Viaggio apostolico in Portogallo

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Paparatzifan
00giovedì 13 maggio 2010 23:45
Dal blog di Lella...

La mattinata di mercoledì 12 trascorsa da Benedetto XVI a Lisbona

Un incontro voluto per scuotere le coscienze

dal nostro inviato Nicola Gori

Un prolungato applauso ha salutato l'arrivo di Benedetto XVI nel centro culturale di Belém di Lisbona, mercoledì mattina 12 maggio. Un incontro, quello con il mondo della cultura, voluto dalla Conferenza episcopale del Portogallo, in un momento di grandi sfide per i fedeli lusitani. A cominciare dalla secolarizzazione, per arrivare all'immigrazione nel Paese di persone di altre religioni, al rispetto per la vita umana, alla crisi economica. Erano circa 1.500 gli esponenti del teatro, del cinema, della musica, dello spettacolo, della letteratura che si sono dati appuntamento al Centro di Belém per ascoltare il Pontefice.
Un pubblico molto diverso da quello che l'aveva accolto la sera precedente nel Terreiro do Paço, ma che lo ha ascoltato attentamente, quando ha citato alcuni versi del poema "Os Lusiadas" del maggior poeta lusitano, Luis de Camoes, e ha parlato della costruzione di una cittadinanza mondiale, fondata su diritti umani e responsabilità dei cittadini. Un richiamo che ha scosso il mondo della cultura, di cui si è fatto interprete il famoso e anziano regista Manuel de Oliveira.
In rappresentanza della Conferenza episcopale era il vescovo di Porto, monsignor Manuel Clemente, presidente della commissione che si occupa della cultura. Ha rivolto al Pontefice un breve saluto. Sia all'inizio dell'incontro, sia al termine, sono stati eseguiti alcuni brani musicali. In particolare, il coro Gulbenkian ha cantato il Magnificat, mentre il Pontefice salutava rappresentanti di comunità evangeliche e di altre religioni: ebraica, hindù, islamica. Tra le numerose personalità presenti, il ministro della cultura, Isabel Alçada, il premio Pessoa Carrilho de Graça, il cantante di fado Carminho.
Il Centro culturale di Belém si trova nell'omonimo quartiere, tra il Mosteiro dos Jerónimos e la celebre Torre di Belém. La sua costruzione iniziò nel 1988; doveva essere uno spazio polivalente in previsione dei sei mesi di presidenza portoghese della Comunità Economica Europea. Vinsero il concorso per la realizzazione l'architetto italiano Vittorio Gregotti e il portoghese Manuel Salgado. Poi, nel 1993 fu trasformato in centro culturale e sede di conferenze. Attualmente ospita anche uno spazio espositivo e un museo del design con modelli risalenti al 1937.
Alla conclusione dell'incontro con il mondo della cultura, il Papa si è diretto alla nunziatura apostolica, dove l'attendevano il primo ministro José Sòcrates, i ministri degli esteri e della Repubblica oltre all'ambasciatore del Portogallo presso la Santa Sede. Durante il tragitto, moltissimi fedeli lo hanno salutato sventolando bandierine con i colori giallo e bianco del Vaticano e con calorosi applausi. Al suo arrivo il Papa ha ricevuto in omaggio da alcuni bambini un mazzo di fiori. All'incontro con i rappresentanti del governo portoghese hanno partecipato anche il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato e il nunzio apostolico, l'arcivescovo Rino Passigato.
La mattinata si è conclusa con un pranzo in nunziatura al quale hanno partecipato i membri del seguito stretto del Papa. Per brindare, il nunzio ha offerto un pregiato vino di Porto del 1815, anno della pace ritrovata con il Congresso di Vienna dopo un quarto di secolo di guerre. Alle 16 Benedetto XVI è partito alla volta di Fátima.

(©L'Osservatore Romano - 13 maggio 2010)


Paparatzifan
00giovedì 13 maggio 2010 23:56
Dal blog di Lella...

Grande entusiasmo per il Pontefice in tutte le strade attraversate dal corteo

I colori della festa per una grande manifestazione d'affetto

dal nostro inviato Nicola Gori

"Viva o Papa" era il grido della folla al passaggio della papamobile con la quale Benedetto XVI, nel pomeriggio di martedì 11 maggio, raggiungeva il Terreiro do Paço, la più grande piazza di Lisbona, dove lo attendevano circa 70.000 persone. Una festa di popolo, con migliaia di bandierine con i colori del Vaticano sventolate in una variegata coreografia. Striscioni augurali svettavano sulla gente che si era radunata per salutare il Pontefice. Per rendere ancora più suggestiva l'atmosfera, al suo arrivo, decine di palloncini bianchi e gialli sono stati lanciati verso il cielo. La forma della piazza a "u" terminante con due torri laterali, sembrava racchiudere in un abbraccio la grande folla che ha partecipato al primo incontro con il Papa a Lisbona. La presenza di Benedetto XVI ha coinvolto ogni quartiere della città. Si stima che circa 400.000 persone si siano riversate nelle strade e nelle piazze. Per capire le dimensioni dell'evento, basti ricordare che Lisbona conta circa 564.000 abitanti e tutta l'area metropolitana arriva a contarne 3.500.000.
Dal punto di vista scenografico, la città si è preparata in tempo per accogliere il Pontefice. Sui display posti agli angoli delle principali piazze e su quelli nei tram e negli autobus scorreva la scritta: "Lisboa saúda o Papa", oppure "Bem-vindo Santo Pae". Su tutti i mezzi pubblici sventolavano anche due bandierine vaticane. Le barche sul fiume Tejo avevano issato il pavillon delle grandi parate. I traghetti salutavano il Pontefice con il suono delle sirene. Tutta la città è stata coinvolta in questo giorno di festa. Il sindaco Ántonio Costa ha espresso, a nome di tutti gli abitanti di Lisbona, la gioia e la stima per Benedetto XVI, consegnandogli le chiavi della città. Le autorità civili e le altre componenti della società hanno voluto esprimere la loro simpatia e presentare i loro omaggi al Papa. Si sono distinti i tre club calcistici della città: i calciatori Rui Costa e Nuno Gomes, con il presidente del Benfica, gli hanno regalato una maglia della squadra con stampato il nome "Benedetto XVI" e firmata dai calciatori. La stessa cosa hanno fatto le squadre dello Sporting, con il presidente Bettencourt, e quella del Belenenses. Gli è stato poi offerto, in segno di ringraziamento, un dipinto raffigurante Nuno di Santa Maria, un santo molto amato dai portoghesi e da Benedetto XVI canonizzato il 26 aprile 2009.
Prima di celebrare la messa - l'altare era stato allestito in riva al fiume - il Pontefice ha fatto il giro della piazza in papamobile. Per salutare meglio i numerosi giovani e i fedeli ha aperto il finestrino del veicolo e si è affacciato. Un tappeto, composto da circa 10.000 fiori donati dai coltivatori dell'isola di Madeira, ha ornato l'altare. Circondato dai vescovi del Portogallo, con il patriarca di Lisbona, cardinale José da Cruz Policarpo, e dal seguito, il Pontefice ha guidato la processione introitale al canto del "Tu es Petrus", intonato dal coro composto da circa 300 persone provenienti dai vari cori di Lisbona e accompagnato da un centinaio di orchestrali. Anche qualche numero dei concelebranti può rendere l'idea della grande partecipazione della gente: 400 sacerdoti hanno distribuito più di 40.000 comunioni, 500 diaconi, 100 seminaristi, 400 accoliti, 300 cadetti delle forze armate hanno accompagnato i presbiteri nel distribuire le ostie consacrate.
Ogni particolare ricordava il coinvolgimento della città per la visita del Papa. L'altare, è stato ideato da Jorge Assis; si è ispirato ai ciottoli spaccati del Tejo, pietre caratteristiche di Lisbona. Nel linguaggio simbolico questo riferimento voleva rappresentare il significato che i lusitani annettono al legame con l'oceano, nel quale si apre il grande estuario del fiume, strada privilegiata per i navigatori portoghesi che proprio attraversando l'Oceano hanno scoperto nuove terre e permesso al Vangelo di raggiungere popoli lontani. Il tono blu del pavimento dell'altare richiamava il colore dell'acqua che scorreva alle spalle dei celebranti.
Prima dell'inizio della messa, il patriarca di Lisbona ha rivolto un breve saluto al Papa e gli ha offerto in omaggio una reliquia di san Vicente, a ricordo della visita. Il Pontefice ha ricambiato con un prezioso calice. Nell'omelia ha ricordato tra l'altro l'impegno missionario del Paese che nel passato ha diffuso la fede nei cinque continenti. Al termine della messa, Benedetto XVI ha pronunciato un breve discorso per commemorare i 50 anni della fondazione del santuario di Cristo Rei di Almada, sulla riva opposta del Tejo, proprio sulla collina che sovrasta la città. Un monumento che ricorda la statua di Cristo Re a Rio de Janeiro, in Brasile, visibile da ogni parte di Lisbona. Si tratta di una statua del Cristo con le braccia aperte, alta 28 metri, collocata su una base di cemento di 82 metri. Venne fatta scolpire negli anni Trenta dall'arcivescovo di Lisbona Manuel Gonçalves Cerejeira. Benedetto XVI - che ha donato al santuario una casula consegnata al vescovo di Setubal, monsignor Gilberto Délio Gonçalves Canavarro dos Reis, e al rettore Alberto Sezinando - sorvolerà il monumento lasciando la capitale per recarsi a Fátima mercoledì pomeriggio 12 maggio.
Il Terreiro do Paço, attuale praça do Comércio, è un luogo simbolico per i portoghesi: al suo posto sorgeva il palazzo reale distrutto nel terribile terremoto del 1° novembre 1755 che spazzò via tre quarti di città. Gli abitanti di Lisbona la chiamano ancora con il nome di Terrazza del Palazzo in ricordo dell'antica dimora reale. La piazza venne ridisegnata nel XVIii secolo in stile pombalino, dal nome del celebre marchese di Pombal, al quale si deve la riqualificazione della città. Il 1° febbraio 1908 vi venne assassinato il penultimo re del Portogallo Carlo i, detto "O martirizado", prima che venisse proclamata la repubblica, due anni dopo. La nuova denominazione di piazza del commercio sottolinea il suo attuale ruolo nell'economia della città.
Terminata la celebrazione, il Pontefice è rientrato in nunziatura, dove si è affacciato al balcone per salutare i numerosi giovani che si erano radunati per cantare in suo onore. Il Papa ha rivolto loro un breve saluto e li ha benedetti.

(©L'Osservatore Romano - 13 maggio 2010)


Paparatzifan
00venerdì 14 maggio 2010 00:01
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PAPA A FATIMA: PADRE LOMBARDI, FEDELI HANNO CAPITO SUA LOTTA A ABUSI

Salvatore Izzo

(AGI) - Fatima, 13 mag. -

"La folla di circa 500 mila fedeli che hanno partecipato questa mattina alla messa celebrata dal Papa sulla spianata del Santuario di Fatima non e' una sorpresa: per il popolo cristiano i viaggi del Papa sono sempre l'occasione per una grande mobilitazione".
Lo afferma il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, per il quale "quanto accaduto negli ultimi mesi, con i problemi dello scandalo degli abusi, poteva far
pensare che si oscurasse la vitalita', l'attenzione nei confronti del Papa. Ma questo non e' avvenuto, questa vitalita' non e' in crisi per le discussioni dei mesi passati, e il fatto che si manifesti in modo cosi' evidente la forza della fede e' molto incoraggiante".
Per Lombardi, inoltre, il fatto che Benedetto XVI "attualizzi" il contenuto della profezia di Fatima, anche oltre gli eventi tragici del ventesimo secolo, significa che per lui "la profezia e' una scuola di lettura del mondo e degli avvenimenti che sono davanti a noi alla luce della fede".
Se qualcuno - osserva il gesuita - ha letto nella visione di Fatima le realta' del secolo ventesimo ha fatto benissimo, perche' quella era l'epoca in cui parlavano i veggenti, ma questo non vuol dire che si chiude la scuola della lettura degli avvenimenti in una prospettiva di fede".

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00venerdì 14 maggio 2010 00:01
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PAPA A FATIMA: PROFEZIA DELLA VERGINE NON SI E'ANCORA COMPIUTA

Salvatore Izzo

(AGI) - Fatima, 13 mag.

Anche se non esistono altre parti non rivelate del Messaggio di Fatima, le sofferenze della Chiesa e dell'umanita' previste dalla Vergine, e confidate da Suor Lucia Dos Santos nel testo fatto pubblicare 83 anni dopo le Apparizioni da Giovanni Paolo II, non sono affatto finite. Esse infatti non riguardavano solo le guerre mondiali, le persecuzioni del comunismo verso i credenti e l'attentato al Papa. E nonostante cio' possiamo e dobbiamo guardare con speranza al "futuro di Dio".
Questo in sostanza il ragionamento che Benedetto XVI ha sviluppato nell'omelia di oggi, a dieci anni dalla pubblicazione del cosidetto terzo segreto, che egli stesso, da cardinale prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, era stato chiamato a commentare.
"Si illuderebbe - ha affermato oggi davanti a circa 500 mila fedeli che gremivano la spianata del Santuario portoghese - chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa. Qui rivive quel disegno di Dio che interpella l'umanita' sin dai suoi primordi: 'Dov'e' Abele, tuo fratello? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!'". "L'uomo - sono le parole del Pontefice - ha potuto scatenare un ciclo di morte e di terrore, ma non riesce ad interromperlo... Nella Sacra Scrittura appare frequentemente che Dio sia alla ricerca di giusti per salvare la citta' degli uomini".
Secondo Papa Ratzinger, "lo stesso fa qui, in Fatima, quando la Madonna domanda: 'Volete offrirvi a Dio per sopportare tutte le sofferenze che Egli vorra' mandarvi, in atto di riparazione per i peccati con cui Egli e' offeso, e di supplica per la conversione dei peccatori?".
"Con la famiglia umana pronta a sacrificare i suoi legami piu' santi sull'altare di gretti egoismi di nazione, razza, ideologia, gruppo, individuo, e' venuta dal Cielo - ha ricordato il Papa teologo - la nostra Madre benedetta offrendosi per trapiantare nel cuore di quanti le si affidano l'Amore di Dio che arde nel suo. In quel tempo erano soltanto tre, il cui esempio di vita si e' diffuso e moltiplicato in gruppi innumerevoli per l'intera superficie della terra, in particolare al passaggio della Vergine Pellegrina, i quali si sono dedicati alla causa della solidarieta' fraterna".
"Possano - ha auspicato Ratzinger - questi sette anni che ci separano dal centenario delle Apparizioni affrettare il preannunciato trionfo del Cuore Immacolato di Maria a gloria della Santissima Trinita'".
"Sorelle e fratelli tanto amati, anch'io - ha confidato Benedetto XVI - sono venuto come pellegrino a Fatima, a questa 'casa' che Maria ha scelto per parlare a noi nei tempi moderni. Sono venuto a Fatima per gioire della presenza di Maria e della sua materna protezione. Sono venuto a Fatima, perche' verso questo luogo converge oggi la Chiesa pellegrinante, voluta dal Figlio suo quale strumento di evangelizzazione e sacramento di salvezza. Sono venuto a Fatima per pregare, con Maria e con tanti pellegrini, per la nostra umanita' afflitta da miserie e sofferenze. Infine, sono venuto a Fatima, con gli stessi sentimenti dei Beati Francesco e Giacinta e della Serva di Dio Lucia, per affidare alla Madonna - ha rivelato con commozione il Papa - l'intima confessione che 'amo', che la Chiesa, che i sacerdoti 'amano' Gesu' e desiderano tenere fissi gli occhi in Lui, mentre si conclude quest'Anno Sacerdotale".
"Tra sette anni - ha aggiunto rivolto alla folla immensa che lo ascoltava in un silenzio irreale - ritornerete qui per celebrare il centenario della prima visita fatta dalla Signora 'venuta dal Cielo', come Maestra che introduce i piccoli veggenti nell'intima conoscenza dell'Amore trinitario e li porta ad assaporare Dio stesso come la cosa piu' bella dell'esistenza umana".
"Nell'udire le innocenti e profonde confidenze mistiche dei Pastorelli, qualcuno - ha osservato Ratzinger - potrebbe guardarli con un po' d'invidia perche' essi hanno visto, oppure con la delusa rassegnazione di chi non ha avuto la stessa fortuna, ma insiste nel voler vedere. A tali persone, il Papa dice come Gesu': 'Non e' forse per questo che siete in errore, perche' non conoscete le Scritture, ne' la potenza di Dio?'". Per Benedetto XVI, "quella Luce nell'intimo dei Pastorelli, che proviene dal futuro di Dio, e' la stessa che si e' manifestata nella pienezza dei tempi ed e' venuta per tutti: il Figlio di Dio fatto uomo. Che Egli abbia il potere di infiammare i cuori piu' freddi e tristi, lo vediamo nei discepoli di Emmaus".
"Percio' - ha rilevato - la nostra speranza ha fondamento reale, poggia su un evento che si colloca nella storia e al tempo stesso la supera: e' Gesu' di Nazaret". "La fede in Dio - infatti - apre all'uomo l'orizzonte di una speranza certa che non delude; indica un solido fondamento sul quale poggiare, senza paura, la propria vita; richiede l'abbandono, pieno di fiducia, nelle mani dell'Amore che sostiene il mondo".

© Copyright (AGI)

PAPA A FATIMA: AI MALATI,"AVETE VALORE, NON SENTITEVI UN PESO"

Salvatore Izzo

(AGI) - Fatima, 13 mag.

"Fratello mio e Sorella mia, agli occhi di Dio hai 'un valore cosi' grande da essersi Egli stesso fatto uomo per poter com-patire con l'uomo, in modo molto reale, in carne e sangue, come ci viene dimostrato nel racconto della Passione di Gesu'". Lo ha detto il Papa in un saluto rivolto ai malati dopo la messa celebrata nel Santuario di Fatima. "In ogni sofferenza umana - ha spiegato - e' entrato uno che condivide la sofferenza e la sopportazione; da li' si diffonde in ogni sofferenza la
consolatio, la consolazione dell'amore partecipe di Dio e cosi' sorge la stella della speranza'". "Con questa speranza nel cuore - ha continuato il Pontefice sempre parlando ai malati - potrai uscire dalle sabbie mobili della malattia e della morte e rimanere in piedi sulla salda roccia dell'amore divino. In altre parole: potrai superare la sensazione di inutilita' della sofferenza che consuma la persona nell''intimo di se stessa e la fa sentire un peso per gli altri, quando, in verita', la sofferenza, vissuta con Gesu', serve per la salvezza dei fratelli".
Nella visione cristiana, ha ricordato il Papa teologo, "le sorgenti della potenza divina sgorgano proprio in mezzo alla debolezza umana". "E' questo - ha scandito - il paradosso del Vangelo. Percio' il divino Maestro, piu' che dilungarsi a spiegare le ragioni della sofferenza, ha preferito chiamare ciascuno a seguirlo, dicendo: 'Prendi la tua croce e seguimi'". "Vieni con me. Prendi parte, con la tua sofferenza - ha continuato Ratzinger parafrasando le parole del Vangelo - a quest'opera di salvezza del mondo, che si realizza mediante la mia sofferenza, per mezzo della mia Croce. Man mano che abbracci la tua croce, unendoti spiritualmente alla mia Croce, si svelera' ai tuoi occhi il significato salvifico della sofferenza. Troverai nella sofferenza la pace interiore e perfino la gioia spirituale". "Cari malati - ha poi concluso - accogliete questa chiamata di Gesu' che passera' accanto a voi nel Santissimo Sacramento e affidategli ogni contrarieta' e pena che affrontate, affinche' diventino, secondo i suoi disegni , mezzo di redenzione per il mondo intero.
Voi sarete redentori nel Redentore, come siete figli nel Figlio".

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00venerdì 14 maggio 2010 00:04
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Il risveglio dal torpore

di Bruno Mastroianni, Tempi, 13.5.2010

È giusto pensare che la Chiesa possa fare passi avanti nella comunicazione. Ma sarebbe un errore credere che alla radice delle critiche sommarie e ingiuste al Pontefice ci sia solo una questione di professionalità informativa. E il problema non sono nemmeno i media in sé (molti, di questi tempi, hanno informato con correttezza e puntualità).
Quello che sta accadendo è più profondo: è la manifestazione della frizione che c’è tra la mentalità corrente e la logica del Vangelo – in cui era già previsto: «Beati voi quando, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi».
La cosa interessante è che, mentre dalla prospettiva del palcoscenico mediatico la frizione sembra esclusivamente una minaccia alla buona immagine della Chiesa, nella realtà porta i suoi frutti. Si pensi a quanto, in questi giorni, a parte le polemiche, si è parlato dell’importanza della santità dei sacerdoti, del rapporto tra il Papa e i vescovi, del concetto di peccato e redenzione. Si pensi all’opportunità di riflettere sulla natura della Chiesa: un’istituzione santa per fondazione divina, composta da uomini imperfetti e, proprio per questo, coraggiosa nel risanare le sue ferite. Quando mai si sarebbe parlato di cose simili nel piattume gossipparo ed economico-politico che attanaglia buona parte del sistema mediatico?
La realtà è che le baruffe mediatiche che stanno accompagnando il pontificato di Benedetto XVI – ogniqualvolta affronta qualcosa di importante – non sono dovute solo a gap comunicativi: in esse si manifestano i sussulti che il mondo produce mentre viene scosso dal suo torpore.

