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Intervista con Jerry Scheff

Ultimo Aggiornamento: 27/01/2024 22:27
Post: 30.542
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Articolo di David Adams
Dal sito "Elvis Australia"
30 dicembre 2023



ADAMS:
Quando hai incontrato per la prima volta, Elvis ?

SCHEFF:
La prima volta che l'ho incontrato è stato allo studio di registrazione RCA di Los Angeles. Quella fu la prima prova che feci con lui. Mi chiamò James Burton: avevo fatto un album con James e lui si ricordava di me, per fortuna. Io non ero un fan di Elvis, non mi piaceva molto. Ma volevo andare a vedere com'era Elvis, capisci ? Così gli dissi: "Sì, verrò". Andai a Los Angeles e c'era Elvis, seduto su uno sgabello con tutti i ragazzi intorno. Era molto affabile, molto "alla mano".
Iniziò a cantare: aveva un modo di... intrattenere chiunque gli stesse intorno. Era un intrattenitore consumato. E se si trattava di musicisti, faceva quello che piaceva a noi. Quello che pensava ci piacesse.
Eravamo solo noi, sai. James, io e Larry Muhoberac, stavamo facendo un provino per un paio di batteristi, credo. E così iniziammo a suonare. Quella sera tornai a casa e lo dissi a mia moglie, Vivian: "Dovresti venire a sentire questo ragazzo".
"Ma dai, stai scherzando".
"No. Domani sera vieni a sentire questo ragazzo'.
Diventammo entrambi fans. Proprio così.



ADAMS:
La reazione è stata dovuta ai suoi film e al fatto che all'epoca gli piaceva molto la musica seria ?

SCHEFF :
No, anche al liceo... Il mio background era jazz. Ero un contrabbassista jazz. E amavo anche il Rhythm and Blues. Negli anni Cinquanta ero un grande fan dei "Midnighters" e di Annie, sai, c'era una serie di canzoni, "Annie Had a Baby" e "Work With Me Annie" e tutte le canzoni di Annie. Tutta quella roba. Era il mio genere di musica. E in più suonavo il bee bop, sai, il jazz. Quindi per me non aveva senso. Finché non mi sono trovato faccia a faccia con lui. Inoltre, a quel punto ero un po' più maturo. Quindi per me era come andare a scuola.



ADAMS :
Quindi era come un'audizione per Elvis, vero?

SCHEFF :
Beh, era un'audizione. Non c'erano altri bassisti. Ero l'unico bassista. Ma voglio dire che se avesse detto: "Beh, quel ragazzo fa schifo", sai, sarei stato fuori di lì. Ma fortunatamente avevo un background R&B. E avevo suonato anche del pop qui a Los Angeles, negli studi. Ma non avevo mai suonato musica country. Non sapevo nulla di musica country. Non sapevo nulla di rockabilly. Quindi si trattava di un'audizione. Ma fortunatamente è andata bene.



ADAMS:
È stato allora che ha voluto tornare in tournée?

SCHEFF:
Sì, era il 1969. Stavano mettendo insieme la band per Las Vegas. Per l'apertura di Las Vegas. E quella sarebbe stata la sua prima esibizione sul palco dopo nove anni, o qualcosa del genere.



ADAMS:
Avete iniziato a suonare alcuni dei suoi vecchi successi all'inizio, per riscaldarvi?

SCHEFF :
Oh, abbiamo fatto alcune cose blues. Non ricordo quali. Ma sapeva che a tutti i musicisti piace suonare il blues. E 'That's All Right, Mama', sai, che è una specie di basso blues, capisci. Cose facili. Sapeva che tutti noi saremmo stati in grado di suonare e di imparare.



ADAMS:
Tutti voi ragazzi eravate così uniti come band di Elvis. Hai qualche storia su come vi siete uniti?

