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Benedetto XVI Forum Luogo d'incontro di tutti quelli che amano il Santo Padre.

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    00 08/01/2011 18:03
    Dal blog di Lella...

    Quella carezza a Benedetta

    «Tu sarai benedetta per sempre».
    Parole mormorate dal Papa mentre, con tenerezza, sfiora il volto sfigurato di Benedetta, un anno di vita interamente vissuto nel suo lettino d'ospedale.
    I prelati che lo accompagnano nella visita al Gemelli, si chinano su quella culla; sguardi attoniti, pieni di compassione. E una personalità del seguito mormora commosso: «Ecco il volto del Cristo sofferente».
    Il segretario particolare del Pontefice indugia davanti a quella culla; continua ad accarezzare le manine inerti mentre ripete: «Sei bella Benedetta, sei bella» e non riesce quasi a venir via. Stanza 22, reparto pediatria, quinto piano del policlinico universitario Gemelli di Roma. Qui si è scritta la pagina forse tra le più belle e toccanti di queste giornate natalizie.
    È la vigilia dell'Epifania del Signore e Benedetto xvi decide di fare un po' di compagnia ai piccoli ricoverati nel nosocomio romano. L'occasione è la benedizione del nuovissimo centro per la cura e l'assistenza dei bambini con spina bifida. Il Pontefice giunge poco dopo le 17 e sale direttamente al quinto piano, reparto pediatria. Porta con sé un dono per ognuno dei piccoli ricoverati. Entra stanza dopo stanza. Inizia da Suami, una bambina peruviana.
    Le regala un orsacchiotto in peluche: è più grande di lei ma Suami lo stringe a sè. È felice.
    Per Andrea, un bimbo filippino, e per Paolo ci sono un trenino e un telefono parlante. Edoardo piange a dirotto. Il Papa lo guarda un po' interdetto, non sa cosa fare: avvicinarsi? accarezzarlo per cercare di calmarlo? Poi gli mette tra le mani il pupazzo colorato di topo Gigio. Edoardo smette di piangere e il Papa lo bacia.
    Nella stanza di Samuele è la mamma Chiara che lo accoglie: Samuele è attaccato a una macchina ed è immobile sul lettino. «Grazie infinite Padre» lo saluta Chiara. Non ha dimestichezza con le gerarchie ma sa riconoscere un gesto d'affetto solo per lei e per il suo piccolo. Accoglie la carezza del Papa come quella di un padre.
    Evelina è impegnata a gestire l'enorme coniglio di peluche che il Pontefice ha appena lasciato nelle sue mani; è visibilmente emozionata. «Pensa, mamma — dice guardandola fissa negli occhi — potrò dire alle mie amichette di scuola che ho baciato il Papa».
    E poi Benedetto xvi entra in quella stanza numero 22.
    C'è Benedetta. È nata un anno fa con una gravissima malformazione cerebrale.
    I genitori, vedendola nascere così sfigurata hanno pensato di abbandonarla. E sono fuggiti dall'ospedale. Le infermiere del reparto hanno accolto Benedetta, le hanno dato questo nome. La curano come fosse la figlia di ciascuna di loro. La circondano d'amore. «È un miracolo che sia ancora viva» dice Claudia, ma potrebbe essere Santina, o Maria o qualsiasi altra delle tante mamme di Benedetta.
    Il Papa si è commosso nell'ascoltare la storia di Benedetta. L'ha accarezzata a lungo, teneramente. Ha segnato con la croce la fronte e poi le ha sussurrato: «Tu sarai sempre benedetta».
    La visita prosegue. Gli occhi del Papa restano velati di tristezza. Si riaccendono quando si trova circondato da altri bambini, giù nella hall del policlinico dove è previsto il discorso. Scambia ancora doni con loro: dolci e peluche in cambio di tre statuine dei Magi e tanti disegni che il Papa mostra di gradire in modo particolare.
    Poi Francesca, 15 anni, affetta da spina bifida, lo saluta e lo abbraccia per tutti.
    Gli confida tutte le loro speranze. Hanno appena saputo che la mirra rappresenta la sofferenza. «Ecco la nostra mirra — dice al Papa — la mettiamo nelle tue mani, Padre Santo, perché la porti a Gesù. Noi pregheremo per te. Per la tua salute e perché la nostra preghiera ti aiuti a reggere il peso dei grandi problemi che devi affrontare ogni giorno».
    Quindi il congedo. Così come lo avevano accolto salutano il Papa il cardinale vicario Vallini, il vescovo delegato per l'assistenza religiosa negli ospedali della diocesi monsignor Brambilla, il rettore Ornaghi e tutto lo staff dell'università.
    Benedetto xvi rientra in Vaticano con le personalità del seguito che lo hanno accompagnato, tra le quali il sostituto della Segreteria di Stato, arcivescovo Filoni, il prefetto della Casa Pontificia, arcivescovo Harvey, il segretario particolare monsignor Gänswein, il medico personale Polisca e il direttore del nostro giornale.
    (mario ponzi)

    (©L'Osservatore Romano - 7-8 gennaio 2011)


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    00 08/01/2011 19:41
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    PAPA: DOMANI BATTEZZA 21 BAMBINI; AL GEMELLI SI COMMOSSE PER BENEDETTA

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 8 gen.

    Benedetto XVI torna domani mattina nella Cappella Sistina per impartire il battesimo a 21 bambini, 14 maschietti e 7 femminucce, figli di dipendenti della Santa Sede o della Citta' del Vaticano.
    "Il Dio fatto bambino ci aiuta a riconoscere in ogni bimbo la sua immagine, ad accogliere con affetto e trepidazione la vita che nasce, e che nella sua fragilita' richiede cura e protezione. Ma il messaggio vale per ogni giorno dell'anno. La Chiesa prega, ascolta la Parola e celebra nell'Eucarestia l'incontro con Dio, ma vive di amore operoso, e in questo amore sono privilegiati i piccoli, e coloro che umanamente e socialmente rischiano di essere dimenticati", ricorda il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, sottolinenando ai microfoni della Radio Vaticana che "nel tempo di Natale il Papa non manca di vivere un momento di incontro e di festa con poveri e bambini.
    Cosi' ha fatto anche quest'anno, pranzando il 26 dicembre con gli assistiti delle comunita' delle Missionarie della Carita', e visitando il 5 gennaio i bimbi ricoverati al Policlinico Gemelli".
    Di quest'ultima tappa, l'Osservatore Romano ricostruisce un piccolo episodio rimasto inedito, l'incontro del Pontefice con con Benedetta, nata un anno fa con una gravissima malformazione cerebrale, lasciata al Gemelli dalla famiglia in fuga.
    "I genitori - scrive - vedendola nascere cosi' sfigurata hanno pensato di abbandonarla. E sono fuggiti dall'ospedale.
    Le infermiere del reparto hanno accolto Benedetta, le hanno dato questo nome.
    La curano come fosse la figlia di ciascuna di loro.
    La circondano d'amore. Il Papa si e' commosso nell'ascoltare la storia di Benedetta.
    L'ha accarezzata a lungo, teneramente. Ha segnato con la croce la fronte e poi le ha sussurrato: 'Tu sarai sempre benedetta'".
    "I prelati che lo accompagnano nella visita al Gemelli - continua l'articolo - si chinano su quella culla; sguardi attoniti, pieni di compassione.
    E una personalita' del seguito mormora commosso: 'Ecco il volto del Cristo sofferente'. Il segretario particolare del Pontefice indugia davanti a quella culla; continua ad accarezzare le manine inerti mentre ripete: 'Sei bella Benedetta, sei bella' e non riesce quasi a venir via. Stanza 22, reparto pediatria, quinto piano del policlinico universitario Gemelli di Roma.
    Qui - conclude l'Osservatore - si e' scritta la pagina forse tra le piu' belle e toccanti di queste giornate natalizie".

    © Copyright (AGI)


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    00 08/01/2011 19:46
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    Un brasiliano alla corte del Papa

    di Andrea Bevilacqua

    Il cambio della guida di uno dei dicasteri vaticani più potenti e importanti, la Congregazione per gli istituti di vita consacrata e la società di vita apostolica, è stato di routine. Il cardinale sloveno Franc Rodé, infatti, 76 anni, ha lasciato per limiti di età.
    C'è chi ha scritto che «era diventato una personalità scomoda» per la Santa Sede per l'amicizia avuta in passato con Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo e prete pedofilo. Niente di tutto questo. Rodé lascia, come tutti i suoi «colleghi» che guidano i ministeri vaticani, perché in età pensionabile. L'unico «collega» che, raggiunti i 75 anni, non lascia è il segretario di stato vaticano. Questi è uomo di fiducia del Pontefice e come tale rimane fino a quando il Papa vuole. Tra l'altro, in curia romana, tutti furono amici di Degollado. Difficile trovare oggi qualcuno che dieci anni fa non si dichiarava tale.
    Al posto di Rodé è arrivato in Vaticano un brasiliano, l'attuale arcivescovo di Brasilia João Braz de Aviz. È stato il cardinale Caludio Hummes, ex prefetto del Clero, a spingere per l'arrivo di un sudamericano. Dopo il suo pensionamento, infatti, la curia romana aveva un solo rappresentante del Sud America, l'argentino Leandro Sandri, prefetto delle chiese orientali.
    L'arrivo di Braz de Aviz permette al Papa di scegliere anche oltre il Sud America per la successione di Ivan Dias a Propaganda Fide. La congregazione di Propaganda è in assoluto il «ministero» più ricco del Vaticano. Gestisce un patrimonio importante. Infatti, il suo prefetto, è chiamato «Papa rosso». Dias da mesi è in procinto di lasciare. Le sue condizioni di salute, infatti, non sono delle migliori. A oggi le ipotesi sul tavolo per la sua successione sono due: Giuseppe Bertello, attuale nunzio apostolico in Italia e Fernando Filoni, sostituto della segreteria di stato vaticana. Su Filoni si era espresso in questo senso anche un articolo del giugno scorso del Corriere della Sera. Filoni è sostituto dal 2007. I suoi predecessori in segreteria di stato sono stati Sandri (7 anni), Re (11 anni), Benelli (10 anni), Dell'Acqua (15 anni). Gli unici sostituti che sono rimasti in carica per poco tempo sono stati Caprio (3 anni) e Cassidy (1 anno). Loro furono promossi in altri lidi perché non convincevano. Filoni, invece, verrebbe promosso per una non totale sintonia con Bertone. Il suo, se confermato, sarebbe il più classica dei «pomoveatur ut amoveatur». Certo, l'ultima parola spetta al Papa. Quindi, come è successo nelle recenti nomine, tutto può ancora accadere.

    © Copyright Italia Oggi, 8 gennaio 2011


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    PAPA: BATTEZZA 21 BAMBINI IN SISTINA, RITO CON SPALLE A FEDELI

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 9 gen.

    Benedetto XVI celebra questa mattina una liturgia nella Cappella Sistina, nel corso della quale amministra il battesimo a 21 bambini, 14 maschietti e 7 femminuccie, figli di dipendenti vaticani. Per il rito viene utilizzato l'altare originale, poggiato alla parete con l'affresco michelangiolesco del Giudizio, e quindi il Papa dara' le spalle ai fedeli durante la consacrazione.

    © Copyright (AGI)

    PAPA: OGGI LA FAMIGLIA E' MINACCIATA DA PIU' PARTI

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 9 gen.

    Viviamo in un "contesto sociale, in cui l'istituto familiare e' minacciato da piu' parti e si trova a far fronte a non poche difficolta' nella sua missione di educare alla fede". Lo ha denunciato il Papa nell'omelia pronunciata in Sistina dove ha battezzato 21 neonati.
    "Il venir meno di stabili riferimenti culturali e la rapida trasformazione a cui e' continuamente sottoposta la societa', rendono davvero arduo - ha detto - l'impegno educativo. Percio', e' necessario che le parrocchie si adoperino sempre piu' nel sostenere le famiglie, piccole Chiese domestiche, nel loro compito di trasmissione della fede". Per Benedetto XVI, dunque, "e' quanto mai necessaria nella situazione attuale la collaborazione tra comunita' cristiana e famiglia".
    "Carissimi genitori - ha aggiunto il Pontefice - ringrazio con voi il Signore per il dono del Battesimo di questi vostri figlioli; nell'elevare la nostra preghiera per loro, invochiamo abbondante il dono dello Spirito Santo, che oggi li consacra ad immagine di Cristo sacerdote, re e profeta". "Affidandoli alla materna intercessione di Maria Santissima, chiediamo per loro vita e salute, perche' - ha concluso - possano crescere e maturare nella fede, e portare, con la loro vita, frutti di santita' e d'amore".

    © Copyright (AGI)

    PAPA: AI BAMBINI BISOGNA DARE UN NOME CRISTIANO

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 9 gen.

    Benedetto XVI raccomanda ai genitori di non dare ai propri figli nomi che non siano compresi nel martirologio cristiano (rinunciando a nomi diversi, anche se di gran moda).
    Infatti, ha spiegato all'Angelus, "ogni battezzato acquista il carattere di figlio a partire dal nome cristiano, segno inconfondibile che lo Spirito Santo fa nascere 'di nuovo' l'uomo dal grembo della Chiesa".
    In proposito, il Papa ha citato il beato Antonio Rosmini, sottolinenando che "il battezzato subisce una segreta ma potentissima operazione, per la quale egli viene sollevato all'ordine soprannaturale, vien posto in comunicazione con Dio".
    "Tutto questo - ha spiegato ai 50 mila fedeli presenti oggi in piazza San Pietro - si e' nuovamente avverato questa mattina, durante la celebrazione eucaristica nella Cappella Sistina, dove ho conferito il sacramento del Battesimo a 21 neonati.
    "Cari amici - ha ricordato ancora il Pontefice teologo - il battesimo e' l'inizio della vita spirituale, che trova la sua pienezza per mezzo della Chiesa".
    Nel breve discorso che ha preceduto l'Angelus, il Papa ha poi voluto rimarcare che "nell'ora propizia del Sacramento, mentre la Comunita' ecclesiale prega e affida a Dio un nuovo figlio, i genitori e i padrini s'impegnano ad accogliere il neo-battezzato sostenendolo nella formazione e nell'educazione cristiana.
    E' questa una grande responsabilita', che deriva da un grande dono".
    "Percio' - ha concluso - desidero incoraggiare tutti i fedeli a riscoprire la bellezza di essere battezzati e a dare gioiosa testimonianza della propria fede, affinche' essa generi frutti di bene e di concordia".

