Il Papa nella veglia di preghiera per la beatificazione del Cardinale Newman
LONDRA, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- Riportiamo il testo del discorso che Papa Benedetto XVI ha pronunciato questo sabato pomeriggio presiedendo la veglia di preghiera per la beatificazione del Cardinale John Henry Newman.
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Cari Fratelli e Sorelle in Cristo,
questa è una serata di gioia, di immensa gioia spirituale per tutti noi. Siamo qui riuniti in questa veglia di preghiera per prepararci alla Messa di domani, durante la quale un grande figlio di questa Nazione, il Cardinale John Henry Newman, sarà dichiarato Beato. Quante persone, in Inghilterra e in tutto il mondo, hanno atteso questo momento! Anche per me personalmente è una grande gioia condividere questa esperienza con voi. Come sapete, Newman ha avuto da tanto tempo un influsso importante nella mia vita e nel mio pensiero, come lo è stato per moltissime persone al di là di queste isole. Il dramma della vita di Newman ci invita ad esaminare le nostre vite, a vederle nel contesto del vasto orizzonte del piano di Dio, e a crescere in comunione con la Chiesa di ogni tempo e di ogni luogo: la Chiesa degli Apostoli, la Chiesa dei martiri, la Chiesa dei santi, la Chiesa che Newman amò ed alla cui missione consacrò la propria intera esistenza.
Ringrazio l’Arcivescovo Peter Smith per le gentili parole di benvenuto pronunciate a vostro nome, e sono particolarmente lieto di vedere molti giovani presenti a questa veglia. Questa sera, nel contesto della preghiera comune, desidero riflettere con voi su alcuni aspetti della vita di Newman, che considero importanti per le nostre vite di credenti e per la vita della Chiesa oggi.
Permettetemi di cominciare ricordando che Newman, secondo il suo stesso racconto, ha ripercorso il cammino della sua intera vita alla luce di una potente esperienza di conversione, che ebbe quando era giovane. Fu un’esperienza immediata della verità della Parola di Dio, dell’oggettiva realtà della rivelazione cristiana quale era stata trasmessa nella Chiesa. Tale esperienza, al contempo religiosa e intellettuale, avrebbe ispirato la sua vocazione ad essere ministro del Vangelo, il suo discernimento della sorgente di insegnamento autorevole nella Chiesa di Dio ed il suo zelo per il rinnovamento della vita ecclesiale nella fedeltà alla tradizione apostolica. Alla fine della vita, Newman avrebbe descritto il proprio lavoro come una lotta contro la tendenza crescente a considerare la religione come un fatto puramente privato e soggettivo, una questione di opinione personale. Qui vi è la prima lezione che possiamo apprendere dalla sua vita: ai nostri giorni, quando un relativismo intellettuale e morale minaccia di fiaccare i fondamenti stessi della nostra società, Newman ci rammenta che, quali uomini e donne creati ad immagine e somiglianza di Dio, siamo stati creati per conoscere la verità, per trovare in essa la nostra definitiva libertà e l’adempimento delle più profonde aspirazioni umane. In una parola, siamo stati pensati per conoscere Cristo, che è Lui stesso "la via, la verità e la vita" (Gv 14,6).
L’esistenza di Newman, inoltre, ci insegna che la passione per la verità, per l’onestà intellettuale e per la conversione genuina comportano un grande prezzo da pagare. La verità che ci rende liberi non può essere trattenuta per noi stessi; esige la testimonianza, ha bisogno di essere udita, ed in fondo la sua potenza di convincere viene da essa stessa e non dall’umana eloquenza o dai ragionamenti nei quali può essere adagiata. Non lontano da qui, a Tyburn, un gran numero di nostri fratelli e sorelle morirono per la fede; la testimonianza della loro fedeltà sino alla fine fu ben più potente delle parole ispirate che molti di loro dissero prima di abbandonare ogni cosa al Signore. Nella nostra epoca, il prezzo da pagare per la fedeltà al Vangelo non è tanto quello di essere impiccati, affogati e squartati, ma spesso implica l’essere additati come irrilevanti, ridicolizzati o fatti segno di parodia. E tuttavia la Chiesa non si può esimere dal dovere di proclamare Cristo e il suo Vangelo quale verità salvifica, la sorgente della nostra felicità ultima come individui, e quale fondamento di una società giusta e umana.
Infine, Newman ci insegna che se abbiamo accolto la verità di Cristo e abbiamo impegnato la nostra vita per lui, non vi può essere separazione tra ciò che crediamo ed il modo in cui viviamo la nostra esistenza. Ogni nostro pensiero, parola e azione devono essere rivolti alla gloria di Dio e alla diffusione del suo Regno. Newman comprese questo e fu il grande campione dell’ufficio profetico del laicato cristiano. Vide chiaramente che non dobbiamo tanto accettare la verità come un atto puramente intellettuale, quanto piuttosto accoglierla mediante una dinamica spirituale che penetra sino alle più intime fibre del nostro essere. La verità non viene trasmessa semplicemente mediante un insegnamento formale, pur importante che sia, ma anche mediante la testimonianza di vite vissute integralmente, fedelmente e santamente; coloro che vivono della e nella verità riconoscono istintivamente ciò che è falso e, proprio perché falso, è nemico della bellezza e della bontà che accompagna lo splendore della verità, veritatis splendor.
La prima lettura di stasera è la magnifica preghiera con la quale san Paolo chiede che ci sia dato di conoscere "l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza" (cfr Ef 3,14-21). L’Apostolo prega affinché Cristo dimori nei nostri cuori mediante la fede (cfr Ef 3,17) e perché possiamo giungere a "comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità" di quell’amore. Mediante la fede giungiamo a vedere la parola di Dio come una lampada per i nostri passi e luce del nostro cammino (cfr Sal 119, 105). Come innumerevoli santi che lo precedettero sulla via del discepolato cristiano, Newman insegnò che la "luce gentile" della fede ci conduce a renderci conto della verità su noi stessi, sulla nostra dignità di figli di Dio, e sul sublime destino che ci attende in cielo. Permettendo a questa luce della fede di risplendere nei nostri cuori e abbandonandoci ad essa mediante la quotidiana unione al Signore nella preghiera e nella partecipazione ai sacramenti della Chiesa, datori di vita, diventiamo noi stessi luce per quanti ci stanno attorno; esercitiamo il nostro "ufficio profetico"; spesso, senza saperlo, attiriamo le persone più vicino al Signore ed alla sua verità. Senza la vita di preghiera, senza l’interiore trasformazione che avviene mediante la grazia dei sacramenti, non possiamo – con le parole di Newman – "irradiare Cristo"; diveniamo semplicemente un altro "cembalo squillante" (1Cor 13,1) in un mondo già pieno di crescente rumore e confusione, pieno di false vie che conducono solo a profondo dolore del cuore e ad illusione.
