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Documenti emanati dai dicasteri e da altri organismi della Curia Romana e della Santa Sede durante il pontificato di Benedetto XVI

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    00 21/07/2012 22:47
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    Dichiarazione del P.F. Lombardi, Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, sulla libertà provvisoria per il Sig. Paolo Gabriele (21.7.2012)

    Il Giudice Istruttore del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, prof. Piero Bonnet, essendo venute meno – dopo l’interrogatorio di oggi – le esigenze istruttorie per la permanenza dell’imputato in stato di arresto, ha disposto per il Signor Paolo Gabriele il beneficio della libertà provvisoria, concedendo gli arresti domiciliari, previa prestazione di idonee garanzie.
    Il Sig. Gabriele risiederà quindi nella sua abitazione, con la famiglia, in Vaticano, osservando quanto disposto dal Giudice per i contatti e rapporti con altre persone.
    I prossimi passi del procedimento, attesi nello spazio di alcuni giorni, saranno la requisitoria del Promotore di Giustizia sulla responsabilità per il reato di furto aggravato, e la seguente sentenza di rinvio a giudizio o di assoluzione da parte del Giudice Istruttore.
    Per quanto riguarda la Commissione cardinalizia, ha fatto avere nei giorni scorsi al Santo Padre il rapporto conclusivo dei suoi lavori.


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    00 23/07/2012 21:33
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    COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, 23.07.2012


    A proposito di quanto pubblicato in questi giorni in articoli di stampa apparsi in Italia e in Germania, sulle indagini per la vicenda della diffusione di documenti riservati, articoli che insinuano gravi sospetti di complicità da parte di alcune persone vicine al Santo Padre, la Segreteria di Stato esprime ferma e totale riprovazione per tali pubblicazioni, non fondate su argomenti oggettivi e gravemente lesive dell’onorabilità delle persone interessate, da molti anni al fedele servizio del Santo Padre.
    Il fatto che non siano stati ancora resi noti i risultati delle indagini da parte delle autorità a ciò deputate, non legittima in alcun modo la diffusione di interpretazioni e tesi non fondate e false. Non è questa l’informazione a cui il pubblico ha diritto.


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    COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, 27.07.2012


    Nella mattinata di ieri, giovedì 26 luglio, il Santo Padre ha ricevuto in udienza la Commissione Cardinalizia incaricata di svolgere l'indagine amministrativa sulla fuga di notizie riservate: le loro Em.ze Rev.me i Signori Cardinali Julián Herranz, Joseph Tomko, Salvatore De Giorgi, accompagnati dal Rev. P. Luigi Martignani O.F.M. Cap., Segretario della medesima Commissione, ed inoltre il Giudice Istruttore, Prof. Piero Antonio Bonnet, insieme al Promotore di Giustizia, Prof. Nicola Picardi, del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano.
    Il Santo Padre è stato informato sulle conclusioni in merito alle quali è pervenuta la Commissione Cardinalizia e sullo stato di avanzamento della procedura penale in corso. Egli ha ringraziato per le informazioni ricevute ed ha invitato la Magistratura Vaticana a proseguire il lavoro con solerzia.
    All'incontro erano altresì presenti S. E. Mons. Angelo Becciu, Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, il Rev. Mons. Georg Gänswein, Segretario Particolare del Santo Padre, il dott. Domenico Giani, Comandante della Gendarmeria Vaticana, e il dott. Greg Burke, Consulente per la Comunicazione della Segreteria di Stato.


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    00 04/08/2012 22:53
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    COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, 02.08.2012


    Il Santo Padre Benedetto XVI ha concluso, in questi giorni, la stesura del terzo volume dell'opera Gesù di Nazaret, dedicato ai racconti dell'Infanzia di Gesù (Die Kindheitsgeschichten).
    Tale volume costituisce il completamento dei due precedenti.
    Si sta procedendo ora alle traduzioni nelle varie lingue, che saranno condotte direttamente sull’originale tedesco.
    Si auspica che la pubblicazione del libro avvenga in modo contemporaneo nelle lingue di maggiore diffusione; essa richiederà un congruo spazio di tempo per una traduzione accurata di un testo importante e atteso.


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    00 04/08/2012 23:31
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    Il Papa nomina padre Leonardo Sapienza reggente della Prefettura della Casa Pontificia


    Il Papa ha nominato padre Leonardo Sapienza nuovo reggente della Prefettura della Casa Pontificia. Succede a mons. Paolo De Nicolò, vescovo titolare di Mariana in Corsica, che lascia per raggiunti limiti di età. Padre Sapienza, finora officiale della Prefettura, è un sacerdote rogazionista. (Radio Vaticana)


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    00 13/08/2012 19:06
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    PROCEDIMENTO PENALE PRESSO IL TRIBUNALE DELLO STATO DELLA CITTÀ DEL VATICANO NEI CONFRONTI DEL SIGNOR PAOLO GABRIELE: REQUISITORIA DEL PROMOTORE DI GIUSTIZIA E SENTENZA DI RINVIO A GIUDIZIO PRONUNCIATA DAL GIUDICE ISTRUTTORE, 13.08.2012

    Prot. N. 8/12 Reg. Gen. Pen.

    All’Illustrissimo
    Signor Giudice Istruttore
    SEDE

    ... continua qui.



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    00 27/08/2012 23:47
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    UDIENZA DEL PAPA AL PREMIER MONTI: COMUNICATO DELLA SANTA SEDE

    Questo pomeriggio il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in visita privata il Prof. Mario Monti, Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana.
    In seguito, il Presidente Monti ha incontrato l’Em.mo Card Tarcisio Bertone, Segretario di Stato di Sua Santità.
    Nel corso dei cordiali colloqui ci si è soffermati in particolare sulla situazione europea, sulle principali sfide che l’Unione sta affrontando e sul contributo che i suoi cittadini e, soprattutto, le giovani generazioni possono offrire alla sua crescita umana e spirituale.

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    00 13/09/2012 13:15
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    DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, P. FEDERICO LOMBARDI, S.I. , 13.09.2012

    Il gravissimo attentato organizzato contro la rappresentanza diplomatica statunitense in Libia, con l’uccisione dello stesso Ambasciatore e di altri funzionari, merita la più ferma condanna da parte della Santa Sede.
    Nulla può infatti giustificare l’attività delle organizzazioni terroristiche e la violenza omicida. Insieme al dolore, alla partecipazione e alla preghiera per le vittime, si rinnova l’auspicio che nonostante questo nuovo tragico evento la comunità internazionale riesca a trovare le vie migliori per continuare il suo impegno per favorire la pace in Libia e nell’intero Medio Oriente.

    TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

    The very serious attack organised against the United States diplomatic mission in Libya, which led to the death of the ambassador and of other functionaries, calls for the firmest possible condemnation on the part of the Holy See. Nothing, in fact, can justify the activity of terrorist organisations and homicidal violence. Along with our sadness, mourning and prayers for the victims, we again express the hope that, despite this latest tragedy, the international community may discover the most favourable ways to continue its commitment in favour of peace in Libya and the entire Middle East.

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    00 17/09/2012 22:41
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    COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE , 17.09.2012

    Il Presidente del Tribunale della Città del Vaticano, Prof. Giuseppe Dalla Torre, ha emesso oggi il decreto che stabilisce per il giorno 29 settembre prossimo, alle ore 9.30, la prima udienza del processo nei confronti degli imputati Paolo Gabriele e Claudio Sciarpelletti, rinviati a giudizio con sentenza del Giudice Istruttore del 13 agosto scorso. L’udienza avrà luogo nell’Aula delle udienze del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano.
    Il decreto è stato notificato agli interessati.

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    00 21/09/2012 20:30
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    COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE , 21.09.2012

    Oggi, in Vaticano, la Libreria Editrice Vaticana e la Casa editrice Rizzoli hanno firmato l'accordo per la pubblicazione del libro di Papa Benedetto XVI sull'infanzia di Gesù nei Vangeli.
    La LEV affida a Rizzoli il mandato di vendere in tutto il mondo i diritti dell'opera.
    In Italia il volume, la cui uscita in tutte le librerie è prevista entro Natale, si presenta come una coedizione LEV - Rizzoli. Insieme all'edizione italiana è già prevista quella in lingua tedesca, pubblicata da Herder, editore storico di Joseph Ratzinger, mentre si sta operando attivamente per la pubblicazione in contemporanea con le lingue di maggiore diffusione.
    Il titolo definitivo del libro è ancora riservato.
    Joseph Ratzinger - Benedetto XVI ha orientato la sua ricerca scientifica e la sua opera a far conoscere "la figura e il messaggio di Gesù".
    Questo nuovo e atteso libro sulla figura di Gesù nei racconti evangelici dell'infanzia, che costituisce il completamento dei due precedenti, si rivela quindi di grande importanza dal punto di vista teologico e scientifico.
    I precedenti volumi della trilogia di Benedetto XVI sono Gesù di Nazaret (Rizzoli 2007) e Gesù di Nazaret. Dall'ingresso in Gerusalemme fino alla Resurrezione (LEV 2011).

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    00 28/09/2012 20:49
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    CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL PREMIO RATZINGER 2012, PROMOSSO DALLA FONDAZIONE VATICANA JOSEPH RATZINGER – BENEDETTO XVI, 28.09.2012

    Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo una conferenza stampa di presentazione del Premio Ratzinger 2012, promosso dalla Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger – Benedetto XVI.
    Intervengono: l’Em.mo Card. Camillo Ruini, Presidente del comitato scientifico della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger – Benedetto XVI; il Rev.mo Mons. Giuseppe A. Scotti, Presidente della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger – Benedetto XVI.
    Pubblichiamo di seguito gli interventi dei conferenzieri e le biografie brevi dei due premiati:

    INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. CAMILLO RUINI

    Sono lieto di presentare brevemente i profili delle due personalità che riceveranno il 20 ottobre prossimo il Premio Ratzinger, che giunge così alla sua seconda edizione.
    Si tratta di un filosofo e storico del pensiero francese, Rémi Brague, assai noto anche in Italia, e del Padre gesuita statunitense Brian E. Daley, teologo e patrologo meno conosciuto in Italia, ma a sua volta di rilievo internazionale, specialmente nell’area anglofona.
    Con Rémi Brague ho un rapporto anche personale, avendolo invitato in varie occasioni a tenere relazioni nel contesto del Progetto culturale della Chiesa italiana, l’ultima volta per il Convegno internazionale su Dio oggi, a fine 2009. Rémi Brague è ancora relativamente giovane, almeno rispetto a me, essendo nato a Parigi 65 anni fa. E’ sposato con quattro figli e già due nipotini. Ha studiato filosofia e lingue classiche all’École Normale Supérieure di Parigi e poi anche ebraico ed arabo. Ha insegnato per vent’anni, dal 1990 al 2010, alla Sorbona e attualmente ha la cattedra "Romano Guardini" di scienza e storia delle religioni e di Weltanschauung cristiana presso l’Università Ludwig-Maximilian di Monaco di Baviera. E’ stato inoltre e continua a essere Visiting Professor in varie università americane, spagnole e anche all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. E’ membro dell’Institut de France, Académie des Sciences Morales et Politiques. Ha conseguito numerosi e prestigiosi premi internazionali, tra i quali spicca il Grand prix de philosophie de l’Académie Française.
    Tra i suoi molti libri, che spaziano dalla filosofia greca – in particolare Platone e Aristotele – alla filosofia medioevale cristiana, giudaica e islamica e alle opere di sintesi e approfondimento teoretico, ricordiamo almeno Europe, la voie romaine, tradotto in molte lingue e uscito in italiano con il titolo Il futuro dell’Occidente; La Sagesse du monde. Histoire de l’expérience humaine de l’univers, anch’esso tradotto in molte lingue e da me particolarmente amato; Du Dieu des chrétiens et d’un ou deux autres – in italiano Il Dio dei cristiani. L’unico Dio? – e finalmente, recentissimo, Les Ancres dans le ciel. L’infrastructure métaphysique, uscito quest’anno anche nella versione italiana.
    Rémi Brague è a mio parere un filosofo vero e al contempo un grande storico del pensiero e della cultura, che unisce alla forza speculativa e alla visione storica una fede cristiana e cattolica profonda ed esplicita, senza complessi. Personalmente sono molto lieto che gli sia conferito il Premio Ratzinger.
    Conosco meno, purtroppo, il Padre Brian Edward Daley. E’ nato ad Orange, nel New Jersey, nel 1940. Ha studiato alla Fordham University di New York e poi, dal 1961 al 1964, ha approfondito la storia e filosofia antica al Merton College di Oxford. Nel 1964 è entrato nella Compagnia di Gesù, ha compiuto gli studi filosofici al Loyola Seminary nello Stato di New York e quelli teologici alla Hochschule Skt. Georgen di Francoforte, dove è stato anche Assistente del grande storico della cristologia Alois Grillmeier. Ha conseguito il dottorato a Oxford pubblicando un’edizione critica delle opere di Leonzio Bizantino. Ha insegnato per 18 anni, dal 1978 al 1996, teologia e storia della teologia alla Weston School of Theology di Cambridge nel Massachusetts e poi, fino a oggi, all’University of Notre Dame. Ha lavorato molto in ambito ecumenico, specialmente per i rapporti tra cattolici e ortodossi, e attualmente è Segretario esecutivo per parte cattolica dell’organismo consultivo cattolico-ortodosso per il Nord America.
    E’ autore di volumi importanti come The hope of the Early Church: a Handbook of Patristic Eschatology. Ha contribuito al grande Handbuch der Dogmengeschichte, in particolare per la dottrina della salvezza nella Sacra Scrittura e per l’escatologia nella patristica. Ha inoltre tradotto in inglese le antiche omelie greche sulla Dormizione di Maria, il libro di Hans Urs von Balthasar Liturgia cosmica. L’universo secondo Massimo il Confessore e omelie patristiche greche e bizantine sulla Trasfigurazione del Signore. E’ anche autore di un’antologia di testi di spiritualità dei gesuiti, intitolato Companions in the Mission of Jesus. Ha pubblicato un numero imponente, e vorrei dire incredibile, di articoli scientifici sulla teologia patristica, ma anche di studi sulla vita e la spiritualità della Compagnia di Gesù, oltre che su temi teologici ed ecumenici di attualità. Vari altri libri e articoli sono di prossima pubblicazione.
    Brian E. Daley è dunque un grande storico della teologia patristica, ma anche un uomo impegnato con tutto se stesso nella vita e nella missione della Chiesa, che unisce esemplarmente il rigore scientifico alla passione per il Vangelo.

    INTERVENTO DI MONS. GIUSEPPE A. SCOTTI

    Dopo aver ascoltato il Cardinale Ruini che ci ha tratteggiato il profilo delle persone cui quest’anno viene assegnato il Premio Ratzinger, da parte mia voglio solo aggiornarvi sull’attività svolta dalla Fondazione nel corso dell’anno. E’ un modo molto semplice per aiutare il lavoro dei giornalisti che, ovviamente, non possono sapere tutto e seguire tutto ciò che avviene in Vaticano.
    Come voi sapete lo scopo della fondazione è quello di porre al centro della riflessione la questione di Dio, "il Dio vivente". Questo perché, come ha detto il Papa nell’omelia della Pasqua di quest’anno: "Il buio veramente minaccioso per l’uomo è il fatto che egli, in verità, è capace di vedere ed indagare le cose tangibili, materiali, ma non vede dove vada il mondo e da dove venga. Dove vada la stessa nostra vita. Che cosa sia il bene e che cosa sia il male. Il buio su Dio e il buio sui valori sono la vera minaccia per la nostra esistenza e per il mondo in generale. Se Dio e i valori, la differenza tra il bene e il male restano nel buio, allora tutte le altre illuminazioni, che ci danno un potere così incredibile, non sono solo progressi, ma al contempo sono anche minacce che mettono in pericolo noi e il mondo".
    L’assegnazione del Premio Ratzinger vuol porre agli occhi dell’opinione pubblica la "questione di Dio" ed è una delle tre attività del lavoro ordinario della Fondazione. Le altre due sono, forse, meno evidenti e conosciute, ma altrettanto importanti. Voglio solo accennare qui alle borse di studio che la Fondazione mette a disposizione per dottorandi in Teologia, mentre accenno ai Convegni di alto valore scientifico promossi dalla Fondazione.
    Lo scorso anno a Bydgoszcz, in Polonia, si è tenuto il primo Convegno cui hanno partecipato 32 Università da tutta Europa. Il tema del Convegno, in sintonia con il pellegrinaggio del Santo Padre ad Assisi, è stato "Pellegrini della verità, pellegrini della pace". In quella città, nel giugno di quest’anno, su iniziativa dell’università, della regione, della Diocesi e del Comune, è nato il Centro Studi Ratzinger che è stato inaugurato l’11 giugno da Sua Eminenza il Cardinale Bertone. Chi volesse qualche notizia in più può anche vistare il sito www.centrumstudiowratzingera.pl/
    Quest’anno il secondo convegno si terrà a Rio de Janeiro. Avverrà subito dopo l’assegnazione del Premio Ratzinger, dall’8 al 9 novembre. Le Università che hanno già dato la loro adesione sono più di 90 e il tema affrontato è di carattere antropologico: "Cosa fa sì che l’uomo sia uomo".
    A questo proposito anticipo fin da ora che se qualcuno di voi desidera avere più notizie le può trovare sul sito www.simposiopucrio.teo.br/
    Questo secondo convegno promosso dalla Fondazione avviene con la stretta collaborazione dell’Università Cattolica di Rio e con il generoso impegno degli Araldi del Vangelo. A loro vorrei dire pubblicamente la mia riconoscenza e il grazie per l’impegno profuso fino ad ora.

    BIOGRAFIE BREVI DEI DUE PREMIATI

    Biografia del Prof. Rémi Brague

    Il Prof. Rémi Brague è nato nel 1947, è sposato ed ha quattro figli. E’ professore emerito di filosofia medievale e araba presso l’Università Panthéon-Sorbonne (Parigi I) e professore di filosofia delle religioni europee presso l’Università Ludwig-Maximilian di Monaco. Ha studiato filosofia e lingue classiche nell’École Normale Supérieure di Parigi, e più tardi ebraico e arabo. Ha insegnato per due anni filosofia nell’Università di Borgogna (Digione), e venti anni alla Sorbona. Attualmente insegna a Monaco di Baviera da 2002. È stato professore invitato a Penn State, Boston (B.U. e B.C.), Losanna, Milano, Pamplona. Ha pubblicato: "Il futuro dell’Occidente" (Milano, 1998, 2005), "La saggezza del mondo" (Soveria Mannelli, 2005), "Il Dio dei cristiani, l’unico Dio?" (Milano, 2009), "Le ancore nel cielo" (Milano, 2012). Rémi Brague è membro dell’Institut de France (Académie des Sciences Morales et Politiques).

    * * *

    Rémi Brague, born 1947, married and father of four, is professor emeritus of medieval and Arabic philosophy at the University Panthéon-Sorbonne (Paris I) and professor of philosophy of the European religions (Romano Guardini Chair) at the Ludwig- Maximilian University in Munich. He studied philosophy and the classical languages at the Ecole Normale Supérieure in Paris, and later Hebrew and Arabic. He taught philosophy for two years at the University of Burgundy (Dijon), then twenty years at the Sorbonne. He has taught at Munich since 2002. He was a visiting professor in Penn State, Boston (B.U. and B.C.), Lausanne, Milan, Pamplona. He is the author of Eccentric Culture (South Bend, 2002), The Wisdom of the World (Chicago, 2003), The Law of God (Chicago, 2007), The Legend of the Middle Ages (Chicago, 2009), On the God of the Christians (South Bend, 2012). Rémi Brague is a member of the Institut de France (Académie des Sciences Morales et Politiques).

    Biografia del Rev.do Prof. Brian E. Daley, S.I.

    Il Rev. Prof. Brian E. Daley, S.I., ha la cattedra di teologia presso l'Università di Notre Dame (Indiana, U.S.A.) intitolata a "Catherine F. Huisking". Nel 1961 si è laureato alla Fordham University (New York) e successivamente ha studiato storia antica e filosofia al Merton College di Oxford, dal 1961 al 1964. Nel 1964 è entrato nella Compagnia di Gesù. Dopo gli studi teologici a Francoforte, in Germania, dove è stato ordinato sacerdote il 25 luglio del 1970, è ritornato a Oxford per fare un dottorato di ricerca presso la Facoltà di Teologia dal 1972 fino al 1978. Ha poi insegnato teologia storica per diciotto anni presso la Scuola Weston di Teologia dei Gesuiti a Cambridge, Massachusetts, prima di trasferirsi a Notre Dame nel 1996. È autore di "La speranza della Chiesa primitiva" (Cambridge, 1991; Hendrickson, 2002), "Sulla Dormizione di Maria: le prime omelie patristiche" (St.Vladimir’s, 1998), e "Gregorio di Nazianzo" (Routledge, 2006) oltre che autore di molti articoli e saggi. Ha tradotto "Liturgia Cosmica. L'Universo secondo Massimo il Confessore" di Hans Urs von Balthasar (Ignatius 2003). Attualmente è anche il Segretario esecutivo della Consultazione Cattolica-Ortodossa per il Nord America.

    * * *

    Brian E. Daley, S.J., is the Catherine F. Huisking Professor of Theology at the University of Notre Dame (Indiana). A 1961 graduate of Fordham University (New York), he studied ancient history and philosophy at Merton College, Oxford, from 1961 to 1964, then entered the Society of Jesus. After theological studies in Frankfurt, Germany, where he was ordained priest on 25 July 1970, he returned to Oxford to do a D. Phil. in the Faculty of Theology, from 1972 until 1978. He then taught historical theology for eighteen years at the Weston Jesuit School of Theology in Cambridge, Massachusetts, before moving to Notre Dame in 1996. He is the author of The Hope of the Early Church (Cambridge, 1991; Hendrickson, 2002); On the Dormition of Mary: Early Patristic Homilies (St. Vladimir’s, 1998), and Gregory of Nazianzus (Routledge, 2006), as well as many articles. He is also the translator of Hans Urs von Balthasar, Cosmic Liturgy. The Universe according to Maximus the Confessor (Ignatius, 2003). Fr. Daley is the executive secretary of the Catholic-Orthodox Consultation for North America.