    © Copyright (AGI)

    PAPA: SONO VICINO ALLA POPOLAZIONE DI HAITI

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 9 gen.

    Dopo l'Angelus, di oggi, Bendetto XVI ha voluto riservare "un particolare ricordo alla popolazione di Haiti, a un anno dal terribile terremoto, cui purtroppo ha fatto seguito anche una grave epidemia di colera".
    Ai 50mila fedeli presenti a piazza San Pietro il Papa ha ricordato: "Il card. Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, si reca oggi nell'Isola caraibica, per esprimere la mia costante vicinanza e quella di tutta la Chiesa".

    © Copyright (AGI)

    CRISTIANI: PAPA RINGRAZIA I PARLAMENTARI ITALIANI

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 9 gen.

    Benedetto XVI ha salutato dopo l'Angelus il gruppo di circa 200 parlamentari italiani accompagnati in piazza San Pietro dal Cappellano di Montecitorio, monsignor Lorenzo Leuzzi.
    "Li ringrazio", ha detto ricordando le mozioni che hanno firmato nei giorni scorsi a seguito dell'attentato ad Alessandrioa d'Egitto, "per il loro impegno, condiviso con altri colleghi, in favore della liberta' religiosa. Con loro saluto anche i fedeli copti qui presenti a cui rinnovo la mia vicinanza".

    © Copyright (AGI)


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    00 10/01/2011 00:26
    Benedetto XVI: difficoltà per le famiglie nell’educare alla fede
    In occasione della Festa del Battesimo del Signore battezza 21 neonati



    ROMA, domenica, 9 gennaio 2011 (ZENIT.org).- La famiglia è minacciata da più parti e incontra molte difficoltà nell’educare alla fede. Lo ha detto Benedetto XVI nell’omelia della Messa, presieduta questa domenica nella Cappella Sistina, in occasione della Festa del Battesimo del Signore, durante la quale ha battezzato 21 neonati, figli di dipendenti vaticani, 13 bimbi e 8 bimbe.

    Il Battesimo di Gesù al fiume Giordano da parte di Giovanni, celebrato dalla liturgia odierna a conclusione del periodo liturgico del Natale, si colloca in una “logica dell’umiltà e della solidarietà”, ha detto il Santo Padre.

    E' infatti, ha aggiunto, “il gesto di Colui che vuole farsi in tutto uno di noi e si mette realmente in fila con i peccatori; Lui, che è senza peccato, si lascia trattare come peccatore, per portare sulle sue spalle il peso della colpa dell’intera umanità”.

    “Il gesto di Gesù - ha continuato il Santo Padre - anticipa la Croce, l’accettazione della morte per i peccati dell’uomo”, rivelando “la piena sintonia di volontà e di intenti che vi è tra le persone della Santissima Trinità”.

    “Cari genitori – ha poi detto –, il Battesimo che voi oggi chiedete per i vostri bambini, li inserisce in questo scambio d’amore reciproco che vi è in Dio tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo; per questo gesto che sto per compiere, si riversa su di loro l’amore di Dio, inondandoli dei suoi doni”.

    Più tardi, durante il rito del Battesimo, il Papa ha attinto dal fonte in bronzo dello scultore Toffetti l’acqua poi versata sulla testa dei piccoli con una conchiglia dorata, che rimanda al pellegrinaggio della vita terrena.

    “Cari amici – ha sottolineato il Santo Padre –, donandoci la fede, il Signore ci ha dato ciò che vi è di più prezioso nella vita, e cioè il motivo più vero e più bello per cui vivere”.

    “Ora voi, cari genitori, padrini e madrine, chiedete alla Chiesa di accogliere nel suo seno questi bambini, di dare loro il Battesimo; e questa richiesta la fate in ragione del dono della fede che voi stessi avete, a vostra volta, ricevuto”.

    “I vostri figli – ha continuato – sono un dono prezioso del Signore, il quale ha riservato per sé il loro cuore, per poterlo ricolmare del suo amore”.

    Questi bambini, ha proseguito il Papa, iniziano oggi “un cammino che dovrebbe essere di santità e di conformazione a Gesù, una realtà che è posta in loro come il seme di uno splendido albero, che deve essere fatto crescere”.

    Per questo “la Chiesa, che li accoglie tra i suoi figli, deve farsi carico, assieme ai genitori e ai padrini, di accompagnarli in questo cammino di crescita”.

    Una collaborazione quella tra comunità cristiana e famiglia, ha sottolineato il Papa, “quanto mai necessaria nell’attuale contesto sociale, in cui l’istituto familiare è minacciato da più parti e si trova a far fronte a non poche difficoltà nella sua missione di educare alla fede”.

    Inoltre, “il venir meno di stabili riferimenti culturali e la rapida trasformazione a cui è continuamente sottoposta la società, rendono davvero arduo l’impegno educativo. Perciò, è necessario che le parrocchie si adoperino sempre più nel sostenere le famiglie, piccole Chiese domestiche, nel loro compito di trasmissione della fede”.

    Al termine della Messa il Papa è quindi tornato a riflettere sul significato del Battesimo in occasione della preghiera mariana dell'Angelus in piazza San Pietro.

    A questo proposito, ha ricordato che con il Battesimo “i genitori e i padrini s’impegnano ad accogliere il neo-battezzato sostenendolo nella formazione e nell’educazione cristiana”, che costituisce “una grande responsabilità, che deriva da un grande dono”.

    Per questo, prima di concludere ha voluto “incoraggiare tutti i fedeli a riscoprire la bellezza di essere battezzati e appartenere alla grande famiglia di Dio, e a dare gioiosa testimonianza della propria fede, affinché essa generi frutti di bene e di concordia”.










    Il Papa ringrazia i parlamentari italiani pro libertà religiosa


    ROMA, domenica, 9 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Questa domenica, dopo l'Angelus in piazza san Pietro, Benedetto XVI ha salutato il gruppo di circa 200 parlamentari italiani di maggioranza e opposizione accompagnati dal Cappellano di Montecitorio, mons. Lorenzo Leuzzi, giunti per manifestare la loro solidarietà dopo l’attentato di Capodanno in cui hanno trovato la morte 23 cristiani copti di Alessandria d’Egitto.

    Le delegazioni Pdl e Pd hanno infatti sottoscritto un appello per la libertà religiosa in cui hanno chiesto alle istituzioni nazionali e internazionali azioni concrete contro la crescente ondata di cristianofobia.

    Presenti per l'occasione in piazza San Pietro anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, la presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, e il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti.

    “Saluto il gruppo di Parlamentari italiani, qui presenti, e li ringrazio per il loro impegno, condiviso con altri colleghi, in favore della libertà religiosa”, ha detto il Santo Padre.

    “Con loro saluto anche i fedeli copti qui presenti a cui rinnovo la mia vicinanza”, ha poi aggiunto, rivolgendo un pensiero anche ai membri della Chiesa copto-ortodossa egiziana che questa domenica hanno manifestato a Roma contro il terrorismo, dopo il sanguinoso attentato del 31 dicembre davanti a una chiesa egiziana.

    Già all’indomani della strage di cristiani copti ad Alessandria d’Egitto, il ministro degli Esteri, Franco Frattini, aveva chiesto una discussione politica al prossimo Consiglio dei Ministri degli Esteri dell'Unione europea del 31 gennaio sul tema delle violenze e discriminazioni dei cristiani nel mondo.

    Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, secondo quanto reso noto da un comunicato della Farnesina, ha inoltre invocato l’intervento dell’Unione europea affinché venga tutelata la libertà religiosa, affermando di volere inviare una lettera all'Alto Rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza dell'Ue, Catherine Ashton.













    Il Papa esprime vicinanza alla popolazione di Haiti
    Ad un anno dal sisma che causò oltre 220.000 persone



    CITTA' DEL VATICANO, domenica, 9 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Ad un anno di distanza dal terribile terremoto ad Haiti che devastò il Paese causando oltre 220.000 persone, questa domenica, da piazza san Pietro, Benedetto XVI è tornato a rivolgere un pensiero speciale alla popolazione dell'isola caraibica.

    “Nel contesto della preghiera mariana – ha detto il Papa al termine dell'Angelus –, desidero riservare un particolare ricordo alla popolazione di Haiti, ad un anno dal terribile terremoto, a cui purtroppo ha fatto seguito anche una grave epidemia di colera”.

    “Il Cardinale Robert Sarah, Presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, si reca oggi nell’Isola caraibica, per esprimere la mia costante vicinanza e quella di tutta la Chiesa”, ha poi aggiunto.

    Oggi, ad Haiti, un milione di persone, tra cui 500 mila bambini, vivono ancora in 1.200 siti d'accoglienza temporanea in condizioni drammatiche. Inoltre, negli ultimi mesi un’epidemia di colera si è diffusa rapidamente in tutti e dieci i dipartimenti del Paese causando finora 3.500 vittime.

    Intanto nel caos generato dal terremoto, a cui si è aggiunta la crisi politica seguita alle elezioni dello scorso novembre, è stato lanciato l'allarme sulle adozioni illegali di bambini haitiani.

    Per commemorare le vittime del terribile terremoto il Segretario di Stato Vaticano, il Cardinale Tarcisio Bertone, presiederà una celebrazione eucaristica, mercoledì 12 gennaio, alle ore 16.30, nella Basilica Papale di S. Maria Maggiore, a cui sono stati invitati il Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede e gli altri Corpi diplomatici presenti a Roma.


    Lo stesso giorno, il Cardinale Robert Sarah, che sarà ad Haiti dal 10 al 13 gennaio, presiederà la Santa Messa, concelebrata dal Nunzio apostolico, mons. Bernardito Auza, e da tutti i Vescovi dell’isola, tra le macerie della Cattedrale di Port au Prince.

    Il Cardinal Sarah, che sarà accompagnato in questo viaggio dal Sottosegretario dello stesso Pontificio Consiglio, mons. Segundo Tejado Muñoz, incontrerà i Vescovi dell’isola e si recherà in visita dal Presidente della Repubblica.


    Alla vigilia della sua partenza per Haiti, il porporato ha detto ai microfoni della Radio Vaticana: “In questa occasione cercherò di manifestare che non soltanto il Santo Padre è vicino al popolo haitiano ma tutta la Chiesa, tutto il popolo di Dio è vicino e prega per la popolazione di Haiti che soffre, con anche la promessa di aiutare concretamente a ricostruire il Paese”.

    “E’ vero che abbiamo fatto molto – ha aggiunto – ma dobbiamo continuare perché c’è tanto da fare: ricostruire scuole, ospedali, case … Dunque non dobbiamo dimenticare questo popolo che soffre e dobbiamo intensificare la solidarietà e il sostegno per aiutare il popolo di Haiti a ricostruire il Paese”.

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    00 10/01/2011 15:35
    Il Papa all'Occidente: lo Stato non monopolizzi l'istruzione
    Nel porgere gli auguri al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede



    CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 10 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Papa Benedetto XVI ha esortato questo lunedì mattina a promuovere sistemi educativi rispettosi del diritto dei genitori di scegliere l'educazione per i propri figli.

    Ha presentato la sua richiesta nel discorso che ha rivolto ai membri del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, ricevendoli nella Sala Regia del Palazzo Apostolico vaticano per la presentazione degli auguri per il nuovo anno.

    “Esorto tutti i Governi a promuovere sistemi educativi che rispettino il diritto primordiale delle famiglie a decidere circa l’educazione dei figli e che si ispirino al principio di sussidiarietà, fondamentale per organizzare una società giusta”, ha detto.

    Il Papa ha definito “preoccupante” il fatto che il servizio che le comunità religiose offrono alla società attraverso iniziative nell'ambito dell'educazione delle giovani generazioni “sia compromesso o ostacolato da progetti di legge che rischiano di creare una sorta di monopolio statale in materia scolastica”.

    Ciò “si constata ad esempio in certi Paesi dell’America Latina”, ha indicato, ricordando che molti Stati sudamericani stanno celebrando “il secondo centenario della loro indipendenza, occasione propizia per ricordarsi del contributo della Chiesa cattolica alla formazione dell’identità nazionale”.

    Riferendosi all'ambito educativo e alle minacce alla libertà delle famiglie, il Pontefice ha poi lamentato che in alcuni Paesi europei sia stata “imposta la partecipazione a corsi di educazione sessuale o civile che trasmettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un’antropologia contraria alla fede e alla retta ragione”.

    Emarginazione della religione

    Il Pontefice si è anche riferito ad altre minacce che il pieno esercizio della libertà religiosa subisce in Occidente.

    Ai diplomatici presenti, ha parlato dei “Paesi nei quali si accorda una grande importanza al pluralismo e alla tolleranza, ma dove la religione subisce una crescente emarginazione”.

    “Si tende a considerare la religione, ogni religione, come un fattore senza importanza, estraneo alla società moderna o addirittura destabilizzante, e si cerca con diversi mezzi di impedirne ogni influenza nella vita sociale”, ha avvertito.

    “Si arriva così a pretendere che i cristiani agiscano nell’esercizio della loro professione senza riferimento alle loro convinzioni religiose e morali, e persino in contraddizione con esse”.

    In questo senso, ha portato l'esempio delle “leggi che limitano il diritto all’obiezione di coscienza degli operatori sanitari o di certi operatori del diritto”.

    Allo stesso tempo, ha sottolineato che “non si può che rallegrarsi dell’adozione da parte del Consiglio d’Europa, nello scorso mese di ottobre, di una Risoluzione che protegge il diritto del personale medico all’obiezione di coscienza di fronte a certi atti che ledono gravemente il diritto alla vita, come l’aborto”.

    Il Papa ha anche sottolineato che “un’altra manifestazione dell’emarginazione della religione e, in particolare, del cristianesimo, consiste nel bandire dalla vita pubblica feste e simboli religiosi, in nome del rispetto nei confronti di quanti appartengono ad altre religioni o di coloro che non credono”.

    “Agendo così, non soltanto si limita il diritto dei credenti all’espressione pubblica della loro fede, ma si tagliano anche radici culturali che alimentano l’identità profonda e la coesione sociale di numerose Nazioni”.

    Quanto alla questione dell'esposizione pubblica di simboli religiosi, ha ricordato che “l’anno scorso, alcuni Paesi europei si sono associati al ricorso del Governo italiano nella ben nota causa concernente l’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici”.