Una delle più amate meditazioni del Cardinale contiene queste parole: "Dio mi ha creato per offrire a lui un certo specifico servizio. Mi ha affidato un certo lavoro che non ha affidato ad altri" (Meditations on Christian Doctrine). Vediamo qui il preciso realismo cristiano di Newman, il punto nel quale la fede e la vita inevitabilmente si incrociano. La fede è destinata a portare frutto nella trasformazione del nostro mondo mediante la potenza dello Spirito Santo che opera nella vita e nell’attività dei credenti. Nessuno che guardi realisticamente al nostro mondo d’oggi può pensare che i cristiani possano continuare a far le cose di ogni giorno, ignorando la profonda crisi di fede che è sopraggiunta nella società, o semplicemente confidando che il patrimonio di valori trasmesso lungo i secoli cristiani possa continuare ad ispirare e plasmare il futuro della nostra società. Sappiamo che in tempi di crisi e di ribellioni Dio ha fatto sorgere grandi santi e profeti per il rinnovamento della Chiesa e della società cristiana; noi abbiamo fiducia nella sua provvidenza e preghiamo per la sua continua guida. Ma ciascuno di noi, secondo il proprio stato di vita, è chiamato ad operare per la diffusione del Regno di Dio impregnando la vita temporale dei valori del Vangelo. Ciascuno di noi ha una missione, ciascuno è chiamato a cambiare il mondo, ad operare per una cultura della vita, una cultura forgiata dall’amore e dal rispetto per la dignità di ogni persona umana. Come il Signore ci insegna nel Vangelo appena ascoltato, la nostra luce deve risplendere al cospetto di tutti, così che, vedendo le nostre opere buone, possano dar gloria al nostro Padre celeste (cfr Mt 5,16).
Qui desidero dire una parola speciale ai molti giovani presenti. Cari giovani amici: solo Gesù conosce quale "specifico servizio" ha in mente per voi. Siate aperti alla sua voce che risuona nel profondo del vostro cuore: anche ora il suo cuore parla al vostro cuore. Cristo ha bisogno di famiglie che ricordano al mondo la dignità dell’amore umano e la bellezza della vita familiare. Egli ha bisogno di uomini e donne che dedichino la loro vita al nobile compito dell’educazione, prendendosi cura dei giovani e formandoli secondo le vie del Vangelo. Ha bisogno di quanti consacreranno la propria vita al perseguimento della carità perfetta, seguendolo in castità, povertà e obbedienza, e servendoLo nel più piccolo dei nostri fratelli e sorelle. Ha bisogno dell’amore potente dei religiosi contemplativi che sorreggono la testimonianza e l’attività della Chiesa mediante la loro continua orazione. Ed ha bisogno di sacerdoti, buoni e santi sacerdoti, uomini disposti a perdere la propria vita per il proprio gregge. Chiedete a Dio cosa ha in mente per voi! Chiedetegli la generosità di dirgli di sì! Non abbiate paura di donarvi interamente a Gesù. Vi darà la grazia necessaria per adempiere alla vostra vocazione. Permettetemi di concludere queste poche parole invitandovi ad unirvi a me il prossimo anno a Madrid per la Giornata Mondiale della Gioventù. Si tratta sempre di una splendida occasione per crescere nell’amore per Cristo ed essere incoraggiati nella vostra gioiosa vita di fede assieme a migliaia di altri giovani. Spero di vedere là molti di voi!
Ed ora, cari amici, continuiamo questa veglia di preghiera preparandoci ad incontrare Cristo, presente fra noi nel Santissimo Sacramento dell’Altare. Insieme, nel silenzio della nostra comune adorazione, apriamo le menti ed i cuori alla sua presenza, al suo amore, alla potenza convincente della sua verità. In modo speciale, ringraziamolo per la continua testimonianza a quella verità, offerta dal Cardinale John Henry Newman. Confidando nelle sue preghiere, chiediamo a Dio di illuminare i nostri passi e quelli della società britannica, con la luce gentile della sua verità, del suo amore, della sua pace. Amen.
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Il Papa con i professionisti per la protezione dei bambini nella Chiesa
LONDRA, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito le parole rivolte questo sabato da Benedetto XVI nell'incontrare un gruppo di professionisti e di volontari che si dedicano alla protezione dei bambini e dei giovani in ambiente ecclesiastico, dopo il saluto agli anziani nel Teatro della St. Peter’s Residence di Londra.
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Cari amici,
sono lieto di avere l’opportunità di salutare voi che rappresentate i numerosi professionisti e volontari responsabili della protezione dei ragazzi negli ambienti ecclesiali. La Chiesa ha una lunga tradizione di cura dei ragazzi, dai primi anni di vita fino all’età adulta, seguendo l’esempio di affetto di Cristo che benediceva i fanciulli a lui portati e che insegnava ai suoi discepoli che a chi è come loro appartiene il Regno dei Cieli.
Il vostro lavoro, portato avanti sulla scorta delle raccomandazioni elaborate in una prima fase dal “Nola Report” e in seguito dalla Commissione “Cumberlege”, ha offerto un contributo vitale alla promozione di ambienti sicuri per la gioventù. Esso aiuta ad assicurare che le misure preventive messe in campo sono efficaci, che esse sono mantenute con attenzione, e che qualsiasi accusa di abuso è trattata con rapidità e giustizia. A nome dei molti ragazzi che voi servite e dei loro genitori, vorrei ringraziarvi per il buon lavoro che avete fatto e continuate a fare in questo settore.
È deplorevole che, in così marcato contrasto con la lunga tradizione della Chiesa di cura per i ragazzi, questi abbiano sofferto abusi e maltrattamenti ad opera di alcuni preti e religiosi. Siamo tutti diventati molto più consapevoli della necessità di proteggere i ragazzi e voi costituite una parte importante della vasta risposta della Chiesa al problema. Sebbene non vi siano mai motivi per compiacersi, occorre dare atto a ciò che è stato fatto: gli sforzi della Chiesa, in questo Paese e altrove, specialmente negli ultimi dieci anni per garantire la sicurezza dei fanciulli e dei giovani e per mostrare loro ogni rispetto durante la loro crescita verso la maturità, devono essere riconosciuti. Prego che il vostro generoso servizio aiuti a rafforzare un’atmosfera di fiducia e di rinnovato impegno per il benessere dei ragazzi, che sono un così prezioso dono di Dio.