© Copyright Tempi, 13 maggio 2010


Paparatzifan
00venerdì 14 maggio 2010 00:21
Dal blog di Lella...

Papa a fatima: nella prova mi conforta l’appoggio dei vescovi

Salvatore Izzo

(AGI) - Fatima, 13 mag.

“Il Papa ha bisogno di aprirsi sempre di più al mistero della Croce, abbracciandola quale unica speranza e ultima via per guadagnare e radunare nel Crocifisso tutti i suoi fratelli e sorelle in umanità”. Lo ha detto Benedetto XVI nel discorso ai vescovi del Portogallo riuniti questa sera a Fatima. “Mi è di conforto - ha aggiunto - la determinazione con cui anche voi mi seguite da vicino senza temere null’altro che la perdita della salvezza eterna del vostro
popolo, come bene dimostrano le parole con le quali avete voluto testimoniare la vostra incondizionata fedeltà al Successore di Pietro”.

© Copyright (AGI)

Papa a fatima: in politica e media avanza “proposta -monoculturale”

Salvatore Izzo

(AGI) - Fatima, 13 mag.

“Nel sentire di molti - oggi - la fede cattolica non è più patrimonio comune della società e, spesso, si vede come un seme insidiato e offuscato da ‘divinità’ e signori di questo mondo”. In queste condizioni, “ molto difficilmente essa potrà toccare i cuori mediante semplici discorsi o richiami morali e meno ancora attraverso generici richiami ai valori cristiani” . Serve dunque “ un nuovo vigore missionario dei cristiani, chiamati a formare un laicato maturo, identificato con la Chiesa, solidale con la complessa trasformazione del mondo”. Lo ha affermato Benedetto XVI nel discorso ai vescovi del Portogallo riuniti a Fatima, sottolinenando che “c’è bisogno di autentici testimoni di Gesù Cristo, soprattutto in quegli ambienti umani dove il silenzio della fede è più ampio e profondo: i politici, gli intellettuali, i professionisti della comunicazione che professano e promuovono una proposta monoculturale, con disdegno per la dimensione religiosa e contemplativa della vita. In tali ambiti non mancano credenti che si vergognano e che danno una mano al secolarismo, costruttore di barriere all’ispirazione cristiana”.
“Quanti difendono in tali ambienti, con coraggio, un vigoroso pensiero cattolico, fedele al Magistero, continuino a ricevere - ha chiesto il Pontefice ai vescovi - il vostro stimolo e la vostra parola illuminante, per vivere, da fedeli laici, la libertà cristiana”. Per il Papa, “il richiamo coraggioso e integrale ai principi è essenziale e indispensabile; tuttavia il semplice
enunciato del messaggio non arriva fino in fondo al cuore della persona, non tocca la sua libertà, non cambia la vita. Ciò che affascina - ha spiegato - è soprattutto l’incontro con persone credenti che, mediante la loro fede, attirano verso la grazia di Cristo, rendendo testimonianza di Lui”.


+PetaloNero+
00venerdì 14 maggio 2010 00:49
Benedetto XVI chiede di essere “autentici testimoni di Gesù Cristo”
Incontrando i Vescovi del Portogallo a Fatima



FATIMA, giovedì, 13 maggio 2010 (ZENIT.org).- Incontrando questo giovedì pomeriggio i Vescovi portoghesi nel Santuario di Fatima, che ha definito “cuore spirituale del Portogallo”, Benedetto XVI ha esortato a dare una testimonianza più verace della fede.

Il Papa ha riconosciuto che “i tempi nei quali viviamo esigono un nuovo vigore missionario dei cristiani, chiamati a formare un laicato maturo, identificato con la Chiesa, solidale con la complessa trasformazione del mondo”.

“C’è bisogno di autentici testimoni di Gesù Cristo, soprattutto in quegli ambienti umani dove il silenzio della fede è più ampio e profondo”, ha spiegato, citando la politica, il mondo intellettuale e quello della comunicazione.

In questi ambiti, ha osservato, “non mancano credenti che si vergognano e che danno una mano al secolarismo, costruttore di barriere all’ispirazione cristiana”.

Per questo, ha chiesto ai Vescovi di adoperarsi a favore di quanti difendono in questi contesti “un vigoroso pensiero cattolico, fedele al Magistero”, affinché possano ricevere una “parola illuminante, per vivere, da fedeli laici, la libertà cristiana”.

“Mantenete viva la dimensione profetica, senza bavagli, nello scenario del mondo attuale, perché la parola di Dio non è incatenata!”, ha esortato.

Attenzione agli evangelizzatori

Per essere più vicini ai fedeli e promuovere una maggiore testimonianza cristiana, il Papa ha chiesto ai Vescovi di “programmare efficacemente le risorse pastorali”, in particolare permeando ogni agente evangelizzatore di “un vero ardore di santità, consapevoli che il risultato deriva soprattutto dall’unione con Cristo e dall’azione del suo Spirito”.

In una società in cui la fede cattolica è spesso “un seme insidiato e offuscato da 'divinità' e signori di questo mondo”, questa potrà difficilmente “toccare i cuori mediante semplici discorsi o richiami morali, e meno ancora attraverso generici richiami ai valori cristiani”.

Ciò che affascina, infatti, è soprattutto “l’incontro con persone credenti che, mediante la loro fede, attirano verso la grazia di Cristo, rendendo testimonianza di Lui”.

A questo proposito, il Papa ha confessato la sua “piacevole sorpresa” nel prendere contatto con i movimenti e le nuove comunità ecclesiali portoghesi, incontrati nel pomeriggio sempre a Fatima.

“Osservandoli, ho avuto la gioia e la grazia di vedere come, in un momento di fatica della Chiesa, in un momento in cui si parlava di 'inverno della Chiesa', lo Spirito Santo creava una nuova primavera, facendo svegliare nei giovani e negli adulti la gioia di essere cristiani, di vivere nella Chiesa, che è il Corpo vivo di Cristo”, ha riconosciuto.

Di fronte a queste realtà, ha detto, i Vescovi da un lato devono “sentire la responsabilità di accogliere questi impulsi che sono doni per la Chiesa e le conferiscono nuova vitalità”, dall’altro “aiutare i movimenti a trovare la strada giusta, facendo delle correzioni” con quella “comprensione spirituale e umana che sa unire guida, riconoscenza e una certa apertura e disponibilità ad accettare di imparare”.

Nell'Anno Sacerdotale, Benedetto XVI ha quindi chiesto ai Vescovi di riscoprire “la paternità episcopale soprattutto verso il vostro clero”.

“Per troppo tempo si è relegata in secondo piano la responsabilità dell’autorità come servizio alla crescita degli altri, e, prima di tutti, dei sacerdoti”, ha ricordato.

Ha infine concluso il suo discorso chiedendo di rinvigorire “i sentimenti di misericordia e di compassione”, “per essere in grado di rispondere alle situazioni di gravi carenze sociali”.

“Si costituiscano organizzazioni e si perfezionino quelle già esistenti, perché siano in grado di rispondere con creatività ad ogni povertà, includendo quelle della mancanza di senso della vita e dell’assenza di speranza”.

Nuova direzione

Nel suo saluto al Papa, monsignor Jorge Ortiga, Arcivescovo di Braga e presidente della Conferenza Episcopale Portoghese (CEP), ha ricordato che in passato sulle navi portoghesi “sono partiti i conquistatori, ma anche i missionari, che hanno portato nei nuovi continenti il Vangelo e la Croce”.

In questo contesto religioso, ha osservato, Fatima merita una menzione speciale. “Ai piedi della Madonna si inginocchiano i credenti e gli inquieti, i potenti e i fragili, i ricchi e i poveri, i riconoscenti e i supplicanti. Fatima specchia, in modo più che eloquente, l’anima devota di questo popolo”.

Il presule ha quindi indicato alcune delle sfide che affronta oggi il Portogallo, citando “l’indifferenza, l’ateismo, l’indifferentismo, il razionalismo, l’edonismo, le offese alla vita e all’istituzione della famiglia, il disorientamento sul piano etico, la miseria sociale”.

“Viviamo immersi nella 'modernità liquida', dove i riferimenti cristiani cominciano a liquefarsi, frutto di una campagna che ci vuole situare nel mondo dei retrogradi e osa proporre modelli comuni ad altre mentalità e presentati come progressisti”.

“Desideriamo camminare verso un nuovo stile di vita, segnato dal compromesso e dalla passione per il nostro Paese, che necessita di una urgente rievangelizzazione, non dimenticando mai la responsabilità storica di partire per altri continenti”, ha riconosciuto monsignor Ortiga.

“Maria, Nostra Signora di Fatima e Madre della Chiesa, sia il modello per le nostre vite e per le nostre comunità, in modo da conservare nel cuore la Parola di Dio e di impegnarci con rinnovato entusiasmo a testimoniare le meraviglie che Dio – e solo Lui – fa in noi, anche davanti alle nostre fragilità e limitazioni”.











Il Papa supera la storica dicotomia dei cattolici impegnati nel sociale
Contemplazione e azione; difesa dei poveri e della vita



FATIMA, giovedì, 13 maggio 2010 (ZENIT.org).- A Fatima, Benedetto XVI ha presentato questo giovedì pomeriggio un programma per i cristiani impegnati nel sociale in cui supera la storica divisione tra coloro che considerano la contemplazione e l'azione elementi contrastanti. Allo stesso modo, il Pontefice ha chiesto di superare la dicotomia dei decenni precedenti, che ha contrapposto l'impegno a favore della giustizia sociale e la difesa della vita umana.

Il Papa ha sintetizzato in questo modo gli insegnamenti che ha presentato nei suoi cinque anni di pontificato e nelle sue tre Encicliche in un incontro con le organizzazioni della pastorale sociale nella chiesa della Santissima Trinità della città mariana.

La lezione delle crisi

Il Pontefica ha iniziato traendo lezioni dall'attuale “crisi socio-economica, culturale e spirituale” e dal suo impatto sulla riflessione dei cristiani.

La Dottrina Sociale della Chiesa, ha spiegato, non deve essere una “semplice conoscenza intellettuale”, ma “una saggezza che dia sapore e condimento, offra creatività alle vie conoscitive ed operative tese ad affrontare una così ampia e complessa crisi”.

“Possano le istituzioni della Chiesa, insieme a tutte le organizzazioni non ecclesiali, perfezionare le loro capacità di conoscenza e le direttive in vista di una nuova e grandiosa dinamica, che conduca verso quella civiltà dell’amore, il cui seme Dio ha posto in ogni popolo, in ogni cultura”, ha auspicato.

“Chi impara da Dio Amore sarà inevitabilmente una persona per gli altri”. L’amore di Dio, infatti, “ si rivela nella responsabilità per l’altro”.

Coniugare contemplazione e azione

In questo senso, ha riconosciuto che “non è facile arrivare ad una sintesi soddisfacente tra la vita spirituale e l’attività apostolica”.

“La pressione esercitata dalla cultura dominante, che presenta con insistenza uno stile di vita fondato sulla legge del più forte, sul guadagno facile e allettante, finisce per influire sul nostro modo di pensare, sui nostri progetti e sulle prospettive del nostro servizio, con il rischio di svuotarli di quella motivazione della fede e della speranza cristiana che li aveva suscitati”.

“Le numerose e pressanti richieste di aiuto e sostegno che ci rivolgono i poveri e i marginalizzati della società ci spingono a cercare soluzioni che rispondano alla logica dell’efficienza, dell’effetto visibile e della pubblicità”.

La sintesi tra contemplazione e azione, ha tuttavia ricordato ai presenti, “è assolutamente necessaria” “per poter servire Cristo nell’umanità che vi attende. In questo mondo diviso, si impone a tutti una profonda e autentica unità di cuore, di spirito e di azione”.

Per questo, il Papa ha chiesto che sia chiaro l'orientamento delle istituzioni di aiuto della Chiesa.

“La ferma identità delle istituzioni è un reale servizio, di grande giovamento per coloro che ne beneficiano. Oltre l’identità e ad essa collegata, è un passo fondamentale concedere all’attività caritativa cristiana autonomia e indipendenza dalla politica e dalle ideologie, anche se in collaborazione con gli organi dello Stato per raggiungere scopi comuni”.

Giustizia sociale e difesa della vita


Alla luce di questa riflessione, il Pontefice ha chiesto di superare anche la divisione che si è verificata nell'impegno sociale di alcuni cattolici, che a volte hanno visto l'aiuto ai poveri e la difesa della vita (soprattutto dei concepiti) come elementi contrapposti.

“Le vostre attività assistenziali, educative o caritative siano completate da progetti di libertà che promuovano l’essere umano, nella ricerca della fraternità universale - ha chiesto -. Si colloca qui l’urgente impegno dei cristiani nella difesa dei diritti umani, attenti alla totalità della persona umana nelle sue diverse dimensioni”.

Per questo, ha espresso il suo “profondo apprezzamento a tutte quelle iniziative sociali e pastorali che cercano di lottare contro i meccanismi socio-economici e culturali che portano all’aborto e che hanno ben presenti la difesa della vita e la riconciliazione e la guarigione delle persone ferite dal dramma dell’aborto”.

“Le iniziative che hanno lo scopo di tutelare i valori essenziali e primari della vita, dal suo concepimento, e della famiglia, fondata sul matrimonio indissolubile tra un uomo e una donna, aiutano a rispondere ad alcune delle più insidiose e pericolose sfide che oggi si pongono al bene comune”, ha sottolineato.

“Tali iniziative costituiscono, insieme a tante altre forme d’impegno, elementi essenziali per la costruzione della civiltà dell’amore”.










Il Papa ai malati: la vostra sofferenza salva gli altri
La forza divina brilla nella debolezza umana



FATIMA, giovedì, 13 maggio 2010 (ZENIT.org).- La sofferenza con Cristo ha un valore redentore. E' il messaggio con cui il Papa ha voluto animare la folla di malati che ha seguito la celebrazione dell'Eucaristia questo giovedì nel Santuario di Fatima.

Prima di benedirli con il Santissimo Sacramento, al termine della celebrazione, Benedetto XVI ha voluto rivolgersi ai malati presenti, a quelli che seguivano la cerimonia “mediante la radio e la televisione” e a quanti non avevano “neppure questa possibilità”, ma erano uniti ai presenti a Fatima “tramite i vincoli più profondi dello spirito, ossia, nella fede e nella preghiera”.

“Cari malati, accogliete questa chiamata di Gesù che passerà accanto a voi nel Santissimo Sacramento e affidategli ogni contrarietà e pena che affrontate, affinché diventino – secondo i suoi disegni – mezzo di redenzione per il mondo intero”, ha chiesto.

“Fratello mio e Sorella mia, agli occhi di Dio hai un valore così grande da essersi Egli stesso fatto uomo per poter com-patire con l’uomo, in modo molto reale, in carne e sangue, come ci viene dimostrato nel racconto della Passione di Gesù”.

Per questo, ha aggiunto il Pontefice, “in ogni sofferenza umana è entrato uno che condivide la sofferenza e la sopportazione; da lì si diffonde in ogni sofferenza la con-solatio, la consolazione dell’amore partecipe di Dio e così sorge la stella della speranza”.

“Con questa speranza nel cuore, potrai uscire dalle sabbie mobili della malattia e della morte e rimanere in piedi sulla salda roccia dell’amore divino. In altre parole: potrai superare la sensazione di inutilità della sofferenza che consuma la persona nell’intimo di se stessa e la fa sentire un peso per gli altri, quando, in verità, la sofferenza, vissuta con Gesù, serve per la salvezza dei fratelli”.

Ciò, ha affermato il Vescovo di Roma, è possibile perché “le sorgenti della potenza divina sgorgano proprio in mezzo alla debolezza umana”.

Gesù dice a ogni malato: “Vieni con me. Prendi parte, con la tua sofferenza, a quest’opera di salvezza del mondo, che si realizza mediante la mia sofferenza, per mezzo della mia Croce. Man mano che abbracci la tua croce, unendoti spiritualmente alla mia Croce, si svelerà ai tuoi occhi il significato salvifico della sofferenza. Troverai nella sofferenza la pace interiore e perfino la gioia spirituale”.












Benedetto XVI: la missione di Fatima non è conclusa
Più di 500.000 persone accorrono alla Messa



FATIMA, giovedì, 13 maggio 2010 (ZENIT.org).- “Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa”, ha affermato questo giovedì Benedetto XVI nell'omelia della Messa solenne celebrata sulla spianata del Santuario di Fatima insieme a più di mezzo milione di pellegrini, del Portogallo e di altre Nazioni europee.

La missione della Chiesa oggi, ha detto il Papa, è quella di mostrare l'amore di Dio a un'umanità “pronta a sacrificare i suoi legami più santi sull’altare di gretti egoismi di Nazione, razza, ideologia, gruppo, individuo”.

“L’uomo ha potuto scatenare un ciclo di morte e di terrore, ma non riesce ad interromperlo… Nella Sacra Scrittura appare frequentemente che Dio sia alla ricerca di giusti per salvare la città degli uomini e lo stesso fa qui, in Fatima”, ha aggiunto.

La solenne Eucaristia, celebrata sotto un sole splendente, è stata presieduta dal Papa e concelebrata con quattro Cardinali, 77 Vescovi e 1442 sacerdoti. La cerimonia è iniziata con la processione dell'immagine della Madonna di Fatima.

“Anch’io sono venuto come pellegrino a Fatima, a questa 'casa' che Maria ha scelto per parlare a noi nei tempi moderni”, ha riconosciuto il Papa, “perché verso questo luogo converge oggi la Chiesa pellegrinante, voluta dal Figlio suo quale strumento di evangelizzazione e sacramento di salvezza”.

Il Pontefice ha insistito sulla sua sollecitudine verso l'“umanità afflitta da miserie e sofferenze”: “in Dio, stringo al cuore tutti i loro figli e figlie, in particolare quanti di loro vivono nella tribolazione o abbandonati, nel desiderio di trasmettere loro quella speranza grande che arde nel mio cuore e che qui, a Fatima, si fa trovare in maniera più palpabile”.

“Sì! Il Signore, la nostra grande speranza, è con noi; nel suo amore misericordioso, offre un futuro al suo popolo: un futuro di comunione con sé”, ha esclamato Benedetto XVI.

Il Pontefice ha poi voluto anticipare la prossima celebrazione del centenario delle apparizioni della Madonna ai pastorelli, auspicando che i sette anni che mancano per la commemorazione possano “affrettare il preannunciato trionfo del Cuore Immacolato di Maria a gloria della Santissima Trinità”.

“Tra sette anni ritornerete qui per celebrare il centenario della prima visita fatta dalla Signora 'venuta dal Cielo', come Maestra che introduce i piccoli veggenti nell’intima conoscenza dell’Amore trinitario e li porta ad assaporare Dio stesso come la cosa più bella dell’esistenza umana”.

Questa esperienza, ha commentato, ha reso i pastorelli “innamorati di Dio in Gesù”.

“Dio può raggiungerci, offrendosi alla nostra visione interiore”, ha aggiunto, sottolineando che Cristo ha “il potere di infiammare i cuori più freddi e tristi”, perché “la fede in Dio apre all’uomo l’orizzonte di una speranza certa che non delude; indica un solido fondamento sul quale poggiare, senza paura, la propria vita; richiede l’abbandono, pieno di fiducia, nelle mani dell’Amore che sostiene il mondo”.

In questo senso, ha proposto come esempio proprio i pastorelli, che “hanno fatto della loro vita un’offerta a Dio e una condivisione con gli altri per amore di Dio”.

“La Madonna li ha aiutati ad aprire il cuore all’universalità dell’amore”, ha concluso. “Soltanto con questo amore di fraternità e di condivisione riusciremo ad edificare la civiltà dell’Amore e della Pace”.












Discorso di Benedetto XVI ai Vescovi del Portogallo



FATIMA, giovedì, 13 maggio 2010 (ZENIT.org).- Riportiamo il discorso che Papa Benedetto XVI ha rivolto questo giovedì pomeriggio a Fatima ai Vescovi del Portogallo nel suo terzo giorno di visita pastorale nel Paese.

* * *

Venerati e cari Fratelli nell’Episcopato,

Rendo grazie a Dio per l’occasione che mi offre di incontrarvi tutti qui nel cuore spirituale del Portogallo, che è il Santuario di Fatima, dove moltitudini di pellegrini provenienti dai luoghi più vari della terra, cercano di ritrovare o di rafforzare in sé stessi le certezze del Cielo. Tra loro è venuto da Roma il Successore di Pietro, accogliendo i ripetuti inviti ricevuti e mosso da un debito di riconoscenza verso la Vergine Maria, la quale proprio qui ha trasmesso ai suoi veggenti e pellegrini un intenso amore per il Santo Padre che fruttifica in una vigorosa schiera orante con Gesù alla guida: Pietro, «io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli» (Lc 22, 32).

