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Documenti emanati dai dicasteri e da altri organismi della Curia Romana e della Santa Sede durante il pontificato di Benedetto XVI

Ultimo Aggiornamento: 25/02/2013 19:30
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25/03/2010 16:01
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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELLA PROSSIMA OSTENSIONE DELLA SINDONE (TORINO, 10 APRILE-20 MAGGIO 2010)

Alle ore 11.00 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo una Conferenza Stampa per la presentazione della prossima Ostensione della Sindone, che avrà luogo a Torino dal 10 aprile al 23 maggio 2010, sul tema: "Passio Christi, passio hominis".
Intervengono l’Em.mo Card. Severino Poletto, Arcivescovo di Torino, Custode Pontificio della Sindone; il Prof. Fiorenzo Alfieri, Assessore alla Cultura della Città di Torino, Presidente del Comitato per l’Ostensione solenne della Sindone 2010; Mons. Giuseppe Ghiberti, Presidente della Commissione diocesana per la Sindone; l’Ing. Maurizio Baradello, Direttore generale del Comitato per l’Ostensione.

Pubblichiamo di seguito una nota informativa:


NOTA INFORMATIVA


È la prima ostensione del nuovo millennio. E i pellegrini che verranno a Torino (se ne sono già prenotati 1,3 milioni) vedranno una Sindone che – nella continuità col passato – ha migliorato la sua visibilità, grazie all’importante intervento di conservazione eseguito nel 2002, con il quale sono state rimosse le «toppe» apposte dalle Clarisse di Chambéry e hanno potuto essere attenuate le profonde pieghe che deturpavano l’immagine. Sono cambiate, da dieci anni a questa parte, anche le condizioni di conservazione. La Sindone è riposta distesa anziché arrotolata, come era avvenuto negli ultimi secoli. In questo modo si riduce il rischio che le «pieghe» del tessuto, formatesi negli anni proprio a causa dell’arrotolamento, «invadano» parti dell’immagine. L’intervento di conservazione, così come la riposizione distesa, sono stati attuati seguendo le indicazioni della Commissione internazionale di esperti che venne istituita nel 1993 dall’allora Custode pontificio, il Cardinale Giovanni Saldarini. La prof. Mechthild Flury Lemberg, membro della Commissione, ha eseguito nel 2002 gli interventi di conservazione, coadiuvata dalla sua ex-allieva Irene Tomedi.

La visita del Papa - La prossima ostensione, presentata oggi ufficialmente alla stampa internazionale, sarà caratterizzata dalla visita del Santo Padre Benedetto XVI, la domenica 2 maggio. Il Papa si recherà a venerare la Sindone come già il suo predecessore Giovanni Paolo II (24 maggio 1998) e celebrerà la S. Messa in piazza San Carlo. Il cardinale Ratzinger si era già recato a venerare la Sindone durante l’ostensione del 1998, guidando il pellegrinaggio della Congregazione per la dottrina della fede. In quell’occasione aveva tenuto, al Teatro Regio di Torino, una conferenza sul tema «Fede tra ragione e sentimento». La visita di Benedetto XVI consolida la «tradizione» avviata da Giovanni Paolo II, di venerare la Sindone nel corso della Visita pastorale alla Città di Torino. L’allora card. Wojtyła fu a Torino per venerare la Sindone nell’ottobre del 1978, pochi giorni prima della sua elezione al Pontificato. Vi tornò una prima volta da Papa il 13 aprile 1980, e poi il 24 maggio 1998, quando pronunciò un’omelia fondamentale per la dottrina della Chiesa sulla Sindone (http://www.sindone.org/santa_sindone/ vita_di_fede/00024023_Papa_Giovanni_Paolo_II_.html).

Il tema dell’ostensione - Scelto dal Custode Pontificio, Card. Severino Poletto, Arcivescovo di Torino - è «Passio Christi passio hominis»: si intende in questo modo sottolineare il forte collegamento esistente tra l’immagine sindonica, impressionante testimonianza della Passione del Signore, e le molteplici sofferenze degli uomini e delle donne di oggi, perché trovino nella Sindone un sicuro riferimento di fede che rinvia alla misericordia di Dio e al servizio verso i fratelli. Un richiamo che diventa tanto più significativo nella difficile situazione di crisi occupazionale ed economica che colpisce particolarmente il territorio torinese.

I promotori - L’ostensione del 2010 viene organizzata, come già nel 1998 e nel 2000, dall’arcidiocesi di Torino in collaborazione con Comune e Provincia di Torino e con la Regione Piemonte: la Chiesa italiana e la diocesi di Torino, con gli enti pubblici, hanno messo a disposizione notevoli risorse economiche e organizzative per sostenere un avvenimento che, pur essendo essenzialmente di natura ecclesiale, costituisce anche una grande opportunità per conoscere Torino e il suo territorio. Un contributo fondamentale è venuto inoltre dalle due Fondazioni bancarie torinesi, Fondazione CRT e Compagnia di San Paolo che, con i fondi messi a disposizione, mirano a realizzare opere di miglioramento permanenti alle strutture espositive e museali nell’area del Duomo e di Palazzo Reale. Altri «sponsor» sono stati coinvolti, a vario titolo, nell’organizzazione dell’ostensione: e a tutti va il sentito e cordiale ringraziamento del Custode e del Comitato organizzatore.

I volontari - Come sempre l’ostensione della Sindone è resa possibile dalla presenza dei volontari, provenienti dalle comunità cristiane torinesi e da altre associazioni: sono oltre 4 mila, e provvedranno a tutti i servizi di accoglienza dei pellegrini lungo il percorso, all’assistenza sanitaria e per i disabili, all’accoglienza nelle chiese del centro storico dove si terranno celebrazioni liturgiche o dove i pellegrini si recheranno in visita.

Il percorso – Si snoda attraverso i Giardini Reali bassi e gli ambienti suggestivi degli infernotti della Manica Nuova di Palazzo Reale e del Teatro Romano. Come già nelle ostensioni precedenti i pellegrini troveranno, prima di accedere al Duomo, la «prelettura», un filmato con accompagnamento musicale che prepara a individuare e riconoscere le principali caratteristiche dell’immagine sindonica. All’uscita dal Duomo è stata invece allestita la penitenzieria, con la presenza di sacerdoti per ascoltare le confessioni dei fedeli (disponibili in varie lingue) e la cappella dell’adorazione, dove ogni giorno, dopo la Messa del mattino, viene portato dal Duomo il Santissimo Sacramento.

La giornata della Sindone - Prevede, oltre alla Messa ogni mattina alle 7, con la recita delle Lodi, il flusso dei pellegrini fino alle 20 (con prolungamento serale in alcuni giorni). Alle 21 il Duomo riapre per ospitare incontri di preghiera e alcune importanti iniziative culturali fra cui le conferenze del Card. Schönborn, Arcivescovo di Vienna, di mons. Timothy Verdon e di mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura. È prevista anche la visita alla Sindone di qualificati rappresentanti del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e del Patriarcato di Mosca. Tutti gli appuntamenti in calendario si trovano sul sito ufficiale (http://www.sindone.org/santa_sindone/news_e_info/00023942_Calendario_eventi.html). Il mercoledì pomeriggio è particolarmente dedicato al pellegrinaggio degli ammalati e dei loro accompagnatori.

Internet - Il ricorso a Internet è stato fondamentale per il sistema delle prenotazioni: e però occorre ricordare che l’ostensione della Sindone rimane un’esperienza personale e fisica, un «venire a vedere» che non può essere sostituito da alcuna «visita virtuale».

Il sito ufficiale - Sempre su Internet si rivela di grande utilità il servizio del sito www.sindo- ne.org, completamente rinnovato per l’ostensione, dove sono raccolti i testi e le informazioni relativi a tutti gli aspetti dell’organizzazione dell’ostensione. Il sito è interamente tradotto in inglese e francese (grazie alla collaborazione con la Città di Chambéry e il dipartimento della Savoia), e contiene le informazioni principali in tedesco, russo, spagnolo. Sul sito ufficiale della Sindone sono raccolte anche le informazioni del Centro internazionale di Sindonologia (http://www.sindone.org/santa_sindone/scienza/00023997_Centro_Inter._di_Sindonologia.html) di Torino e del Museo della Sindone (http://www.sindone.org/ santa_sindone/scienza/00023975_Il_Museo.html). Il sito è gestito con la collaborazione della diocesi di Torino e del Servizio informatico della Conferenza episcopale italiana. Sempre sul sito si trova la «lettura del Telo» che consente, attraverso fotografie e testi, di approfondire la conoscenza dettagliata dell’immagine sindonica. Le immagini che corredano il servizio sono curate dalla società Hal9000 (http://www.haltadefinizione.com/). Il lavoro è in via di completamento.

La giornata del 10 aprile – Nella mattinata di sabato 10 aprile è prevista la visita in anteprima alla Sindone riservata ai giornalisti ed agli operatori dei mass media. Al termine del percorso il cardinale Custode, l’Arcivescovo di Torino Severino Poletto, e i responsabili dell’ostensione saranno a disposizione per le interviste. Per partecipare è assolutamente necessario accreditarsi sul sito già nei giorni precedenti (solo chi è in possesso dell’accredito potrà accedere al percorso).

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COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE: RIUNIONE DELLA COMMISSIONE SULLA CHIESA CATTOLICA IN CINA (N. 2)

Dal 22 al 24 marzo corrente si è riunita in Vaticano, per la terza volta, la Commissione che il Papa Benedetto XVI ha istituito nel 2007 per studiare le questioni di maggiore importanza, riguardanti la vita della Chiesa cattolica in Cina.

In una profonda vicinanza spirituale con tutti i fratelli nella fede che vivono in Cina, i Partecipanti hanno approfondito il tema della formazione umana, intellettuale, spirituale e pastorale dei seminaristi e delle persone consacrate e quello della formazione permanente dei sacerdoti, con una particolare attenzione alla loro spiritualità. Le difficoltà, che si incontrano nel campo della formazione, e le nuove esigenze pastorali, che sono connesse con il compito di evangelizzare una società così dinamica, articolata e complessa com’è quella cinese, rappresentano sfide rilevanti. I Vescovi della Chiesa cattolica in Cina, ai quali vanno riconosciute la piena dignità e la responsabilità di guida delle comunità ecclesiali, sono impegnati in prima persona nell’opera formativa: in unione con loro, si continuerà ad offrire una fraterna collaborazione, nella consapevolezza che la vera formazione cristiana consiste, prima di tutto, nel "conoscere Cristo, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze" (Lettera ai Filippesi 3, 10).

Alla luce della Lettera del Santo Padre ai cattolici cinesi del 27 maggio 2007, la Commissione ha riflettuto sulla maniera di promuovere l’unità all’interno della Chiesa cattolica in Cina e di superare le difficoltà che questa incontra nei suoi rapporti con la società civile. Si è preso atto con piacere dei passi compiuti in risposta all’invito del Papa ad un’autentica comunione ecclesiale, che non si esprime senza uno sforzo personale di ricerca della verità e di riconciliazione spirituale. Insieme alla consapevolezza che il cammino del perdono e della riconciliazione non potrà compiersi dall’oggi al domani, è emersa la certezza che la Chiesa intera accompagna questo cammino ed eleverà un’insistente preghiera a tale scopo, particolarmente il 24 maggio, dedicato alla memoria liturgica della Beata Vergine Maria, aiuto dei Cristiani, in occasione della Giornata di preghiera per la Chiesa in Cina È stata anche sottolineata la necessità di compiere con urgenza passi concreti per accrescere e manifestare i legami spirituali tra i Pastori e i fedeli.

Nello stesso tempo, i Partecipanti hanno auspicato all’unanimità che tutti i Vescovi in Cina siano sempre più impegnati nel favorire la crescita dell’unità della fede e della vita di tutti i cattolici, evitando quindi di porre gesti (quali, ad esempio, celebrazioni sacramentali, ordinazioni episcopali, partecipazione a riunioni) che contraddicono la comunione con il Papa, che li ha nominati Pastori, e creano difficoltà, a volte angoscianti, in seno alle rispettive comunità ecclesiali.

In sintonia con il desiderio, espresso dal Santo Padre nella succitata Lettera, la Commissione rinnova l’auspicio che, nel corso di un dialogo rispettoso e aperto tra la Santa Sede e le Autorità governative, possano essere superate le attuali difficoltà e si pervenga, così, ad una proficua intesa che sarà a vantaggio della comunità cattolica e della convivenza sociale. In questo spirito, i Partecipanti si uniscono a tutti i cattolici in Cina nella costante preghiera perché quei Vescovi e sacerdoti, che da molto tempo sono privati della libertà, possano al più presto esercitare di nuovo il loro ministero episcopale e sacerdotale a favore dei fedeli, affidati alla loro cura pastorale.

Nell’incontro avvenuto al termine della Riunione Plenaria, -Sua Santità ha sottolineato la necessità di assicurare, a quanti si preparano al sacerdozio e alla vita consacrata, una solida formazione spirituale, incentrata sull’amicizia con Gesù: essa sarà una garanzia di successo nel campo personale e nel lavoro pastorale. Il Santo Padre ha ribadito il ruolo importante di quanti si occupano della formazione e ha ricordato che esso è uno dei compiti prioritari dei Vescovi. Infine, Egli ha ringraziato i Partecipanti per il loro impegno a favore della Chiesa cattolica in Cina.

25/03/2010 16:02
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STATEMENT OF THE DIRECTOR OF THE HOLY SEE PRESS OFFICE, FR FEDERICO LOMBARDI, S.I., CONCERNING THE "MURPHY CASE"

The following is the full text of the statement given to the New York Times on March 24, 2010:

The tragic case of Father Lawrence Murphy, a priest of the Archdiocese of Milwaukee, involved particularly vulnerable victims who suffered terribly from what he did. By sexually abusing children who were hearing-impaired, Father Murphy violated the law and, more importantly, the sacred trust that his victims had placed in him.

During the mid-1970s, some of Father Murphy’s victims reported his abuse to civil authorities, who investigated him at that time; however, according to news reports, that investigation was dropped. The Congregation for the Doctrine of the Faith was not informed of the matter until some twenty years later.

It has been suggested that a relationship exists between the application of Crimen sollicitationis and the non-reporting of child abuse to civil authorities in this case. In fact, there is no such relationship. Indeed, contrary to some statements that have circulated in the press, neither Crimen nor the Code of Canon Law ever prohibited the reporting of child abuse to law enforcement authorities.

In the late 1990s, after over two decades had passed since the abuse had been reported to diocesan officials and the police, the Congregation for the Doctrine of the Faith was presented for the first time with the question of how to treat the Murphy case canonically. The Congregation was informed of the matter because it involved solicitation in the confessional, which is a violation of the Sacrament of Penance. It is important to note that the canonical question presented to the Congregation was unrelated to any potential civil or criminal proceedings against Father Murphy.

In such cases, the Code of Canon Law does not envision automatic penalties, but recommends that a judgment be made not excluding even the greatest ecclesiastical penalty of dismissal from the clerical state (cf. Canon 1395, no. 2). In light of the facts that Father Murphy was elderly and in very poor health, and that he was living in seclusion and no allegations of abuse had been reported in over 20 years, the Congregation for the Doctrine of the Faith suggested that the Archbishop of Milwaukee give consideration to addressing the situation by, for example, restricting Father Murphy’s public ministry and requiring that Father Murphy accept full responsibility for the gravity of his acts. Father Murphy died approximately four months later, without further incident.





Chiarimento su un sacerdote statunitense accusato di abusare di bambini sordi
Comunicato del direttore della Sala Stampa della Santa Sede



CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 25 marzo 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo la dichiarazione rilasciata da padre Federico Lombardi S.I., direttore della Sala Stampa della Santa Sede, al New York Times il 24 marzo sul caso del sacerdote Lawrence Murphy, già morto, accusato di aver abusato sessualmente di bambini con deficit uditivo.

* * *

Il caso di padre Lawrence Murphy, sacerdote dell'Arcidiocesi di Milwaukee, ha coinvolto vittime particolarmente vulnerabili, che hanno sofferto in modo terribile per ciò che ha fatto. Abusando sessualmente di bambini con deficit uditivo, padre Murphy ha violato la legge e, cosa più grave, la sacra fiducia che le vittime avevano riposto in lui.

A metà degli anni Settanta, alcune vittime di padre Murphy hanno riferito di questi abusi alle autorità, che hanno avviato un'indagine; ad ogni modo, secondo alcuni rapporti, l'indagine venne archiviata. La Congregazione per la Dottrina della Fede è stata informata della questione circa 20 anni dopo.

Si è suggerito che esista una relazione tra l'applicazione della Crimen sollicitationis e la mancanza di denuncia alle autorità degli abusi sessuali sui bambini in questo caso. Di fatto, questa relazione non esiste. A differenza di certe dichiarazioni circolate sulla stampa, né la Crimen sollicitationis né il Codice di Diritto Canonico hanno mai proibito di informare le autorità giudiziarie competenti sui casi di abusi sessuali sui bambini.

Alla fine degli anni Novanta, dopo due decenni dalla denuncia di questi abusi ai rappresentanti diocesani e alla polizia, è stata presentata per la prima volta alla Congregazione per la Dottrina della Fede la questione relativa a come affrontare canonicamente il caso Murphy. La Congregazione è stata informata della questione perché questa ha coinvolto sollecitazioni sessuali nel confessionale, il che costituisce una violazione del Sacramento della Penitenza. E' importante sottolineare che la questione canonica presentata alla Congregazione non era collegata alle potenziali misure civili o penali contro padre Murphy.

In questi casi, il Codice di Diritto Canonico non prevede pene automatiche, ma raccomanda che si emetta una sentenza senza escludere neanche la pena ecclesiastica più grave, la dimissione dallo stato clericale (cfr. Canone 1395, n. 2). Visto che padre Murphy era anziano e in condizioni di salute molto delicate, viveva in isolamento e non erano state registrate denunce di abusi da vent'anni, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha suggerito che l'Arcivescovo di Milwaukee considerasse di affrontare la situazione, ad esempio, limitando il ministero pubblico di padre Murphy ed esigendo che questi accettasse la piena responsabilità dei suoi atti. Padre Murphy è morto circa quattro mesi dopo, senza ulteriori incidenti.