Che Dio renda fecondo il vostro lavoro ed estenda la sua benedizione su tutti voi.
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Discorso del Papa alla casa di riposo per anziani “St. Peter's Residence”
LONDRA, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il discorso pronunciato da Benedetto XVI questo sabato pomeriggio visitando la “St. Peter’s Residence”, casa di riposo per anziani diretta dalle Piccole Sorelle dei Poveri nel quartiere londinese di Lambeth.
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Miei cari fratelli e sorelle,
sono davvero contento di essere fra voi, residenti della Casa San Pietro, e di ringraziare Suor Marie Claire e la Signora Fasky le loro gentili parole di benvenuto a vostro nome. Sono anche lieto di salutare l’Arcivescovo Smith di Southwark, come pure le Piccole Sorelle dei Poveri, il personale e i volontari che vi assistono.
Con i progressi della medicina ed altri fattori legati alla accresciuta longevità, è importante riconoscere la presenza di un crescente numero di anziani come una benedizione per la società. Ogni generazione può imparare dall’esperienza e saggezza della generazione che l’ha preceduta. Inoltre il provvedere alla cura delle persone anziane non dovrebbe essere anzitutto considerata come un atto di generosità, ma come il ripagare un debito di gratitudine.
Da parte sua la Chiesa ha sempre avuto grande rispetto per l’anziano. Il Quarto Comandamento "Onora tuo padre e tua madre come il Signore tuo Dio ti ha comandato" è legato alla promessa "perché si prolunghino i tuoi giorni e tu sia felice nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà (Dt 5,16). Questa opera della Chiesa per gli anziani e gli infermi non offre loro solamente amore e cura, ma è anche ricambiata da Dio con le benedizioni che egli ha promesso alla terra in cui questo comandamento viene osservato. Dio vuole un preciso rispetto per la dignità e il valore, la salute e il benessere degli anziani e, attraverso le sue istituzioni caritative in Gran Bretagna ed altrove, la Chiesa cerca di adempiere il comando del Signore di rispettare la vita, senza tenere conto dell’età o delle condizioni.
Agli inizi del mio pontificato ho detto: "Ognuno di noi è voluto, ognuno di noi è amato, ognuno di noi è necessario" (Omelia alla Messa per gli inizi del Ministero Petrino del Vescovo di Roma, 24 aprile 2005). La vita è un dono unico, ad ogni stadio, dal concepimento fino alla morte naturale, e spetta solo a Dio darla e toglierla. Uno può godere buona salute in tarda età; ma ugualmente i Cristiani non dovrebbero avere paura di partecipare alle sofferenze di Cristo se Dio vuole che affrontiamo l’infermità. Il mio predecessore il Papa Giovanni Paolo, ha sofferto pubblicamente negli ultimi anni della sua vita. Appariva chiaro a tutti che viveva questo in unione alle sofferenze del nostro Salvatore. La sua letizia e pazienza nell’affrontare i suoi ultimi giorni furono un significativo e commovente esempio per tutti noi che dobbiamo portare il carico degli anni che avanzano.
Per questo sono venuto fra voi non solo come un Padre, ma soprattutto come un fratello che conosce bene le gioie e le sfide che vengono con l’età. I nostri lunghi anni di vita ci offrono l’opportunità di apprezzare la bellezza dei più grandi doni che Dio ci ha dato, il dono della vita così come la fragilità dello spirito umano. Quelli fra noi che vivono parecchi anni hanno una meravigliosa opportunità di approfondire la propria consapevolezza del mistero di Cristo che umiliò se stesso per condividere la nostra umanità. Mentre cresce il nostro normale periodo di vita, le nostre capacità fisiche spesso vengono meno; e tuttavia questi periodi possono essere fra gli anni spiritualmente più fruttuosi della nostra vita. Questi anni sono un’opportunità per ricordare in una preghiera affettuosa tutti quelli che abbiamo amato in questa vita e porre tutto quello che siamo stati e abbiamo fatto davanti alla grazia e alla tenerezza di Dio. Questo sarà certamente di grande conforto spirituale e ci permetterà di scoprire di nuovo il suo amore e la sua bontà tutti i giorni della nostra vita.
Con questi sentimenti, cari fratelli e sorelle, assicuro di cuore le mie preghiere per tutti voi, e vi chiedo di pregare per me. Che la nostra beata Signora ed il suo sposo San Giuseppe preghino per la nostra felicità in questa vita e ci ottengano la benedizione di un sereno passaggio nella prossima.
Dio vi benedica tutti!
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Il saluto dell'Arcivescovo Rowan Williams per la celebrazione ecumenica
Una visione benedettina per i nostri giorni
ROMA, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo dell'indirizzo di saluto al Papa rivolto dall'Arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, Primate della comunione anglicana, in occasione della celebrazione ecumenica con la recita dei Vespri tenutasi il 17 settembre nella Westminster Abbey.
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Santità, membri del corpo della collegiata, distinti ospiti, fratelli e sorelle in Cristo. I cristiani in Gran Bretagna, in particolare in Inghilterra, ricordano con gratitudine gli eventi del 597, quando Agostino approdò su queste coste per predicare il Vangelo agli anglosassoni per mandato di Papa Gregorio Magno. Per i cristiani di tutte le tradizioni e confessioni, san Gregorio è un personaggio di irresistibile attrattiva e autorità spirituale, pastore e capo, studioso ed esegeta, guida spirituale. Il fatto che la prima predicazione del Vangelo ai popoli inglesi nei secoli vi e vii sia stata originata da lui crea una speciale connessione per noi con la sede degli apostoli Pietro e Paolo. La testimonianza e l'eredità di Gregorio rimangono una fonte feconda di ispirazione per la nostra missione in questi tempi straordinariamente diversi. Due dimensioni della sua visione possono essere di particolare importanza mentre riflettiamo oggi sul significato della visita di Sua Santità presso di noi.