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    COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, 29.09.2012

    Questa mattina, alle ore 9.30, presso il Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, ha avuto inizio la prima udienza del processo penale a carico di Gabriele Paolo e Sciarpelletti Claudio, imputati rispettivamente di furto aggravato e di favoreggiamento.
    Il collegio giudicante è composto da: Prof. Giuseppe Dalla Torre, Presidente; Prof. Avv. Paolo Papanti-Pelletier, Giudice; Prof. Avv. Venerando Marano, Giudice.
    Promotore di Giustizia è il Prof. Avv. Nicola Picardi.
    Gli avvocati difensori sono rispettivamente, per Paolo Gabriele l’Avv. Cristiana Arru, per Claudio Sciarpelletti l’Avv. Gianluca Benedetti.
    L’imputato Gabriele è presente in aula, mentre l’imputato Sciarpelletti è rappresentato dal suo avvocato.

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    00 29/09/2012 18:00
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    TEMA DELLA GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI 2013 , 29.09.2012

    Viene reso pubblico oggi, Festa degli Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele, il tema che il Santo Padre Benedetto XVI ha scelto per la 47a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2013:

    Italiano

    Reti Sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione

    Francese

    Réseaux Sociaux: portes de vérité et de foi ; nouveaux espaces pour l’évangélisation

    Inglese

    Social Networks: portals of truth and faith; new spaces for evangelization

    Tedesco

    Soziale Netzwerke: Portale der Wahrheit und des Glaubens; neue Räume der Evangelisierung

    Spagnolo

    Redes Sociales: portales de verdad y de fe; nuevos espacios para la evangelización

    Portoghese

    Redes Sociais: portais de verdade e de fé; novos espaços de evangelização

    Polacco

    Portale Społecznościowe: bramy prawdy i wiary; nowe przestrzenie dla ewangelizacji

    COMUNICATO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

    TESTO IN LINGUA ITALIANA

    Una tra le sfide più significative dell’evangelizzazione oggi è quella che emerge dall’ambiente digitale. E’ su questa sfida che intende richiamare l’attenzione il tema che quest’anno papa Benedetto XVI ha scelto, nel contesto dell’Anno della Fede, per la 47.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: "Reti Sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione".
    Gli elementi di riflessione sono numerosi e importanti: in un tempo in cui la tecnologia tende a diventare il tessuto connettivo di molte esperienze umane quali le relazioni e la conoscenza, è necessario chiedersi: può essa aiutare gli uomini a incontrare Cristo nella fede? Non basta più il superficiale adeguamento di un linguaggio, ma è necessario poter presentare il Vangelo come risposta a una perenne domanda umana di senso e di fede, che anche dalla rete emerge e nella rete si fa strada.
    Sarà anche questo il modo per umanizzare e rendere vivo e vitale un mondo digitale che impone oggi un atteggiamento più definito: non si tratta più di utilizzare internet come un «mezzo» di evangelizzazione ma di evangelizzare considerando che la vita dell’uomo di oggi si esprime anche nell’ambiente digitale.
    E’ necessario tener conto, in particolare, dello sviluppo e della grande popolarità dei social network, che hanno consentito l’accentuazione di uno stile dialogico ed interattivo nella comunicazione e nella relazione.
    La Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, l’unica giornata mondiale stabilita dal Concilio Vaticano II ("Inter Mirifica", 1963), viene celebrata in molti paesi, su raccomandazione dei vescovi del mondo, la Domenica che precede la Pentecoste (nel 2013, il 12 maggio).
    Il Messaggio del Santo Padre per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali viene tradizionalmente pubblicato in occasione della ricorrenza di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti (24 gennaio).

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    00 02/10/2012 22:40
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    CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL CONVEGNO INTERNAZIONALE DI STUDI IL CONCILIO ECUMENICO VATICANO II ALLA LUCE DEGLI ARCHIVI DEI PADRI CONCILIARI - NEL 50° ANNIVERSARIO DELL’APERTURA DEL CONCILIO VATICANO II (1962-2012), 02.10.2012

    Alle ore 10.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la conferenza stampa di presentazione del Convegno Internazionale di Studi Il Concilio Ecumenico Vaticano II alla luce degli archivi dei Padri Conciliari - Nel 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II (1962-2012), organizzato dal Pontificio Comitato di Scienze Storiche in collaborazione con il Centro Studi e Ricerche "Concilio Vaticano II" della Pontificia Università Lateranense (3-5 ottobre 2012).
    Intervengono alla Conferenza stampa il Rev.mo P. Bernard Ardura, O. Praem., Presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche; il Prof. Philippe Chenaux, Direttore del Centro Studi e Ricerche "Concilio Vaticano II" della Pontificia Università Lateranense e Corrispondente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche.
    Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:

    INTERVENTO DEL REV.DO P. BERNARD ARDURA

    Nell'imminenza del 50° anniversario dell'apertura del Concilio ecumenico Vaticano II, il Pontificio Comitato di Scienze Storiche, in collaborazione con il Centro Studi e Ricerche sul Concilio Vaticano II della Pontificia Università Lateranense, ha avviato una vasta inchiesta su tutti i continenti, allo scopo di promuovere una ricerca originale e scientificamente valida, per favorire lo studio e una sempre più profonda comprensione del Concilio Vaticano II, che ha così profondamente segnato la vita della Chiesa in questo ultimo mezzo secolo. Nel medesimo arco di tempo, le pubblicazioni delle fonti conciliari sono state numerose e preziose, anche se rimane ancora molto materiale da pubblicare, in particolare i resoconti delle riunioni delle varie commissioni conciliari opportunamente registrati ma tuttora non ancora trascritti.
    Seguendo la linea indicata dal Beato Papa Giovanni XXIII nel suo discorso di apertura del concilio, occorre svolgere un accurato studio storico di tutto il materiale archivistico a nostra disposizione, per non diventare persone che si comportino, diceva il Papa, "come se non avessero nulla da imparare dalla storia, che è maestra di vita". La consultazione e la pubblicazione di alcuni Diari e Memorie, corrispondenze di personaggi rilevanti che presero parte al Concilio Vaticano II hanno già contribuito all’elaborazione dell’ermeneutica del Concilio, assieme allo studio degli Acta Synodalia, da tempo pubblicati, e degli stessi documenti del Concilio, nell’«ermeneutica della riforma nella continuità», indicata da Benedetto XVI come la via dell’autentica interpretazione ecclesiale. In questa prospettiva, abbiamo proposto di iniziare una ricerca sugli archivi privati del Padri conciliari, allo scopo di identificare ed inventariare i documenti da loro prodotti: diari, appunti vari sulle riunioni delle commissioni o delle sessioni solenni in San Pietro, articoli destinati ad essere pubblicati nelle riviste diocesane, insomma, tutti i documenti in grado di aiutarci a capire come i Padri conciliari hanno vissuto il grande evento del concilio, come lo hanno capito, come hanno reagito di fronte alle varie opinioni manifestatesi nell'aula conciliare. Certo, queste fonti private non hanno uno statuto ufficiale, ma sono di grande importanza per capire l'evento conciliare così come il progresso dei lavori e l'elaborazione talvolta faticosa degli stessi documenti conciliari.
    Facendo nostre le parole del Beato Giovanni XXIII, "bisogna (procedere) [...] con animo sereno e pacato, senza nulla togliervi, in quella maniera accurata di pensare e di formulare le parole che risalta soprattutto negli atti dei Concili di Trento e Vaticano I; [...] occorre che questa dottrina certa ed immutabile, alla quale si deve prestare un assenso fedele, sia approfondita ed esposta secondo quanto è richiesto dai nostri tempi".
    In questa prospettiva, il convegno che si terrà dal 3 al 5 ottobre è, nel nostro progetto, il primo di due eventi, il secondo è in programma per il 2015, in occasione dei 50 anni della conclusione del concilio. Quindi, questo primo incontro vuole essere un primo passo destinato a presentare lo stato della ricerca in atto e a segnalare, ad esempio, le difficoltà incontrate nella ricerca degli archivi. I successi e gli insuccessi della ricerca fanno emergere delle domande nuove e una conoscenza più precisa di quello che fu il concilio. Cinquant'anni fa, la situazione dell'episcopato era molto diversa da quella attuale, in particolare per quanto concerne i territori detti "di missione". I vescovi provenienti dal continente americano e dall'Europa furono 2090, mentre erano soltanto 408 quelli provenienti dall'Asia, 351 quelli dall'Africa e 74 quelli dall'Oceania. A questi numeri, si deve aggiungere una considerazione essenziale: la stragrande maggioranza dei vescovi provenienti dai territori "di missione" era europea e apparteneva ad istituti missionari. Quindi, nella nostra ricerca archivistica, si deve tener conto che non tutti i documenti archivistici sono conservati nelle diocesi ma anche nelle case religiose. D'altra parte, il culto degli archivi, sviluppatosi in Europa e in America, non è – per motivi culturali – universale, in particolare in certi paesi d'Asia e d'Africa. Fortunatamente, l'archivio della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli ci offre la possibilità di colmare almeno in parte queste insufficienze.
    Si capisce bene che è intenzione del Pontificio Comitato promuovere, alla luce del Magistero del Santo Padre e secondo una schietta metodologia storico-critica, aliena da qualsivoglia ispirazione ideologica, una ponderata e scientificamente fondata rilettura storiografica di quello che fu innegabilmente il «grande evento» del Concilio Vaticano II, grande per numero di partecipanti, per la forza delle attese di fondo, per le aperture poco dopo illustrate da Paolo VI nella sua enciclica programmatica Ecclesiam Suam, e anche per l’aperto affrontarsi di posizioni diverse.
    Il metodo che ci si proporrà di seguire sarà quello di una pacata indagine degli Archivi dei Padri e di una approfondita analisi dei Diari e delle Memorie dei singoli, cercando di comprendere, secondo il prezioso suggerimento di Roger Aubert, «il ruolo avuto nella storia rispettivamente dalle singole personalità e dalle forze profonde» con un continuo e serrato confronto con le decisioni conciliari trádite (consegnate) negli Acta.
    Dunque ci proponiamo, a cinquant’anni dall’apertura del Concilio Vaticano II, di avviare un bilancio storiografico e una riflessione intorno a possibili lineamenti di ricerca sullo specifico tema degli Archivi personali dei Padri del Concilio.
    In questi giorni di convegno, ci si incontrerà a Roma intorno alla presentazione sintetica e analitica dei fondi di archivio che saranno stati identificati grazie ad una previa indagine condotta dalle Società di Storia Ecclesiastica e dalle Associazioni di Archivistica Ecclesiastica nazionali. In questo primo Convegno Internazionale, si presenterà l’insieme delle descrizioni dei fondi archivistici, come una sorta di vasto «elenco di consistenza» degli Archivi dei Padri conservati nelle singole nazioni. La prima parte di questa vasta indagine documentaria è stata attuata grazie alla disponibilità di studiosi ed archivisti che hanno coordinato, organizzato ed attuato il lavoro di ricerca e di sintesi.
    Il nostro Convegno Internazionale si aprirà mercoledì 3 ottobre con un documentario realizzato dalla Filmoteca vaticana, e con una prolusione a due voci: il Cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, ripercorrerà l'arco di tempo tra l'annuncio del concilio e la sua apertura, perché il periodo di preparazione dell'evento offre molte chiavi per capire l'insieme del concilio; quindi il Prof. Philippe Levillain offrirà una riflessione sulla storiografia di fronte all'evento del concilio. Abbiamo voluto onorare la dimensione ecumenica fortemente sottolineata da Giovanni XXIII nel suo discorso di apertura, invitando ad intervenire un rappresentante del Dipartimento per le Relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca e un rappresentante del protestantesimo che gestisce l'archivio personale del grande teologo riformato, Oscar Cullmann.
    Seguiranno le varie sessioni dedicate alla Chiesa nei vari continenti.
    Prodotto, così, grazie alla ricerca avviata nel 2011 e ai lavori del nostro Convegno Internazionale, un primo Repertorio degli Archivi dei Padri conciliari, si provvedrà al suo riversamento in un data base on-line sul sito web del Pontificio Comitato, con accesso gratuito. I risultati del primo censimento saranno, perciò, a disposizione del vasto pubblico degli studiosi e fungeranno da stimolo permanente alla prosecuzione della ricerca nei più diversi ambiti di studio.
    Ci auguriamo che la nostra iniziativa dia un utile contributo alla ricerca storica e quindi alla comprensione e ricezione del Concilio Vaticano II.

