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Le vacanze

Ultimo Aggiornamento: 13/07/2012 17:01
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25/07/2009 01:41
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Benedetto XVI: la misericordia è il “vero potere” di Dio
Nel presiedere i Vespri nella Cattedrale di Aosta

di Mirko Testa


AOSTA, venerdì, 24 luglio 2009 (ZENIT.org).- A un mondo dominato dall'ingiustizia, assetato di amore e abituato a misurare il potere sul possesso e la forza, Dio ha mostrato il suo volto di misericordia, sacrificando suo Figlio sulla Croce.

E' quanto ha detto il Papa nel presiedere questo venerdì pomeriggio la celebrazione dei Vespri nella Cattedrale di Aosta, dedicata a Maria Assunta, alla presenza di circa 400 persone in rappresentanza dei sacerdoti, religiosi e laici di tutta la comunità diocesana.

L'incontro si inseriva nella cornice delle celebrazioni per il 90° centenario della morte di Sant’Anselmo d'Aosta (1033-1109), da molti indicato come il “padre della scolastica” e conosciuto anche come “Dottore Magnifico”, che fu monaco benedettino, filosofo e teologo, Abate del monastero di Bec, in Normandia, e alla fine Arcivescovo di Canterbury.

Le celebrazioni per l’Anno Anselmiano hanno avuto il loro culmine il 21 aprile corso, in questa stessa cattedrale, in occasione dell'inaugurazione del Cenotafio di Sant'Anselmo e con la Messa presieduta dal Cardinale Giacomo Biffi, inviato speciale del Santo Padre per le celebrazioni.

Nel suo indirizzo di saluto, il Vescovo di Aosta, mons. Giuseppe Anfossi, ha ricordato la storia di questa antica cattedrale, la cui presenza, in base alle indagini archeologiche, si fa risalire alla fine del IV sec., anche se le iscrizioni funerarie informano dell'esistenza, già da prima, di un antico polo religioso cristiano che ruotava attorno a una abitazione privata destinata al culto e databile intorno al II sec.

Partendo da questo riferimento storico, il Vescovo è quindi ritornato ai giorni nostri, esprimendo la sua preoccupazione per la situazione presente delle “nostre famiglie” che “soffrono molto”.

“Voglio sperare – ha quindi detto – che questa sofferenza […] possa nel tempo che viene rigenerare questa bellissima comunità, piccola chiesa, o meglio chiesa domestica, famiglia fondata sul matrimonio” e “possa riguadagnare la bellezza a cui Cristo, Nostro Signore, l'ha chiamata”.

Dopo la preghiera dei Vespri, Benedetto XVI ha quindi preso la parola per pronunciare una omelia a braccio, incentrata su alcuni passaggi della Lettera di San Paolo ai Romani, e nella quale ha sottolineato il carattere fondamentale del rapporto tra l'uomo e Dio.

“Se Dio manca, se si prescinde da Dio, se Dio è assente – ha infatti avvertito – manca la bussola per mostrare l'insieme di tutte le relazioni, per trovare la strada, l'orientamento dove andare”.

Tuttavia di fronte a un Dio che “sembra assente, molto lontano”, che “non sembra entrare nella nostra vita quotidiana”, è il mistero della Croce che interviene a rendercelo vicino: “Questo conosciuto-sconosciuto adesso realmente si fa conoscere, mostra il suo volto, si rivela, il velo sul volto scompare”.

Oggi tuttavia, ha osservato il Papa, si avverte anche un'altra paura, la minaccia dell'onnipotenza, che “sembra limitare la nostra libertà, sembra un peso troppo forte”. Al contrario, ha spiegato, “dobbiamo imparare che l'onnipotenza di Dio non è un potere arbitrario, perché Dio è il bene, è la verità e perciò Dio può tutto ma non può agire contro il bene, non può agire contro la verità, non può agire contro l'amore e contro la libertà”.

“Questo occhio che ci vede non è un occhio cattivo che ci sorveglia – ha continuato –, ma è la presenza di un'amore che non ci abbandona mai e ci dona la certezza che è bene essere è bene vivere”.

