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Viaggi pastorali in Italia

Ultimo Aggiornamento: 06/10/2012 20:47
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03/05/2010 21:02
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Grande folla per Ratzinger a Torino

Il Papa: "Sono vicino ai disoccupati"

Il Pontefice celebra messa in piazza,
poi prega di fronte alla Sindone e incontra i giovani. La città in festa
torino
Il cielo è stato per tutto il giorno plumbeo, con nuvole gonfie di pioggia, ma Torino si è scaldata e illuminata per la visita pastorale di Benedetto XVI. Un pontefice mancava in città dal ’98, quando venne Giovanni Paolo II, e i torinesi e molti altri fedeli venuti da fuori, hanno accompagnato con emozione e curiosità le tappe in città del suo successore.

Felici di un fugace saluto lungo il percorso in città a bordo della "Papamobile", o emozionati per una vicinanza più lunga, in piazza San Carlo, durante la messa del mattino o l’incontro con i giovani nel pomeriggio. «Una giornata storica per Torino e per il Piemonte», commenta il neo governatore della Regione Piemonte, Roberto Cota. «Questa è la città dell’accoglienza», aggiunge il sindaco del capoluogo piemontese, Sergio Chiamparino, che nel suo saluto al pontefice in piazza San Carlo ha citato la lunga tradizione dei santi sociali piemontesi. I due appuntamenti di piazza hanno radunato decine di migliaia di persone: 50 mila per la messa, seguita anche su sei maxi-schermi allestiti nel centro cittadino, 15 mila i giovani che hanno applaudito il papa, incuranti della pioggia sempre più intensa.

La giornata torinese di Benedetto XVI, iniziata con l’arrivo poco dopo le 9.00 all’aeroporto di Caselle, ha avuto anche momenti più raccolti, in Duomo, dove ha meditato sostando davanti alla Sindone, e alla Piccola Casa della Divina Provvidenza-Cottolengo, un simbolo della solidarietà. Tra un impegno e l’altro, Benedetto XVI, ha trascorso anche qualche ora lontano dalla folla: nel palazzo dell’Arcivescovado ha pranzato con i vescovi piemontesi, un pasto frugale - hanno raccontato alcuni commensali - prima di un breve riposo e del saluto a ospiti illustri. Alla Curia sono arrivati il presidente della Fiat John Elkann, accompagnato dalla moglie Lavinia Borromeo, il presidente della Telecom Gabriele Galateri di Genola, l’imprenditore Marco Boglione, i principi di casa Savoia e molti altri esponenti del mondo economico e finanziario della città, i parenti dell’arcivescovo di Torino, cardinale Severino Poletto.

Sorridente, per nulla affaticato nonostante gli impegni, Papa Ratzinger si è detto «soddisfatto» della visita al Comitato organizzatore dell’Ostensione che ha salutato all’uscita dal Duomo di San Giovanni. «Era contento - riferisce il presidente del Comitato, Fiorenzo Alfieri - in particolare del clima di raccoglimento e preghiera che si respirava stamani in piazza San Carlo. Torino - aggiunge sorridendo - ha fatto una buona impressione al Santo Padre». Non tutti, però, hanno accolto con entusiasmo il Papa: un gruppetto di Radicali ha appeso un cartello ’Libera Chiesa in libero Statò, sull’obelisco che ricorda le leggi Siccardi, per protestare «contro le ingerenze e le direttive della Chiesa» e qualche decina di anarchici e autonomi ha organizzato una festa anti-clericale, in piazza Madama Cristina, lontano comunque dai luoghi di visita di Benedetto XVI.

Davanti alla Sindone, il telo che - secondo la tradizione - avvolse il corpo di Gesù dopo la croce, il Papa ha parlato del nascondimento di Dio, di una umanità oscurata dagli orrori del XX secolo ma anche di quelli di oggi; ha sollevato il tema della morte e della sensazione spaventosa di abbandono e confessa che, col passare degli anni, si sente «più sensibile» al messaggio della sacra icona. Anche perchè, stavolta, è venuto a renderle omaggio come «Successore di Pietro», portando nel suo cuore la Chiesa e l’umanità. La preghiera in ginocchio davanti alla teca illuminata del lino che riprodurrebbe il volto e il corpo martoriati di Cristo, nel duomo di Torino, è stato il momento centrale della visita di undici ore. Altri avvenimenti e altri discorsi hanno però arricchito una giornata particolarmente intensa: dall’appello rivolto ai politici, durante la messa mattutina in Piazza San Carlo, perchè perseguano sempre il «bene comune», alla solidarietà espressa ai disoccupati, ai precari e agli immigrati.

Poi l’incontro con i giovani, a cui ha chiesto di non vivacchiare, ma di compiere scelte definitive, e la commovente sosta tra i malati del Cottolengo, esortati da lui a non sentirsi estranei al mondo. Benedetto XVI ha pregato davanti alla Sindone. Qui papa Benedetto XVI ha confessato di essere diventato, con il passare degli anni, ancor più sensibile al «messaggio di questa straordinaria icona», simbolo del Sabato santo, del «nascondimento di Dio», ma anche prefigurazione della sua resurrezione. Ratzinger ha spiegato come tutti abbiano sentito la sensazione «spaventosa di abbandono» della morte. «Gesù Cristo - ha detto - rimanendo nella morte, ha oltrepassato la porta di questa solitudine umana per guidare anche noi a oltrepassarla con Lui». La Sindone,inoltre, ha spiegato, è un’icona che interpella, in tutta la sua attualità, l’umanità oscurata dalle guerre, dalle violenze, e in particolare dagli orrori del secolo scorso, dai lager ai gulag, da Hiroshima a Nagasaki.

Nella messa mattutina, nel "salotto buono" di Piazza San Carlo, il pontefice si era soffermato su temi più sociali. «So che anche a Torino non mancano difficoltà, problemi, preoccupazioni: penso, in particolare - aveva detto - a quanti vivono concretamente la loro esistenza in condizioni di precarietà, a causa della mancanza del lavoro, dell’incertezza per il futuro, della sofferenza fisica e morale; penso alle famiglie, ai giovani, alle persone anziane che spesso vivono la solitudine, agli emarginati, agli immigrati». In serata la tappa tra i sofferenti estremi del Cottolengo è stato l’ultimo, simbolico, impegno. Poi poco prima delle 20:00 la ripartenza per Roma, in aereo da Caselle.

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IL PRANZO UFFICIALE IN CURIA

Non solo aranciata, il Papa brinda con il Moscato

Menù rigorosamente piemontese per i 40 ospiti divisi in tavoli secondo la gerarchia vaticana