    Ha quindi espresso “gratitudine alle autorità di queste Nazioni, come pure a tutti coloro che si sono impegnati in tal senso, episcopati, organizzazioni e associazioni civili o religiose, in particolare il Patriarcato di Mosca e gli altri rappresentanti della gerarchia ortodossa”, nonché a “tutte le persone - credenti ma anche non credenti - che hanno tenuto a manifestare il loro attaccamento a questo simbolo portatore di valori universali”.

    Riconoscere la libertà religiosa significa “garantire che le comunità religiose possano operare liberamente nella società, con iniziative nei settori sociale, caritativo od educativo”, ha indicato il Papa, sottolineando che “si può constatare la fecondità delle opere della Chiesa cattolica in questi campi”.















    Benedetto XVI: proclamare in astratto la libertà religiosa non basta
    Chiede azioni concrete per perseguire “una pace autentica e duratura”



    CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 10 gennaio 2011 (ZENIT.org).- “Una proclamazione astratta della libertà religiosa non è sufficiente”, ha ricordato Papa Benedetto XVI questo lunedì mattina ricevendo in udienza i membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede per porgere loro gli auguri per il nuovo anno.

    Nel suo discorso, il Pontefice ha definito la libertà religiosa una “norma fondamentale della vita sociale”, che “deve trovare applicazione e rispetto a tutti i livelli e in tutti i campi”.

    “Altrimenti – ha osservato –, malgrado giuste affermazioni di principio, si rischia di commettere profonde ingiustizie verso i cittadini che desiderano professare e praticare liberamente la loro fede”.

    Il Papa ha quindi illustrato alcuni dei modi in cui la Santa Sede persegue la “piena libertà religiosa delle comunità cattoliche”, iniziando dai “Concordati o altri Accordi” e dicendosi lieto che “Stati di diverse regioni del mondo e di diverse tradizioni religiose, culturali e giuridiche scelgano il mezzo delle convenzioni internazionali per organizzare i rapporti tra la comunità politica e la Chiesa cattolica, stabilendo attraverso il dialogo il quadro di una collaborazione nel rispetto delle reciproche competenze”.

    Al servizio della libertà religiosa è anche “l’attività dei Rappresentanti Pontifici presso Stati ed Organizzazioni internazionali”, ha ricordato.

    A tale proposito, ha rilevato “con soddisfazione” che le Autorità del Vietnam hanno accettato che il Pontefice “designi un Rappresentante, che esprimerà con le sue visite alla cara comunità cattolica di quel Paese la sollecitudine del Successore di Pietro”.

    Allo stesso modo, il Vescovo di Roma ha voluto “esplicitare alcuni principi a cui la Santa Sede, con tutta la Chiesa cattolica, si ispira nella sua attività presso le Organizzazioni Internazionali intergovernative, al fine di promuovere il pieno rispetto della libertà religiosa per tutti”.

    In primo luogo, ha spiegato, c'è la convinzione che “non si può creare una sorta di scala nella gravità dell’intolleranza verso le religioni”.

    “Purtroppo, un tale atteggiamento è frequente”, ha riconosciuto, sottolineando che “sono precisamente gli atti discriminatori contro i cristiani che sono considerati meno gravi, meno degni di attenzione da parte dei Governi e dell’opinione pubblica”.

    Al tempo stesso, si deve rifiutare “il contrasto pericoloso che alcuni vogliono instaurare tra il diritto alla libertà religiosa e gli altri diritti dell’uomo, dimenticando o negando così il ruolo centrale del rispetto della libertà religiosa nella difesa e protezione dell’alta dignità dell’uomo”.

    Ancor meno giustificabili sono poi “i tentativi di opporre al diritto alla libertà religiosa dei pretesi nuovi diritti, attivamente promossi da certi settori della società e inseriti nelle legislazioni nazionali o nelle direttive internazionali, ma che non sono, in realtà, che l’espressione di desideri egoistici e non trovano il loro fondamento nell’autentica natura umana”.

    La lezione della storia

    Il Papa ha poi desiderato “ribadire con forza che la religione non costituisce per la società un problema” e “non è un fattore di turbamento o di conflitto”.

    “La Chiesa non cerca privilegi, né vuole intervenire in ambiti estranei alla sua missione, ma semplicemente esercitare questa missione con libertà”, ha sottolineato.

    “Come negare il contributo delle grandi religioni del mondo allo sviluppo della civiltà?”, ha chiesto, invitando a “riconoscere la grande lezione della storia”.

    “La sincera ricerca di Dio ha portato ad un maggiore rispetto della dignità dell’uomo”, ha osservato. “Le comunità cristiane, con il loro patrimonio di valori e principi, hanno fortemente contribuito alla presa di coscienza delle persone e dei popoli circa la propria identità e dignità, nonché alla conquista di istituzioni democratiche e all’affermazione dei diritti dell’uomo e dei suoi corrispettivi doveri”.

    “Anche oggi i cristiani, in una società sempre più globalizzata, sono chiamati, non solo con un responsabile impegno civile, economico e politico, ma anche con la testimonianza della propria carità e fede, ad offrire un contributo prezioso al faticoso ed esaltante impegno per la giustizia, per lo sviluppo umano integrale e per il retto ordinamento delle realtà umane”, ha aggiunto citando il suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, celebrata il 1° gennaio.

    “Che nessuna società umana si privi volontariamente dell’apporto fondamentale che costituiscono le persone e le comunità religiose!”, ha auspicato.

    “Assicurando pienamente e a tutti la giusta libertà religiosa, la società potrà godere dei beni di giustizia e di pace che provengono dalla fedeltà degli uomini verso Dio e la sua santa volontà”.

    Per questo motivo, il Papa ha concluso esortando “tutti, responsabili politici, capi religiosi e persone di ogni categoria, ad intraprendere con determinazione la via verso una pace autentica e duratura, che passa attraverso il rispetto del diritto alla libertà religiosa in tutta la sua estensione”.

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    00 10/01/2011 21:26
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    L'omelia e l'Angelus nel giorno del Battesimo del Signore e l'attesa del discorso al Corpo Diplomatico

    (AGI) - CdV, 9 gen.

    (di Salvatore Izzo)

    Il tema della liberta' religiosa, messa a rischio in molti paesi dal fondamentalismo islamico, ma che per il Papa e' sotto attacco anche in Europa, in nome di una malintesa laicita' che sconfina nel laicismo, sara' al centro dell'atteso discorso che rivolgera' domani mattina al Corpo Diplomatico.
    Il legame tra questi due fattori anticristiani non e' stato colto in modo univoco da media e commentatori occidentali, ma appare molto chiaro al mondo musulmano che si meraviglia non poco della mancata difesa delle radici cristiane della Ue e della visione relativista che sembra affermarsi da noi sui temi dell'etica e della famiglia.
    Benedetto XVI ha molto chiaro invece che la difesa dei cristiani del Medio Oriente e del Nord Africa non puo' essere affidata solo a azioni politiche o diplomatiche di vertice, anche se sono importanti, come testimonia il saluto rivolto a un gruppo di circa 200 parlamentari italiani accompagnati dal cappellano di Montecitorio, mons. Lorenzo Leuzzi, ai quali ha detto grazie per le mozioni promosse nei giorni scorsi a seguito dell'attentato ad Alessandria d'Egitto.
    Dobbiamo - e' il suo richiamo costante - metterci in gioco come societa' fondata sui valori cristiani, testimoniando coerenza e un'identita' ben salda, pur nel rispetto di tutte le fedi e le opinioni. E non e' un caso, dunque, se alla vigilia del discorso di domani, il Pontefice teologo ha raccomandato ai futuri genitori di non dare ai propri figli nomi che non siano compresi nel martirologio rinunciando a nomi diversi, anche se di gran moda.
    Infatti, ha spiegato ai 50 mila fedeli presenti oggi in piazza San Pietro per l'Angelus, "ogni battezzato acquista il carattere di figlio a partire dal nome cristiano, segno inconfondibile che lo Spirito Santo fa nascere 'di nuovo' l'uomo dal grembo della Chiesa" e di fatto, come diceva Rosmini, "il battezzato subisce una segreta ma potentissima operazione, per la quale egli viene sollevato all'ordine soprannaturale, vien posto in comunicazione con Dio".
    Viviamo in un "contesto sociale, in cui l'istituto familiare e' minacciato da piu' parti e si trova a far fronte a non poche difficolta' nella sua missione di educare alla fede", ha denunciato inoltre nell'omelia pronunciata in Sistina dove ha battezzato 21 neonati figli di dipendenti vaticani (e tutti, anche la piccola Melissa, con il nome di un santo, o di un profeta, come Natan).
    "Il venir meno di stabili riferimenti culturali e la rapida trasformazione a cui e' continuamente sottoposta la societa', rendono davvero arduo - ha detto - l'impegno educativo. Percio', e' necessario che le parrocchie si adoperino sempre piu' nel sostenere le famiglie, piccole Chiese domestiche, nel loro compito di trasmissione della fede". Per Benedetto XVI, dunque, "e' quanto mai necessaria nella situazione attuale la collaborazione tra comunita' cristiana e famiglia".
    "Carissimi genitori - ha aggiunto il Pontefice che ha utilizzato oggi l'altare originale della Sistina, appoggiato sulla parete con l'affresco michelangiolesco del Giudizo Universale, e per questo, durante la consacrazione, ha dato le spalle ai fedeli come si usa nel rito antico - ringrazio con voi il Signore per il dono del Battesimo di questi vostri figlioli; nell'elevare la nostra preghiera per loro, invochiamo abbondante il dono dello Spirito Santo, che oggi li consacra ad immagine di Cristo sacerdote, re e profeta".
    "Affidandoli alla materna intercessione di Maria Santissima, chiediamo per loro vita e salute, perche' - ha auspicato - possano crescere e maturare nella fede, e portare, con la loro vita, frutti di santita' e d'amore".
    "Ricevendo il Battesimo, questi bambini ottengono in dono un sigillo spirituale indelebile, il 'carattere', che segna per sempre la loro appartenenza al Signore e li rende membra vive del suo corpo mistico, che e' la Chiesa", ha aggiunto ricordando che "mentre entrano a far parte del Popolo di Dio, per questi bambini inizia oggi un cammino di santita' e di conformazione a Gesu', una realta' che e' posta in loro come il seme di uno splendido albero, che deve essere fatto crescere. Percio', comprendendo la grandezza di questo dono, fin dai primi secoli si ha avuto la premura di dare il Battesimo ai bambini appena nati".
    "Certamente - ha rilevato il Pontefice - ci sara' poi bisogno di un'adesione libera e consapevole a questa vita di fede e d'amore, ed e' per questo che e' necessario che, dopo il Battesimo, essi vengano educati nella fede, istruiti secondo la sapienza della Sacra Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa, cosi' che cresca in loro il germe della fede che oggi ricevono e possano raggiungere la piena maturita' cristiana". E da parte sua, "la Chiesa, che li accoglie tra i suoi figli, deve farsi carico, assieme ai genitori e ai padrini, di accompagnarli in questo cammino di crescita".
    "Cari genitori - ha sottolineato infine Benedetto XVI sempre rivolto alle coppie presenti - i vostri figli sono un dono prezioso del Signore, il quale ha riservato per se' il loro cuore". Infatti, "donandoci la fede, il Signore ci ha dato cio' che vi e' di piu' prezioso nella vita, e cioe' il motivo piu' vero e piu' bello per cui vivere". Voi ora, ha concluso ancora rivolto alle famiglie dei dipendenti vaticani, "chiedete alla Chiesa di accogliere nel suo seno questi bambini, di dare loro il Battesimo; e questa richiesta la fate in ragione del dono della fede che voi stessi avete, a vostra volta, ricevuto.
    Attraverso il lavacro dell'acqua, i vostri figli vengono inseriti nella vita stessa di Gesu', che e' morto sulla croce per liberarci dal peccato e risorgendo ha vinto la morte. Percio', immersi spiritualmente nella sua morte e resurrezione, essi vengono liberati dal peccato originale ed in loro ha inizio la vita della grazia, che e' la vita stessa di Gesu' Risorto".

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    PAPA: LAICISMO, STATALISMO E INTOLLERANZA MINACCIANO LIBERTA' RELIGIOSA E DIGNITA' UMANA

    (AGI) - CdV, 10 gen.

    (di Salvatore Izzo)