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INTERVENTO DELLA SANTA SEDE ALLA 64a ASSEMBLEA GENERALE DELLE NAZIONI UNITE NEL CORSO DELLA SEDUTA SUL FINANZIAMENTO DELLO SVILUPPO CON RIFERIMENTO AL "CONSENSO DI MONTERREY" E ALLA "DICHIARAZIONE DI DOHA"

Pubblichiamo di seguito l’intervento che S.E. l’Arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Onu, ha pronunciato il 24 marzo scorso a New York, davanti alla 64a Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel corso della seduta sul finanziamento dello sviluppo con riferimento al «Consenso di Monterrey» e alla «Dichiarazione di Doha»:


INTERVENTO DI S.E. MONS. CELESTINO MIGLIORE

Mr. President,

The devastating impact of the recent financial crisis on the world’s most vulnerable populations has been highlighted in almost all the interventions made so far in this General Assembly because it really is a concern shared by governments and citizens all over the world. Indeed, the dark shadow of this crisis is likely to frustrate efforts made so far to help reduce poverty and only add to the skyrocketing numbers living in extreme poverty.

At the same time, the current economic crisis has also given rise to unprecedented international political cooperation, evident in the three successive high-level G-20 meetings in Washington, London, and Pittsburgh during 2009. These meetings were able to reach agreement on emergency measures to reignite the world economy, including fiscal and monetary stimulus packages that have prevented a global catastrophe. Overall, the G-20 deliberations have received the moral support of most UN members, even recognizing the low ratio of member participation in them.

Nevertheless, the stabilization of some economies, or the recovery of others, does not mean that the crisis is over. Moreover, there is a general perception about the lack of sound political and economic foundations needed to ensure longer-term stability and sustainability of the global economy. Indeed, the whole world economy, where countries are highly interdependent, will never be able to function smoothly if the conditions that generated the crisis persist, especially when fundamental inequalities in income and wealth among individuals and between nations continue.

Against this background, my delegation underscores the view that we cannot wait for a definitive and permanent recovery of the global economy to take action. A significant reason is that the re-activation of the economies of the world’s poorest people will surely help guarantee a universal and sustainable recovery. But the most important reason is the moral imperative: not to leave a whole generation, nearly a fifth of the world’s population, in extreme poverty.

There is now an urgent need to reform, strengthen and modernize the whole funding system for developing countries as well as UN programs, including the specialized agencies and regional organizations, making them more efficient, transparent, and well coordinated, both internationally and locally. In the same vein, the crisis has highlighted the urgent need to proceed with the reform of the International Monetary Fund (IMF) and World Bank, whose structures and procedures must reflect the realities of today’s world and no longer those of the post World War II period.

As pointed out in the Doha Declaration, of December 2008, a reformed IMF should be able to accomplish fully its original mandate of stabilizing currency fluctuations and ought to be provided with mechanisms for preventing financial crises. The functions of the Financial Stability Forum (FSF) would acquire greater legitimacy if they were developed in close collaboration with the Fund and other relevant UN bodies, such as UNCTAD. The international community, through its appropriate bodies, such as the IMF, the FSF and others, should be able to make proposals to improve banking regulations. It should be able to identify and define the capital requirements for banks, liquidity requirements, transparency measures, and accountability standards for the issuance and trading of securities. Equally important are the regulatory norms for the para-banking activities and control of rating companies. We would do well not to wait for consensus on all these issues but move ahead in areas where there is already broad consensus, such as uniform international accounting standards.

On the other hand, the international community, through the World Bank and relevant multilateral agencies, should continue to give priority to the fight against poverty, particularly in LDCs. In this context, as part of the emergency measures of developed countries to address the crisis, contributions to the World Bank destined to fight extreme poverty should have highest priority. Although the financial crisis made it necessary to increase aid to middle income countries through the International Bank for Reconstruction and Development (IBRD), the World Bank must continue to give priority to loans under the International Development Association (IDA), which assists low income countries and provides resources for food security.

To this end, we must continue to review the distribution of voting rights in both these financial institutions so that emerging economies and developing countries, including LDCs, are duly represented. Similarly, it may be desirable to introduce, at least for key decisions, ‘double majority’ approval, so that decisions are made not only according to quotas but also on the basis of a numerical majority of countries.

Mr. President,

At the end of World War II, the international community was able to adopt a comprehensive system that would ensure not only peace but also avoid a repetition of global economic disruption. The institutions that emerged from the Bretton Woods Conference in July 1944 had to ensure the launching of a process of equitable economic development for all. The current global crisis offers a similar opportunity requiring a comprehensive approach, based on resources, knowledge transfer and on institutions. To achieve this, all nations, without exception, need to commit themselves to a renewed multilateralism.

At the same time, the effectiveness of measures taken to overcome the current crisis should always be assessed by their ability to solve the primary problem. We should not forget that the same world that could find, within a few weeks, trillions of dollars to rescue banks and financial investment institutions, has not yet managed to find 1% of that amount for the needs of the hungry - starting with the $3 billion needed to provide meals to school children who are hungry or the $5 billion needed to support the emergency food fund of the World Food Program.

Thank you, Mr. President.

26/03/2010 16:06
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DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, P. FEDERICO LOMBARDI, S.I., A PROPOSITO DI UN ARTICOLO DEL "NEW YORK TIMES"


Il Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Padre Federico Lombardi, interrogato da giornalisti a proposito di un nuovo articolo sul New York Times del 26 Marzo, con riferimento al periodo in cui il Card. Ratzinger era arcivescovo di Monaco di Baviera, ha rinviato alla smentita pubblicata questa mattina in un Comunicato dell’Archidiocesi di Monaco, che recita: "L’articolo del New York Times non contiene alcuna nuova informazione oltre a quelle che la Archidiocesi ha già comunicato sulle conoscenze dell’allora Arcivescovo sulla situazione del sacerdote H.

L’Archidiocesi conferma quindi la sua posizione, secondo cui l’allora Arcivescovo non ha conosciuto la decisione di reinserire il sacerdote H. nell’attività pastorale parrocchiale.

Essa rifiuta ogni altra versione come mera speculazione.

L’allora Vicario generale, Mons. Gerhard Gruber, ha assunto la piena responsabilità della sua propria ed errata decisione, di reinserire H. nella pastorale parrocchiale".

26/03/2010 16:07
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TERZA PREDICA DI QUARESIMA

Alle ore 9.00 di questa mattina, nella Cappella "Redemptoris Mater", alla presenza del Santo Padre Benedetto XVI, il Predicatore della Casa Pontificia, Rev.do P. Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto la terza ed ultima Predica di Quaresima.
Tema delle meditazioni quaresimali è stato il seguente: "Dispensatori dei misteri di Dio" - Il sacerdote, ministro della Parola e dei sacramenti.






Terza predica di padre Cantalamessa per la Quaresima 2010
"Se tornerai a me..."



CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 26 marzo 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito la terza e ultima predica di Quaresima che padre Raniero Cantalamessa, OFM Cap., ha tenuto questo venerdì mattina nella cappella Redemptoris Mater, alla presenza di Benedetto XVI e dei suoi collaboratori della Curia romana.

Il tema delle meditazioni di quest'anno è "Dispensatori dei misteri di Dio. Il sacerdote, ministro della Parola e dei sacramenti", in continuità con la riflessione sul ministero episcopale e presbiterale iniziata in Avvento.

La precedenti prediche sono state pronunciate il 5 e il 12 marzo.

* * *

1. La crisi del sacerdote

Nella Scrittura troviamo la descrizione della crisi interiore di un sacerdote nella quale molti pastori di oggi, sono sicuro, si riconoscerebbero. È quella di Geremia che, prima di essere un profeta fu un sacerdote, "uno dei sacerdoti che risiedevano in Anatot" (Ger 1,1).

"Ti ho servito come meglio potevo, mi sono rivolto a te con preghiere per il mio nemico...Io non mi sono seduto assieme a quelli che ridono, e non mi sono rallegrato....Tu sei diventato per me un torrente infido, dalle acque incostanti" (Ger 15, 11-18). In un altro momento la crisi esplode in maniera ancor più aperta: "Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre...Mi dicevo: ‘Non penserò più a lui, non parlerò più nel suo nome!" (Ger 20, 7-9).

Qual è la risposta di Dio al profeta e sacerdote in crisi? Non un "Poverino, hai ragione, come sei infelice!". "Allora, il Signore mi rispose: "Se tornerai, io ti farò tornare e starai alla mia presenza; se saprai distinguere ciò che è prezioso da ciò che vile, sarai la mia bocca" (Ger 15, 19). In altre parole: conversione!

Parlando della novità del ministero della nuova alleanza abbiamo visto che essa consiste nella grazia, cioè nel fatto che il dono precede il dovere e che il dovere scaturisce proprio dal dono. Applichiamo ora questo principio fondamentale al ministero sacerdotale. Quello che abbiamo considerato finora costituiva la grazia sacerdotale, il dono ricevuto: ministri di Cristo, dispensatori dei misteri di Dio. Non possiamo concludere le nostre riflessioni senza mettere in luce anche il dovere e l'appello che scaturisce da esso, per così dire l'ex opere operantis del sacerdozio. Tale appello è lo stesso che Dio rivolse a Geremia: conversione!

Credo di interpretare la preoccupazione più volte espressa in passato dal Santo Padre e che ha motivato, almeno in parte, la proclamazione di questo anno sacerdotale, dedicando quest'ultima meditazione alla necessità di una purificazione all'interno della Chiesa, a partire dal suo clero.

L'appello alla conversione risuona nei momenti cruciali del Nuovo Testamento: all'inizio della predicazione di Gesù: "Convertitevi e credete al vangelo" (Mc 1,15); all'inizio della predicazione apostolica, il giorno di Pentecoste: "Che dobbiamo fare, fratelli? E Pietro rispose: "Convertitevi e fatevi battezzare e riceverete lo Spirito Santo!" (At 2, 37). Ma non sono questi i contesti che riguardano più direttamente noi sacerdoti. Noi abbiamo creduto al vangelo, siamo stati battezzati e abbiamo ricevuto lo Spirito Santo. C'è un altro "convertitevi!" che ci riguarda da vicino, quello che risuona all'interno di ognuna delle sette lettere alle chiese dell'Apocalisse. Esso non è rivolto a non credenti o neofiti, ma a persone che vivono da tempo nella comunità cristiana.

Un dato rende queste lettere particolarmente significative per noi: esse sono rivolte al pastore e al responsabile di ognuna delle sette chiese. "All'angelo della chiesa che è in Efeso scrivi": non si spiega il titolo angelo se non in riferimento, diretto o indiretto, al pastore della comunità. Non si può pensare che lo Spirito Santo attribuisca a degli angeli reali la responsabilità delle colpe e delle deviazioni che vi sono nelle diverse chiese e che l'invito alla conversione sia rivolto ad essi.

2. "Sii fedele fino alla fine"

Rileggiamo alcune di queste lettere, cercando di cogliere in esse gli elementi di una autentica conversione del clero, diaconi, sacerdoti e vescovi. Iniziamo dalla prima lettera, quella alla chiesa di Efeso. Notiamo anzitutto una cosa. Il Risorto non comincia il suo discorso dicendo ciò che non va nella comunità. Questa lettera, come quasi tutte le altre, inizia mettendo in rilievo il positivo, il bene che si fa nella chiesa: "Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua perseveranza...Sei perseverante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti" (Ap 2, 2).

Solo a questo punto interviene l'appello alla conversione: "Ho però da rimproverarti di avere abbandonato il tuo primo amore. Ricorda dunque da dove sei caduto, convertiti (metanoeson) e compi le opere di prima". L'appello alla conversione prende l'aspetto di un ritorno al primitivo fervore e amore per Cristo. Chi di noi sacerdoti non ricorda con commozione il momento in cui ci rendemmo conto di essere chiamati da Dio al suo servizio, il momento della professione per i religiosi, l'entusiasmo dei primi anni di ministero per i sacerdoti? È vero che lì c'era anche il fattore dell'età, la gioventù. Ma in questo caso non si tratta di natura: grazia era allora e grazia può essere oggi.

"Ti ricordo, scriveva l'Apostolo al discepolo Timoteo, di ravvivare il dono di Dio che è in te mediante l'imposizione delle mie mani" (2 Tim 1,6) Il termine greco che viene tradotto con "ravvivare" suggerisce l'idea di soffiare sul fuoco perché torni ad ardere, riaccendere la fiamma. In una delle meditazioni di Avvento, abbiamo visto come l'unzione sacramentale, ricevuta nell'ordinazione, può tornare ad essere attiva e operante mediante la preghiera e un soprassalto di fede. Anche l'autore della lettera agli Ebrei ammoniva i primi cristiani a ricordare il loro iniziale entusiasmo: "Ricordatevi di quei primi giorni..." (Eb 10,32).

Della lettera alla chiesa di Efeso riteniamo dunque il pressante invito a ritrovare l'amore e il fervore di un tempo. Un'altra componente della conversione sacerdotale lo troviamo nella lettera alla chiesa di Smirne. Anche qui, il Risorto mette anzitutto in luce il positivo: "Conosco la tua tribolazione, la tua povertà...", ma segue subito l'appello: "Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita".

Fedeltà! Il Santo Padre ha messo questa parola come titolo e programma all'anno sacerdotale: "Fedeltà di Cristo e fedeltà del sacerdote". La parola fedeltà ha due significati fondamentali. Il primo è quello di costanza e di perseveranza; il secondo, è quello di lealtà, correttezza, l'opposto insomma di infedeltà, inganno e tradimento.

Il primo significato è quello presente nelle parole del Risorto alla chiesa di Smirne, il secondo è quello inteso da Paolo nel testo che abbiamo scelto come guida delle nostre riflessioni: "Ognuno ci consideri servitori di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Ora, quel che si richiede agli amministratori è che ciascuno sia trovato fedele" (1 Cor 4, 1-2). Questa parola richiama, forse volutamente, quella di Gesù nel vangelo di Luca: "Chi è l'amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito?" (Lc 12, 42). Il contrario di questa fedeltà è quello che fa, nella parabola, l'amministratore infedele (Lc 16, 1 ss.).

A questa fedeltà si oppone il tradimento della fiducia di Cristo e della Chiesa, la doppia vita, il venir meno ai doveri del proprio stato, soprattutto per quanto riguarda il celibato e la castità. Sappiamo per dolorosa esperienza quanto danno può venire alla Chiesa e alle anime da questo tipo di infedeltà. È la prova forse più dura che la Chiesa sta attraversando in questo momento.

3. "Alla chiesa di Laodicea scrivi..."

La lettera che deve farci riflettere più di tutte è quella all'angelo della chiesa di Laodicea. Ne conosciamo il tono severo: "Conosco le tue opere: tu non sei ne freddo né caldo...Poiché sei tiepido, non sei cioè ne freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca...Sii zelante e convertiti" (Ap 3, 15 s).

La tiepidezza di una parte del clero, la mancanza di zelo e l'inerzia apostolica: io credo che sia questo a indebolire la Chiesa più ancora degli scandali occasionali di alcuni sacerdoti che fanno più chiasso e contro i quali è più facile correre ai ripari. "La grande sventura per noi parroci -diceva il Santo Curato d'Ars - è che l'anima si intorpidisce"[1]. Lui non era certamente nel numero di questi parroci, ma questa sua frase fa pensare.

Non si deve generalizzare (la Chiesa è ricca di sacerdoti santi che compiono silenziosamente il loro dovere), ma guai anche a tacere. Un laico impegnato mi diceva con tristezza: "La popolazione del nostro paese negli ultimi vent'anni è cresciuta di oltre tre milioni di abitanti, ma noi cattolici siamo fermi al numero di prima. Qualcosa non va nella nostra chiesa". E conoscendo quel clero, sapevo cosa non andava: la preoccupazione di molti di loro non erano le anime, ma i soldi e le comodità.

Vi sono luoghi dove la Chiesa è viva ed evangelizza quasi solo per l'impegno e lo zelo di alcuni fedeli laici e aggregazioni laicali che per altro vengono a volte ostacolati e guardati con sospetto. Sono essi spesso che spingono i propri sacerdoti, pagando loro viaggio e soggiorno, a partecipare a un ritiro o a esercizi spirituali che diversamente non farebbero mai.

A volte sono proprio coloro che meno fanno per il regno di Dio quelli che più ne reclamano i vantaggi. San Pietro e san Paolo, entrambi, hanno sentito il bisogno di mettere in guardia dalla tentazione di atteggiarsi a padroni della fede: "Non spadroneggiate sulle persone a voi affidate, ma fatevi modelli del gregge" (cf. 1 Pt 5,3), scrive il primo; "Noi non vogliamo farla da padroni sulla vostra fede, ma essere collaboratori della vostra gioia", scrive il secondo ( 2 Cor 1, 24).

Ci si atteggia a padroni della fede, per esempio, quando si considerano tutti gli spazi e i locali della parrocchia come cose proprie da concedere a chi si vuole, anziché come beni di tutta la comunità, dei quali si è custodi, non proprietari.

Trovandomi a predicare in un paese europeo che era stato in passato una fucina di sacerdoti e di missionari e che ora attraversava una crisi profonda, chiesi a un sacerdote del posto qual era secondo lui la causa di ciò. "In questo paese, mi rispose, i sacerdoti, dal pulpito e dal confessionale, decidevano tutto, perfino chi uno doveva sposare e quanti figli doveva avere. Quando si è diffuso nella società il senso e l'esigenza della libertà individuale, la gente si è ribellata e ha voltato del tutto le spalle alla Chiesa". Il clero si sentiva "padrone della fede", più che collaboratore della gioia della gente.

Le parole rivolte dal Risorto alla chiesa di Laodicea: "Tu dici: Sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla, ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo", fanno pensare a un'altra grande tentazione del clero quando viene meno la passione per le anime, è cioè la brama del denaro. Già san Paolo lamentava amaramente: "Omnia quae sua sunt quaerunt, non quae Jesu Christi": tutti cercano il proprio interesse, non quello di Cristo (Fil 2, 21) Tra le raccomandazioni più insistenti agli anziani, nelle Lettere pastorali, c'è quella di non essere attaccati al denaro ( 1Tim 3, 3). Nella Lettera di indizione dell'anno sacerdotale il Santo Padre presenta il Santo Curato d'Ars come modello di povertà sacerdotale. "Egli era ricco per dare agli altri ed era molto povero per se stesso". Il suo segreto era: "dare tutto e non conservare niente".