SCHEFF :
Beh, sai. C'erano un paio di batteristi, la prima sera che ho suonato. Uno era Gene Pello, un musicista di studio di Los Angeles, originario di New York, molto, molto, molto bravo. Ha suonato in molti dischi della "Motown" e cose del genere. Ma non era un batterista dal feeling libero, sai, come invece richiedevano molte cose di Elvis. Ma comunque, lui suonava e tutti i ragazzi di Elvis, dicevano: "Oh sì, è lui". Sai, perché era appariscente e aveva un sacco di talento, ed era davvero bravo. E anche lui pensava di averlo.
E poi Larry Muhoberac, il pianista, disse: "Ronnie Tutt è seduto laggiù nell'angolo, ed è appena arrivato qui con la sua batteria da Dallas".
E naturalmente Elvis, da persona qual era, disse: "Oh, beh, Ronnie, andiamo, amico. Sistema la batteria, ti aspettiamo e poi suoniamo". E così Ronnie lo fece. E nel momento in cui Ronnie iniziò a suonare, si poteva vedere la faccia di Gene: Ronnie era semplicemente perfetto per questo. Elvis gli disse che uno dei motivi per cui gli piaceva così tanto, era perché Ronnie osservava Elvis: guardava quello che faceva, gli prestava attenzionei. Non suonava come un batterista da spettacolo. Ronnie aveva quella combinazione che gli permetteva di adattare tutto a quello che faceva Elvis. E questo non è facile da fare.



ADAMS:
Quanto tempo è passato da quando hai iniziato le prove con Elvis a quando hai suonato all'International ?

SCHEFF :
Oh, non ricordo esattamente quanto tempo. Sai, facevamo le prove un paio di settimane, qui a Los Angeles, e poi ci siamo spostati a Las Vegas. E credo che abbiamo provato per due settimane lassù.



ADAMS:
Com'è stato lavorare con Elvis sul palco? La prima sera, esibirsi con lui ?

SCHEFF:
Oh, beh, la prima sera è stata fantastica, perché Elvis non era del tutto sicuro di come i fans lo avrebbero accolto. Eravamo nel suo camerino e tutti ridevano perché la sua gamba andava da solai, così come le sue mani e tutto il resto. Andava davvero a un milione di chilometri all'ora. E quando si è aperto il sipario ed è uscito, aveva una certa espressione sul viso che rifletteva la sua preoccupazione. Ricordo che lo stavo guardando. La folla era impazzita. E si vedeva il suo volto trasformarsi da un'espressione dubbiosa a una sorta di "oh sì, ok". Me lo ricordo. Poi, da lì in poi, è stato uno dei miei momenti preferiti di quando ho lavorato per lui.



ADAMS:
Com'erano i tours con Elvis?

SCHEFF:
Avevate in mente una data specifica ? C'erano tutti i tipi di tours, sai.


ADAMS:
Madison Square Garden.

SCHEFF:
La gente pensa a noi che facciamo quegli spettacoli e pensa che ognuno di essi sia come la fine del mondo. E non era così. Era lavoro. Noi andavamo a divertirci il più possibile facendo il nostro lavoro. E anche Elvis lo faceva, sai. Per gran parte del tempo. E così ci divertivamo. Non si poteva mai contare su di lui per fare la stessa cosa due volte. Il che rendeva le cose molto interessanti, davvero. Gli piaceva giocare a "stump the band". Amava vedere se riusciva a fregarci. Iniziava canzoni che non avevamo mai suonato prima sul palco. Solo per prenderci in giro, insomma.


ADAMS:
Ti viene in mente qualcuno in particolare?

SCHEFF :
Oh, no, non ricordo i nomi di nessuno. Qualcuno conosceva sempre le canzoni. Glen Hardin di solito era quello che ricordava le canzoni. E quindi ci affidavamo a chi le conosceva. Glen e James. E Ron e io le suonavamo. E poi ci calavamo nella parte. Fortunatamente riuscivamo a infilarci abbastanza bene. Così Elvis, sai, diceva: "Dannazione". Perché non credo che ci abbia ingannato troppe volte, sai.



ADAMS :
Si è divertito con il tuo nome e quello di Ronnie Tutt.

SCHEFF:
Oh sì. "Ronnie Tutt alla batteria e questo è Jerry Scheff al --", diceva sempre Scheff per adattarlo alle sue battute, sai. Sapeva che il mio nome era Scheff, ma era Jerry Scheff al basso, che è Tutt Scheff in qualsiasi modo lo si guardi. Gli piaceva dirlo. Così lo diceva, sai. Non ad ogni concerto. Ma più tardi, quando abbiamo iniziato a suonare gli assoli, non credo che lo dicesse.