    "La religione non costituisce per la societa' un problema, non e' un fattore di turbamento o di conflitto. E la Chiesa non cerca privilegi, ne' vuole intervenire in ambiti estranei, ma semplicemente esercitare la sua missione con liberta'".
    E' un invito "a riconoscere la grande lezione della storia" non negando "il contributo delle grandi religioni del mondo allo sviluppo della civilta'" a caratterizzare il coraggioso discorso di inizio anno al Corpo Diplomatico, nel quale, come e' tradizione, Benedetto XVI ha passato oggi in rassegna le diverse regioni del mondo denunciando aggressioni e minacce, in particolare in tema di liberta' religiosa, vera e propria cartina di tornasole che consente di monitorare il
    rispetto della liberta' nel suo complesso. E il quadro emerso non e' affatto rassicurante. Semplificando si possono identificare tre diversi fattori anticristiani in azione all'inizio del secondo decennio di questo millennio: l'intolleranza verso i cristiani in Medio Oriente e in altri Paesi dove l'Islam mostra il suo volto fondamentalista; lo statalismo di stampo marxista che continua a conculcare la liberta' della Chiesa in Cina ma si affaccia anche in Paesi dell'America Latina nei quali si impedice ad esempio l'attivita' delle scuole cattoliche; il laicismo che avanza in Occidente, dove la tolleranza cela in realta' una rimozione delle radici cristiane che apre la strada a quelli che Benedetto XVI qualifica come abusi della dignita' umana, per la cui difesa si impegnano, ha detto, "le comunita' cristiane, con il loro patrimonio di valori e principi", dopo aver contribuito "alla conquista di istituzioni democratiche e all'affermazione dei diritti dell'uomo e dei suoi corrispettivi doveri".
    Per il Papa, anche oggi "in una societa' sempre piu' globalizzata, i cristiani sono chiamati, non solo ad un responsabile impegno civile, economico e politico, ma anche alla testimonianza della propria carita' e fede, per offrire un contributo prezioso al faticoso ed esaltante impegno per la giustizia, per lo sviluppo umano integrale e per il retto ordinamento delle realta' umane".
    Joseph Ratzinger e' partito dagli "attentati che hanno seminato morte, dolore e smarrimento tra i cristiani dell'Iraq", ricordando poi "con grande dolore" anche la strage di Capodanno in Egitto, dove "ad Alessandria, il terrorismo ha colpito brutalmente dei fedeli in preghiera in una chiesa".
    Una "successione di attacchi" che rappresenta "un segno ulteriore dell'urgente necessita' per i Governi della Regione di adottare, malgrado le difficolta' e le minacce, misure efficaci per la protezione delle minoranze religiose". In Medio Oriente, ha detto, "i cristiani sono cittadini originali e autentici, leali alla loro patria e fedeli a tutti i doveri nazionali: debbono poter godere di tutti i diritti di cittadinanza, di liberta' di coscienza e di culto, di liberta' nel campo dell'insegnamento e dell'educazione e nell'uso dei media".
    Tra i fatti che "ledono il diritto delle persone alla liberta' religiosa", il Pontefice ha poi incluso anche "la legge contro la blasfemia in Pakistan". E in Asia si e' soffermato con parole chiare sulla situazione in Cina dove, ha denunciato, "la Chiesa e' sottoposta a prove e sofferenze". Com ein altri Paesi, ha spiegato, "si riconosce una certa liberta' religiosa, ma, di fatto, la vita delle comunita' religiose e' resa difficile e talvolta anche precaria, perche' l'ordinamento giuridico o sociale si ispira a sistemi filosofici e politici che postulano uno stretto controllo, per non dire un monopolio, dello Stato sulla societa'".
    "Bisogna - secondo il Papa - che cessino tali ambiguita', in modo che i credenti non si trovino dibattuti tra la fedelta' a Dio e la lealta' alla loro patria".
    "Domando in particolare - ha scandito Joseph Ratzinger - che sia garantita dovunque alle comunita' cattoliche la piena autonomia di organizzazione e la liberta' di compiere la loro missione, in conformita' alle norme e agli standards internazionali in questo campo".
    E mentre in Vietnam, ci si accinge a una normalizzazione dei rapporti con la Chiesa locale e la Santa Sede anche un altro Paese comunista, Cuba, fa registrare progressi tanto che il Pontefice indirizza "una parola di incoraggiamento affinche' il dialogo che si e' felicemente instaurato con la Chiesa si rafforzi ulteriormente e si allarghi". Ma proprio in America Latina riprende consistenza lo spettro di una visione statalista in campo educativo con limitazioni alle scuole cattoliche. Per il Papa, "e' preoccupante che tale servizio che le comunita' religiose offrono a tutta la societa', in particolare per l'educazione delle giovani generazioni, sia compromesso o ostacolato da progetti di legge che rischiano di creare una sorta di monopolio statale in materia scolastica, come si constata ad esempio in certi Paesi dell'America Latina", e cioo' proprio "mentre parecchi di essi celebrano il secondo centenario della loro indipendenza, occasione propizia per ricordarsi del contributo della Chiesa Cattolica alla formazione dell'identita' nazionale".
    "Esorto tutti i governi - ha scandito Benedetto XVI allargando cosi' il suo ragionamento anche al nostro Paese - a promuovere sistemi educativi che rispettino il diritto primordiale delle famiglie a decidere circa l'educazione dei figli e che si ispirino al principio di sussidiarieta', fondamentale per organizzare una societa' giusta". In tema di educazione, il Papa ha difeso oggi anche il diritto delle famiglie a decidere quale educazione sessuale dare ai propri figli, cosi' come quello dei medici all'obiezione di coscienza per sottrarsi alla pratica dell'aborto se lo si ritiene un omicidio e quello dei giudici inglesi che per ragioni etiche non vogliono affidare i bambini alle coppie gay.
    Anche in Occidente, del resto, "ci troviamo di fronte a minacce contro il pieno esercizio della liberta' religiosa", ha detto senza mezzi termini il Papa nel discorso al Corpo Diplomatico, riferendosi "a quei Paesi nei quali si accorda una grande importanza al pluralismo e alla tolleranza, ma dove la religione subisce una crescente emarginazione". Per Benedetto XVI, in particolare sono condannabili le legislazioni permissive in tema di famiglia, aborto e fine vita che ha definito oggi "tentativi di opporre al diritto alla liberta' religiosa, dei pretesi nuovi diritti che non sono, in realta', che l'espressione di desideri egoistici e non trovano il loro fondamento nell'autentica natura umana".
    Il Pontefice ha riconosciuto l'impegno con il quale in Europa sono state prese le difese dei ciristiani del Medio Oriente, rilevando che pero' "la societa', i suoi responsabili e l'opinione pubblica si rendono conto non sempre in modo esatto" delle ferite inferte alla liberta' religiosa. Cosi' come ha ringraziato i Paesi europei che "si sono associati al ricorso del Governo italiano nella ben nota causa concernente l'esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici". Secondo il Papa, purtroppo "un'altra manifestazione dell'emarginazione della religione e, in particolare, del cristianesimo, consiste nel bandire dalla vita pubblica feste e simboli religiosi, in nome del rispetto nei confronti di quanti appartengono ad altre religioni o di coloro che non credono". "Agendo cosi' - ha osservato - non soltanto si limita il diritto dei credenti all'espressione pubblica della loro fede, ma si tagliano anche radici culturali che alimentano l'identita' profonda e la coesione sociale di numerose nazioni".
    "La religione - ha ripetuto in proposito - non costituisce per la societa' un problema, non e' un fattore di turbamento o di conflitto.
    E la Chiesa non cerca privilegi, ne' vuole intervenire in ambiti estranei alla sua missione, ma semplicemente esercitare questa missione con liberta'". "Emblematica a questo proposito - ha osservato - e' la figura della Beata Madre Teresa di Calcutta: il centenario della sua nascita e' stato celebrato a Tirana, a Skopje e a Pristina come in India; un vibrante omaggio le e' stato reso non soltanto dalla Chiesa, ma anche da Autorita' civili e capi religiosi, senza contare le persone di tutte le confessioni.
    Esempi come il suo mostrano al mondo quanto l'impegno che nasce dalla fede sia benefico per tutta la societa'".
    "Che nessuna societa' umana si privi volontariamente dell'apporto fondamentale che costituiscono le persone e le comunita' religiose", ha quindi auspicato il Pontefice, esortando "tutti, responsabili politici, capi religiosi e persone di ogni categoria, ad intraprendere con determinazione la via verso una pace autentica e duratura, che passa attraverso il rispetto del diritto alla liberta' religiosa in tutta la sua estensione. Su questo impegno, per la cui attuazione e' necessario lo sforzo dell'intera famiglia umana".

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    Papa,appello sulla scuola no al monopolio statale

    I corsi di educazione sessuale non siano contrari a visione della fede, rispettare simboli

    CITTA' DEL VATICANO

    Le autorità dei Paesi dell'area mediorientale, tra cui l'Iraq, e i "capi religiosi musulmani" devono "operare affinché i loro concittadini cristiani possano vivere in sicurezza". E' l'appello lanciato durante l'udienza al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede da Benedetto XVI, che ha parlato "dell'urgente necessità per i governi della regione di adottare, malgrado le difficoltà e le minacce, misure efficaci per la protezione delle minoranze religiose".

    "Guardando verso l'Oriente - ha detto il Papa -, gli attentati che hanno seminato morte, dolore e smarrimento tra i cristiani dell'Iraq, al punto da spingerli a lasciare la terra dove i loro padri hanno vissuto lungo i secoli, ci hanno profondamente addolorato". "Rinnovo alle Autorità di quel Paese e ai capi religiosi musulmani - ha proseguito - il mio preoccupato appello ad operare affinché i loro concittadini cristiani possano vivere in sicurezza e continuare ad apportare il loro contributo alla società di cui sono membri a pieno titolo". "Anche in Egitto, ad Alessandria - ha aggiunto il Pontefice -, il terrorismo ha colpito brutalmente dei fedeli in preghiera in una chiesa". Secondo papa Ratzinger, "questa successione di attacchi è un segno ulteriore dell'urgente necessità per i Governi della Regione di adottare, malgrado le difficoltà e le minacce, misure efficaci per la protezione delle minoranze religiose".

    BENE RICHIESTA A UE DI DIFENDERE CRISTIANI MO- "Apprezzo l' attenzione per i diritti dei più deboli e la lungimiranza politica di cui hanno dato prova alcuni Paesi d'Europa negli ultimi giorni, domandando una risposta concertata dell'Unione Europea affinché i cristiani siano difesi nel Medio Oriente". Lo ha affermato Benedetto XVI durante l'udienza al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede.

    NO BANDO FESTE E SIMBOLI PER RISPETTO ALTRE FEDI - Benedetto XVI ha definito oggi come una "manifestazione dell'emarginazione della religione e, in particolare, del cristianesimo" il fatto di "bandire dalla vita pubblica feste e simboli religiosi, in nome del rispetto nei confronti di quanti appartengono ad altre religioni o di coloro che non credono". "Agendo così - ha detto il Papa durante l'udienza al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede -, non soltanto si limita il diritto dei credenti all'espressione pubblica della loro fede, ma si tagliano anche radici culturali che alimentano l'identità profonda e la coesione sociale di numerose nazioni"

    CROCIFISSO: GRAZIE A PAESI CHE APPOGGIATO RICORSO ITALIA - Benedetto XVI ha ringraziato oggi i Paesi e le istituzioni che hanno dato appoggio al ricorso del governo italiano contro la sentenza europea che bandiva il crocifisso dai luoghi pubblici. "L'anno scorso, alcuni Paesi europei si sono associati al ricorso del Governo italiano nella ben nota causa concernente l'esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici", ha detto il Papa durante l'udienza al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, dedicando in gran parte il suo discorso al tema della libertà religiosa. "Desidero esprimere la mia gratitudine alle Autorità di queste nazioni, come pure a tutti coloro che si sono impegnati in tal senso, Episcopati, Organizzazioni e Associazioni civili o religiose, in particolare il Patriarcato di Mosca e gli altri rappresentanti della gerarchia ortodossa, come tutte le persone - credenti ma anche non credenti - che hanno tenuto a manifestare il loro attaccamento a questo simbolo portatore di valori universali", ha aggiunto.

    NO A LEGGI PER ISTITUIRE MONOPOLIO STATALE SU SCUOLA - Per Benedetto XVI è "preoccupante" che il "servizio che le comunità religiose offrono a tutta la società, in particolare per l'educazione delle giovani generazioni, sia compromesso o ostacolato da progetti di legge che rischiano di creare una sorta di monopolio statale in materia scolastica, come si constata ad esempio in certi Paesi dell'America Latina". "Riconoscere la libertà religiosa - ha detto il Papa durante l'udienza al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede - significa anche garantire che le comunità religiose possano operare liberamente nella società, con iniziative nei settori sociale, caritativo od educativo. In ogni parte del mondo, d'altronde, si può constatare la fecondità delle opere della Chiesa cattolica in questi campi". "Esorto tutti i governi - ha aggiunto - a promuovere sistemi educativi che rispettino il diritto primordiale delle famiglie a decidere circa l'educazione dei figli e che si ispirino al principio di sussidiarietà, fondamentale per organizzare una società giusta".

    PAKISTAN ABROGHI LEGGE SULLA BLASFEMIA - Benedetto XVI ha "incoraggiato" oggi le "autorità" del Pakistan "a compiere gli sforzi necessari per abrogare" la legge sulla blasfemia, "tanto più che è evidente - ha detto durante l'udienza al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede - che essa serve da pretesto per provocare ingiustizie e violenze contro le minoranze religiose". Secondo il Pontefice, "il tragico assassinio del Governatore del Punjab mostra quanto sia urgente procedere in tal senso".

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    00 11/01/2011 00:39
    Il Papa chiede ai Paesi musulmani rispetto per le minoranze
    Libertà religiosa è più di libertà di culto con restrizioni



    CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 10 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Papa Benedetto XVI ha chiesto ai Paesi musulmani, soprattutto in Medio Oriente, un maggiore rispetto per le minoranze cristiane, e una maggiore libertà religiosa nei Paesi a regime comunista, come la Cina e Cuba.

    Il tema della libertà religiosa è stato nuovamente al centro del suo intervento, come è accaduto anche negli ultimi discorsi, durante la tradizionale udienza di inizio anno ai membri del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, svoltasi questo lunedì nella Sala Regia del Palazzo Apostolico.

    All'inizio del suo discorso, il Papa ha voluto ricordare i tragici attacchi contro i cristiani avvenuti nelle feste natalizie e il recente Sinodo speciale dei Vescovi per il Medio Oriente.

    Uno dei punti sottolineati dal Pontefice ripercorrendo la situazione dei cristiani nei Paesi islamici è la distinzione tra la vera libertà religiosa e la mera libertà di culto.

    “La libertà religiosa non è pienamente applicata là dove è garantita solamente la libertà di culto, per di più con delle limitazioni”, ha sottolineato.

    Per questo, ha chiesto ai Paesi in questione di promuovere “la piena tutela della libertà religiosa e degli altri diritti umani con programmi che, fin dalla scuola primaria e nel quadro dell’insegnamento religioso, educhino al rispetto di tutti i fratelli nell’umanità”.

    In primo luogo si è riferito alla situazione dei cristiani iracheni, esprimendo costernazione per “gli attentati che hanno seminato morte, dolore e smarrimento tra i cristiani dell’Iraq, al punto da spingerli a lasciare la terra dove i loro padri hanno vissuto lungo i secoli”.

    Il Pontefice ha voluto rinnovare il suo “preoccupato appello” alle autorità civili e religiose irachene “ad operare affinché i loro concittadini cristiani possano vivere in sicurezza e continuare ad apportare il loro contributo alla società di cui sono membri a pieno titolo”.

    Ha poi ricordato il recente attentato contro la comunità copta di Alessandria d'Egitto, sottolineando l'“urgente necessità per i Governi della Regione di adottare, malgrado le difficoltà e le minacce, misure efficaci per la protezione delle minoranze religiose”.

    “In Medio Oriente, i cristiani sono cittadini originali e autentici, leali alla loro patria e fedeli a tutti i loro doveri nazionali. E’ naturale che essi possano godere di tutti i diritti di cittadinanza, di libertà di coscienza e di culto, di libertà nel campo dell’insegnamento e dell’educazione e nell’uso dei mezzi di comunicazione”, ha ricordato citando il Messaggio conclusivo del Sinodo.

    In tal senso, ha lodato “l’attenzione per i diritti dei più deboli e la lungimiranza politica di cui hanno dato prova alcuni Paesi d’Europa negli ultimi giorni, domandando una risposta concertata dell’Unione Europea affinché i cristiani siano difesi nel Medio Oriente”.