FEDERICO MONGA

TORINO

All’ingresso della Sala del Camino in Arcivescovado c’era il tabellone, come ai matrimoni, con i posti assegnati: 39 nomi, ma non quello del Pontefice. La lunga giornata torinese prevedeva anche, come recita il frontespizio del menù in cartoncino color crema, un «Pranzo offerto dal Cardinale Severino Poletto a Sua Santità Benedetto XVI in occasione della visita per l’Ostensione della Sindone». Organizzazione Ascom e Camera di Commercio, servizio del ristorante Marco Polo di Carlo Nebiolo che, sull’evento, si limita a raccontare la sua felicità ma anche la sua grande preoccupazione: «Stanotte non ho dormito, alle 6,30 siamo partiti con piatti, cucina e vettovaglie».
Quaranta ospiti: parte delle alte sfere vaticane, dal Segretario di Stato Tarcisio Bertone, al decano del Sacro Collegio, il cardinal Angelo Sodano, al Nunzio Apostolico Giuseppe Bertello al segretario particolare del Papa, padre Georg, al direttore dell’«Osservatore Romano» Gian Maria Vian.
Otto cardinali, 34 vescovi. Tutti seduti in quattro tavoli, addobbati con fiori bianchi e gialli, sottopiatti e posate d’argento e bicchieri in cristallo di Boemia. Buffet in piedi, sotto due tendoni nel cortile della Curia, per altre sessanta persone della gendarmeria e della Radio Vaticana. Venticinque camerieri, uno tutto per il Pontefice che, raccontano, sta molto attento a non macchiarsi tanto da mangiare con il tovagliolo al collo e da scostarsi ad ogni arrivo di vassoio. Dieci cuochi hanno posizionato quattro «punti fuoco mobili» in una stanza a fianco con tanto di ventilatore e finestra aperta per allontanare i fumi della cucina.
Cardinali e vescovi hanno atteso Benedetto XVI prendendo l’aperitivo. Una ventina di pasticcini salati: il bacio di dama al pathé di olive, uno chantilly al rafano e le bignole al formaggio. Un applauso ha accolto l’arrivo del Santo Padre che si è accomodato a un tavolo da 9 con a fianco il cardinal Poletto da una lato e Tarcisio Bertone, ottima forchetta raccontano i vaticanisti, dall’altra.
«Il Papa», fanno filtrare dagli ambienti della Curia «è rimasto entusiasta». Del menù ha rinunciato solo alle cipolline brasate che accompagnavano il bue al Barolo. Apprezzati, fino all’ultimo cucchiaino, i dolci: le ganache di cioccolato su cialda croccante di mandorle, la meringa con fragoline fresche e lo zabajone tiepido al moscato.
Prima, d’antipasto, la sottilissima di polipo con erbetta cappuccina e pomodori pachino e i classicissimi agnolotti del plin al sugo d’arrosto. Come bevanda l’amata aranciata e solo un bicchiere di Moscato d’Asti con i dessert. Per gli altri tutto Angelo Gaja, il preferito di Sodano: Rossi Bass del 2007 e Barbaresco del 2005, in edizione limitata a 130 bottiglie con retro-etichetta ricordo e autografo del grande produttore langarolo.
Dopo un breve discorso, e l’incontro di Papa Ratzinger con cuochi e camerieri per complimentarsi e donare un rosario, l’organizzazione è ripartita a spron battuto. Mezz’ora per sparecchiare, togliere i tavoli, pulire, spazzare e riorganizzare la sala per l’udienza papale del primo pomeriggio. A fianco del camino un sedia importante - c’è chi giura, ma non ci sono conferme, sia una della sala del consiglio Ascom ritappezzata in bianco alla bisogna - per il Santo Padre e lungo i lati i posti per i fedeli. Tra gli altri anche il Presidente della Fiat John Elkann e con la moglie Lavinia, il presidente della Fondazione Crt Andrea Comba, il presidente della Camera di Commercio Alessandro Barberis, il notaio Antonio Maria Marocco e consorte, Marco Boglione, i vertici Ascom Maria Luisa Coppa e Nebiolo, e i «vivandieri» del vaticano Angelo e Luisa Gaja.

© Copyright La Stampa, 3 maggio 2010


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"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
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Benedetto XVI svela il valore della Sindone
La sua corrispondenza con il racconto della Passione nei Vangeli

di Jesús Colina


CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 3 maggio 2010 (ZENIT.org).- La visita di Benedetto XVI a Torino, questa domenica, è servita a far sì che i cristiani comprendano meglio il valore della Sacra Sindone.

Il Pontefice non ha usato il termine "reliquia". Nella sua meditazione davanti al sudario ha parlato invece di "icona scritta col sangue" "in tutto corrispondente a quanto i Vangeli ci dicono di Gesù".

Il Santo Padre non ha parlato in alcun momento degli studi scientifici sulla datazione della tela, che in alcuni ambienti suscitano polemiche. Come aveva spiegato il Cardinale Severino Poletto, Arcivescovo di Torino, la fede dei cristiani nella resurrezione di Gesù non dipende da questo lenzuolo, che secondo la tradizione ha avvolto il corpo di Cristo nel Santo Sepolcro.

Padre Federico Lombardi S.I., direttore della Sala Stampa della Santa Sede, aveva già spiegato nell'ultimo editoriale di "Octava Dies", settimanale del Centro Televisivo Vaticano, il motivo per il quale il Papa presenta questo lenzuolo di più di quattro metri come un'"icona".

"Non è tanto l'origine misteriosa di questa immagine ad attrarre, quanto la sua rispondenza impressionante, in numerosissimi particolari, al racconto della Passione di Cristo dei Vangeli: le piaghe, il sangue colato, le ferite della corona di spine, i colpi dei flagelli", constatava.

"E al centro il volto solenne del crocifisso, un volto che corrisponde agli schemi più antichi dell'iconografia cristiana e a sua volta la conferma e la ispira", affermava padre Lombardi.

Visitando il 24 maggio 1998 la Cattedrale di Torino, neanche Giovanni Paolo II aveva parlato della Sacra Sindone come di una reliquia, ma piuttosto come di una "provocazione all'intelligenza" per gli interrogativi che pone ai ricercatori, così come di "specchio del Vangelo", per la sua capacità di riflettere i segni visibili della Passione e morte di Cristo.

Le meditazioni dei due Pontefici si sono unite per offrire ai milioni di pellegrini che visitano la Sacra Sindone dal 10 aprile al 23 maggio il suo profondo valore, indipendentemente dagli studi scientifici che alcuni esperti rivendicano per continuare a chiarire i dubbi.

"Come parla la Sindone?", si è chiesto il Papa. "Parla con il sangue, e il sangue è la vita! La Sindone è un'Icona scritta col sangue; sangue di un uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso e ferito al costato destro".

"Ogni traccia di sangue parla di amore e di vita. Specialmente quella macchia abbondante vicina al costato, fatta di sangue ed acqua usciti copiosamente da una grande ferita procurata da un colpo di lancia romana, quel sangue e quell'acqua parlano di vita. E' come una sorgente che mormora nel silenzio, e noi possiamo sentirla, possiamo ascoltarla", ha concluso.

In questo modo, ha osservato padre Lombardi, i pellegrini che accorrono a Torino hanno un obiettivo molto specifico: "Desideriamo conoscere Dio e lo possiamo conoscere attraverso il volto di Cristo".

04/05/2010 19:00
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“Non sentitevi estranei alle sorti del mondo”

MARIA TERESA MARTINENGO

È nella sofferenza di Bogdan, ragazzino che la sua mamma tiene in braccio come un neonato - insieme sembrano una Madonna col bambino -, che Papa Benedetto incontra la «Passio Hominis».
È appena uscito dal Duomo dove ha venerato il Telo con i segni impressionanti delle sofferenze di Cristo. Ed ora, nella chiesa della Piccola Casa della Divina Provvidenza, incontra il dolore dell’uomo senza volto.
Lo incontra nello sguardo smarrito di Maria Luisa, madre di due bambini, accompagnata in chiesa dal reparto di oncologia dell’ospedale Cottolengo, lo incontra nel saluto di Vito, nato senza gambe e senza braccia, che alla Piccola Casa sorveglia gli alunni della scuola durante l’intervallo.
La sofferenza dell’uomo il Papa la incontra nei baci che riceve sulle guance da Angela.
«Ha baciato il Papa...». Ma è uno stupore che dura un attimo. Solo chi osserva «da visitatore» ciò che accade nella chiesa del Cottolengo può sorprendersi di quei baci. Suor Maria Teresa, giovane e vivace, racconta: «Angela è entrata alla Piccola Casa quando aveva 7 anni, ora ne ha 69. È cieca, sorda e muta, comunica soltanto con suor Giancarla attraverso pressioni sulla mano». Suor Giancarla le ha spiegato che la persona che ha davanti è il Papa e lei al Papa dimostra il suo entusiasmo nell’incontrarlo.
L’entusiasmo è il sentimento che segna l’ultima mezz’ora di Benedetto XVI a Torino, tra i malati, gli anziani, i disabili, le suore, i preti, i fratelli, le infermiere, le assistenti, i volontari e gli alunni della scuola dell’opera del Cottolengo. Con le suore che applaudono e lo acclamano come fan di una rockstar, con i bambini in piedi sulle panche. Don Aldo Sarotto, superiore generale, la madre generale Giovanna Massè e il fratello generale Giuseppe Meneghin sono andati ad accogliere il Papa sulla porta della chiesa (tutto avviene sotto la regia di don Carmine Arice, con una straordinaria naturalezza) e, dopo il momento di raccoglimento davanti all’urna del Santo, lo hanno scortato - con il seguito di vescovi e cardinali - attraverso un applauso che sembra non finire mai. I bambini della scuola alzano i cartelli, c’è chi sventola le bandiere. E le cento persone in carrozzina davanti al presbiterio lo cercano almeno con gli occhi. Nella chiesa inondata di calda luce dorata, il mondo della carità creato dal santo che Papa Benedetto ha citato ad esempio ancora pochi giorni or sono dimostra affetto e riconoscenza, lo abbraccia. «Le diamo il benvenuto, Santo Padre - dice don Sarotto - la Piccola Casa è una grande famiglia che, pur tra le difficoltà dovute ai motivi più diversi, prova gioia nel vivere secondo l’insegnamento del suo santo fondatore...».
Benedetto XVI risponde. «Recupero della dignità personale per San Giuseppe Benedetto Cottolengo - dice il papa nel suo discorso - voleva dire ristabilire e valorizzare tutto l’umano: dai bisogni fondamentali psico-sociali a quelli morali e spirituali, dalla riabilitazione delle funzioni fisiche alla ricerca di un senso per la vita, portando la persona a sentirsi ancora parte viva della comunità ecclesiale e del tessuto sociale. Siamo grati a questo grande apostolo della carità». Poi: «Tutti voi che siete qui, ciascuno per la propria parte: non sentitevi estranei al destino del mondo, ma tessere preziose di un bellissimo mosaico che Dio, come grande artista, va formando giorno per giorno anche attraverso il vostro contributo... ».
Poi è il momento dell’incontro personale con Vito, Angela, Maria Luisa, che ha il cuore in gola per l’emozione. È il momento dei doni, della tovaglia, delle stole ricamate. E delle parole sussurrate all’orecchio: «Il Papa pregherà per tutti gli ammalati».