ADAMS:
Hai qualche altro ricordo del senso dell'umorismo di Elvis ?

SCHEFF :
Amava fare scherzi e odiava che gli venissero fatti. Non gli piacevano. Ma soprattutto sul palco. Beh, ti racconto una storia. E questo era Elvis al suo meglio. Questo era l'Elvis che amavo
Eravamo a Graceland. Ed era negli ultimi anni. Eravamo seduti al piano di sotto ed Elvis era nella sua camera da letto. Charlie Hodge si avvicinò e disse: "Elvis vuole vederti nella sua camera da letto". Così andai in camera sua e bussai alla porta. Lui aprì la porta. Entrai e c'erano poliziotti in uniforme seduti in tutta la sua stanza. Sul suo letto. E lui era lì in piedi con un'uniforme da capitano della polizia di Denver. Così mi presentò a tutti questi poliziotti. Mi portò nel suo armadio. E aveva questi cinque abiti in mezzo a un'infinità di altre cose. Ma spiccavano perché erano di colori vivaci. Uno era verde e uno era color lavanda. Poi ce n'era uno rosso e alcuni avevano la pelliccia sui polsini. E i cappelli avevano una fibbia di strass sul davanti. Sembravano abiti da Superfly, insomma.
Gli chiesi: "Dove diavolo li avete presi?". E lui: "Oh, stavamo passando davanti a un negozio e ho detto: "Guarda quei completi"". E subito dopo li ho trovati appesi nel mio armadio". Comunque, mi disse: "Tira fuori quello verde, mi ricordo, e mi dice: "Prova questo". Così lo indossai. E mi è scivolata addosso, sai, era troppo grande. Allora mi diede una giacca di velluto che aveva e un ascot. E così sono tornato giù. Dovete immaginarlo.
E uno dopo l'altro li portò su e li vestì, mettendogli un costume. Perché lui avrebbe indossato l'uniforme da capitano di polizia e decise di vestire tutti gli altri. Così, quando arrivò al J.D. Sumner and Stamps Quartet, i vestiti da Superfly si adattarono a loro. E così eccoli scendere al piano di sotto. Stavamo morendo dalle risate.
Ci volle mezz'ora solo per iniziare a registrare, perché iniziavi qualcosa e guardavi Elvis, ed Elvis ti guardava, e tu ti staccavi, capisci ? Ad ogni modo, abbiamo iniziato ad incidere verso le 6 del mattino in questo modo. Ci siamo vestiti con i nostri costumi e questo è quanto.
Avevamo finito tutte le tracce. Elvis disse: "Beh, sarà meglio prendere i jet per portare i ragazzi a Los Angeles e riportare gli Stamps a Nashville". Disse: "Charlie, vai a prendere la limousine bianca". Così Charlie fa il giro e tira fuori questa limousine bianca stretch. Elvis la diede agli Stamps. Aveva le chiavi e disse: "Ecco, questo è per voi ragazzi". Così uscimmo sul portico. Stava sorgendo il sole. E siamo in piedi sulla veranda di Graceland. Charlie porta fuori la limousine stretch. Ed ecco gli Stamps in tenuta da Superfly che salgono su questa limousine bianca. Elvis era a terra e rideva. Stavamo tutti scoppiando a ridere.
Questo è l'Elvis che amavo. È una delle mie storie preferite su di lui. Lui amava divertirsi.



ADAMS:
Che mi dici della sera in cui hai suonato con Wagner, e volevi che David Briggs e tu facessi un'esibizione veloce con Elvis, ma David non ce l'ha fatta?