Infatti, a un concetto comunemente accettato di potere come corollario del denaro o della forza militare, Dio oppone il “potere di grazia e misericordia”.

“Dio ha sofferto e nel Figlio soffre con noi e questo è l'ultimo apice del suo potere: che è capace di soffrire con noi. Così dimostra il vero potere divino”, ha detto Benedetto XVI.

E a chi domanda “perché era necessario soffrire per salvare il mondo”, il Papa risponde che “nel mondo esiste un oceano di male, di ingiustizia, di odio, di violenza, e le tante vittime dell'odio, dell'ingiustizia, hanno diritto che sia fatta giustizia”.

“Dio non può ignorare questo grido dei sofferenti, che sono oppressi dall'ingiustizia – ha continuato –. Perdonare non è ignorare ma trasformare. E Dio deve entrare in questo mondo e opporre all'oceano dell'ingiustizia un oceano più grande del bene e dell'amore”.

Ma con il sacrificio del Figlio sulla Croce Dio ci ha voluti anche invitare “a uscire dall'oceano del male, dell'odio, della violenza, dell'egoismo”, per “entrare nel fiume del suo amore” e divenire, come ricordava San Paolo nel cap. 12 della sua Lettera ai Romani, “un sacrificio vivente” per “trasformare così il mondo”.

Nell'Anno sacerdotale appena iniziato, il Papa ha accennato brevemente al compito del sacerdote chiamato a “consacrare il mondo perché diventi 'ostia vivente', perché il mondo diventi liturgia”, e ad essere al contempo “annuncio di Dio”, “porta attraverso la quale il Dio lontano diventa Dio vicino”.

Infatti, ha detto il Papa, la nostra umanità affamata non solo di pane, ma anche di giustizia e di amore ha bisogno di conoscere Dio. “Sazia la fame nostra con la verità del tuo amore”, ha concluso con una invocazione il Pontefice.

Al termine della liturgia, Benedetto XVI si è fermato sul sagrato della Cattedrale per salutare i fedeli assiepati all'esterno.

“Grazie per questa vostra accoglienza, per l’affetto e per la simpatia. Auguro a tutti voi un tempo buono, anche buone vacanze, come anch’io sono in vacanza...ma senza incidenti per voi”, ha detto scherzando.

Prima di far ritorno a Les Combes, il Pontefice si è quindi fermato a Introd per un breve incontro con gli ospiti della locale Casa di riposo.




Omelia di Benedetto XVI per i Vespri nella Cattedrale di Aosta


AOSTA, venerdì, 24 luglio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito una trascrizione di lavoro dell'omelia pronunciata quasi interamente a braccio da Benedetto XVI, nel presiedere questo venerdì pomeriggio la celebrazione dei Vespri nella Cattedrale di Aosta alla presenza di circa 400 persone tra sacerdoti, religiosi e laici della diocesi.

* * *

Eccellenza,

cari fratelli e sorelle,

vorrei innanzitutto dire grazie a lei, Eccellenza, per le sue buone parole con le quali mi ha introdotto nella grande storia di questa chiesa cattedrale e così mi ha fatto sentire che preghiamo qui, in questa bella chiesa, non solo in questo momento ma anche nei secoli. E grazie a tutti voi che siete venuti per pregare con me e per rendere visibile così questa rete di preghiera che ci collega tutti e sempre.

In questa breve omelia vorrei dire qualche parola sulla orazione con la quale si concludono questi Vespri, perché mi sembra che in questa orazione il brano della Lettera ai Romani, ora letto, sia interpretato e trasformato in preghiera.

La orazione si compone di due parti, un indirizzo, una intestazione per così dire, e poi la preghiera composta da due domande. Cominciamo con l'indirizzo che ha, a sua volta, due parti. Va qui un po' concretizzato il “tu” al quale parliamo per poter bussare con migliore forza al cuore di Dio. Nel testo italiano leggiamo semplicemente, “Padre misericordioso”, il testo originale latino e un po' più ampio e dice “Dio onnipotente e misericordioso”. Dio. Nella mia recente Enciclica ho tentato di mostrare la priorità di Dio sia nella vita personale che anche nella vita, nella storia e nella società del mondo. Certamente la relazione con Dio è una cosa profondamente personale, e la persona è un essere in relazione e se la relazione fondamentale, la relazione con Dio non è viva, non è vissuta, anche tutte le altre relazioni non possono trovare la loro forma giusta.