Come vedete, il Papa ha bisogno di aprirsi sempre di più al mistero della Croce, abbracciandola quale unica speranza e ultima via per guadagnare e radunare nel Crocifisso tutti i suoi fratelli e sorelle in umanità. Obbedendo alla Parola di Dio, egli è chiamato a vivere non per sé stesso ma per la presenza di Dio nel mondo. Mi è di conforto la determinazione con cui anche voi mi seguite da vicino senza temere null’altro che la perdita della salvezza eterna del vostro popolo, come bene dimostrano le parole con cui Mons. Jorge Ortiga ha voluto salutare il mio arrivo in mezzo a voi e testimoniare l’incondizionata fedeltà dei Vescovi del Portogallo al Successore di Pietro. Di cuore vi ringrazio. Grazie inoltre per tutta la premura che avete avuto nell’organizzazione di questa mia Visita. Dio vi ricompensi, riversando in abbondanza su di voi e sulle vostre diocesi lo Spirito Santo, affinché possiate, in un cuor solo e un’anima sola, portare a termine l’impegno pastorale che vi siete proposti, quello, cioè, di offrire ad ogni fedele un’iniziazione cristiana esigente e affascinante, che comunichi l’integrità della fede e della spiritualità, radicata nel Vangelo e formatrice di operatori liberi in mezzo alla vita pubblica.

In verità, i tempi nei quali viviamo esigono un nuovo vigore missionario dei cristiani, chiamati a formare un laicato maturo, identificato con la Chiesa, solidale con la complessa trasformazione del mondo. C’è bisogno di autentici testimoni di Gesù Cristo, soprattutto in quegli ambienti umani dove il silenzio della fede è più ampio e profondo: i politici, gli intellettuali, i professionisti della comunicazione che professano e promuovono una proposta monoculturale, con disdegno per la dimensione religiosa e contemplativa della vita. In tali ambiti non mancano credenti che si vergognano e che danno una mano al secolarismo, costruttore di barriere all’ispirazione cristiana. Nel frattempo, amati Fratelli, quanti difendono in tali ambienti, con coraggio, un vigoroso pensiero cattolico, fedele al Magistero, continuino a ricevere il vostro stimolo e la vostra parola illuminante, per vivere, da fedeli laici, la libertà cristiana.

Mantenete viva la dimensione profetica, senza bavagli, nello scenario del mondo attuale, perché «la parola di Dio non è incatenata!» (2Tm 2,9). Le persone invocano la Buona Novella di Gesù Cristo, che dona senso alle loro vite e salvaguarda la loro dignità. In qualità di primi evangelizzatori, vi sarà utile conoscere e comprendere i diversi fattori sociali e culturali, valutare le carenze spirituali e programmare efficacemente le risorse pastorali; decisivo, però, è riuscire ad inculcare in ogni agente evangelizzatore un vero ardore di santità, consapevoli che il risultato deriva soprattutto dall’unione con Cristo e dall’azione del suo Spirito.

Infatti, quando, nel sentire di molti, la fede cattolica non è più patrimonio comune della società e, spesso, si vede come un seme insidiato e offuscato da «divinità» e signori di questo mondo, molto difficilmente essa potrà toccare i cuori mediante semplici discorsi o richiami morali e meno ancora attraverso generici richiami ai valori cristiani. Il richiamo coraggioso e integrale ai principi è essenziale e indispensabile; tuttavia il semplice enunciato del messaggio non arriva fino in fondo al cuore della persona, non tocca la sua libertà, non cambia la vita. Ciò che affascina è soprattutto l’incontro con persone credenti che, mediante la loro fede, attirano verso la grazia di Cristo, rendendo testimonianza di Lui. Mi vengono in mente queste parole del Papa Giovanni Paolo II: «La Chiesa ha bisogno soprattutto di grandi correnti, movimenti e testimonianze di santità fra i "christifideles" perché è dalla santità che nasce ogni autentico rinnovamento della Chiesa, ogni arricchimento dell’intelligenza della fede e della sequela cristiana, una ri-attualizzazione vitale e feconda del cristianesimo nell’incontro con i bisogni degli uomini, una rinnovata forma di presenza nel cuore dell’esistenza umana e della cultura delle nazioni»(Discorso per il XX della promulgazione del Decreto conciliare «Apostolicam actuositatem», 18 novembre 1985). Qualcuno potrebbe dire: «la Chiesa ha bisogno di grandi correnti, movimenti e testimonianze di santità…, ma non ci sono!».

A questo proposito, vi confesso la piacevole sorpresa che ho avuto nel prendere contatto con i movimenti e le nuove comunità ecclesiali. Osservandoli, ho avuto la gioia e la grazia di vedere come, in un momento di fatica della Chiesa, in un momento in cui si parlava di «inverno della Chiesa», lo Spirito Santo creava una nuova primavera, facendo svegliare nei giovani e negli adulti la gioia di essere cristiani, di vivere nella Chiesa, che è il Corpo vivo di Cristo. Grazie ai carismi, la radicalità del Vangelo, il contenuto oggettivo della fede, il flusso vivo della sua tradizione vengono comunicati in modo persuasivo e sono accolti come esperienza personale, come adesione della libertà all’evento presente di Cristo.

Condizione necessaria, naturalmente, è che queste nuove realtà vogliano vivere nella Chiesa comune, pur con spazi in qualche modo riservati per la loro vita, così che questa diventi poi feconda per tutti gli altri. I portatori di un carisma particolare devono sentirsi fondamentalmente responsabili della comunione, della fede comune della Chiesa e devono sottomettersi alla guida dei Pastori. Sono questi che devono garantire l’ecclesialità dei movimenti. I Pastori non sono soltanto persone che occupano una carica, ma essi stessi sono portatori di carismi, sono responsabili per l’apertura della Chiesa all’azione dello Spirito Santo. Noi, Vescovi, nel sacramento, siamo unti dallo Spirito Santo e quindi il sacramento ci garantisce anche l’apertura ai suoi doni. Così, da una parte, dobbiamo sentire la responsabilità di accogliere questi impulsi che sono doni per la Chiesa e le conferiscono nuova vitalità, ma, dall’altra, dobbiamo anche aiutare i movimenti a trovare la strada giusta, facendo delle correzioni con comprensione – quella comprensione spirituale e umana che sa unire guida, riconoscenza e una certa apertura e disponibilità ad accettare di imparare.

Iniziate o confermate proprio in questo i presbiteri. Nell’Anno sacerdotale che volge al termine, riscoprite, amati Fratelli, la paternità episcopale soprattutto verso il vostro clero. Per troppo tempo si è relegata in secondo piano la responsabilità dell’autorità come servizio alla crescita degli altri, e, prima di tutti, dei sacerdoti. Questi sono chiamati a servire, nel loro ministero pastorale, integrati in un’azione pastorale di comunione o di insieme, come ci ricorda il Decreto conciliare Presbyterorum ordinis: «Nessun presbitero è quindi in condizione di realizzare a fondo la propria missione se agisce da solo e per proprio conto, senza unire le proprie forze a quelle degli altri presbiteri, sotto la guida di coloro che governano la Chiesa» (n. 7). Non si tratta di ritornare al passato, né di un semplice ritorno alle origini, ma di un ricupero del fervore delle origini, della gioia dell’inizio dell’esperienza cristiana, facendosi accompagnare da Cristo come i discepoli di Emmaus nel giorno di Pasqua, lasciando che la sua parola ci riscaldi il cuore, che il «pane spezzato» apra i nostri occhi alla contemplazione del suo volto. Soltanto così il fuoco della carità sarà ardente abbastanza da spingere ogni fedele cristiano a diventare dispensatore di luce e di vita nella Chiesa e tra gli uomini.

Prima di concludere, vorrei chiedervi, nella vostra qualità di presidenti e ministri della carità nella Chiesa, di rinvigorire in voi stessi e intorno a voi i sentimenti di misericordia e di compassione per essere in grado di rispondere alle situazioni di gravi carenze sociali. Si costituiscano organizzazioni e si perfezionino quelle già esistenti, perché siano in grado di rispondere con creatività ad ogni povertà, includendo quelle della mancanza di senso della vita e dell’assenza di speranza. È molto lodevole lo sforzo che fate per aiutare le diocesi più bisognose, soprattutto dei Paesi lusofoni. Le difficoltà, che adesso si fanno sentire di più, non vi facciano indebolire nella logica del dono. Continui ben viva, nel Paese, la vostra testimonianza di profeti della giustizia e della pace, difensori dei diritti inalienabili della persona, unendo la vostra voce a quella dei più deboli, che avete saggiamente motivato a possedere voce propria, senza temere mai di alzare la voce in favore degli oppressi, degli umiliati e dei maltrattati.

Mentre vi affido alla Madonna di Fatima, chiedendole di sostenervi maternamente nelle sfide in cui siete impegnati, perché siate promotori di una cultura e di una spiritualità di carità e di pace, di speranza e di giustizia, di fede e di servizio, di cuore vi imparto la mia Benedizione Apostolica, estendendola ai vostri familiari e alle comunità diocesane.

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Discorso del Papa ai cristiani impegnati nel sociale
Soccorrere i più poveri, difendere la vita



FATIMA, giovedì, 13 maggio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo le parole che Benedetto XVI ha pronunciato questo giovedì pomeriggio durante l'incontro con le organizzazioni della pastorale sociale nella chiesa della Santissima Trinità di Fatima.

* * *

Carissimi fratelli e amici,

Avete ascoltato Gesù dire: «Va’ e anche tu fa’ così» (Lc 10, 37). Egli ci esorta a fare nostro lo stile del buon samaritano, il cui esempio è stato appena proclamato, nell’accostarsi alle situazioni carenti di aiuto fraterno. E qual è questo stile? «È “un cuore che vede”. Questo cuore vede dove c’è bisogno di amore e agisce in modo conseguente» (Benedetto XVI, Enc. Deus caritas est, 31). Così ha fatto il buon samaritano. Gesù non si limita ad esortare; come insegnano i Santi Padri, il Buon Samaritano è proprio Lui, che si fa vicino ad ogni uomo e «versa sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza» (Prefazio comune VIII) e lo conduce all’albergo, che è la Chiesa, dove lo fa curare, affidandolo ai suoi ministri e pagando di persona, in anticipo, per la sua guarigione. «Va’ e anche tu fa’ così». L’amore incondizionato di Gesù che ci ha guarito dovrà ora trasformarsi in amore donato gratuitamente e generosamente, mediante la giustizia e la carità, se vogliamo vivere con un cuore di buon samaritano.

Provo grande gioia nell’incontrarvi in questo luogo benedetto che Dio si è scelto per ricordare all’umanità, attraverso la Madonna, i suoi disegni di amore misericordioso. Saluto con grande amicizia ogni persona qui presente nonché le istituzioni alle quali appartiene, nella diversità di volti che si trovano uniti nella riflessione sulle questioni sociali e soprattutto nella pratica della compassione verso i poveri, i malati, i detenuti, quelli che vivono da soli e abbandonati, le persone disabili, i bambini e i vecchi, i migranti, i disoccupati e quanti patiscono bisogni che ne turbano la dignità di persone libere. Grazie, Mons. Carlos Azevedo, per l’omaggio di comunione e fedeltà alla Chiesa e al Papa che mi ha voluto offrire sia da parte di quest’assemblea della carità che della Commissione Episcopale di Pastorale Sociale da Lei presieduta e che non smette di stimolare questa grande semina di opere di bene in tutto il Portogallo. Consapevoli, come Chiesa, di non essere in grado d’offrire soluzioni pratiche ad ogni problema concreto, ma sprovvisti di qualsiasi tipo di potere, determinati a servire il bene comune, siate pronti ad aiutare e ad offrire i mezzi di salvezza a tutti.

Cari fratelli e sorelle che operate nel vasto mondo della carità, «Cristo ci rivela che “Dio è amore” (1 Gv 4,8) e insieme ci insegna che la legge fondamentale della perfezione umana e quindi anche della trasformazione del mondo è il nuovo comandamento dell’amore. Dunque coloro che credono nella carità divina sono da Lui resi certi che la strada della carità è aperta a tutti gli uomini» (Cost. Gaudium et spes, 38). L’attuale scenario della storia è di crisi socio-economica, culturale e spirituale, e pone in evidenza l’opportunità di un discernimento orientato dalla proposta creativa del messaggio sociale della Chiesa. Lo studio della sua dottrina sociale, che assume come principale forza e principio la carità, permetterà di tracciare un processo di sviluppo umano integrale che coinvolga le profondità del cuore e raggiunga una più ampia umanizzazione della società (cfr Benedetto XVI, Enc. Caritas in veritate, 20). Non si tratta di semplice conoscenza intellettuale, ma di una saggezza che dia sapore e condimento, offra creatività alle vie conoscitive ed operative tese ad affrontare una così ampia e complessa crisi. Possano le istituzioni della Chiesa, insieme a tutte le organizzazioni non ecclesiali, perfezionare le loro capacità di conoscenza e le direttive in vista di una nuova e grandiosa dinamica, che conduca verso «quella civiltà dell’amore, il cui seme Dio ha posto in ogni popolo, in ogni cultura» (ibid., 33).

Nella sua dimensione sociale e politica, questa diaconia della carità è propria dei fedeli laici, chiamati a promuovere organicamente il bene comune, la giustizia e a configurare rettamente la vita sociale (cfr Benedetto XVI, Enc. Deus caritas est, 29). Una delle conclusioni pastorali, emerse nel corso di vostre recenti riflessioni, è di formare una nuova generazione di leader servitori. L’attrarre nuovi operatori laici per questo campo pastorale meriterà sicuramente una particolare premura dei pastori, attenti al futuro. Chi impara da Dio Amore sarà inevitabilmente una persona per gli altri. In effetti, «l’amore di Dio si rivela nella responsabilità per l’altro» (Benedetto XVI, Enc. Spe salvi, 28). Uniti a Cristo nella sua consacrazione al Padre, siamo afferrati dalla sua compassione per le moltitudini che chiedono giustizia e solidarietà e, come il buon samaritano della parabola, ci impegniamo ad offrire risposte concrete e generose.

Spesso, però, non è facile arrivare ad una sintesi soddisfacente tra la vita spirituale e l’attività apostolica. La pressione esercitata dalla cultura dominante, che presenta con insistenza uno stile di vita fondato sulla legge del più forte, sul guadagno facile e allettante, finisce per influire sul nostro modo di pensare, sui nostri progetti e sulle prospettive del nostro servizio, con il rischio di svuotarli di quella motivazione della fede e della speranza cristiana che li aveva suscitati. Le numerose e pressanti richieste di aiuto e sostegno che ci rivolgono i poveri e i marginalizzati della società ci spingono a cercare soluzioni che rispondano alla logica dell’efficienza, dell’effetto visibile e della pubblicità. Tuttavia, la menzionata sintesi è assolutamente necessaria, amati fratelli, per poter servire Cristo nell’umanità che vi attende. In questo mondo diviso, si impone a tutti una profonda e autentica unità di cuore, di spirito e di azione.

Tra tante istituzioni sociali al servizio del bene comune, vicine alle popolazioni bisognose, si contano quelle della Chiesa cattolica. Bisogna che sia chiaro il loro orientamento, perché assumano un’identità ben evidente: nell’ispirazione dei loro obiettivi, nella scelta delle loro risorse umane, nei metodi di attuazione, nella qualità dei loro servizi, nella seria ed efficace gestione dei mezzi. La ferma identità delle istituzioni è un reale servizio, di grande giovamento per coloro che ne beneficiano. Oltre l’identità e ad essa collegata, è un passo fondamentale concedere all’attività caritativa cristiana autonomia e indipendenza dalla politica e dalle ideologie (cfr Benedetto XVI, Enc. Deus caritas est, 31 b), anche se in collaborazione con gli organi dello Stato per raggiungere scopi comuni.

Le vostre attività assistenziali, educative o caritative siano completate da progetti di libertà che promuovano l’essere umano, nella ricerca della fraternità universale. Si colloca qui l’urgente impegno dei cristiani nella difesa dei diritti umani, attenti alla totalità della persona umana nelle sue diverse dimensioni. Esprimo profondo apprezzamento a tutte quelle iniziative sociali e pastorali che cercano di lottare contro i meccanismi socio-economici e culturali che portano all’aborto e che hanno ben presenti la difesa della vita e la riconciliazione e la guarigione delle persone ferite dal dramma dell’aborto. Le iniziative che hanno lo scopo di tutelare i valori essenziali e primari della vita, dal suo concepimento, e della famiglia, fondata sul matrimonio indissolubile tra un uomo e una donna, aiutano a rispondere ad alcune delle più insidiose e pericolose sfide che oggi si pongono al bene comune. Tali iniziative costituiscono, insieme a tante altre forme d’impegno, elementi essenziali per la costruzione della civiltà dell’amore.

Tutto ciò ben si integra con il messaggio della Madonna che risuona in questo luogo: la penitenza, la preghiera, il perdono che mirano alla conversione dei cuori. Questa è la via per edificare detta civiltà dell’amore, i cui semi Dio ha gettato nel cuore di ogni uomo e che la fede in Cristo Salvatore fa germinare.

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Il Papa ai malati: “Avete un grande valore presso Dio”
Saluto nel Santuario di Fatima



FATIMA, giovedì, 13 2010 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito le parole che il Papa ha rivolto questo giovedì ai malati nell'atrio del Santuario di Fatima, al termine della celebrazione eucaristica con i pellegrini riuniti nella spianata.

* * *

Cari Fratelli e Sorelle malati,

Prima di avvicinarmi a voi qui presenti, portando nelle mani l’ostensorio con Gesù Eucaristia, vorrei rivolgervi una parola di incoraggiamento e di speranza, che estendo a tutti i malati che ci accompagnano mediante la radio e la televisione e a quanti non hanno neppure questa possibilità, ma sono uniti a noi tramite i vincoli più profondi dello spirito, ossia, nella fede e nella preghiera:

Fratello mio e Sorella mia, agli occhi di Dio hai «un valore così grande da essersi Egli stesso fatto uomo per poter com-patire con l’uomo, in modo molto reale, in carne e sangue, come ci viene dimostrato nel racconto della Passione di Gesù. Da lì in ogni sofferenza umana è entrato uno che condivide la sofferenza e la sopportazione; da lì si diffonde in ogni sofferenza la con-solatio, la consolazione dell’amore partecipe di Dio e così sorge la stella della speranza» (Benedetto XVI, Enc. Spe salvi, 39). Con questa speranza nel cuore, potrai uscire dalle sabbie mobili della malattia e della morte e rimanere in piedi sulla salda roccia dell’amore divino. In altre parole: potrai superare la sensazione di inutilità della sofferenza che consuma la persona nell’’intimo di se stessa e la fa sentire un peso per gli altri, quando, in verità, la sofferenza, vissuta con Gesù, serve per la salvezza dei fratelli.

Come è possibile? Le sorgenti della potenza divina sgorgano proprio in mezzo alla debolezza umana. E’ il paradosso del Vangelo. Perciò il divino Maestro, più che dilungarsi a spiegare le ragioni della sofferenza, ha preferito chiamare ciascuno a seguirlo, dicendo: «Prendi la tua croce e seguimi» (cfr Mc 8, 34). Vieni con me. Prendi parte, con la tua sofferenza, a quest’opera di salvezza del mondo, che si realizza mediante la mia sofferenza, per mezzo della mia Croce. Man mano che abbracci la tua croce, unendoti spiritualmente alla mia Croce, si svelerà ai tuoi occhi il significato salvifico della sofferenza. Troverai nella sofferenza la pace interiore e perfino la gioia spirituale.

Cari malati, accogliete questa chiamata di Gesù che passerà accanto a voi nel Santissimo Sacramento e affidategli ogni contrarietà e pena che affrontate, affinché diventino – secondo i suoi disegni – mezzo di redenzione per il mondo intero. Voi sarete redentori nel Redentore, come siete figli nel Figlio. Presso la croce… si trova la Madre di Gesù, la nostra Madre.

[Il Papa ha poi salutato i pellegrini in diverse lingue. In Italiano ha detto:]

Con affetto mi rivolgo ora ai pellegrini italiani e a quanti dall’Italia sono spiritualmente uniti a noi. Cari fratelli e sorelle, da Fatima, dove la Vergine Maria ha lasciato un segno indelebile del suo amore materno, invoco la sua protezione su di voi, sulle vostre famiglie, specialmente su quanti sono nella prova. Vi benedico di cuore!



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Benedetto XVI: “La nostra speranza getti radici!”
Omelia al Santuario di Fatima



FATIMA, giovedì, 13 maggio 2010 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito l'omelia pronunciata questo giovedì dal Papa nella spianata del Santuario di Fatima nella celebrazione del 10° anniversario della beatificazione dei pastorelli Giacinta e Francesco.

