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"La Sicilia è terra di Santi,
non perdete la speranza"

di paola pizzo
03/10/2010 - 12:01 La Santa Messa celebrata da Benedetto XVI a Palermo

Il Pontefice sul palco al Foro Italico: "Sono qui per dare coraggio. La tentazione dello scoraggiamento, della rassegnazione, viene a chi è debole nella fede. Seguite l'esempio di padre Puglisi". Folla di fedeli all'Angelus: molte famiglie con i bambini. Le stime degli organizzatori e della questura.


Il Papa: "Sono qui per darvi coraggio"


Papa Benedetto XVI celebra l’Angelus al Foro Italico di Palermo, dove è in visita per la prima volta.
di PAOLA PIZZO

PALERMO. E’ arrivato a bordo della sua “papamobile” e non ha perso tempo a parlare della Sicilia, definendola da subito “isola bellissima”. Ha spiegato che è arrivato nella terra a tre punte per stare vicino alla gente che ogni giorno vive “in condizioni di precarietà” e vede le cause di questo dolore nella "mancanza di lavoro, nell'incertezza del futuro, nella sofferenza fisica e morale". Ma anche nella "criminalità organizzata”. Una presa di coscienza che vuole pure essere un incoraggiamento a non arrendersi.




Il Papa ai giovani: "Mafia strada di morte"


Benedetto XVI a bordo della papamobile saluta i fedeli
Il pontefice in piazza Politeama, nell'ultimo appuntamento della sua visita a Palermo: "Non cedete alle suggestioni della criminalità, è una via incompatibile con il Vangelo". Citato come esempio il giudice Rosario Livatino



PALERMO. "La mafia" è "una strada di morte, incompatibile con il Vangelo": lo ha detto papa Benedetto XVI parlando ai giovani siciliani a Palermo, in piazza Politeama, ultimo appuntamento della sua visita apostolica.

"Non cedete alle suggestioni della mafia - ha affermato il pontefice - che è una strada di morte, incompatibile con il Vangelo, come tante volte i vostri vescovi hanno detto". Siate alberi che affondano le loro radici nel 'fiume' del bene" e "non abbiate paura di contrastare il male. Così papa Benedetto XVI si è rivolto questa sera ai giovani siciliani riuniti in piazza Politeama, indicando loro alcuni esempi da seguire: da Chiara Badano, morta di tumore nel 1990 e recentemente beatificata, a Rosario Livatino, magistrato ucciso, nello stesso anno, dalla mafia a 38 anni, ora al centro di una causa di beatificazione.

"Insieme - ha detto il Papa ai giovani - sarete come una foresta che cresce, forse silenziosa, ma capace di dare frutto, di portare vita e di rinnovare in modo profondo la vostra terra". Parlando di Livatino e di altri giovani morti prematuramente nella fede, papa Ratzinger ha osservato che "spesso la loro azione non fa notizia, perché il male fa più rumore, ma sono la forza, il futuro della Sicilia".

Proseguendo poi nella metafora dell'albero, di cui ricorda la radice biblica, Benedetto XVI ha sottolineato il ruolo della famiglia, fondamentale "non solo per una giusta tradizione" "molto sentita dai siciliani". L'importante - ha detto - è che "il senso della vità" "germoglia nella relazione con la madre e con il padre, i quali non sono padroni della vita dei figli, ma sono i primi collaboratori di Dio, per la trasmissione della vita e della fede". Una famiglia che il Papa vede come una "piccola Chiesa" inserita nella "grande Chiesa" "che Cristo è venuto a formare".

"Conosco le vostre difficoltà - ha detto infine il Papa concludendo il suo discorso ai giovani - che sono le difficoltà dei giovani e delle famiglie di oggi, in particolare nel sud d'Italia". E ha citato ancora don Pino Puglisi, esortando ad avere fiducia nei sacerdoti che, come lui, "sono per voi autentici padri e fratelli nella fede".

Applausi e grida di gioia hanno accompagnato le parole di Benedetto XVI sulla mafia pronunciate oggi a Palermo, durante l'incontro con i giovani in piazza Politeama.
Due volte il pontefice ha dovuto interrompere il suo discorso, quando ha detto che "la mafia è una strada di morte" e poi quando ha affermato che essa è "incompatibile con il Vangelo".



