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Viaggio apostolico in Giordania e Israele

Ultimo Aggiornamento: 08/07/2009 21:40
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20/05/2009 22:22
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Dal blog di Lella...

Benoît XVI, le pape théologien nous donne une leçon

18 maggio 2009 - da Eucharistie Sacrement de la Miséricorde –

La mattina di sabato 16 maggio, ho chiamato un’amica religiosa palestinese per dirle che ero viva, pur dopo una settimana memorabile e incredibile: 20 ore di sonno in una settimana, 3 pasti frettolosi in cinque giorni, giornate di 22 ore di lavoro (conto come lavorative le ore passate pazientando per cortesia secondo i voleri della sicurezza israeliana ma anche di quella palestinese – à Betlemme, i Palestinesi hanno voluto dimostrare di non essere da meno degli Israeliani).

Mi ascolta, ma ciò che le brucia di dirmi è: “Gli ho baciato la mano al Santo Sepolcro.”

Resto scioccata. Prima della visita, mi aveva detto con un fare secco che non avevo mai sentito prima da lei: “Resti a casa sua!” All’altro capo del telefono, la sento così felice… E non è l’unica a esprimermi questa felicità, l’orgoglio di poter dire: « C’ero ». Conosco un buon numero di religiosi europei che vivono qui, molto scettici su ciò che dice o fa Benedetto XVI, tra loro ci sono fior di intellettuali, anche loro si sono arresi e gli rendono omaggio… Anch’io gli avrei baciato le mani … ma non ci sono riuscita proprio.

Anche alcuni miei vicini che appartengono ad una piccola chiesa protestante evangelica mi chiedono continuamente e con interesse « Allora, allora ? ». Sanno che l’ho visto molto da vicino. Mi hanno visto in televisione.

Il freddo Benedetto XVI venerato! Si, freddo, e non è mancanza di rispetto! Al mio arrivo in sala stampa, giovedì sera, dopo la giornata a Nazareth, i vaticanisti sono al settimo cielo: «Il Papa era veramente felice, ha cantato, ha alzato le braccia». Guardate il video, quando Benedetto XVI è al colmo della gioia resta comunque molto, molto… controllato.

Che cosa è successo allora? Che cosa ha detto ? Quello che stupisce di più è la rivoluzione dei cuori e delle anime che è avvenuta lungo la settimana nella comunità cristiana araba avvenuta senza che la maggioranza avesse avuto una conoscenza reale dei propositi del Papa.

I discorsi non sono stati letti scrupolosamente. Ci si è accontentati di piccoli pezzi rubacchiati qua e là. Ci sono state alcune immagini molto forti in Giordania e qui. Ma tutto è avvenuto grazie al molto efficace e puntuale passa parola telefonico arabo. Devo proprio lasciar riposare le mie orecchie nei prossimi giorni. Ma so, e sento già che i cristiani locali hanno l’entusiasmo nel cuore… Si sono sentiti compresi, rispettati, riconosciuti e amati.

Il Papa, inoltre, ha incontrato ebrei e mussulmani e agli uni come agli altri ha mostrato rispetto. A tutti ha lanciato un messaggio a favore della giustizia, l’uguaglianza e la convivenza pacifica. E la piccola comunità cristiana ha apprezzato questi appelli, proprio lei che si sente relegata in un angolo, schiacciata tra i due. E poi i numerosi appelli alla creazione di uno stato palestinese e alla caduta del Muro.

Da parte mia, anche se non ho visto tutto, ho letto tutti i discorsi, ho visto e capito. Bisognerà comunque che li rilegga, i discorsi, quelli del Santo Padre, quelli dei vari ospiti, ma sono profondamente segnata prima di tutto dall’intensità della preghiera del Papa della quale sono stata testimone nella grotta dell’Annunciazione a Nazareth e ancora più davanti alla profondità intima davanti al Santo Sacramento del Santo Sepolcro. Ne ho pianto per l’emozione. E’ veramente venuto, da pellegrino, per pregare.

Ho pianto di tristezza al Getsemani. Spero che i cristiani palestinesi che non si sono degnati di andare alla messa per ragioni di comodità – bisognava arrivare troppo in anticipo e sedersi per terra – faranno il loro esame di coscienza.
Spero che quelli che non hanno potuto andarci a causa dei controlli di sicurezza crederanno ancora alla possibilità di vivere ancora amichevolmente con gli ebrei.
Ho pianto di gioia a Nazareth, sul Monte del Precipizio godendo quello che proprio mi aspettavo, una manifestazione dell’«orgoglio cristiano» degli arabi.

Ho gioito di quelle messe largamente celebrate in lingua araba, ma che hanno lasciato un po’ di posto per quella ebraica, la lingua dei cristiani di israele.
Mi è molto piaciuto che il Papa salutasse questa comunità di lingua ebraica che vive, ogni giorno, un’altra situazione, ben lontana dall’essere facile. Sarebbe bellissimo che queste due comunità lanciassero ponti tra di loro, anticipo dei ponti da gettare tra Israeliani e Palestinesi.

Al campo di Aïda, ho sentito l’emozione del capo del campo che diceva al Papa: «Grazie per aver rinunciato a visitare alcuni luoghi santi per venire a visitarci».
Ho visto la silhouette bianca del Papa staccarsi sul grigiore dl muro.
Questo muro, la più triste esperienza del suo viaggio, ha detto il Papa alla partenza.

Da un muro all’altro, il Papa mi è sembrato felice di poter pregare davanti al Muro occidentale.
Mi ritornano tante di quelle immagini. Scrivo, e sono le 10h37 di domenica, sento la mia vicina che sta sotto, siriaca ortodossa, che ascolta una messa cattolica… mi precipito a vedere. E’ la messa di Nazareth che è ritrasmessa alla televisione maronita libanese Télélumière! Non abbiamo ancora finito di misurare la portata di questo viaggio, meno mediatico e meno facile di quello di Papa Giovanni Paolo II. Ho l’impressione che possa portare maggiori frutti.

Penso a questa settimana, a questo Monte del Precipizio, alla sua storia, Gesù vi aveva pregato, nella sinagoga. Non era piaciuto, avrebbero voluto scaraventarlo giù, dalla cima di quel monte. Ho veramente temuto che Benedetto che su questo nostro campo potesse saltare all’aria, che per una ragione qualsiasi, anche casuale, potesse essere crocifisso… E’ venuto, ha predicato e come Gesù in mezzo ai suoi detrattori «passando in mezzo a loro, se ne è andato. » Il Papa teologo ci ha dato una lezione : il tempo e il progetto di Dio vanno oltre le nostre corte vedute. Ci precede e ci trascina e Dio ci attira a Lui infallibilmente, in Lui non ci saranno più nè ebrei, ne cristiani, nè mussulmani, finiremo per essere Uno in Lui.

Marie-Armelle Beaulieu

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