    INTERVENTO DEL PROF. PHILIPPE CHENAUX

    A cinquant’anni dall’apertura del Concilio Vaticano II (1962-2012), il Pontificio Comitato di Scienze Storiche, in collaborazione con il Centro Studi e Ricerche sul Concilio Vaticano II della Pontificia Università Lateranense, si è proposto di avviare un progetto di ricerca sullo specifico tema degli Archivi personali dei Padri del Concilio. Il grande convegno internazionale, che si terrà a Roma dal 3 al 5 ottobre, intende presentare i primi risultati di un’indagine condotta su scala mondiale sullo stato degli archivi dei padri conciliari.
    Da un ventennio circa il Concilio Vaticano II è diventato oggetto di storia, ed è pertanto lecito e corretto parlare di un processo di storicizzazione del concilio. Alla fine degli anni '80, infatti, è stato avviato – dall’Istituto delle Scienze Religiose di Bologna, con la collaborazione di una équipe internazionale di ricercatori e studiosi provenienti dalle principali università cattoliche europee e americane – un vasto progetto di storia del Concilio Vaticano II, che ha portato alla pubblicazione di cinque grossi volumi, tradotti quasi simultaneamente nelle varie lingue occidentali (inglese, francese, spagnolo, tedesco, portoghese, russo): la ben nota Storia del Concilio Vaticano II (Bologna, 1995-2001), pubblicata sotto la direzione del prof. Giuseppe Alberigo.
    La convinzione che si trovava alla base del progetto era che fosse impossibile scrivere la storia del Vaticano II basandosi unicamente sui documenti ufficiali del concilio, che attualmente si trovano a disposizione degli studiosi presso l’Archivio Segreto Vaticano. A parere degli studiosi che hanno realizzato questo programma, era necessario impegnarsi in un vasto lavoro di reperimento e catalogazione delle cosiddette "fonti locali" del Vaticano II, poiché infatti non bastava studiare il concilio sulla base dei documenti ufficiali, ma bisognava andare a vedere un po’ dovunque, in particolar modo presso gli archivi di coloro che erano stati i protagonisti del Vaticano II (i padri, i teologi), che avevano conservato del materiale che pertanto era necessario ritrovare ed inventariare. In questa prospettiva sono nati diversi centri di ricerca sul Vaticano II presso le grandi università cattoliche europee (Lovanio, Parigi) ed americane (Washington, Laval/Québec, Brasile). Il più importante è l’Istituto per le Scienze Religiose di Bologna. Esso custodisce un patrimonio documentale ricchissimo di fondi diversi, con carte non tutte originali ma fotocopie di altri provenienti dai vari centri del mondo. Il Centro Studi e Ricerche sul Concilio Vaticano II della Pontificia Università lateranense è, per così dire, "l’ultimo nato" tra le istituzioni chi occupano della storia del concilio.
    Questo tentativo di storicizzare il Concilio Vaticano II non implicava soltanto un lavoro di ricerca a livello di fonti – anche se ciò è assolutamente indispensabile in quanto il metodo storico implica una ricerca basata sulle fonti e la storia si fa con i documenti –, ma anche un lavoro di interpretazione, la cosiddetta "ermeneutica" conciliare. In altre parole gli storici che hanno ideato questo progetto di storia del Vaticano II hanno "pensato" il concilio, da cui sono emersi due criteri di interpretazione che hanno guidato il loro lavoro: il concilio come "evento" e il concilio come "rottura". La categoria "evento" è centrale, fondamentale: il Concilio Vaticano II è stato prima di tutto un avvenimento che non si può ridurre ai sedici documenti approvati, ma si è trattato piuttosto di un "evento". Sulla base di questa caratterizzazione del concilio come "evento", gli storici del Vaticano II si sono sforzati di ricostruire tale fatto il più dettagliatamente possibile, seguendone fedelmente la cronologia, dall’annunzio memorabile di Giovanni XXIII che il 25 gennaio 1959, tre mesi dopo la sua elezione, sorprese tutti decidendo di indire un concilio ecumenico, fino alla chiusura ufficiale dei lavori fatta da Paolo VI l’8 dicembre 1965. Si trattava di ricostruire un evento storico sulla base di un’analisi rigorosamente critica di tutte le fonti conservate, quelle ufficiali, quelle orali – perché esistono anche testimonianze orali – e quelle scritte. La ricostruzione del concilio come evento storico, nella sua dinamica interna ed esterna, appariva quale condizione indispensabile per una corretta interpretazione delle decisioni che in esso maturarono, viste non come «astratte e fredde norme, ma come espressione e prolungamento dell’evento stesso». In altre parole, il concilio visto come "evento" non si esauriva nelle sue decisioni: essere fedeli al concilio voleva dire essere fedeli, più che alla "lettera" dei suoi documenti, allo "spirito" dell’evento stesso. La ricostruzione del concilio come evento nella sua dinamica interna e esterna appariva così come la condizione indispensabile per una giusta interpretazione dei testi conciliari. Il concilio è stato innanzi tutto un evento perché ha segnato una sorta di cesura nella storia della Chiesa, una cesura tanto forte da rendere possibile l’individuazione di un "prima" e un "dopo" Vaticano II: il concilio ha segnato per il cristianesimo la fine di un’epoca, quella postridentina, se non addirittura di quella post-costantiniana. Senza negare gli elementi di continuità rispetto al periodo precedente (ad esempio nel campo della liturgia o dell’apostolato dei laici), questi storici sottolineavano che ciò che cambiò con il concilio non riguardava tanto le idee e gli uomini, quanto piuttosto il giudizio formulato su di essi, ciò che lo storico francese Etienne Fouilloux chiama «la netta inversione dei segni operata dall’evento»1. I teologi ritenuti sospetti o addirittura condannati qualche anno prima (i grandi nomi della nouvelle théologie française, Congar, de Lubac, Daniélou, Chenu), erano diventati i maestri del pensiero del rinnovamento conciliare.
    Questa interpretazione del concilio in chiave di rottura non è priva di presupposti ideologici; senza dubbio, oggettivamente, si tratta di un’interpretazione che sta alla base dei progetti e delle attese di quanti continuano a far riferimento allo "spirito" del concilio più che alla "lettera" dei documenti conciliari, i quali sono stati spesso il frutto di un compromesso tra le posizioni della maggioranza e le richieste della minoranza. La lettura del concilio proposta dalla "scuola di Bologna", quasi egemonica sul piano della storiografia nell’assenza di una vera e propria lettura alternativa basata sul metodo della storia, non è quella indicata dal magistero della Chiesa sotto Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. L’interpretazione che il magistero della Chiesa ha voluto proporre, specialmente a partire dal sinodo straordinario del 1985, è quella di un concilio che si pone nella continuità della tradizione della Chiesa. Il discorso pronunziato da papa Wojtyła alla chiusura del grande convegno internazionale sull’attuazione del Vaticano II, tenutosi in Vaticano nel febbraio del 2000 in occasione del giubileo, era abbastanza chiaro:
    «La Chiesa da sempre conosce le regole per una retta ermeneutica dei contenuti del dogma, sono regole che si pongono all’interno del tessuto di fede e non al di fuori di esso. Leggere il concilio supponendo che esso comporti una rottura col passato, mentre in realtà si pone nella linea della fede di sempre, è decisamente fuorviante. Ciò che è stato creduto da tutti sempre ed in ogni luogo è l’autentica novità, che permette ad ogni epoca di sentirsi illuminata dalla parola della rivelazione di Dio in Gesù Cristo" 2.
    Nel suo discorso alla Curia romana del 22 dicembre 2005, Benedetto XVI ha fatto la distinzione tra due interpretazioni del concilio: la prima, erronea, definita come «ermeneutica della discontinuità e della rottura» nella storia della Chiesa che «ha causato confusione», la seconda, giusta e feconda, definita come «ermeneutica della riforma, del rinnovamento nella continuità» che «ha portato frutti». Riferendosi esplicitamente al discorso programmatico di apertura di Giovanni XXIII, il papa diceva che si trattava di un programma «estremamente esigente, come appunto è esigente la sintesi di fedeltà e dinamica». «Ma ovunque questa interpretazione è stata l’orientamento che ha guidato la recezione del concilio, è cresciuta una nuova vita e sono maturati frutti nuovi».
    La posta in gioco fondamentale che si pone agli storici del concilio è dunque: come riconciliare queste due letture contrapposte dell’evento conciliare e delle sue decisioni? Non si tratta di scrivere una "contro-storia" del concilio Vaticano II, quanto piuttosto, più modestamente, di riprendere l’indagine storica sulla base di una documentazione la più larga possibile e senza a priori di tipo ideologico, evitando di strumentalizzare la storia del concilio per fini estranei alla storia stessa, per arrivare ad una comprensione più equilibrata e più condivisa dell’evento e delle sue decisioni. "Ripartire dagli archivi" tale è la scommessa che sta alla base del grande progetto di ricerca sugli archivi dei padri conciliari.
    ___________________________

    1 E. FOUILLOUX, Histoire et événement: Vatican II, Cristianesimo nella storia, XIII/3, ottobre 1992, 530.

    2 Il Concilio Vaticano II, Recezione e attualità alla luce del Giubileo, a cura di R. Fisichella, Cinisello Balsamo (Milano) 2000, p. 739.