RSCHEFF:
Oh, sì. Beh, sai. Elvis voleva che facessimo degli assoli quando ci presentò. E come diavolo fa un bassista a fare un assolo dopo un batterista ? Voglio dire, è impossibile. Ho detto: "Suonerò un blues lento". Sai, io andrò nella direzione opposta, e Ronnie potrà suonare la musica più brillante e tutto il resto".
Così ogni sera Elvis si presentava e diceva: "Jerry Scheff al basso. Suona il blues, Jerry". Così io suonavo un blues lento. Una volta eravamo in Louisiana ed ero stufo di suonare il blues. Dissi ai ragazzi nel camerino: "Ascoltate, suonerò una specie di cajun su questo tempo e suonerò qualcos'altro, sai, in chiave di re". Poi ELvis disse: "Jerry Scheff al basso. Suona il blues, Jerry". E io ho iniziato con quest'altra cosa. E lui mi guardò come per dire: "Che diavolo stai facendo, amico?".
Ad ogni modo, la sera dopo non mi disse nulla, ma la seconda sera disse: "Questo è Jerry Scheff al basso. Cosa suonerai per noi, Jerry?". E io risposi: "Suonerò questa cosa cajun". In seguito me lo chiedette di nuovo "Cosa suonerai, Jerry?" e io risposi: "Suonerò un po' di Wagner". Così suonai "da da da daaaa", ridendo e così via.



ADAMS:
Era divertente per Elvis trovare del buon materiale rock da registrare ?

SCHEFF:
Si. C'erano due aspetti in questo. Uno di questi è che era difficile per lui trovare buone canzoni rock da registrare. Perché le canzoni rock stavano diventando la parodia di se stesse. Ogni cantante con cui ho lavorato ci è passato. E se la gente vuole che tu lo faccia, ama le vecchie cose che hai fatto e vuole che tu faccia quel tipo di cose. Ma quando inizi a farlo troppo spesso diventi la parodia di te stesso.
Personalmente credo che Elvis lo sapesse bene e non volesse più fare quel tipo di rock and roll. Così, una sera eravamo sul Lisa Marie, in volo da qualche parte. E io gli chiesi: "Come mai non stai facendo nessuna buona canzone rock and roll, Elvis?". E lui rispose: "Oh, non riesco a trovarne nessuna che mi piaccia".
Tornato a casa, scrissi una canzone rock and roll ed una ballaya e le suonai per Felton Jarvis. A Felton piacque molto la ballata. Gli piacevano entrambe le canzoni per Elvis, ma la ballata, che ci crediate o no, pensava che fosse un po' azzardata per Elvis all'epoca. Ma la canzone "Fire Down Below" siamo andati a registrarla. Ci lavorammo per circa due ore a Graceland. Era la fine del 1976. Tutti insieme, insomma. Poi Elvis si scusò e andò di sopra. Poco dopo mi chiamò e mi disse: "Jerry, non posso più andare avanti. Manderò tutti a casa'. Ma mi disse: "Ti prometto che ci metterò la mia voce". Non lo fece mai.
La FTD ha pubblicato un album intitolato "The Jungle Room Sessions", che raccoglieva tutto il materiale inciso a Graceland. E senza chiedermi il permesso, vi inserirono il brano "Fire Down Below". Così, dopo aver aspettato quella canzone per tutti questi anni, hanno pubblicato il brano.


ADAMS:
Perché pensi che non volesse farlo?

SCHEFF:
Penso che non volesse più fare quel rock and roll. Era quel tipo di rock and roll da macho impettito, sai. Era nella sua mezza età. Credo che volesse fare canzoni che riflettessero il fatto che poteva usare di più la sua voce. Ecco perché amava fare "The Impossible Dream" e tutta quella roba tipo Las Vegas. Perché era un grande cantante e poteva mettere in mostra la sua voce. Questa è la mia opinione.



ADAMS:
Quali sono i tuoi ricordi di Elvis durante "Aloha from Hawaii" ?

SCHEFF:
Beh, "Aloha From Hawaii" era un altro concerto. Non ho notato un particolare nervosismo da parte di Elvis, se non quello normale. Andò semplicemente fuori e fece lo spettacolo.



ADAMS:
E l'ultimo tour, quando la CBS ha fatto lo special televisivi "Elvis in concert"?