Ma questo vale anche per la società, per l'umanità come tale, anche qui se Dio manca, se si prescinde da Dio, se Dio è assente manca la bussola per mostrare l'insieme di tutte le relazioni, per trovare la strada, l'orientamento dove andare. Dio. Dobbiamo di nuovo portare in questo nostro mondo la realtà di Dio, farlo conoscere e farlo presente. Ma Dio, come conoscerlo? Nelle visite ad limina parlo sempre delle religioni tradizionali con i Vescovi soprattutto africani, ma anche dell'Asia e dell'America latina, dove ci sono ancora queste religioni. Sono molti i dettagli abbastanza diversi, naturalmente, ma ci sono anche elementi comuni. Tutti sanno che c'è Dio, un solo Dio, che Dio è una parola al singolare, che gli dei non sono Dio, che c'è Dio, il Dio.

Ma nello stesso tempo questo Dio sembra assente, molto lontano, non sembra entrare nella nostra vita quotidiana, si nasconde, non conosciamo il suo volto. E così la religione in gran parte si occupa di cose come i poteri più vicini, gli spiriti, gli antenati, etc., perché Dio stesso è troppo lontano e quindi ci si deve arrangiare con questi poteri vicini.

E l'evangelizzazione consiste proprio nel fatto che il Dio lontano si avvicina. Che Dio non è più lontano ma è vicino. Che questo conosciuto-sconosciuto adesso realmente si fa conoscere, mostra il suo volto, si rivela, il velo sul volto scompare. E perciò perché Dio stesso adesso è vicino,

lo conosciamo, ci mostra il suo volto, entra nel nostro mondo, non c'è più bisogno di arrangiarsi con questi altri poteri perché lui è il potere vero, è l'Onnipotente. Non so perché nel testo italiano hanno omesso la parola “onnipotente”, ma è vero che ci sentiamo un po' quasi minacciati dall'onnipotenza, sembra limitare la nostra libertà, sembra un peso troppo forte, ma dobbiamo imparare che l'onnipotenza di Dio non è un potere arbitrario, perché Dio è il bene, è la verità e perciò Dio può tutto ma non può agire contro il bene, non può agire contro la verità, non può agire contro l'amore e contro la libertà, perché egli stesso è il bene, è l'amore e la vera libertà e perciò tutto ciò che fa non può mai essere in contrasto con verità, amore e libertà. E' vero il contrario: Egli Dio è il custode della nostra libertà, dell'amore, della verità. Questo occhio che ci vede non è un occhio cattivo che ci sorveglia, ma è la presenza di un'amore che non ci abbandona mai e ci dona la certezza che è bene essere è bene vivere. E' l'occhio dell'amore che ci dà l'aria di vivere.

Dio onnipotente e misericordioso, una orazione romana collegata con il testo del Libro della Sapienza dice: "O Dio, che manifesti la tua onnipotenza soprattutto nella misericordia e nel perdono". Il vertice della potenza di Dio è la misericordia e il perdono. Nel nostro concetto mondiale di oggi del potere pensiamo che ha il potere chi ha grandi proprietà; in economia è chi ha qualcosa da dire, che dispone di capitali per influire sul mondo del mercato, pensiamo che ha il potere chi dispone del potere militare, che può minacciare. E la domanda di Stalin - “Quante divisioni ha il Papa?” - ancora caratterizza l'idea media del potere. Il potere lo ha chi può essere pericoloso, chi può minacciare, chi può distruggere, chi ha in mano tante cose del mondo.

Ma la Rivelazione ci dice che non è così. Il vero potere è il potere di grazia e misericordia. Nella misericordia Dio dimostra il vero potere e così la seconda parte di questo indirizzo dice: “Che hai redento il mondo con la passione del tuo Figlio”. Dio ha sofferto e nel Figlio soffre con noi e questo è l'ultimo apice del suo potere: che è capace di soffrire con noi. Così dimostra il vero potere divino. Voleva soffrire con noi e per noi e nelle nostre sofferenze non ci ha mai lasciato soli. Dio nel suo Figlio ha sofferto ed è vicino a noi nelle nostre sofferenze.