    “Per quanto riguarda poi gli Stati della Penisola Arabica, dove vivono numerosi lavoratori immigrati cristiani, auspico che la Chiesa cattolica possa disporre di adeguate strutture pastorali”, ha chiesto.

    Pakistan ed Estremo Oriente

    Proseguendo il suo percorso per l'Asia, il Papa ha richiamato la situazione del Pakistan, soprattutto quella creata dall'abuso della legge antiblasfemia nel caso tristemente noto di Asia Bibi, donna cristiana condannata all'impiccagione per presunta blasfemia.

    Il Pontefice ha chiesto al Paese di “compiere gli sforzi necessari” per abrogare questa legge, “tanto più che è evidente che essa serve da pretesto per provocare ingiustizie e violenze contro le minoranze religiose”.

    “Il tragico assassinio del Governatore del Punjab mostra quanto sia urgente procedere in tal senso – ha affermato –: la venerazione nei riguardi di Dio promuove la fraternità e l’amore, non l’odio e la divisione”.

    Si è poi riferito ad “altre situazioni preoccupanti, talvolta con atti di violenza”, “nel Sud e nel Sud-Est del continente asiatico, in Paesi che hanno peraltro una tradizione di rapporti sociali pacifici”.

    “Il peso particolare di una determinata religione in una Nazione non dovrebbe mai implicare che i cittadini appartenenti ad un’altra confessione siano discriminati nella vita sociale o, peggio ancora, che sia tollerata la violenza contro di essi”, ha dichiarato.

    “A questo proposito, è importante che il dialogo inter-religioso favorisca un impegno comune a riconoscere e promuovere la libertà religiosa di ogni persona e di ogni comunità”, ha aggiunto, non mancando di ricordare che “la violenza contro i cristiani non risparmia l’Africa. Gli attacchi contro luoghi di culto in Nigeria, proprio mentre si celebrava la Nascita di Cristo, ne sono un’altra triste testimonianza”.

    Paesi comunisti

    Il Papa ha voluto anche ricordare la situazione dei cristiani nei Paesi a regime comunista, particolarmente la Cina e Cuba.

    In questi luoghi, anche se “la Costituzione riconosce una certa libertà religiosa”, “la vita delle comunità religiose è resa difficile e talvolta anche precaria”, “perché l’ordinamento giuridico o sociale si ispira a sistemi filosofici e politici che postulano uno stretto controllo, per non dire un monopolio, dello Stato sulla società”.

    “Bisogna che cessino tali ambiguità, in modo che i credenti non si trovino dibattuti tra la fedeltà a Dio e la lealtà alla loro patria”, ha affermato il Papa.

    In particolare, ha chiesto “che sia garantita dovunque alle comunità cattoliche la piena autonomia di organizzazione e la libertà di compiere la loro missione, in conformità alle norme e agli standards internazionali in questo campo”.

    “In questo momento, il mio pensiero si volge di nuovo verso la comunità cattolica della Cina continentale e i suoi Pastori, che vivono un momento di difficoltà e di prova”, ha dichiarato il Papa, volendo poi “indirizzare una parola di incoraggiamento alle Autorità di Cuba”, “affinché il dialogo che si è felicemente instaurato con la Chiesa si rafforzi ulteriormente e si allarghi”.

    In un altro passo del suo discorso, ha insistito sul fatto che “la dimensione religiosa è una caratteristica innegabile e incoercibile dell’essere e dell’agire dell’uomo, la misura della realizzazione del suo destino e della costruzione della comunità a cui appartiene”.

    “Pertanto, quando l’individuo stesso o coloro che lo circondano trascurano o negano questo aspetto fondamentale, si creano squilibri e conflitti a tutti i livelli, tanto sul piano personale che su quello interpersonale”.

    Il diritto alla libertà religiosa “in realtà è il primo dei diritti, perché, storicamente, è stato affermato per primo, e, d’altra parte, ha come oggetto la dimensione costitutiva dell’uomo, cioè la sua relazione con il Creatore”, ha indicato.

    “Mi sembra che la società, i suoi responsabili e l’opinione pubblica si rendano oggi maggiormente conto, anche se non sempre in modo esatto, di tale grave ferita inferta contro la dignità e la libertà dell’homo religiosus, sulla quale ho tenuto, a più riprese, ad attirare l’attenzione di tutti”, ha concluso.



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    PAPA BENEDETTO LO VEDO COME UN MAESTRO BUONO

    di Salvatore Izzo

    Lo scorso 25 marzo, in un incontro con i giovani della diocesi di Roma in piazza San Pietro, una ragazza ha rivolto al Papa la domanda del giovane ricco a Gesù: "maestro buono, cosa devo fare per avere la vita eterna?".
    Come cronista, ero lì ad ascoltare e, quella sera, ho dovuto riportare sull'Agenzia Italia la risposta di Benedetto XVI - peraltro bellissima e coinvolgente - che iniziava con il successivo versetto del Vangelo "osserva i comandamenti" e proseguiva con un'altra Parola di Gesù, per la quale essi sono riassunti in quest'unico: "amare Dio con tutto il cuore, con tutta la ragione, con tutta l'esistenza e amare il prossimo come se stesso".
    "Amare Dio - spiegò Ratzinger parlando a braccio - suppone conoscere Dio, riconoscere Dio. E questo è il primo passo che dobbiamo fare: cercare di conoscere Dio. E così sappiamo che la nostra vita non esiste per caso, non è un caso.
    La mia vita è voluta da Dio dall'eternità. Io sono amato, sono necessario. Dio ha un progetto con me nella totalità della storia; ha un progetto proprio per me. La mia vita è importante e anche necessaria". Sono centinaia ormai i discorsi del Pontefice tedesco che dal maggio 2005 ho dovuto riassumere in take di agenzia, ma quel dialogo mi è rimasto dentro.
    Così domanda e risposta mi sono tornate in mente quando mi è stato chiesto questo articolo.
    La domanda, perchè seguendolo in tutte le sue attività pubbliche mi sono convinto che proprio a Benedetto XVI può ben applicarsi quell'appellativo "maestro buono" (sul quale gli esegeti hanno
    versato molto inchiostro perchè i sinottici non sono concordi, Matteo infatti sposta l'aggettivo buono dal soggetto al quale era posto il quesito all'oggetto dell'interrogativo, "maestro, cosa di buono posso fare per avere la vita eterna?", affinchè non vi fosse nessuna contrapposizione tra la persona di Gesù e quella di Dio).
    Con il Vangelo mi sono detto infatti che sì, "solo Dio è buono", ma raccontando Joseph Ratzinger da tanto tempo prima che fosse eletto Papa, noi vaticanisti abbiamo sempre constatato e sperimentato la sua bontà di uomo, la sua bontà di sacerdote, il suo tatto squisito, la sua signorilità di spirito nel trattare con gli altri, la sua saggezza nel consiglio, la sua prudenza nel prendere decisioni e l'immensa sua generosità nello spendersi per l'apostolato. E siamo sicuri di non fare un torto a Dio dicendo che, anche lui, è buono, è il maestro buono come Gesù, proprio perché, intimamente, partecipa della stessa bontà di Dio, che gli ha donato questa saggezza e lo ha voluto sempre illuminare di questa luce soprannaturale.
    Come Gesù, inoltre, è umile, questo grande Papa che in realtà è oggi anche il maggiore teologo vivente, autore - è stato detto nei giorni dell'elezione - di più libri di quanti mediamente ne avessero letti gli altri cardinali di Santa Romana Chiesa.
    "Umile lavoratore della vigna del Signore", volle definirsi affacciandosi per la prima volta da Papa (con le maniche di un maglione nero da professore che spuntavano sotto l'abito bianco appena indossato, a riprova che, seppure per molti di noi era il favorito, lui mai si sarebbe aspettato di essere eletto). Un lavoro intellettuale, quello svolto fino ad allora.
    E al quale da vescovo di Roma non ha rinunciato, offrendo alla guida della Chiesa, da lui esercitata coniugando dolcezza e fermezza, il valore aggiunto della sua elaborazione culturale: se il predecessore, l'altrettanto grande Giovanni Paolo II, ha caratterizzato il suo Pontificato con i gesti compiuti nei viaggi, facendo dei piloti e delle compagnie aeree i suoi collaboratori più preziosi, aiutanti principali di Benedetto XVI sono forse i tipografi e gli editori, a cominciare dal personale della Libreria Editrice Vaticana.
    Nella decisione di non abbandonare il suo lavoro di teologo emerge poi la sua grande apertura. Nella prefazione al primo volume del suo "Gesù di Nazaret" scrive un'altra frase che mi è rimasta impressa: "questo libro non è assolutamente un atto magisteriale, ma è unicamente espressione della mia ricerca personale del 'volto del Signorè.
    Perciò ognuno è libero di contraddirmi. Chiedo solo alle lettrici e ai lettori quell'anticipo di simpatia senza la quale non c'è alcuna comprensione".
    Forse nessun Papa aveva mai parlato in questi termini.
    Il libro-intervista scritto con Peter Seewald e intitolato "Luce del mondo.
    Il Papa, la chiesa e i segni dei tempi", che sarà disponibile a breve in tutte le librerie proprio grazie alla Lev, conferma questo atteggiamento di Ratzinger, come lo stasso coautore disse in ottobre alla Fiera del libro di Francoforte: "sono rimasto sconvolto dalla bontà e dalla disponibilità del Papa".
    "Soltanto un Pontefice buono e disponibile - ha commentato Paolo Rodari su Il Foglio - può accettare di parlare a ruota libera di temi che, per la Chiesa Cattolica, sono tra i più difficili e scottanti. Temi che hanno attraversato, non senza polemiche e sovente critiche durissime, questi cinque anni e mezzo".
    Quella sera in piazza San Pietro, mi colpì però anche la risposta di Benedetto XVI, per il suo contenuto evangelico ma anche per l'essenzialità e chiarezza con la quale aveva indicato alla ragazza e alle migliaia di ragazzi presenti nella piazza un percorso che tutti possiamo e dobbiamo seguire.
    Prima da teologo, poi da cardinale e ora da Papa, Joseph Ratzinger ha sempre scelto "un linguaggio moderno, molto netto, che arriva immediatamente al cuore delle cose.
    Un linguaggio che - sottolinea Lucetta Scaraffia, docente di storia contemporanea a La Sapienza e editorialista dell'Osservatore Romano - non è mai difficile, ma cerca di comunicare nel modo più facile possibile quello che vuole dire.
    Un linguaggio che non è mai autoreferenziale, non indulge mai a quel gergo che invece è purtroppo così diffuso nella cultura cattolica contemporanea, separandola completamente da quella laica, e che soprattutto non suscita riflessione e quindi vero coinvolgimento personale". "Nelle parole di Ratzinger e di Benedetto XVI - osserva la professoressa Scaraffia, relatrice con il card. Bertone e Gianni Letta alla presentazione del primo volume dell''Opera Omnia' del teologo e Papa all'ambasciata d'Italia presso al Santa Sede - non ci sono mai cadute in questo senso, non ci sono banalità, concetti
    scontati e privi ormai di valore per essere stati ripetuti troppe volte. E la questione del linguaggio è un problema fondamentale per toccare il cuore dei credenti e soprattutto per farsi ascoltare dal resto del mondo, un problema che la Chiesa di oggi può risolvere seguendo l'esempio del Papa".
    Questo stesso tema, Benedetto XVI lo ha affrontato il 13 novembre nel discorso sulle potenzialità dei nuovi media rivolto al Pontificio Consiglio per la Cultura, chiedendo alla Chiesa di "mettersi in ascolto degli uomini e delle donne del nostro tempo, per promuovere nuove occasioni di annuncio del Vangelo" in un clima di "profonda trasformazione culturale" caratterizzato da "nuovi linguaggi e nuove forme di comunicazione", e rilevando che "in questo contesto, i Pastori e i fedeli avvertono con preoccupazione alcune difficoltà nella comunicazione del messaggio evangelico e nella trasmissione della fede, all'interno della stessa comunità ecclesiale", problemi che "sembrano talora aumentare quando la Chiesa si rivolge agli uomini e alle donne lontani o indifferenti ad una esperienza di fede, ai quali il messaggio evangelico giunge in maniera poco efficace e coinvolgente".
    "In un mondo che fa della comunicazione la strategia vincente, la Chiesa - afferma il Papa - non rimane indifferente" ma cerca "di avvalersi con rinnovato impegno creativo" e "con senso critico e attento discernimento" delle nuove modalità comunicative.
    "L'incapacità del linguaggio di comunicare il senso profondo e la bellezza dell'esperienza di fede può contribuire all'indifferenza di tanti, soprattutto giovani; può diventare motivo di allontanamento, come affermava già la Costituzione Gaudium et spes, rilevando che una presentazione inadeguata del messaggio nasconde più che manifestare il genuino volto di Dio e della religione".
    Da parte sua, Benedetto XVI questo sforzo di "traduzione" delle verità della fede lo compie ogni giorno, seguendo l'esempio del suo maestro Romano Guardini, il grande filosofo e teologo italo-tedesco del quale fu allievo all'Università di Monaco.
    Per Guardini, ha ricordato Ratzinger nei giorni scorsi, "a contare di più non era la questione di cosa qualcuno avesse detto sulla verità cristiana, ma quella di cosa sia vero".
    "Era questa impostazione del suo insegnamento - ha confidato ai membri della Fondazione Guardini ricevuti recentemente in Vaticano - che colpì noi giovani, perchè noi non volevamo conoscere uno 'spettacolo pirotecnico' delle opinioni esistenti dentro o fuori della cristianità: noi volevamo conoscere ciò che è. E lì c'era uno che senza timore e, al tempo stesso, con tutta la serietà del pensiero critico, poneva questa questione e ci aiutava a pensare insieme".
    "Questa - ha confidato l'ex allievo di Guardini divenuto Papa - era la novità rispetto alla retorica dei vecchi tempi: che egli non cercasse affatto alcuna retorica, bensì parlasse in modo del tutto semplice con noi e, insieme a ciò, parlasse con la verità e ci inducesse al dialogo con la verità. E questo è un ampio spettro di 'dialoghi' con autori come Socrate, Sant'Agostino o Pascal, con Dante, Holderlin, Morike, Rilke e Dostojevskij. Egli vedeva in loro dei mediatori viventi, che scoprono in una parola del passato il presente, permettendo di vederlo e viverlo in modo nuovo. Essi ci donano una forza, che può condurci di nuovo a noi stessi".
    Ed è precisamente questo quello che Papa Ratzinger fa ad esempio ogni mercoledì con le catechesi delle Udienze Generali, che la Lev poi raccoglie in preziosi volumi.