Il Papa abbraccia i giovani
e saluta: "Grazie Palermo"



Benedetto XVI, l'arcivescovo di Palermo Paolo Romeo e alcuni giovani sul palco di piazza Castelnuovo
Al Politeama, l'ultimo appuntamento della visita nel capoluogo siciliano del Pontefice con il bacio a una bimba, cori, foto e il saluto prima della partenza



di LUIGI ANSALONI
PALERMO. La rockstar vestita di bianco (e rosso) arriva in perfetto orario all’appuntamento con i suoi “ciovani” (tedesco, lingua che o si ama o si odia), teutonica precisione in una giornata scandita da minuti e secondi cronometrati con lancette degne di un grande chirurgo. Il teatro Politeama guarda piazza Castelnuovo gremita da ragazzi e ragazze provenienti, e per una volta è vero, da ogni parte della Sicilia e non solo.

La rockstar non fa i capricci, non ha particolari vezzi, non lancia oggetti e non si lancia tra i suoi fan, che gli dedicano cori e scandiscono il suo nome proprio come ad un concerto. Benedetto, Benedetto. L’unica eccezione è per una bambina, davvero bellissima: bionda, vestita di tutto punto, piccolissima. Una puffa, tanto è minuta e piccina. Il Santo Padre la nota dalla sua papamobile, ordina di fermarsi, abbassa la finestra (finestrino è riduttivo), la prende e la bacia. Lei, la piccola, non fa una grinza: non ride, non piange. Si piglia il bacio di quello che per lei potrebbe benissimo essere un nonno o un anziano zio. Tra qualche anno capirà.

Il “cerimoniale”, in una piazza così gremita e calda (anche se fratello sole lentamente lascia spazio a sorella luna), ha così avuto il suo fuori programma. La rockstar vestita di bianco (e rosso) non ne ha regalato altri. Anche la folla è stata perfetta. I Papaboys sono stati bravi, bravissimi. Perfetti, appunto. Nessun colpo di testa, rissa o fastidio. Palermo, se volete chiamatela Svizzera. Almeno per un giorno.

La folla impazzisce allo scandire del nome di Benedetto ma non solo. Altre “rockstar” suscitano entusiasmo: Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Padre Puglisi e Rosario Livatino. Peccato non possano sentire. Questa giornata è un po’ dedicata a loro. “Sono dentro di noi, sono siciliani, sono una parte importante della nostra storia, anche se recente”, dice Edoardo, agrigentino proprio come Livatino, il giudice ragazzino ucciso dalla mafia. Così come Falcone, Borsellino e Padre Puglisi. Ed è proprio quella parola, mafia, evitata la mattina, durante la celebrazione della messa, per forza di cose più ingessata, a colpire la mente e il cuore dei ragazzi. “Il Papa in mezzo a noi ci dà la forza di crederci, di lottare. Sentiamo che è con noi in questa battaglia, che vinceremo”, dice Giada, da Gela, città martoriata dalle pallottole e dai tentacoli di Costa Nostra.

Ma il siciliano è siciliano perché è spontaneo, e lo è anche se l’ospite è il Papa. Il Palermo, prima di tutto: la Fiorentina è battuta, e le bandiere rosanere sventolano festanti. “Benedetto, questa vittoria è tua”, dice un gruppo di tifosi, tutti con la maglia di Pastore (lui, da queste parti, la beatificazione l’ha già presa). Ci si mette anche Superman, poi: un aitante ragazzo, aspirante attore, vestito con una tutina blu e rossa, che gli dona mica male. Si ferma, molti si fanno le foto con lui, parla del suo amore verso il Pontefice e gli promette che lo andrà a trovare più spesso. Superman con il Papa: una bella coppia…

I giovani amano la musica e cantano. Dal palco, sul prato, con qualsiasi strumento. Ad un certo punto molte canzoni si intrecciano tra di loro, in un misto di voci che per lo più sembra incomprensibili. Solo “L’Emmanuel”, l’inno delle giornate mondiali della Gioventù nel Giubileo del 2000, riesce a mettere tutti d’accordo, e quelle voci diventano una.

Si fa anche sentire la stanchezza, al calar del fratello sole. Molti si distendono sul prato vicino il tempietto, con i piedi nudi. “Siamo giovani, è vero, ma siamo in piedi da più di 30 ore!”, dice un gruppo di scout proveniente da Ragusa. Un riposino ci vuole.

