sacerdotales. Cette semaine, comme Successeur de Pierre, je me rendrai en pèlerinage en Terre Sainte afin de fouler le sol sanctifié par le Christ et pour demander au Seigneur le don précieux de l’unité et de la paix pour le Moyen-Orient et pour le monde entier. Que le Christ, le Bon Pasteur, protège les peuples qui habitent en Terre Sainte et bénisse particulièrement les chrétiens qui y résident et que je veux soutenir par ma présence ! Je vous invite à prier pour la réussite de ce Voyage Pastoral ! Avec ma Bénédiction Apostolique !

To all the English-speaking pilgrims and visitors present for today’s Regina Caeli, I extend a warm welcome. I pray that as you follow the voice of the Good Shepherd, you will grow ever closer to the Risen Lord and share his Gospel with all those you encounter. This Friday I leave for my pilgrimage to the Holy Land, where men and women first heard the voice of the Good Shepherd. I ask you all to join me in praying for the afflicted peoples of that region. In a special way I ask that you remember the Palestinian people who have endured great hardship and suffering. May the Lord bless them and all those who live in the Holy Land with the gifts of unity and peace. Upon all of you visiting Rome during this Easter Season, I invoke the abundant blessings of Almighty God.

Mit Freude heiße ich alle deutschsprachigen Besucher willkommen. Besonders grüße ich die Pilger der Diözesanwallfahrt der Erzdiözese Wien und des Militärordinariats für Österreich sowie die Gläubigen und Musiker aus der Pfarre Pischelsdorf und die Stadtkapelle Laupheim wie auch das Musikinstitut der Kathedrale zu Haarlem in den Niederlanden. Jesus, der auferstandene Herr, schenkt Rettung, und in keinem anderen ist das Heil zu finden. Diesen Glauben bekennt Petrus in der heutigen Lesung; so verkündeten es auch Paulus und alle Jünger. Ebenso wollen wir die Botschaft von Jesus, dem Gekreuzigten und Auferstandenen, zu den Menschen bringen und heute Apostel des Heils und der Liebe Christi sein. Dabei helfe uns der Gute Hirt, der sein Leben für uns hingegeben hat. Euch allen wünsche ich einen gesegneten Aufenthalt hier in Rom!

Saludo con afecto a los fieles de lengua española que participan en esta oración mariana, en particular a los peregrinos de la Archidiócesis de Granada y de la Diócesis de Vic. Deseo expresar mi cercanía y asegurar mi oración por las víctimas de la influencia que está afectando a México y a otros países. Queridos hermanos mexicanos, manteneos firmes en el Señor, Él os ayudará a superar esta dificultad. Os invito a orar en familia en estos momentos de prueba. Nuestra Señora de Guadalupe os asista y proteja siempre. Muchas gracias y feliz domingo.

Serdecznie pozdrawiam Polaków. Jednoczę się duchowo z Biskupami i pielgrzymami zgromadzonymi na Jasnej Górze, którzy dziś pod przewodnictwem Kardynała Sekretarza Stanu oddają cześć Maryi, Królowej Polski. Modlę się, aby Matka Chrystusa miała w opiece Kościół w Polsce. Niech uczy i pomaga czynić to, co powie Syn, i wyprasza dla całego narodu dar pokoju i wszelakiego dobra. Niech Bóg wam błogosławi.

[Saluto cordialmente i polacchi. Mi unisco spiritualmente ai Vescovi e ai pellegrini radunati a Jasna Gora, che oggi, sotto la presidenza del Cardinale Segretario di Stato, rendono gloria a Maria, Regina della Polonia. Prego che la Madre di Cristo protegga la Chiesa in Polonia; che insegni e aiuti a fare quello che il Figlio dirà, e implori per tutta la nazione il dono della pace e di ogni bene. Dio vi benedica.]