* * *

Cari pellegrini,

«Sarà famosa tra le genti la loro stirpe, […] essi sono la stirpe benedetta dal Signore » (Is 61, 9). Così iniziava la prima lettura di questa Eucaristia, le cui parole trovano mirabile compimento in questa assemblea devotamente raccolta ai piedi della Madonna di Fatima. Sorelle e fratelli tanto amati, anch’io sono venuto come pellegrino a Fatima, a questa «casa» che Maria ha scelto per parlare a noi nei tempi moderni. Sono venuto a Fatima per gioire della presenza di Maria e della sua materna protezione. Sono venuto a Fatima, perché verso questo luogo converge oggi la Chiesa pellegrinante, voluta dal Figlio suo quale strumento di evangelizzazione e sacramento di salvezza. Sono venuto a Fatima per pregare, con Maria e con tanti pellegrini, per la nostra umanità afflitta da miserie e sofferenze. Infine, sono venuto a Fatima, con gli stessi sentimenti dei Beati Francesco e Giacinta e della Serva di Dio Lucia, per affidare alla Madonna l’intima confessione che «amo», che la Chiesa, che i sacerdoti «amano» Gesù e desiderano tenere fissi gli occhi in Lui, mentre si conclude quest’Anno Sacerdotale, e per affidare alla materna protezione di Maria i sacerdoti, i consacrati e le consacrate, i missionari e tutti gli operatori di bene che rendono accogliente e benefica la Casa di Dio.

Essi sono la stirpe che il Signore ha benedetto… Stirpe che il Signore ha benedetto sei tu, amata diocesi di Leiria-Fatima, con il tuo Pastore Mons. Antonio Marto, che ringrazio per il saluto rivoltomi all’inizio e per ogni premura di cui mi ha colmato, anche mediante i suoi collaboratori, in questo santuario. Saluto il Signor Presidente della Repubblica e le altre autorità al servizio di questa gloriosa Nazione. Idealmente abbraccio tutte le diocesi del Portogallo, qui rappresentate dai loro Vescovi, e affido al Cielo tutti i popoli e le nazioni della terra. In Dio, stringo al cuore tutti i loro figli e figlie, in particolare quanti di loro vivono nella tribolazione o abbandonati, nel desiderio di trasmettere loro quella speranza grande che arde nel mio cuore e che qui, a Fatima, si fa trovare in maniera più palpabile. La nostra grande speranza getti radici nella vita di ognuno di voi, cari pellegrini qui presenti, e di quanti sono uniti con noi attraverso i mezzi di comunicazione sociale.

Sì! Il Signore, la nostra grande speranza, è con noi; nel suo amore misericordioso, offre un futuro al suo popolo: un futuro di comunione con sé. Avendo sperimentato la misericordia e la consolazione di Dio che non lo aveva abbandonato lungo il faticoso cammino di ritorno dall’esilio di Babilonia, il popolo di Dio esclama: «Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio» (Is 61,10). Figlia eccelsa di questo popolo è la Vergine Madre di Nazaret, la quale, rivestita di grazia e dolcemente sorpresa per la gestazione di Dio che si veniva compiendo nel suo grembo, fa ugualmente propria questa gioia e questa speranza nel cantico del Magnificat: «Il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore». Nel frattempo Ella non si vede come una privilegiata in mezzo a un popolo sterile, anzi profetizza per loro le dolci gioie di una prodigiosa maternità di Dio, perché «di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono» (Lc 1, 47.50).

Ne è prova questo luogo benedetto. Tra sette anni ritornerete qui per celebrare il centenario della prima visita fatta dalla Signora «venuta dal Cielo», come Maestra che introduce i piccoli veggenti nell’intima conoscenza dell’Amore trinitario e li porta ad assaporare Dio stesso come la cosa più bella dell’esistenza umana. Un’esperienza di grazia che li ha fatti diventare innamorati di Dio in Gesù, al punto che Giacinta esclamava: «Mi piace tanto dire a Gesù che Lo amo! Quando Glielo dico molte volte, mi sembra di avere un fuoco nel petto, ma non mi brucio». E Francesco diceva: «Quel che m’è piaciuto più di tutto, fu di vedere Nostro Signore in quella luce che la Nostra Madre ci mise nel petto. Voglio tanto bene a Dio!» (Memorie di Suor Lucia, I, 42 e 126).

Fratelli, nell’udire queste innocenti e profonde confidenze mistiche dei Pastorelli, qualcuno potrebbe guardarli con un po’ d’invidia perché essi hanno visto, oppure con la delusa rassegnazione di chi non ha avuto la stessa fortuna, ma insiste nel voler vedere. A tali persone, il Papa dice come Gesù: «Non è forse per questo che siete in errore, perché non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio?» (Mc 12,24). Le Scritture ci invitano a credere: «Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto» (Gv 20, 29), ma Dio – più intimo a me di quanto lo sia io stesso (cfr S. Agostino, Confessioni, III, 6, 11) – ha il potere di arrivare fino a noi, in particolare mediante i sensi interiori, così che l’anima riceve il tocco soave di una realtà che si trova oltre il sensibile e che la rende capace di raggiungere il non sensibile, il non visibile ai sensi. A tale scopo si richiede una vigilanza interiore del cuore che, per la maggior parte del tempo, non abbiamo a causa della forte pressione delle realtà esterne e delle immagini e preoccupazioni che riempiono l’anima (cfr Commento teologico del Messaggio di Fatima, anno 2000). Sì! Dio può raggiungerci, offrendosi alla nostra visione interiore.

Di più, quella Luce nell’intimo dei Pastorelli, che proviene dal futuro di Dio, è la stessa che si è manifestata nella pienezza dei tempi ed è venuta per tutti: il Figlio di Dio fatto uomo. Che Egli abbia il potere di infiammare i cuori più freddi e tristi, lo vediamo nei discepoli di Emmaus (cfr Lc 24,32). Perciò la nostra speranza ha fondamento reale, poggia su un evento che si colloca nella storia e al tempo stesso la supera: è Gesù di Nazaret. E l’entusiasmo suscitato dalla sua saggezza e dalla sua potenza salvifica nella gente di allora era tale che una donna in mezzo alla moltitudine – come abbiamo ascoltato nel Vangelo – esclama: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato». Tuttavia Gesù rispose: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!» (Lc 11, 27.28). Ma chi ha tempo per ascoltare la sua parola e lasciarsi affascinare dal suo amore? Chi veglia, nella notte del dubbio e dell’incertezza, con il cuore desto in preghiera? Chi aspetta l’alba del nuovo giorno, tenendo accesa la fiamma della fede? La fede in Dio apre all’uomo l’orizzonte di una speranza certa che non delude; indica un solido fondamento sul quale poggiare, senza paura, la propria vita; richiede l’abbandono, pieno di fiducia, nelle mani dell’Amore che sostiene il mondo.

«Sarà famosa tra le genti la loro stirpe, […] essi sono la stirpe benedetta dal Signore» (Is 61,9) con una speranza incrollabile e che fruttifica in un amore che si sacrifica per gli altri ma non sacrifica gli altri; anzi – come abbiamo ascoltato nella seconda lettura – «tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1Cor 13,7). Di ciò sono esempio e stimolo i Pastorelli, che hanno fatto della loro vita un’offerta a Dio e una condivisione con gli altri per amore di Dio. La Madonna li ha aiutati ad aprire il cuore all’universalità dell’amore. In particolare, la beata Giacinta si mostrava instancabile nella condivisione con i poveri e nel sacrificio per la conversione dei peccatori. Soltanto con questo amore di fraternità e di condivisione riusciremo ad edificare la civiltà dell’Amore e della Pace.

Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa. Qui rivive quel disegno di Dio che interpella l’umanità sin dai suoi primordi: «Dov’è Abele, tuo fratello? […] La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!» (Gen 4, 9). L’uomo ha potuto scatenare un ciclo di morte e di terrore, ma non riesce ad interromperlo… Nella Sacra Scrittura appare frequentemente che Dio sia alla ricerca di giusti per salvare la città degli uomini e lo stesso fa qui, in Fatima, quando la Madonna domanda: «Volete offrirvi a Dio per sopportare tutte le sofferenze che Egli vorrà mandarvi, in atto di riparazione per i peccati con cui Egli è offeso, e di supplica per la conversione dei peccatori?» (Memorie di Suor Lucia, I, 162).

Con la famiglia umana pronta a sacrificare i suoi legami più santi sull’altare di gretti egoismi di nazione, razza, ideologia, gruppo, individuo, è venuta dal Cielo la nostra Madre benedetta offrendosi per trapiantare nel cuore di quanti le si affidano l’Amore di Dio che arde nel suo. In quel tempo erano soltanto tre, il cui esempio di vita si è diffuso e moltiplicato in gruppi innumerevoli per l’intera superficie della terra, in particolare al passaggio della Vergine Pellegrina, i quali si sono dedicati alla causa della solidarietà fraterna. Possano questi sette anni che ci separano dal centenario delle Apparizioni affrettare il preannunciato trionfo del Cuore Immacolato di Maria a gloria della Santissima Trinità.

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Paparatzifan
00venerdì 14 maggio 2010 11:29
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CRISI: PAPA, PER USCIRNE SEGUIRE L'ESEMPIO DEL BUON SAMARITANO

Salvatore Izzo

(AGI) - Fatima, 13 mag.

Per superare la crisi economica e le sue drammatiche conseguenze, occorre seguire l'esempio del "Buon Samaritano che si fa vicino ad ogni uomo e versa sulle sue ferite l'olio della consolazione e il vino della speranza, pagando poi di persona, in anticipo, per la sua guarigione".
Lo ha affermato Benedetto XVI in un discorso rivolto alle organzzazioni della pastorale sociale delle diocesi del Portagallo ma a anche a sindacati e associazioni liache di volontariato che hanno voluto essere ugualmente presenti a Fatima oggi. Per una coincidenza temporale, l'incontro nella nuova chiesa del Santuario e' stato preceduto dall'annuncio a Lisbona di pesanti misure anticrisi che comprendono una "tassa di sdolidarieta'" a carico dei dipendenti pubblici e un aumento rilevante dell'Iva e di altre imposte che graveranno particolarmente sulla classe media.
"L'attuale scenario della storia - ha detto il Papa - e' di crisi socioeconomica, culturale e spirituale, e pone in evidenza l'opportunita' di un discernimento orientato dalla proposta creativa del messaggio sociale della Chiesa. Lo studio della sua dottrina sociale, che assume come principale forza e principio la carita', permettera' di tracciare un processo di sviluppo umano integrale che coinvolga le profondita' del cuore e raggiunga una piu' ampia umanizzazione della societa'. Non si tratta di semplice conoscenza intellettuale, ma di una saggezza che dia sapore e condimento, offra creativita' alle vie conoscitive ed operative tese ad affrontare una cosi' ampia e complessa crisi".
"Possano le istituzioni della Chiesa, insieme a tutte le organizzazioni non ecclesiali, perfezionare - ha auspicato il Pontefice - le loro capacita' di conoscenza e le direttive in vista di una nuova e grandiosa dinamica, che conduca verso 'quella civilta' dell'amore, il cui seme Dio ha posto in ogni popolo, in ogni Cultura'". Per Ratzinger, "nella sua dimensione sociale e politica, questa diaconia della carita' e' propria dei fedeli laici, chiamati a promuovere organicamente il bene comune, la giustizia e a configurare rettamente la vita sociale. "Chi impara da Dio Amore - ha spiegato - sara' inevitabilmente una persona per gli altri. In effetti, l'amore di Dio si rivela nella responsabilita' per l'altro".
"La pressione esercitata dalla cultura dominante, che presenta con insistenza uno stile di vita fondato sulla legge del piu' forte, sul guadagno facile e allettante, finisce per influire - ha osservato il Papa teologo - sul nostro modo di pensare, sui nostri progetti e sulle prospettive del nostro servizio, con il rischio di svuotarli di quella motivazione della fede e della speranza cristiana che li aveva suscitati". E se "le numerose e pressanti richieste di aiuto e sostegno che ci rivolgono i poveri e i marginalizzati della societa' ci spingono a cercare soluzioni che rispondano alla logica dell'efficienza, dell'effetto visibile e della pubblicita', tuttavia, una sintesi fondata sul Vangelo e' assolutamente necessaria, amati fratelli, per poter servire Cristo nell'umanita' che vi attende. In questo mondo diviso, si impone a tutti una profonda e autentica unita' di cuore, di spirito e di azione".

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PAPA A FATIMA: SCONFIGGERE I MECCANISMI CHE PORTANO ALL'ABORTO

Salvatore Izzo

(AGI) - Fatima, 13 mag.

"Lottare contro i meccanismi socio-economici e culturali che portano all'aborto" ed impegnarsi per "la difesa della vita, la riconciliazione e la guarigione delle persone ferite dal dramma dell'aborto".
Lo ha chiesto il Papa in un discorso alle organizzazioni della pastorale sociale della Chiesa Portoghese, riunite oggi pomeriggio a Fatima insieme alle maggiori organizzazioni non cattoliche impegnate nell'assistenza sociale.
"Tra tante istituzioni sociali al servizio del bene comune, vicine alle popolazioni bisognose, si contano - ha detto il Pontefice - quelle della Chiesa cattolica. Bisogna che sia chiaro il loro orientamento, perche' assumano un'identita' ben evidente: nell'ispirazione dei loro obiettivi, nella scelta delle loro risorse umane, nei metodi di attuazione, nella qualita' dei loro servizi, nella seria
ed efficace gestione dei mezzi".
"La ferma identita' delle istituzioni - per Papa Ratzinger - e' un reale servizio, di grande giovamento per coloro che ne beneficiano. Oltre l'identita' e ad essa collegata, e' un passo fondamentale concedere all'attivita' caritativa cristiana autonomia e indipendenza dalla politica e dalle ideologie, anche se in collaborazione con gli organi dello Stato per raggiungere scopi comuni". "Le vostre attivita' assistenziali, educative o caritative siano completate - ha suggerito il Pontefice ai responsabili della pastorale sociale - da progetti di liberta' che promuovano l'essere umano, nella ricerca della fraternita' universale. Si colloca qui - ha concluso - l'urgente impegno dei cristiani nella difesa dei diritti umani, attenti alla totalita' della persona umana nelle sue diverse dimensioni".

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PAPA A FATIMA: DIFENDERE VITA E MATRIMONIO TRA UOMO E DONNA

Salvatore Izzo

(AGI) - Fatima, 13 mag.

Benedetto XVI ha incoraggiato oggi "le iniziative che hanno lo scopo di tutelare i valori essenziali e primari della vita dal suo concepimento, e della famiglia fondata sul matrimonio indissolubile tra un uomo e una donna". Lo ha fatto incontrando le organizzazioni della pastorale sociale della Chiesa Portoghese, riunite oggi pomeriggio a Fatima. "Tali iniziative - ha spiegato - aiutano a rispondere ad alcune delle piu' insidiose e pericolose sfide che oggi si pongono al bene comune. E costituiscono, insieme a tante altre forme d'impegno, elementi essenziali per la costruzione della civilta' dell'amore". "Tutto cio' - ha commentato il Papa - ben si integra con il messaggio della Madonna che risuona in questo luogo: la penitenza, la preghiera, il perdono che mirano alla conversione dei cuori".

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Paparatzifan
00venerdì 14 maggio 2010 11:48
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PAPA: ANCORA INSIDIE E PERSECUZIONI A FEDE E DEBOLI

(AGI) - Fatima, 13 mag.

(dell'inviato Salvatore Izzo)

"Nel sentire di molti la fede cattolica non e' piu' patrimonio comune della societa' e, spesso, si vede come un seme insidiato e offuscato da 'divinita'' e signori di questo mondo".
Il Papa fotografa con queste parole - rivolte in serata ai vescovi del Portogallo riunti a Fatima - l'avanzare del processo di secolarizzazione nel mondo di oggi, "dove il silenzio della fede e' piu' ampio e profondo" anche perche' "i politici, gli intellettuali, i professionisti della comunicazione professano e promuovono una proposta monoculturale, con disdegno per la dimensione religiosa e contemplativa della vita".
E "non mancano credenti che danno una mano al secolarismo costruttore di barriere all'ispirazione cristiana".
Una denuncia forte che contestualizza bene il ragionamento proposto in mattinata ai 500 mila fedeli che si sono radunato attorno a lui nel Santuario Mariano, quando ha spiegato che anche se non esistono altre parti non rivelate del Messaggio di Fatima, non sono affatto finite le sofferenze della Chiesa e dell'umanita' previste dalla Vergine, e confidate da Suor Lucia Dos Santos nel testo fatto pubblicare 10 anni fa da Giovanni Paolo II. Esse infatti non riguardavano solo le guerre mondiali, le persecuzioni del comunismo verso i credenti e l'attentato al Papa. E nonostante cio' possiamo e dobbiamo guardare con speranza al "futuro di Dio". "Si illuderebbe - ha affermato Ratzinger - chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa. Qui rivive quel disegno di Dio che interpella l'umanita' sin dai suoi primordi: 'Dov'e' Abele, tuo fratello? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!'". "L'uomo - ha rilevato il Pontefice - ha potuto scatenare un ciclo di morte e di terrore, ma non riesce ad interromperlo. Nella Sacra Scrittura appare frequentemente che Dio sia alla ricerca di giusti per salvare la citta' degli uomini". "Con la famiglia umana pronta a sacrificare i suoi legami piu' santi sull'altare di gretti egoismi di nazione, razza, ideologia, gruppo, individuo, e' venuta dal Cielo - ha ricordato - la nostra Madre benedetta offrendosi per trapiantare nel cuore di quanti le si affidano l'Amore di Dio che arde nel suo". Per il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, il fatto che Benedetto XVI "attualizzi" il contenuto della profezia di Fatima, anche oltre gli eventi tragici del ventesimo secolo, significa che per lui "la profezia e' una scuola di lettura del mondo e degli avvenimenti che sono davanti a noi alla luce della fede". Se qualcuno - osserva il gesuita - ha letto nella visione di Fatima le realta' del secolo ventesimo ha fatto benissimo, perche' quella era l'epoca in cui parlavano i veggenti, ma questo non vuol dire che si chiude la scuola della lettura degli avvenimenti in una prospettiva di fede".
Novantatre anni fa, ha sottolineato Ratzinger nella sua splendida omelia, i pastorelli disposti a ascolatere il Messaggio "erano soltanto tre, il cui esempio di vita si e' diffuso e moltiplicato in gruppi innumerevoli per l'intera superficie della terra, in particolare al passaggio della Vergine Pellegrina, i quali si sono dedicati alla causa della solidarieta' fraterna".
Su questo tema il Papa teologo e' poi tornato nel pomeriggio, in un affollatissimo incontro con le associazioni di volontariato cattoliche e non, nel quale ha incoraggiato "le iniziative che hanno lo scopo di tutelare i valori essenziali e primari della vita dal suo concepimento, e della famiglia fondata sul matrimonio indissolubile tra un uomo e una donna". Lo ha fatto incontrando le organizzazioni della pastorale sociale della Chiesa Portoghese, riunite oggi pomeriggio a Fatima. "Tali iniziative - ha spiegato - aiutano a rispondere ad alcune delle piu' insidiose e pericolose sfide che oggi si pongono al bene comune. E costituiscono, insieme a tante altre forme d'impegno, elementi essenziali per la costruzione della civilta' dell'amore". "Tutto cio' - ha commentato il Papa - ben si integra con il messaggio della Madonna che risuona in questo luogo: la penitenza, la preghiera, il perdono che mirano alla conversione dei cuori". Il mondo del volontariato e' stato esortato dal Pontefioce a "lottare contro i meccanismi socio-economici e culturali che portano all'aborto" e ad impegnarsi per "la difesa della vita, la riconciliazione e la guarigione delle persone ferite dal dramma dell'aborto".
La ferma identita' delle istituzioni cattoliche - per Papa Ratzinger - e' un reale servizio, di grande giovamento per coloro che ne beneficiano. Oltre l'identita' e ad essa collegata, e' un passo fondamentale concedere all'attivita' caritativa cristiana autonomia e indipendenza dalla politica e dalle ideologie, anche se in collaborazione con gli organi dello Stato per raggiungere scopi comuni".
Per una coincidenza temporale, l'incontro nella nuova chiesa del Santuario e' stato preceduto dall'annuncio a Lisbona di pesanti misure anticrisi che comprendono una "tassa di solidarieta'" a carico dei dipendenti pubblici e un aumento rilevante dell'Iva e di altre imposte che graveranno particolarmente sulla classe media. Secondo Ratzinger, per superare la crisi economica e le sue drammatiche conseguenze, occorre seguire l'esempio del "Buon Samaritano che si fa vicino ad ogni uomo e versa sulle sue ferite l'olio della consolazione e il vino della speranza, pagando poi di persona, in anticipo, per la sua guarigione".
"L'attuale scenario della storia - ha detto il Papa - e' di crisi socioeconomica, culturale e spirituale, e pone in evidenza l'opportunita' di un discernimento orientato dalla proposta creativa del messaggio sociale della Chiesa. Lo studio della sua dottrina sociale, che assume come principale forza e principio la carita', permettera' di tracciare un processo di sviluppo umano integrale che coinvolga le profondita' del cuore e raggiunga una piu' ampia umanizzazione della societa'. Non si tratta di semplice conoscenza intellettuale, ma di una saggezza che dia sapore e condimento, offra creativita' alle vie conoscitive ed operative tese ad affrontare una cosi' ampia e complessa crisi".
"Possano le istituzioni della Chiesa, insieme a tutte le organizzazioni non ecclesiali, perfezionare - ha auspicato il Pontefice - le loro capacita' di conoscenza e le direttive in vista di una nuova e grandiosa dinamica, che conduca verso 'quella civilta' dell'amore, il cui seme Dio ha posto in ogni popolo, in ogni Cultura'". Per Ratzinger, "nella sua dimensione sociale e politica, questa diaconia della carita' e' propria dei fedeli laici, chiamati a promuovere organicamente il bene comune, la giustizia e a configurare rettamente la vita sociale. "Chi impara da Dio Amore - ha spiegato - sara' inevitabilmente una persona per gli altri. In effetti, l'amore di Dio si rivela nella responsabilita' per l'altro".
"La pressione esercitata dalla cultura dominante, che presenta con insistenza uno stile di vita fondato sulla legge del piu' forte, sul guadagno facile e allettante, finisce per influire - ha concluso il Papa teologo - sul nostro modo di pensare, sui nostri progetti e sulle prospettive del nostro servizio, con il rischio di svuotarli di quella motivazione della fede e della speranza cristiana che li aveva suscitati". E se "le numerose e pressanti richieste di aiuto e sostegno che ci rivolgono i poveri e i marginalizzati della societa' ci spingono a cercare soluzioni che rispondano alla logica dell'efficienza, dell'effetto visibile e della pubblicita', tuttavia, una sintesi fondata sul Vangelo e' assolutamente necessaria, amati fratelli, per poter servire Cristo nell'umanita' che vi attende. In questo mondo diviso, si impone a tutti una profonda e autentica unita' di cuore, di spirito e di azione".