Nel suo lungo discorso sui pastori[2], sant'Agostino proponeva a suo tempo, per un salutare esame di coscienza, l'apostrofe di Ezechiele contro i pastori negligenti. Non è male riascoltarla, almeno per sapere cosa è si deve evitare nel ministero sacerdotale:

"Guai ai pastori d'Israele che non hanno fatto altro che pascere se stessi! Non è forse il gregge quello che i pastori debbono pascere? Voi mangiate il latte, vi vestite della lana, ammazzate ciò che è ingrassato, ma non pascete il gregge. Voi non avete rafforzato le pecore deboli, non avete guarito la malata, non avete fasciato quella che era ferita, non avete ricondotto la smarrita, non avete cercato la perduta, ma avete dominato su di loro con violenza e con asprezza" (Ez 34, 2-4).

4. "Ecco, io sto alla porta e busso"

Ma anche la severa Lettera alla chiesa di Laodicea, come tutte le altre, è una lettera d'amore. Essa termina con una delle immagini in assoluto più toccanti della Bibbia: "Io tutti quelli che amo, li rimprovero e li educo...Ecco: io sto alla porta e busso".

In noi sacerdoti Cristo non bussa per entrare, ma per uscire. Quando si tratta della prima conversione, dall'incredulità alla fede, o dal peccato alla grazia, Cristo è fuori e bussa alle pareti del cuore per entrare; quando si tratta di successive conversioni, da uno stato di grazia a uno più alto, dalla tiepidezza al fervore, avviene il contrario: Cristo è dentro e bussa alle pareti del cuore per uscire!

Spiego in che senso. Nel battesimo abbiamo ricevuto lo Spirito di Cristo; esso rimane in noi come nel suo tempio (1 Cor 3,16), finché non ne viene scacciato dal peccato mortale. Ma può succedere che questo Spirito finisca per essere come imprigionato e murato dal cuore di pietra che gli si forma intorno. Non ha la possibilità di espandersi e permeare di sé le facoltà, le azioni e i sentimenti della persona. Quando leggiamo la frase di Cristo: "Ecco io sto alla porta e busso" (Ap 3, 20), dovremmo capire che egli non bussa dall'esterno, ma dall'interno; non vuole entrare, ma uscire.

L'Apostolo dice che Cristo deve essere "formato" in noi (Gal 4, 19), cioè svilupparsi e ricevere la sua piena forma; è questo sviluppo che è impedito dalla tiepidezza e dal cuore di pietra. A volte si vedono ai lati delle strade grossi alberi (a Roma sono in genere pini) le cui radici, imprigionate dall'asfalto, lottano per espandersi, sollevando a tratti lo stesso cemento. Così dobbiamo immaginare che è il regno di Dio nel cuore dell'uomo: un seme destinato a diventare un albero maestoso su cui si posano gli uccelli del cielo, ma che fa fatica a svilupparsi se viene soffocato da preoccupazioni terrene.

Vi sono ovviamente gradi diversi in questa situazione. Nella maggioranza delle anime impegnate in un cammino spirituale Cristo non è imprigionato dentro una corazza, ma per così dire in libertà vigilata. È libero di muoversi, ma dentro limiti ben precisi. Questo avviene quando tacitamente gli si fa capire cosa può chiederci e cosa non può chiederci. Preghiera sì, ma non da compromettere il sonno, il riposo, la sana informazione...; obbedienza sì, ma che non si abusi della nostra disponibilità; castità sì, ma non fino al punto da privarci di qualche spettacolo distensivo, anche se spinto... Insomma l'uso di mezze misure.

Nella storia della santità l'esempio più famoso della prima conversione, quella dal peccato alla grazia, è sant'Agostino; l'esempio più istruttivo della seconda conversione, quella dalla tiepidezza al fervore, è santa Teresa d'Avila. Quello che ella dice di sé nella Vita è probabilmente esagerato e dettato dalla delicatezza della sua coscienza, ma può servire a tutti noi per un utile esame di coscienza. "Di passatempo in passatempo, di vanità in vanità, di occasione in occasione, cominciai a mettere di nuovo in pericolo la mia anima [...]. Le cose di Dio mi davano piacere e non sapevo svincolarmi da quelle del mondo. Volevo conciliare questi due nemici tra loro tanto contrari: la vita dello spirito con i gusti e i passatempi dei sensi".

Il risultato di questo stato era una profonda infelicità: " Cadevo e mi rialzavo, e mi rialzavo così male che ritornavo a cadere. Ero così in basso in fatto di perfezione che non facevo quasi più conto dei peccati veniali, e non temevo i mortali come avrei dovuto, perché non ne fuggivo i pericoli. Posso dire che la mia vita era delle più penose che si possano immaginare, perché non godevo di Dio, né mi sentivo contenta del mondo. Quando ero nei passatempi mondani, il pensiero di quello che dovevo a Dio me li faceva trascorrere con pena; e quando ero con Dio, mi venivano a disturbare gli affetti del mondo"[3]. Molti sacerdoti potrebbero scoprire in questa analisi il motivo di fondo della propria insoddisfazione e scontentezza.

Fu la contemplazione del Cristo della passione a dare a Teresa la spinta decisiva al cambiamento che fece di lei la santa e la mistica che conosciamo[4].

5. "Voglio sperare!"

Torniamo, per finire, alla risposta di Dio ai lamenti di Geremia. Dio fa al suo profeta convertito delle promesse che acquistano un significato particolare se lette come rivolte a noi sacerdoti della Chiesa cattolica nell'attuale momento di grave disagio che stiamo attraversando: "Se saprai distinguere ciò che è prezioso da ciò che è vile": cioè, se saprai distinguere ciò che è essenziale da ciò che è secondario nella tua vita, se preferirai la mia approvazione a quella degli uomini; "tu sarai come la mia bocca". "Essi devono tornare a te, non tu a loro": sarà il mondo a cercare il tuo favore, non tu quello del mondo. "Io ti renderò come un muro durissimo di bronzo (questa parola è rivolta ora a lei, Santo Padre); combatteranno contro di te, ma non potranno prevalere, perché io sarò con te" (Ger 15, 19-20).

Quello che occorre in questo momento è un sussulto di speranza; dovremmo tornare a leggere l'enciclica "Spe salvi sumus" del nostro Santo Padre. La Scrittura ci presenta diversi esempi di sussulti di speranza, ma uno mi pare particolarmente istruttivo e vicino alla situazione attuale: la Terza Lamentazione di Geremia. Comincia in tono sconsolato: "Io sono l'uomo che ha visto l'afflizione sotto la verga del suo furore. Egli mi ha condotto, mi ha fatto camminare nelle tenebre e non nella luce...Io sono diventato lo scherno di tutto il mio popolo, la sua canzone di tutto il giorno. Io ho detto: ‘È sparita la mia fiducia, non ho più speranza nel Signore!" (Lam III, 1-18).

Ma a questo punto è come se il profeta avesse un improvviso ripensamento; dice a se stesso: " È una grazia del Signore che non siamo stati completamente distrutti; le sue compassioni infatti non sono esaurite; si rinnovano ogni mattina. Grande è la tua fedeltà! ‘Il Signore è la mia parte, perciò spererò in lui".

E dal momento che prende la decisione "Voglio sperare!", il tono cambia e da cupa lamentazione diventa fiduciosa attesa di restaurazione: "Il Signore è buono con quelli che sperano in lui, con chi lo cerca. È bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore. Porga la guancia a chi lo percuote, si sazi pure di offese! Il Signore infatti non respinge per sempre; ma, se affligge, ha pure compassione, secondo la sua immensa bontà; poiché non è volentieri che egli umilia e affligge i figli dell'uomo" (Lam III, 22-33).

Mi sono trovato a predicare un ritiro al clero di una diocesi americana scosso dalla reazione indiscriminata dell'opinione pubblica di fronte agli scandali di alcuni dei loro membri. Si era all'indomani del crollo delle Torri Gemelle e le macerie materiali sembravano il simbolo di altre macerie. Questo testo della Scrittura contribuì visibilmente a ridare fiducia e speranza a molti.

Cristo soffre più di noi per l'umiliazione dei suoi sacerdoti e l'afflizione della sua Chiesa; se la permette, è perché conosce il bene che da essa può scaturire, in vista di una maggiore purezza della sua Chiesa. Se ci sarà umiltà, la Chiesa uscirà più splendente che mai da questa guerra! L'accanimento dei media - lo vediamo anche in altri casi - a lungo andare ottiene l'effetto contrario a quello da essi desiderato.

L' invito di Cristo: "Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò", era rivolto, in primo luogo, a coloro che aveva intorno a sé e oggi ai suoi sacerdoti. "Venite a me e troverete ristoro": il frutto più bello di questo anno sacerdotale sarà un ritorno a Cristo, un rinnovamento della nostra amicizia con lui. Nel suo amore, il sacerdote troverà tutto quello di cui si è privato umanamente e "cento volte di più", secondo la sua promessa.

Cambiamo dunque la iniziale protesta di Geremia in ringraziamento: "Grazie Signore, che un giorno ci hai sedotto, grazie che ci siamo lasciati sedurre, grazie che ci dai la possibilità di ritornare a te e ci riprendi dopo ogni tentativo di fuga. Grazie che affidi a noi "la custodia dei tuoi atri" (Zacc 3, 7) e fai di noi "la tua bocca". Grazie per il nostro sacerdozio!

-----------

[1] Cit. nella Lettera di indizione dell'anno sacerdotale di Benedetto XVI

[2] Cf. Agostino, Sermo 46: CCL 41, pp.529 ss.

[3] Teresa d'Avila, Vita, cc. 7-8.

[4] Ib. 9, 1-3

30/03/2010 00:16
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Intervento della Santa Sede a Ginevra contro l'intolleranza religiosa


CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 29 marzo 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l'intervento pronunciato dall'Arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso l'ufficio delle Nazioni Unite e istituzioni specializzate a Ginevra, alla XIII sessione ordinaria del Consiglio dei diritti dell'uomo sulla lotta contro l'intolleranza religiosa, svoltasi il 23 marzo a Ginevra.

* * *

Presidente,

l'aumento degli esempi di derisione della religione, mancanza di rispetto per le personalità e i simboli religiosi, discriminazione e uccisione di seguaci di religioni minoritarie e una generalizzata considerazione negativa della religione nella pubblica arena danneggiano la coesistenza pacifica e feriscono i sentimenti di considerevoli segmenti della famiglia umana. Questi fenomeni sollevano questioni politiche e giuridiche sul modo e sulla misura della realizzazione dei diritti umani, e specificatamente del diritto alla libertà religiosa, che dovrebbero proteggere le persone nell'esercizio personale e collettivo della fede e delle loro convinzioni. La tutela del diritto alla libertà religiosa è particolarmente importante perché i valori religiosi sono un ponte verso tutti i diritti umani. Permettono, infatti, alla persona di orientarsi verso ciò che è vero e reale. La dignità umana, infatti, è radicata nell'unità delle componenti spirituali e materiali della persona.

Facendo parte di una comunità, la cultura e la religione sono anche parte dell'esperienza umana, sebbene rimangano al servizio dello sviluppo integrale della persona, che costituisce la base dell'universalità dei diritti umani. L'interesse legittimo, quindi, a evitare la derisione o gli insulti alle religioni dovrà tener conto dell'interdipendenza, che deriva dal rapporto naturale della persona umana con gli altri, fra l'individuo e la comunità. Poiché i sistemi di credo sono diversi e persino contrastanti fra loro, la giustificazione del loro rispetto dovrà derivare da un fondamento universale che è la persona umana. Gli obblighi della società ne deriveranno di conseguenza. L'Udhr e altri strumenti per i diritti umani forniscono un chiaro orientamento.

Quindi la legislazione relativa dovrebbe essere orientata al bene comune e basarsi su valori, principi e regole che riflettano la natura umana e siano parte della coscienza della famiglia umana piuttosto che l'una o l'altra religione, considerando pure tutte le implicazioni della libertà di espressione e di religione. Il rispetto del diritto di tutti alla libertà religiosa non richiede la totale secolarizzazione della sfera pubblica né l'abbandono di tutte le tradizioni culturali e il rispetto della libertà di espressione non autorizza la mancanza di rispetto per i valori comunemente condivisi da una particolare società. Un quadro legislativo di tutela del bene comune e dell'uguaglianza dei cittadini in società sempre più pluralistiche implica che i sistemi normativi applicabili ai credenti non debbano essere imposti ai seguaci di altre religioni e ai non credenti, altrimenti i diritti umani e il diritto alla libertà religiosa potrebbero divenire uno strumento politico di discriminazione piuttosto che uno strumento per intrattenere rapporti interpersonali etici. Né lo Stato può divenire un arbitro di correttezza religiosa deliberando su questioni teologiche o dottrinali: sarebbe la negazione del diritto della libertà di religione.

Gli attuali strumenti giuridici vincolanti nazionali e internazionali, se correttamente applicati, possono porre rimedio a offese gratuite alle religioni e al credo facendo entrare in vigore misure a tutela del bene comune e dell'ordine pubblico. Gli attuali dibattiti sull'opportunità o meno di nuovi strumenti per prevenire la discriminazione e l'intolleranza religiosa possono offrire la possibilità di riprendere in esame la proposta di una convenzione sulla libertà di religione. Questo compito è interrotto da molti anni e riunirebbe gli argomenti suggeriti dalle nuove forme di pluralismo sociale e una comprensione più accurata della dignità umana.

D'altro canto, la delegazione della Santa Sede, è anche convinta del fatto che una buona strada verso una coesistenza pacifica sia un atteggiamento più positivo verso le religioni e le culture. Ciò si può ottenere attraverso un dialogo migliore fra fedi differenti, una sincera promozione del diritto alla libertà di religione in tutti i suoi aspetti e un dialogo franco e aperto fra i rappresentanti dei diversi sistemi di credo, come garantito dal diritto alla libertà di espressione.

Combattere gli atteggiamenti offensivi verso la religione allontanandosi dall'universalità offerta dall'umanità comune e affidandosi alla discrezione dello Stato con l'introduzione di un vago concetto di «diffamazione» nel sistema di diritti umani, non è una soluzione concreta e soddisfacente. Esiste il reale rischio aggiuntivo che l'interpretazione di ciò che la diffamazione implica cambi secondo l'atteggiamento del censore verso la religione o il credo, spesso a spese tragiche delle minoranze religiose. Purtroppo è proprio ciò che accade negli Stati che non distinguono fra questioni civili e questioni religiose, si identificano con una religione particolare o con una certa setta nell'ambito di quella religione e interpretano la diffamazione secondo le convinzioni della religione o dei credi a cui aderiscono, discriminando così inevitabilmente alcuni cittadini che non condividono le stesse convinzioni. L'esperienza con le legislazioni nazionali che applicano concetti quali «diffamazione della religione» suggerisce che un eventuale strumento internazionale sulla diffamazione della religione porterebbe soltanto a un'oppressione ulteriore delle minoranze religiose, come si può verificare in quei Paesi.

Presidente,

in conclusione, la Santa Sede chiede ai Paesi che sono membri di questo rispettato Consiglio di trasformare questi sgradevoli incidenti di intolleranza religiosa e la cultura che li sostiene in un'opportunità di nuovo impegno per il dialogo e per la riaffermazione del diritto e del valore di appartenere a una comunità di fede o di credo. Comunque, questa scelta individuale, quale espressione dei diritti umani fondamentali, è stata sempre operata nel contesto del bene comune.

[L'OSSERVATORE ROMANO - Edizione quotidiana - del 29-30 marzo 2010]




01/04/2010 00:25
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Meditazioni del Card. Ruini per la Via Crucis al Colosseo


CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 31 marzo 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo delle meditazioni e delle preghiere del Cardinale Camillo Ruini, già presidente della Conferenza Episcopale Italiana, per la Via Crucis al Colosseo del Venerdì Santo.

* * *

INTRODUZIONE



CANTO

R. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi,
quia per Crucem tuam redemisti mundum.

1. Per lignum servi facti sumus, et per sanctam Crucem liberati sumus. R.

2. Fructus arboris seduxit nos, Filius Dei redemit nos. R.

MEDITAZIONE

Quando l’Apostolo Filippo gli chiese: “Signore, mostraci il Padre”, Gesù rispose: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto…? Chi ha visto me, ha visto il Padre” (Gv 14, 8-9). Questa sera, mentre accompagniamo nel nostro cuore Gesù che cammina sotto la croce, non dimentichiamoci di queste sue parole. Anche quando porta la croce, anche quando muore sulla croce, Gesù è il Figlio che è una cosa sola con Dio Padre. Guardando il suo volto distrutto dalle percosse, dalla fatica, dalla sofferenza interiore, noi vediamo il volto del Padre. Anzi, proprio in questo momento la gloria di Dio, la sua luce troppo forte per ogni occhio umano, si fa maggiormente visibile sul volto di Gesù. Qui, in questo povero essere che Pilato ha mostrato ai Giudei, nella speranza di indurli a pietà, con le parole “Ecco l’uomo!” (Gv 19, 5), si manifesta la vera grandezza di Dio, quella grandezza misteriosa che nessun uomo poteva immaginare.

Ma in Gesù crocifisso si rivela anche un’altra grandezza, la nostra grandezza, la grandezza che appartiene a ogni uomo per il fatto stesso di avere un volto e un cuore umano. Scrive Sant’Antonio di Padova: “Cristo, che è la tua vita, sta appeso davanti a te, perché tu guardi nella croce come in uno specchio… Se guarderai lui, potrai renderti conto di quanto grandi siano la tua dignità… e il tuo valore… In nessun altro luogo l’uomo può meglio rendersi conto di quanto egli valga, che guardandosi nello specchio della croce” (Sermones Dominicales et Festivi III, pp. 213-214). Sì, Gesù, il Figlio di Dio, è morto per te, per me, per ciascuno di noi, e così ci ha dato la prova concreta di quanto grandi e preziosi noi siamo agli occhi di Dio, gli unici occhi che superano tutte le apparenze e vedono fino in fondo la realtà delle cose.