© Copyright La Stampa (Torino), 3 maggio 2010


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PAPA: CARD. POLETTO, TORINO HA RISPOSTO IN MODO STRAORDINARIO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 3 mag.

"La risposta di Torino, la partecipazione non solo agli eventi, ma lungo la strada del percorso del Papa dimostra che la visita di Bendetto XVI ha rappresentato un evento di grazia". Lo afferma il card. Severino Poletto ai microfoni della Radio Vaticana.
"Il Papa stesso - spiega riferendosi alla presenza complessiva di oltre 70 mila persone ai vari incontri e di altre decine di migliaia al passaggio della papamobile - si meravigliava nel vedere nel pomeriggio, durante gli spostamenti, quando ad un certo punto e' anche piovuto, la massa di gente che c'era lungo le strade dove lui passava". Secondo l'arcivescovo, "questa risposta di Torino indica che tutti hanno avvertito che la venuta del Santo Padre e' stato il momento piu' forte di tutte le sei settimane dell'ostensione.
Poi, le varie tappe sono state un crescendo, oserei quasi dire di annunci, di messaggi, d'idee, riflessioni che il Papa ha proposto e che ci hanno condotto a leggere l'evento della Sindone come un'occasione grande di rinnovamento della vita cristiana e di attenzione ai sofferenti, ai poveri, ai problemi della citta'". La visita, rileva l'arcivescovo di Torino, "lascia una percezione di vicinanza della citta' al Papa e del Papa a questa citta'. Il ricordo che rimane quello e' di un Papa che si e' messo dentro la citta', oserei quasi dire che si e' fatto cittadino di Torino e si e' fatto pastore di una comunita' cristiana forte, generosa. Ha lodato la laboriosita' e l'impegno pastorale dei sacerdoti, perche' proprio cosi' e' il clero di Torino". E d aparte sua "Torino ha sentito il Papa vicino e si e' dimostrata vicina al Papa. Una citta' che ama il Papa e che si stringe vicino a lui, anche nei momenti in cui lui ha delle responsabilita' e dei problemi da affrontare e che ha sentito il Papa vicino con il cuore, con la parola, con l'affetto, con l'abbraccio, alle proprie realta' e ai propri problemi".
"Mentre in papamobile tornavamo verso il vescovado, dopo la messa in piazza San Carlo, il Santo Padre - rivela Poletto - ha definito stupenda per il raccoglimento e per i bei canti questa celebrazione vissuta con fede da una massa cosi' enorme di persone. Normalmente - aggiunge l'arcivescovo - si sente brusio, gente che si muove, e invece no, c'era un silenzio tale che sembrava di essere veramente ad una celebrazione nel contesto di un corso di esercizi".
Commentando poi la meditazione del Papa davanti alla Sindone, il card. Poletto sottolinea "il richiamo alle vicende del secolo scorso: la bomba atomica, Hiroshima e Nagasaki, i gulag e i campi di concentramento, la Shoah, tutto quello che poi e' stato letto da tanti come un silenzio di Dio. Ma il Papa ha voluto mettere in evidenza come il silenzio di Dio sia illuminato dalla luce della resurrezione e la luce della resurrezione, fatta riflettere in retrospettiva sulle vicende precedenti, ha illuminato di significato profondo la sofferenza, l'abbandono, anche l'esperienza spirituale di un silenzio di Dio, che tace non perche' ci abbandona, ma perche' vuole che noi, attraverso una purificazione totale che il sacrificio di Cristo ci offre, che e' la sofferenza e la morte, giungiamo alla gloria della resurrezione". Per Poletto, "e' stato molto bello anche il fatto che il Papa abbia accennato al sangue: la Sindone e' un negativo fotografico, che sviluppata diventa un positivo. Allora, anche la nostra vita ha un positivo e ha un negativo: ha una gioia e ha una sofferenza. Percio' lui dice: 'Guardate nella Sindone il segno del sangue, il sangue che e' il simbolo della vita nella Bibbia'". E dopo la venerazione della Sindone il Papa si e' recato al Cottolengo, "qui, prima di tutto, ha colpito l'abbraccio che gli ospiti di questa struttura hanno rivolto spontaneamente, riccamente, a cuore aperto al Santo Padre".

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04/05/2010 19:08
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BAGNO DI FOLLA PER LA VISITA A TORINO