Tuttavia rimane la questione difficile, che adesso non si può interpretare ampiamente: perché era necessario soffrire per salvare il mondo? Era necessario? Perché nel mondo esiste un oceano di male, di ingiustizia, di odio, di violenza, e le tante vittime dell'odio, dell'ingiustizia, hanno diritto che sia fatta giustizia. Dio non può ignorare questo grido dei sofferenti, che sono oppressi dall'ingiustizia. Perdonare non è ignorare ma trasformare. E Dio deve entrare in questo mondo

e opporre all'oceano dell'ingiustizia un oceano più grande del bene e dell'amore. E' questo l'avvenimento della Croce che da quel momento è andato contro l'oceano del male. Esiste un fiume infinito e perciò sempre più grande di tutte le ingiustizie del mondo. Un fiume di bontà, di verità, di amore. Così Dio perdona trasformando il mondo ed entrando nel nostro mondo perché ci sia realmente una forza, un fiume di bene più grande di tutto il male che possa mai esistere.

E così l'indirizzo a Dio diventa un indirizzo a noi, cioè questo Dio ci invita a metterci dalla sua parte, a uscire dall'oceano del male, dell'odio, della violenza, dell'egoismo e di identificarci, di entrare nel fiume del suo amore.

E proprio questo è il contenuto della prima parte della preghiera che segue: “Fa che la tua Chiesa si offra a te come sacrificio vivo e santo”. Questa domanda diretta a Dio va a anche a noi stessi. E' un accenno a due testi della Lettera ai Romani. Nel cap. 12, Paolo dice che dobbiamo noi stessi divenire “un sacrificio vivente”, cioè noi stessi con tutto il nostro essere dobbiamo essere adorazione, sacrifico, restituire il nostro mondo a Dio, trasformare così il mondo.

Al cap. 15 dove Paolo descrive l'apostolato come sacerdozio, la funzione del sacerdozio è consacrare il mondo perché diventi “ostia vivente”, perché il mondo diventi liturgia. Che la liturgia non sia una cosa accanto alla realtà del mondo ma che il mondo stesso diventi “ostia vivente”, diventi liturgia. E' la grande visione che poi ha avuto anche Teilhard de Chardin che alla fine avremo una vera liturgia cosmica, e il cosmo diventerà ostia vivente. Preghiamo il Signore perché ci aiuti ad essere sacerdoti in questo senso, ad aiutare nella trasformazione del mondo in adorazione di Dio, cominciando da noi stessi. Che la nostra vita parli di Dio, che la nostra vita sia realmente liturgia, annuncio di Dio, porta attraverso la quale il Dio lontano diventa Dio vicino e realmente dono di noi stessi a Dio.

E poi la seconda domanda: Fa che il tuo popolo “sperimenti sempre la pienezza del tuo amore”. Il testo latino aveva detto saziaci col tuo amore e così il testo accenna al Salmo che abbiamo cantato, dove si dice “apri la tua mano e sazia la fame di ogni vivente”. E quanta fame esiste sulla Terra! Fame di pane in tante parti del mondo. Sua Eccellenza ha parlato anche delle sofferenze delle famiglie qui. Fame di giustizia, fame di amore. E con questa preghiera preghiamo Dio: apri la tua mano e sazia realmente la fame di ogni vivente. Sazia la fame nostra con la verità del tuo amore. Così sia. Amen.

[Trascrizione e adattamento a cura di ZENIT]




Saluto al termine della liturgia, sul sagrato della Cattedrale, a coloro che avevano i seguito i Vespri all’esterno

Cari amici,

vorrei semplicemente dire “Grazie” per questa vostra accoglienza, per l’affetto e per la simpatia. Qui siamo tutti uniti nella preghiera, e siamo uniti nell’amicizia che il Signore ci dona. Auguro a tutti voi un tempo buono, anche buone vacanze, come anch’io sono in vacanza…senza incidenti per voi! Grazie! Auguri a tutti voi.
[Modificato da +PetaloNero+ 25/07/2009 01:41]

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