Saluto infine i pellegrini di lingua italiana, in particolare il folto gruppo della Diocesi di Novara, guidato dal Vescovo Mons. Renato Corti. Saluto i fedeli provenienti da Pordenone e Vittorio Veneto, Montegrotto Terme, Rovigo, San Donà di Piave, San Benedetto del Tronto, Barzanò, Calderara di Reno e Modena, Monturano, Caltanissetta; e la Fraternità di Misericordia di Carmignano. Saluto gli animatori di gruppi giovanili di Basilea, i giovani dell’Azione Cattolica di Milano, quelli di Besana Brianza, Casatenovo, Trento e Altavilla Vicentina, gli Scout di Verona, i ragazzi di Milano-Precotto, Cuneo, Brignano Gera d’Adda, Cinisello Balsamo e del Decanato di Trezzo; gli adolescenti di Nembro, i cresimandi di Lumezzane e quelli di Tione. Ricordo inoltre due iniziative: il Convegno Missionario Giovanile, delle Pontificie Opere Missionarie, e la Giornata per i bambini vittime della violenza, dell’associazione "Meter".

A tutti auguro una buona domenica e un mese di Maggio in spirituale compagnia di Maria Santissima.

04/05/2009 17:04
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LE UDIENZE

Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in Udienza:

Em.mo Card. William Joseph Levada, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede;

Em.mo Card. Edmund Casimir Szoka, Presidente emerito della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, e del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano;

Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale del Perù, in Visita "ad Limina Apostolorum":

S.E. Mons. Lino Mario Panizza Richero, O.F.M. Cap., Vescovo di Carabayllo;

S.E. Mons. Héctor Eduardo Vera Colona, Vescovo di Ica;

S.E. Mons. Carlos Enrique García Camader, Vescovo di Lurín;

S.E. Mons. José Antonio Eguren Anselmi, S.C.V., Arcivescovo di Piura;

S.E. Mons. Jesús Moliné Labarta, Vescovo di Chiclayo;

S.E. Mons. Salvador Piñeiro García-Calderón, Ordinario Militare.

Il Papa riceve questa mattina in Udienza:

Partecipanti all’Assemblea Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali.





RINUNCE E NOMINE



RINUNCIA DELL’ARCIVESCOVO DI KASAMA (ZAMBIA)

In data 30 aprile 2009, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Kasama (Zambia), presentata da S.E. Mons. James Spaita, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.



RINUNCIA DEL VESCOVO DI PORT-HARCOURT (NIGERIA) E NOMINA DEL SUCCESSORE

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Port-Harcourt (Nigeria), presentata da S.E. Mons. Alexius Obabu Makozi, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

Il Papa ha nominato Vescovo di Port-Harcourt (Nigeria) S.E. Mons. Camillus Archibong Etokudoh, finora Vescovo di Ikot-Ekpene.

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UDIENZA AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA PLENARIA DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA DELLE SCIENZE SOCIALI

Alle ore 12.30 di questa mattina, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i partecipanti all’Assemblea Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, che si sta svolgendo presso la Casina Pio IV in Vaticano dal 1° al 5 maggio sul tema: "La Dottrina Sociale cattolica e i Diritti umani".

Riportiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai presenti:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Dear Brothers in the Episcopate and the Priesthood,

Distinguished Ladies and Gentlemen,

As you gather for the fifteenth Plenary Session of the Pontifical Academy of Social Sciences, I am pleased to have this occasion to meet with you and to express my encouragement for your mission of expounding and furthering the Church’s social doctrine in the areas of law, economy, politics and the various other social sciences. Thanking Professor Mary Ann Glendon for her cordial words of greeting, I assure you of my prayers that the fruit of your deliberations will continue to attest to the enduring pertinence of Catholic social teaching in a rapidly changing world.

After studying work, democracy, globalisation, solidarity and subsidiarity in relation to the social teaching of the Church, your Academy has chosen to return to the central question of the dignity of the human person and human rights, a point of encounter between the doctrine of the Church and contemporary society.