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Paparatzifan
00venerdì 14 maggio 2010 11:57
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A los pies de la Madre, abrazado por su pueblo

José Luis Restán

Ha llegado a los pies de la Madre.
Esa misma a la que se confió desde el balcón de San Pedro la tarde de su elección, diciendo que "Ella está siempre de nuestra parte". Ha llegado como un peregrino fatigado por los vaivenes de una historia dramática, pero con una luz en los ojos que desafía todas las tormentas. Ha querido traer los dolores y las esperanzas de la Iglesia y de la humanidad, y ha llegado rodeado por la bella multitud de los sencillos de corazón, ésos a los que el Papa teólogo sabe hablar con palabras casi de niño.
El cielo radiante es como el horizonte del mundo para esta mañana inolvidable en la explanada de Fátima. Un cielo tan azul como el Atlántico inmenso que le sirvió de marco en Lisboa, cuando sintió el calor de su pueblo, de ese pueblo apretado que le aclamaba sin cansarse, que le agradecía de corazón su testimonio de estas semanas, su paternidad concreta, su mano firme y suave en el timón de la Iglesia. Allí habló de la Iglesia, a la que no le faltan "hijos reacios e incluso rebeldes", pero cuyos verdaderos rasgos podemos reconocer en los santos. Y lanza la severa advertencia de que a veces "nos preocupamos afanosamente por las consecuencias sociales, culturales y políticas de la fe, dando por descontado que hay fe" y reconoce que "se ha puesto una confianza tal vez excesiva en las estructuras y en los programas eclesiales, en la distribución de poderes y funciones, pero ¿qué pasaría si la sal se volviera insípida?".

Y después conforta a su pueblo con la única medicina posible: "es necesario anunciar de nuevo con vigor y alegría el acontecimiento de la muerte y resurrección de Cristo, corazón del cristianismo, el núcleo y fundamento de nuestra fe, recio soporte de nuestras certezas, viento impetuoso que disipa todo miedo e indecisión, cualquier duda y cálculo humano". Antes, en el avión que lo trasladaba desde Roma, había hecho temblar los teletipos de medio mundo al afirmar que "los ataques al Papa y a la Iglesia no sólo vienen de fuera, sino que los sufrimientos de la Iglesia proceden precisamente de dentro... que la mayor persecución de la Iglesia no procede de los enemigos externos, sino que nace del pecado en la Iglesia, y que la Iglesia, por tanto, tiene una profunda necesidad de volver a aprender la penitencia, de aceptar la purificación, de aprender, de una parte, el perdón, pero también la necesidad de la justicia". Quienes le han atacado con saña se quedan ahora sin palabras y empiezan a preguntarse quién es éste hombre, de qué fuente bebe y qué persigue. Ellos no lo entienden, pero su pueblo sí.

Ha hecho cuentas con el misterio del mal presente también en los hijos de la Iglesia. Un mal que le ha hecho sufrir hasta las lágrimas, pero que él sabe que debe asumir en su propia carne, porque también para eso es Pedro. Pero ahora, ante la alegre multitud en el Terreiro do Paço de Lisboa, les conforta: "la resurrección de Cristo nos asegura que ningún poder adverso podrá jamás destruir la Iglesia". Y luego les habla de los anhelos más profundos de su corazón humano, de sus interrogantes sobre el sufrimiento, la injusticia y el mal, para decirles que sólo Cristo puede responder a su necesidad.

Trascendental también el discurso al mundo de la cultura, en el que profundiza la necesidad de una reconciliación operativa entre la tradición cristiana y lo mejor del pensamiento ilustrado e interpela a los católicos a aprender una nueva forma de estar en un mundo plural. Éste es un momento histórico que exige lo mejor de nuestras fuerzas: audacia profética y capacidad para expresar de nuevas formas la experiencia multisecular de la Iglesia. En este mundo complejo y confuso que se aleja de la sabiduría heredada de la tradición cristiana al tiempo que prueba con amargura el fracaso de tantas falsas promesas, la Iglesia propone un diálogo sin ambages y respetuoso con todas las corrientes, para abrir las puertas a la Verdad que ella anuncia: el Logos encarnado, el Dios hecho hombre que ha muerto y ha resucitado. La forma de este diálogo, de esta misión en su sentido más original, es algo que la propia Iglesia está aprendiendo ahora, dice Benedicto XVI con una sencillez y libertad que desarman.
En Fátima el Papa se refiera a los sacerdotes. Le habla como un padre y un hermano, les recuerda la dignidad inmensa de su vocación pero comprende sus debilidades, la tentación de la soledad y del cansancio, las falsas ilusiones que también les acechan. Les insta a alimentarse una y otra vez de la fuente de la gracia, les pide que se acompañen y sostengan mutuamente, que se estrechen en el hogar de la Iglesia. Les recuerda el riesgo que Jesús ha querido asumir confiando su misión a gente pobre y débil, pero les asegura que esa pobreza y debilidad no son impedimento para quien se confía por entero al poder de Cristo y a la protección de María, a cuyo Corazón Inmaculado les consagra.

Ante medio millón de peregrinos Benedicto XVI subraya que sería una vana ilusión pensar que la misión profética de Fátima haya concluido ya. Fátima habla del padecimiento que acompañará siempre el camino de la Iglesia, habla del drama insondable de la libertad humana, creada para reconocer a Dios amorosamente pero capaz de rechazarlo y de desencadenar un ciclo de muerte y de terror como tantas veces hemos visto en la historia. Pero Fátima habla también, y sobre todo, de un Dios que no abandona a la humanidad, que se implica con su historia, que sale al rescate del hombre extraviado, que hace levantarse de nuevo a la Iglesia de sus postraciones. Habla del arrepentimiento y la penitencia que brotan de quien reconoce un Amor inconcebible que le sale de nuevo al encuentro. El Papa evoca de nuevo la llama de la fe que puede extinguirse en amplias regiones de la tierra, y recuerda que la prioridad es hacer presente a Dios en este mundo, facilitar el acceso de los hombres al Dios cuyo rostro nos ha mostrado Jesús muerto y resucitado, el único que puede engendrar a la humanidad como familia. Para esto ha venido, por esto sufre y trabaja el humilde obrero en la viña del Señor. Por esto se ha postrado ante los pies de María y le ha confiado el dolor y la esperanza de estas semanas tremendas, en las que está sembrando la semilla de una renovación cuyos frutos tal vez no pueda contemplar sobre esta tierra.

paginasdigital.es/v_portal/informacion/informacionver.asp?cod=1696&te=15&idage=32...


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Paparatzifan
00venerdì 14 maggio 2010 13:48
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PAPA A PORTO: ATTERRATO ELICOTTERO, SCENDE AGILMENTE LA RAMPA

Salvatore Izzo

(AGI) - Porto, 14 mag.

L'elicottero militare decollato a Fatima e' atterrato a Porto. Benedetto XVI e' sceso con sorpendente agilita' dal portellone posteriore. Il Papa si e' servito dunque del piano inclinato solitamente utilizzato dai soldati trasportati sul mezzo e che, poco prima, aveva messo alla prova alcuni membri del seguito, in vistoso imbarazzo data la pendenza.

© Copyright (AGI)

PAPA A PORTO: IMBARCAZIONI SALUTANO IL PASSAGGIO DELLA PAPAMOBILE

Salvatore Izzo

(AGI) - Porto, 14 mag.

Percorrendo in "Papamobile" i 5 km che separano l'eliporto della caserma Serra do Pilar al centro della citta' di Porto, Benedetto XVI ha attraversato un lungo ponte ricevendo il saluto di alcune decine di imbarcazioni da pesca e da diporto che hanno messo in funzione le sirene. Una discreta folla era davanti all'eliporto e una fila ininterrotta e' ai lati delle strade nei tratti abitati del percorso.

© Copyright (AGI)

PAPA A PORTO: BAGNO DI FOLLA ALL'AVENIDA DOS ALIADOS

Salvatore Izzo

(AGI) - Porto, 14 mag.

Nuovo bagno di folla per Benedetto XVI nell'ultimo giorno del suo pellegrinaggio in Portogallo. Arrivato in "Papamobile" al centro di Porto, il Pontefice ha trovato ad attenderlo lungo le strade e nelle piazze attraversate molte migliaia di fedeli, la cui presenza si intensificava mano mano che il corteo procedeva verso Avenida dos Aliados dove tra poco celebrera' la messa. Il grande piazzale e' gremito di fedeli e maxi schermi sono stati posizionati in piazza limitrofe per consentire a chi non ha trovato posto nei settori di seguire ugualmente il rito.

© Copyright (AGI)

PAPA A PORTO: IL SINDACO GLI CONSEGNA LE CHIAVI DELLA CITTA'

Salvatore Izzo

(AGI) - Porto, 14 mag.

Giunto in "Papamobile" davanti al Municipio di Porto, dove e' stata allestita la sagrestia, il Pontefice e' stato accolto dal sindaco, che gli ha consegnato le chiavi della citta'.

© Copyright (AGI)

PAPA A PORTO: LA "CITTA' INVITTA" E' IN FESTA PER LUI

Salvatore Izzo

(AGI) - Porto, 14 mag.

Porto, seconda citta' del Portogallo ma anche sua prima capitale, ha accolto con grande entusiasmo la visita di Benedetto XVI. "La 'Città Invitta' - ha ringraziato il Pontefice alludendo alle vicende storiche che nel 16secolo portarono alla formazione di un Regno indipendente - si è rivestita di festa per accogliere il Successore di Pietro.
Rendo grazie a Dio per avermi portato in mezzo a voi, incontrandovi attorno all’altare. Il mio cordiale saluto va a voi, fratelli e amici della città e diocesi di Porto, a quelli che sono venuti dalla provincia ecclesiastica del nord di Portogallo e anche dalla vicina Spagna, e a quanti altri sono in comunione fisica o spirituale con questa nostra assemblea liturgica".

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00venerdì 14 maggio 2010 13:53
Dal blog di Lella...

BENEDETTO XVI IN PORTOGALLO - La risposta più bella

A chi immagina la Chiesa lontana dal Papa

Paolo Bustaffa

La folla che lo ha accolto in Portogallo, in particolare a Fatima, e l'abbraccio della gente in ogni luogo, dove ha sostato, sono stati la "risposta" più bella e anche più efficace a quanti vanno sostenendo la tesi dell'accrescersi di un distacco tra Benedetto XVI e la comunità ecclesiale.
Anche le immagini che in questi giorni sono arrivate dalla terra lusitana hanno detto e dicono il contrario, parlano di una Chiesa che, pur profondamente ferita e amareggiata, si è ritrovata più unita che mai attorno a Pietro per condividerne la sofferenza, la preghiera e la speranza.
"Sento che mi accompagnano la devozione e l'affetto": Benedetto XVI ha manifestato subito la sua gioia e la sua gratitudine per la straordinaria testimonianza del popolo portoghese. Fedele alla sua missione, dopo aver ricordato la difficoltà dell'ora, non ha mancato di offrire a tutti il suo pensiero e il suo insegnamento.
"Porto con me - ha ripetuto - le preoccupazioni e le attese di questo nostro tempo e le sofferenze dell'umanità ferita, i problemi del mondo".
Parole che sono entrate nel cuore e nella coscienza.
Un invito, anzi un appello, a non lasciare solo il Papa in una fatica che, seppur mai opprimente, è davvero grande.
Non lasciarlo solo significa vivere una prossimità, come quella del 16 maggio in piazza San Pietro, che è espressione di una testimonianza cristiana nell'ambito privato come in quello pubblico.
Il Papa ha chiesto e chiede di essere seguito nel pellegrinaggio della verità con i passi della fede e della ragione.
Ed è questa sua domanda in campo aperto - come da cinque anni accade - a suscitare le reazioni più forti da parte di chi si sente messo in discussione dal dialogo tra fede e ragione.
Questo Papa ha inquietato nel momento in cui ha spalancato le porte e ha fatto camminare la fede sulle strade della ragione. Ancor più l'ha fatta incontrare con la ragione.
Ha indicato, anche in Portogallo, questo incontro come decisivo per dare piena dignità alla persona umana, per restituire sacralità alla vita, per gustare la felicità, per osare la speranza.
Un pellegrinaggio festoso ma non per questo privo di pensieri, di domande, di attese.
I pellegrini sono testimoni e messaggeri. Nel ricordarlo Benedetto XVI ha richiamato lo stile del cristiano che cammina sulle strade del mondo.
"Il semplice enunciato del messaggio - ha ribadito alla fine della terza giornata del viaggio apostolico - non arriva fino in fondo al cuore della persona, non tocca la sua libertà, non cambia la vita. Ciò che affascina è soprattutto l'incontro con persone credenti".
Persone credenti, persone che rendono affascinante la fede attraverso la vita: è questa la bella avventura del cristiano.
In questa prospettiva, ha ricordato Benedetto XVI, "anche in un momento di fatica della Chiesa sta la gioia di essere cristiani, di vivere la Chiesa".
Davanti a lui lo spettacolo di un popolo in ascolto, un popolo fatto di molti giovani, un popolo immenso.

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Paparatzifan
00venerdì 14 maggio 2010 13:54
Dal blog di Lella...

PAPA IN PORTOGALLO: APPELLO AI CREDENTI, SIATE “TESTIMONI DELLA RESURREZIONE”

“’Bisogna che uno divenga testimone, insieme a noi, della risurrezione’, diceva Pietro. E il suo attuale Successore ripete a ciascuno di voi: Miei fratelli e sorelle, bisogna che diventiate con me testimoni della risurrezione di Gesù”: è l’appello lanciato questa mattina dal Papa in Portogallo, nell’omelia della messa solenne celebrata nella città di Porto, sul grande piazzale dell’Avenida dos Aliados. Benedetto XVI ha chiesto: “In effetti, se non sarete voi i suoi testimoni nel vostro ambiente, chi lo sarà al vostro posto?”. Dopo avere parlato di “sproporzione tra le forze in campo” nell’annuncio evangelico, ha ricordato che lo stesso Gesù era “solo o quasi nei momenti decisivi”. Eppure – ha aggiunto – “è avvenuto che, alla fine, dallo stesso amore che ha creato il mondo, la novità del Regno è spuntata come piccolo seme che germina la terra, come scintilla di luce che irrompe nelle tenebre, come alba di un giorno senza tramonto”. Il Papa ha quindi sottolineato che tale compito di annuncio compete a ciascun credente, in quanto “il cristiano è, nella Chiesa e con la Chiesa, un missionario di Cristo inviato nel mondo. Questa è la missione improrogabile di ogni comunità ecclesiale: ricevere da Dio e offrire al mondo Cristo risorto”.
Lo stile dell’annuncio da parte dei credenti deve essere – secondo il Papa – caratterizzato da considerazione e rispetto: “Nulla imponiamo, ma sempre proponiamo, - ha detto nell’omelia - come Pietro ci raccomanda in una delle sue lettere: «Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi». E tutti, alla fine, ce la domandano, anche coloro che sembrano non domandarla”. Ha quindi proposto una considerazione: “Per esperienza personale e comune, - ha affermato - sappiamo bene che è Gesù colui che tutti attendono. Infatti le più profonde attese del mondo e le grandi certezze del Vangelo si incrociano nell’irrecusabile missione che ci compete, poiché «senza Dio l’uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia”. Il Papa ha quindi invitato a riflettere sugli “enormi problemi dello sviluppo dei popoli che quasi ci spingono allo sconforto e alla resa”. “Ci viene in aiuto – ha affermato a questo riguardo - la parola del Signore Gesù Cristo che ci fa consapevoli: ‘Senza di me non potete far nulla”, e c’incoraggia: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.
Parlando dell’odierna situazione religiosa e spirituale, Benedetto XVI ha poi affermato: “In questi ultimi anni, è cambiato il quadro antropologico, culturale, sociale e religioso dell’umanità; oggi la Chiesa è chiamata ad affrontare nuove sfide ed è pronta a dialogare con culture e religioni diverse, cercando di costruire insieme ad ogni persona di buona volontà la pacifica convivenza dei popoli”. Il Papa ha quindi sostenuto che “il campo della missione ad gentes si presenta oggi notevolmente ampliato e non definibile soltanto in base a considerazioni geografiche; in effetti ci attendono non soltanto i popoli non cristiani e le terre lontane, ma anche gli ambiti socio-culturali e soprattutto i cuori che sono i veri destinatari dell’azione missionaria del popolo di Dio”. L’invito ai credenti di farsi annunciatori deve tener conto – ha detto – che “si tratta di un mandato il cui fedele compimento «deve procedere per la stessa strada seguita da Cristo, la strada, cioè, della povertà, dell’obbedienza, del servizio e dell’immolazione di se stesso fino alla morte, da cui uscì vincitore con la sua risurrezione» Sì! – ha poi concluso - Siamo chiamati a servire l’umanità del nostro tempo, confidando unicamente in Gesù, lasciandoci illuminare dalla sua Parola”.

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+PetaloNero+
00venerdì 14 maggio 2010 16:06
VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN PORTOGALLO NEL 10° ANNIVERSARIO DELLA BEATIFICAZIONE DI GIACINTA E FRANCESCO, PASTORELLI DI FÁTIMA (11 - 14 MAGGIO 2010) (XV)


SANTA MESSA NEL PIAZZALE DELL’AVENIDA DOS ALIADOS, A PORTO



Alle ore 8.00 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI lascia la Casa "Nossa Senhora do Carmo" di Fátima e si reca all’eliporto dove alle ore 8.30 si imbarca su un elicottero che lo conduce a Porto. Al Suo arrivo all’eliporto della caserma di Serra do Pilar, previsto per le ore 9.30, il Papa è accolto dal Vescovo di Porto, S.E. Mons. Manuel José Macário do Nascimento Clemente, dal Comandante della caserma, dal Sindaco di Gaia, dal Cappellano e dal Capo di Stato Maggiore dell’Esercito portoghese. Il Santo Padre si trasferisce poi in auto all’Avenida dos Aliados di Porto nel cui piazzale, alle ore 10.15, celebra la Santa Messa.

Nel corso della Celebrazione Eucaristica, introdotta dal saluto del Vescovo di Porto, S.E. Mons. Manuel J. Macário do Nascimento Clemente, dopo la proclamazione del Santo Vangelo, il Papa pronuncia l’omelia che riportiamo di seguito:

OMELIA DEL SANTO PADRE



Cari Fratelli e Sorelle,

«Sta scritto […] nel libro dei Salmi: […] il suo incarico lo prenda un altro. Bisogna dunque che […] uno divenga testimone, insieme a noi, della sua risurrezione» (At 1, 20-22). Così disse Pietro, leggendo ed interpretando la parola di Dio in mezzo ai suoi fratelli, radunati nel Cenacolo dopo l’Ascensione di Gesù al Cielo. Fu scelto Mattia, che era stato testimone della vita pubblica di Gesù e del suo trionfo sulla morte, restandogli fedele sino alla fine, nonostante l’abbandono di molti. La «sproporzione» tra le forze in campo che oggi ci spaventa, già duemila anni fa stupiva coloro che vedevano e ascoltavano Cristo. C’era soltanto Lui, dalle sponde del Lago di Galilea fino alle piazze di Gerusalemme, solo o quasi solo nei momenti decisivi: Lui in unione con il Padre, Lui nella forza dello Spirito. Eppure è avvenuto che, alla fine, dallo stesso amore che ha creato il mondo, la novità del Regno è spuntata come piccolo seme che germina dalla terra, come scintilla di luce che irrompe nelle tenebre, come alba di un giorno senza tramonto: È Cristo risorto. Ed è apparso ai suoi amici, mostrando loro la necessità della croce per giungere alla risurrezione.