E poi arriva lui, la rockstar, con la papamobile. Sale sul palco, sente i discorsi di due giovani e pronuncia il suo: stavolta gli applausi sono più incisivi, l’atmosfera meno ingessata. Non ci sono autorità. Solo lui e i suoi “ciovani”. Alle 18.40 è tutto finito. Il Papa se ne va. Tutti lo salutano, commossi. “Ci ha resi orgogliosi, ha reso orgogliosi Palermo e tutta la Sicilia”, dicono. Adesso è proprio una vera festa. La colonna sonora è "Jesus Christ you are my life", inno dei giovani cattolici, tanto cara a Papa Wojtyla, che muoveva le mani a tempo di musica quando la ascoltava, sorridendo. Si sciolgono anche i vescovi delle varie diocesi siciliane, che ad un certo punto tirano fuori macchine fotografiche e telefonini, per immortalare anche loro la rockstar. Come facevano i fan dei Beatles e dei Rolling Stones. Poi il Santo Padre scende dal palco, dà un’ultima occhiata e saluta Palermo, ringraziandola, e i suoi giovani. La città non è mai stata bella come oggi, e mentre quella macchina bianca e un po’ strana se ne va, non rimane da chiedersi perché.





Una tranquilla mattinata col Papa

Un cronista fra la folla per raggiungere il Foro Italico. In coda con i pellegrini che hanno raggiunto Palermo da tutta la Sicilia per assistere alla messa di Benedetto XVI. Ecco com’è andata

di LUIGI ANSALONI

PALERMO. La tranquilla mattinata con il Papa inizia con un cielo talmente limpido da togliere il fiato. Non una nuvola in cielo nemmeno a pagarla, con un gioco di luci nelle primissime ore dopo l’alba che affascinano e rasserenano la folla, con il fratello sole che promette di essere compagno fedele per tutto il giorno. A prima vista sembra essere una delle tante domeniche di ottobre per le strade: se non fosse per le transenne e per le migliaia di volontari e uomini delle forze dell’Ordine (una volta tanto con la O maiuscola), piazza Castelnuovo sarebbe sempre la stessa. Non c’è molta folla in via Ruggiero Settimo, passando per via Maqueda e sfiorando il teatro Massimo: persone che si allenano correndo o in bicicletta, gente normale che sembra passeggiare.


Una tranquilla mattinata, appunto, come se niente fosse. Arrivati in corso Vittorio Emanuele tutto cambia: inizia la fila, ordinata. Non si può camminare per la strada, solo sui marciapiedi, bloccati dalle transenne che regolano il flusso della folla e creano qualche mugugno e imprecazione, vedendo l’asfalto libero al tuo fianco. Arrivati all’incrocio con la via Roma, sembra di essere in fila in un qualsiasi lunedì in viale Regione Siciliana, con la differenza che sei a piedi e non sulla tua auto. Le vecchie tradizioni non si dimenticano mai e qualcuno cerca subito di fare il furbo, mostrando disagi fisici, bambini in braccio, pass inesistenti. Tutto pur di velocizzare la camminata e arrivare così al Foro Italico. A piazza Marina arriva la folla, quella oceanica che ti aspetti. Qualcuno perde il senso dell’orientamento, guarda la cartina e non si rende ben conto di dove si trova.


“Scusi, ma dov’è il Foro Romano?”, chiede una coppia, evidentemente non di Palermo. Li guardano stranissimi, li invitano ad andare nella Capitale, qualcuno li corregge ridendo. Una guida turistica, evidentemente non molto informata, grida ad un gruppo nutrito, minuti di striscione, cartellone e bandierine, che “la messa con il Santo Padre è prevista alle pendici di Monte Pellegrino intorno alle 10.30”. Qualcuno, fidandosi ciecamente, casca nell’involontario tranello e si dirige verso la montagna dei palermitani. Li guardi camminare con inesauribile pazienza, sperando che si rendano conto da soli che non è quella la via, per passare la tranquilla mattinata col Papa.


Tutto sembra procedere con un ordine e con una puntualità che dalle nostre parti, in un qualsiasi giorno di un qualsiasi mese di un qualsiasi anno, si può solo sognare. Acqua e aiuto per tutti, informazioni precise, niente risse e file agli ingressi dei settori, sedici in tutto. “Talè talè, u Papa fa davvero miracoli. E quando mai Palermo è stata così arriggiuta?”, grida un signore. Chi non è così fortunato da avere un pass per i settori con posti numerati con tanto di sedia (autorità, giornalisti, vescovi, amici e parenti di politici e compagnia bella), prende posto nel prato del Foro Italico. Qualcuno trema al pensiero di cosa sarà domani, quell’erba che adesso sembra quasi più verde del solito. Suggestione, probabilmente. Più avanti si vedrà.