The world’s great religions and philosophies have illuminated some aspects of these human rights, which are concisely expressed in "the golden rule" found in the Gospel: "Do to others as you would have them do to you" (Lk 6:31; cf. Mt 7:12). The Church has always affirmed that fundamental rights, above and beyond the different ways in which they are formulated and the different degrees of importance they may have in various cultural contexts, are to be upheld and accorded universal recognition because they are inherent in the very nature of man, who is created in the image and likeness of God. If all human beings are created in the image and likeness of God, then they share a common nature that binds them together and calls for universal respect. The Church, assimilating the teaching of Christ, considers the person as "the worthiest of nature" (St. Thomas Aquinas, De potentia, 9, 3) and has taught that the ethical and political order that governs relationships between persons finds its origin in the very structure of man’s being. The discovery of America and the ensuing anthropological debate in sixteenth- and seventeenth-century Europe led to a heightened awareness of human rights as such and of their universality (ius gentium). The modern period helped shape the idea that the message of Christ – because it proclaims that God loves every man and woman and that every human being is called to love God freely – demonstrates that everyone, independently of his or her social and cultural condition, by nature deserves freedom. At the same time, we must always remember that "freedom itself needs to be set free. It is Christ who sets it free" (Veritatis Splendor, 86).

In the middle of the last century, after the vast suffering caused by two terrible world wars and the unspeakable crimes perpetrated by totalitarian ideologies, the international community acquired a new system of international law based on human rights. In this, it appears to have acted in conformity with the message that my predecessor Benedict XV proclaimed when he called on the belligerents of the First World War to "transform the material force of arms into the moral force of law" ("Note to the Heads of the Belligerent Peoples", 1 August 1917).

Human rights became the reference point of a shared universal ethos – at least at the level of aspiration – for most of humankind. These rights have been ratified by almost every State in the world. The Second Vatican Council, in the Declaration Dignitatis Humanae, as well as my predecessors Paul VI and John Paul II, forcefully referred to the right to life and the right to freedom of conscience and religion as being at the centre of those rights that spring from human nature itself.

Strictly speaking, these human rights are not truths of faith, even though they are discoverable – and indeed come to full light – in the message of Christ who "reveals man to man himself" (Gaudium et Spes, 22). They receive further confirmation from faith. Yet it stands to reason that, living and acting in the physical world as spiritual beings, men and women ascertain the pervading presence of a logos which enables them to distinguish not only between true and false, but also good and evil, better and worse, and justice and injustice. This ability to discern – this radical agency – renders every person capable of grasping the "natural law", which is nothing other than a participation in the eternal law: "unde…lex naturalis nihil aliud est quam participatio legis aeternae in rationali creatura" (St. Thomas Aquinas, ST I-II, 91, 2). The natural law is a universal guide recognizable to everyone, on the basis of which all people can reciprocally understand and love each other. Human rights, therefore, are ultimately rooted in a participation of God, who has created each human person with intelligence and freedom. If this solid ethical and political basis is ignored, human rights remain fragile since they are deprived of their sound foundation.

The Church’s action in promoting human rights is therefore supported by rational reflection, in such a way that these rights can be presented to all people of good will, independently of any religious affiliation they may have. Nevertheless, as I have observed in my Encyclicals, on the one hand, human reason must undergo constant purification by faith, insofar as it is always in danger of a certain ethical blindness caused by disordered passions and sin; and, on the other hand, insofar as human rights need to be re-appropriated by every generation and by each individual, and insofar as human freedom – which proceeds by a succession of free choices – is always fragile, the human person needs the unconditional hope and love that can only be found in God and that lead to participation in the justice and generosity of God towards others (cf. Deus Caritas Est, 18, and Spe Salvi, 24).

This perspective draws attention to some of the most critical social problems of recent decades, such as the growing awareness – which has in part arisen with globalisation and the present economic crisis – of a flagrant contrast between the equal attribution of rights and the unequal access to the means of attaining those rights. For Christians who regularly ask God to "give us this day our daily bread", it is a shameful tragedy that one-fifth of humanity still goes hungry. Assuring an adequate food supply, like the protection of vital resources such as water and energy, requires all international leaders to collaborate in showing a readiness to work in good faith, respecting the natural law and promoting solidarity and subsidiarity with the weakest regions and peoples of the planet as the most effective strategy for eliminating social inequalities between countries and societies and for increasing global security.