Partecipando alla Via Crucis, chiediamo a Dio di dare anche a noi questo suo sguardo di verità e di amore, per diventare, uniti a lui, liberi e buoni.



Il Santo Padre:

Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
C. Amen.

Il Santo Padre:

Preghiamo.

Breve pausa di silenzio.

Signore, Dio Padre onnipotente,
tu sai tutto,
tu vedi l’enorme bisogno di te che si nasconde nel nostro cuore.
Dona a ciascuno di noi l’umiltà di riconoscere questo bisogno.
Libera la nostra intelligenza dalla pretesa,
sbagliata e un poco ridicola,
di poter dominare il mistero che ci circonda da ogni parte.
Libera la nostra volontà dalla presunzione,
altrettanto ingenua e infondata,
di poter costruire da soli la nostra felicità
e il senso della nostra vita.
Rendi penetrante e sincero il nostro occhio interiore,
in modo da riconoscere, senza ipocrisie,
il male che è dentro di noi.
Ma donaci anche,
nella luce della croce e della risurrezione del tuo unico Figlio,
la certezza che, uniti a lui e sostenuti da lui,
potremo anche noi vincere il male con il bene.
Signore Gesù,
aiutaci a camminare con questo animo dietro alla tua croce.

R/. Amen.

PRIMA STAZIONE
Gesù è condannato a morte

V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.

Dal Vangelo secondo Giovanni. 19, 6 - 7. 12. 16

Come videro Gesù, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: “Crocifiggilo! Crocifiggilo!”. Disse loro Pilato: “Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa”. Gli risposero i Giudei: “Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio”…
Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: “Se liberi costui non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare”…
Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.


MEDITAZIONE

Perché Gesù è stato condannato a morte, lui, che “passò facendo del bene” (At 10, 38)? Questa domanda ci accompagnerà lungo la Via Cruciscome ci accompagna per tutta la vita.

Nei Vangeli troviamo una risposta vera: i capi dei Giudei hanno voluto la sua morte perché hanno compreso che Gesù si riteneva il Figlio di Dio. E troviamo anche una risposta che i Giudei hanno usato come pretesto, per ottenere da Pilato la sua condanna: Gesù avrebbe preteso di essere un re di questo mondo, il re dei Giudei.

Ma dietro a queste risposte si spalanca un abisso, sul quale gli stessi Vangeli e tutta la Sacra Scrittura ci fanno aprire lo sguardo: Gesù è morto per i nostri peccati. E ancora più profondamente, è morto per noi, è morto perché Dio ci ama e ci ama al punto di dare il suo Figlio unigenito, affinché noi abbiamo la vita per mezzo di lui (Gv 3, 16-17).

È a noi stessi, dunque, che dobbiamo guardare: al male e al peccato che abitano dentro di noi e che troppo spesso fingiamo di ignorare. Ma ancora di più dobbiamo volgere lo sguardo al Dio ricco di misericordia che ci ha chiamato amici (Gv 15, 15). Così il cammino della Via Crucis e tutto il cammino della vita diventa un itinerario di penitenza, di dolore e di conversione, ma anche di gratitudine, di fede e di gioia.


Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo.

Stabat mater dolorosa,
iuxta crucem lacrimosa,
dum pendebat Filius.

SECONDA STAZIONE
Gesù è caricato della Croce



V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.

Dal Vangelo secondo Matteo. 27, 27 - 31

Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la truppa. Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto, intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra. Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: “Salve, re dei Giudei!”. Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo.

Dal Vangelo secondo Giovanni. 19, 17

E Gesù, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Golgota.

MEDITAZIONE

Dopo la condanna viene l’umiliazione. Quello che i soldati fanno a Gesù ci sembra disumano. Anzi, è senz’altro disumano: sono atti di scherno e di disprezzo nei quali si esprime una oscura ferocia, incurante della sofferenza, anche fisica, che viene inflitta senza motivo a una persona già condannata al supplizio tremendo della croce. Tuttavia questo comportamento dei soldati è anche, malauguratamente, fin troppo umano. Mille pagine della storia dell’umanità e della cronaca quotidiana confermano che azioni di questo genere non sono affatto estranee all’uomo. L’Apostolo Paolo ha messo bene in luce questo paradosso: “Io so … che in me, … nella mia carne, non abita il bene: … infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio” (Rom 7, 18-19).

È proprio così: nella nostra coscienza è accesa la luce del bene, una luce che in molti casi diventa evidente e dalla quale, fortunatamente, ci lasciamo guidare nelle nostre scelte. Ma spesso accade il contrario: quella luce viene oscurata dai risentimenti, da desideri inconfessabili, dalla perversione del cuore. E allora diventiamo crudeli, capaci delle cose peggiori, perfino di cose incredibili.

Signore Gesù, ci sono anch’io tra quelli che ti hanno deriso e percosso. Tu hai detto infatti: “tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40-45). Signore Gesù, perdonami.

Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo.

Cuius animam gementem,
contristatam et dolentem
pertransivit gladius.

TERZA STAZIONE
Gesù cade la prima volta sotto la Croce

V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.

Dal libro del profeta Isaia. 53, 4 - 6

Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti.

MEDITAZIONE

I Vangeli non ci parlano delle cadute di Gesù sotto la croce, ma questa antica tradizione è profondamente verosimile. Ricordiamo soltanto che, prima di essere caricato della croce, Gesù era stato fatto flagellare da Pilato. Dopo tutto quello che gli era accaduto a partire dalla notte nell’orto degli ulivi, le sue forze dovevano essere praticamente esaurite.

Prima di soffermarci sugli aspetti più profondi e interiori della passione di Gesù, prendiamo atto semplicemente del dolore fisico che egli ha dovuto sopportare. Un dolore enorme e tremendo, fino all’ultimo respiro sulla croce, un dolore che non può non fare paura.

La sofferenza fisica è la più facile da sconfiggere, o almeno da attenuare, con le nostre attuali tecniche e metodologie, con le anestesie e le altre terapie del dolore. Anche se per molte cause, naturali o dipendenti da comportamenti umani, una gigantesca massa di sofferenze fisiche rimane presente nel mondo.

In ogni caso, Gesù non ha rifiutato il dolore fisico e così si è fatto solidale con tutta la famiglia umana, specialmente con quella grande parte di essa la cui vita, anche oggi, è segnata da questa forma di dolore. Mentre lo vediamo cadere sotto la croce, gli chiediamo umilmente il coraggio di allargare, con una solidarietà fatta non solo di parole, gli spazi troppo ristretti del nostro cuore.


Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo.

O quam tristis et afflicta
fuit illa benedicta
mater Unigeniti!

QUARTA STAZIONE
Gesù incontra sua Madre

V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.


Dal Vangelo secondo Giovanni. 19, 25 - 27

Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Cleopa e Maria di Magdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!”. E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.

MEDITAZIONE

Nei Vangeli non si parla direttamente di un incontro di Gesù con sua Madre lungo il cammino della croce, ma della presenza di Maria sotto la croce. E qui Gesù si rivolge a lei e al discepolo prediletto, l’evangelista Giovanni. Le sue parole hanno un senso immediato: affidare Maria a Giovanni, perché si prenda cura di lei. E un senso molto più ampio e profondo: sotto la croce Maria è chiamata a dire un secondo “sì”, dopo il sì dell’Annunciazione, con il quale è diventata Madre di Gesù, aprendo così la porta alla nostra salvezza.

Con questo secondo sì Maria diventa madre di tutti noi, di ogni uomo e di ogni donna per i quali Gesù ha versato il suo sangue. Una maternità che è segno vivente dell’amore e della misericordia di Dio per noi. Per questo sono tanto profondi e tenaci i vincoli di affetto e di fiducia che uniscono a Maria il popolo cristiano; per questo ricorriamo spontaneamente a lei, soprattutto nelle circostanze più difficili della vita.

Maria, però, ha pagato a caro prezzo questa sua universale maternità. Come ha profetizzato su di lei Simeone nel tempio di Gerusalemme, “a te una spada trafiggerà l’anima” (Lc 2, 35).

Maria, Madre di Gesù e madre nostra, aiutaci a sperimentare nelle nostre anime, questa sera e sempre, quella sofferenza piena di amore che ti ha unito alla croce del tuo Figlio.


Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo.

Quæ mærebat et dolebat
pia mater, cum videbat
Nati pœnas incliti.

QUINTA STAZIONE
Gesù è aiutato dal Cireneo a portare la Croce

V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.

Dal Vangelo secondo Luca. 23, 26

Mentre conducevano via Gesù, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù.


MEDITAZIONE

Gesù doveva essere veramente sfinito e così i soldati rimediano prendendo il primo malcapitato che incontrano e caricandolo della croce. Anche nella vita di ogni giorno la croce, sotto tante diverse forme – da una malattia a un grave incidente alla perdita di una persona cara o del lavoro – si abbatte, spesso improvvisa, su di noi. E noi vediamo in essa soltanto una sfortuna, o nei casi peggiori una disgrazia.

Gesù però ha detto ai suoi discepoli: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mt 16, 24). Non sono parole facili; anzi, nella vita concreta sono le parole più difficili del Vangelo. Tutto il nostro essere, tutto ciò che vi è dentro di noi, si ribella contro simili parole.

Gesù tuttavia continua dicendo: “chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà” (Mt 16, 25). Fermiamoci su questo “per causa mia”: qui c’è tutta la pretesa di Gesù, la coscienza che egli aveva di se stesso e la richiesta che rivolge a noi. Lui sta al centro di tutto, lui è il Figlio di Dio che è una cosa sola con Dio Padre (Gv 10, 30), lui è il nostro unico Salvatore (At 4, 12).

Effettivamente, quella che all’inizio sembrava solo una sfortuna o una disgrazia si rivela poi, non di rado, una porta che si è aperta nella nostra vita e ci ha portato un bene più grande. Ma non sempre è così: tante volte, in questo mondo, le disgrazie rimangono soltanto perdite dolorose. Qui di nuovo Gesù ha qualcosa da dirci. O meglio, a lui è accaduto qualcosa: dopo la croce, egli è risorto dai morti, ed è risorto come primogenito di molti fratelli (Rom 8, 29; 1Cor 15, 20). Sì, la sua croce non può essere separata dalla sua risurrezione. Solo credendo nella risurrezione possiamo percorrere in maniera sensata il cammino della croce.

Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo.

Quis est homo qui non fleret,
matrem Christi si videret
in tanto supplicio?





SESTA STAZIONE
La Veronica asciuga il volto di Gesù

V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.


Dal libro del profeta Isaia. 53, 2 - 3

Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.

MEDITAZIONE

Quando la Veronica ha asciugato il volto di Gesù con una pezzuola, quel volto non doveva certo essere attraente: era un volto sfigurato. Però, quel volto non poteva lasciare indifferenti, quel volto turbava. Poteva provocare scherno e disprezzo, ma anche compassione e perfino amore, desiderio di venire in aiuto. La Veronica è il simbolo di questi sentimenti.

Per quanto sfigurato, il volto di Gesù è pur sempre il volto del Figlio di Dio. È un volto sfigurato da noi, dal cumulo enorme della malvagità umana. Ma è anche un volto sfigurato per noi, che esprime l’amore e la donazione di Gesù e che è specchio della misericordia infinita di Dio Padre.

Nel volto sofferente di Gesù vediamo, inoltre, un altro cumulo gigantesco, quello delle sofferenze umane. E così il gesto di pietà della Veronica diventa per noi una provocazione, una sollecitazione urgente: diventa la richiesta, dolce ma imperiosa, di non voltarci dall’altra parte, di guardare anche noi coloro che soffrono, vicini e lontani. E non solo di guardare, ma di aiutare. La Via Crucis di questa sera non sarà passata invano se ci porterà a gesti concreti di amore e di solidarietà operosa.

Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo.

Quis non posset contristari,
piam matrem contemplari
dolentem cum Filio?

SETTIMA STAZIONE

Gesù cade per la seconda volta



V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.


Dal libro dei Salmi. 41, 6 - 10

I miei nemici mi augurano il male: “Quando morirà e perirà il suo nome?”. Chi viene a visitarmi dice il falso, il suo cuore cova cattiveria e, uscito fuori, sparla. Tutti insieme, quelli che mi odiano contro di me tramano malefici, hanno per me pensieri maligni: “Lo ha colpito una malattia infernale; dal letto dove è steso non potrà più rialzarsi”. Anche l’amico in cui confidavo, che con me divideva il pane, contro di me alza il suo piede.

MEDITAZIONE

Gesù cade di nuovo sotto la croce. Certo era sfinito fisicamente, ma era anche ferito a morte nel suo cuore. Pesava su di lui il rifiuto di coloro che, fin dall’inizio, si erano opposti ostinatamente alla sua missione. Pesava il rifiuto che, alla fine, gli aveva opposto quel popolo che era sembrato pieno di ammirazione e anche di entusiasmo per lui. Perciò, guardando la città santa che tanto amava, Gesù aveva esclamato: “Gerusalemme, Gerusalemme, … quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto!” (Mt 23, 37). Pesava terribilmente il tradimento di Giuda, l’abbandono dei discepoli nel momento della prova suprema, pesava in particolare il triplice rinnegamento di Pietro.

Sappiamo bene che pesava su di lui anche la massa innumerevole dei nostri peccati, delle colpe che accompagnano attraverso i millenni l’intera vicenda umana.

Perciò chiediamo a Dio, con umiltà ma anche con fiducia: Padre ricco di misericordia, aiutaci a non rendere ancora più pesante la croce di Gesù. Infatti, come ha scritto Giovanni Paolo II di cui questa sera ricorre il quinto anniversario della morte: “il limite imposto al male, di cui l’uomo è artefice e vittima, è in definitiva la Divina Misericordia” (Memoria e identità, p. 70).

Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo.

Pro peccatis suae gentis
vidit Iesum in tormentis
et flagellis subditum.


OTTAVA STAZIONE
Gesù incontra le donne di Gerusalemme che piangono su di lui

V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.


Dal Vangelo secondo Luca. 23, 27 – 29. 31

Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: “Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato”…
Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?».

MEDITAZIONE

Gesù, dunque, è lui ad avere compassione delle donne di Gerusalemme, e di tutti noi. Anche mentre porta la croce Gesù rimane l’uomo che ha compassione delle folle (Mc 8, 2), che scoppia in pianto davanti alla tomba di Lazzaro (Gv 11, 35), che proclama beati coloro che piangono, perché saranno consolati (Mt 5, 4).

Proprio così Gesù si mostra l’unico che conosce davvero il cuore di Dio Padre e che può farlo conoscere anche a noi: “nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Mt 11, 27).

Fin dai tempi più remoti l’umanità si è domandata, spesso con angoscia, quale sia veramente l’atteggiamento di Dio verso di noi: un atteggiamento di sollecitudine provvidenziale, o invece di sovrana indifferenza, o perfino di sdegno e di odio? A una domanda di questo genere non possiamo dare una risposta certa con le sole risorse della nostra intelligenza, della nostra esperienza e nemmeno del nostro cuore.

Per questo Gesù – la sua vita e la sua parola, la sua croce e la sua risurrezione – è la realtà di gran lunga più importante di tutta la vicenda umana, la luce che brilla sul nostro destino.

Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo.

Eia mater, fons amoris,
me sentire vim doloris
fac, ut tecum lugeam.

NONA STAZIONE
Gesù cade per la terza volta

V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.


Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi. 5, 19-21

Era Dio … che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione … Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio.

MEDITAZIONE

Ecco il motivo più profondo delle ripetute cadute di Gesù: non solo le sofferenze fisiche, non solo i tradimenti umani, ma la volontà del Padre. Quella volontà misteriosa e umanamente incomprensibile, ma infinitamente buona e generosa, per la quale Gesù si è fatto “peccato per noi”, su di lui sono trasferite tutte le colpe dell’umanità e si compie quel misterioso scambio che rende noi peccatori “giustizia di Dio”.

Mentre cerchiamo di immedesimarci in Gesù che cammina e cade sotto la croce, è ben giusto che proviamo in noi sentimenti di pentimento e di dolore. Ma ancora più forte deve essere la gratitudine che invade la nostra anima.

Sì, o Signore, tu ci hai riscattato, tu ci hai liberato, con la tua croce ci hai resi giusti davanti a Dio. Anzi, ci hai unito così intimamente a te da fare anche di noi, in te, i figli di Dio, i suoi familiari e amici. Grazie, Signore, fa’ che la gratitudine verso di te sia la nota dominante della nostra vita.

Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo.

Fac ut ardeat cor meum
in amando Christum Deum,
ut sibi complaceam.





DECIMA STAZIONE
Gesù è spogliato delle sue vesti



V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.

Dal Vangelo secondo Giovanni. 19, 23 - 24

I soldati ... presero le vesti di Gesù, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato – e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: “non stracciamola, ma tiriamola a sorte a chi tocca”. Così si compiva la Scrittura, che dice: “Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte”.

MEDITAZIONE

Gesù è spogliato delle sue vesti: siamo all’atto finale di quel dramma, iniziato con l’arresto nell’orto degli ulivi, attraverso il quale Gesù è spogliato della sua dignità di uomo, prima ancora che di Figlio di Dio.

Gesù, dunque, è offerto nudo allo sguardo della gente di Gerusalemme e allo sguardo dell’intera umanità. In un senso profondo, è giusto che sia così: egli infatti si è spogliato completamente di se stesso, per sacrificarsi per noi. Perciò il gesto di spogliarlo delle vesti è anche l’adempimento di una parola della Sacra Scrittura.

Guardando Gesù nudo sulla croce avvertiamo dentro di noi una necessità impellente: guardare senza veli dentro a noi stessi; denudarci spiritualmente davanti a noi, ma ancor prima davanti a Dio, e anche davanti ai nostri fratelli in umanità. Spogliarci della pretesa di apparire migliori di quello che siamo, per cercare invece di essere sinceri e trasparenti.

Il comportamento che, forse più di ogni altro, provocava lo sdegno di Gesù era infatti l’ipocrisia. Quante volte egli ha detto ai suoi discepoli: non fate “come fanno gli ipocriti” (Mt 6, 2.5.16), o a coloro che contestavano le sue buone azioni: “guai a voi ipocriti” (Mt 23, 13.15.23.25.27.29).