    © Copyright Editoria Vaticana


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    Regresso da fermare

    Ciò che a tutti è dovuto

    Carlo Cardia

    Il fondamento della pace è il diritto di libertà religiosa per tutti gli uomini, e questo diritto è il primo dei diritti universali perché riguarda «la dimensione costitutiva dell’uomo, cioè la sua relazione con il Creatore».
    Benedetto XVI ha inviato al mondo questo messaggio parlando ieri al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Siamo di fronte a un momento importante del magistero del Papa, che assume il carattere universale proprio della funzione petrina in virtù della quale si rivolge a tutti gli uomini, senza confini di geografia, cultura, religione. Il Papa parla con partecipazione delle sofferenze che i cristiani hanno subito lo scorso anno in diversi Paesi, in Iraq e in Egitto dove la violenza ha seminato morte, dolore, smarrimento, senza neanche fermarsi di fronte ai fedeli raccolti in preghiera nel tempio. Il martirio torna a coronare la fedeltà dei credenti alla parola di Dio, ma, ricorda il Papa, il mondo regredisce, colpisce coloro che «sono cittadini originali e autentici, leali alla loro patria e fedeli a tutti i loro doveri nazionali».
    La libertà religiosa subisce tante altre limitazioni. In Cina il regime impone associazioni patriottiche separate da Roma; in Medio Oriente la violenza affiora di continuo, spesso è garantita solo la libertà di culto, a volte neanche questa, perché la diffusione del messaggio evangelico è ostacolata, frenata, messa a rischio; nel Sud-Est asiatico riemergono violenza e discriminazioni per coloro che non sono della religione di maggioranza. Nella seconda parte del discorso, Benedetto XVI guarda all’Occidente e disvela altri limiti, più sottili e sofisticati, frapposti alla libertà della fede. Registriamo una strisciante emarginazione della religione, atti precisi che violano la coscienza dei fedeli, e provocano un risultato pesante realizzando «una sorta di scala nella gravità dell’intolleranza verso le religioni».
    Noi europei conosciamo bene quest’ultimo fenomeno, perché da tempo si tollerano offese, ingiurie, perfino oscenità, verso la religione cristiana e le sue figure più sacre, come non avviene per altre religioni, mentre le persecuzioni e il martirio di tanti cristiani crea assuefazione, abitudine, quasi indifferenza. Ma in Europa si vogliono eliminare anche i simboli religiosi dagli spazi pubblici, si nascondono festività e ricorrenze che fanno parte della nostra secolare tradizione, si introducono corsi di educazione sessuale o civile che contrastano con gli orientamenti formativi della famiglia, senza riconoscere ai ragazzi neanche il diritto di esserne esentati. In alcuni Paesi è limitato il diritto di obiezione di coscienza in materia di aborto, famiglia, affidamento dei minori.
    Benedetto XVI non nasconde nessuna situazione di sofferenza, e lo fa mandando un messaggio di speranza e di incoraggiamento a coloro che lavorano per superare le persecuzioni, la discriminazione, l’emarginazione. La religione non è nemica all’uomo, non costituisce un problema sociale, non porta turbamento o conflitto. La religione lavora per il bene dell’uomo, educa le nuove generazioni a una moralità positiva per i giovani e per la società che dovranno costruire, e per questo motivo una società che difende la libertà religiosa tutela sé stessa e il proprio futuro. L’intervento del Papa induce, poi, a una riflessione più ampia.
    Con la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 1948 si riteneva che la libertà religiosa, insieme ad altri diritti umani, potesse considerarsi acquisita a un patrimonio normativo e culturale dell’umanità, mentre oggi si deve registrare un regresso perché essa è negata in molte parti del mondo, in altre subisce limitazioni, in Europa addirittura la religione è vista con diffidenza, è emarginata, si offuscano le radici storiche e culturali che sono alla base della formazione dell’Occidente. Benedetto XVI sente che l’Occidente è debole e incerto sui propri valori ideali, pone la libertà religiosa al centro dell’azione internazionale della Santa Sede, richiama le autorità nazionali e internazionali a considerare la libertà della fede al vertice dei diritti universali, da tutelarsi in ogni parte della terra. Anche perciò, il papato di Joseph Ratzinger può considerarsi il papato dei diritti umani, della tutela dei credenti di ogni religione contro la violenza e la sopraffazione.

    © Copyright Avvenire, 11 gennaio 2011


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    00 12/01/2011 19:26
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    Il Ratzinger arrabbiato: metamorfosi di un Papa

    di Luigi Accattoli

    Ha detto tutto, non ha taciuto nulla, non ha cercato accomodamenti: un Papa davvero globale e a tutto tondo quello che abbiamo ascoltato ieri sulla libertà religiosa.
    Ha nominato i Paesi che la violano, a partire da quelli delle recenti stragi di Ognissanti (Iraq) e di Capodanno (Egitto).
    Ha chiesto al mondo di agire a difesa dei cristiani.
    È stato concreto, si direbbe tagliente, nei riferimenti. Ha spronato il Pakistan ad abrogare la legge sulla blasfemia e ha ricordato «il tragico assassinio del Governatore del Punjab» - un musulmano favorevole a quell'abrogazione - che «mostra quanto sia urgente procedere in tal senso». Agli Stati della Penisola Arabica ha chiesto spazio per le attività "pastorali" della Chiesa. Non solo non è stato accomodante ma ha persino alzato il tiro, introducendo temi relativamente nuovi e fortemente conflittuali.
    Ne segnalo due, in riferimento ai Paesi occidentali: la denuncia della tendenza a «considerare meno gravi gli atti discriminatori verso i cristiani», che sembra introdurre «una sorta di scala nella gravità dell'intolleranza verso le religioni»; l'evocazione - tra le "minacce" alla libertà religiosa "in alcuni Paesi europei" - di "corsi" obbligatori di "educazione sessuale o civile"impostati su una veduta "contraria alla fede".
    L'introduzione di temi conflittuali è l'elemento più vivo - e rivelatore - di questo discorso, che costituisce un manifesto dell'azione papale a difesa dei cristiani nel mondo.
    Attenzione: dei cristiani, prima e più ampiamente che dei cattolici. In quell'introduzione abbiamo una riprova dell'atteggiamento non diplomatico e non patteggiatore del Papa teologo, che già gli conosciamo.
    Vi sono almeno tre passaggi in cui ieri Benedetto faceva appello alla comunità internazionale - e in particolare ai Paesi occidentali e a quelli europei - perché difenda i cristiani o si mostri meglio ricettiva nei loro confronti. Poteva dunque apparirgli conveniente giocare da sola questa carta, già impegnativa, evitando di richiamare questioni che pongono da tempo la Chiesa di Roma in conflitto con la maggioranza di quei paesi.
    Ha invece evitato questo come ogni altro calcolo. Il primo dei tre passaggi è un ringraziamento verso "alcuni"Paesi e dunque una sollecitazione degli altri perché a essi si uniscano: «Apprezzo l'attenzione per i diritti dei più deboli e la lungimiranza politica di cui hanno dato prova alcuni Paesi d'Europa negli ultimi giorni, domandando una risposta concertata dell'Unione Europea affinché i cristiani siano difesi nel Medio Oriente». Qui il riferimento è a Francia, Italia, Polonia e Ungheria che il 7 gennaio - su iniziativa italiana - hanno sottoscritto un promemoria inviato alla responsabile della politica estera europea, Catherine Ashton, affinchè vengano prese "misure concrete" a difesa dei cristiani e perché la questione sia messa all'ordine del giorno della riunione dei ministri degli Esteri dell'Unione, prevista per il 31 gennaio. Il secondo passaggio è relativo alla messa al bando "dalla vita pubblica" di "feste e simboli religiosi" e "in particolare" di quelli cristiani.
    Anche qui la richiesta è formulata come ringraziamento ad alcuni per sollecitare tutti: «L'anno scorso, alcuni Paesi europei si sono associati al ricorso del Governo italiano nella ben nota causa concernente l'esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici. Desidero esprimere la mia gratitudine alle autorità di queste nazioni». Tra esse vi sono Albania, Armenia, Bulgaria, Cipro, Grecia, Lituania, Malta, Moldavia, Monaco, Romania, Russia, San Marino, Serbia, Ucraina. Il terzo passaggio è quello già citato dell'invito a considerare la cristianofobia alla stessa stregua dell'islamofobia e dell'antisemitismo.
    Parrebbe dunque ovvio - da un punto di vista diplomatico: il Papa ieri parlava al Corpo diplomatico - che per ottenere, poniamo, il sostegno della Francia o della Spagna all'idea che occorra "fare il possibile" per la protezione dei cristiani in Medio Oriente, non si evochino questioni a loro ostiche, come i "simboli" religiosi nella vita pubblica (Francia) o forme di educazione civica e sessuale radicalmente laiche (Spagna).
    Evitando quel calcolo e proponendo le esigenze della libertà religiosa nella forma più organica e ampia Benedetto ha reso evidente la non appartenenza della Chiesa di Roma ad alcun blocco continentale o ideologico e la sua decisione a rivendicare quella libertà non a proprio esclusivo vantaggio, ma a nome di ogni fede.

    © Copyright Liberal, 11 gennaio 2011


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    Così Benedetto XVI chiede agli ambasciatori un antidoto all’epidemia cristianofoba

    di Paolo Rodari

    Il discorso più importante del Pontefice in materia di politica estera è quello che egli pronuncia all’inizio d’ogni anno davanti al corpo diplomatico accreditato in Vaticano. Ieri mattina, nella sala Regia, erano rappresentati 178 paesi. All’appello mancavano soltanto gli stati che ancora non hanno relazioni diplomatiche con la Santa Sede: la Cina popolare e sedici paesi perlopiù asiatici e in buona parte a maggioranza islamica. Tra i mancanti anche il Vietnam dove è di ieri la notizia storica della nomina da parte di Ratzinger di un rappresentante non-residente.
    L’ostilità contro i cristiani che si evidenzia in una generalizzata mancanza di libertà religiosa è stato il tema affrontato dal Papa. Ostilità presente non soltanto nei paesi dove tutti i giorni le cronache riportano persecuzioni contro i cristiani (Iraq, Egitto, Nigeria, Pakistan e Cina) ma anche nell’Europa laica dove il cristianesimo, se non è perseguitato direttamente, è quantomeno “marginalizzato”. Scrive sul National Catholic Reporter John Allen: “La difesa del Papa dei cristiani perseguitati riflette la convinzione che per il Vaticano gli attacchi stanno divenendo una vera e propria epidemia”.
    L’epidemia per il Papa è, dunque, diffusa anche nel nostro continente. Ratzinger ha ricordato, a sorpresa, quella “minaccia” alla libertà religiosa tutta europea dove “è imposta la partecipazione a corsi di educazione sessuale o civile che trasmettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un’antropologia contraria alla fede e alla retta ragione”. E’ un tema che precedentemente il Papa non aveva mai legato alla libertà religiosa. Ma è un tema sentito oltre il Tevere dove le minacce di stampo occidentale sono tante e variegate: la marginalizzazione del credere, la limitazione del diritto all’obiezione di coscienza degli operatori sanitari o di certi operatori del diritto, l’eliminazione dalla vita pubblica di feste e simboli religiosi, l’eliminazione del crocefisso dai luoghi pubblici, fino ai progetti di legge che rischiano di creare una sorta di monopolio statale in materia scolastica.
    Ratzinger non ha dimenticato le differenti difficoltà a cui sono costrette le minoranza religiose nel mondo. L’appello più forte l’ha fatto mentre il caso di Asia Bibi è ancora sospeso e a pochi giorni dall’assassinio di uno dei paladini delle minoranze, il governatore del Punjab Salman Taseer. Benedetto XVI ha chiesto al Pakistan di abrogare la legge sulla blasfemia che è il pretesto di molte delle violenze contro i cristiani nel paese. “Tra le norme che ledono il diritto delle persone alla libertà religiosa – ha detto Ratzinger – una menzione particolare dev’essere fatta della legge contro la blasfemia in Pakistan: incoraggio di nuovo le autorità di quel paese a compiere gli sforzi necessari per abrogarla, tanto più che è evidente che essa serve da pretesto per provocare ingiustizie e violenze contro le minoranze religiose”.

    Pubblicato sul Foglio martedì 11 gennaio 2011


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    Domande su una svolta

    Ecco perché Benedetto XVI stavolta ad Assisi ci andrà

    Dalle critiche dell’86 al giudizio di oggi Ratisbona e la “Dominus Iesus”