Dear friends, dear Academicians, in exhorting you in your research and deliberations to be credible and consistent witnesses to the defence and promotion of these non-negotiable human rights which are founded in divine law, I most willingly impart to you my Apostolic Blessing.

05/05/2009 02:07
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Benedetto XVI alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali

I diritti umani hanno bisogno
di una solida base etica e politica




I diritti umani hanno bisogno di una solida base etica e politica, essendo divenuti "il punto di riferimento di un ethos universale condiviso, almeno a livello di aspirazione, dalla maggior parte dell'umanità". Lo ha detto il Papa ai partecipanti alla plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, ricevuti lunedì mattina 4 maggio, nella sala del Concistoro.


Cari Fratelli nell'Episcopato e nel sacerdozio,
Signore e Signori,
che siete qui riuniti, in occasione della Sessione Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, sono lieto di avere quest'occasione per incontrarvi e incoraggiarvi nella vostra missione di promuovere la dottrina sociale della Chiesa, estendendola alle aree del diritto, dell'economia e della politica e delle varie altre scienze sociali. Ringraziando la professoressa Mary Ann Glendon per le sue cordiali parole di saluto, vi assicuro delle mie preghiere affinché il frutto delle vostre deliberazioni continui a testimoniare la pertinenza duratura della dottrina sociale della Chiesa in un mondo in rapido mutamento.
Dopo aver studiato il lavoro, la democrazia, la globalizzazione, la solidarietà e la sussidiarietà in relazione alla dottrina sociale della Chiesa, la vostra accademia ha scelto di tornare alla questione centrale della dignità della persona umana e dei diritti umani, un punto di incontro fra la dottrina della Chiesa e la società contemporanea.
Le grandi religioni e filosofie del mondo hanno illuminato alcuni aspetti di questi diritti umani, esposti brevemente nella "regola d'oro" nel Vangelo: "E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro" (Lc 6, 31; cfr. Mt 7, 12). La Chiesa ha sempre affermato che i diritti fondamentali, al di là delle loro differenti formulazioni e dei differenti gradi di importanza che possono avere nei vari contesti culturali, devono essere sostenuti e riconosciuti universalmente perché sono inerenti alla natura stessa dell'uomo che è creato a immagine e somiglianza di Dio. Se tutti gli esseri umani sono creati a immagine e somiglianza di Dio, allora condividono una natura comune che li unisce gli uni agli altri e richiede rispetto universale. La Chiesa, assimilando la dottrina di Cristo, considera la persona "la più degna della natura" (San Tommaso d'Aquino, De potentia, 9, 3) e insegna che l'ordine etico e politico che governa i rapporti fra le persone ha origine nella struttura stessa dell'essere dell'uomo. La scoperta dell'America e il conseguente dibattito antropologico nell'Europa dei secoli sedicesimo e diciassettesimo hanno portato a una maggiore consapevolezza dei diritti umani in quanto tali e della loro universalità (ius gentium). Il periodo moderno ha contribuito a forgiare l'idea che il messaggio di Cristo, poiché proclama che Dio ama ogni uomo e ogni donna e che ogni essere umano è chiamato ad amare Dio liberamente, dimostra che ognuno, indipendentemente dalla sua condizione sociale e culturale, per natura merita libertà. Al contempo, dobbiamo sempre ricordare che "la libertà, quindi, ha bisogno di essere liberata. Cristo ne è il liberatore" (Veritatis splendor, n. 86).
A metà dello scorso secolo, dopo la grande sofferenza causata da due terribili guerre mondiali e da crimini inenarrabili perpetrati da ideologie totalitarie, la comunità internazionale ha acquisito un nuovo sistema di diritto internazionale basato sui diritti umani. In questo, sembra aver agito in conformità al messaggio del mio predecessore Benedetto XV, quando esortò i belligeranti della prima guerra mondiale a "trasformare la forza materiale delle armi nella forza morale del diritto" ("Nota ai capi dei popoli belligeranti", 1 agosto 1917).