San Gregorio fu il primo a spiegare ai fedeli la grandezza del dono offerto alla Chiesa di Cristo attraverso la vita di san Benedetto, al quale lei, Santità, ha dimostrato devozione nella scelta del suo nome di Pontefice. Dai dialoghi di san Gregorio possiamo evincere l'impatto di san Benedetto, un uomo straordinario che, a partire dal vi secolo, grazie a una Regola di vita relativamente breve, diede a tutta la civiltà europea la possibilità di vivere in gioia e servizio reciproco, in semplicità e abnegazione, secondo un modello equilibrato di lavoro e preghiera in cui ogni istante parlava di dignità umana pienamente realizzata nell'abbandono a un Dio amorevole. La vita benedettina si è dimostrata un fondamento saldo non solo per generazioni di monaci e religiose, ma anche per un'intera cultura in cui lavoro produttivo, silenzio contemplativo e ricettività, dignità e libertà umane, venivano onorati.
Nella nostra cultura, in cui così spesso sembra che «l'amore si sia raffreddato», possiamo vedere gli effetti disumanizzanti dell'abbandono dell'idea benedettina. Il lavoro genera spesso ansia e ossessività come se tutto il nostro valore di esseri umani dipendesse da esso. Di conseguenza la disoccupazione, che è ancora una piaga e una minaccia in questi tempi di incertezza economica, giunge a sembrare una perdita di dignità e di significato nella vita. Viviamo in un'epoca in cui c'è un bisogno disperato di riscoprire il senso della dignità del lavoro e del tempo libero e la necessità di un'apertura silenziosa a Dio che permetta al nostro carattere autentico di svilupparsi e prosperare condividendo l'amore eterno.
In una serie di encicliche profonde ed eloquenti, lei, Santità, ha analizzato questi temi per i giorni nostri, fondando ogni cosa sull'amore eterno della Santa Trinità, sfidandoci a sperare sia per questo mondo sia per il prossimo, ed esaminando i modi in cui le nostre abitudini economiche ci hanno intrappolato in uno stile riduttivo e indegno della vita umana. In questo edificio dalla lunga tradizione benedettina, riconosciamo con gratitudine il suo contributo a una visione benedettina per i nostri giorni e preghiamo affinché il tempo che trascorre con noi, in Gran Bretagna, ci aiuti tutti a rinnovare la speranza e l'energia di cui abbiamo bisogno come cristiani per testimoniare la nostra convinzione del fatto che gli uomini e le donne nel loro rapporto con Dio possono raggiungere libertà e bellezza di spirito totali.
E, in questo, ci viene ricordata anche l'importanza dei titoli dei Vescovi di Roma, dell'autodefinizione di san Gregorio come «servo dei servi di Dio», di certo il titolo che punta più direttamente all'esempio del Signore che ci ha chiamati. Come sappiamo, non c'è autorità nella Chiesa che non sia autorità di servizio, ovvero di edificazione del popolo di Dio nella piena maturità. Il servizio di Cristo è semplicemente il modo in cui incontriamo la sua forza onnipotente: la forza di rifare il mondo che Egli ha creato, effondendo nella nostra vita, individualmente e collettivamente, ciò che è necessario per divenire in pienezza quello che dobbiamo essere: l'immagine della vita divina. È quell'immagine che il pastore nella Chiesa cerca di servire, inchinandosi riverente di fronte a ogni persona umana nella consapevolezza della gloria per cui ella è stata fatta.
I cristiani hanno diverse opinioni sulla natura della vocazione della sede di Roma. Tuttavia, come il suo grande predecessore ha ricordato a tutti noi nella sua enciclica Ut unum sint, dobbiamo imparare a riflettere insieme su come il ministero storico della Chiesa romana e il suo Capo possano parlare alla Chiesa cattolica — occidentale e orientale, al sud e al nord del mondo — dell'autorità di Cristo e dei suoi apostoli di edificare il Corpo nell'amore e su come ciò si possa realizzare come ministero di pazienza e di riverenza verso tutti, un ministero di amore creativo e di dono di sé che ci conduce tutti lungo lo stesso cammino di ricerca, non della nostra comodità o del nostro profitto, ma del bene dell'intera comunità umana e della gloria di Dio, creatore e redentore.
Preghiamo affinché la sua permanenza fra noi sia un passo ulteriore per tutti noi verso il mistero della croce e della resurrezione, cosicché crescendo insieme possiamo divenire canali più efficaci per lo scopo di Dio di guarire le ferite dell'umanità e di ripristinare ancora una volta, sia nelle nostre società sia nel nostro ambiente, l'aspetto della sua gloria così come è rivelata nel volto di Cristo.
[Traduzione del testo in inglese a cura de “L'Osservatore Romano”]
Il Papa: proclamare la fede con coraggio sull'esempio del Cardinale Newman
Durante la veglia che ha presieduto in preparazione alla sua beatificazione
LONDRA, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- La vita del Cardinale John Henry Newman mostra che “la passione per la verità, per l’onestà intellettuale e per la conversione genuina comportano un grande prezzo da pagare”, ha affermato Papa Benedetto XVI durante la veglia di preghiera per la beatificazione del porporato.
La veglia ha avuto luogo questo pomeriggio a Hyde Park, nella zona di Westminster, in pieno cuore di Londra. E' stata introdotta dal saluto di monsignor Peter Smith, Arcivescovo di Southwark e vicepresidente della Conferenza Episcopale Britannica.
Benedetto XVI ha condiviso con i presenti l'influenza che Newman ha esercitato sulla sua vita e sul suo pensiero: “Il dramma della vita di Newman ci invita ad esaminare le nostre vite, a vederle nel contesto del vasto orizzonte del piano di Dio, e a crescere in comunione con la Chiesa di ogni tempo e di ogni luogo”.
Una vita al servizio della Verità
Il Papa ha sottolineato la lotta costante del Servo di Dio contro la tendenza a ridurre la fede alla sfera privata e a una percezione meramente soggettiva. Una lotta che porta grandi insegnamenti nel tempo presente, “quando un relativismo intellettuale e morale minaccia di fiaccare i fondamenti stessi della nostra società”.
Newman, ha detto, ricorda che l'uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, ha una chiamata speciale: “conoscere la verità, per trovare in essa la nostra definitiva libertà e l’adempimento delle più profonde aspirazioni umane”.
Proclamare il Vangelo con coraggio
“La verità che ci rende liberi non può essere trattenuta per noi stessi”, ha sottolineato il Papa, che ha detto che come ha dimostrato Newman questa “esige la testimonianza”, perché “ha bisogno di essere udita”. La sua potenza di convincere, ha aggiunto, “viene da essa stessa e non dall’umana eloquenza o dai ragionamenti nei quali può essere adagiata”.
Attualmente, ha segnalato, “il prezzo da pagare per la fedeltà al Vangelo non è tanto quello di essere impiccati, affogati e squartati”, anche se quanti proclamano la fede con fedeltà nel momento attuale devono non di rado pagare un altro prezzo - “essere additati come irrilevanti, ridicolizzati o fatti segno di parodia”.