    Paolo Rodari

    Joseph Ratzinger il prossimo ottobre andrà ad Assisi, venticinque anni dopo l’incontro di preghiera interreligioso per la pace convocato da Karol Wojtyla. Nel 1986 il raduno guadagnò diverse critiche anche all’interno della curia romana: “Così si apre la strada all’indifferentismo e al relativismo religioso”, era il giudizio di molti, secondo alcuni anche quello dell’allora prefetto dell’ex Sant’Uffizio.
    E oggi? Perché Benedetto XVI va ad Assisi? Non viene alimentata in questo modo l’idea che una religione valga l’altra? E poi: è giusto dialogare con l’islam senza un esplicito impegno al riconoscimento della libertà religiosa per i cristiani nei paesi musulmani?
    Lo storico Giovanni Maria Vian dirige l’Osservatore Romano. Dice: “La decisione di andare ad Assisi è una conseguenza logica della linea che il Papa ha sempre tenuto sui rapporti con le altre religioni fin dall’elezione: confronto amichevole e nello stesso tempo insistenza sulla necessità che venga garantita a tutti la possibilità di essere se stessi, insomma la ‘libertà religiosa’. Assisi in questo senso è evento simbolico, che tuttavia prestò il fianco a interpretazioni sbagliate e chiarite con la dichiarazione ‘Dominus Iesus’, del 2000. E nel 2002 fu il cardinale Ratzinger ad accompagnare il Papa nella città di san Francesco. Il 20 aprile 2005, il giorno dopo l’elezione, Benedetto XVI chiese ‘un dialogo aperto e sincero’ con le altre culture e religioni. Il 20 agosto dello stesso anno, a Colonia, incontrò alcuni musulmani e chiese la stessa cosa. Disse loro: ‘Noi vogliamo ricercare le vie della riconciliazione e imparare a vivere rispettando ciascuno l’identità dell’altro. La difesa della libertà religiosa, in questo senso, è un imperativo costante e il rispetto delle minoranze un segno indiscutibile di vera civiltà’. Dopo Colonia, nel 2006, ci fu Ratisbona. Il centro della ‘lectio’ papale non fu l’islam ma il legame tra fede e ragione. A mio avviso in quell’occasione il Papa venne strumentalizzato. La sua linea era invece quella di sempre: ‘Nemo impediatur, nemo cogatur’, disse Paolo VI sintetizzando la ‘Dignitatis humanae’. Ovvero ‘nessuno sia impedito, nessuno sia costretto’. In questo senso è importante che tutti godano di un’effettiva libertà di religione. Ma è importante anche il dialogo. Assisi è tutto questo”.
    Dice in proposito Antonio Socci: “Penso che Assisi sia in un certo senso un compimento di Ratisbona, diciamo l’altra faccia della medaglia.
    In Germania il Papa disse la verità: non può esserci fede senza ragione. Ma lo disse tendendo la mano all’islam. Questa mano tesa però non venne colta. Oggi ad Assisi è questo che Ratzinger fa. Torna a tendere la mano pur senza rinnegare la verità”.
    Secondo alcuni critici, e non solo nell’area più tradizionalista della chiesa, pregare assieme può creare confusione e rischia di annacquare le differenti identità, l’identità cattolica in testa. Dice ancora Vian: “Ogni incontro tra religioni presenta rischi. Tutto però dipende da come viene pensato e presentato. Ratzinger ovviamente sa quello che fa. Non dimentichiamo che fu lui a firmare la dichiarazione ‘Dominus Iesus’ dedicata all’unicità e all’universalità salvifica di Gesù Cristo e della chiesa. Era la dottrina del Vaticano II e di sempre. Una dottrina inequivocabile. Ad Assisi tutto ciò sarà ben presente”. In curia in molti ricordano quando Ratzinger andò ad Assisi nel 2002 per una riedizione del raduno del 1986. Accompagnò Wojtyla. Di ritorno disse ad Andrea Riccardi, capo della Comunità di Sant’Egidio che dall’86 aveva continuato a convocare annualmente i leader religiosi: “Sono molto contento. Tutto si è svolto nel modo giusto”. Una volta a Roma, Ratzinger scrisse le sue riflessioni per il mensile 30Giorni, sembrano una risposta indiretta a quelle critiche. Spiegò che Assisi era “uno splendido segnale di speranza”. Disse che i cristiani “non devono temere” raduni simili perché Assisi non era “un’autorappresentazione di religioni che sarebbero intercambiabili tra di loro. Non si è trattato di affermare una uguaglianza delle religioni, che non esiste. Assisi è stata piuttosto l’espressione di un cammino e di una ricerca per la pace che è tale solo se unita alla giustizia”.

    © Copyright Il Foglio, 12 gennaio 2011


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    00 13/01/2011 00:29
    Il Papa: il Purgatorio non è un luogo ma un “fuoco interiore”
    Nell’Udienza generale dedicata a santa Caterina da Genova



    ROMA, mercoledì, 12 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Il Purgatorio non è tanto un “luogo” di tormenti e purificazione delle anime quanto un “fuoco interiore” che permette di godere della visione beatifica di Dio, ha affermato Benedetto XVI questo mercoledì, durante l'Udienza generale.

    Nel tradizionale appuntamento con i fedeli da tutto il mondo, il Papa ha parlato di santa Caterina da Genova, vissuta a cavallo tra la metà del XV e XVI sec., e che fu direttrice e animatrice del grande complesso ospedaliero piemontese di Pammatone.

    Parlando ai fedeli presenti in Aula Paolo VI, il Papa ha fatto riferimento in particolare alla descrizione che la santa fece del Purgatorio come di una fiamma che libera l'interiorità dal peccato portandola alla sua primitiva lucentezza.

    Benedetto XVI ha raccontato la visione di Gesù che la Santa di Genova ebbe il 20 marzo 1473 durante una confessione: “Inginocchiatasi davanti al sacerdote, ‘ricevette - come ella stessa scrive - una ferita al cuore, d’un immenso amor de Dio’, con una visione così chiara delle sue miserie e dei suoi difetti e, allo stesso tempo, della bontà di Dio, che quasi ne svenne”.

    “Fu toccata nel cuore da questa conoscenza di se stessa, della vita vuota che conduceva e della bontà di Dio – ha aggiunto il Santo Padre –. Da questa esperienza nacque la decisione che orientò tutta la sua vita, espressa nelle parole: ‘Non più mondo, non più peccati’”.

    Da qui partirà la “vita di purificazione” di Caterina che approderà a una esperienza di progressiva “unione mistica”, in cui maturerà la sua visione “originale” del Purgatorio: “Il primo tratto originale riguarda il ‘luogo’ della purificazione delle anime. Nel suo tempo lo si raffigurava principalmente con il ricorso ad immagini legate allo spazio: si pensava a un certo spazio, dove si troverebbe il Purgatorio. In Caterina, invece, il Purgatorio non è presentato come un elemento del paesaggio delle viscere della terra: è un fuoco non esteriore, ma interiore. Questo è il Purgatorio, un fuoco interiore”.

    Nell’immagine che la santa genovese ha del Purgatorio, non si parte “dall’aldilà per raccontare i tormenti del Purgatorio - come era in uso a quel tempo e forse ancora oggi - e poi indicare la via per la purificazione o la conversione, ma la nostra Santa parte dall’esperienza propria interiore della sua vita in cammino verso l’eternità”.

    “L’anima – ha continuato il Santo Padre – è consapevole dell’immenso amore e della perfetta giustizia di Dio e, di conseguenza, soffre per non aver risposto in modo corretto e perfetto a tale amore, e proprio l’amore stesso a Dio diventa fiamma, l’amore stesso la purifica dalle sue scorie di peccato”.

    Caterina da Genova, ha aggiunto il Papa, ci fa capire che “i Santi, nella loro esperienza di unione con Dio, raggiungono un sapere così profondo dei misteri divini, nel quale amore e conoscenza si compenetrano, da essere di aiuto agli stessi teologi nel loro impegno di studio, di intelligentia fidei, di intelligentia dei misteri della fede, di approfondimento reale dei misteri, per esempio di che cosa è il Purgatorio”.

    “Cari amici – ha poi concluso –, non dobbiamo mai dimenticare che quanto più amiamo Dio e siamo costanti nella preghiera, tanto più riusciremo ad amare veramente chi ci sta intorno, chi ci sta vicino, perché saremo capaci di vedere in ogni persona il volto del Signore, che ama senza limiti e distinzioni. La mistica non crea distanza dall’altro, non crea una vita astratta, ma piuttosto avvicina all’altro, perché si inizia a vedere e ad agire con gli occhi, con il cuore di Dio”.















    Nuovo appello di Benedetto XVI a favore di Haiti
    “Che il popolo di Haiti sia il primo protagonista della sua storia attuale e del suo futuro”



    ROMA, mercoledì, 12 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, ha lanciato questo mercoledì a nome di Papa Benedetto XVI un nuovo appello alla comunità internazionale a favore di Haiti.

    Lo ha fatto durante l'omelia della Messa che ha presieduto nel pomeriggio nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore, in suffragio dell'Arcivescovo di Port-au-Prince, monsignor Serge Miot, e delle altre 230.000 vittime del terremoto che ha devastato l'isola esattamente un anno fa.

    Lo stesso messaggio è stato letto a Port-au-Prince dal Cardinale Robert Sarah, Presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, che si trova in questi giorni nell'isola caraibica per portare l'incoraggiamento e una donazione del Papa alle vittime del sisma.

    Nel messaggio, Benedetto XVI assicura agli haitiani le sue preghiere e la sua vicinanza, e vuole dare loro “una parola di speranza nella situazione presente particolarmente difficile”.

    “E' ora di ricostruire non solo le strutture materiali, ma soprattutto la convivenza civile, sociale e religiosa”, esorta il Papa, auspicando che il popolo di Haiti “sia il primo protagonista della sua storia attuale e del suo futuro”.

    Allo stesso tempo, esprime la fiducia nel fatto che continueranno a giungere “gli aiuti internazionali offerti con grande generosità, attraverso aiuti economici e di volontari provenienti da tutto il mondo”.

    Dal canto suo, a Roma, il Cardinal Bertone ha affermato nella sua omelia che questo primo anniversario del terremoto è stato “l'occasione per manifestare vicinanza a tutti gli haitiani, in particolare a quelli che si trovano ad affrontare l'epidemia di colera diffusasi in maniera drammatica nelle ultime settimane”, ricorda “L'Osservatore Romano”.

    La risposta solidale ad Haiti non può limitarsi all'emergenza iniziale, ma deve diventare un progetto stabile e concreto, ha sottolineato il porporato.

    Il Cardinale ha anche voluto far giungere da parte della Chiesa “una parola di conforto per i numerosi defunti: essi sono vivi in Dio e attendono dai congiunti e dai connazionali una testimonianza di coraggio e di speranza”.

    Nel ricordo delle vittime, ha affermato, “deve sorgere un rinnovato impegno di vita, aggrappandosi a ciò che non muore mai e che il tremendo terremoto non ha potuto distruggere: l'amore”, ha concluso.

    Alla Messa erano presenti, tra gli altri, i Cardinali Giovanni Battista Re e Bernard Francis Law, nonché l'ambasciatore di Haiti presso la la Santa Sede, Carl-Henri Guietau.

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    00 14/01/2011 01:04
    Il Papa nomina il suo primo rappresentante non residente per il Vietnam
    Monsignor Girelli, anche Nunzio a Singapore e delegato apostolico in Malaysia e Brunei



    CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 13 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha nominato “Rappresentante Pontificio non-residente” per il Vietnam, Nunzio Apostolico a Singapore e delegato apostolico in Malaysia e Brunei monsignor Leopoldo Girelli, finora Nunzio Apostolico in Indonesia, secondo quanto ha reso noto questo giovedì la Sala Stampa della Santa Sede.

    In questo modo, il Vietnam torna ad avere un delegato papale, anche se questo rappresentante non è Nunzio né i due Stati hanno stabilito pienamente le relazioni diplomatiche interrotte nel 1975 dopo l'occupazione di Saigon da parte delle forze dell'esercito comunista.

    Il nuovo rappresentante pontificio per Vietnam, Singapore, Malaysia e Brunei è nato a Predore, nella Diocesi di Bergamo, il 13 marzo 1953 ed è stato ordinato sacerdote il 17 giugno 1978.

    Laureato in Teologia, è entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede il 13 luglio 1987 e ha prestato servizio nelle rappresentanze pontificie in Camerun e Nuova Zelanda, così come nella sezione per gli Affari Generali della Segreteria di Stato e nella Nunziatura Apostolica negli Stati Uniti.

    Il 13 aprile 2006 è stato nominato Nunzio Apostolico in Indonesia con dignità di Arcivescovo. Il 16 ottobre di quell'anno gli è stata assegnata anche la Nunziatura di Timor Est.

    Soddisfazione del Papa

    Il Papa ha espresso la sua “soddisfazione” per questa nomina nel discorso che ha offerto questo lunedì al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede.

    Finora, il Vietnam era uno dei pochi Paesi a non mantenere relazioni diplomatiche con la Santa Sede, come la Repubblica Popolare Cinese.

    L'introduzione di questa figura rappresenta un primo passo per approfondire le relazioni tra la Santa Sede e il Vietnam, così come i vincoli della Santa Sede con la Chiesa locale di questo Paese asiatico.

    Giunge dopo due incontri del Gruppo di lavoro congiunto tra Vietnam e Vaticano dedicato alla normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra i due Stati.

    Negli ultimi anni, inoltre, delegazioni delle due parti hanno compiuto varie visite, tra cui quella del Primo Ministro vietnamita Nguyen Tan Dung in Vaticano nel 2007 e l'incontro del Presidente Nguyen Minh Triet con Benedetto XVI l'11 dicembre 2009, durante la prima visita di un Presidente vietnamita in Vaticano dal 1975.

    Nonostante i miglioramenti della situazione in Vietnam, vari gruppi religiosi continuano a subire repressione, secondo il Rapporto Internazionale sulla Libertà Religiosa 2010 del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti.

    Negli ultimi mesi, ad esempio, alcuni funzionari governativi hanno usato la forza contro un gruppo di fedeli che protestava per la chiusura del cimitero della parrocchia cattolica di Con Dau.

    Il Governo ha anche confiscato alcuni terreni di istituzioni cattoliche, ha ritardato nell'approvare il registro delle congregazioni protestanti e ha continuato a non concedere il permesso per la traduzione della Bibbia in h’mong, nonostante un'attesa di 5 anni.

    In Vietnam, la Chiesa cattolica ha circa sei milioni di fedeli su una popolazione di 90 milioni di abitanti.

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    00 14/01/2011 15:40
    Giovanni Paolo II verrà beatificato il primo maggio 2011
    Riconosciuta come miracolosa la guarigione di suor Marie Pierre Simon



    ROMA, venerdì, 14 gennaio 2011 (ZENIT.org).- A sei anni dalla morte, avvenuta il 2 aprile del 2005, Papa Giovanni Paolo II sarà beatificato il primo maggio di quest'anno, nella II Domenica di Pasqua, della Divina Misericordia, durante un rito presieduto da Benedetto XVI.

    Lo ha annunciato questo venerdì il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, una volta resa nota l'approvazione del decreto sul miracolo attribuito all'intercessione di Karol Wojtyla. Il miracolo in questione è legato a suor Marie Pierre Simon, religiosa dell'Institut des Petites Soeurs des Maternitès Catholiques, che il 2 giugno 2005, vicino a Aix-en-Provence, è guarita improvvisamente e in modo scientificamente inspiegabile dal morbo di Parkinson.

    La causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni Paolo II ha avuto la dispensa da parte di Benedetto XVI del tempo di cinque anni di attesa dopo la morte prescritti dal Diritto canonico. Lo stesso Papa polacco aveva derogato per la prima volta a questa norma, consentendo l'immediato avvio del processo canonico per madre Teresa di Calcutta, morta nel 1997 e beatificata nel 2003.

    Il provvedimento della dispensa, spiega una nota diffusa dalla Sala Stampa vaticana, “fu sollecitato dall’imponente fama di santità, goduta dal Papa Giovanni Paolo II in vita, in morte e dopo morte. Per il resto furono osservate integralmente le comuni disposizioni canoniche riguardanti le Cause di beatificazione e di canonizzazione”.