Sono quasi le 10 e il Papa è atterrato al Falcone Borsellino. La febbre per vedere il Santo Padre sale ogni minuto di più. Il foro Italico (non romano) è semplicemente stupendo. Fa quasi rabbia, pensando a cos'è ogni giorno di ogni settimana di ogni mese di ogni anno. Il mare fa da cornice al “palco delle polemiche”, come l’ha chiamato qualcuno, un gioiellino costato mezzo e più milione di euro, tra amplificazione e il resto. Lo spettacolo è notevole, con l’acqua che sembra molto più azzurra del solito. Ci sono anche le barche a vela, sembra di essere a Montecarlo. Sul prato ognuno racconta la propria storia alla domanda: Perché è venuto a vedere il Papa?.


“L’anno scorso ero andato a Roma, volevo vedere l’Angelus ma quel giorno stesso mia figlia ha avuto un brutto incidente con la macchina – dice Roberto Ferri, da un paesino in provincia di Enna – in quei momenti terribili mi sono rivolto a lui con la preghiera. Tutto è finito bene, e ho giurato a me stesso che lo avrei ringraziato, anche se non di persona. Sono qui per questo, per dirgli grazie di avermi donato la gioia di vivere ancora con mia figlia”. Ci sono anche storie più semplici, come quella di una coppia di vecchietti che hanno sulle spalle una canadese dove hanno passato la notte: “Siamo andati a vedere Papa Woytila nel 1993 alla valle dei Templi e nel 1995 allo stadio. Non potevamo mancare stavolta, anche se sono passati tanti anni. Vedere il Papa ci dà una sensazione di serenità”. Ci sono anche ragazzi e non che sono qui per passare una mattinata e una domenica diversa, tranquilla e serena: “Magari chi lo sa, riusciamo anche a rimorchiare”, dice Christian, 17 anni, capelli lunghi e occhiali rossi, che ci confessa di avere già qualche obiettivo in mente.


Dal microfono una voce prega di fare e di rispettare il silenzio durante la celebrazione, annunciando che da lì a pochi minuti il Santo Padre sarebbe “stato tra noi”. I maxischermi iniziano a fare vedere la Papamobile farsi strada tra le ali di folla, con Ratzinger sorridente che saluta. Appena scende, migliaia di bandierine bianche e gialle sventolano e partono cori da stadio. Urla e grida, come fosse una rockstar. Qualcuno fa partire anche un “popopopopo”, di mondiale memoria (2006). In mezzo a tutta questa folla, una bambina vestita di bianco è seduta all’ombra e mangia i crackers, incurante del putiferio che le si è scatenato. Appena sceso dal suo mezzo, Benedetto XVI è circondato da preti e vescovi, la sua gente. Qualcuno lo aiuta pacatamente e quasi invisibilmente a salire la rampa. Si siede, ascolta i discorsi di Cammarata e Monsignor Romeo, uniti nel nome di Don Pino Puglisi. Quando il prete di Brancaccio è nominato, parte subito un applauso. Il Santo Padre ascolta, ringrazia, accetta i doni e ricambia. Fratello sole si fa sempre più forte, e un enorme ombrello bianco dalla forma strana (sembra quasi un prototipo sconosciuto a noi umani) ripara il capo bianco del Santo Padre.


C’è chi piange dalla commozione, c’è chi non regge all’emozione e sviene. C’è semplicemente chi ascolta e apprezza, chi più chi meno, il discorso del Pontefice. Sobrio, senza i picchi emozionali del "Convertitevi" del suo predecessore ad Agrigento. In tribuna stampa (anche se non siamo allo stadio...) arriva in anticipo, l'omelia, con una scritta minacciosa e nera, un bollino nell'angolo alto: "Embargo, da divulgare solo dopo il discorso". Un avvertimento bello e buono. Ti chiedi cosa potrebbe succedere in caso di ribellione. Meglio non pensarci.


La messa scivola via in latino, con il coro impeccabile che con le sue voci maestosi riempie l'aria di maria. L'incipit del primo canto ricorda l'attacco dell'inno di Forza Italia. Qualcuno fischietta ridendo lo fa notare. Ll’omelia di Ratzinger è fermata dagli applausi quando anche lui ricorda Don Pino Puglisi. Tutti resistono sotto il fratello sole, qualcuno non ce la fa e viene portato via per la troppa fatica. Uno dei vecchietti con la canadese sviene, l’altro non molla ma alla fine cede: lo coprono con una copertina bianca perché sente freddo, ma alla fine si riprende e si alza. Giusto per vedere la fine di questa tranquilla mattinata con il Papa, che saluta tutti e si dirige verso la sua vettura. Si gira verso la folla con un sorriso grande così e ride. Un po’ come quella bambina che mangiava i crackers, che batte sulla spalla di chiunque chiedendo “Ma quel signore vestito di bianco è il Papa?”. La alzano e glielo fanno vedere. E sorride.