Signore Gesù nudo sulla croce, aiutami ad essere anch’io nudo davanti a te.

Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo.

Sancta mater, istud agas,
Crucifixi fige plagas
cordi meo valide.

UNDICESIMA STAZIONE
Gesù è inchiodato sulla Croce



V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.

Dal Vangelo secondo Marco. 15, 25 - 27

Erano le nove del mattino quando crocifissero Gesù. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: “Il re dei Giudei”. Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra.

MEDITAZIONE

Gesù è inchiodato sulla croce. Una tortura tremenda. E mentre è appeso alla croce sono in molti a deriderlo e anche a provocarlo: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! … Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio”» (Mt 27, 42-43). Così è derisa non solo la sua persona ma anche la sua missione di salvezza, quella missione che Gesù proprio sulla croce stava portando a compimento.

Ma, nel suo intimo, Gesù conosce una sofferenza incomparabilmente maggiore, che lo fa prorompere in un grido: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mc 15, 34). Si tratta certo delle parole di inizio di un Salmo, che si conclude con la riaffermazione della piena fiducia in Dio. E tuttavia sono parole da prendersi totalmente sul serio, che esprimono la prova più grande a cui è stato sottoposto Gesù.

Quante volte, di fronte a una prova, pensiamo di essere stati dimenticati o abbandonati da Dio. O perfino siamo tentati di concludere che Dio non c’è.

Il Figlio di Dio, che ha bevuto fino in fondo il suo amaro calice e poi è risorto dai morti, ci dice invece, con tutto se stesso, con la sua vita e la sua morte, che dobbiamo fidarci di Dio. A lui possiamo credere.

Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo.

Tui Nati vulnerati,
tam dignati pro me pati
poenas mecum divide.

DODICESIMA STAZIONE
Gesù muore sulla Croce



V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.


Dal Vangelo secondo Giovanni. 19, 28 - 30

Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: “Ho sete”. Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: “È compiuto!”. E, chinato il capo, consegnò lo spirito.

MEDITAZIONE

Quando la morte giunge dopo una dolorosa malattia, si usa dire con sollievo: “Ha finito di soffrire”. In certo senso, queste parole valgono anche per Gesù. Sono però parole troppo limitate e superficiali, di fronte alla morte di qualsiasi uomo e ben di più di fronte alla morte di quell’uomo che è il Figlio di Dio.

Infatti, quando Gesù muore, il velo del tempio di Gerusalemme si squarcia in due e accadono altri segni, che fanno esclamare al centurione romano che stava di guardia alla croce: “Davvero costui era Figlio di Dio!” (Mt 27, 51-54).

In realtà, nulla è così oscuro e misterioso come la morte del Figlio di Dio, che insieme a Dio Padre è la sorgente e la pienezza della vita. Ma nulla è anche così luminoso, perché qui risplende la gloria di Dio, la gloria dell’Amore onnipotente e misericordioso.

Di fronte alla morte di Gesù la nostra risposta è il silenzio dell’adorazione. Così ci affidiamo a lui, ci mettiamo nelle sue mani, chiedendogli che niente, nella nostra vita come nella nostra morte, ci possa mai separare da lui (Rom 8, 38-39).

Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo.

Vidit suum dulcem Natum
morientem desolatum,
cum emisit spiritum.





TREDICESIMA STAZIONE
Gesù è deposto dalla Croce e consegnato alla Madre



V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.


Dal Vangelo secondo Giovanni. 2, 1 - 5

Vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno più vino”. E Gesù le rispose: “Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora”. Sua madre disse ai servitori: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”.

MEDITAZIONE

Adesso l’ora di Gesù si è compiuta e Gesù è deposto dalla croce. Puntuali, ad accoglierlo, vi sono le braccia di sua Madre. Dopo aver assaporato fino in fondo la solitudine della morte, subito Gesù ritrova – nel suo corpo esanime – il più forte e il più dolce dei suoi legami umani, il calore dell’affetto di sua Madre. I più grandi artisti, pensiamo alla Pietà di Michelangelo, hanno saputo intuire ed esprimere la profondità e la tenacia indistruttibile di questo legame.

Ricordando che Maria, ai piedi della croce, è diventata madre anche di ciascuno di noi, le chiediamo di mettere nel nostro cuore i sentimenti che la uniscono a Gesù. Per essere veramente cristiani, infatti, per poter seguire davvero Gesù, bisogna essere legati a lui con tutto quello che c’è dentro di noi: la mente, la volontà, il cuore, le nostre piccole e grandi scelte quotidiane.

Soltanto così Dio potrà stare al centro della nostra vita, non ridursi a una consolazione che dovrebbe essere sempre disponibile, senza interferire però con gli interessi concreti in base ai quali operiamo.

Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo.

Fac me vere tecum flere,
Crucifixo condolere,
donec ego vixero.






QUATTORDICESIMA STAZIONE
Gesù è deposto nel sepolcro


V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.


Dal Vangelo secondo Matteo. 27, 57 - 60

Venuta la sera, giunse un uomo ricco, di Arimatea, chiamato Giuseppe; anche lui era diventato discepolo di Gesù. Questi si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato allora ordinò che gli fosse consegnato. Giuseppe prese il corpo, lo avvolse in un lenzuolo pulito e lo depose nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia; rotolata poi una grande pietra all’entrata del sepolcro, se ne andò.

MEDITAZIONE

Con la pietra che chiude l’ingresso del sepolcro tutto sembra davvero terminato. Poteva però rimanere prigioniero della morte l’Autore della vita? Perciò il sepolcro di Gesù, da allora fino ad oggi, non è solo diventato l’oggetto della più commossa devozione, ma ha anche provocato la più profonda divisione delle intelligenze e dei cuori: qui si dividono le strade tra i credenti in Cristo e coloro che invece in lui non credono, anche se spesso lo ritengono un uomo meraviglioso.

Quel sepolcro, infatti, ben presto è rimasto vuoto e mai si è potuto trovare una spiegazione convincente del perché sia rimasto vuoto, se non quella che hanno dato, da Maria di Magdala a Pietro agli altri Apostoli, i testimoni di Gesù risorto dai morti.

Davanti al sepolcro di Gesù sostiamo in preghiera, chiedendo a Dio quegli occhi della fede che ci consentano di unirci ai testimoni della sua risurrezione. Così il cammino della croce diventa anche per noi sorgente di vita.



Tutti:

Pater noster, qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo.

Quando corpus morietur,
fac ut animæ donetur
paradisi gloria.
Amen.



DISCORSO DEL SANTO PADRE
E BENEDIZIONE APOSTOLICA

Il Santo Padre rivolge la sua parola ai presenti.

Al termine del discorso il Santo Padre imparte la Benedizione Apostolica:


V/. Dominus vobiscum.
R/. Et cum spiritu tuo.

V/. Sit nomen Domini benedictum.
R/. Ex hoc nunc et usque in sæculum.

V/. Adiutorium nostrum in nomine Domini.
R/. Qui fecit cælum et terram.

V/. Benedicat vos omnipotens Deus,
Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
R/. Amen.


CANTO

R. Crux fidelis, inter omnes arbor una nobilis,
Nulla talem silva profert, flore, fronde, germine!
Dulce lignum dulci clavo dulce pondus sustinens.

1. Pange, lingua, gloriosi prœlium certaminis,
Et super Crucis trophæo dic triumphum nobilem,
Qualiter Redemptor orbis immolatus vicerit. R.

2. De parentis protoplasti fraude factor condolens,
Quando pomi noxialis morte morsu corruit,
Ipse lignum tunc notavit, damna ligni ut solveret. R.

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07/04/2010 16:00
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DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, P. FEDERICO LOMBARDI, S.I.

In risposta alle domande dei giornalisti circa il caso dell’ex vescovo Prelato di Trondheim, Mons. Georg Müller, SS.CC., il Direttore della Sala Stampa della Santa Sede ha rilasciato la seguente dichiarazione:

Confermo le informazioni date nel Comunicato dell’Amministratore Apostolico di Trondheim (Norvegia), Mons. Bernd Eidsvig, circa l’ex-Vescovo Prelato di Trondheim, Mons. Georg Müller, SS.CC., Vescovo della Prelatura fra il 1997 e il 2009.

La vicenda riguarda un caso di abuso sessuale di un minore dell’inizio degli anni 90, venuto a conoscenza delle autorità ecclesiastiche nel gennaio del 2009. La questione fu affrontata ed esaminata con rapidità tramite la Nunziatura di Stoccolma, per mandato della Congregazione per la Dottrina della Fede. Nel maggio 2009 il Vescovo presentò le dimissioni, che vennero tempestivamente accettate dal Santo Padre, e in giugno lasciò la Prelatura. Si sottopose a un periodo di terapia e non svolge più attività pastorale.

Dal punto di vista delle leggi civili il caso era prescritto. La vittima, oggi maggiorenne, ha finora sempre chiesto di rimanere anonima.

09/04/2010 15:40
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COMUNICATO DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA

SESSIONE PLENARIA ANNUALE

DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA


La Pontificia Commissione Biblica terrà la sua Sessione plenaria annuale dal 12 al 16 aprile 2010 presso la Domus Sanctae Marthae (Città del Vaticano), sotto la presidenza di Sua Em.za il Cardinale William Levada. Il Rev.mo P. Klemens Stock, S.I., Segretario generale, dirigerà i lavori dell'Assemblea.

Nel corso della riunione i Membri proseguiranno la riflessione sul tema Ispirazione e verità della Bibbia. Come prima fase dello studio la Commissione ha deciso di concentrare i propri sforzi nel verificare in che modo il tema dell'ispirazione e quello della verità si manifestino nei diversi scritti della Bibbia. A partire dalle singole competenze ciascun Membro presenterà la propria relazione che sarà discussa collegialmente in Assemblea.

12/04/2010 15:27
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ACCORDO TRA LA SANTA SEDE E LA BOSNIA ED ERZEGOVINA CIRCA L’ASSISTENZA RELIGIOSA AI FEDELI CATTOLICI, MEMBRI DELLE FORZE ARMATE DI BOSNIA ED ERZEGOVINA

Giovedì 8 aprile 2010, nella Casa delle Forze Armate a Sarajevo, ha avuto luogo la solenne cerimonia della firma dell’Accordo tra la Santa Sede e la Bosnia ed Erzegovina circa l’assistenza religiosa ai fedeli cattolici, membri delle Forze Armate di Bosnia ed Erzegovina.

Per la Santa Sede ha firmato S.E. Mons. Alessandro D’Errico, Nunzio Apostolico a Sarajevo, e per la Bosnia ed Erzegovina il Dott. Selmo Cikotić, Ministro della Difesa.

Hanno partecipato al solenne atto:

da parte ecclesiastica: Em.mo Cardinale Vinko Puljić, Arcivescovo Metropolita di Vrhbosna-Sarajevo; S.E. Mons. Franjo Komarica, Vescovo di Banja Luka e Presidente della Conferenza Episcopale; S.E. Mons. Ratko Perić, Vescovo di Mostar-Duvno e Amministratore Apostolico di Trebinje-Mrkan; Mons. Waldemar Stanisław Sommertag, Consigliere della Nunziatura Apostolica; Mons. Ivo Tomašević, Segretario Generale della Conferenza Episcopale; il Rev.do Tomo Vukšić, Vicario Generale di Mostar; Fra Lovro Gavran, Provinciale Francescano di Sarajevo; Fra Ivan Sesar, Provinciale Francescano di Mostar, e Suor Ivanka Mihaljević, Presidente della Conferenza dei Superiori e delle Superiore Maggiori;

da parte statale: Sig. Bariša Čolak, Ministro della Giustizia; Sig.ra Marina Pendeš, Vice-Ministro della Difesa; Sig. Fuad Kasumović, Vice-Ministro delle Finanze; Sig. Niko Lozančić e Sig. Beriz Belkić, Vice-Presidenti della Camera dei Rappresentanti; Sig. Boško Šiljegović, Delegato parlamentare per le questioni militari; Sig. Branko Zrno, Presidente della Commissione Parlamentare per la Difesa e la Sicurezza; Sig. Ivo Miro Jović, Vice-Presidente della Commissione Parlamentare per i Diritti Umani; Gen. Miladin Milojčić, Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate; Gen. Slavko Puljić e Gen. Rizvo Pleh, Vice-Capi di Stato Maggiore delle Forze Armate ed alti Funzionari di vari Ministeri ed Istituzioni dello Stato.

Hanno presenziato anche: il Rev.do Tomo Knežević (per i cattolici) e il Mufti Ismail Smajlovižć (per i musulmani), Coordinatori dei servizi religiosi nelle Forze Armate; Sig. Boris Kožamjakin, Rappresentante della Comunità Ebraica; Gen. Bernhard Bair, Comandante dell’E.U.F.O.R.; Col. Andreas Olsen, Vice-Comandante della missione N.A.T.O. in Bosnia ed Erzegovina.

L’Accordo in parola costituisce una nuova tappa importante nei rapporti tra la Santa Sede e la Bosnia ed Erzegovina. Esso, infatti, è una prima e significativa applicazione dell’Accordo di Base tra la Santa Sede e la Bosnia ed Erzegovina, che fu firmato a Sarajevo il 19 aprile 2006 e definì, tra l’altro, il quadro giuridico della presenza e delle attività della Chiesa cattolica nel Paese. In particolare, l’art. 15 del medesimo Accordo riconosce e garantisce il diritto della Chiesa cattolica all’assistenza religiosa dei fedeli cattolici membri delle Forze Armate e stabilisce che l’attività religiosa nelle Forze Armate sarà regolata da un successivo Accordo tra le Autorità ecclesiastiche e la Bosnia ed Erzegovina. Ciò si propone di raggiungere il presente Documento che, a norma del suo articolo 13, entrerà in vigore al momento dello scambio degli Strumenti di ratifica.

12/04/2010 15:27
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COMUNICATO DEL VATICAN INFORMATION SERVICE (V.I.S.): NUOVO BLOG VATICANO

Dal 9 aprile 2010 il V.I.S. si è dotato di un blog, che contiene, oltre al servizio quotidiano inviato gratuitamente per abbonamento, le notizie in lingua spagnola, inglese, francese e italiana degli ultimi anni e consente di accedere a Twitter e al portale YouTube del Vaticano. Il servizio è aggiornato quotidianamente verso le ore 15.00.
L’indirizzo web è: www.visnews.org

13/04/2010 15:48
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COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE: RIUNIONE DELLA COMMISSIONE INTERNAZIONALE DI INCHIESTA SU MEDJUGORJE

La Commissione Internazionale di inchiesta su Medjugorje si è radunata per la sua prima sessione il 26 marzo 2010.

La Commissione, presieduta dal Cardinale Camillo Ruini, Vicario Generale emerito di Sua Santità per la Diocesi di Roma, è composta dai seguenti membri: Card. Jozef Tomko, Prefetto emerito della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, Card. Vinko Puljić, Arcivescovo di Vrhbosna, Presidente della Conferenza Episcopale di Bosnia ed Erzegovina, Card. Josip B@zanić, Arcivescovo di Zagreb, Vicepresidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, Card. Julián Herranz, Presidente emerito del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, S.E. Mons. Angelo Amato, S.D.B., Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, Mons. Tony Anatrella, Psicoanalista e specialista in Psichiatria sociale, Mons. Pierangelo Sequeri, Docente di Teologia Fondamentale presso la Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale, Padre A. Maria David Jaeger, O.F.M., Consultore del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, Padre Zdzisław Józef Kijas, O.F.M.Conv., Relatore della Congregazione delle Cause dei Santi, Padre Salvatore M. Perrella, O.S.M., Docente di Mariologia presso la Pontificia Facoltà Teologica "Marianum", e il Rev. Achim Schütz, Docente di Antropologia Teologica presso la Pontificia Università Lateranense, in qualità di segretario. Mons. Krzysztof Nykiel, Officiale della Congregazione per la Dottrina della Fede, funge da segretario aggiunto. Ai lavori della Commissione hanno partecipato anche alcuni esperti: il Rev. Franjo Topić, Docente di Teologia Fondamentale a Sarajevo; Padre Mijo Nikić, S.I., Docente di Psicologia e Psicologia delle Religioni presso l'Istituto Filosofico e Teologico della Compagnia di Gesù a Zagabria, Padre Mihály Szentmárt@ni, S.I., Docente di Spiritualità presso la Pontificia Università Gregoriana, e Sr. Veronica Nela Gašpar, Docente di Teologia a Rijeka.

Come annunciato in precedenza, il lavoro della Commissione si svolgerà in rigoroso riserbo. Le conclusioni saranno sottoposte alle istanze della Congregazione per la Dottrina della Fede.

15/04/2010 20:22
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FIRMA DI ACCORDO TRA LA SANTA SEDE E IL LAND NIEDERSACHSEN (REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA)

Martedì 6 aprile 2010, è stato firmato ad Hannover (Repubblica Federale di Germania) un Accordo fra la Santa Sede e il Land Niedersachsen a modifica del Concordato del 26 febbraio 1965.

Per la Santa Sede ha firmato, come Plenipotenziario, S.E. Monsignor Jean-Claude Périsset, Arcivescovo titolare di Giustiniana Prima, Nunzio Apostolico in Germania.

Per il Land Niedersachsen, il Ministro-Presidente, Signor Christian Wulff.

Presenti alla cerimonia erano anche:

per parte ecclesiastica, S.E. Monsignor Norbert Trelle, Vescovo di Hildesheim; Mons. Felix Bernard, Capo dell'Ufficio Cattolico del Niedersachsen; Monsignor Rüdiger Feulner, Segretario della Nunziatura Apostolica in Germania;

per parte statale, la Sig.ra Elisabeth Heister-Neumann, Ministro per l’Educazione del Land Niedersachsen.

Il presente Accordo costituisce una modifica del § 6 dell’Allegato al Concordato fra la Santa Sede e il Land Niedersachsen del 1965 e regola la posizione giuridica di alcune scuole cattoliche gestite dalle Diocesi di Hildesheim, Osnabrück e Münster nel medesimo Land.