Il Papa davanti al volto del Mistero
Alla «sorgente» della Sindone


DAL NOSTRO INVIATO A TORINO

MARINA CORRADI

Le porte del Duomo sono spalancate. Da fuori entra il fruscio della pioggia e l’eco, dai maxischermi, dei canti dei ragazzi in piazza San Carlo. Ma dentro c’è silenzio. Gli anziani canonici della cattedrale e 180 monache di clausura venute dai monasteri di tutto il Piemonte siedono immobili, aspettando il Papa . Davanti a loro, sull’altare centrale, la Sindone. Gli occhi delle monache fissi su quel telo, sull’impronta di quel corpo martoriato.
Ne contemplano la faccia, il costato, le mani – ritornano al volto. Molte sono anziane, da tutta la vita in clausura: forse, la Sindone non l’hanno mai vista. È denso tanto che pare si possa toccarlo quel silenzio claustrale, mentre si attende il Papa.
Guardi le suore, alcune sembrano avere più di novant’anni; una, in carrozzella, piccola e come prosciugata dal tempo, potrebbe averne anche cento. Guarda la Sindone e ha sulla faccia l’ombra di un sorriso. Come dicesse: «Eccoti», a un amore per tanto tempo atteso e cercato.
Benedetto XVI arriva da piazza San Carlo, ha ancora addosso la festosità dei ragazzi, e negli occhi le loro facce ridenti. Entra e va a inginocchiarsi insieme al cardinale Poletto davanti al crocifisso. Si alza, ora è di fronte alla Sindone. Si inginocchia ancora, solo. Il Duomo è muto, attorno. Cinque lunghi minuti di perfetto silenzio, intonso quanto, prima, quello delle monache. Anche gli occhi del Papa fissi sull’impronta di quel corpo; gli occhi spalancati a guardare, a riconoscere ad una ad una le ferite. È come un faccia a faccia; è un incontro. Infine, il Papa si alza, e si volta verso di noi.
Sono già stato qui una volta, dice, ma questa volta attendevo molto questo momento: «Forse perché il passare degli anni mi rende ancora più sensibile al messaggio di questa straordinaria icona» (già, il passare degli anni, quell’invecchiare che fa vedere ogni cosa più in profondità: lo sanno bene i canonici e le monache qui in Duomo); «e direi soprattutto – aggiunge Benedetto XVI – perché sono qui come successore di Pietro, e porto nel mio cuore tutta la Chiesa, anzi tutta l’umanità ». L’intera Chiesa dunque portata davanti alla Sindone, dal Papa – l’intera Chiesa, e l’umanità tutta, presentata in cinque minuti di silenzio dal successore di Pietro in ginocchio.
Che cosa legge il Papa in quel lino dove l’impronta di un uomo crocifisso è stampata, ma come lievemente, e inspiegabilmente l’immagine si fa più netta nei negativi fotografici? «È un telo sepolcrale, che ha avvolto la salma di un uomo crocifisso, in tutto corrispondente a quanto i Vangeli ci dicono di Gesù», afferma. Ci offre l’immagine «di com’era il suo corpo disteso nella tomba durante quel tempo », aggiunge. E su quel tempo, cronologicamente così breve, un giorno e mezzo, si sofferma e incide la sua meditazione il Papa.
Su quel tempo breve «ma immenso, e infinito». Il giorno in cui «Dio morì nella carne e scese a scuotere il regno degli inferi». Il «giorno del nascondimento»; e pare di avvertire, nella penombra Duomo, la drammaticità di quel lungo istante in cui il creato rimase come in sospeso, in bilico sul nulla, aspettando che il suo Signore tornasse dalla morte: dagli abissi, dal fondo del buio.
La Sindone, icona del Sabato Santo. Benedetto XVI, il Pontefice tedesco che conobbe il nazismo (quali, delle rughe della sua faccia, vengono dai ricordi di quegli anni di adolescenza e di guerra?) sa molto bene quanto il nascondimento di Dio faccia parte della spiritualità contemporanea: «In maniera esistenziale, quasi inconscia, come un vuoto nel cuore ». Sa bene come il Nietzsche che cita, quello che scrisse che Dio è morto, abiti anche in noi, e come l’oscurità del XX secolo ancora e profondamente ci riguardi.
«E tuttavia...». Una delle ultime frasi del Papa inizia così. E tuttavia quel sudario, immagine apparente di pura morte, «ha un aspetto opposto ». Singolarmente, nota il Papa , la Sindone si comporta come un documento fotografico, dotato di un positivo e di un negativo. Nel negativo l’immagine risalta di più. Commenta Benedetto: «Il mistero più oscuro della fede è nello stesso tempo il segno più luminoso di una speranza che non ha confini». Spiega il Papa che in una notte breve e infinita Dio ha condiviso il nostro morire e anche il nostro rimanere nella morte. È sceso nella nostra morte, in quel buio che ci atterrisce. Come quando, da bambini, abbiamo paura del buio, e solo la presenza di una persona a- mata ci rassicura. (Quale immagine è più umana e comprensibile di questa? Dio come la madre che da bambini, svegliandoci di notte, spaventati chiamiamo e subito ci è accanto). «Nel regno della morte è risuonata la voce di Dio». La Sindone, passata dentro la notte più profonda, «è al tempo stesso luminosa». Quelli che vengono a venerarla vedono anche luce.
Nella icona «scritta col sangue», immagine di un uomo annientato, i fedeli vedono la vita, e la vittoria sugli inferi attraversati. Paradossale signoria, dice il Papa , quella che promana dal sudario di un morto: «Come una sorgente che mormora nel silenzio», nel silenzio di ogni nostro intimo Sabato Santo. Nel Duomo di Torino, 2 maggio 2010, a lezione dal Papa : come si ascolta il silenzio, davanti a un sudario che fasciò il corpo un uomo martoriato. E cosa c’è davvero, al fondo del buio. (La suora che forse ha cent’anni, in prima fila, ora ha una faccia raggiante, da bambina).
Gli occhi delle monache fissi su quel telo, sull’impronta di quel corpo martoriato
Ne contemplavano il volto, il costato, le mani.
Era denso tanto che si poteva toccare il raccoglimento in attesa del Santo Padre.

© Copyright Avvenire, 4 maggio 2010


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La fiaba di Kelvin

FEDERICA CRAVERO

KELVIN Ilonwa, 10 anni, l'altra notte non è riuscito a dormire. Prima di andare a letto ha chiesto chissà quante volte ai suoi genitori se quello che avrebbero incontrato il giorno dopo era proprio «il Papa vero, quello che si vede in televisione, che si vede in tutto il mondo». E ieri, assieme al «Papa vero», in televisione è andato anche lui.
LA FAMIGLIA di Kelvin, originaria della Nigeria e da anni residente nel Torinese, è stata infatti scelta tra le persone che hanno avuto l'onore di ricevere l'eucaristia dal Pontefice durante la Messa in piazza San Carlo. Non è un mistero che la proposta si arrivata a loro perché papà Kenneth è il responsabile del gruppo di preghiera ecumenico legato alla diocesi che ogni domenica alle 11 in corso Grosseto, alla chiesa San Cafasso, riunisce circa 150 stranieri di lingua inglese che vivono in città: cattolici e protestanti delle più diverse congregazioni, che hanno come comun denominatore la fede in Cristo e una passione per il gospel. «È stata un'emozione grandissima, un'esperienza indimenticabile incontrare il Santo Padre - racconta Kenneth Ilonwa - Me lo hanno chiesto venerdì mattina, se volevo farloe ho subito accettato.
Adesso voglio trasmettere la benedizione che ho ricevuto a tutte le persone a cui voglio bene, non solo qui in Italia. Voglio trasmetterla a tutta l'Africa. Non è una coincidenza se il Signore ha scelto me: adesso io devo farmi portavoce di questa esperienza». Kenneth è arrivato in Italia quasi 26 anni fa, siè laureato al Politecnico e adesso insegna inglese in un'agenzia di formazione. Sua moglie Eunice si è laureata in Nigeria e lo ha raggiunto 11 anni fa. Lavora come operatrice socio-sanitariaa Brandizzoe si prende cura della prole: il primogenito Kelvin e le due bimbe, Adaeze e Katherine, di 7 e 3 anni. Ieri mattina preparare tutta la famiglia non è stato facile. La sera prima le prove in piazza San Carlo erano durate fino alle nove. Così, prima di fare 40 chilometri per tornare a casa a Villareggia, tutta la famiglia si è fermata a prendere un hamburger da Mc Donald's. E la notte è stata corta perché alle sei erano di nuovo tutti in piedi. «Dovevamo arrivare in piazza alle otto e mezza, ma tra vestirci e dare la colazione a tutti siamo partiti in ritardo - confessa il capofamiglia- poi c'era traffico, allora abbiamo lasciato la macchina all'Auchan e siamo arrivati in piazza con il 4. Che corsa! Ma alla fine è andato tutto bene. Adesso chiamo mia madre in Nigeria e le racconto cosa mi è capitato...».