SCHEFF:
L'ultimo tour ? Sai, non me lo ricordo nemmeno. Non ricordo nulla. In quel periodo non ero nelle migliori condizioni io stesso. Ero piuttosto distrutto; per me era tutto un uscire e qualsiasi cosa fosse successa andava bene. La gente dice di essere rimasta scioccata da questo o da quello. Io non ero scioccato da nulla. Dicevo: "Ehi, sai, datti da fare". Scendi in campo. Fai lo spettacolo. E lui rispondeva, e noi lo facevamo.
E devo dire che ho perso due anni proprio nel bel mezzo di questa storia: dal '73, subito dopo "Aloha from Hawaii", ho smesso per due anni e, forse, in quel lasso di tempo, sono successe un po' di cose che sono state scioccanti ma sul palco non ho mai notato nulla di così sconvolgente. La gente lo amava. Si presentava in scenaa e cantava.
Vi dirò una cosa. Alcune di quelle canzoni, alcune delle migliori versioni soul che abbia mai sentito cantare, sono su quei nastri. E penso che tutti i critici e tutte le persone che facevano commenti sul suo peso e su questo e quello, mi piacerebbe vedere che aspetto hanno adesso... La gente non era obbligata ad andare a vederlo ma ci andavano, eccome ! Quindi lasciate perdere... Dimenticate queste stronzate.
Prendete il ragazzo per quello che era e basta. Era un essere umano, proprio come tutti noi.



ADAMS:
Eravate a Portland quando avete saputo che Elvis era morto?

SCHEFF:
No, stavamo andando a Portland. Eravamo in aereo. Siamo atterrati a Pueblo, Colorado e abbiamo chiamato. È stato un momento molto, molto commovente per noi. Così siamo tornati a Los Angeles ma planammo all'aeroporto di Burbank nel bel mezzo di un temporale, con fulmini e lampi dappertutto. Ce ne andammo tutti e non ricordo nemmeno le parole che ci siamo detti. Credo che fossimo tutti in stato di shock. Per noi era impensabile che potesse essere morto.



ADAMS:
Hai suonato il basso in "L.A. Woman" per i Doors.

SCHEFF:
Sull'album, sì.



ADAMS:
Hai avuto qualche conversazione con Jim Morrison su Elvis, perché lui era un grande fan di Elvis ?

SCHEFF:
No. Non so nemmeno se lo sapesse.
Sto facendo un documentario proprio adesso e Ray Manzarek, il tastierista, verrà qui. Se Ray Manzarek non sapeva che stavo lavorando con Elvis, allora non so nemmeno se Jim Morrison lo sapesse, ma non ne abbiamo mai parlato. Non credo che si siano conosciuti grazie al mio lavoro in studio. Non credo che mi abbiano chiamato perché lavoravo con Elvis, perché ero il bassista di Elvis. Non credo nemmeno che lo sapessero.



ADAMS:
Quali sono i tuoi ricordi del colonnello Parker?

SCHEFF:
Prima di tutto vorrei dire che tutte le persone con cui ho parlato che hanno lavorato con Parker, che lo amavano davvero. Era davvero buono con loro.
Detto questo, a Las Vegas stavo giocando a una slot machine da un quarto di dollaro all'Hilton e il Colonnello si avvicinò; aveva con sé due dei suoi amici della RCA, e disse: "Ragazzi, vorrei presentarvi il nuovo bassista di Elvis, Jerry Scheff'.
Io gli dissi: "Come va? Come va? Come va?". E loro stavano tutti lì in piedi con in mano questi grandi bicchieri di carta pieni di quarti di dollaro e quando se ne sono andati, hanno scaricato tutti i loro quarti nella mia macchina. C'erano circa cinque, seicento dollari di monetine e io pensai tra me e me: "Ragazzi, questo sarà il miglior concerto della storia della musica", capite? Perché già si preannunciava bene...
Comunque, la mattina dopo ero giù negli spogliatoi, c'era quel lungo corridoio, ed incrpociai Parker. Mi passò davanti e non si accorse nemmeno che ero vivo... Pensai: "Dio, cosa ho fatto? Cosa ho detto?"
Continuavo a rivivere la conversazione con lui alla slot machine... Così ho raccontato la cosa a Red West che scoppiò a ridere. Disse: "C'è stata una riunione ieri sera e il Colonnello ha scoperto quanto guadagnavi e ha detto a Elvis: "Ragazzo, potrei mettere degli scimpanzé sul palco con te e la gente ti amerebbe comunque". E per quanto ne so, che non disse una parola a me per cinque anni e nemmeno a Glen D. Hardin.
Ma le persone che lavoravano con lui a livello professionale lo amavano davvero.