16/04/2010 00:13
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Messaggio del Card. Hummes per la conclusione dell'Anno sacerdotale
Invita tutti i presbiteri a riunirsi a Roma: “Venite e Dio vi benedirà”



CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 15 aprile 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il messaggio che il Prefetto della Congregazione per il Clero, il Cardinale Cláudio Hummes, ha indirizzato ai presbiteri in vista delle giornate conclusive dell'Anno sacerdotale, che avranno luogo il 9, 10 e 11 giugno prossimo in piazza San Pietro.

* * *

Cari Presbiteri,

La Chiesa è senz’altro molto lieta per l’Anno Sacerdotale e ringrazia il Signore per aver ispirato il Santo Padre ad indirlo. Tutte le informazioni che arrivano qui a Roma sulle numerose e molteplici iniziative intraprese dalle Chiese locali nel mondo intero per realizzare quest’anno speciale costituiscono la prova di come esso sia stato ben recepito e – possiamo dire – abbia risposto ad uno vero e profondo anelito dei presbiteri e di tutto il popolo di Dio. Era ora di dare un’attenzione speciale, riconoscente e intraprendente al grande, laborioso e insostituibile presbiterio e ad ogni singolo presbitero della Chiesa.

È vero che alcuni, ma proporzionalmente molto pochi, presbiteri hanno commesso orribili e gravissimi delitti di abusi sessuali contro minorenni, fatti che dobbiamo in modo assoluto e intransigente rifiutare e condannare. Loro devono rispondere davanti a Dio e davanti ai tribunali, anche civili. Nondimeno preghiamo che arrivino alla conversione spirituale e al perdono di Dio. La Chiesa intanto è decisa a non nascondere o minimizzare tali crimini. Ma soprattutto siamo da parte delle vittime e loro vogliamo sostenere nel recupero e nei loro diritti offesi.

D’altra parte, i delitti di alcuni non possono assolutamente essere usati per infangare l’intero corpo ecclesiale dei presbiteri. Chi lo fa, commette una clamorosa ingiustizia. La Chiesa, in quest’Anno Sacerdotale, cerca di dire ciò alla società umana. Qualsiasi persona di buon senso e di buona volontà lo capisce.

Detto necessariamente questo, torniamo a voi, cari presbiteri. A voi vogliamo dire, ancora una volta, che riconosciamo quello che siete e quello che fate nella Chiesa e nella società. La Chiesa vi ama, vi ammira e vi rispetta. Siete anche una gioia per la nostra gente cattolica nel mondo, che vi accoglie ed appoggia, soprattutto in questi tempi di sofferenze.

Tra due mesi arriveremo alla conclusione dell’Anno Sacerdotale. Il Papa, cari sacerdoti, vi invita di cuore a venire da tutto il mondo a Roma per questa conclusione il 9, 10 e 11 giugno prossimo. Da tutti i paesi del mondo. Dai paesi più vicini a Roma bisognerebbe aspettarsene migliaia e migliaia, vero? Allora, non rifiutate l’invito pressante e cordiale del Santo Padre. Venite e Dio vi benedirà. Il Papa vorrà confermare i presbiteri della Chiesa. La loro presenza numerosa in Piazza San Pietro costituirà anche una forma propositiva e responsabile dei presbiteri a presentarsi pronti e non intimiditi per il servizio all’umanità loro affidato da Gesù Cristo. La loro visibilità in piazza, dinanzi al mondo odierno, sarà una proclamazione del loro invio al mondo non per condannare il mondo, ma per salvarlo (cfr. Gv 3,17 e 12,47). In tale contesto, anche il grande numero avrà un significato speciale.

Per tale presenza numerosa dei presbiteri nella conclusione dell’Anno Sacerdotale, a Roma, c’è ancora un motivo particolare, che si colloca nel cuore della Chiesa, oggi. Trattasi di offrire al nostro amato Papa Benedetto XVI la nostra solidarietà, il nostro appoggio, la nostra fiducia e la nostra comunione incondizionata, dinanzi agli attacchi frequenti che Gli sono rivolti, nel momento attuale, nell’ambito delle sue decisioni riguardo ai chierici incorsi nei delitti di abusi sessuali su minorenni. Le accuse contro di Lui sono evidentemente ingiuste e è stato dimostrato che nessuno ha fatto tanto quanto Benedetto XVI per condannare e per combattere correttamente tali crimini. Allora, la presenza massiva dei presbiteri in piazza con Lui sarà un segno forte del nostro deciso rifiuto degli attacchi ingiusti di cui è vittima. Allora, venite anche per appoggiare pubblicamente il Santo Padre.

La conclusione dell’Anno Sacerdotale non costituirà propriamente una conclusione, ma un nuovo inizio. Noi, il popolo di Dio e i pastori, vogliamo ringraziare il Signore per questo periodo privilegiato di preghiera e di riflessione sul sacerdozio. Al contempo, ci proponiamo di essere sempre attenti a ciò che lo Spirito Santo vuol dirci. Intanto, torneremo all’esercizio della nostra missione nella Chiesa e nel mondo con gioia rinnovata e con la convinzione che Dio, il Signore della storia, resta con noi, sia nelle crisi sia nei nuovi tempi.

La Vergine Maria, Madre e Regina dei sacerdoti, interceda per noi e ci ispiri nella sequela del suo Figlio Gesù Cristo, nostro Signore.

Roma, il 12 Aprile 2010.

Cardinale Cláudio Hummes

Arcivescovo Emerito di São Paulo

Prefetto della Congregazione per il Clero


21/04/2010 15:45
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DALLE CHIESE ORIENTALI CATTOLICHE


VESCOVO COADIUTORE PER L’EPARCHIA DI SAMBIR-DROHOBYCH DEGLI UCRAINI (UCRAINA)


Sua Beatitudine il Card. Lubomyr Husar, Arcivescovo Maggiore di Kyiv-Halyč, dopo aver ottenuto il consenso del Sinodo dei Vescovi della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina, riunitosi a Lviv dal 29 novembre al 5 dicembre 2009, e informata la Sede Apostolica, a norma del can. 85 § 2 e 4 del CCEO, ha promosso S.E. Mons. Jaroslav Pryriz, C.SS.R., da Vescovo titolare di Auzia ed Ausiliare dell’Eparchia di Sambir-Drohobych degli Ucraini a Vescovo Coadiutore della medesima Circoscrizione Ecclesiastica.

S.E. Mons. Jaroslav Pryriz, C.SS.R.

S.E. Mons. Jaroslav Pryriz, C.SS.R., è nato il 30 marzo 1963 a Lastivka, eparchia di Sambir-Drohobych degli Ucraini, regione di L’viv, Ucraina.

Ordinato sacerdote il 13 dicembre 1988, nel 1993 è entrato nella Congregazione dei Padri Redentoristi. Ha emesso i primi voti nel 1994. Dal 1991 al 1997, con qualche interruzione, ha studiato presso il Pontificio Istituto Orientale a Roma, dove ha ottenuto la licenza in Scienze Ecclesiastiche Orientali.

Ha svolto servizio pastorale in diverse parrocchie dell'Eparchia di Sambir-Drohobych. Dal 1997 al 2001 è stato Prefetto degli studi presso l'Istituto dei Padri Redentoristi a L’viv e in seguito Rettore del medesimo.

Dal 2005 al 2006 è stato Protosincello dell’Eparchia di Sambyr-Drohobych.

Il 2 marzo 2006 è stato eletto Vescovo Ausiliare dell’Eparchia di Sambir-Drobobych degli Ucraini e consacrato il 29 aprile successivo.

27/04/2010 16:20
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ANNUARIO STATISTICO DELLA CHIESA DELL’ANNO 2008

1. Viene presentato in questi giorni l’Annuarium Statisticum Ecclesiae, preparato dall’Ufficio Centrale di Statistica della Chiesa ed edito dalla Libreria Editrice Vaticana.

L’Annuario Statistico informa sugli aspetti salienti che caratterizzano l’attività della Chiesa Cattolica nei diversi Paesi e nei singoli Continenti.

Le tavole statistiche, integrate da grafici, vengono arricchite da didascalie nelle lingue latina, inglese e francese.

Qui di seguito si riportano alcune annotazioni statistiche sugli aspetti che ci appaiono costituire le tendenze di maggiore importanza per la Chiesa Cattolica fra il 2000 e il 2008.

2. A livello planetario il numero dei cattolici battezzati è passato da 1.045 milioni nel 2000 a 1.166 milioni nel 2008, con una variazione relativa di +11,54% (Tav. 1); incremento solo di poco superiore a quello della popolazione della Terra, pari al 10,77%, che evidenzia un comportamento di sostanziale stabilità della diffusione dei cattolici battezzati. Tuttavia questi incrementi sono da ascriversi in maniera differenziata alle diverse situazioni continentali: mentre infatti in Africa si registra un incremento del 33,02% dei cattolici, all’estremo opposto, in Europa si manifesta una situazione di pratica stabilità (+1,17%); da registrare sono, anche, i significativi incrementi che si rilevano in Asia (+15,61%), in Oceania (+11,39%) e in America (+10,93%). Peraltro questi andamenti si leggono anche nell’effetto che producono sul peso relativo che i cattolici assumono nei vari continenti: si va dalla riduzione relativa dei cattolici europei che, pur aumentando in valore assoluto, vedono scendere il loro peso nel Mondo, dal 26,81% del 2000 al 24,31% del 2008, alla correlativa acquisizione d’importanza dei cattolici africani che passano, nei due anni appena citati, dal 12,44% al 14,84%. Per gli altri continenti si individua una sostanziale stabilità dell’America e dell’Oceania e un lieve aumento per l’Asia.

Di particolare interesse appare la lettura dei dati sulla distribuzione dei cattolici nelle varie aree continentali ragguagliati al numero degli abitanti. Da uno sguardo a tali rapporti si evince che in Africa la tendenza alla crescita risulta costante (si passa da 12,44 ogni 100 abitanti nel 2000, a 14,84 nel 2008) mentre tale crescita, molto più contenuta, si manifesta in America e in Asia. Si può anche aggiungere che nei singoli continenti il numero relativo di cattolici varia fra livelli differenti: si va, per l’anno più recente, dai 3 cattolici ogni 100 abitanti in Asia, ai 63 nell’America. Inoltre si può ancora notare che in Oceania tale numero relativo di cattolici è di circa 26, ed in Europa di 40.

3. Negli otto anni che vanno dal 2000 al 2008 il numero dei vescovi è passato da 4.541 a 5.002, con un aumento relativo che supera di poco il 10%, come risulta dalla Tav. 2. Tale movimento di crescita si riscontra in tutti i continenti, pur se la variazione relativa si presenta più accentuata per l’Asia, per l’Africa e per l’America ed al di sotto della tendenza generale per l’Europa e per l’Oceania. Si può altresì segnalare che il peso di ciascun continente è rimasto, nel periodo, pressoché invariato e commisurato all’importanza relativa delle singole realtà continentali.

Non è privo di interesse osservare anche i valori, qui di seguito esibiti, del numero di sacerdoti (diocesani o religiosi) per ogni vescovo al fine di cogliere il bilanciamento di queste poste e le singole realtà continentali.


N. Sacerdoti / N. Vescovi


2000
2008

Africa
45,2
53,2

America
71,3
65,1

Asia
69,5
72,9

Europa
139,4
121,4

Oceania
40,9
36,5

Mondo
89,2
81,8




A livello mondiale tale rapporto è venuto a decrescere nel corso del tempo, evidenziando così una migliore e più armonica distribuzione dei vescovi nelle realtà continentali, ovvero un significativo equilibrio quantitativo fra sacerdoti e vescovi nel trascorrere del tempo.

4. Le statistiche relative ai sacerdoti, diocesani e religiosi, sono riportate nella Tav. 3 in termini di consistenza al 2000, 2007 e 2008.

Il primo dato che balza evidente è che il numero totale dei sacerdoti nel periodo 2000-2008 mostra un trend di crescita positivo, sia pure moderato, e comunque inferiore all’ 1%. Questo vale a livello planetario, in quanto per i singoli continenti le dinamiche sono differenziate. A fronte di notevoli incrementi per l’Africa e per l’Asia, dove si registra un +33,1% e un +23,8%, rispettivamente, e ad una quasi stazionarietà per l’America, si pone l’Europa con un calo di oltre il 7% e l’Oceania con un - 4%.

Una variabilità ancora più marcata emerge se si opera la distinzione tra sacerdoti diocesani e sacerdoti religiosi. Mentre nel pianeta il numero dei primi è passato da 265.781 nel 2000 a 272.431 nel 2008, manifestando quindi una significativa ripresa, quello dei secondi appare in costante declino. Infatti, i sacerdoti religiosi, che erano 139.397 nel 2000, sono scesi a circa 135 mila otto anni più tardi.

La distribuzione percentuale del complesso dei sacerdoti per continente evidenzia, come era da attendersi, notevoli cambiamenti negli otto anni considerati. Africa e Asia contribuivano nel 2000 al 17,5% del totale mondiale, nel 2008 la loro incidenza è salita a 21,9%. Anche l’America ha lievemente incrementato la propria percentuale. L’unico continente che ha visto diminuire la propria quota è l’Europa: nel 2000 gli oltre 208 mila sacerdoti europei rappresentavano quasi il 51% del totale dei sacerdoti mondiali, mentre otto anni più tardi sono scesi a quasi il 47%.

Dal gioco combinato delle variazioni demografiche e dei mutamenti del numero dei sacerdoti derivano alcuni assetti variabili per il numero di cattolici per sacerdote. Questo rapporto è aumentato nel corso del tempo e, a livello globale, è passato da 2.579 cattolici per sacerdote all’inizio del periodo, a 2.849 alla fine. Il numero di cattolici per ogni sacerdote è aumentato in ogni continente; tuttavia la dimensione del rapporto appare non poco diversa da continente a continente. Nel 2008, ad esempio, a fronte di circa 1.400 cattolici, che mediamente gravitano su ogni sacerdote in Europa, in Africa se ne contano circa 4.800 ed in America 4.700 e questi valori danno conto del differente assetto dei rapporti fra i sacerdoti e i fedeli.

5. I commenti che seguono sono riferiti ad altre figure di operatori religiosi che affiancano l’azione pastorale dei vescovi e dei sacerdoti: i diaconi permanenti, i religiosi professi non sacerdoti e le religiose professe.

Le consistenze numeriche di questi tre gruppi di operatori pastorali sono assai diverse. A fine 2008, nel mondo i diaconi sono 37.203, i religiosi professi quasi 55 mila e le religiose professe oltre 739 mila. Anche le dinamiche evolutive presentano caratteristiche molto differenti.

I diaconi permanenti costituiscono il gruppo in più forte evoluzione nel corso del tempo: da circa 28 mila nel 2000 raggiungono le 37 mila unità nel 2008, con una variazione relativa di + 33,7% (Tav. 4). Se l’aumento si è manifestato ovunque, tuttavia i ritmi di incremento permangono diversi fra le varie aree continentali: in Europa il loro incremento è significativo, essendo passati in otto anni da poco più di 8.800 a oltre 12.000. Anche in America la dinamica è sostenuta: nel 2000 questo continente ne contava più di 18 mila, mentre nel 2008 il numero è salito a oltre 24 mila. Non sono da segnalare variazioni di rilievo nella distribuzione territoriale dei diaconi durante il periodo esaminato: si verifica solo una diminuzione del numero relativo di diaconi in America ed una crescita di quello dell’Europa.

Non è privo di interesse rammentare che questa figura religiosa è molto presente in America (specialmente quella del Nord) con il 64,6% di tutti i diaconi nel mondo, ed anche in Europa (33,1%). Scarsa è, invece, la presenza dei diaconi in Africa e in Asia: questi continenti rappresentano insieme appena l’ 1,5% della consistenza globale.

Una lieve diminuzione numerica netta è, invece, quella subita dai religiosi professi non sacerdoti (Tav. 5). Nel 2000 essi erano nel mondo 55.057, riducendosi poi a 54.641 nel 2008. E’ da notare che il decremento si è concentrato su due continenti: Europa (- 16,6%) e Oceania (- 22,1%). Al contrario tali religiosi si sono incrementati in Asia e in Africa e così anche in America, seppure in misura minore. Tali movimenti hanno fatto si che il peso relativo dei vari continenti sia venuto a mutare come può direttamente rilevarsi dai dati percentuali esibiti nella citata Tavola 5.

Le religiose professe rappresentano, nel 2008, complessivamente una popolazione di 740 mila unità, circa due volte quella dei sacerdoti e per circa il 41% presente in Europa, seguita dall’America che conta oltre 203 mila consacrate e dall’Asia che raggiunge le 161 mila unità. Rispetto al 2000, il gruppo subisce una flessione del 7,75% (Tav. 6). Il declino, anche in questo caso, ha riguardato tre continenti (Europa, America e Oceania), con variazioni negative anche di rilievo (intorno al 15-17 per cento). In Africa e in Asia, invece, l’incremento è stato decisamente sostenuto, intorno al 21% per il primo e al 16% per il secondo. Come risultato finale di queste dinamiche assai differenziate, la frazione delle religiose in Africa e Asia sul totale mondiale passa dal 23% al 30%, a discapito dell’Europa e dell’America la cui incidenza nell’insieme si riduce dal 75% al 68%.

6. I dati riportati nella Tav. 7 evidenziano una chiara tendenza alla crescita degli studenti di filosofia e di teologia presenti nei centri diocesani e religiosi: nel mondo si è passati da quasi 110 mila candidati nel 2000 a oltre 117 mila nel 2008, con una variazione di +28,6%. L’evoluzione è molto differente nei vari continenti. Se ci si riferisce all’anno di riferimento iniziale, si osserva che l’America al totale mondiale contribuiva per il 33%, l’Europa per il 24%, l’Asia per il 23% e l’Africa per il 18%. Otto anni più tardi il contributo americano è sceso al 31%, quello europea al 18%, mentre l’Asia è salita a circa il 28% e l’Africa al 22%.

Facendo riferimento al numero dei cattolici, la vitalità dell’Asia e dell’Africa vengono confermate, con circa 148 candidati per milione di fedeli in Africa e 263 in Asia. I valori europei (75) e americani (63) sono assai meno elevati. In rapporto a 100 sacerdoti, Africa e Asia confermano il loro primato con 72 e 61 candidati, rispettivamente, mentre più debole è la situazione europea: soltanto 11 candidati ogni 100 sacerdoti (nel 2000 erano 13). A livello mondiale, comunque, si è passati grazie all’apporto di Asia e Africa, da circa 27 a poco meno di 29.