Non per questo, ha avvertito, la Chiesa “si può esimere dal dovere di proclamare Cristo e il suo Vangelo quale verità salvifica, la sorgente della nostra felicità ultima come individui, e quale fondamento di una società giusta e umana”.
Benedetto XVI ha poi invitato i presenti affinché, sull'esempio di Newman, vivano con coerenza la propria fede dicendo che la verità si trasmette “semplicemente mediante un insegnamento formale”, ma soprattutto “mediante la testimonianza di vite vissute integralmente, fedelmente e santamente”.
Allo stesso modo, il Papa ha detto che di fronte alla crisi di fede della società attuale i cristiani non possono “continuare a far le cose di ogni giorno”. Non si può nemmeno confidare semplicemente che “il patrimonio di valori trasmesso lungo i secoli cristiani possa continuare ad ispirare e plasmare il futuro della nostra società”.
“Sappiamo che in tempi di crisi e di ribellioni Dio ha fatto sorgere grandi santi e profeti per il rinnovamento della Chiesa e della società cristiana”, ha ricordato il Papa. “Noi abbiamo fiducia nella sua provvidenza e preghiamo per la sua continua guida”.
Ai giovani
Il Pontefice ha infine rivolto un appello speciale ai giovani perché ascoltino attentamente la chiamata particolare che il Signore rivolge a ciascuno, all'interno della vita consacrata, del sacerdozio o del sacramento del matrimonio: “Chiedetegli la generosità di dirgli di sì! Non abbiate paura di donarvi interamente a Gesù. Vi darà la grazia necessaria per adempiere alla vostra vocazione”.
Ha inoltre rinnovato il suo invito a partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù che si svolgerà a Madrid (Spagna) il prossimo anno, dicendo che si tratta di “una splendida occasione per crescere nell’amore per Cristo ed essere incoraggiati nella vostra gioiosa vita di fede assieme a migliaia di altri giovani”.
“Spero di vedere là molti di voi!”, ha esclamato.
Al termine del discorso, la veglia di preghiera è continuata con l'adorazione del Santissimo Sacramento e le litanie del Sacro Cuore e la preghiera Irradiating Christ; in seguito il coro ha intonato il canto Lead, kindly light, anch'esso composto dal Cardinale Newman.
Benedetto XVI: gli anziani, “benedizione per la società”
Visita la casa di riposo “St. Peter's Residence”
LONDRA, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- Facendo visita questo sabato pomeriggio agli ospiti della “St. Peter’s Residence”, casa di riposo londinese per anziani diretta dalle Piccole Sorelle dei Poveri, Papa Benedetto XVI ha affermato che gli anziani sono “una benedizione per la società”.
Dopo aver guidato un breve momento di preghiera nella Cappella, il Pontefice si è recato nel Teatro del Centro, dove erano riuniti gli anziani insieme ad alcuni assistenti e volontari.
Nel suo discorso ai presenti, ha ricordato che “con i progressi della medicina ed altri fattori legati alla accresciuta longevità, è importante riconoscere la presenza di un crescente numero di anziani come una benedizione per la società”.
“Ogni generazione può imparare dall’esperienza e saggezza della generazione che l’ha preceduta”.
Il provvedere alla cura delle persone anziane, ha segnalato, “non dovrebbe essere anzitutto considerata come un atto di generosità, ma come il ripagare un debito di gratitudine”.
Il Papa ha anche ricordato che la Chiesa “ha sempre avuto grande rispetto per l’anziano”.
“Il Quarto Comandamento 'Onora tuo padre e tua madre come il Signore tuo Dio ti ha comandato' è legato alla promessa 'perché si prolunghino i tuoi giorni e tu sia felice nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà'”.
“Dio vuole un preciso rispetto per la dignità e il valore, la salute e il benessere degli anziani e, attraverso le sue istituzioni caritative in Gran Bretagna ed altrove, la Chiesa cerca di adempiere il comando del Signore di rispettare la vita, senza tenere conto dell’età o delle condizioni”, ha aggiunto.
Accettare la sofferenza
Il Papa ha quindi ricordato che “la vita è un dono unico, ad ogni stadio, dal concepimento fino alla morte naturale, e spetta solo a Dio darla e toglierla”.
Anche se si può “godere buona salute in tarda età”, ha spiegato, “i cristiani non dovrebbero avere paura di partecipare alle sofferenze di Cristo se Dio vuole che affrontiamo l’infermità”.
A questo proposito, ha ricordato l'esempio del suo predecessore, Papa Giovanni Paolo II, che “ha sofferto pubblicamente negli ultimi anni della sua vita”.
“Appariva chiaro a tutti che viveva questo in unione alle sofferenze del nostro Salvatore – ha constatato –. La sua letizia e pazienza nell’affrontare i suoi ultimi giorni furono un significativo e commovente esempio per tutti noi che dobbiamo portare il carico degli anni che avanzano”.
Padre e fratello
Benedetto XVI ha confessato agli anziani di essere andato a far loro visita “non solo come un Padre, ma soprattutto come un fratello che conosce bene le gioie e le sfide che vengono con l’età”.
“I nostri lunghi anni di vita ci offrono l’opportunità di apprezzare la bellezza dei più grandi doni che Dio ci ha dato, il dono della vita così come la fragilità dello spirito umano”, ha riconosciuto, sottolineando che chi vive a lungo ha “una meravigliosa opportunità di approfondire la propria consapevolezza del mistero di Cristo che umiliò se stesso per condividere la nostra umanità”.
Anche se nell'età avanzata “le nostre capacità fisiche spesso vengono meno”, “questi periodi possono essere fra gli anni spiritualmente più fruttuosi della nostra vita”, ha commentato.
“Sono un’opportunità per ricordare in una preghiera affettuosa tutti quelli che abbiamo amato in questa vita e porre tutto quello che siamo stati e abbiamo fatto davanti alla grazia e alla tenerezza di Dio”.
Ciò, ha aggiunto, “sarà certamente di grande conforto spirituale e ci permetterà di scoprire di nuovo il suo amore e la sua bontà tutti i giorni della nostra vita”.
Il Pontefice si è quindi congedato dagli ospiti della “St. Peter’s Residence” con un augurio ispirato alla Sacra Famiglia: “Che la nostra beata Signora ed il suo sposo San Giuseppe preghino per la nostra felicità in questa vita e ci ottengano la benedizione di un sereno passaggio nella prossima”.