ADAMS:
Quanti spettacoli facesti a Las Vegas ?

SCHEFF:
Due spettacoli a sera. Niente notti libere. Sette sere alla settimana, due spettacoli a notte.
Elvis aveva delle doti di ferro. Non sentiva mai, quasi mai, la sua voce incrinarsi. La sua voce era sufficiente per quei due spettacoli. Poi, quando andavamo in tournée, facevamo uno spettacolo della stessa durata, circa un'ora, da 45 minuti a un'ora, con il comico e "The Sweets Inaspirations" che facevano una canzone, e così via. E non facevamo mai il sound check perché Elvis non faceva mai il sound check. Lo faceva la band degli Sweet Inspirations, quindi in tournée o a Las Vegas ci presentavamo 15 minuti prima dell'inizio del concerto di Elvis, facevamo l'ora, a volte solo 40, mai un bis, facevamo l'ora e ce ne andavamo. Era fantastico.



ADAMS:
Elvis ha cambiato la tua vita ?

SCHEFF:
Oh, assolutamente. Voglio dire che per me è stato come andare a scuola. Sai, per prima cosa mi ha aperto la mente musicalmente a un'intera area che avevo ignorato e di cui non sapevo nulla, aprendomi la mente. È stato come andare a scuola, lavorando con lui. E devi capire che non ci ha cambiato la vita in nessun modo, tranne che musicalmente, capisci ? Voglio dire, la band, lui amava davvero i musicisti ed era molto educato. Rideva, graffiava, faceva cose del genere, ma non è mai stato cattivo o non ricordo che abbia mai urlato a qualcuno. Non ricordo che mi abbia mai detto qualcosa sul palco, sai, su qualsiasi cosa: quando ero stato via per due anni e ritornai senza prove, senza sound check, sono salito sul palco con lui come se non fossi mai stato via ed iniziai a suonare.


ADAMS:
Puoi parlare del pubblico e di Elvis ? Elvis amava davvero i suoi fans, non è vero?

SCHEFF:
Amava assolutamente la genteI. Quando le parole della canzone che stava cantando uscivano dalla sua bocca, era come se passassero attraverso il suo cervello e poi nel suo cuore e poi fuori dalla sua bocca verso la gente, e questo è ciò che la gente amava così tanto di lui. Non ci sono molti cantanti che sono così, sapete?
Si sostiene che Frank Sinatra fosse così, ma io penso che Elvis sia molto di piùQuando cantava una canzone non stava lì seduto a dire: "Oh, ragazzi, come mi stanno le unghie stasera?" o cose del genere. Lui era quella canzone che stava elaborando, e questo faceva parte del suo amore per il pubblico. Diceva: "Ecco questa canzone. Guarda questo. Ascoltala", capisci? "Vedi se ti colpisce".
Questo era il suo amore per il pubblico.



ADAMS:
Perché è così popolare oggi ? Che cosa c'è in Elvis ?

SCHEFF:
Oh, penso che Elvis stesso sarebbe stupito perché, sotto sotto, era quel ragazzo che guidava i camion, capisci ? Penso che si sia sempre stupito di quello che era successo ma credo che questo lo avrebbe stupito ancora di più.
Noi andiamo soprattutto in Europa e facciamo questi concerti virtuali. L'anno scorso abbiamo suonato a Zurigo: circa un terzo del pubblico era composto da ragazzi, dai 25 anni in giù. E alla fine dello spettacolo erano in piedi. Si potrebbe pensare che sia un concerto di Madonna o qualcosa del genere perchè c'erano tutti questi ragazzi che urlavano e gridavano.
Elvis, la sua voce è rimasta inalterata per tutti questi anni, capisci ? E lo spettacolo, lo stiamo facendo alla grande, voglio dire che lo stiamo facendo nel modo più simile possibile. La potenza che si sprigiona, si vede e i ragazzi impazziscono. Conoscono i licks della batteria, conoscono i licks del basso e conoscono tutte le canzoni di Elvis e questo li fa impazzire. Credo che la forza che gli è arrivata nel corso degli anni sia tutta lì, su nastro, non perde nulla dopo tanti anni.
27/01/2024 22:27
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