    Il 2 aprile 2007 è iniziato il cammino del processo canonico presso la Congregazione delle Cause dei Santi che ha seguito le due tappe che scandiscono ogni causa di beatificazione: quella diocesana e quella romana.

    La prima riguarda l'inchiesta che il Vescovo competente istruisce per raccogliere tutti gli scritti del Servo di Dio e tutte le testimonianze e i documenti relativi alla sua vita, alle sue attività e virtù (teologali e cardinali) o al martirio.

    Mentre la seconda si svolge presso la Congregazione delle Cause dei Santi, dove gli atti di inchiesta vengono vagliati in via conclusiva ed esaminati con un meticoloso lavoro di profilo scientifico per accertare l'eroicità delle virtù, il martirio e i presunti miracoli.

    Una volta giunti a Roma gli atti del processo realizzato dalla diocesi, il Postulatore - monsignor Slawomir Oder - e i suoi collaboratori – sotto la direzione del Relatore, il padre domenicano Daniel Ols – si sono incaricati di redigere e di stampare la Positio, che comprende i volumi con le prove testimoniali e documentali e tutti gli atti giuridici, gli studi e i sommari.












    Card. Saraiva Martins: Wojtyla, un beato per credenti e non
    Il commento del porporato portoghese sulla beatificazione del Papa polacco

    di Chiara Santomiero



    ROMA, venerdì, 14 gennaio 2011 (ZENIT.org).- “La beatificazione di Karol Wojtyla sarà un evento di grande gioia perché è stato un uomo molto amato, dai credenti ma anche dai non credenti”. E’ quanto dichiarato a ZENIT dal Cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle cause dei santi dal 1998 fino alla morte di Giovanni Paolo II nel 2005.

    Questo venerdì la Sala Stampa vaticana ha dato notizia della promulgazione del decreto con il quale si riconosce il miracolo attribuito all’intercessione del Venerabile Servo di Dio Karol Wojtyla, atto che chiude l’iter verso la beatificazione annunciata per il prossimo 1° maggio in Vaticano.

    Ma perché è necessario il riconoscimento di un miracolo? “Si tratta di un sigillo, così possiamo definirlo – ha affermato Saraiva Martins – che Dio pone rispetto all’operato di un uomo o di una donna che hanno dimostrato con virtù eroica la fedeltà al Vangelo”. Per alcuni “l’eroismo giunge fino al martirio a causa della fede; per la maggior parte si tratta solo di rispondere fino in fondo alla propria umanità, in qualsiasi condizione di vita”.

    In altre parole “vivere l’ordinario in maniera straordinaria”. “Se avviene un miracolo grazie all’intercessione di qualcuno che viene invocato – ha spiegato Saraiva Martins – ciò significa che questi e Dio sono in comunione e questa è la santità”.

    Sono molti i ricordi personali che legano il Cardinale a Papa Wojtyla, “un uomo con tratti di larga umanità che la gente ha sentito molto vicino”. Più di tutto, però “impressionava la sua forte fede”.

    “Capitava – ha raccontato Saraiva Martins – che per motivi di lavoro fossi invitato a pranzo dal Papa il quale, prima di sedersi a tavola, passava nella cappella privata insieme ai suoi ospiti”. Qui “era capace di immergersi nella preghiera in maniera così profonda, totalmente preso nel suo rapporto con Dio anche solo per lo spazio di qualche minuto, che era di per se stessa una testimonianza evidente della sua santità”.



    La validità giuridica dei processi canonici è stata riconosciuta dalla Congregazione delle Cause dei Santi con il decreto del 4 maggio 2007.

    Nel giugno 2009, esaminata la relativa Positio, nove Consultori teologi del Dicastero - compreso il Promotore generale della Fede, monsignor Sandro Corradini - hanno espresso il loro parere positivo in merito all’eroicità delle virtù del Servo di Dio.

    Nel novembre successivo, la Positio è stata quindi sottoposta al giudizio dei Cardinali e Vescovi della Congregazione delle Cause dei Santi, che si sono espressi con sentenza affermativa.

    Il 19 dicembre 2009, poi, Benedetto XVI ha autorizzato la promulgazione del decreto sull'eroicità delle virtù di Giovanni Paolo II, proclamandolo “Venerabile”.

    Infatti, sebbene il riconoscimento di un miracolo (avvenuto solo post mortem, mai in vita) possa spianare la strada alla beatificazione – la prassi in uso dal 1975 deroga rispetto ai due miracoli previsti dal Codice di Diritto canonico del 1917 – non può tuttavia supplire a un eventuale difetto di prove sull'eroicità delle virtù.

    Infine, l'11 gennaio 2011, si è tenuta la sessione ordinaria dei Cardinali e dei Vescovi della congregazione delle Cause dei Santi, i quali hanno emesso un’unanime sentenza affermativa, ritenendo miracolosa la guarigione di suor Marie Pierre Simon.













    Padre Lombardi: Giovanni Paolo II, testimone della Misericordia
    L'editoriale di padre Federico Lombardi per “Octava Dies”




    ROMA, venerdì, 14 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Giovanni Paolo II è stato un testimone esemplare della Misericordia di Dio, per questo la Chiesa intende celebrare con gioia la sua beatificazione nel giorno in cui egli stesso ha voluto istituire la festa della Divina Misericordia.

    A dirlo è padre Federico Lombardi, S.I., Direttore della Sala Stampa vaticana, nell'ultimo editoriale per “Octava Dies”, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano.

    “Con l’approvazione da parte del Papa del decreto su un miracolo avvenuto per intercessione del Servo di Dio Giovanni Paolo II si apre la strada per la sua beatificazione – ricorda il portavoce vaticano –. La Chiesa riconosce cioè che Karol Wojtyla ha dato una testimonianza eminente ed esemplare di vita cristiana, è un amico e un intercessore che aiuta il popolo in cammino a rivolgersi a Dio e ad incontrarlo”.

    “Per quanto straordinarie, non sono quindi tanto le opere di Giovanni Paolo II ad attirare oggi la nostra attenzione, quanto la loro sorgente spirituale, la sua fede, la sua speranza, la sua carità”, spiega poi il gesuita.

    “Le opere sono da ammirare proprio perché sono espressione della profondità e dell’autenticità del suo rapporto con Dio, del suo amore per Cristo e per tutte le persone umane, a cominciare dai poveri e i deboli; del suo tenero rapporto filiale con la Madre di Gesù”.

    “Lo ricordiamo quindi nel suo profondo e prolungato raccoglimento in preghiera – continua –; nel suo desiderio di celebrare e annunciare Gesù redentore e salvatore dell’uomo, di farlo conoscere e amare dai giovani e da tutto il mondo; nel suo intrattenersi con affetto sui malati e i sofferenti, nel visitare i popoli più bisognosi di cibo e di giustizia; infine, nella sua paziente e verissima esperienza di personale sofferenza, di malattia vissuta nella fede, davanti a Dio e davanti a tutti noi”.

    “La sua vita e il suo pontificato – aggiunge padre Lombardi – sono stati percorsi dalla passione di far conoscere al mondo intero in cui egli è vissuto - il mondo della nostra drammatica storia al trapasso dei millenni - la consolante ed entusiasmante grandezza della misericordia di Dio: di questa il mondo ha bisogno”.

    “Perciò, giustamente, avremo la gioia di celebrare la beatificazione solenne nel giorno in cui egli stesso ha voluto che tutta la Chiesa rivolga il suo sguardo e la sua preghiera a questa Divina Misericordia”, conclude.



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    Un turbosanto que pasará a la historia con la sombra de la sospecha
    14.01.11 | 13:57. Archivado en Juan Pablo II

    Decepción. No tanto por el fondo, cuando por la forma de la subida a los altares de Juan Pablo II. Un Papa, al que a estas alturas, a nadie se le ocurre negarle un puesto en la historia. Y Quizás también, en los altares. Pero, a su debido tiempo. El Papa Magno no se merece esta turbobeatificación, rodeada de poémica, de sospechas y, quizás, de manchas. Flaco favor se le hace a él y a la institución. La Iglesia que vive y presume de jugar en la división del tiempo eterno, resulta que acorta plazos y se lanza a una carrera santificadora que sólo puede traer malas consecuencias. Ya se sabe que las prisas son malas consejeras y, en asuntos tan delicados como el de la santidad, pueden convertirse en un contrasentido, en un antiejemplo.

    Para esto, mejor que se vuelva a reimplantar el proceso de beatificación por aclamación. Al menos, sería el pueblo el artifice. De esta forma, queda comprometida también la figura del Papa actual. Porque él y sólo él es el ultimo responsable de la decisión.

    Es verdad que la "derecha católica" le presionaba de una forma atroz. Esa derecha, más ratzingeriana que el propio Ratzinger. pero sólo para lo que les conviene. Estos mismos días, mientras le urgía insistentemente a acelerar el proceso para el santo subito, también le reprochaba abiertamente a Benedicto XVI su convocatoria del encuentro interreligioso de Asís.

    Otros dicen que el Papa Ratzinger se ha visto obligado a dar su placet a la beatificación de su "amado" predecesor no sólo por las presiones de la "derecha católica", sino también para adelantarse a los eventuales acotecimientos y poner a salvo la figura del Papa polaco. Ya se sabe (y se comprobó con Escrivá) que, una vez que un personaje público sube a los altares, se torna cuasi inmune a las críticas y a las acusaciones.

    Pero eso era hace un par de décadas. Hoy, las cosas han cambiado. Y si surgen nuevas implicaciones, nuevas acusaciones, nuevas connivencias probadas del Papa Wojtyla con Maciel o con algún caso de pederastia, le va a salpicar igual. O más. Y para siempre. Y sin marcha atrás. Y con otro Papa comprometido en su autoridad.

    Difícil de explicar la decisión del Papa Ratzinger. ¿Habrá otras razones que sólo él sabe y no puede ni debe explicitar públicamente? ¿Como es posible que el Papa barrendero de Dios, comprometido con la limpieza a fondo de la Iglesia y de las hipotecas del pasado más reciente, eleve a los altares a su predecesor, al que se acusa ya (y, al parecer, con pruebas) de al menos saber (cuando no de favorecer) al "profeta de la maldad" de Marcial Maciel?

    Tristeza y decepción. Lo que, dentro de 10 o 15 años, podría ser una fiesta universal de gozo y esperanza en memoria del Papa Magno, se va a covertir en una solemnidad gozosa para unos y triste para otros. Una vez más, un turbosanto que pasará a la historia con la sombra de la sospecha.

    José Manuel Vidal



    Condivido e non capisco la fretta per questa beatificazione discussa. Caro, papino, solo tu sai quello che fai...
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    00 15/01/2011 00:58
    La salma di Giovanni Paolo II sarà traslata nella Basilica Vaticana


    CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 14 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Saranno traslate dalle Grotte alla Basilica Vaticana le spoglie di Giovanni Paolo II, secondo quanto informato dalla Santa Sede questo venerdì, nel giorno in cui è stata annunciata la data della betificazione del Papa polacco.

    In occasione della beatificazione del Pontefice, infatti, ne è stata decisa la collocazione nella cappella di San Sebastiano all'altare del beato Innocenzo XI, situata nella navata destra della basilica, tra le cappelle della Pietà e del Santissimo Sacramento.

    “La traslazione della bara avverrà senza esumazione: quindi il corpo di Papa Wojtyla non sarà esposto, ma si troverà in un vano chiuso da una semplice lapide di marmo con la scritta: Beatus Ioannes Paulus II”, ha rivelato “L’Osservatore Romano” nell’edizione italiana.









    Il miracolo che ha spianato la via alla beatificazione di Woityla
    Una religiosa francese guarita improvvisamente dal Parkinson



    ROMA, venerdì, 14 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Il Cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, ha confermato questo venerdì che il miracolo riconosciuto da Benedetto XVI come attribuito alla intercessione di Giovanni Paolo II è la guarigione dal Parkinson di una religiosa francese.

    E' il caso di suor Marie Simon Pierre (il nome di battesimo è Marie-Pierre), dell'Institut des Petites Soeurs des Maternitès Catholiques, nata nel 1961 a Rumilly-en-Cambrésis.

    Secondo quanto dichiarato dal Cardinale Amato, “la malattia fu diagnosticata nel 2001 dal medico curante e anche da altri specialisti. La suora ricevette le cure relative, che ovviamente più che guarirla, ne attenuavano in parte i dolori”.

    “Alla notizia della scomparsa di Papa Karol Woityla, affetto dallo stesso morbo, suor Marie e le consorelle iniziarono a invocare il defunto Pontefice per la guarigione”, ha aggiunto il porporato.

    “Il 2 giugno 2005, stanca e oppressa dai dolori, la religiosa manifesta alla Superiora l’intenzione di voler essere esonerata dal lavoro professionale. Ma la superiora la invita a confidare nella intercessione di Giovanni Paolo II. Ritiratasi, la suora passa una notte tranquilla. Al risveglio si sente guarita. Sono scomparsi i dolori e non sente alcun irrigidimento nelle articolazioni”.

    “Era il 3 giugno 2005, festa del Sacro Cuore di Gesù. Interrompe subito la cura e si reca dal medico curante, il quale non può che constatarne la guarigione”, ha ricordato il Cardinale salesiano.


    Sebbene Benedetto XVI abbia concesso la dispensa dai cinque anni di attesa necessari prima dell'istruzione della causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni Paolo II, il suo processo canonico non ha avuto “né sconti, né facilitazioni”, ha precisato questo venerdì durante un briefing padre Federico Lombardi, Direttore della Sala Stampa vaticana.

    Il Cardinale Amato ha spiegato che “per onorare degnamente la memoria di questo grande Pontefice, la causa è stata sottoposta a uno scrutinio particolarmente accurato, per fugare ogni dubbio e superare ogni difficoltà”.

    L'inchiesta diocesana sull'inspiegabile guarigione di suor Marie Simon Pierre è stata realizzata nel 2007 dall'arcidiocesi di Aix-en-Provence, dove si trova il reparto maternità in cui lavorava all'epoca la religiosa.

    Il Postulatore della causa di beatificazione di Karol Wojtyla, il sacerdote polacco mons. Slawomir Oder, ha spiegato che il caso di suor Marie Simon Pierre è stato scelto tra i molti altri di cui era giunta segnalazione per due ragioni: primo perché è legato alla malattia che aveva colpito lo stesso Papa; secondo perché dopola guarigione la religiosa è tornata a dedicare la sua vita al reparto maternità continuando così la sua “battaglia per la dignità della vita". La stessa battaglia per la quale si era speso senza riserve anche il Pontefice polacco.

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