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    DECRETO DELLA PENITENZIERIA APOSTOLICA CON IL QUALE SI CONCEDONO INDULGENZE, IN OCCASIONE DELL’ANNO DELLA FEDE , 05.10.2012

    URBIS ET ORBIS D E C R E T O

    Si arricchiscono del dono di Sacre Indulgenze particolari esercizi di pietà, da svolgersi durante l’Anno della fede

    Nel giorno del cinquantesimo anniversario dalla solenne apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, al quale il Beato Giovanni XXIII "assegnò come compito principale quello di meglio custodire e presentare il prezioso deposito della dottrina cristiana, per renderlo più accessibile ai fedeli di Cristo e a tutti gli uomini di buona volontà" (Giovanni Paolo II, Cost. Ap. Fidei Depositum, 11 ott. 1992: AAS 86 [1994] 113), il Sommo Pontefice Benedetto XVI ha stabilito l’inizio di un Anno particolarmente dedicato alla professione della vera fede e alla sua retta interpretazione, con la lettura, o meglio, la pia meditazione degli Atti del Concilio e degli Articoli del Catechismo della Chiesa Cattolica, pubblicato dal Beato Giovanni Paolo II, a trent’anni dall’inizio del Concilio, col preciso intento di "indurre i fedeli ad aderire meglio ad esso e di promuoverne la conoscenza e l’applicazione" (ibid., 114).
    Già nell’anno del Signore 1967, per fare memoria del diciannovesimo centenario del martirio degli Apostoli Pietro e Paolo, un simile Anno della fede fu indetto dal Servo di Dio Paolo VI, "per attestare in una solenne professione di Fede quanto i contenuti essenziali che da secoli costituiscono il patrimonio di tutti i credenti hanno bisogno di essere confermati, compresi e approfonditi in maniera sempre nuova al fine di dare testimonianza coerente in condizioni storiche diverse dal passato" (Benedetto XVI, Lett. Ap. Porta Fidei, n. 4).
    In questo nostro tempo di profondissimi cambiamenti, ai quali l’umanità è sottoposta, il Santo Padre Benedetto XVI, con l’indizione di questo secondo Anno della fede, intende invitare il Popolo di Dio, del quale è Pastore universale, così come i fratelli Vescovi di tutto l’orbe "perché si uniscano al Successore di Pietro, nel tempo di grazia spirituale che il Signore ci offre, per fare memoria del dono prezioso della fede" (ibid., n. 8).
    Sarà data a tutti i fedeli "l’opportunità di confessare la fede nel Signore Risorto … nelle Cattedrali e nelle chiese di tutto il mondo; nelle [loro] case e presso le [loro] famiglie, perché ognuno senta forte l’esigenza di conoscere meglio e di trasmettere alle generazioni future la fede di sempre. Le comunità religiose come quelle parrocchiali, e tutte le realtà ecclesiali antiche e nuove, troveranno il modo, in questo Anno, per rendere pubblica professione del Credo" (ibid.).
    Inoltre, tutti i fedeli, singolarmente e comunitariamente, saranno chiamati a rendere aperta testimonianza della propria fede davanti agli altri nelle peculiari circostanze della vita quotidiana: "la stessa natura sociale dell’uomo esige che egli esprima esternamente gli atti di religione, comunichi con gli altri in materia religiosa, professi la propria religione in forma comunitaria" (Dich. Dignitatis humanae, 7 dic. 1965: AAS 58 [1966], 932).
    Poiché si tratta anzitutto di sviluppare in sommo grado – per quanto è possibile su questa terra – la santità di vita e di ottenere, quindi, nel grado più alto la purezza dell’anima, sarà molto utile il grande dono delle Indulgenze, che la Chiesa, in virtù del potere conferitole da Cristo, offre a tutti coloro che con le dovute disposizioni adempiono le speciali prescrizioni per conseguirle. "Con l’Indulgenza - insegnava Paolo VI - la Chiesa, avvalendosi della sua potestà di ministra della Redenzione operata da Cristo Signore, comunica ai fedeli la partecipazione di questa pienezza di Cristo nella comunione dei Santi, fornendo loro in misura larghissima i mezzi per raggiungere la salvezza" (Lett. Ap. Apostolorum Limina, 23 mag. 1974: AAS 66 [1974] 289). Così si manifesta il "tesoro della Chiesa", del quale costituiscono "un accrescimento ulteriore anche i meriti della Beata Madre di Dio e di tutti gli eletti, dal primo giusto all’ultimo" (Clemente VI, Bolla Unigenitus Dei Filius, 27 gen. 1343).
    La Penitenzieria Apostolica, che ha l’ufficio di regolare quanto concerne la concessione e l’uso delle Indulgenze, e di stimolare l’animo dei fedeli a rettamente concepire ed alimentare il pio desiderio di ottenerle, sollecitata dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, in attenta considerazione della Nota con indicazioni pastorali per l’Anno della fede della Congregazione per la Dottrina della Fede, al fine di conseguire il dono delle Indulgenze durante l’Anno della fede, ha stabilito le seguenti disposizioni, emesse in conformità alla mente dell’Augusto Pontefice, perché i fedeli siano maggiormente stimolati alla conoscenza ed all’amore della Dottrina della Chiesa Cattolica e ne ottengano più abbondanti frutti spirituali.
    Durante tutto l’arco dell’Anno della fede, indetto dall’11 Ottobre 2012 fino all’intero 24 Novembre 2013, potranno acquisire l’Indulgenza plenaria della pena temporale per i propri peccati impartita per la misericordia di Dio, applicabile in suffragio alle anime dei fedeli defunti, tutti i singoli fedeli veramente pentiti, debitamente confessati, comunicati sacramentalmente, e che preghino secondo le intenzioni del Sommo Pontefice:

    a.- ogniqualvolta parteciperanno ad almeno tre momenti di predicazioni durante le Sacre Missioni, oppure ad almeno tre lezioni sugli Atti del Concilio Vaticano II e sugli Articoli del Catechismo della Chiesa Cattolica, in qualsiasi chiesa o luogo idoneo;

    b.- ogniqualvolta visiteranno in forma di pellegrinaggio una Basilica Papale, una catacomba cristiana, una Chiesa Cattedrale, un luogo sacro designato dall’Ordinario del luogo per l’Anno della fede (ad es. tra le Basiliche Minori ed i Santuari dedicati alla Beata Vergine Maria, ai Santi Apostoli ed ai Santi Patroni) e lì parteciperanno a qualche sacra funzione o almeno si soffermeranno per un congruo tempo di raccoglimento con pie meditazioni, concludendo con la recita del Padre Nostro, la Professione di Fede in qualsiasi forma legittima, le invocazioni alla Beata Vergine Maria e, secondo il caso, ai Santi Apostoli o Patroni;

    c.- ogniqualvolta, nei giorni determinati dall’Ordinario del luogo per l’Anno della fede (ad es. nelle solennità del Signore, della Beata Vergine Maria, nelle feste dei Santi Apostoli e Patroni, nella Cattedra di San Pietro), in qualunque luogo sacro parteciperanno ad una solenne celebrazione eucaristica o alla liturgia delle ore, aggiungendo la Professione di Fede in qualsiasi forma legittima;

    d.- un giorno liberamente scelto, durante l’Anno della fede, per la pia visita del battistero o altro luogo, nel quale ricevettero il sacramento del Battesimo, se rinnoveranno le promesse battesimali in qualsiasi formula legittima.

    I Vescovi Diocesani o Eparchiali, e coloro che nel diritto sono ad essi equiparati, nel giorno più opportuno di questo tempo, in occasione della principale celebrazione (ad es. il 24 Novembre 2013, nella solennità di Gesù Cristo Re dell’Universo, con la quale si chiuderà l’Anno della fede) potranno impartire la Benedizione Papale con l’Indulgenza plenaria, lucrabile da parte di tutti fedeli che riceveranno tale Benedizione devotamente.
    I fedeli veramente pentiti, che non potranno partecipare alle solenni celebrazioni per gravi motivi (come anzitutto tutte le monache che vivono nei monasteri in clausura perpetua, gli anacoreti e gli eremiti, i carcerati, gli anziani, gli infermi, come pure coloro che, in ospedale o altri luoghi di cura, prestano servizio continuativo ai malati…), conseguiranno l’Indulgenza plenaria, alle medesime condizioni, se, uniti con lo spirito e con il pensiero ai fedeli presenti, particolarmente nei momenti in cui le Parole del Sommo Pontefice o dei Vescovi Diocesani verranno trasmesse per televisione e radio, reciteranno nella propria casa o là dove l’impedimento li trattiene (ad es. nella cappella del monastero, dell’ospedale, della casa di cura, del carcere…) il Padre Nostro, la Professione di Fede in qualsiasi forma legittima, e altre preghiere conformi alle finalità dell’Anno della fede, offrendo le loro sofferenze o i disagi della propria vita.
    Affinché l’accesso al sacramento della Penitenza e al conseguimento del perdono divino attraverso il potere delle Chiavi, sia pastoralmente facilitato, gli Ordinari dei luoghi sono invitati a concedere ai canonici e ai sacerdoti che, nelle Cattedrali e nelle Chiese designate per l’Anno della fede potranno ascoltare le confessioni dei fedeli, le facoltà limitatamente al foro interno, di cui, per i fedeli delle Chiese orientali, al can. 728, § 2 del CCEO, e nel caso di un’eventuale riserva, quelle per il can. 727, esclusi, come è evidente, i casi considerati nel can. 728, § 1; per i fedeli della Chiesa latina, le facoltà di cui al can. 508, § 1 del CIC.
    I confessori, dopo aver ammonito i fedeli sulla gravità di peccati ai quali sia annessa una riserva o una censura, determineranno appropriate penitenze sacramentali, tali da condurli il più possibile ad uno stabile ravvedimento e, a seconda della natura dei casi, da imporre loro la riparazione di eventuali scandali e danni.
    La Penitenzieria infine invita caldamente gli Ecc.mi Vescovi, in quanto detentori del triplice munus di insegnare, di guidare e di santificare, ad aver cura nello spiegare chiaramente i principi e le disposizioni qui proposti per la santificazione dei fedeli, tenendo conto in modo particolare delle circostanze di luogo, di cultura e di tradizioni. Una catechesi adattata all’indole di ciascun popolo, potrà proporre più chiaramente e con maggiore vivacità all’intelligenza e radicare più fermamente e profondamente nei cuori il desiderio di questo dono unico, ottenuto in virtù della mediazione della Chiesa.
    Il presente Decreto ha validità unicamente per l’Anno della fede. Nonostante qualunque disposizione contraria.
    Dato in Roma, dalla Sede della Penitenzieria Apostolica, il 14 settembre 2012, nell’Esaltazione della Santa Croce.

    Manuel Card. Monteiro de Castro
    Penitenziere Maggiore

    Mons. Krzysztof Nykiel
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    BRIEFING DEL PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE, 09.10.2012

    Alle ore 11 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, si tiene un briefing per illustrare la celebrazione di apertura dell’Anno della fede, che sarà presieduta dal Santo Padre giovedì prossimo 11 ottobre, ore 10, in Piazza San Pietro.
    Prendono parte al briefing S.E. Mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione e S.E. Mons. José Octavio Ruiz Arenas, Segretario del medesimo Pontifico Consiglio.
    Pubblichiamo di seguito l’intervento di S.E. Mons. Rino Fisichella:

    INTERVENTO DI S.E. MONS. RINO FISICHELLA

    E’ di particolare significato che l’Anno della Fede inizi nello stesso giorno del cinquantesimo anniversario dell’Apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II. La scelta non è affatto casuale. La scadenza conciliare è un’opportunità per ritornare all’evento del concilio che ha segnato in modo determinante la vita della Chiesa del XX secolo e per verificare l’incidenza dei suoi insegnamenti nel corso di questi decenni e dei prossimi anni che segneranno l’impegno della Chiesa per la nuova evangelizzazione. Di fatto, il Vaticano II ha voluto essere un momento privilegiato di nuova evangelizzazione. Dal discorso di apertura di Giovanni XXIII attraversando l’intero insegnamento conciliare come emerge dai suoi 16 documenti per giungere al magistero di Paolo VI, l’idea fondante che emerge in maniera sempre più evidente era quella di parlare di nuovo all’uomo di oggi di Dio e dell’importanza della fede per la sua vita. In maniera chiara lo esprime anche Benedetto XVI in Porta Fidei: "Ho ritenuto che far iniziare l’Anno della fede in coincidenza con il cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II possa essere un’occasione propizia per comprendere che i testi lasciati in eredità dai Padri conciliari, secondo le parole del beato Giovanni Paolo II, "non perdono il loro valore né il loro smalto. È necessario che essi vengano letti in maniera appropriata, che vengano conosciuti e assimilati come testi qualificati e normativi del Magistero, all'interno della Tradizione della Chiesa … Sento più che mai il dovere di additare il Concilio, come la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo XX: in esso ci è offerta una sicura bussola per orientarci nel cammino del secolo che si apre". Io pure intendo ribadire con forza quanto ebbi ad affermare a proposito del Concilio pochi mesi dopo la mia elezione a Successore di Pietro: "se lo leggiamo e recepiamo guidati da una giusta ermeneutica, esso può essere e diventare sempre di più una grande forza per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa" (n 5).
    Il cinquantesimo del Concilio, pertanto, merita di essere non solo ricordato, ma celebrato da parte della Chiesa. Essa lo vuole fare con l’Anno della fede, perché sia un’occasione propizia per ravvivare la fede dei credenti e animarli di uno spirito di evangelizzazione sempre più convinto. Esso permane anche come un Anno dedicato allo studio e all’approfondimento dell’insegnamento conciliare perché abbia ad essere di sostegno nella formazione dei credenti –in particolare con la catechesi- nella vita sacramentale della comunità cristiana e nella testimonianza di vita che ognuno è chiamato a perseguire perché la credibilità della fede non sia offuscata da nulla, ma ritrovi la sua freschezza e la sua forza evangelizzatrice con un linguaggio sempre più coerente ed efficace.
    Alla luce di questo merita di essere spiegata la celebrazione di inaugurazione dell’Anno della Fede che è fortemente impregnata di segni che evocano il Concilio. In apertura della funzione, mentre i fedeli sono chiamati a vivere un momento di preparazione alla santa Eucaristia, verranno letti alcuni brani dalle 4 costituzioni conciliari che hanno segnato i lavori del concilio e il rinnovamento nella vita della Chiesa. Di seguito, sarà ripetuta la lunga processione che nell’immaginario collettivo riporta al 12 ottobre del 1962. Essa sarà formata da tutti i vescovi che prenderanno parte alla solenne concelebrazione presieduta dal Santo Padre. Vi parteciperanno tutti i Padri Sinodali che in questi giorni partecipano ai lavori sulla nuova evangelizzazione, tutti i Presidenti delle Conferenze Episcopali del mondo e 14 Padri conciliari che nonostante l’età sono riusciti a venire a Roma. Erano stati invitati 70 Padri conciliari che ancora sono vivi, ma l’età avanzata o i problemi di salute hanno impedito di essere tra noi. Ci hanno scritto, comunque, confermando la loro partecipazione spirituale e il loro sostegno in questo momento così solenne per la vita della Chiesa. Saranno presenti: S.Em.za Card. Francis Arinze (Prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino), S.Em.za Card. Serafim Fernandes de Araújo (Arcivescovo emerito di Belo Horizonte - Brasile), S.Em.za Card. Giovanni Canestri (Arcivescovo emerito di Genova – Italia), S.E.R. Mons. José Mauro Ramalho de Alarcón Santiago (Vescovo emerito di Iguatú - Brasile), S.E.R. Mons. Yves-Georges-René Ramousse, M.E.P. (Vicario Apostolico emerito di Phnom-Penh – Cambogia), S.E.R. Mons. Georges-Hilaire Dupont, O.M.I. (Vescovo emerito di Pala – Ciad), S.E.R. Mons. Felice Leonardo (Vescovo emerito di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata dei Goti – Italia), S.E.R. Mons. Luigi Bettazzi (Vescovo emerito di Ivrea – Italia), S.E.R. Mons. Arturo Antonio Szymanski Ramirez (Arcivescovo emerito di San Luis Potosí – Messico), S.E.R. Mons. Hilarion Capucci (Arcivescovo di Cesarea di Palestina), S.E.R. Mons. Robert Casimir Tonyui Messan Dosseh-Anyron (Vescovo emerito di Lomé – Togo), S.E.R. Mons. William John McNaughton (Vescovo emerito di Incheon – Corea), S.E.R. Mons. Roberto Cáceres (Vescovo emerito di Melo – Uruguay), S.E.R. Mons. Colin Cameron Davies (Vescovo emerito di Ngong – Kenya). Alla processione seguirà l’intronizzazione della Parola di Dio. Anche questo segno richiama a un momento significativo dei lavori conciliari quando, nelle sedute solenni nella basilica di san Pietro, giungeva in processione la Sacra Scrittura e veniva posta al centro dell’assise conciliare per ricordare a tutti di essere al servizio della Parola di Dio che permane come il centro dell’azione della Chiesa. Verrà utilizzato lo stesso leggio e la stessa Sacra Scrittura dei lavori conciliari. Al termine della celebrazione eucaristica si compirà un ulteriore segno per indicare che l’insegnamento conciliare mantiene viva la sua attualità e merita di essere ancora conosciuto e approfondito.
    Si ricorderà che a chiusura del concilio, Paolo VI consegnò dei Messaggi al Popolo di Dio. Quegli stessi messaggi saranno consegnati da Papa Benedetto XVI a diverse categorie di persone. Ai Governanti e sarà ritirato dal Decano del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, dal Vice Decano del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede e da un Ambasciatore per ogni Continente. Agli Uomini di scienza e di pensiero, sarà consegnato a Fabiola Gianotti (Italia), Fisico di ricerca del CERN, Responsabile dell’esperimento ATLAS al Large Hadron Collider (LHC) - il 4 luglio 2012 ha annunciato la prima osservazione di una particella compatibile con il bosone di Higgs -; a Robert Spaemann (Germania), filosofo di fama internazionale e a Gerard Lohfink (Germania), biblista rinomato in tutto il mondo delle scienze bibliche e teologiche. Agli Artisti, sarà ritirato da James MacMillan (Regno Unito), compositore scozzese più importante della sua generazione nel Regno Unito, nonché tra i più stimati a livello mondiale; da Arnaldo Pomodoro (Italia), tra i più grandi scultori contemporanei; Giulio Base (Italia), attore e regista italiano, che ha al suo attivo la partecipazione a molti film, serie televisive, e dal maestro Ermanno Olmi (Italia), regista italiano di fama mondiale, che ha impegnato il suo talento anche come sceneggiatore di moltissimi film. Alle Donne e sarà consegnato a: Valentina Alazraki (Messico), giornalista vaticanista, già Presidente dell’Associazione della Stampa estera in Italia; Annalisa Minetti (Italia), cantante e sportiva, medaglia di bronzo alle Paralimpiadi di Londra 2012 nei 1.500 metri; Jocelyne Khoueiry (Libano), Membro fondatore e Presidente del movimento laicale «La Libanaise-Femme du 31 Mai», movimento femminile che ha come obiettivo l’educazione delle donne libanesi alla dottrina sociale per una società più umana; Sr. Maria Ko Ha Fong (Hong Kong, Cina), Suora della Congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice, insegnante di teologia e Kathryn Lopez (USA), giornalista, direttrice del quotidiano National Review Online, è conosciuta ed apprezzata a livello di tutti gli Stati Uniti. Ai Lavoratori e sarà consegnato a Raffaele Bonanni (Italia), Segretario generale della Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori (CISL); Luis Alberto Urzúa Iribarren (Chile), minatore rimasto intrappolato nella miniera di San José in Chile, con altri 32 colleghi, a circa 700 metri di profondità per più di 2 mesi; Renato Caputol e Flor Ventura con i loro 4 figli (Filippine), sono lavoratori immigrati in Italia da 23 anni. Ai Poveri, Ammalati e Sofferenti e sarà consegnato a Vittoria Martino (Italia), ammalata associata all’Unitalsi; Gerardo Signore, Medico; Maria Luisa Pieroni (Italia), Crocerossina e Giuseppa Cassaniti Mastrojeni, Presidente nazionale dell’Associazione italiana familiari e vittime della strada; mamma di Valeria, morta in un incidente stradale a 17 anni. Ai Giovani e sarà consegnato a Tatiane Araújo (Brasile), Anna Fsadni (Sydney, Australia), Robert Prybyla (Texas, USA), Chiara Azwka (Congo), Ivan Luna (Filippine), Cyril Brunet (Francia). Infine, essendo il ventesimo anniversario del Catechismo della Chiesa Cattolica, il Santo Padre consegnerà copia del Catechismo in un’edizione speciale pubblicata per l’Anno della Fede a due rappresentanti dei Catechisti: Caroline Fairey, Accademic Assistant presso il Maryvale Institute di Birmingham e Tommaso Spinelli, Catechista del gruppo degli adolescenti nella parrocchia romana di Santa Melania Juniore. Come si nota, si mescolano personalità conosciute con credenti di tutto il mondo che hanno rappresentano situazioni emblematiche dell’impegno della fede, ma questa è la Chiesa a cui ci indirizziamo come al tempo del Concilio. Passano gli anni, ma la forza del Vaticano II permane con la sua carica di desiderio perché al mondo intero possa giungere il Vangelo di Cristo. Lo facciamo con l’intento di offrire ai cristiani un motivo ulteriore per sentirsi parte di una Chiesa che non conosce confini e che ogni giorno rinnova la sua fede nel Signore con un impegno di vita paradossale per lo stile che siamo chiamati ad assumere.

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    RIFLESSIONE DEL SANTO PADRE NEL CORSO DELLA PRIMA CONGREGAZIONE GENERALE DELLA XIII ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI, 09.10.2012

    Pubblichiamo di seguito il testo della meditazione che il Santo Padre Benedetto XVI ha tenuto ieri mattina alle ore 9, nell’Aula del Sinodo, nel corso della prima Congregazione Generale della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, dopo la lectio brevis dell’Ora Terza:

    MEDITAZIONE DEL SANTO PADRE

    Cari Fratelli,

    la mia meditazione si riferisce alla parola «evangelium» «euangelisasthai» (cfr Lc 4,18).
    In questo Sinodo vogliamo conoscere di più che cosa il Signore ci dice e che cosa possiamo o dobbiamo fare noi. E’ divisa in due parti: una prima riflessione sul significato di queste parole, e poi vorrei tentare di interpretare l’Inno dell’Ora Terza «Nunc, Sancte, nobis Spìritus», a pagina 5 del Libro delle Preghiere.
    La parola «evangelium» «euangelisasthai» ha una lunga storia.
    Appare in Omero: è annuncio di una vittoria, e quindi annuncio di bene, di gioia, di felicità. Appare, poi, nel Secondo Isaia (cfr Is 40,9), come voce che annuncia gioia da Dio, come voce che fa capire che Dio non ha dimenticato il suo popolo, che Dio, il Quale si era apparentemente quasi ritirato dalla storia, c’è, è presente. E Dio ha potere, Dio dà gioia, apre le porte dell’esilio; dopo la lunga notte dell’esilio, la sua luce appare e dà la possibilità del ritorno al suo popolo, rinnova la storia del bene, la storia del suo amore. In questo contesto dell’evangelizzazione, appaiono soprattutto tre parole: dikaiosyne, eirene, soteria - giustizia, pace, salvezza. Gesù stesso ha ripreso le parole di Isaia a Nazaret, parlando di questo «Evangelo» che porta adesso proprio agli esclusi, ai carcerati, ai sofferenti e ai poveri.
    Ma per il significato della parola «evangelium» nel Nuovo Testamento, oltre a questo – il Deutero Isaia, che apre la porta -, è importante anche l’uso della parola fatto dall’Impero Romano, cominciando dall’imperatore Augusto. Qui il termine «evangelium» indica una parola, un messaggio che viene dall’Imperatore. Il messaggio, quindi, dell’Imperatore - come tale - porta bene: è rinnovamento del mondo, è salvezza. Messaggio imperiale e come tale un messaggio di potenza e di potere; è un messaggio di salvezza, di rinnovamento e di salute. Il Nuovo Testamento accetta questa situazione. San Luca confronta esplicitamente l’Imperatore Augusto con il Bambino nato a Betlemme: «evangelium» - dice - sì, è una parola dell’Imperatore, del vero Imperatore del mondo. Il vero Imperatore del mondo si è fatto sentire, parla con noi. E questo fatto, come tale, è redenzione, perché la grande sofferenza dell’uomo - in quel tempo, come oggi - è proprio questa: dietro il silenzio dell’universo, dietro le nuvole della storia c’è un Dio o non c’è? E, se c’è questo Dio, ci conosce, ha a che fare con noi? Questo Dio è buono, e la realtà del bene ha potere nel mondo o no? Questa domanda oggi è così attuale come lo era in quel tempo. Tanta gente si domanda: Dio è una ipotesi o no? E’ una realtà o no? Perché non si fa sentire? «Vangelo» vuol dire: Dio ha rotto il suo silenzio, Dio ha parlato, Dio c’è. Questo fatto come tale è salvezza: Dio ci conosce, Dio ci ama, è entrato nella storia. Gesù è la sua Parola, il Dio con noi, il Dio che ci mostra che ci ama, che soffre con noi fino alla morte e risorge. Questo è il Vangelo stesso. Dio ha parlato, non è più il grande sconosciuto, ma ha mostrato se stesso e questa è la salvezza.
    La questione per noi è: Dio ha parlato, ha veramente rotto il grande silenzio, si è mostrato, ma come possiamo far arrivare questa realtà all’uomo di oggi, affinché diventi salvezza? Di per sé il fatto che abbia parlato è la salvezza, è la redenzione.
    Ma come può saperlo l’uomo? Questo punto mi sembra che sia un interrogativo, ma anche una domanda, un mandato per noi: possiamo trovare risposta meditando l’Inno dell’Ora Terza «Nunc, Sancte, nobis Spìritus». La prima strofa dice: «Dignàre promptus ingeri nostro refusus, péctori», e cioè preghiamo affinché venga lo Spirito Santo, sia in noi e con noi.
    Con altre parole: noi non possiamo fare la Chiesa, possiamo solo far conoscere quanto ha fatto Lui. La Chiesa non comincia con il «fare» nostro, ma con il «fare» e il «parlare» di Dio. Così gli Apostoli non hanno detto, dopo alcune assemblee: adesso vogliamo creare una Chiesa, e con la forma di una costituente avrebbero elaborato una costituzione. No, hanno pregato e in preghiera hanno aspettato, perché sapevano che solo Dio stesso può creare la sua Chiesa, che Dio è il primo agente: se Dio non agisce, le nostre cose sono solo le nostre e sono insufficienti; solo Dio può testimoniare che è Lui che parla e ha parlato.
    Pentecoste è la condizione della nascita della Chiesa: solo perché Dio prima ha agito, gli Apostoli possono agire con Lui e con la sua presenza e far presente quanto fa Lui. Dio ha parlato e questo «ha parlato» è il perfetto della fede, ma è sempre anche un presente: il perfetto di Dio non è solo un passato, perché è un passato vero che porta sempre in sé il presente e il futuro. Dio ha parlato vuol dire: «parla». E come in quel tempo solo con l’iniziativa di Dio poteva nascere la Chiesa, poteva essere conosciuto il Vangelo, il fatto che Dio ha parlato e parla, così anche oggi solo Dio può cominciare, noi possiamo solo cooperare, ma l’inizio deve venire da Dio. Perciò non è una mera formalità se cominciano ogni giorno la nostra Assise con la preghiera: questo risponde alla realtà stessa. Solo il precedere di Dio rende possibile il camminare nostro, il cooperare nostro, che è sempre un cooperare, non una nostra pura decisione. Perciò è importante sempre sapere che la prima parola, l’iniziativa vera, l’attività vera viene da Dio e solo inserendoci in questa iniziativa divina, solo implorando questa iniziativa divina, possiamo anche noi divenire - con Lui e in Lui - evangelizzatori.
    Dio è l’inizio sempre, e sempre solo Lui può fare Pentecoste, può creare la Chiesa, può mostrare la realtà del suo essere con noi. Ma dall’altra parte, però, questo Dio, che è sempre l’inizio, vuole anche il coinvolgimento nostro, vuole coinvolgere la nostra attività, così che le attività sono teandriche, per così dire, fatte da Dio, ma con il coinvolgimento nostro e implicando il nostro essere, tutta la nostra attività.
    Quindi quando facciamo noi la nuova evangelizzazione è sempre cooperazione con Dio, sta nell’insieme con Dio, è fondata sulla preghiera e sulla sua presenza reale.
    Ora, questo nostro agire, che segue dall’iniziativa di Dio, lo troviamo descritto nella seconda strofa di questo Inno: «Os, lingua, mens, sensus, vigor, confessionem personent, flammescat igne caritas, accendat ardor proximos». Qui abbiamo, in due righe, due sostantivi determinanti: «confessio» nelle prime righe, e «caritas» nelle seconde due righe. «Confessio» e «caritas», come i due modi in cui Dio ci coinvolge, ci fa agire con Lui, in Lui e per l’umanità, per la sua creatura: «confessio» e «caritas». E sono aggiunti i verbi: nel primo caso «personent» e nel secondo «caritas» interpretato con la parola fuoco, ardore, accendere, fiammeggiare. Vediamo il primo: «confessionem personent». La fede ha un contenuto: Dio si comunica, ma questo Io di Dio si mostra realmente nella figura di Gesù ed è interpretato nella «confessione» che ci parla della sua concezione verginale della Nascita, della Passione, della Croce, della Risurrezione. Questo mostrarsi di Dio è tutto una Persona: Gesù come il Verbo, con un contenuto molto concreto che si esprime nella «confessio». Quindi, il primo punto è che noi dobbiamo entrare in questa «confessione», farci penetrare, così che «personent» - come dice l’Inno - in noi e tramite noi.
    Qui è importante osservare anche una piccola realtà filologica: «confessio» nel latino precristiano si direbbe non «confessio» ma «professio» (profiteri): questo è il presentare positivamente una realtà. Invece la parola «confessio» si riferisce alla situazione in un tribunale, in un processo dove uno apre la sua mente e confessa. In altre parole, questa parola «confessione», che nel cristiano latino ha sostituito la parola «professio», porta in sé l’elemento martirologico, l’elemento di testimoniare davanti a istanze nemiche alla fede, testimoniare anche in situazioni di passione e di pericolo di morte.
    Alla confessione cristiana appartiene essenzialmente la disponibilità a soffrire: questo mi sembra molto importante. Sempre nell’essenza della «confessio» del nostro Credo, è implicata anche la disponibilità alla passione, alla sofferenza, anzi, al dono della vita. E proprio questo garantisce la credibilità: la «confessio» non è qualunque cosa che si possa anche lasciar cadere; la «confessio» implica la disponibilità di dare la mia vita, di accettare la passione. Questo è proprio anche la verifica della «confessio». Si vede che per noi la «confessio» non è una parola, è più che il dolore, è più che la morte. Per la «confessio» realmente vale la pena di soffrire, vale la pena di soffrire fino alla morte. Chi fa questa «confessio» dimostra così che veramente quanto confessa è più che vita: è la vita stessa, il tesoro, la perla preziosa e infinita. Proprio nella dimensione martirologica della parola «confessio» appare la verità: si verifica solo per una realtà per cui vale la pena di soffrire, che è più forte anche della morte, e dimostra che è verità che tengo in mano, che sono più sicuro, che «porto» la mia vita perché trovo la vita in questa confessione.
    Adesso vediamo dove dovrebbe penetrare questa «confessione»: «Os, lingua, mens, sensus, vigor». Da San Paolo, Lettera ai Romani 10, sappiamo che la collocazione della «confessione» è nel cuore e nella bocca: deve stare nel profondo del cuore, ma deve essere anche pubblica; deve essere annunciata la fede portata nel cuore: non è mai solo una realtà nel cuore, ma tende ad essere comunicata, ad essere confessata realmente davanti agli occhi del mondo. Così dobbiamo imparare, da una parte, ad essere realmente – diciamo - penetrati nel cuore dalla «confessione», così il nostro cuore è formato, e dal cuore trovare anche, insieme con la grande storia della Chiesa, la parola e il coraggio della parola, e la parola che indica il nostro presente, questa «confessione» che è sempre tuttavia una. «Mens»: la «confessione» non è solo cosa del cuore e della bocca, ma anche dell’intelligenza; deve essere pensata e così, come pensata e intelligentemente concepita, tocca l’altro e suppone sempre che il mio pensiero sia realmente collocato nella «confessione». «Sensus»: non è una cosa puramente astratta e intellettuale, la «confessio» deve penetrare anche i sensi della nostra vita. San Bernardo di Chiaravalle ci ha detto che Dio, nella sua rivelazione, nella storia di salvezza, ha dato ai nostri sensi la possibilità di vedere, di toccare, di gustare la rivelazione. Dio non è più una cosa solo spirituale: è entrato nel mondo dei sensi e i nostri sensi devono essere pieni di questo gusto, di questa bellezza della Parola di Dio, che è realtà. «Vigor»: è la forza vitale del nostro essere e anche il vigore giuridico di una realtà. Con tutta la nostra vitalità e forza, dobbiamo essere penetrati dalla «confessio», che deve realmente «personare»; la melodia di Dio deve intonare il nostro essere nella sua totalità.
    «Confessio» è la prima colonna - per così dire - dell’evangelizzazione e la seconda è «caritas».
    La «confessio» non è una cosa astratta, è «caritas», è amore. Solo così è realmente il riflesso della verità divina, che come verità è inseparabilmente anche amore. Il testo descrive, con parole molto forti, questo amore: è ardore, è fiamma, accende gli altri. C’è una passione nostra che deve crescere dalla fede, che deve trasformarsi in fuoco della carità. Gesù ci ha detto: Sono venuto per gettare fuoco alla terra e come desidererei che fosse già acceso. Origene ci ha trasmesso una parola del Signore: «Chi è vicino a me è vicino al fuoco».
    Il cristiano non deve essere tiepido. L’Apocalisse ci dice che questo è il più grande pericolo del cristiano: che non dica di no, ma un sì molto tiepido. Questa tiepidezza proprio discredita il cristianesimo. La fede deve divenire in noi fiamma dell’amore, fiamma che realmente accende il mio essere, diventa grande passione del mio essere, e così accende il prossimo. Questo è il modo dell’evangelizzazione: «Accéndat ardor proximos», che la verità diventi in me carità e la carità accenda come fuoco anche l’altro. Solo in questo accendere l’altro attraverso la fiamma della nostra carità, cresce realmente l’evangelizzazione, la presenza del Vangelo, che non è più solo parola, ma realtà vissuta.
    San Luca ci racconta che nella Pentecoste, in questa fondazione della Chiesa da Dio, lo Spirito Santo era fuoco che ha trasformato il mondo, ma fuoco in forma di lingua, cioè fuoco che è tuttavia anche ragionevole, che è spirito, che è anche comprensione; fuoco che è unito al pensiero, alla «mens». E proprio questo fuoco intelligente, questa «sobria ebrietas», è caratteristico per il cristianesimo. Sappiamo che il fuoco è all’inizio della cultura umana; il fuoco è luce, è calore, è forza di trasformazione.
    La cultura umana comincia nel momento in cui l’uomo ha il potere di creare fuoco: con il fuoco può distruggere, ma con il fuoco può trasformare, rinnovare. Il fuoco di Dio è fuoco trasformante, fuoco di passione - certamente - che distrugge anche tanto in noi, che porta a Dio, ma fuoco soprattutto che trasforma, rinnova e crea una novità dell’uomo, che diventa luce in Dio.
    Così, alla fine, possiamo solo pregare il Signore che la «confessio» sia in noi fondata profondamente e che diventi fuoco che accende gli altri; così il fuoco della sua presenza, la novità del suo essere con noi, diventa realmente visibile e forza del presente e del futuro.