Un testimone di tutto ciò cercava Pietro in quel giorno. Presentati due, il Cielo ha designato «Mattia, che fu associato agli undici apostoli» (At 1,26). Oggi celebriamo la sua gloriosa memoria in questa «Città Invitta», che si è rivestita di festa per accogliere il Successore di Pietro. Rendo grazie a Dio per avermi portato in mezzo a voi, incontrandovi attorno all’altare. Il mio cordiale saluto va a voi, fratelli e amici della città e diocesi di Porto, a quelli che sono venuti dalla provincia ecclesiastica del nord di Portogallo e anche dalla vicina Spagna, e a quanti altri sono in comunione fisica o spirituale con questa nostra assemblea liturgica. Saluto il Vescovo di Porto, Mons. Manuel Clemente, che ha desiderato con grande sollecitudine la mia visita, che mi ha accolto con grande affetto e si è fatto interprete dei vostri sentimenti all’inizio di quest’Eucaristia. Saluto i suoi Predecessori e gli altri Fratelli nell’Episcopato, i sacerdoti, i consacrati e le consacrate, e i fedeli laici, con un pensiero particolare verso quanti sono coinvolti nel dare dinamicità alla Missione diocesana e, più in concreto, nella preparazione di questa mia Visita. So che essa ha potuto contare sull’effettiva collaborazione del Sindaco di Porto e di altre Autorità pubbliche, molte delle quali mi onorano con la loro presenza; approfitto di questo momento per salutarle e augurare ad esse, e a quanti rappresentano e servono, i migliori successi per il bene di tutti.

«Bisogna che uno divenga testimone, insieme a noi, della risurrezione», diceva Pietro. E il suo attuale Successore ripete a ciascuno di voi: Miei fratelli e sorelle, bisogna che diventiate con me testimoni della risurrezione di Gesù. In effetti, se non sarete voi i suoi testimoni nel vostro ambiente, chi lo sarà al vostro posto? Il cristiano è, nella Chiesa e con la Chiesa, un missionario di Cristo inviato nel mondo. Questa è la missione improrogabile di ogni comunità ecclesiale: ricevere da Dio e offrire al mondo Cristo risorto, affinché ogni situazione di indebolimento e di morte sia trasformata, mediante lo Spirito Santo, in occasione di crescita e di vita. A tale scopo, in ogni celebrazione eucaristica, ascolteremo più attentamente la Parola di Cristo e gusteremo assiduamente il Pane della sua presenza. Ciò farà di noi testimoni e, più ancora, portatori di Gesù risorto nel mondo, recandolo ai diversi settori della società e a quanti in essi vivono e lavorano, diffondendo quella «vita in abbondanza» (cfr Gv 10,10) che Egli ci ha guadagnato con la sua croce e risurrezione e che sazia i più legittimi aneliti del cuore umano.

Nulla imponiamo, ma sempre proponiamo, come Pietro ci raccomanda in una delle sue lettere: «Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (1Pt 3,15). E tutti, alla fine, ce la domandano, anche coloro che sembrano non domandarla. Per esperienza personale e comune, sappiamo bene che è Gesù colui che tutti attendono. Infatti le più profonde attese del mondo e le grandi certezze del Vangelo si incrociano nell’irrecusabile missione che ci compete, poiché «senza Dio l’uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia. Di fronte agli enormi problemi dello sviluppo dei popoli che quasi ci spingono allo sconforto e alla resa, ci viene in aiuto la parola del Signore Gesù Cristo che ci fa consapevoli: "Senza di me non potete far nulla" (Gv 15,5), e c’incoraggia: "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20)» (Benedetto XVI, Enc. Caritas in veritate, 78).

Tuttavia, se questa certezza ci consola e ci tranquillizza, non ci esime dall’andare incontro agli altri. Dobbiamo vincere la tentazione di limitarci a ciò che ancora abbiamo, o riteniamo di avere, di nostro e di sicuro: sarebbe un morire a termine, in quanto presenza di Chiesa nel mondo, la quale, d’altronde, può soltanto essere missionaria nel movimento diffusivo dello Spirito. Sin dalle sue origini, il popolo cristiano ha avvertito con chiarezza l’importanza di comunicare la Buona Novella di Gesù a quanti non lo conoscevano ancora. In questi ultimi anni, è cambiato il quadro antropologico, culturale, sociale e religioso dell’umanità; oggi la Chiesa è chiamata ad affrontare nuove sfide ed è pronta a dialogare con culture e religioni diverse, cercando di costruire insieme ad ogni persona di buona volontà la pacifica convivenza dei popoli. Il campo della missione ad gentes si presenta oggi notevolmente ampliato e non definibile soltanto in base a considerazioni geografiche; in effetti ci attendono non soltanto i popoli non cristiani e le terre lontane, ma anche gli ambiti socio-culturali e soprattutto i cuori che sono i veri destinatari dell’azione missionaria del popolo di Dio.

Si tratta di un mandato il cui fedele compimento «deve procedere per la stessa strada seguita da Cristo, la strada, cioè, della povertà, dell’obbedienza, del servizio e dell’immolazione di se stesso fino alla morte, da cui uscì vincitore con la sua risurrezione» (Decr. Ad gentes, 5). Sì! Siamo chiamati a servire l’umanità del nostro tempo, confidando unicamente in Gesù, lasciandoci illuminare dalla sua Parola: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga» (Gv 15,16). Quanto tempo perduto, quanto lavoro rimandato, per inavvertenza su questo punto! Tutto si definisce a partire da Cristo, quanto all’origine e all’efficacia della missione: la missione la riceviamo sempre da Cristo, che ci ha fatto conoscere ciò che ha udito dal Padre suo, e siamo investiti in essa per mezzo dello Spirito, nella Chiesa. Come la Chiesa stessa, opera di Cristo e del suo Spirito, si tratta di rinnovare la faccia della terra partendo da Dio, sempre e solo da Dio!

Cari fratelli e amici di Porto, alzate gli occhi verso Colei che avete scelto come patrona della città, l’Immacolata Concezione. L’Angelo dell’annunciazione ha salutato Maria come «piena di grazia», significando con quest’espressione che il suo cuore e la sua vita erano totalmente aperti a Dio e, perciò, completamente invasi dalla sua grazia. Che Ella vi aiuti a fare di voi stessi un «sì» libero e pieno alla grazia di Dio, affinché possiate essere rinnovati e rinnovare l’umanità attraverso la luce e la gioia dello Spirito Santo.









SALUTO AI FEDELI DI PORTO AL TERMINE DELLA SANTA MESSA


Conclusa la Celebrazione Eucaristica, il Papa si affaccia al balcone del palazzo del Municipio di Porto per salutare i fedeli presenti nell’Avenida dos Aliados.
Pubblichiamo di seguito le parole di saluto del Santo Padre:

SALUTO DEL SANTO PADRE


Cari Fratelli e Amici,

Sono felice di trovarmi in mezzo a voi e vi ringrazio per la festosa e cordiale accoglienza che mi avete riservata nella città di Porto, la «Città della Vergine». Alla sua materna protezione affido le vostre vite e famiglie, le vostre comunità e strutture al servizio del bene comune, in particolare le università di questa città i cui studenti si sono dati appuntamento qui e mi hanno manifestato la loro gratitudine e la loro adesione al magistero del Successore di Pietro. Grazie per la presenza e per la testimonianza della vostra fede. Voglio ancora una volta ringraziare tutti quelli che hanno collaborato, in diverse maniere, alla preparazione e alla realizzazione di questa mia visita, per la quale vi siete preparati soprattutto con la preghiera. Volentieri avrei accettato l’invito a prolungare la mia permanenza nella vostra città, ma non mi è possibile. Permettetemi, dunque, di partire, abbracciandovi tutti affettuosamente in Cristo, nostra Speranza, mentre vi benedico nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.




Rientrato nel Municipio di Porto, il Santo Padre firma il Libro d’oro.
Quindi si trasferisce in auto all’aeroporto internazionale di Porto ove ha luogo la Cerimonia di congedo dal Portogallo.













VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN PORTOGALLO NEL 10° ANNIVERSARIO DELLA BEATIFICAZIONE DI GIACINTA E FRANCESCO, PASTORELLI DI FÁTIMA (11 - 14 MAGGIO 2010) (XVI)


CERIMONIA DI CONGEDO ALL’AEROPORTO INTERNAZIONALE DI PORTO



Alle ore 13.30, all’aeroporto internazionale di Porto, ha luogo la Cerimonia di congedo. Dopo gli onori militari e l’esecuzione degli inni e prima del discorso del Presidente della Repubblica del Portogallo, S.E. il Sig. Aníbal Cavaco Silva, il Santo Padre Benedetto XVI pronuncia il discorso che pubblichiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE


Signor Presidente della Repubblica,

Illustri Autorità,

Amati Fratelli nell’Episcopato

Cari amici,

Al termine della mia visita, rivive nel mio spirito la densità di tanti momenti vissuti in questo pellegrinaggio in Portogallo. Custodita nell’anima porto la cordialità della vostra affettuosa accoglienza, la forma tanto calorosa e spontanea con la quale si sono cementati i vincoli di comunione con i gruppi che ho potuto contattare, l’impegno che ha significato la preparazione e la realizzazione del programma pastorale.

In questo momento di congedo, esprimo a tutti la mia sincera gratitudine: al Signor Presidente della Repubblica, che mi ha onorato con la sua presenza da quando sono arrivato qui, ai miei fratelli Vescovi con i quali ho rinnovato la profonda unione nel servizio del Regno di Cristo, al Governo e a tutte le autorità civili e militari, che si sono prodigate con visibile dedizione lungo l’intero viaggio. Vi auguro ogni bene! I mezzi di comunicazione sociale mi hanno permesso di arrivare a molte persone, alle quali non era possibile vedermi da vicino. Anche a loro mi sento molto grato.

A tutti i portoghesi, cattolici o no, agli uomini e alle donne che vivono qui, anche se non sono nati qui, va il mio saluto nel momento di congedarmi da voi. Non cessi di crescere tra voi la concordia, che è essenziale per una salda coesione, via necessaria per affrontare con responsabilità comune le sfide che vi stanno dinnanzi. Continui questa gloriosa Nazione a manifestare la grandezza d’animo, il profondo senso di Dio, l’apertura solidale, retta da principi e valori impregnati di umanesimo cristiano. A Fatima, ho pregato per il mondo intero chiedendo che il futuro porti maggiore fraternità e solidarietà, un maggiore rispetto reciproco e una rinnovata fiducia e confidenza in Dio, nostro Padre che è nei cieli.

È stata per me una gioia essere testimone della fede e della devozione della comunità ecclesiale portoghese. Ho potuto vedere l’entusiasmo dei bambini e dei giovani, la fedele adesione dei presbiteri, dei diaconi e dei religiosi, la dedizione pastorale dei Vescovi, la voglia di ricercare la verità e la bellezza evidente nel mondo della cultura, la creatività degli operatori della pastorale sociale, il vibrare della fede dei fedeli nelle diocesi che ho visitato. Il mio desiderio è che la mia visita divenga incentivo per un rinnovato ardore spirituale e apostolico. Che il Vangelo venga accolto nella sua integralità e testimoniato con passione da ogni discepolo di Cristo, affinché esso si riveli come lievito di autentico rinnovamento dell’intera società!

Scenda sul Portogallo e su tutti i suoi figli e le sue figlie la mia Benedizione Apostolica, portatrice di speranza, di pace e di coraggio, che imploro da Dio per l’intercessione di Nostra Signora di Fatima, alla quale vi rivolgete con tanta fiducia e saldo amore. Continuiamo a camminare nella speranza! Addio!










TELEGRAMMA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DEL PORTOGALLO

Conclusa con il saluto alle Autorità presenti la cerimonia di congedo all’aeroporto internazionale di Porto, il Santo Padre Benedetto XVI sale a bordo dell’aereo - un A320 della TAP - che decolla alle ore 14.00 locali alla volta di Roma.

Nell’atto di lasciare il territorio portoghese, il Papa fa pervenire al Presidente della Repubblica del Portogallo, Sig. Aníbal Cavaco Silva, il seguente messaggio telegrafico:

EXCELENTÍSSIMO SENHOR ANÍBAL CAVACO SILVA
PRESIDENTE DA REPUBLICA PORTUGUESA
LISBOA

AO DEIXAR ESPAÇO PORTUGUÊS VENHO RENOVAR-LHE MINHA DEFERENTE SAUDAÇÃO E CORDIAL GRATIDÃO PELO ACOLHIMENTO FIDALGO QUE ME RESERVOU E PELA SOLICITUDE DO GOVERNO EM ASSEGURAR TRANQUILA REALIZAÇÃO DESTA MINHA VISITA A PORTUGAL COM PONTO MAIS ALTO EM FÁTIMA ONDE PUDE AJOELHAR AOS PÉS DE NOSSA SENHORA DEPONDO NO SEU CORAÇÃO MATERNO AFLIÇÕES E ESPERANÇAS DA FAMÍLIA HUMANA INTEIRA E DE MODO ESPECIAL DO DILECTO POVO PORTUGUÊS SOBRE CUJO PRESENTE E FUTURO INVOCO A LUZ PROTECTORA DE DEUS COM PROPICIADORA BENÇÃO APOSTÓLICA

BENEDICTUS PP XVI





Benedetto XVI a Porto: la fede non s'impone, si propone, senza paure e senza limiti, confidando solo in Gesù


Nella quarta e ultima giornata del suo viaggio apostolico in Portogallo, il Papa, giunto stamani da Fatima, ha presieduto la Messa nel piazzale dell’Avenida dos Aliados a Porto, polo industriale e seconda città del Paese. Benedetto XVI, accolto con grande affetto da oltre 120 mila fedeli, ha sottolineato che missione improrogabile di ogni comunità ecclesiale è quella di ricevere da Dio e offrire al mondo Cristo risorto. La fede non s'impone – ha spiegato - ma si propone, senza paure e senza limiti, confidando solo in Gesù. Questa sera il rientro del Papa a Roma. Linea al nostro inviato Roberto Piermarini:


Accoglienza trionfale per Benedetto XVI a Porto, la stessa che lo ha accompagnato nel corso di questo suo viaggio in Portogallo. Per accoglierlo tutta la città si è riversata sul percorso e sul piazzale della storica Avenida dos Aliados dove ha celebrato la Messa.


(Canto Messa)


All’omelia - incentrata sulla missionarietà nella festa di San Mattia Apostolo - il Papa ha invitato i presenti, a diventare con lui - come Successore di Pietro – testimoni della resurrezione di Gesù:

“O cristão é, na Igreja e com a Igreja, um missionário de Cristo...”
Il cristiano è, nella Chiesa e con la Chiesa, un missionario di Cristo inviato nel mondo. Questa è la missione improrogabile di ogni comunità ecclesiale: ricevere da Dio e offrire al mondo Cristo risorto, affinché ogni situazione di indebolimento e di morte sia trasformata, mediante lo Spirito Santo, un occasione di crescita e di vita”.


L’Eucaristia e la Parola di Cristo ci faranno testimoni di Gesù risorto nel mondo, portandolo ai diversi settori della società. “Nulla imponiamo, ma sempre proponiamo”- ha detto - sempre pronti a rispondere a chiunque ci chiede ragione della nostra speranza. “E tutti alla fine, ce la domandano, anche coloro che sembrano non domandarla. Per esperienza personale – ha osservato – sappiamo bene che è Gesù colui che tutti attendono” perché “senza Dio l’uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi sia”. Per questo dobbiamo andare incontro agli altri e comunicare la Buona Novella di Gesù a quanti non lo conoscono ancora. “In questi ultimi anni, - ha detto Benedetto XVI - è cambiato il quadro antropologico, culturale, sociale e religioso dell’umanità; oggi la Chiesa è chiamata ad affrontare nuove sfide ed è pronta a dialogare con culture e religioni diverse, cercando di costruire insieme ad ogni persona di buona volontà la pacifica convivenza dei popoli:


“O campo da missão ad gentes apresenta-se hoje notavelmente alargado...”
Il campo della missione ad gentes si presenta oggi notevolmente ampliato e non definibile soltanto in base a considerazioni geografiche; in effetti – ha detto il Papa - ci attendono non soltanto i popoli non cristiani e le terre lontane, ma anche gli ambiti socio-culturali e soprattutto i cuori che sono i veri destinatari dell’azione missionaria del popolo di Dio”.


Siamo chiamati a servire l’umanità del nostro tempo, confidando unicamente in Gesù. Tutto si definisce a partire da Cristo: la missione infatti la riceviamo sempre da Lui, che ci ha fatto conoscere ciò che ha udito dal Padre suo, per mezzo dello Spirito, nella Chiesa:

“Como a própria Igreja, obra de Cristo e do seu Espírito...”
Come la Chiesa stessa, opera di Cristo e del suo Spirito, si tratta di rinnovare la faccia della terra partendo da Dio, sempre e solo da Dio!"


Al termine della Messa il Papa ha benedetto la prima pietra del seminario Redemptoris Mater di Porto. “La nostra Chiesa – ha detto il vescovo della città mons. Manuel Clemente – ha promesso al Papa che risponderà alle necessità di conversione, tema conduttore della visita papale. Come ultimo atto a Porto, il Papa si è affacciato dal balcone del Municipio per salutare i fedeli, raccolti a migliaia anche nelle vie adiacenti. Anche oggi - come continuano a scrivere i giornali locali – “le moltitudini si sono arrese al Papa e il Papa si è arreso a Porto”.




www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2010&videoclip=1389&sett...






Siate profeti di giustizia e pace senza bavagli: così il Papa ai vescovi portoghesi. I cristiani mostrino la bellezza della fede


La Chiesa contemporanea ha bisogno di uomini, donne e giovani coraggiosi, capaci di togliersi il bavaglio che una certa cultura antireligiosa vorrebbe imporre e di mostrare la bellezza della fede. Ha bisogno di sacerdoti che siano “profeti di giustizia”, che non temano di difendere i poveri e denunciare chi li opprime. Con un discorso di particolare intensità, Benedetto XVI ha affidato gli ultimi pensieri del suo soggiorno a Fatima ai circa 50 vescovi del Portogallo, che ieri sera lo hanno ascoltato nell’incontro svoltosi alla Casa di “Nossa Senhora do Carmo”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

La fede in Dio è insidiata da altre “divinità”? I cristiani siano i primi a mostrare il fascino di seguire il Vangelo. “Signori di questo mondo” – politici o intellettuali che siano – propongono una loro monocultura che disprezza la religione? I cristiani parlino di Dio “senza bavagli”. Il discorso con quale Benedetto XVI si congeda da Fatima è come una sferzata dello spirito, un condensato di cristianesimo adatto ai tempi di oggi. Non a caso, il Papa lo rivolge e affida ai vescovi del Portogallo, primi responsabili della Chiesa sul posto. Ma alla vigoria magisteriale dei suoi pensieri, il Pontefice fa precedere uno squarcio di intimità, parole che confidano cosa significhi stare sul soglio di Pietro:


“O Papa precisa de abrir-se cada vez mais…
Il Papa ha bisogno di aprirsi sempre di più al mistero della Croce, abbracciandola quale unica speranza e ultima via per guadagnare e radunare nel Crocifisso tutti i suoi fratelli e sorelle in umanità. Obbedendo alla Parola di Dio, egli è chiamato a vivere non per sé stesso ma per la presenza di Dio nel mondo”.


Detto questo, Benedetto XVI si lancia in una disamina che fotografa senza sofismi il non facile tempo della Chiesa nell’epoca del secolarismo. Serve un colpo d’ala, dice in sostanza. Mentre non servono, aggiunge schietto, sedicenti cristiani vittime dell’imbarazzo di esserlo:


“Há necessidade de verdadeiras testemunhas…
C’è bisogno di autentici testimoni di Gesù Cristo, soprattutto in quegli ambienti umani dove il silenzio della fede è più ampio e profondo: i politici, gli intellettuali, i professionisti della comunicazione che professano e promuovono una proposta monoculturale, con disdegno per la dimensione religiosa e contemplativa della vita. In tali ambiti non mancano credenti che si vergognano e che danno una mano al secolarismo, costruttore di barriere all’ispirazione cristiana”.