Il Papa: “vergogna” e “umiliazione” per gli abusi da parte del clero
“Sollecitudine per le vittime” e “solidarietà verso i vostri sacerdoti”
LONDRA, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- Gli abusi sui minori, “specialmente nella Chiesa e da parte dei suoi ministri”, hanno causato delle “immense sofferenze” nelle vittime ma anche “vergogna” e “umiliazione” all'interno della Chiesa. Lo ha detto questo sabato Benedetto XVI nel celebrare la messa nella Cattedrale londinese di Westminster.
La Santa Messa votiva del Preziosissimo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo, a cui è dedicata la Cattedrale (che quest'anno ha festaggiato i 100 anni dalla sua consacrazione), è stata celerata dal Papa insieme ai Vescovi di Inghilterra, Galles e Scozia e a 240 sacerdoti. Per l'occasione il Papa e i Vescovi indossavano delle vesti di colore rosso.
A seguire la Messa attraverso un maxi-schermo collocato nella piazza antistante la Cattedrale oltre 2000 giovani provenienti dalle parrocchie del Regno Unito e volontari di associazioni laicali.
Nell'omelia, il Pontefice ha voluto esprimere il suo “profondo dolore alle vittime innocenti di questi inqualificabili crimini, insieme con la speranza che il potere della grazia di Cristo, il suo sacrificio di riconciliazione, porterà profonda guarigione e pace alle loro vite”.
“Riconosco anche, con voi, la vergogna e l’umiliazione che tutti abbiamo sofferto a causa di questi peccati – ha detto –; vi invito a offrirle al Signore con la fiducia che questo castigo contribuirà alla guarigione delle vittime, alla purificazione della Chiesa ed al rinnovamento del suo secolare compito di formazione e cura dei giovani”.
“Esprimo la mia gratitudine per gli sforzi fatti per affrontare questo problema responsabilmente, e chiedo a tutti voi di mostrare la vostra sollecitudine per le vittime e la solidarietà verso i vostri sacerdoti”, ha continuato.
Il mistero del prezioso sangue di Cristo
Il Papa ha voluto incentrare la sua riflessione sull'enorme crocifisso che domina la navata centrale della Cattedrale e “che ritrae il corpo di Cristo schiacciato dalla sofferenza, sopraffatto dal dolore, vittima innocente la cui morte ci ha riconciliati con il Padre e ci ha donato di partecipare alla vita stessa di Dio”.
“Lo scaturire del sangue di Cristo è la sorgente della vita della Chiesa”, ha notato Benedetto XVI.
“La Chiesa in ogni tempo e luogo celebra l’Eucarestia, fino a che il Signore ritorni nella gloria, rallegrandosi nella sua presenza sacramentale e attingendo alla forza del suo sacrificio di salvezza per la redenzione del mondo.”
La realtà del sacrificio Eucaristico, ha aggiunto, “è sempre stata al cuore della fede cattolica; messa in discussione nel sedicesimo secolo, essa venne solennemente riaffermata al Concilio di Trento, nel contesto della nostra giustificazione in Cristo”.
“Qui in Inghilterra, come sappiamo – ha continuato –, molti difesero strenuamente la Messa, sovente a caro prezzo, dando vita a quella devozione alla Santissima Eucaristia che è stata una caratteristica del cattolicesimo in queste terre”.
Questo mistero della passione del Signore “è anche riflesso nei nostri fratelli e sorelle nel mondo, che ancora oggi soffrono discriminazioni e persecuzioni per la loro fede cristiana” ma “è anche presente, spesso nascosto nelle sofferenze di tutti quei singoli cristiani che quotidianamente uniscono i loro sacrifici a quelli del Signore per la santificazione della Chiesa e la redenzione del mondo”.
Presenza cristiana
Questo mistero della Redezione, ha insistito il Papa, deve essere portato al mondo: “Il Concilio Vaticano II parlò in maniera eloquente dell’indispensabile ruolo del laicato di portare avanti la missione della Chiesa”.
Una esortazione, ha osservato poi, che richiama “le intuizioni e gli insegnamenti di John Henry Newman”
In questo senso, ha auspicato che le idee di Newman possano “continuare ad ispirare tutti i seguaci di Cristo in questa terra a conformare a lui ogni loro pensiero, parola ed azione e a lavorare strenuamente per difendere quelle immutabili verità morali che, riprese, illuminate e confermate dal Vangelo, stanno alla base di una società veramente umana, giusta e libera”.
“Quanto ha bisogno la società contemporanea di questa testimonianza! Quanto abbiamo bisogno, nella Chiesa e nella società, di testimoni della bellezza della santità, testimoni dello splendore della verità, testimoni della gioia e libertà che nascono da una relazione viva con Cristo!”, ha esclamato.
Tra le sfide della modernità che interpellano la Chiesa il Papa ha quindi indicato la necessità di “parlare in maniera convincente della sapienza e del potere liberante della parola di Dio ad un mondo che troppo spesso vede il Vangelo come un limite alla libertà umana, invece che come verità che libera le nostre menti e illumina i nostri sforzi per vivere in modo saggio e buono, sia come individui che come membri della società”.
Il Papa ha quindi concluso invitando i cattolici inglesi ad unirsi “alle schiere di credenti della lunga storia cristiana di questa terra nel costruire una società veramente degna dell’uomo, degna delle più nobili tradizioni della vostra nazione”.
Il viaggio papale in Gran Bretagna, “al di sopra delle attese”
Il portavoce vaticano sottolinea “la gioia nell'ascolto” del Pontefice
CITTA' DEL VATICANO, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI “non può non essere contento dell’accoglienza e, diciamo così, del successo da un punto di vista esteriore” del viaggio che sta compiendo in Gran Bretagna da questo giovedì e che terminerà domenica.
Lo ha affermato padre Federico Lombardi, S.I., portavoce della Santa Sede, alla “Radio Vaticana”, spiegando che il buon esito del viaggio del Papa “significa soprattutto un ascolto interiore, una disponibilità a riceverlo come persona e per il messaggio che porta”.
Come il Pontefice ha già indicato durante il viaggio aereo verso il Regno Unito, il suo obiettivo è essere “trasparenza di Cristo”, “cioè portare un messaggio positivo che è quello che ci viene dal Vangelo del Signore”, ha osservato il direttore della Sala Stampa vaticana.