I diritti umani sono divenuti il punto di riferimento di un ethos universale condiviso, almeno a livello di aspirazione, dalla maggior parte dell'umanità. Questi diritti sono stati ratificati da quasi tutti gli Stati del mondo. Il Vaticano II, nella dichiarazione Dignitatis humanae, e i miei predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II, hanno fatto riferimento con vigore ai diritti di libertà di coscienza e di religione che devono essere al centro di quei diritti che scaturiscono dalla natura umana stessa.
In senso stretto, questi diritti umani non sono verità di fede, sebbene si possano scoprire, e di fatto acquistano piena luce, nel messaggio di Cristo che "rivela l'uomo all'uomo stesso" (Gaudium et spes, n. 22). Essi ricevono ulteriore conferma dalla fede. Tuttavia non si può negare che, vivendo e agendo nel mondo fisico come esseri spirituali, uomini e donne constatano la presenza pervasiva di un logos che permette loro di distinguere non solo fra vero e falso, ma anche fra buono e cattivo, migliore e peggiore, giustizia e ingiustizia. Quest'abilità di discernere, questo intervento radicale, rende ogni persona in grado di cogliere la "legge naturale", che non è altro che una partecipazione alla legge eterna: "unde... lex universalis nihil aliud est quam participatio legis aeternae in rationali creatura" (San Tommaso d'Aquino, ST I-II, 91, 2). La legge naturale è una guida riconoscibile da tutti, sulla base della quale tutti possono reciprocamente comprendersi e amarsi. I diritti umani, quindi, sono definitivamente radicati in una partecipazione di Dio, che ha creato ogni persona umana con intelligenza e libertà. Se si ignora questa solida base etica e politica, i diritti umani restano fragili perché privi del loro saldo fondamento.
L'azione della Chiesa nella promozione dei diritti umani è dunque sostenuta dalla riflessione razionale, in modo tale che questi diritti si possano presentare a tutte le persone di buona volontà, indipendentemente dalla loro affiliazione religiosa. Ciononostante, come ho osservato nelle mie encicliche, la ragione umana deve subire una purificazione costante da parte della fede, da un lato perché corre sempre il pericolo di una certa cecità etica provocata da passioni disordinate e dal peccato, dall'altro perché, dovendo ogni generazione e ogni individuo riappropriarsi dei diritti umani ed essendo la libertà umana, che procede per libere scelte, sempre fragile, la persona umana ha bisogno della speranza e dell'amore incondizionati che si possono trovare solo in Dio e che portano alla partecipazione alla giustizia e alla generosità di Dio verso altri (cfr. Deus caritas est, n. 18; e Spe salvi, n. 24)
Questa prospettiva richiama l'attenzione su alcuni dei più gravi problemi sociali degli ultimi decenni, come la crescente consapevolezza, sorta in parte con la globalizzazione e con l'attuale crisi economica, di un contrasto stridente fra l'attribuzione uguale di diritti e l'accesso diseguale ai mezzi per ottenerli. Per i cristiani che regolarmente chiedono a Dio "donaci ogni giorno il nostro pane quotidiano", è una tragedia vergognosa che un quinto dell'umanità soffra ancora la fame. Per garantire una scorta di cibo adeguata e la protezione di risorse vitali quali acqua ed energia, tutti i responsabili internazionali devono collaborare dimostrando una disponibilità a lavorare in buona fede, rispettando il diritto naturale e promuovendo la solidarietà e la sussidiarietà con le regioni e le popolazioni più povere del pianeta come la strategia più efficace per eliminare le ineguaglianze sociali fra Paesi e società e per aumentare la sicurezza globale.
Cari amici, cari accademici, esortandovi nella vostra ricerca e nelle vostre deliberazioni a essere testimoni credibili e coerenti della difesa e della promozione di questi diritti umani non negoziabili che si fondano sulla legge divina, vi imparto di cuore la mia benedizione apostolica.



(©L'Osservatore Romano - 4-5 maggio 2009)

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