Dunque, elenca il Pontefice, spazio a una coraggiosa tempra missionaria, a un “laicato maturo” che si identifichi con la Chiesa e sia “solidale con la complessa trasformazione del mondo”, e che soprattutto sia libero da soggezioni:

“Mantende viva a dimensão profética…
Mantenete viva la dimensione profetica, senza bavagli, nello scenario del mondo attuale, perché ‘la parola di Dio non è incatenata!’ (...) Decisivo, però, è riuscire ad inculcare in ogni agente evangelizzatore un vero ardore di santità, consapevoli che il risultato deriva soprattutto dall’unione con Cristo e dall’azione del suo Spirito”.

E a questo punto, Benedetto XVI ribadisce una delle sue convinzioni più profonde: la vita cristiana non è un noioso elenco di regole. E contro questo abusato luogo comune, il Papa oppone la freschezza della testimonianza, la vera forza che converte. “Difficilmente” - afferma - la fede cattolica...


“…poderá tocar os corações graças a simples discursos…
...potrà toccare i cuori mediante semplici discorsi o richiami morali e meno ancora attraverso generici richiami ai valori cristiani. Il richiamo coraggioso e integrale ai principi è essenziale e indispensabile; tuttavia il semplice enunciato del messaggio non arriva fino in fondo al cuore della persona, non tocca la sua libertà, non cambia la vita. Ciò che affascina è soprattutto l’incontro con persone credenti che, mediante la loro fede, attirano verso la grazia di Cristo, rendendo testimonianza di Lui”.


Per questo, il Papa ha ringraziato in particolare i Movimenti ecclesiali. I carismi suscitati dallo Spirito Santo, ha detto, hanno portato una “nuova primavera” quando in tanti parlavano di “un inverno della Chiesa”. Ai vescovi, Benedetto XVI ha chiesto di essere garanti della “ecclesialità” di tali comunità, eventualmente correggendone “con comprensione” i percorsi di fede. Quindi, ha concluso spronando il clero all’autenticità della vocazione. Ai vescovi chiede di riscoprire la "paternità episcopale", perché "per troppo tempo - nota - si è relegata in secondo piano la responsabilità dell'autorità come servizio alla crescita degli altri". E ai preti chiede di avere “sentimenti di misericordia e di compassione” per rispondere alle “gravi carenze sociali”. E seppure le difficoltà adesso “si fanno sentire di più”, esse ha incalzato:


“Não vos deixem esmorecer na lógica do dom…
Non vi facciano indebolire nella logica del dono. Continui ben viva, nel Paese, la vostra testimonianza di profeti della giustizia e della pace, difensori dei diritti inalienabili della persona, unendo la vostra voce a quella dei più deboli, che avete saggiamente motivato a possedere voce propria, senza temere mai di alzare la voce in favore degli oppressi, degli umiliati e dei maltrattati”.






L'appello del Papa agli operatori della Pastorale sociale: difendete poveri, vita e famiglia, indipendenti da politica e ideologie


Seguire lo stile del Buon Samaritano, avendo “un cuore che vede dove c’è bisogno d’amore”: è l’esortazione rivolta, ieri sera, da Benedetto XVI nell’incontro a Fatima con le organizzazioni della Pastorale Sociale. Durante la Celebrazione della Parola nella Chiesa della Santissima Trinità, il Papa ha invitato i cristiani impegnati nel sociale ad essere indipendenti da politica e ideologia, respingendo le pressioni della cultura dominante. Dal Pontefice un forte appello in difesa della vita e della famiglia. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Canto

“Chi impara da Dio amore sarà inevitabilmente una persona per gli altri”: è quanto affermato da Benedetto XVI, che parlando agli operatori della Pastorale sociale ha ribadito che, uniti a Cristo, “siamo afferrati dalla sua compassione per le moltitudini che chiedono giustizia e solidarietà”. Come il Buon Samaritano, ha proseguito, “ci impegniamo ad offrire risposte concrete e generose”. E tuttavia, ha constatato, spesso non è facile “arrivare ad una sintesi soddisfacente tra la vita spirituale e l’attività apostolica”:

“A pressão exercida pela cultura dominante…”
“La pressione esercitata dalla cultura dominante che presenta con insistenza uno stile di vita fondato sulla legge del più forte, sul guadagno facile e allettante – ha rilevato – finisce per influire sul nostro modo di pensare”. Ed ha indicato il rischio che i progetti del servizio di pastorale sociale siano svuotati “di quella motivazione della fede e della speranza cristiana che li aveva suscitati”. Se è necessario rispondere alla “logica dell’efficienza” nel venire incontro alle esigenze dei poveri e dei marginalizzati della società", ha soggiunto, bisogna però sempre trovare la sintesi con la vita spirituale. In questo mondo diviso, è stato poi il suo richiamo, “si impone a tutti una profonda e autentica unità di cuore, di spirito e di azione”. Ciò vale soprattutto per le istituzioni sociali della Chiesa:

“Importa que seja clara a sua orientação de modo a…”
“Bisogna – ha affermato – che sia chiaro il loro orientamento, perché assumano un’identità ben evidente: nell’ispirazione dei loro obiettivi, nella scelta delle loro risorse umane”, nella qualità dei loro servizi e nella gestione dei mezzi:

“Passo fundamental, além da identidade e unido a ela…”
“Oltre all’identità e ad essa collegata – ha detto – è un passo fondamentale concedere all’attività caritativa cristiana autonomia e indipendenza dalla politica e dalle ideologie”, anche se in collaborazione con gli organi dello Stato per raggiungere scopi comuni. Quindi, ha esortato gli operatori della pastorale sociale a dar vita ad “attività assistenziali, educative o caritative” che promuovano l’essere umano nella sua dignità:

“Aqui se situa o urgente empenhamento dos cristãos na defesa…”
“Si colloca qui – ha detto – l’urgente impegno dei cristiani nella difesa dei diritti umani, attenti alla totalità della persona umana nelle sue diverse dimensioni”. Ha così espresso apprezzamento per quelle iniziative che “cercano di lottare contro i meccanismi socio-economici e culturali che portano all’aborto”. Come pure a quelle iniziative volte alla “riconciliazione e la guarigione delle persone ferite dal dramma dell’aborto”. Inoltre, ha incoraggiato l’impegno a tutela della famiglia “fondata sul matrimonio indissolubile tra un uomo e una donna” per "rispondere ad alcune delle più insidiose e pericolose sfide che oggi si pongono al bene comune". Ancora una volta, dunque, il Papa ha esortato i fedeli a far proprio “lo stile del Buon Samaritano”, ad avere cioè “un cuore che vede dove c’è bisogno di amore”:

“O cenário actual da história é de crise sócio-económica…”
“L’attuale scenario della storia – ha detto ancora – è di crisi socio-economica, culturale e spirituale”. Ma ciò “pone in evidenza l’opportunità di un discernimento orientato dalla proposta creativa del messaggio sociale della Chiesa”. La carità, ha rammentato, è la forza e principio della dottrina sociale che permette di tracciare un “processo di sviluppo umano integrale che coinvolga le profondità del cuore e raggiunga una più ampia umanizzazione della società”. Infine, l’invito “a formare una nuova generazione di leader servitori”. L’attrarre nuovi operatori laici in questo campo pastorale, ha concluso, “meriterà sicuramente una particolare premura dei pastori, attenti al futuro”. Al termine della celebrazione, contraddistinta da un clima particolarmente caloroso, il Papa ha benedetto la prima pietra di un Centro delle Misericordie Portoghesi, segno tangibile della carità verso il prossimo bisognoso.
Applausi










La Madonna, il popolo, il Papa: l'editoriale di padre Lombardi


Una grandissima gioia: questa l’esperienza del Papa in questo suo pellegrinaggio in Portogallo: lo ha affermato ai nostri microfoni padre Federico Lombardi. L'accoglienza del popolo portoghese - ha sottolineato il direttore della Sala Stampa vaticana - è stata veramente calorosa, superiore alle attese. La Veglia di preghiera a Fatima è stato uno dei momenti più intensi di questo 15.mo viaggio apostolico internazionale di Benedetto XVI. Ascoltiamo in proposito l’editoriale di padre Lombardi per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

Mentre la processione attraversava l’immensa folla raccolta sulla spianata di Fatima, osservavo i volti illuminati dalle tremule fiammelle delle candele: centinaia di migliaia, persone semplici, donne e uomini, giovani, vecchi, mamme con i loro bambini…. Sguardi intensi, volti segnati dal dolore e dall’esperienza dura della vita, volti innocenti… Commozione sincera e profonda, lacrime e sorrisi. Il popolo, il Popolo di Dio è qui: nella lunga notte della vigilia e poi nel giorno, incurante della pioggia, del vento, del sole. E’ arrivato da ogni parte del Portogallo e dell’Europa con ogni mezzo - in aereo, in macchina, a piedi – portando nel cuore la sua preghiera segreta, in mano la fiaccola, sulle labbra l’amata canzone “A Maria”. Chi lo ha chiamato? Chi lo ha convocato? Non certo i media, non esperti organizzatori, neppure i vescovi, neppure il Papa. Sappiamo bene che questa gente è stata chiamata qui da una “ piccola e luminosa Signora” apparsa a tre pastorelli in questo luogo insignificante e sperduto. Sono passati quasi cent’anni e il richiamo non ha perso la sua forza. E negli ultimi 40 anni, nel fatidico 13 maggio, è venuto cinque volte anche il Papa da Roma. Anche lui non ha voluto sottrarsi alla forza di questo richiamo e si è fatto pellegrino con il popolo di Dio che gli è stato affidato. E’ venuto anche lui a dire “amo”, a pregare e fare penitenza per la conversione e la salvezza di tutti i popoli, a comandarne a Dio i dolori e le angosce, le gioie e le speranze. Come Papa Benedetto ha spiegato in volo verso Fatima, il Papa “sta per la Chiesa”: dove è lui, c’è la Chiesa e dove c’è la Chiesa, c’è anche lui. E a Fatima Maria ha detto fin dall’inizio di pregare con il Papa e per il Papa per la vita del mondo. Questa preghiera, in questi giorni, l’abbiamo sentita e vissuta con sempre rinnovata sorpresa, con emozione e gioia profonda, con viva speranza. Nonostante le prove – esterne ed interne – la Chiesa vive e cammina, accompagnata dallo Spirito.











Fatima: la riflessione della teologa Cettina Militello


La tappa più intensa di questo viaggio è stata Fatima, dove il Papa ha detto di essere venuto per pregare per l'umanità afflitta da miserie e sofferenze: ha pregato con Maria e con i tanti pellegrini che giungono in questo Santuario. Di questo rapporto tra la Chiesa e Maria, Fabio Colagrande ha parlato con una mariologa, Cettina Militello:

R. – C’è tra il popolo di Dio e Maria un legame di affetto, un legame soprannaturale, che viene proprio dal fatto che Lei è membro tipo, modello della Chiesa. Tra l’altro, il Papa non soltanto ha detto “per pregare con Maria e con i tanti pellegrini”, ma ha ricordato il convergere della Chiesa pellegrinante e questa stessa Chiesa definisce, secondo la “Lumen gentium”, un sacramento di salvezza. D’altra parte, il pregare con Maria e con i tanti pellegrini è anche uno degli atteggiamenti che caratterizzano la preghiera, che è il colloquio con Dio, ma che è anche preghiera di domanda o preghiera di apertura del proprio cuore di fronte ai problemi che l’umanità ha. E l’umanità, certamente, come continua il Papa, è afflitta da miserie e sofferenze.


D. – Il Papa ci ha anche detto che per entrare in contatto con una realtà che si trova oltre il sensibile, così come è avvenuto ai pastorelli di Fatima, ci vuole però una vigilanza interiore del cuore, che molto spesso oggi per la forte pressione delle realtà esterne, delle immagini e preoccupazioni che riempiono l’anima – sono parole del Papa – non riusciamo ad avere...


R. – Senza dubbio il nostro è un tempo di confusione e di attenzione all’esteriore, di poco silenzio. Non c’è dubbio che Dio lo si trova nel silenzio. La Bibbia ci mostra tutta una serie di contesti nei quali la Rivelazione avviene certamente mettendosi da parte, creando le condizioni per essere da Lui interpellati e per ascoltarlo. E questo ci riporta all’ascesi come pratica quotidiana, che non vuol dire necessariamente assumere atteggiamenti di distacco, di condanna nei confronti del mondo, ma vuol dire invece capire quali sono i veri valori e quindi stare in ascolto dei veri valori e, in particolare, stare in ascolto della Parola di Dio e della provocazione che essa comporta.


D. La Chiesa pellegrinante va verso questo luogo. Storicamente che significato ha, secondo lei?


R. – Vuol dire che dobbiamo accettare che ci siano contesti, momenti nei quali la normalità “esemplata” dal messaggio viene riaffermata, ripuntualizzata. Di sicuro Lourdes, Fatima e luoghi similari sono luoghi che scuotono la fede dormiente, accedono con immediatezza, soprattutto al mondo del dolore, della sofferenza, e consentono di riprendere fiato, di ripartire per rendersi di nuovo sensibili a quelli che sono i temi forti della fede; creano degli spazi che consentono l’ascolto. Se non si crea quel silenzio, se non si crea quel contesto, è difficile sfuggire a quello che è l’automatismo dispersivo della nostra esistenza oggi. Sono come oasi: momenti nei quali è possibile essere richiamati a ciò che conta e dunque ripartire.(Montaggio a cura di Maria Brigini)
Paparatzifan
00venerdì 14 maggio 2010 23:54
Dal blog di Lella...

PAPA A PORTO: DA MUNICIPIO SALUTA FOLLA, PECCATO DOVER RIPARTIRE

Salvatore Izzo

(AGI) - Porto, 14 mag.

"Volentieri avrei accettato l'invito a prolungare la mia permanenza nella vostra citta', ma non mi e' possibile. Permettetemi, dunque, di partire, abbracciandovi tutti affettuosamente in Cristo, nostra Speranza". Con queste parole Benedetto XVI ha salutato - affacciandosi dall'imponente palazzo del municipio, dove era stata allestita la sagrestia - la grande folla che ha partecipato alla messa celebrata in Avenida dos Aliados, la grande piazza al centro di Porto. Un mare di bandierine e' stato agitato dai presenti quando Ratzinger e' apparso al balcone con ancora i paramenti sacri e la mitra.
Le parole del Papa sono poi state interrotte piu' volte dagli applausi, ai quali ha risposto ogni volta con il grazie dei portoghesi: "obrigado!". "Sono felice - ha aggiunto - di trovarmi in mezzo a voi e vi ringrazio per la festosa e cordiale accoglienza che mi avete riservata nella citta' di Porto, la Citta' della Vergine". "Alla sua materna protezione - ha continuato il Pontefice - affido le vostre vite e famiglie, le vostre comunita' e strutture al servizio del bene comune, in particolare le universita' di questa citta' i cui studenti si sono dati appuntamento qui e mi hanno manifestato la loro gratitudine e la loro adesione al magistero del Successore di Pietro". "Grazie - ha detto infine rivolto ai fedeli che gremivano anche le piazze limitrofe e seguivano il rito attraverso i maxi schermi - per la presenza e per la testimonianza della vostra fede. Voglio ancora una volta ringraziare tutti quelli che hanno collaborato, in diverse maniere, alla preparazione e alla realizzazione di questa mia visita, per la quale vi siete preparati soprattutto con la preghiera". Un ragazzo e uan ragazza hanno poi raggiunto il Pontefice sul balcone per donargli una chitarra e una felpa.

© Copyright (AGI)

PAPA A PORTO: BENEDICE PRIMA PIETRA SEMINARIO NEOCATECUMENALI

Salvatore Izzo

(AGI) - Porto, 14 mag.

Al termine della messa celebrata in Avenida dos Aliados, il Papa ha benedetto la prima pietra del seminario missionario "Redemptoris Mater" che sorgera' nella seconda citta' del Portogallo per iniziativa del Cammino Neocatecumenale.

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00sabato 15 maggio 2010 00:15
Dal blog di Lella...

IL VERO SEGRETO È LA CERTEZZA DI ESSERE SALVATI

LUIGI GENINAZZI

L’ Altare del mondo, come è stato definito più volte il san tuario di Fatima, torna ad essere la Cattedra del mon do. E’ qui che la visita pastorale del Papa in Portogallo ha a vuto il suo culmine ieri, con l’affollatissima celebrazione li turgica nell’anniversario della prima apparizione della Ma donna ai tre «pastorinhos». Benedetto XVI è venuto nella «ca sa che Maria ha scelto per parlare a noi nei tempi moderni», ha detto nell’omelia. C’era grande attesa per le parole che il Papa teologo avrebbe pronunciato nel luogo simbolo della de vozione popolare alla Vergine. Il Messaggio di Fatima, con le sue profezie, è più che mai al centro di un dibattito che vede schierati su sponde estreme «fatimisti» e agnostici, o in un cer to senso, apocalittici ed integrati. Ed ovviamente hanno pro vato a tirarci dentro anche Papa Ratzinger. Ma lui è venuto con un solo scopo: «gioire della presenza di Maria e della sua materna protezione... nel desiderio di trasmettere quella spe ranza grande che arde nel mio cuore e che qui, a Fatima, si fa trovare in maniera più palpabile».
Sì, possiamo dire che Benedetto XVI è salito in cattedra per ripeterci quella grande lezione di fede che, quasi cent’anni fa, ha avuto inizio in una landa desolata dell’Estremadura chiamata «Cova da Iria» ed oggi scuote ancora la Chiesa e il mondo. «Si illuderebbe chi pensasse che la missione profe tica di Fatima sia conclusa», ha ammonito il Papa. Ma que sto non significa che ci siano «altri» e «nascosti» segreti di Fa tima dopo che nel 2000 fu svelata la visione contenuta nel Ter zo Segreto (il vescovo vestito di bianco che cade come mor to mentre avanza verso la Croce tra i cadaveri di tanti marti ri) e fu spiegata come «l’interminabile Via Crucis del XX se colo », culminata nell’attentato a papa Wojtyla il 13 maggio del 1981. In ginocchio davanti alla statua della Vergine, Bene detto XVI appena giunto a Fatima ha ricordato le tre visite compiute dal suo predecessore ed il gesto con cui volle of frire al santuario il proiettile che l’aveva ferito gravemente e che poi è stato incastonato nella corona della Madonna del Rosario. Ed ha aggiunto che è motivo di consolazione il fat to che in quella corona «non vi siano soltanto l’oro e l’argento delle nostre gioie e speranze ma anche il proiettile delle no stre preoccupazioni e sofferenze».
Per Benedetto XVI la profezia è una scuola di lettura del mon do alla luce della fede. In questo senso il Messaggio di Fati ma viene approfondito nel corso della storia, che oggi vede la Chiesa soffrire soprattutto per il male che viene dal suo in terno. Ma «capire i segni dei tempi vuol dire comprendere l’ur genza della penitenza e della conversione. Questa è la paro la chiave di Fatima, il triplice grido: Penitenza, Penitenza, Pe­nitenza! ». Lo diceva l’allora cardinale Ratzinger nel suo com mento al Terzo Segreto. Ed oggi Benedetto XVI ci richiama quel messaggio impegnativo e al tempo stesso consolante. E’ il Messaggio di Fatima che guarda oltre le minacce, i perico li e gli orrori della storia per trasmettere «un’esperienza di grazia, quella che ci fa diventare innamorati di Dio», ha det to ieri, davanti a mezzo milione di fedeli. È questo, ci sentia mo di chiosare, il vero «segreto» di Fatima: non la previsione di sciagure apocalittiche ma la certezza di essere salvati da un Altro. Come diceva lo scrittore francese Paul Claudel «Fa tima rappresenta l’irruzione scandalosa del soprannatura le ». Che, sappiamo bene, c’entra con «una Signora più lumi nosa del sole» e non con oscure dietrologie.

© Copyright Avvenire, 14 maggio 2010


+PetaloNero+
00sabato 15 maggio 2010 00:48
Il Papa chiede al Portogallo di testimoniare appassionatamente il Vangelo
Per un “autentico rinnovamento” della società, afferma congedandosi dal Paese

di Roberta Sciamplicotti


PORTO, venerdì, 14 maggio 2010 (ZENIT.org).- Congedandosi questo venerdì pomeriggio dal Portogallo al termine della sua visita pastorale nel Paese, iniziata questo martedì, Benedetto XVI ha chiesto una testimonianza appassionata del Vangelo per rinnovare la società.

Con il discorso che ha pronunciato all'aeroporto Francisco Sá Carneiro di Porto, il Pontefice ha concluso il 15° viaggio internazionale del suo pontificato, il 9° in Europa, sul tema “Con te camminiamo nella speranza – Saggezza e missione”.

Al suo arrivo in papamobile sulla pista, è stato accolto dal Presidente della Repubblica Portoghese, Aníbal Cavaco Silva, accompagnato dalla moglie. Dopo che una banda militare ha eseguito l'inno vaticano e quello portoghese, Benedetto XVI ha preso la parola confessando di sperare che la sua visita “divenga incentivo per un rinnovato ardore spirituale e apostolico”.

“Che il Vangelo venga accolto nella sua integralità e testimoniato con passione da ogni discepolo di Cristo, affinché esso si riveli come lievito di autentico rinnovamento dell’intera società!”, ha auspicato.