Tav. - 1 Fedeli cattolici nel 2000, nel 2007 e nel 2008: loro distribuzione geografica e su 100 abitanti; variazione nel periodo


Fedeli Cattolici (Battezzati)

CONTINENTE
in migliaia
su 100 del totale
per 100 abitanti
Variazione % 2000-2008


2000
2007
2008
2000
2007
2008
2000
2007
2008

AFRICA
130.018
164.925
172.950
12,44
14,38
14,84
16,47
17,48
17,77
33,02

AMERICA
519.391
568.570
576.149
49,70
49,59
49,42
62,84
62,66
63,10
10,93

ASIA
107.301
120.894
124.046
10,27
10,54
10,64
2,90
3,00
3,05
15,61

EUROPA
280.144
283.240
283.433
26,81
24,70
24,31
39,87
40,07
39,97
1,17

OCEANIA
8.202
9.027
9.136
0,78
0,79
0,78
26,83
26,40
26,21
11,39

MONDO
1.045.056
1.146.656
1.165.714
100,00
100,00
100,00
17,28
17,33
17,40
11,55




Tav. 2 - Vescovi nel 2000, nel 2007 e nel 2008: loro distribuzione geografica e variazione nel periodo


Vescovi

CONTINENTE
numero
su 100 del totale
Variazione % 2000-2008


2000
2007
2008
2000
2007
2008

AFRICA
601
657
669
13,23
13,28
13,37
11,31

AMERICA
1.695
1.847
1.876
37,33
37,34
37,50
10,68

ASIA
627
732
740
13,81
14,80
14,79
18,02

EUROPA
1.497
1.576
1.587
32,97
31,86
31,73
6,01

OCEANIA
121
134
130
2,66
2,71
2,60
7,44

MONDO
4.541
4.946
5.002
100,00
100,00
100,00
10,15




Tav. 3 - Sacerdoti - diocesani o religiosi - nel 2000, nel 2007 e nel 2008 per Continente: variazione nel periodo

Sacerdoti

CONTINENTE
2000
2007
2008
Variazione % 2000-2008


Diocesani
Religiosi
Totale
Diocesani
Religiosi
Totale
Diocesani
Religiosi
Totale
Diocesani
Religiosi
Totale

AFRICA
16.962
10.203
27.165
23.154
11.504
34.658
23.975
11.636
35.611
41,35
14,04
31,09

AMERICA
75.121
45.720
120.841
79.654
41.841
121.495
80.465
41.689
122.154
7,11
-8,82
1,09

ASIA
25.716
17.850
43.566
30.991
21.811
52.802
31.737
22.185
53.922
23,41
24,29
23,77

EUROPA
145.268
63.391
208.659
135.971
58.422
194.393
135.102
57.627
192.729
-7,00
-9,09
-7,63

OCEANIA
2.714
2.233
4.947
2.661
2.015
4.676
2.728
2.022
4.750
0,52
-9,45
-3,98

MONDO
265.781
139.397
405.178
272.431
135.593
408.024
274.007
135.159
409.166
3,10
-3,04
0,98




Tav. 4 - Diaconi permanenti nel 2000, nel 2007 e nel 2008: loro distribuzione geografica e variazione nel periodo

Diaconi permanenti (diocesani e religiosi)

CONTINENTE
numero
su 100 del totale
Variazione % 2000-2008


2000
2007
2008
2000
2007
2008

AFRICA
361
403
412
1,30
1,12
1,11
14,13

AMERICA
18.342
23.256
24.030
65,92
64,70
64,59
31,01

ASIA
128
163
143
0,46
0,45
0,38
11,72

EUROPA
8.813
11.848
12.329
31,67
32,96
33,14
39,90

OCEANIA
180
272
289
0,65
0,76
0,78
60,56

MONDO
27.824
35.942
37.203
100,00
100,00
100,00
33,71




Tav. 5 - Religiosi professi (non sacerdoti) nel 2000, nel 2007 e nel 2008: loro distribuzione geografica e variazione nel periodo

Religiosi professi non sacerdoti

CONTINENTE
numero
su 100 del totale
Variazione % 2000-2008


2000
2007
2008
2000
2007
2008

AFRICA
7.256
7.921
8.016
13,18
14,41
14,67
10,47

AMERICA
16.615
16.755
16.987
30,18
30,49
31,09
2,24

ASIA
7.659
10.041
10.110
13,91
18,27
18,50
32,00

EUROPA
21.691
18.693
18.097
39,40
34,01
33,12
-16,57

OCEANIA
1.836
1.546
1.431
3,33
2,81
2,62
-22,06

MONDO
55.057
54.956
54.641
100,00
100,00
100,00
-0,76




Tav. 6 - Religiose professe nel 2000, nel 2007 e nel 2008: loro distribuzione geografica e variazione nel periodo

Religiose professe

CONTINENTE
numero
su 100 del totale
Variazione % 2000-2008


2000
2007
2008
2000
2007
2008

AFRICA
52.583
61.886
63.731
6,56
8,29
8,62
21,20

AMERICA
232.986
206.509
203.057
29,08
27,65
27,47
-12,85

ASIA
138.195
158.692
160.862
17,25
21,25
21,77
16,40

EUROPA
366.326
310.138
301.971
45,72
41,53
40,86
-17,57

OCEANIA
11.095
9.589
9.447
1,39
1,28
1,28
-14,85

MONDO
801.185
746.814
739.068
100,00
100,00
100,00
-7,75




Tav. 7 Candidati al sacerdozio nel 2000, nel 2007 e nel 2008: loro distribuzione geografica, variazione nel periodo, indicatori alla vocazione sacerdotale

Candidati al sacerdozio

CONTINENTE
numero


su 100 del totale


Variazione % 2000-2008


per un milione di cattolici


per 100 sacerdoti




2000
2007
2008
2000
2007
2008
2000
2007
2008
2000
2007
2008

AFRICA
20.383
24.729
25.607
18,43
21,33
21,88
25,63
156,77
149,94
148,06
75,03
71,35
71,91

AMERICA
36.392
36.769
36.502
32,91
31,72
31,19
0,30
70,07
64,67
63,36
30,12
30,26
29,88

ASIA
26.006
31.297
32.677
23,52
27,00
27,92
25,65
242,36
258,88
263,43
59,69
59,27
60,60

EUROPA
26.879
22.143
21.193
24,31
19,10
18,11
-21,15
95,95
78,18
74,77
12,88
11,39
11,00

OCEANIA
923
981
1.045
0,83
0,85
0,89
13,22
112,53
108,67
114,38
18,66
20,98
22,00

MONDO
110.583
115.919
117.024
100,00
100,00
100,00
5,82
105,82
101,09
100,39
27,29
28,41
28,60

01/05/2010 15:55
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COMUNICATO DELLA SANTA SEDE

1. Nei giorni 30 aprile e 1° maggio il Cardinale Segretario di Stato ha presieduto in Vaticano una riunione con i cinque Vescovi incaricati della Visita Apostolica alla Congregazione dei Legionari di Cristo (mons. Ricardo Blázquez Pérez, Arcivescovo di Valladolid; mons. Charles Joseph Chaput, OFMCap., Arcivescovo di Denver; mons. Ricardo Ezzati Andrello SDB, Arcivescovo di Concepción; mons. Giuseppe Versaldi, Vescovo di Alessandria; mons. Ricardo Watty Urquidi, M.Sp.S., Vescovo di Tepic). Ad essa hanno preso parte i Prefetti della Congregazione per la Dottrina della Fede e della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica e il Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato.

Una delle sessioni si è svolta alla presenza del Santo Padre, al quale i Visitatori hanno presentato una sintesi delle loro Relazioni, già anteriormente inviate.

Nel corso della Visita sono stati incontrati personalmente più di 1.000 Legionari e sono state vagliate diverse centinaia di testimonianze scritte. I Visitatori si sono recati in quasi tutte le case religiose e in molte delle opere di apostolato dirette dalla Congregazione. Hanno ascoltato, a voce o per iscritto, il giudizio di molti Vescovi Diocesani dei Paesi in cui la Congregazione opera. I Visitatori hanno anche incontrato numerosi membri del Movimento "Regnum Christi", benché esso non fosse oggetto della Visita, in particolare uomini e donne consacrate. Hanno ricevuto anche notevole corrispondenza da parte di laici impegnati e di familiari di aderenti al Movimento.

I cinque Visitatori hanno testimoniato l’accoglienza sincera loro riservata e lo spirito di fattiva collaborazione mostrato dalla Congregazione e dai singoli religiosi. Pur avendo agito indipendentemente, sono giunti ad una valutazione ampiamente convergente e ad un giudizio condiviso. Essi hanno attestato di avere incontrato un gran numero di religiosi esemplari, onesti, pieni di talento, molti dei quali giovani, che cercano Cristo con zelo autentico e che offrono l’intera loro esistenza per la diffusione del Regno di Dio.

2. La Visita Apostolica ha potuto appurare che la condotta di P. Marcial Maciel Degollado ha causato serie conseguenze nella vita e nella struttura della Legione, tali da richiedere un cammino di profonda revisione.

I gravissimi e obiettivamente immorali comportamenti di P. Maciel, confermati da testimonianze incontrovertibili, si configurano, talora, in veri delitti e manifestano una vita priva di scrupoli e di autentico sentimento religioso. Di tale vita era all’oscuro gran parte dei Legionari, soprattutto a motivo del sistema di relazioni costruito da P. Maciel, che abilmente aveva saputo crearsi alibi, ottenere fiducia, confidenza e silenzio dai circostanti e rafforzare il proprio ruolo di fondatore carismatico.

Non di rado un lamentevole discredito e allontanamento di quanti dubitavano del suo retto comportamento, nonché l’errata convinzione di non voler nuocere al bene che la Legione stava compiendo, avevano creato attorno a lui un meccanismo di difesa che lo ha reso per molto tempo inattaccabile, rendendo di conseguenza assai difficile la conoscenza della sua vera vita.

3. Lo zelo sincero della maggioranza dei Legionari, emerso anche nelle visite alle case della Congregazione e a molte loro opere, non da pochi assai apprezzate, ha portato molti in passato a ritenere che le accuse, via via divenute più insistenti e lanciate qua e là, non potessero essere che calunnie.

Perciò la scoperta e la conoscenza della verità circa il fondatore ha provocato, nei membri della Legione, sorpresa, sconcerto e profondo dolore, distintamente evidenziati dai Visitatori.

4. Dai risultati della Visita Apostolica sono emerse con chiarezza, tra gli altri elementi:

a) la necessità di ridefinire il carisma della Congregazione dei Legionari di Cristo, preservando il nucleo vero, quello della "militia Christi", che contraddistingue l’azione apostolica e missionaria della Chiesa e che non si identifica con l’efficientismo a qualsiasi costo;

b) la necessità di rivedere l’esercizio dell’autorità, che deve essere congiunta alla verità, per rispettare la coscienza e svilupparsi alla luce del Vangelo come autentico servizio ecclesiale;

c) la necessità di preservare l’entusiasmo della fede dei giovani, lo zelo missionario, il dinamismo apostolico, per mezzo di un’adeguata formazione. Infatti, la delusione circa il fondatore potrebbe mettere in questione la vocazione e quel nucleo di carisma che appartiene ai Legionari di Cristo ed è loro proprio.

5. Il Santo Padre intende rassicurare tutti i Legionari e i membri del Movimento "Regnum Christi" che non saranno lasciati soli: la Chiesa ha la ferma volontà di accompagnarli e di aiutarli nel cammino di purificazione che li attende. Esso comporterà anche un confronto sincero con quanti, dentro e fuori la Legione, sono stati vittime degli abusi sessuali e del sistema di potere messo in atto dal fondatore: ad essi va in questo momento il pensiero e la preghiera del Santo Padre, insieme alla gratitudine per quanti di loro, pur in mezzo a grandi difficoltà, hanno avuto il coraggio e la costanza di esigere la verità.

6. Il Santo Padre, nel ringraziare i Visitatori per il delicato lavoro da essi svolto con competenza, generosità e profonda sensibilità pastorale, si è riservato di indicare prossimamente le modalità di questo accompagnamento, a cominciare dalla nomina di un suo Delegato e di una Commissione di studio sulle Costituzioni.

Ai membri consacrati del Movimento "Regnum Christi", che lo hanno richiesto con insistenza, il Santo Padre invierà un Visitatore.

7. Infine, il Papa rinnova a tutti i Legionari di Cristo, alle loro famiglie, ai laici impegnati nel movimento "Regnum Christi", il suo incoraggiamento, in questo momento difficile per la Congregazione e per ciascuno di loro. Li esorta a non perdere di vista che la loro vocazione, scaturita dalla chiamata di Cristo e animata dall’ideale di testimoniare al mondo il suo amore, è un autentico dono di Dio, una ricchezza per la Chiesa, il fondamento indistruttibile su cui costruire il futuro personale e quello della Legione.

03/05/2010 15:59
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COMUNICATO: 3a RIUNIONE DEL CONSIGLIO PER IL MEDIO ORIENTE DELLA SEGRETERIA GENERALE DEL SINODO DEI VESCOVI

Nei giorni 23- 24 aprile 2010 il Consiglio Presinodale per l’Assemblea Speciale per il Medio Oriente si è riunito a Roma con la partecipazione dei Membri: Sua Beatitudine il Cardinale Nasrallah Pierre Sfeir, Patriarca d’Antiochia dei Maroniti ; le LL. Eminenze i Cardinali Ivan Dias, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli; Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità dei Cristiani; Jean-Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso; Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali; le LL. Beatitudini Antonios Naguib, Patriarca di Alessandria dei Copti; Ignace Youssif III Younan, Patriarca di Antiochia dei Siri; Gregorios III Laham, b.s., Patriarca di Antiochia dei Greco-Melkiti; Nerses Bedros XIX Tarmouni, Patriarca di Cilicia degli Armeni; Fouad Twal, Patriarca di Gerusalemme dei Latini; S.E. Mons. Ramzi Garmou, Arcivescovo di Teheran dei Caldei, Presidente della Conferenza Episcopale Iraniana; S.E. Mons. Luigi Padovese, o.f.m. cap., Vicario Apostolico dell’Anatolia, Presidente della Conferenza Episcopale di Turchia. Non ha potuto prendere parte ai lavori Sua Beatitudine il Cardinale Emmanuel III Delly, Patriarca di Babilonia dei Caldei.

L’ordine del giorno prevedeva, dopo il saluto e l’introduzione del Segretario Generale, S.E. Mons. Nikola Eterović, le comunicazioni dei singoli Membri circa la situazione ecclesiale nel contesto socio-politico delle regioni mediorientali e soprattutto l’elaborazione della bozza dell’Instrumentum laboris, documento di lavoro dell’Assemblea Speciale.

L’Assise Sinodale, come è noto, si svolgerà dal 10 al 24 ottobre 2010 sul tema: «La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza. ‘La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un'anima sola’ (At 4, 32)».

L’obiettivo dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente è duplice: confermare e rafforzare i cristiani nella loro identità mediante la Parola di Dio e i Sacramenti, e ravvivare la comunione ecclesiale tra le Chiese particolari, affinché possano offrire un’autentica testimonianza cristiana, a contatto con altre Chiese e comunità ecclesiali. Da qui l’urgenza di un impegno ecumenico convinto, "perché tutti siano una sola cosa, perché il mondo creda" (cf. Gv 17, 21).

Il futuro Sinodo sarà un’occasione preziosa per esaminare a fondo anche la situazione religiosa e sociale, per dare ai cristiani una visione chiara del senso del loro essere attivi testimoni di Cristo, nel contesto di società a maggioranza musulmana. Si tratterà, dunque, di procedere ad una riflessione sulla situazione presente, non facile a motivo dei conflitti e dell’instabilità, che causano l’esodo della popolazione, compresi non pochi cristiani.

Le risposte ai Lineamenta precedentemente inviati hanno fornito la base di un confronto, nel corso del quale i Membri del Consiglio Presinodale hanno proposto di integrare i vari apporti pervenuti dalle Chiese Orientali cattoliche sui iuris, dalle Conferenze episcopali, dai Dicasteri della Curia Romana, da varie istituzioni religiose, attorno agli argomenti che sono emersi con maggiore intensità di significato e di riferimento alla vita ecclesiale in Medio Oriente.

Dopo il confronto avvenuto in sessione plenaria, i lavori sono proseguiti in tre diversi gruppi, divisi per materia, e dallo analisi delle risposte alle domande specifiche dei Lineamenta è scaturito uno schema organico, che, una volta redatto nella sua forma definitiva, servirà ai Padri Sinodali come documento di studio e ordine del giorno del dibattito nell’Aula del Sinodo.

I Membri del Consiglio Presinodale hanno accolto con gioia e riconoscenza l’invito a partecipare all’Eucaristia presieduta dal Santo Padre Benedetto XVI a Nicosia, nel corso del prossimo viaggio apostolico a Cipro dal 4 al 6 giugno 2010: durante la celebrazione il Papa distribuirà l’Instrumentum laboris ai Pastori delle Chiese in Medio Oriente.

Al termine dei due giorni di lavoro i Membri del Consiglio, con la preghiera pasquale del Regina Cæli, hanno invocato dalla Beata Vergine Maria protezione e assistenza per l’Assemblea sinodale e per tutta la Chiesa in Medio Oriente. Essa, nonostante le difficoltà del momento presente, affidandosi alla divina Provvidenza, resta fiduciosa in un futuro di pace, di giustizia e di rispettosa collaborazione con gli appartenenti all’ebraismo e all’islam, per il bene di tutti gli abitanti della regione.