© Copyright Repubblica (Torino), 3 maggio 2010


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04/05/2010 20:03
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«Ha toccato davvero il cuore di noi giovani»

L’entusiasmo dei ventimila ragazzi presenti in piazza San Carlo: siamo diversi ma il Papa ha saputo unirci

DA TORINO

Federica Bello

La pioggia non li ha scoraggiati, né ha spento l’entusiasmo di un incontro che quattro ragazze tornando a casa abbracciate sotto un unico ombrello definiscono all’unisono «emozionante! ». Sono i giovani che domenica pomeriggio hanno atteso il Papa in Piazza San Carlo in un clima di festa segnato dalla musica del «Grande coro Hope» appositamente costituito per accogliere Benedetto XVI comunicando attraverso le canzoni la voglia di lasciarsi provocare e stimolare dalle parole del Papa e dal messaggio della Sindone.
Giovani di parrocchie e movimenti delle diocesi di tutto il Piemonte – circa 20 mila – che con applausi, striscioni, sventolii di bandiere e foulard, hanno accolto festosamente il Papa in una giornata «così straordinaria che – commenta Barbara – ce ne vorrebbe una all’anno».
«Adesso – racconta Lucia Censi della parrocchia di Sant’Alfonso – ho voglia di andare a casa a vedere se su Internet posso scaricarmi una copia del discorso, per gustarlo meglio. Le parole del Papa mi hanno colpito perché le ho sentite vicine alla nostra realtà, a ciò che noi viviamo, soprattutto il riferimento alle 'scelte definititve' che credo sia il più difficile da vivere per noi giovani. È stato un momento bello anche perché vicino a noi c’erano giovani non solo di altre parrocchie di Torino, che magari ci capita di incontrare in altri appuntamenti, ma anche di altre diocesi come Pinerolo o Ivrea e questo ci ha fatto sentire di più il senso di essere una Chiesa che non ha confini. Poi mi ha colpito il riferimento a Pier Giorgio Frassati che è un beato che sento molto vicino».
Entusiasti del riferimento al giovane anche i ragazzi della parrocchia a lui dedicata che hanno subito accolto con gioia e applausi il richiamo del Papa al beato. Come hanno fatto i cento della parrocchia Maria Regina della Pace, colpiti dal messaggio di speranza che ha trasmesso: «Ci ha detto – spiega Luisa Gatto – che con Gesù si può fare tutto e per noi è importante in un momento in cui il futuro ci viene presentato come complicato e difficile. Dà fiducia anche il vedersi in così tanti insieme per gli stessi valori».
«In realtà – aggiunge Emilie Santa-Creu della parrocchia di Santa Rita – le parole di Benedetto XVI sono state molto semplici e potrebbero apparire scontate se non vengono ascoltate con attenzione. Ma proprio per questo sono state significative perché spesso noi giovani rischiamo di prendere il messaggio evangelico come scontato e di non pensare che invece tocca e provoca nel profondo la vita di ciascuno, a ogni età. A me ad esempio ha colpito molto l’invito a 'vivere e non vivacchiare' ». «È stato semplice, chiaro, esaustivo – sottolinea Eleonora Narese di Santa Caterina – eravamo tanti e di ogni età, dai ragazzi delle scuole medie agli universitari, eppure è riuscito a parlare a tutti e in modo da toccare anche le sensibilità più diverse». E così ecco anche Lucia che con la semplicità dei suoi quattro anni uscendo dalla piazza chiede al papà di poter telefonare alla mamma e dirle tutto d’un fiato «sai che ho visto il Papa e qui c’era tanta allegria ed erano tutti contenti, era bello...».
Se la pioggia ha fatto svuotare in fretta la piazza al termine dell’incontro, l’entusiasmo dei giovani dal passaparola delle vie del centro è passato rapidamente su Internet: «Grande giornata a Torino – scrive Lorenza sul blog curato dalla comunità del Seminario maggiore di Torino – preghiera festa e un messaggio importante per i giovani e non solo: fare scelte importanti per tutta la vita con generosità e amore; guardare a Cristo come compagno di viaggio, non lasciarsi abbattere mai! Grazie Papa Benedetto! Nel tuo volto e nei tuoi occhi sorridenti, nelle tue parole ieri abbiamo ricaricato la gioia di testimoniare l’amore di Gesù!».

© Copyright Avvenire, 4 maggio 2010


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Il bacio di Angela un lampo nel buio

PAOLO GRISERI

LE DITA di Giancarla tambureggiano senza sosta sul palmo di Angela. Si capisce che Angela è contenta, tanto contenta. Si alza e muove la mano verso il nulla, verso il volto di un uomo che non vede ma che è invece vicinissimo. Angela bacia l'uomo sulla guancia. Tutti applaudono forte: sanno che lei è cieca, sorda e muta dalla nascita. Eppure oggi è riuscita a baciare il Papa.
ANGELA comunica con il mondo solo attraverso il tamburellare della dita di Giancarla. È una dei duecento ospiti del Cottolengo. Abita qui da più di cinquant'anni. È una dei dieci fortunati che ieri pomeriggio hanno avuto l'onore di andare incontro a Benedetto XVI.
Nella chiesa dell'istituto i malati hanno un posto in prima fila. Sono un centinaio quelli in carrozzina, sistemati di fronte all'altare. Un colpo d'occhio che raggela e dà speranza al tempo stesso. Eccola, schierata in cinque ordini di posti, nei volti trasfigurati dal dolore come quelli dei malati di Goya, eccola la Passio hominis, quella sofferenza umana che è stato il cuore del messaggio dell'Ostensione del 2010 e diventerà il momento culminante della visita di Papa Ratzinger a Torino. Più delle riflessioni teologiche di fronte al Telo del Duomo, più della messa del mattino in piazza San Carlo, rimarrà l'immagine di questa chiesa colma di dolore. Piena di storie come quella di Boigdan, il ragazzo albanese che una malattia gravissima costringe a rimanere sempre quasi orizzontale, obbligato a guardare il soffitto, condannato a contare le stelle. Per l'occasione la madre lo ha vestito a festa: gli ha messo un abito grigio e una cravatta, rischiando di renderlo buffo come tutti i bambini vestiti da adulti. Ma Boigdan non è per niente buffo. È, anzi, dignitosissimo proprio perché, forse, non si rende conto. Quando il Papa entra nella chiesa, poco prima delle 19, è il popolo delle carrozzine, il popolo dei tanti che non possono alzarsi in piedi ad acclamarlo, il vero protagonista della giornata: «Questi malati - dice il superiore generale, padre Aldo Sarotto - sono il nostro tesoro più prezioso». Ratzinger riprende il concetto: «Cari malati, vivendo le vostre sofferenze voi partecipate alla salvezza del mondo». Un messaggio certamente non facile da accettare anche per chi crede. Ma oltre il muro del Cottolengo è difficile trovare qualcosa di semplice da accettare. Tutto sembra straordinario e incomprensibile. La superiora delle cottolenghine, suor Giovanna Massé, sa bene di rivelare qualcosa di assurdo quando spiega che «in questo posto ci sono le suore che lavorano assistendo i malati e ci sono le sorelle del monastero di clausura». Com'è possibile chiudersi in clausura in mezzo a tanta sofferenza? «Non solo è possibile ma è anche utile. Senza l'aiuto delle nostre sorelle che pregano in clausura, noi non ce la faremmo a sopportare la fatica del nostro lavoro con i malati». Così anche le preghiere di chi non esce mai dalla sua cella entrano nel particolare ciclo produttivo di uno dei luoghi di cura più particolari al mondo. Attendendo Ratzinger nelle navate della chiesa, tutto ciò che sta oltre il portone, nella città che conosciamo, sembra cambiare di peso e di importanza. Che cosa sono le distinzioni e le baruffe quotidiane di fronte alla sofferenza estrema di una persona che rimane per ore sulla carrozzina, in prima fila, senza poter muovere braccia e gambe perché le ha perse chissà quanto tempo fa? Giuseppe, così si chiama, ha uno sguardo vivacissimo, parla e ragiona come tutti ma ha bisogno di qualcuno che gli presti il lavoro delle sue braccia e delle sue gambe per vivere.
È una vite senza tralci, la pietra scartata dai costruttori che qui diventa pietra d'angolo. Questa capacità di parlare al mondo attraverso la cura di chi soffre e sta in fondo alla scala sociale, è forse l'aspetto più apprezzato della chiesa cattolica anche nei tempi difficili che sta attraversando oggi. Il riscatto attraverso la cura della Passio hominis, soprattutto quando quella sofferenza è estrema, è uno dei possibili terreni di dialogo anche con la Torino laica. Perché sul far della sera, mentre il corteo del Papa e dei cardinali lascia la chiesa del Cottolengo per andare verso Caselle, la cosa più importante di tutte è che, alla fine, Angela ha sorriso. E non sa nemmeno che cosa voglia dire.