“Questo sta avvenendo, direi, molto bene e anche al di sopra delle attese per quanto riguarda la gioia nell’ascolto”, ha commentato. “Ci sono alcune manifestazioni di dissenso, alcune manifestazioni che erano abbondantemente previste e che sono molto più limitate di quanto ci si faceva forse credere in certi momenti dell’attesa”.
Gli arresti avvenuti questo giovedì di persone accusate di preparare un attentato contro il Papa sono stati per padre Lombardi “di carattere semplicemente preventivo”, e non hanno rappresentato “particolari motivi di preoccupazione”, non modificando in alcun modo “né lo svolgimento, né lo spirito dell’attuazione del viaggio da parte del Papa e da parte di tutti i suoi collaboratori”.
Il portavoce vaticano ha quindi sottolineato che fino a questo momento del viaggio “tantissimi eventi di grandissima importanza hanno già avuto luogo”.
“Credo che in particolare per quanto riguarda il rapporto con la società del Regno Unito e con la Chiesa anglicana, il pomeriggio di ieri sia stato particolarmente memorabile”, ha affermato riferendosi all'incontro con l'Arcivescovo di Canterbury e i rappresentanti delle varie religioni.
Allo stesso modo, ha indicato che il discorso papale alla Westminster Hall “è certamente un fatto che rimarrà negli annali dei rapporti tra la Chiesa cattolica e il Regno Unito e la sua società”.
“Molti momenti belli” sono stati anche quelli con i giovani, ha aggiunto citando l'incontro con gli studenti delle scuole cattoliche questo venerdì e il saluto dopo la Messa celebrata questo sabato mattina nell'Abbazia di Westminster.
“I giovani hanno capito beni i messaggi molto semplici, ma anche molto forti del Papa: 'Siate Santi e vivete l’amore, a partire dall’amore di Cristo!'”, ha detto il portavoce vaticano.
La questione degli abusi
Ricordando le tante questioni che il Papa ha affrontato nella sua omelia, padre Lombardi ha sottolineato il passaggio “che avrà poi più eco nei media, molto forte e molto intenso, a proposito del problema degli abusi sessuali nei confronti dei giovani da parte di membri del clero o collaboratori delle attività della Chiesa”.
Il Pontefice, ha spiegato, “ha ripetuto e ribadito quello che è il suo atteggiamento, la sua lettura di questi fatti terribili, parlando di un dolore, di un rincrescimento molto profondo”.
Allo stesso modo, ha parlato “di partecipazione al dolore delle vittime e del desiderio di contribuire al risanamento e alla riconciliazione profonda nella loro vita”.
Non ha poi tralasciato di menzionare gli “impegni per fare giustizia, per punire i colpevoli, per attuare da parte della Chiesa tutte le forme di impegno e di collaborazione necessarie per riportare l’ordine e la serenità, ma anche la fiducia nei confronti della Chiesa”.
Secondo padre Lombardi, si è trattato di “una sintesi molto rapida, ma molto efficace di tanti concetti che egli ha già detto su questo tema, ma che devono essere ridetti ogni volta per le persone che egli incontra e in particolare nella società del Regno Unito che attendeva questa parola”.
Benedetto XVI incontra un gruppo di vittime di abusi sessuali
Assicura che la Chiesa cattolica sta collaborando con le autorità civili
ROMA, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- Questo sabato Benedetto XVI ha incontrato presso la Nunziatura apostolica di Londra un gruppo di persone vittime di abusi sessuali da parte di membri del clero.
“Il Santo Padre – si legge in una nota diramata dalla Sala Stampa vaticana – si è commosso ascoltando le storie delle vittime e ha espresso profondo dolore e vergogna per le sofferenze loro e delle loro famiglie”.
Il Papa “ha pregato con loro e ha assicurato che la Chiesa Cattolica, mentre continua a mettere in atto misure efficaci per la protezione dei giovani, sta facendo tutto il possibile per verificare le accuse, per collaborare con le autorità civili e per consegnare alla giustizia il clero e i religiosi accusati di questi gravi crimini”.
“Come in altre occasioni – si legge di seguito –, ha pregato affinché tutte le vittime di abusi possano sperimentare guarigione e riconciliazione e riescano a superare la propria angoscia passata e presente con serenità e nuova speranza per il futuro”.
Più tardi nel pomeriggio il Santo Padre, dopo aver salutato gli anziani nel Teatro della St. Peter’s Residence di Londra, si è incontrato con un gruppo di professionisti e di volontari che si dedicano alla protezione dei bambini e dei giovani in ambiente ecclesiastico.
Nel rivolgere loro un breve discorso il Pontefice ha affermato che “è deplorevole che, in così marcato contrasto con la lunga tradizione della Chiesa di cura per i ragazzi, questi abbiano sofferto abusi e maltrattamenti ad opera di alcuni preti e religiosi”.
“Siamo tutti diventati molto più consapevoli della necessità di proteggere i ragazzi e voi costituite una parte importante della vasta risposta della Chiesa al problema”, ha aggiunto.
“Sebbene non vi siano mai motivi per compiacersi, occorre dare atto a ciò che è stato fatto – ha continuato –: gli sforzi della Chiesa, in questo Paese e altrove, specialmente negli ultimi dieci anni per garantire la sicurezza dei fanciulli e dei giovani e per mostrare loro ogni rispetto durante la loro crescita verso la maturità, devono essere riconosciuti”.
“Prego che il vostro generoso servizio aiuti a rafforzare un’atmosfera di fiducia e di rinnovato impegno per il benessere dei ragazzi, che sono un così prezioso dono di Dio”, ha quindi concluso.
L'Arcivescovo di Canterbury: un viaggio oltre ogni aspettativa
“La gente è uscita per le strade per manifestare la sua fede”
ROMA, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- “Penso che una delle cose belle sia stata proprio la percezione che molte delle previsioni fatte siano risultate sbagliate”. Ad affermatlo è stato l’Arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, al microfono della Radio Vaticana.
“La cosa principale che voglio dire – ha detto – è che è stata un’occasione estremamente felice e l’accoglienza che il Papa ha avuto dai vescovi anglicani, dalla gente in strada e naturalmente a Westminster Hall è stata enormemente positiva. E certamente la preghiera ecumenica della sera nell’Abbazia è stata intensamente commovente per tutti i presenti”.
Il viaggio di Benedetto XVI, ha continuato, “è stata un’occasione davvero benedetta e la gente è uscita per le strade per manifestare la sua fede”.
“Il conflitto è sempre una storia migliore per un titolo di giornale che non l’armonia – ha commentato –. Ma come molte persone mi hanno detto in questa occasione, quando si pensa a quanto questo sarebbe stato totalmente inimmaginabile 40 o 50 anni fa, anche agli inizi del Concilio Vaticano II, chiaramente qualcosa è accaduto”.