05/05/2010 15:58
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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELLE CONCLUSIONI DELLA XVI SESSIONE PLENARIA DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA DELLE SCIENZE SOCIALI


Alle ore 12.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa a conclusione della XVI Sessione plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali sul tema: "Crisis in a Global Economy. Re-planning the Journey" (Casina Pio IV, 30 aprile - 4 maggio 2010).
Intervengono: la Prof.ssa Mary Ann Glendon, Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali; S.E. Mons. Prof. Marcelo Sánchez Sorondo, Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali; il Prof. José T. Raga, Professore di Economia all’Università Complutense (Spagna), Coordinatore della XVI Sessione Plenaria dell’Accademia.
Pubblichiamo di seguito l’intervento della Prof.ssa Mary Ann Glendon e le Conclusioni della XVI Sessione plenaria (Prof. José T. Raga):


INTERVENTO DELLA PROF.SSA MARY ANN GLENDON

The annual plenary sessions of the Pontifical Academy of Social Sciences, with many hours of discussion and dozens of papers over four full days, are rather too broad to effectively summarize in a few minutes. Permit me then to choose only a few highlights from our last few days.

The Pontifical Academy of Social Sciences was founded in 1994 by Pope John Paul II. For the entire life of the Academy therefore, the guiding magisterial document was the 1991 encyclical on the social order, Centesimus Annus, supplemented in 2006 by Deus Caritas Est. The 2010 plenary was the first to follow the publication last year of Caritas in Veritate, so our deliberations took account of the directions indicated by Pope Benedict XVI.

In Centesimus Annus, Pope John Paul II indicated that the powerful energies of the free economy needed a strong moral and juridical framework. One might suggest that in 1991 Pope John Paul II emphasized the energies of the free economy. In 2009, Pope Benedict XVI emphasized the moral and juridical framework. In the audience the Holy Father granted to us last Friday, he made this point explicitly:

"[The economic crisis] has also shown the error of the assumption that the market is capable of regulating itself, apart from public intervention and the support of internalized moral standards. This assumption is based on an impoverished notion of economic life as a sort of self-calibrating mechanism driven by self-interest and profit-seeking. As such, it overlooks the essentially ethical nature of economics as an activity of and for human beings."

Our deliberations were largely occupied with what that "public intervention" and those "internalized moral standards" might be.

The Economic Crisis

Our plenary addressed itself explicitly to the economic crisis. We have all witnessed the severe upheavals in the financial sector, with its consequences for the real economy, especially regarding unemployment and public sector finances. Moreover, our meeting took place during the Greek crisis, indicating that the questions we examined were as relevant as the daily headlines. Our plenary this year was marked by an analysis of recent events in a manner more immediate than is customary in the rhythms of academic life.

Among many points our academicians and our invited guests made, I would draw attention to three themes that emerged in many interventions.

Financialization of the Economy and of Common Life

The current economic crisis had its roots in the financial sector. Indeed, one invited speaker, Dr. Luca Cordero di Montezemolo, Chairman of Ferrari and Fiat, former president of Confindustria, spoke of a shift from an economy based in the real production of goods to an economy dominated by speculative activities driven by greed. The fragility of the economic system was partly a consequence of an overreliance on speculative financial activities separated from productive activity in the real economy. Two members of our Academy, Professor Margaret Archer and Professor Partha Dasgupta, spoke more broadly of the danger of the "financialization" of human relations, in which human activities, even in the family, are reduced to a merely commercial dimension. One of our guests, Professor Stefano Zamagni, pointed out the danger of thinking even of business firms in this way, where the corporation ceases to be an association of persons and become a commodity instead. Such a "financialized" approach to the social order not only narrows the vision of the human person, but creates instability in the economy.

The Consequences of the Crisis on the Poor

A common theme of our deliberations was that the economic crisis took a serious toll on the poor, even if the origin was in the wealthy countries and within the financial sector of the wealthy countries. Those who were not at fault suffered. Members of our Academy, including Professor Paulus Zulu and Professor Mina Ramirez, spoke about the suffering of the most vulnerable. Professor Sabourin of our Academy drew our attention to the fact that, for the first time, our world will soon have 1 billion malnourished people. If one compares the relative cost of the financial bailouts to the amounts needed for basic nutrition, for example, one cannot avoid the conclusion that this crisis has distracted greatly from urgent questions of development. In our attention given to questions of hunger and health, the Academy stressed also that meeting basic needs, especially for children, beginning in the womb, makes a decisive contribution to economic productivity. A focus on financial instrument reform should not distract from basic development policy and investment in rudimentary human capital – nutrition, health and basic education.

Governance of Economic Activity

A highlight of this year’s plenary was a session featuring three invited experts on banking: Lucas Papademos of the European Central Bank, Mario Draghi, Governor of the Bank of Italy, and Ettore Gotti Tedeschi, President of the Istituto per le Opere di Religione (the "Vatican Bank"). Given the presence at our plenary of Hans Tietmeyer, former president of the Deutsche Bundesbank, and Luis Ernesto Derbez Bautista, former Minister of Economics in Mexico – both members of our Academy – this extraordinary session featured a discussion at the highest level of the economic challenges facing us. The principles laid out in Caritas in Veritate about the need for stronger regulation of international finance were discussed with various concrete measures suggested in order to ensure greater transparency in financial instruments and to avoid the moral hazard problems arising from bailouts. With reference to the Greek crisis, our expert guests addressed the recent package of relief measures, as well as the possibility that new European structures might be needed, not excluding the possibility of a new treaty to better secure the foundations of the common currency.

Conclusion

The Pontifical Academy of Social Sciences customarily publishes the papers of our plenary sessions. The forthcoming proceedings should assist students of Catholic social doctrine to better understand the issues raised by the global economic crisis in view of the guidance offered by Caritas in Veritate.



CONCLUSIONS OF THE XVI PLENARY SESSION (PROF. JOSÉ T. RAGA)

The production of a true "conclusions" document with all the profundity suggested by the term is a task little short of impossible. It is a moment, therefore, to express gratitude to all for the effort dispensed in the entrusted tasks and also to offer congratulations on the successful manner in which they have been carried out. I believe, and it is a personal opinion, that the objectives set by the Council of the Academy and approved by the Assembly at the final session one year ago have been achieved with the dignity to be demanded of a pontifical institution such as the one to which we belong.

Theologians and moralists, sociologists and political scientists, lawyers and economists from all over the world come together with the common objective of placing their knowledge at the service of the community, at the service of the human family, in the unselfish quest for scientific truth which, as such, coincides with the truth of man. It is this atmosphere of scientific diversity and commitment to the common task which confers greatness on our mission to provide, within our limitations, a contribution to the Church and a service to humanity.

All the papers, I would say without exception, and indeed it is a pleasure to be in a position to make such a statement, take account of, not only the technical features of the crisis in respect of the scientific fields of the presenters, but also the background which made such features possible or inevitable, in addition to the consequences of the economic and financial situation for people, families and for the community as a whole.

Nonetheless, and for purely methodological purposes, I will venture to organise the conclusions synthesis by grouping the most significant contributions into four areas, whose order is not random: a) Economic aspects; b) Moral considerations; c) Social framework; d) Education fundaments.

A) An economic vision of the crisis.- It is evident that economic activity is one aspect of human activity and for this reason is conditioned by the criteria, assessments and objectives of the person who, on a daily basis, takes decisions which cause economic effects both for himself and for society as a whole. We must not forget the words of Benedict XVI: "… every economic decision has a moral consequence…"1 Therefore, the economic analysis of the crisis has also concentrated on the consideration of man and the values present in his behaviour.

It is evident that man today lives immersed in a materialism that prevents him from seeing the horizon of transcendence that is an integral part of him, to the point where a fall of three percent in GDP can cause upheaval in the life of the subjects. The short term has become the sole acceptable dimension; the immediate benefit in high quantity prevails about the future uncertain penalty, because the discount rate to estimate the present value of both is extraordinarily high. The quantitative has replaced the qualitative and any material element that can be measured, weighted and valued in monetary terms, cancels any consideration or reference of a spiritual nature, those references that are to be found deep in the heart of man. It is, therefore, not surprising that the financial economy has acquired a central role, as opposed to the real economy and both predominate over the spiritual and strictly human values.

Profit, legitimate in principle, is all the more desired in accordance with the brevity of the period required for its attainment. Speculative activities, so deep-rooted in these historic times for the global world, provide a good example of the old financial principle of "quick in, quick out".

Hence, the subject relinquishes his very being to become just one more link in the chain of economic activity. At the same time as the worker, the producer, the consumer, the saver, the investor, etc. appears on the scenario, the man of work, the man of production, the subject of consumption, etc. disappears. It is this abstraction that ultimately makes man a slave of the economy, the server of a principle that does not constitute the essence of his very being; we speak of the submission to a new commandment: the ethics of efficiency or, if you whish, of the profit, as the one governing principle of human activity. So it is so, that any mean is valid if it drives finally to the desired end. The deceit, the fraud, the coercion, all them are useful instruments for, turned back to the morals, to get the established goal: the highest benefit and the biggest power.

With good reason, there has been distinction between the important role of economic activity carried out by the businessman who is aware of his life project, a project that tends towards God, and the other type of activity that only takes account of the present, without any other commitment, in accordance with the dignity of the human person. With fortunate terminology, they are recognised as "sine specie aeternitatis" businessman, and "sub specie aternitatis" businessman.

When these references disappear, man is inclined towards the immediate satisfaction of his wishes and towards the exploitation of all his possibilities. The shortage of references in economic activity leads to a lack of consideration of the adverse effects of conducts and a still greater failure to consider those who suffer these effects. Let us reflect, in this sense, on the complete lack of consideration for the effects that might be felt in third countries as a result of the distribution through the financial markets of the toxic assets issued in one country and rapidly transmitted for infection to other countries and continents.

Seven reasons have been presented for the probability of that infection: a) the difficulties of the poor countries to access to the external market, as much for the financing as for the insurance; b) the revenues of the exports, will diminish as consequence of the decrease of the external demand for their products, besides for the reduction of the prices of the same ones; c) the value of the foreign securities diminishes, as consequence of the decrease of their yields; d) reduction of the foreign investments; e) reduction of the external aid; f) reduction of the external remittances; and g) reduction of the tourism.

Therefore, in this Plenary Session which has come to an end, there has been a call for more efficient and appropriate regulation of the financial markets, in the belief that it is in these markets that the vulnerability occurs with most frequency and scope. A regulation which should pay sufficient attention to: the demands that financial entities have sufficient capital if they are to be permitted to operate in the market; the improvement in the covering of risk in credit transactions; restricting the leverage rate of financial operations; the development of liquidity requisites that provide security and availability of financing resources: the moderation of the rewards –bonuses– received by executives of financial entities and companies in general, which have been scandalous in a time of crisis; the increasing of transparency in the activities of Rating Agencies, etc.

Now then, being these measures necessary, they are not sufficient. When we speak of financing and, mainly of difficulties or disturbances in the financial market, we should not reduce the analysis to that that corresponds to the private sector of the economy, either households or enterprises; the public sector plays, or it can play, also, a significant game in this type of problems. When it happens, it is necessary to pay special attention to the budgetary equilibrium as the basic goal and, certainly, to eliminate excessive deficit by reducing the public expenses, for very unpopular that is, and, in their case, to increase the taxes lightly; those taxes that less distort the market. Next to it, another measure, that in this case corresponds to the real sector, which is the one of increasing the productivity of the public resources, with the reduction of wages, and, in all cases, to reform the labour market, introducing greater flexibility to adjust it, automatically to the requirements of the production.

B) Moral fundaments of the above considerations on the crisis.- For the Church, the economy is not the centre of human activity and certainly does not constitute the reference which should inform the behaviour of men. In the words of John Paul II, "…The economy in fact is only one aspect and one dimension of the whole of human activity."2

Man is created as a free and responsible being who is called to gift. "Sometimes modern man is wrongly convinced that he is the sole author of himself, his life and society. This is a… consequence… of original sin…"3 It is precisely for this reason that laws are required to penalise actions far removed from the good of man and society. Laws are demanded to penalise corruption, because this shows the triumph of evil over good. It is necessary to distinguish in these norms, two different elaboration procedures: those that come from above (norms of general character) and those that proceed from below (those that are established for specific application in a certain country). It is necessary to recognize that the first, those that fix the international standards, have demonstrated a very low effectiveness, what doesn't authorize to think that the positive experiences at national level, can be translated to the international scale, since in last, the conflicts of interest among the nations are abundant and common.

It cannot be forgotten that man is a social being by nature. This is why man is born, lives and dies in society; moreover, he perfects himself in society when his generous and fraternal commitment tends towards improving the condition of the members of the community. Person, family and society, and in that order, are what give realism to human sociability. Furthermore, a large number of the necessities felt by man can only be satisfied in the family environment or in that of the community to which he belongs. Let us think of companionship, comprehension, the testimony of love, the desire to generate life, to attend to education, etc.

It is true that the market has the capacity to offer a route for the satisfaction of the material needs of people, and to do so efficiently, but it cannot even achieve this efficiency without an ethical reference, a reference within which the conservation of resources is of fundamental importance. It cannot be forgotten that the earth and all that exists on it has been given to man, to all mankind, and to all men. We can now see that, even when we speak of material needs, the market, without moral considerations, is capable of causing damage that is difficult or even impossible to repair.

But along with these situations, there is the wide range of spiritual needs to which the market cannot offer a route to guarantee their satisfaction. In these needs, gratuity rather than exchange shines bright. To be perceived in them is the fraternity that invades the affectionate relationship, without equivalence in respect of compensation. Therefore, the market is no more than an instrument which is correct for a series of objectives, as long as certain circumstances prevail. Does the solution lie in rejection of the market and substituting it with state planning? If we have said that the natural order was person – family – society, it must be added that the State would come after society. The priority is very clear in the words of Leo XIII: "There is no need to bring in the State. Man precedes the State, and possesses, prior to the formation of any State, the right of providing for the substance of his body."4

C) The social framework, result of and constraint on human behaviour.- In effect, faced with the danger of individualism, the solution is not collectivism but rather the aperture to fraternity. This is where man enjoys his human condition, where he opens himself to gratuity and he feels himself the protagonist in the act of promoting the common good.

From individualism, it is conceptually impossible to configure a political or social organisation. The isolation of individualism is contrary to commitment and solidarity. Indeed, solidarity is only conceivable where there exists interdependence between brothers, as children of the same father. A civil society wishing to be strong can only be so with bonds of interdependence that subordinate, without coercion, private and exclusive interest, to the general interest, or better still, to the common good, as the good of each and every member of the community. This common good, configured clearly in the Encyclical letter Caritas in veritate, as the comprehensive development of man.

It is this concept that embraces the human family in its entirety which can provide the solution to the lack of trust which seems to be a cornerstone of the current crisis. This lack of confidence cannot be solved in the individual sphere, because confidence exists in somebody, that is to say, that mutuality is necessary. Confidence in oneself cannot be considered a social value. It cannot be taken as a value for co-existence. It is not necessary to resort to abstract models of society. Society is configured by life in society. This is the seed on which a civil society is based, capable of facing, with the bonds of interdependence, a crisis which has hit the entire human family, not only economically but also in human terms.

D) Education, a seed to germinate.- We speak continually of education, the educational process, the importance of education for a harmonious and responsible society. And, as educators, we underline the nobility of the teacher’s function as a qualified task in programmed education. However, faced with the turbulences of life, it seems that the man finds himself without a response, without the instruments to confront adversity.

The response in the face of the crisis is, in an infinite number of cases, depression and discouragement, as opposed to the fight which would lead to decisive action designed to reduce its effects. Therefore, it is interesting to ask ourselves: What is the education that we are providing to young people? What is the real goal of the educational process? Do material elements and short term, continue to be the objectives of educational action?

If we enter even superficially into the process, it will stand out with particular clarity, and even more so in the university period, that the profession is the spotlight that illuminates the educational process. That is to say, in all probability, we are not training persons, but rather professionals, and these we shape free of commitment to the society in which they will exercise their function. It cannot surprise, therefore, that in the current crisis, there has been an abundance of cheating and fraud and excessive regard for the short-term coupled with disdain for that which belongs to the long-term.

Their behaviour has been similar to that of the isolated mercenary who, thinking of himself, lacks any consideration for others. His objective has a very short-term dimension. The concept of community or that of society is absent, "the other" does not exist and will never exist. Interdependence has no meaning and affection for persons and institutions lack of realism. The profession is lived aggressively and is based on the position of importance that may be achieved through notable performance and in the shortest possible period.

In this scenario, knowledge and the enjoyment of knowledge and its discovery does not appear to hold a preeminent place. The fact is that knowledge as an input in the formation of the personality is not even considered to be appropriate. Knowledge is defined as what might be considered useful for the practice of the professional activity. Hence, the term most employed in educational policy today is "employability". Everything revolves around the possibility of employment. Employment seekers who lack the basics of who they are and what their purpose is, who lack of their debt to society for the opportunities it has afforded them. If what we sow is materialism, if predominance is granted to utilitarian schemes as opposed to greatness of the heart and commitment to the good of others, we cannot wait anything other than what we have contemplated in the current economic crisis.

It is of course true that the laws can contribute. After all, they have a great pedagogical effect by demonstrating conducts in accordance with an honest and harmonious society, and penalising attitudes which serve to contravene that social project. Exemplariness is an educational channel also, though it has to be acknowledged that it is the last resort of education. To move through the jungle of life, it is necessary to know its paths, to know the equipment required for the journey, to calculate the strength with which one sets out and to understand that any traveller could be of great help at any time of need. That is to say that we need open-minded people, with the capacity to integrate into working teams and with ability for reflection; we aim for people who are convinced that the world is so complex that only with the cooperation of others will we achieve the fruit of our labours; moreover, that only with a joint vision will it be possible to find a solution, through the cooperative interaction of those who commit in it.

The contrary is to expose ourselves to listening to the response received by Queen Elizabeth II of England when, on visiting the London School of Economics, she asked about the crisis, its possible forecast and the instruments to reduce its effects. The compartmentalisation of knowledge cannot produce anything other than dysfunctions in the activity entrusted to us.

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1 Benedict XVI "Encyclical letter «Caritas in veritate»". Rome 29.06.2009, num. 37.

2 John Paul II "Encyclical letter «Centessimus annus»". Rome, 01.05.1991, num. 39.

3 Benedict XVI "Encyclical letter «Caritas in veritate»". Rome 29.06.2009, num. 34.

4 Leo XIII "Encyclical letter «Rerum novarum»". Rome 15. 05. 1891, num. 7.

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