© Copyright Repubblica (Torino), 3 maggio 2010


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“Ci ha restituito la speranza”

ANDREA ROSSI

«Per chi vive in condizioni di precarietà, a causa della mancanza del lavoro. Per i ragazzi. Per gli emarginati. Non perdete la speranza». Papa Benedetto XVI lo dice durante la messa del mattino. Qualche ora dopo lo tocca con mano in una piazza sferzata dalla pioggia, un tappeto di ombrelli e mantelline dai colori dell’arcobaleno.
50 mila giovani scalpitano, ballano, si sbracciano. La Torino che scruta il domani con un filo di timore. E la Torino della seconda generazione d’immigrati, affannosamente in cerca di un’integrazione che costa fatica. Si mescolano dentro piazza San Carlo, nella stessa inquietudine, orgoglio e malinconia. «La verità è che non siamo di moda»: in una frase Giulia Miletto, 18 anni da Trofarello, fotografa una piazza intera. Giorgio Picco, 19 anni, studente a Scienze Gastronomiche, il sogno di aprire un agriturismo, va un passo oltre: «Per tanti nostri coetanei conta seguire la massa. E la massa, inutile negarlo, oggi non procede nella nostra direzione. A essere religiosi a volte ci si sente diversi».
Eppure ci sono, e sono tanti, rinfrancati, sotto un cielo cupo. «Ho udito parole commoventi», dice Filippo Gillio, 19 anni. «Il fatto che il Papa abbia voluto dedicare un momento a noi è segno di grande sensibilità». Filippo ci ha messo del suo perché una giornata così si avversasse. In questi giorni di ostensione si occupa del servizio per i disabili come volontario. Angelo Catanzaro, 25 anni, invece, presidia il villaggio giovani, una sorta di ostello per i suoi coetanei arrivati da lontano, ma oggi distribuisce i foulard gialli e blu. Paride Galeone, 26 anni, pugliese, per la prima volta canta per il Papa. Se ne sta in seconda fila, in mezzo ai 270 del coro che circonda Benedetto XVI e quasi lo abbraccia: «Abbiamo provato cinque mesi per essere pronti oggi».
Aspettavano un segno. Cercavano «conforto», per dirla con Giulia Miletto. L’hanno trovato, dicono mentre Papa Benedetto dopo tre quarti d’ora lascia piazza San Carlo. Raccolgono il messaggio. «Possiamo affrontare con fiducia questo presente tumultuoso, anche per la Chiesa, tempo di cui non abbiamo paura»: Isabella Brianza e Vincenzo Camarda leggono davanti al Papa il saluto dei suoi giovani. Forse è così. Forse ne avevano davvero bisogno se c’è chi, come Martino Incarbone, 26 anni, presidente dei giovani dell’Azione cattolica di Milano, per esserci si è fatto 40 chilometri a piedi, dalla Sacra di San Michele.
Piazza che trasuda gioia, ma agitata da un velo d’incertezza. Generazioni in cerca di punti fermi. Paride Galeone ha lasciato la sua Puglia per studiare al Conservatorio, ora insegna musica alle scuole medie: «Precario». Gianfranco Echan, 19 anni, origini filippine, studia per diventare infermiere, si aggrappa alle transenne intorno alla piazza. «Il messaggio del Papa ci aiuta a non mollare. Ha parlato di precari, immigrati, emarginati, persone sole, che non si sentono a casa loro. Quelli siamo noi. E lui ci ha detto di non perdere la speranza». I ragazzi dell’oratorio salesiano San Luigi di via Ormea sanno bene cosa vuol dire. Matar Sylla ha 17 anni, quando ne aveva 14 è scappato dal Senegal. Era solo. I salesiani si sono presi cura di lui. È musulmano, ma oggi è un dettaglio da poco. «Siamo tutti figli dello stesso Dio». Yassin Ghiali, 19 anni e Mohamed Ammar, 34, sono marocchini. Anche loro soli in Italia. «Non hanno famiglia, solo me», racconta don Mario Mergola. Li ha fatti studiare - chi da meccanico chi da cuoco o barista - li ha avviati al lavoro.
Don Antonio Marino, dal centro della piazza, se li culla tutti con lo sguardo. Ride. Ha 36 anni, ieri era uno dei più giovani sacerdoti a concelebrare la messa. «Abbiamo bisogno di credere nel domani. Il Papa l’ha capito e oggi ha lanciato un segnale preciso».

© Copyright La Stampa (Torino), 3 maggio 2010


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“Il silenzio dei torinesi ha commosso il Papa”

MARIA TERESA MARTINENGO

«Ringrazio di cuore i torinesi dell’accoglienza che hanno riservato al Santo Padre».

Il giorno dopo la visita di Benedetto XVI, il cardinale Severino Poletto è entusiasta di come la città si è mostrata.

Centomila persone per il Papa: Eminenza, il bilancio è positivo?

«Domenica è stata una giornata positiva sotto tutti gli aspetti. La mia gratitudine va a tutti i torinesi per la risposta calorosa e numerosa che hanno dato. Questa risposta non si è manifestata solo nella piazza, di mattina e di pomeriggio, ma anche lungo tutti i tragitti. Sia il Santo Padre che il segretario non finivano di sottolineare quanto bello fosse vedere tanta gente che dimostrava gioia».

Il Papa benediceva continuamente...

«Sì, continuamente. Devo dire che il cambio dall’auto alla papamobile avrebbe dovuto essere fatto non a Porta Susa, ma molto prima, tanta era la folla assiepata lungo corso Regina».

Benedetto XVI si aspettava una città meno partecipe?

«La celebrazione eucaristica del mattino lo ha commosso. Il Papa mi ha detto che è rimasto molto colpito dalla bellezza dei canti, della musica. E dal silenzio dei torinesi. Dal raccoglimento nei momenti significativi in cui la celebrazione richiede silenzio: dopo l’omelia e la comunione. Il Santo Padre ha profondamente apprezzato la compostezza di una folla così immensa. La sua soddisfazione traspariva dagli occhi».

Folla che si è ripetuta nel pomeriggio...

«La città si è mostrata calda in ogni momento. Davvero il Papa ha visto la migliore Torino: ricca di fede e di attaccamento alla Chiesa. Anche i giovani hanno dato una dimostrazione straordinaria».

Poi c’è stata la meditazione davanti alla Sindone, «cuore» del viaggio papale.

«Invito i torinesi a rileggere le parole del Papa e a meditarle perché sono quanto di più prezioso resterà dell’ostensione (ndr. è nel sito www.diocesi.torino.it). Il Santo Padre si è informato dell’andamento dell’ostensione e gli abbiamo spiegato che sta andando tutto per il meglio. Nella sacrestia del Duomo ha salutato il Comitato, con Alfieri e monsignor Ghiberti, e gli sponsor che non aveva incontrato in Arcivescovado».

Al Cottolengo si è visto un Papa davvero sorridente...

«Al suo ingresso nella Piccola Casa è esplosa la gioia contagiosa di tante persone ricche di amore e circondate dall’amore delle suore e dei volontari. In loro, ha ricordato il Papa, si vede Gesù stesso».

Lei è stato al fianco di Benedetto XVI fino all’aeroporto. Le è parso stanco in qualche momento?

«Non mi è mai sembrato stanco durante tutta la giornata, anzi. È sempre stato vivace, profondo, contento. Anche della puntualità che ha caratterizzato la giornata. A pranzo si è informato sulla città e sulla diocesi. E ha sottolineato di essere stato colpito dalla fede serena e composta dei torinesi».

Alla fine non c’è spazio per un breve passaggio al Santo Volto?

«No, ma al pranzo ha partecipato l’architetto Botta e ne abbiamo parlato. Al Papa ho donato un libro sulla realizzazione della chiesa. C’è stato il tempo per sfogliarlo nel suo appartamento».

© Copyright La Stampa (Torino), 4 maggio 2010


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Papa a Sulmona

Programma visita del Santo Padre Benedetto XVI a Sulmona, domenica 4 luglio 2010

LA VISITA DEL SANTO PADRE NELL’ANNO GIUBILARE CELESTINIANO E’ UN EVENTO SPIRITUALE, UN EVENTO DI GRAZIA PER LA REGIONE ECCLESIASTICA ABRUZZESE MOLISANA, PER L’ABRUZZO, PER LA DIOCESI DI SULMONA-VALVA, PER LA CITTA’ DI SULMONA.