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    MESSAGGIO DELLA COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE IN OCCASIONE DELL’ANNO DELLA FEDE, 16.10.2012

    Pubblichiamo di seguito il Messaggio della Commissione Teologica Internazionale in occasione dell’Anno della fede:

    TESTO IN LINGUA ITALIANA

    Fides quaerens intellectum, la teologia non esiste che in relazione al dono della fede. Essa presuppone la verità della fede e si propone di manifestarne «le imperscrutabili ricchezze» (Ef 3, 8) per la gioia spirituale di tutta la comunità dei credenti e il servizio della sua missione evangelizzatrice.
    La Commissione Teologica Internazionale accoglie con gratitudine l’invito a celebrare un Anno della fede, che il Santo Padre Benedetto XVI ha espresso nella Lettera Apostolica Porta fidei (11 ottobre 2011). Ciascun membro della Commissione Teologica Internazionale si renderà individualmente disponibile per le diverse iniziative che renderanno questo Anno della fede un segno forte. In quanto comunità di fede, però, anche la Commissione Teologica Internazionale, nel suo insieme, desidera significare la sua speciale attenzione al messaggio di conversione di quest’Anno della fede, rinnovando ed approfondendo il suo impegno al servizio della Chiesa.
    A tale scopo, il 6 dicembre 2012, in occasione della sua sessione plenaria annuale e sotto la guida del suo Presidente, S.E. Mons. Gerhard L. Müller, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, la Commissione Teologica Internazionale compirà un pellegrinaggio alla Basilica Papale di Santa Maria Maggiore per affidare il proprio lavoro, e quello di tutti teologi cattolici, alla Vergine fedele, proclamata «beata perché ha creduto» (Lc 1, 45), modello dei credenti e baluardo della vera fede.
    In occasione di quest’Anno della fede, la Commissione Teologica Internazionale si impegna in medio Ecclesiae a portare il suo contributo specifico alla nuova evangelizzazione promossa dalla Santa Sede. Ciò significa scrutare il mistero rivelato con tutte le risorse della ragione illuminata dalla fede, a beneficio di tutti i credenti: favorendo anche la sua recezione nelle culture attuali, perché «i contenuti essenziali che da secoli costituiscono il patrimonio di tutti i credenti hanno bisogno di essere confermati, compresi e approfonditi in maniera sempre nuova al fine di dare testimonianza coerente in condizioni storiche diverse dal passato» (Benedetto XVI, Porta fidei, n. 4)
    Come recentemente ha potuto affermare il documento della Commissione Teologica Internazionale intitolato La teologia oggi: prospettive, principi e criteri, la teologia deriva tutta intera dalla fede: e si esercita in costante dipendenza dalla fede che è vissuta nel popolo di Dio guidato dai suoi Pastori. Difatti, solo la fede permette al teologo di accedere realmente al suo oggetto : ossia la verità di Dio, che illumina l’insieme del reale con la luce di un nuovo giorno – sub ratione Dei. È sempre la fede, animata dalla carità, a suscitare in lui il dinamismo spirituale che lo spinge ad esplorare senza sosta «la multiforme sapienza di Dio, secondo il disegno eterno che ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore» (Ef 3, 10-11). Come ha scritto San Tommaso d’Aquino, « un uomo infatti che abbia pronta la volontà a credere, ama la verità che crede, rifletta su lei e l’abbraccia con le ragioni che puo trovare (cum enim homo habet promptam voluntatem ad credendum, diliget veritatem creditam et super ea excogitat et amplectitur si quas rationes ad hoc invenire potest)» (Tommaso d’Aquino, Summa theologiæ, IIa-IIæ, q. 2, a. 10).
    Il teologo lavora dunque per «inculturare» nell’intelligenza umana, sotto le forme di un’autentica scienza, i contenuti intelligibili della «fede, che fu trasmessa ai credenti una volta per tutte» (Lettera di Giuda, v. 3). Ma egli rivolge un’attenzione tutta particolare anche allo stesso atto di credere. La teologia tende a «comprendere in modo più profondo non solo i contenuti della fede, ma insieme a questi anche l’atto con cui decidiamo di affidarci totalmente a Dio, in piena libertà. Esiste, infatti, un’unità profonda tra l’atto con cui si crede e i contenuti a cui diamo il nostro assenso» (Benedetto XVI, Porta fidei, n. 10).
    Di questo atto di fede, il teologo elabora la consonanza antropologica di alto profilo – la "convenienza" (cf. Giovanni Paolo II, Fides et ratio, nn. 31-33) ; si interroga perciò sul modo in cui la grazia preveniente di Dio suscita, nel cuore stesso della libertà dell’uomo, il «sì» della fede ; e mostra come la fede costituisca il «fondamento di tutto l’edificio spirituale (fundamentum totius spiritualis aedificii)» (Tommaso d’Aquino, In III Sent., d. 23, q. 2, q. 1, a. 1, ad 1; cf. Summa theologiae, IIa-IIae, q. 4, a. 7), nel senso che dà forma a tutte le dimensioni della vita cristiana, personale, familiare e comunitaria.
    Il lavoro del teologo non soltanto è radicato nella fede vivente del popolo cristiano, attento a quello che «lo Spirito dice alle Chiese» (Ap 2, 7), ma è tutto intero finalizzato alla crescita della fede nel popolo di Dio e alla missione evangelizzatrice della Chiesa. In effetti, il suo compito non è forse proprio quello di puntare ad una «conoscenza che genera, nutre, difende e fortifica la fede supremamente salutare» (Agostino, De Trinitate, XIV, 1, 3) ? Il teologo, dunque, nella collaborazione responsabile con il Magistero, abbraccia il servizio della fede del popolo di Dio come la sua propria vocazione (cf. Istruzione Donum veritatis del 24 maggio 1990).
    Nello stesso tempo, il teologo è servitore della gioia cristiana, che è «la gioia della verità (gaudium de veritate)» (Agostino, Confessiones, X, 23, 33). San Tommaso d’Aquino distingue nell’atto della fede tre dimensioni : «c’è differenza tra dire ‘credo Dio' [credo Deum] (dove lo intendendo come l’oggetto della fede) e dire ‘credo a Dio' [credo Deo] (dove lo indico come colui che attesta), oppure ‘credo in Dio' [credo in Deum] (dove lo indico come la destinazione del mio atto di fede). Dio può essere considerato l'oggetto, il testimone e il fine della fede: ma se oggetto o testimone della fede può essere anche una creatura, il fine ultimo della fede non può essere che Dio soltanto, perché il nostro spirito non può essere indirizzato altro che a Dio come al proprio fine» (Tommaso d’Aquino, In Ioannem, c. 6, lectio 3). Credere in Dio (credere in Deum), perciò, è il tratto costitutivo essenziale del dinamismo della fede. Ciò significa che, nella sua personale adesione di fede alla Parola di Dio, il credente è attratto sovranamente da quel Bene assoluto che è la beata Trinità. È il desiderio della beatitudine, infatti, radicato nel più profondo di noi stessi, che mette lo spirito umano in tensione, per condurlo al fiducioso abbandono di tutta la sua vita al Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo. In questo senso, si può dire con verità che la fede – e la stessa teologia, come scientia fidei e sapienza – procura a tutti gli «innamorati della bellezza spirituale» (Agostino, Regula ad servos Dei, 8, 1) una reale pregustazione della gioia eterna.

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    00 16/10/2012 22:11
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    PRECISAZIONE DELLA SEGRETERIA DI STATO IN MERITO AGLI ORDINI EQUESTRI

    TESTO IN LINGUA ITALIANA

    La Segreteria di Stato, a seguito di frequenti richieste di informazioni in merito all'atteggiamento della Santa Sede nei confronti degli Ordini Equestri dedicati a Santi o aventi intitolazioni sacre, ritiene opportuno ribadire quanto già pubblicato in passato:

    Oltre ai propri Ordini Equestri (Ordine Supremo del Cristo, Ordine dello Speron d'Oro, Ordine Piano, Ordine di San Gregorio Magno e Ordine di San Silvestro Papa), la Santa Sede riconosce e tutela soltanto il Sovrano Militare Ordine di Malta —ovvero Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta— e l'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, e non intende innovare in merito.

    Tutti gli altri Ordini —di nuova istituzione o fatti derivare da quelli medievali—non sono riconosciuti dalla Santa Sede, non potendosi questa far garante della loro legittimità storica e giuridica, delle loro finalità e dei loro sistemi organizzativi.

    Ad evitare equivoci purtroppo possibili, anche a causa del rilascio illecito di documenti e dell'uso indebito di luoghi sacri, e ad impedire la continuazione di abusi che poi risultano a danno di molte persone in buona fede, la Santa Sede conferma di non attribuire alcun valore ai diplomi cavallereschi e alle relative insegne che siano rilasciati dai sodalizi non riconosciuti e di non ritenere appropriato l'uso delle chiese e cappelle per le cosiddette "cerimonie di investitura".

    TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

    In response to frequent requests for information concerning the recognition by the Holy See of Equestrian Orders dedicated to the saints or to holy places, the Secretariat of State considers it opportune to reiterate what has already been published, namely that, other than its own Equestrian Orders (i.e.: the Supreme Order of Christ, the Order of the Golden Spur, the Pian Order, the Order of Saint Gregory the Great, and the Order of Pope Saint Sylvester), the Holy See recognizes and supports only the Sovereign Military Order of Malta - also known as the Sovereign Military Hospitaller Order of Saint John of Jerusalem of Rhodes and of Malta - and the Equestrian Order of the Holy See Sepulchre of Jerusalem. The Holy See foresees no additions or innovations in this regard.

    All other orders, whether of recent origin or medieval institution, are not recognized by the Holy See. Furthermore, the Holy See does not guarantee their historical or juridical legitimacy, their ends or organizational structures.

    To avoid any possible doubts, even owing to illicit issuing of documents or the inappropriate use of sacred places, and to prevent the continuation of abuses which may result in harm to people of good faith, the Holy See confirms that it attributes absolutely no value whatsoever to certificates of membership or insignia issued by these groups, and it considers inappropriate the use of churches or chapels for their so-called "ceremonies of investiture".

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    00 23/10/2012 22:04
    Dal blog di Lella...

    AVVISO DI BRIEFING, 23.10.2012

    Si avvertono i signori giornalisti accreditati che questa mattina, alle ore 11.00, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, il Direttore P. Federico Lombardi , S.I., terrà un briefing sulla pubblicazione delle motivazioni della Sentenza del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano nel procedimento penale al carico del signor Gabriele Paolo.
    Il testo della Sentenza sarà a disposizione dei giornalisti accreditati a partire dalle ore 9.30, con Embargo fino alle ore 11.30.

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