“E parte di questo qualcosa – ha continuato l’Arcivescovo di Canterbury – è un ritorno alle radici, qualcosa di cui il Papa ed io abbiamo parlato in privato - sono alcuni dei nostri entusiasmi teologici in comune - l’eredità dei Padri e di nuovo il pregare insieme al sacrario di Edoardo il Confessore, guardando indietro all’epoca in cui i confini non erano quelli che ci sono ora tra i cristiani – e tutto questo è parte penso di un quadro molto positivo”.
“E penso sia un peccato che il mondo veda solamente le liti o le piccole cose negative mentre l’immenso peso della preghiera quotidiana, della comprensione, dell’amore e dell’amicizia che c’è tra noi passa inosservato”, ha poi osservato.
Riguardo, invece, all’incontro privato con il Papa, Rowan Williams ha detto che i dialoghi si sono concentrati non tanto sui rapporti tra anglicani e cattolici quanto sulla situazione dei cristiani in Terra Santa in vista del prossimo Sinodo dei Vescovi sul Medio Oriente che si terrà nell'ottobre prossimo a Roma.
“Abbiamo parlato di alcune delle grandi aree di conflitto dove stiamo cercando di lavorare insieme – ha detto ancora –; di come le gerarchie anglicane e cattoliche abbiano lavorato insieme in Sudan, testimoni e portatori di pace, e di come sia urgente rafforzare tutto questo. Abbiamo parlato dell’argomento quindi di come impegnarsi in un dialogo razionale con il mondo laico”.
“La mia preghiera e la mia speranza per questa visita – ha quindi concluso – è che aiuti a promuovere la fede in questo Paese e aiuti la gente a riconoscere le tante persone assolutamente comuni che credono in Dio, credono nella vita sacramentale della Chiesa e fondano la propria vita su tutto ciò”.
Governo britannico e Santa Sede, insieme contro povertà e sottosviluppo
Nell'agenda comune: lotta alle malattie, analfabetismo e al mutamento climatico
ROMA, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- “Il Governo di Sua Maestà e la Santa Sede condividono l'impegno di porre fine alla povertà e al sottosviluppo”. E' quanto si legge nel comunicato congiunto diramato questo venerdì sera dopo la cena di lavoro fra il Governo del Regno Unito e la delegazione papale, tenutasi presso la Lancaster house di Londra.
La delegazione della Santa Sede era presieduta dal Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone, mentre la delegazione del Regno Unito era presieduta dal Segretario per gli Affari Esteri, William Hague. Erano presenti, inoltre, alcuni ministri del Governo britannico e funzionari della Santa Sede.
Nel comunicato si afferma che alla vigilia del Vertice che si svolgerà a New York per esaminare i progressi compiuti verso la realizzazione degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, sia il Governo britannico che la Santa Sede “sono convinti che bisogna fare di più per affrontare la sofferenza non necessaria causata dalla fame, dalle malattie e dall'analfabetismo”.
“Una salda guida politica e il rispetto per il carattere peculiare delle comunità locali sono necessari per la promozione del diritto alla vita, al cibo, alla salute e allo sviluppo per tutti”, si legge di seguito.
Inoltre, prosegue la nota, “il Governo britannico e la Santa Sede sono entrambi convinti della necessità urgente di agire per affrontare la sfida del mutamento climatico. È necessario operare a ogni livello, da quello governativo a quello individuale, se bisogna ridurre rapidamente le emissioni dei gas che causano l'effetto serra, avviare il passaggio a un'economia globale a basso uso di carbonio e aiutare i Paesi poveri e vulnerabili ad adattarsi agli effetti del mutamento climatico che sono già inevitabili”.
Entrambe le parti hanno poi riconosciuto “il ruolo essenziale svolto dalla fede nella vita degli individui e nel tessuto di una società forte, generosa e tollerante”.
“La visita di Papa Benedetto XVI – si legge infine – ha offerto l'opportunità di un più profondo scambio di vedute fra la Santa Sede e il Governo del Regno Unito. Il dibattito ha costituito una base utile per entrambe le parti per continuare a perseguire le iniziative e i dibattiti su questioni di interesse comune per il Regno Unito e per la Santa Sede”.
Benedetto XVI ricorda ai gallesi la loro tradizione cristiana
Dopo aver benedetto un mosaico dedicato al loro patrono, San Davide
LONDRA, sabato, 18 settembre 2010 (ZENIT.org).- “Possa il messaggio di San Davide, in tutta la sua semplicità e ricchezza, continuare a risuonare nel Galles di oggi, attirando i cuori del suo popolo ad un rinnovato amore per Cristo e la sua Chiesa”.
E' questo l'augurio rivolto da Papa Benedetto XVI questo sabato, dopo aver benedetto nella Cattedrale di Westminster, al termine della Messa, un mosaico su San Davide (Dewi Saint), patrono dei gallesi.
Con questo gesto e con l'accensione di una candela davanti all'immagine della Madonna di Cardigan, una delle invocazioni più amate dai gallesi, il Papa ha voluto esprimere la propria vicinanza ai cattolici del Galles, che non potrà visitare durante questo viaggio apostolico.
Il Papa ha voluto ricordare le antiche radici cristiane del Galles e la sua tradizionale devozione alla Madonna.
“San Davide fu uno dei grandi santi del sesto secolo, quell’epoca d’oro di santi e missionari in queste isole, e fu per questo un fondatore della cultura cristiana che sta alle radici dell’Europa moderna”, e la sua predicazione “fu semplice, ma profonda”: “Siate felici, conservate la fede e fate cose semplici”.
Benedetto XVI ha auspicato che “il messaggio di San Davide, in tutta la sua semplicità e ricchezza, continuare a risuonare nel Galles di oggi, attirando i cuori del suo popolo ad un rinnovato amore per Cristo e la sua Chiesa”.
Nel corso della storia, inoltre, “la gente del Galles si è distinta per la sua devozione alla Madre di Dio; ciò è posto in evidenza dagli innumerevoli luoghi del Galles chiamati 'Llanfair' – Chiesa di Maria”.
“Purtroppo non mi è stato possibile recarmi in Galles durante questa visita – ha concluso il Papa –. Ma spero che questa splendida statua, che ora ritorna al Santuario Nazionale di Nostra Signora di Cardigan, sarà un ricordo permanente del profondo amore del Papa per il popolo del Galles”.