Il programma della visita del Santo Padre Benedetto XVI a Sulmona, domenica 4 luglio 2010, così come comunicato telefonicamente al Vescovo mons. Angelo Spina, da Padre Leonardo Sapienza della Prefettura Pontificia è il seguente:

Ore 9.30
Arrivo del Santo Padre in elicottero dopo aver sorvolato l’Abbazia di Santo Spirito e l’eremo S. Onofrio sul Morrone. Atterraggio il località Incoronata, lato sud di Sulmona provenendo da Roccaraso, agli Impianti sportivi “Serafini”.
Dopo l’atterraggio, con la papamobile, il Santo Padre percorrerà via Mazzini, Corso Ovidio per giungere il Piazza Garibaldi.
Dopo il giro in Piazza Garibaldi per salutare i fedeli è previsto un saluto da parte del Sindaco e del Vescovo.

Ore 10.15
Il Santo Padre presiederà la Celebrazione Eucaristica a cui farà seguito l’Angelus.

Ore 12.30
Il Santo Padre con la papamobile, percorrendo Corso Ovidio e Viale Roosevelt, si recherà alla Casa Sacerdotale, al lato dell’episcopio, per benedire la nuova struttura per i sacerdoti anziani e malati, a lui dedicata, per il pranzo e una sosta di riposo.

Nel pomeriggio incontrerà una rappresentanza di detenuti del Carcere di Sulmona con il direttore, gli agenti e il cappellano.

Con la papamobile, percorrendo Viale Roosevelt, si recherà nella cattedrale di San Panfilo per incontrare i giovani della Diocesi

Al termine dell’incontro farà rientro in Vaticano partendo in elicottero dallo Stadio Pallozzi, al lato della Cattedrale di S. Panfilo.

www.diocesisulmona-valva.it/index.php?option=com_content&task=view&id=748&I...


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Preghiera per il Papa

Carissimi fratelli e sorelle,
la visita del Papa Benedetto XVI è un forte momento di grazia, è un dono per la diocesi di Sulmona-Valva e per i suoi fedeli. E’un grande onore che il Santo Padre ha voluto riservare alla città di Sulmona, alla nostra Diocesi, alla Regione Ecclesiastica Abruzzese-Molisana e all’intero Abruzzo.
Per questo, invito tutti voi, fratelli e sorelle, a prepararci a questo lieto evento, fin da ora, con la conversione del cuore, la preghiera personale e comunitaria.

Preghiera per il Papa

O Dio, che nel disegno della tua sapienza
hai edificato la tua Chiesa
sulla roccia di Pietro,
capo del collegio apostolico,
guarda e sostieni il nostro Papa Benedetto XVI,
che viene nella nostra Diocesi a confermarci nella fede.
Tu che lo hai scelto come successore di Pietro,
fa’ che sia per il tuo popolo
principio e fondamento visibile
dell’unità della fede
e della comunione nella carità.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.

Gloria al Padre.

† Angelo Spina
Vescovo di Sulmona-Valva

www.diocesisulmona-valva.it/index.php?option=com_content&task=view&id=659&I...


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Il Papa incontrerà i detenuti del “carcere dei suicidi”

di FRANCA GIANSOLDATI

CITTA’ DEL VATICANO

L’occasione per recarsi a Sulmona, il 4 luglio, è l’ottavo centenario della nascita di Celestino V, una figura alla quale Papa Ratzinger è particolarmente legato. Ma oltre a venerare le reliquie del santo e a celebrare, nella centralissima piazza Garibaldi, una messa, la trasferta in terra abruzzese servirà anche per riflettere sulla realtà carceraria.
Il programma papale, infatti, contempla una visita al carcere dei suicidi, così chiamato per l’alto numero di detenuti che si sono tolti la vita. Sarà la seconda volta che Benedetto XVI varca il cancello di un istituto penitenziario. All’inizio del pontificato è stato a Casal del Marmo, nel carcere minorile romano. Ora desidera portare conforto ai detenuti di Sulmona, la struttura che simboleggia le enormi difficoltà che il mondo penitenziario sta vivendo, a cominciare dal sovraffollamento, dalle condizioni di vita difficili, dal clima interno di forte tensione. La notizia del suo arrivo è giunta proprio nel giorno in cui un tossicodipendente di 46 anni si è tolto la vitaxc nel carcere di Reggio Emilia. Dall’inizio dell’anno sono 21 i detenuti che si sono impiccati, 6 sono morti dopo aver inalato del gas dalla bomboletta da camping mentre altri 49 per malattia: per un totale di 76 persone decedute in cella, uno ogni due giorni. «La visita del Papa è un gesto importante e significativo, e un esempio che tanti politici dovrebbero seguire. Un segnale di umanità e di impegno per un mondo attraversato da una situazione drammatica» ha commentato Giulio Petrilli, responsabile provinciale del Pd del dipartimento diritti e garanzie. Il carcere di Sulmona è considerato l’emblema della sofferenza coi suoi undici suicidi avvenuti negli ultimi anni. Una testimonianza tragica. «Il sovraffollamento è il problema più serio: vi sono celle di nove metri quadrati, dove vivono tre persone, con uno spazio di tre metri quadri pro capite. Lì sono costretti a vivere per venti ore al giorno. Lo stipendio medio dei pochi che lavorano è di 50 euro mensili. Anche l’assistenza sanitaria è carente, in un carcere che ospita 130, 140 persone con forte disagi psichici e tanti tossicodipendenti». A suggerire la tappa nel carcere è stato il vescovo, monsignor Angelo Spina assieme alle associazioni di volontariato cattolico che lavorano a contatto col mondo carcerario.

© Copyright Il Messaggero, 21 maggio 2010


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VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI A SULMONA (4 LUGLIO 2010) - PROGRAMMA

Domenica 4 luglio 2010

08.30
Partenza in elicottero dal Vaticano per Sulmona.

09.20
Arrivo nel Campo sportivo "Serafini" del complesso sportivo dell’Incoronata a Sulmona.


In Piazza Garibaldi il Santo Padre riceve il saluto di benvenuto del Sindaco di Sulmona e del Vescovo di Sulmona-Valva.

10.00
CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA in Piazza Garibaldi a Sulmona. Omelia del Santo Padre.


ANGELUS DOMINI in Piazza Garibaldi a Sulmona. Parole del Santo Padre.

13.15
Pranzo con i Vescovi dell’Abruzzo nella Casa Sacerdotale del Centro pastorale diocesano di Sulmona.

16.30
Saluto dei Membri del Comitato organizzatore della Visita e Incontro con una Delegazione della Casa Circondariale di Sulmona nella Casa Sacerdotale del Centro pastorale diocesano di Sulmona.

17.00
INCONTRO CON I GIOVANI nella Cattedrale di Sulmona. Discorso del Santo Padre.


VENERAZIONE DELLE RELIQUIE DI SAN PANFILO E DI SAN CELESTINO V nella Cripta della Cattedrale di Sulmona.

17.45
Partenza in elicottero dallo Stadio comunale "Pallozzi" di Sulmona per il Vaticano.

18.35
Arrivo in Vaticano.


17/06/2010 00:49
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Benedetto XVI venererà a Sulmona le reliquie del Papa che rinunciò
Pubblicato il programma della visita pastorale del 4 luglio



CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 16 giugno 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI venererà le reliquie di San Celestino V, il famoso Vescovo di Roma che rinunciò al pontificato nel 1294, nella cripta della Cattedrale di Sulmona, durante la sua visita pastorale in questa città in provincia de L'Aquila il 4 luglio prossimo.

La Sala Stampa della Santa Sede ha pubblicato questo mercoledì il programma ufficiale della visita alla città dell'Abruzzo, regione flagellata dal terremoto del 6 aprile 2009.

La visita pastorale è motivata dall'ottavo centenario della nascita di Celestino V, che prima di essere eletto alla cattedra di Pietro si chiamava Pietro da Morrone, sacerdote eremita e fondatore dell'Ordine dei Fratelli dello Spirito Santo (Celestini).

Eletto Papa a quasi 80 anni dopo due anni di Conclave, assistette agli intrighi di potere dell'epoca e alle ingerenze dei re. Per questo, dopo cinque mesi di pontificato rinunciò volontariamente per tornare alla vita eremitica.

Il suo successore, Bonifacio VIII, in seguito lo imprigionò in una torre, dove morì il 19 maggio 1296 dopo 10 mesi di reclusione.

Benedetto XVI partirà alle 8.30 in elicottero dal Vaticano per Sulmona, dove l'arrivo - nel campo sportivo Serafini del complesso sportivo dell'Incoronata - è previsto per le 9.20.

In Piazza Garibaldi, il Pontefice riceverà il saluto di benvenuto del Sindaco di Sulmona e del Vescovo di Sulmona-Valva.

Nella stessa piazza, alle 10.00, è prevista una concelebrazione eucaristica in cui il Papa pronuncerà l'omelia, seguita dalla recita dell'Angelus, con le tradizionali parole del Vescovo di Roma.

Il programma prevede il pranzo con i Vescovi dell'Abruzzo alle 13.15 nella casa sacerdotale del centro pastorale diocesano di Sulmona, dove alle 16.30 sono previsti un saluto dei membri del comitato organizzatore della visita e un incontro con una delegazione della Casa Circondariale di Sulmona.

Alle 17.00, Benedetto XVI incontrerà i giovani, ai quali rivolgerà un discorso, nella Cattedrale di Sulmona.

In seguito, nella cripta della Cattedrale, avrà luogo la venerazione delle reliquie di San Panfilo e di San Celestino V, uno dei pochi Pontefici ad aver abdicato.

Il Papa ha previsto di partire in elicottero dallo stadio comunale Pallozzi di Sulmona alle 17.45, arrivando in Vaticano alle 18.35.

Quella a Sulmona è una delle quattro visite pastorali a località italiane che il Papa realizza nel 2010, dopo quella di Torino (2 maggio) e prima di Carpineto Romano (il 5 settembre) e Palermo (il 3 ottobre).

26/06/2010 12:01
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BENEDETTO XVI: IL 4 LUGLIO A SULMONA-VALVA, "PER VENERARE IL PAPA CHE RINUNCIÒ"

Benedetto XVI, domenica 4 luglio, sarà in visita alla diocesi di Sulmona-Valva per venerare le reliquie, conservate nella cripta della cattedrale di Sulmona, di san Celestino V, che nel 1294 rinunciò al Pontificato.
La visita pastorale è motivata dall’ottavo centenario della nascita di Celestino V, il cui nome prima di essere eletto alla cattedra era Pietro Pietro Angeleri detto Pietro da Morrone.
Celestino V venne eletto all’età di 80 anni al Soglio pontificio e dopo aver assistito a giochi di potere e aver subito forti pressioni da parte del re angioino Carlo d’Angiò e dal cardinal Benedetto Caetani, che in seguito prese il suo posto, decise di rinunciare alla carica di Pontefice ritirandosi a vita eremitica sul monte Morrone, sopra Sulmona. È la terza visita di un Papa nella diocesi abruzzese, dopo quella di Paolo VI nel 1966, recatosi anche lui a Sulmona in venerazione del Santo, e quella di Giovanni Paolo II in forma strettamente privata nel comune di Scanno. Benedetto XVI arriverà in mattinata in piazza Garibaldi dove celebrerà la messa, in seguito incontrerà i vescovi d’Abruzzo e nel pomeriggio i giovani della diocesi di Sulmona e Valva. Info: www.diocesisulmona-valva.it.

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Nella Cattedrale di Sulmona, Benedetto XVI sulla nave della Chiesa
Il nuovo ciclo pittorico realizzato da Rodolfo Papa





ROMA, venerdì, 2 luglio 2010 (ZENIT.org).- Quando il 4 luglio prossimo Benedetto XVI farà il suo ingresso nella Cattedrale di San Panfilo a Sulmona, dove si terrà l'incontro con i giovani e l'adorazione del Santissimo Sacramento, ad accoglierlo troverà una nuova tela raffigurante la nave della Chiesa da lui guidata con il Vangelo tra le mani.

L'opera fa parte di un ciclo pittorico commissionato dal Vescovo Angelo Spina e realizzato per il presbiterio della Cattedrale dal pittore, scultore, nonché storico e teorico dell'arte Rodolfo Papa.

Nell'abside, all'interno delle cornici di marmo presistenti, sono state collocate quattro tele che rappresentano i santi Apostoli Giovanni e Pietro, Santa Maria Maddalena e La Chiesa che porta l'annuncio. A destra e a sinistra della scalinata che porta all'altare, sono state invece collocate altre due tele di Rodolfo Papa, dedicate alle Virtù cardinali e alle Virtù teologali.

Sempre del medesimo artista anche una lunetta che ritrae insieme Papa Celestino V e Papa Benedetto XVI, a commemorazione dell'Anno celestiniano e della visita del Santo Padre.

I lavori per la costruzione della Cattedrale di San Panfilo - pagano convertito al Cristianesimo e Vescovo di Sulmona dal 682 - risalgono all'anno 1075 ma furono portati a termine solo nel 1119.

La storia della Cattedrale risale però più indietro all'VIII sec., quando i cristiani edificarono una chiesa dedicata alla Vergine Maria su un antico tempio pagano dedicato ad Apollo e Vesta. Ricostruito e arricchito della cripta nel XII sec. il sacro edificio, per varie vicende storiche, subì rovine e incendi seguiti da restauri innovativi e aggiunte d'epoca.

In una intervista concessa alla rivista “Arte Cristiana” (maggio-giugno 2010) Rodolfo Papa ha spiegato che nella tela La Chiesa che porta l'annuncio ha voluto rappresentare la Chiesa con “la classica metafora della 'navicella'; una nave la cui vela è Cristo, e la cui polena è Maria. Una barca guidata dal successore di Pietro, il Santo Padre, attorniato da tutto il popolo di Dio”.

“Ho voluto dipingere – ha aggiunto l'artista – tutti gli stati di vita e tutte le età, ma ho insistito in modo particolare sulla presenra dei bambini: la Chiesa è sempre giovane, inoltre è particolarmente importante il coinvolgimento dei giovani, in questa epoca di 'emergenza educativa'".


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L’omaggio a Celestino V nella cripta

SULMONA

Con la visita di domani a Sulmona, Benedetto XVI compirà la seconda tappa di un percorso iniziato il 28 aprile del 2009 a L’Aquila, quando tra le macerie della basilica di Collemaggio, dove Pietro venne incoronato Papa il 29 agosto del 1294, depositò il Pallio Pontificio a memoria di quella visita e quale condivisione del messaggio rivoluzionario che Celestino V volle mandare alla Chiesa del tempo. Un messaggio di umiltà e di distanza dalla ricchezza e dal potere che, oggi, sembra essere tornato di stretta attualità, tra appalti e affari del mattone che coinvolgono ministri e prefetti della Santa Sede.
Celestino, le cui spoglie oggi, arrivate giovedì a Sulmona, saranno portate in processione dalla chiesa di San Filippo (ore 17,30) ed esposte sul palco di piazza Garibaldi per la celebrazione della messa del vescovo Spina, diventa così il faro di un necessario quanto auspicato vento di rinnovamento e pulizia. Nel nome di Pietro, Benedetto XVI sosterrà la causa degli umili, dei disoccupati, degli ultimi. E se i luoghi cari a Celestino V, l’eremo, l’abbazia, saranno solo sorvolati da Ratzinger, il Santo Padre vivrà altresì un momento di intima spiritualità con il monaco-Papa. Nella basilica di San Panfilo, infatti, Ratzinger scenderà nella cripta e dopo aver visionato il libro della canonizzazione e alcune pergamene autografe di Pietro, benedirà le reliquie del Santo: un pezzo di cuore, il saio, il cilicio, i guanti, i sandali, le scarpe pontificie e quel crocefisso che nell’eremo di Sant’Onofrio convinse Pietro ad accettare la nomina al Soglio.
P.Iav.

© Copyright Il Messaggero, 3 luglio 2010


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