Visita di successo

Il Papa ha quindi espresso la sua soddisfazione per “la densità di tanti momenti vissuti in questo pellegrinaggio in Portogallo”.

“Custodita nell’anima porto la cordialità della vostra affettuosa accoglienza, la forma tanto calorosa e spontanea con la quale si sono cementati i vincoli di comunione con i gruppi che ho potuto contattare, l’impegno che ha significato la preparazione e la realizzazione del programma pastorale”, ha spiegato.

“È stata per me una gioia essere testimone della fede e della devozione della comunità ecclesiale portoghese”.

“Ho potuto vedere l’entusiasmo dei bambini e dei giovani, la fedele adesione dei presbiteri, dei diaconi e dei religiosi, la dedizione pastorale dei Vescovi, la voglia di ricercare la verità e la bellezza evidente nel mondo della cultura, la creatività degli operatori della pastorale sociale, il vibrare della fede dei fedeli nelle Diocesi che ho visitato”.

Appello alla concordia

Il Pontefice si è quindi rivolto a “tutti i portoghesi, cattolici o no”, e a quanti vivono in Portogallo pur non essendoci nati, che nelle cerimonie di questi giorni hanno mostrato la propria presenza sventolando la bandiera del Paese d'origine.

“Non cessi di crescere tra voi la concordia, che è essenziale per una salda coesione, via necessaria per affrontare con responsabilità comune le sfide che vi stanno dinnanzi”, ha esortato.

A questo proposito, ha rivelato di aver pregato a Fatima “chiedendo che il futuro porti maggiore fraternità e solidarietà, un maggiore rispetto reciproco e una rinnovata fiducia e confidenza in Dio, nostro Padre che è nei cieli”.

Allo stesso modo, ha auspicato che la “gloriosa Nazione” portoghese continui a manifestare “la grandezza d’animo, il profondo senso di Dio, l’apertura solidale, retta da principi e valori impregnati di umanesimo cristiano”.

Saudade

Nel suo discorso al Papa, il Presidente della Repubblica ha voluto rinnovargli i “sentimenti di profonda riconoscenza del popolo portoghese per i segni di particolare affetto che Sua Santità gli ha voluto testimoniare”.

Le folle “impressionanti” che hanno accolto il Pontefice durante il suo viaggio e “le manifestazioni della profonda devozione e della gioia” che hanno contrassegnato le tappe della visita “rimarranno vive nella memoria di tutti noi”, ha aggiunto.

Cavaco Silva ha sottolineato che la visita pastorale di Benedetto XVI ha permesso di “conoscere meglio la sua persona”, nella quale i portoghesi hanno potuto riscontrare “la bontà umana, il carisma sereno, la profondità di pensiero, la forza d'animo”, “segnali ispiratori in un momento di grandi sfide come quello che viviamo”.

“La sua presenza, la sua parola e il suo esempio hanno portato speranza al cuore grato dei portoghesi”, ha indicato, definendo il Papa come “un pastore che indica un cammino a quanti lo seguono” e “un pellegrino saggio che va incontro a tutti gli uomini di buona volontà”.

“Il Portogallo si congeda da voi rinvigorito dal messaggio di speranza e fiducia che lei ci lascia – ha commentato il Presidente –. Vediamo partire il Santo Padre con un sentimento che nessun'altra lingua ha ancora saputo tradurre in tutta la sua profondità e che riserviamo a chi ci è più caro, la saudade”.

Cavaco Silva ha quindi concluso il suo discorso augurando al Papa buon viaggio e pregandolo di tenere sempre presente nello spirito e nelle preghiere il Portogallo e i suoi abitanti, “come i portoghesi non dimenticheranno la sua presenza in Portogallo”.












Benedetto XVI: il mondo attende Cristo, anche senza saperlo
Lancia a tutta la Chiesa un invito solenne alla missione “ad gentes”

di Inma Álvarez


PORTO, venerdì, 14 maggio 2010 (ZENIT.org).- Senza imporre ma senza smettere di proporre, i cristiani devono rispondere urgentemente alla necessità dell'evangelizzazione, ha affermato Papa Benedetto XVI nell'omelia della Messa celebrata questo venerdì a Porto al termine della sua visita apostolica in Portogallo.

Il Papa ha dedicato il suo discorso a quella che Giovanni Paolo II ha definito la “nuova evangelizzazione” nelle società secolarizzate.

La celebrazione si è svolta nell'Avenida dos Aliados, di fronte al Municipio. Vi hanno partecipato circa 120.000 fedeli, provenienti da tutto il Portogallo ma anche dalla Spagna e da altri Paesi europei.

Il Papa è giunto in papamobile direttamente dall'eliporto militare della Serra do Pilar, accompagnato dal Vescovo di Porto, monsignor Manuel Clemente.

“Il cristiano è, nella Chiesa e con la Chiesa, un missionario di Cristo inviato nel mondo. Questa è la missione improrogabile di ogni comunità ecclesiale”, perché “ogni situazione di indebolimento e di morte sia trasformata, mediante lo Spirito Santo, in occasione di crescita e di vita”, ha detto.

“In effetti, se non sarete voi i suoi testimoni nel vostro ambiente, chi lo sarà al vostro posto?”.

Di fronte alla tentazione dello scoraggiamento, Benedetto XVI ha aggiunto che la “sproporzione tra le forze in campo che oggi ci spaventa, già duemila anni fa stupiva coloro che vedevano e ascoltavano Cristo”.

“C’era soltanto Lui, dalle sponde del Lago di Galilea fino alle piazze di Gerusalemme, solo o quasi solo nei momenti decisivi: Lui in unione con il Padre, Lui nella forza dello Spirito. Eppure è avvenuto che, alla fine, dallo stesso amore che ha creato il mondo, la novità del Regno è spuntata come piccolo seme che germina dalla terra”.

Ad gentes

Il Papa ha affermato che l'umanità ha sperimentato grandi cambiamenti ai quali è necessario dare risposta: “oggi la Chiesa è chiamata ad affrontare nuove sfide ed è pronta a dialogare con culture e religioni diverse, cercando di costruire insieme ad ogni persona di buona volontà la pacifica convivenza dei popoli”.

Questo campo della missione ad gentes (verso i gentili, quelli che non credono) “si presenta oggi notevolmente ampliato e non definibile soltanto in base a considerazioni geografiche”, ha indicato.

“Ci attendono non soltanto i popoli non cristiani e le terre lontane, ma anche gli ambiti socio-culturali e soprattutto i cuori che sono i veri destinatari dell’azione missionaria del popolo di Dio”.

“Nulla imponiamo, ma sempre proponiamo”, ha spiegato ai presenti, segnalando che bisogna essere “pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. E tutti, alla fine, ce la domandano, anche coloro che sembrano non domandarla”.

Anche senza saperlo, ha proseguito il Papa, “è Gesù colui che tutti attendono”. “Senza Dio l’uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia”.

Per questo, ha aggiunto, noi cristiani “siamo chiamati a servire l’umanità del nostro tempo, confidando unicamente in Gesù, lasciandoci illuminare dalla sua Parola”.

“Quanto tempo perduto, quanto lavoro rimandato, per inavvertenza su questo punto! Tutto si definisce a partire da Cristo, quanto all’origine e all’efficacia della missione: la missione la riceviamo sempre da Cristo”.

Incontro vocazionale

Al termine della Messa, Papa Benedetto XVI ha benedetto la prima pietra del seminario Redemptoris Mater Santa Teresa del Bambin Gesù di Porto. In questo tipo di seminario, diocesano, missionario e internazionale, si formeranno i giovani del Cammino Neocatecumenale.

Migliaia di giovani di questa realtà ecclesiale si sono recati in pellegrinaggio a Fatima in questi giorni per assistere all'incontro con il Papa. Secondo quanto ha reso noto a ZENIT l'ufficio stampa del Cammino Neocatecumenale in Spagna, sono circa 20.000 ragazzi di tutta Europa.

Prima di tornare nei propri Paesi d'origine, i giovani hanno avuto un incontro vocazionale con gli iniziatori del Cammino, Kiko Argüello, Carmen Hernández e Mario Pezzi, nel Santuario di Fatima. L'incontro è stato presieduto dal Cardinale José Policarpo, Patriarca di Lisbona.
Paparatzifan
00sabato 15 maggio 2010 08:10
Dal blog di Lella...

La rosa del Papa

Il viaggio papale in Portogallo ha rivelato il cuore gentile e forte di Benedetto XVI, sempre più nitidamente percepito nelle visite che compie per rispondere alla missione di successore di Pietro.
Come è avvenuto a Lisbona, a Fátima, a Porto, dove l'affetto semplice e intenso dei portoghesi - talmente numerosi ed entusiasti da meravigliare gli stessi impeccabili organizzatori e persino i media internazionali, non sempre benevoli - si è manifestato in modo appassionato e commovente. Soprattutto nel santuario che è davvero il centro spirituale del Paese e una prova evidente della modernità di Maria, salutata da migliaia di fazzoletti bianchi e dal lancio festoso di petali di fiori, omaggi dal sapore antico riservati alla Madonna e al pellegrino venuto da Roma.
Sotto il segno di Fátima si è dunque svolto questo pellegrinaggio pontificio, sulle tracce di Paolo vi e di Giovanni Paolo ii, e già nella prospettiva del centenario delle apparizioni. Per confermare il messaggio affidato dalla Vergine ai tre piccoli veggenti, tanto radicato nel Vangelo e nella sua profezia permanente quanto lontano da immaginarie speculazioni: nonostante gli egoismi che sempre minacciano la vita umana e la pace, nonostante le continue sofferenze della Chiesa per i peccati di tanti suoi figli, l'ultima parola - ha ribadito Benedetto XVI - non sarà mai del male, che è stato vinto da Cristo risorto, e che dunque i cristiani possono combattere e vincere con la preghiera, la penitenza e la testimonianza.
Davanti alla piccola statua della Vergine e alla luce di migliaia di candele il Pontefice ha collocato la rosa d'oro portata da Roma, "come un figlio che viene a visitare sua Madre e lo fa in compagnia di una moltitudine di fratelli e sorelle", e ha letto nel proiettile assassino fatto incastonare nella corona di Maria dal suo predecessore - che da quella pallottola fu quasi ucciso - anche il simbolo delle sofferenze del mondo e della Chiesa. Per questo, mentre l'anno sacerdotale volge al termine, Benedetto XVI ha voluto consacrare alla Madonna se stesso e tutti i sacerdoti, con un gesto che è nella tradizione di Fátima ma che assume un significato evidente per il richiamo fiducioso a una fedeltà radicale, in questo tempo così necessaria.
E ancora una volta "il Pietro di oggi" - come l'ha chiamato il suo segretario di Stato - non è solo. Circondato e sostenuto nella comunione dei santi dall'affetto e dalla simpatia crescenti di moltissimi cattolici e non cattolici, il successore del primo degli apostoli ha chiesto ai fedeli di Porto, ma parlando a tutti i cristiani, una sola cosa: "Miei fratelli e sorelle, bisogna che voi diventiate con me testimoni della risurrezione di Gesù". Per rendere Dio presente in questo mondo, dove solo la luce di Cristo (lumen Christi) può far splendere la fiamma della fede che, se non viene alimentata, rischia di spegnersi. Per illuminare il buio, come le candele nella notte di Fátima che si riflettevano nella rosa del Papa.

g. m. v.

(©L'Osservatore Romano - 14-15 maggio 2010)


Paparatzifan
00sabato 15 maggio 2010 08:53
Dal blog di Lella...

PAPA A PORTO: "Senza Dio l'uomo non sa dove andare"

Salvatore Izzo

(AGI) - Porto, 14 mag.

"Le più profonde attese del mondo e le grandi certezze del Vangelo si incrociano nell’irrecusabile missione che ci compete, poiché senza Dio l’uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia". Lo ha detto Bendetto XVI nell'omelia della messa celebrata a Porto. "Di fronte agli enormi problemi dello sviluppo dei popoli che quasi ci spingono allo sconforto e alla resa, ci viene in aiuto - ha aggiunto - la parola del Signore Gesù Cristo che ci fa consapevoli: “Senza di me non potete far nulla”, e c’incoraggia: 'Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo'". "Questa certezza, se ci consola e ci tranquillizza, tuttavia - ha scandito il Papa - non ci esime dall’andare incontro agli altri".

© Copyright (AGI)

Papa a porto: si' a dialogo, ma senza evangelizzazione chiesa condanna se stessa

(AGI) - Porto, 14 mag.

"Oggi la Chiesa è chiamata ad affrontare nuove sfide ed è pronta a dialogare con culture e religioni diverse, cercando di costruire insieme ad ogni persona di buona volontà la pacifica convivenza dei popoli". Ma anche se "e' è cambiato il quadro antropologico, culturale, sociale e religioso dell’umanità", ugualmente l'evangelizzazione ("proponendo e mai imponendo") resta il primo compito della Chiesa.
E per Benedetto XVI gia' "troppo tempo e' stato perduto e tanto lavoro rimandato, per inavvertenza su questo punto".
"Dobbiamo vincere - ha detto il Papa nell'omelia della messa celebrata a Porto - la tentazione di limitarci a ciò che ancora abbiamo, o riteniamo di avere, di nostro e di sicuro: sarebbe un morire a termine, in quanto presenza di Chiesa nel mondo, la quale, d’altronde, può soltanto essere missionaria nel movimento diffusivo dello Spirito". "Sin dalle sue origini - ha ricordato - il popolo cristiano ha avvertito con chiarezza l’importanza di comunicare la Buona Novella di Gesù a quanti non lo conoscevano ancora. Questa è la missione improrogabile di ogni comunità ecclesiale: ricevere da Dio e offrire al mondo Cristo risorto, affinché ogni situazione di indebolimento e di morte sia trasformata, mediante lo Spirito Santo, in occasione di crescita e di vita". "A tale scopo - ha spiegato il Pontefice - in ogni celebrazione eucaristica, ascolteremo più attentamente la Parola di Cristo e gusteremo assiduamente il Pane della sua presenza". "Ciò farà di noi - ha scandito - testimoni e, più ancora, portatori di Gesù risorto nei diversi settori della società".
"Nulla imponiamo - ha precisato Ratzinger - ma sempre proponiamo,
pronti sempre a rispondere a chiunque ci
domandi ragione della speranza che è in noi. E tutti, alla fine, ce la domandano,
anche coloro che sembrano non domandarla. Per esperienza personale e comune, sappiamo bene che è Gesù colui che tutti attendono".
In questa visione, "il campo della missione ad gentes si presenta oggi notevolmente ampliato e non
definibile soltanto in base a considerazioni geografiche; in effetti ci attendono non soltanto i popoli non cristiani e le terre lontane, ma anche gli ambiti socio-culturali e soprattutto i cuori che sono i veri destinatari dell’azione missionaria del popolo di Dio.
Per Benedetto XVI "si tratta di un mandato il cui fedele compimento deve procedere per la stessa strada seguita da Cristo, la strada, cioè, della povertà, dell’obbedienza, del servizio e dell’immolazione di se stesso fino alla morte, da cui uscì vincitore con la sua risurrezione». "Siamo chiamati a servire l’umanità del nostro tempo, confidando unicamente in Gesù, lasciandoci illuminare dalla sua Parola", e dunque "tutto si definisce a partire da Cristo, la missione la riceviamo sempre da Cristo, che ci ha fatto conoscere ciò che ha udito dal Padre suo, e siamo investiti in essa per mezzo dello Spirito, nella Chiesa".
Come la Chiesa stessa, opera di Cristo e del suo Spirito, si tratta di rinnovare la faccia della terra partendo da Dio, sempre e solo da Dio".

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00sabato 15 maggio 2010 11:36
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CRISI: PAPA CHIEDE ETICA, CONCORDIA, E SOLIDARIETA'

(AGI) - Porto, 14 mag.

(dell'inviato Salvatore Izzo)

"La concordia e' essenziale per una salda coesione, via necessaria per affrontare con responsabilita' comune le sfide" della crisi economica che si fa sentire con molta forza in alcuni Paesi Europei.
Partendo dal Portogallo e' questo il messaggio che Benedetto XVI lascia al presidente Cavaco Silva e alle altre autorita' politiche del Paese che con Grecia e Spagna e' considerato a rischio dalla Ue, impegnate in questi giorni nel varo di durissime misure congiunturali (l'aumento dell'Iva e di altre imposte e un contributo di solidarieta' sui salari dei dipendenti pubblici) che dividono il mondo politico, i sindacati e l'opinione pubblica.
"Continui questa gloriosa Nazione - dice il Papa prima di imbarcarsi sul volo della Tap per Roma - a manifestare la grandezza d'animo, il profondo senso di Dio, l'apertura solidale, retta da principi e valori impregnati di umanesimo cristiano". "Per superare la crisi economica e le sue drammatiche conseguenze, occorre seguire l'esempio del Buon Samaritano che si fa vicino ad ogni uomo e versa sulle sue ferite l'olio della consolazione e il vino della speranza, pagando poi di persona, in anticipo, per la sua guarigione", ha suggerito ieri a Fatima, in un discorso rivolto alle organzzazioni della pastorale sociale delle diocesi del Portagallo ma a anche ai sindacati e alle associazioni laiche di volontariato che avevano voluto essere ugualmente presenti nella avveniristica chiesa della Trinita', costruita da qualche anno al limite della spianata.
Papa Ratzinger, ovviamente, non ha citato in nessuna delle due occasioni le nuove imposte che in Portogallo graveranno particolarmente sulla classe media. Ma le sue parole sono state uguialmente molto chiare, cosi' come e' stata forte la denuncia di una "pressione esercitata dalla cultura dominante, che presenta con insistenza uno stile di vita fondato sulla legge del piu' forte, sul guadagno facile e allettante", e cosi' "finisce per influire sul nostro modo di pensare, sui nostri progetti e sulle prospettive del nostro servizio, con il rischio di svuotarli di quella motivazione della fede e della speranza cristiana che li aveva suscitati".
Per Benedetto XVI - che ha chiesto in particolare al volontariato cattolico di "lottare contro i meccanismi socio-economici e culturali che portano all'aborto" ed impegnarsi per "la difesa della vita, la riconciliazione e la guarigione delle persone ferite dal dramma dell'aborto" - ancora oggi "lo scenario e' di crisi socioeconomica, culturale e spirituale, e cio' pone in evidenza l'opportunita' di un discernimento orientato dalla proposta creativa del messaggio sociale della Chiesa". "Lo studio della sua dottrina sociale, che assume come principale forza e principio la carita', permettera' - negli auspici di Ratzinger - di tracciare un processo di sviluppo umano integrale che coinvolga le profondita' del cuore e raggiunga una piu' ampia umanizzazione della societa'. Non si tratta di semplice conoscenza intellettuale, ma di una saggezza che dia sapore e condimento, offra creativita' alle vie conoscitive ed operative tese ad affrontare una cosi' ampia e complessa crisi".
"Possano le istituzioni della Chiesa, insieme a tutte le organizzazioni non ecclesiali, perfezionare - in questo modo - le loro capacita' di conoscenza e le direttive in vista di una nuova e grandiosa dinamica, che conduca verso 'quella civilta' dell'amore, il cui seme Dio ha posto in ogni popolo, in ogni Cultura'". Nella visione di Ratzinger, "con la sua dimensione sociale e politica, questa diaconia della carita' e' propria dei fedeli laici, chiamati a promuovere organicamente il bene comune, la giustizia e a configurare rettamente la vita sociale. "Chi impara da Dio Amore - infatti - sara' inevitabilmente una persona
per gli altri. In effetti, l'amore di Dio si rivela nella responsabilita' per l'altro". L'incontro di ieri a Fatima con il mondo della pastorale sociale, mostra l'attenzione che il Papa dedica alla poverta' e ai problemi della societa'", sottolinea da parte sua il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, per il quale quello della crisi economica e' stato un tema "presente nell'orizzonte del viaggio" anche se, ovviamente, i discorsi pronunciati in Portogallo "non sono stati di carattere contingente". "Speriamo - aggiunge il gesuita - che questa crisi passi e le cose che ha detto il Papa possano valere al di la' di questo momento". "A Fatima ho pregato per il mondo intero, chiedendo che il futuro porti maggiore fraternita' e solidarieta', un maggiore rispetto reciproco e una rinnovata fiducia e confidenza in Dio, dal quale per intercessione della Vergine ho invocato per tutti pace, coraggio e speranza", ha confidato del resto lo stesso Ratzinger nel discorso di congedo all'aeroporto di Porto.
Le indicazioni che Benedetto XVI lascia al mondo cattolico portoghese trascendono certo lo scenario della crisi, ma e' dentro questa tuttavia che vengono lette in questo Paese, perche' non c'e' oggi un portoghese che non sia seriamente preoccupato per il futuro.
"Le piu' profonde attese del mondo e le grandi certezze del Vangelo si incrociano nell'irrecusabile missione che ci compete, poiche' senza Dio l'uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia", ha rilevato allora Papa Ratzinger nell'omelia della messa celebrata a Porto per 120 mila fedeli (la seconda citta' del Paese e' stata il teatro di un ennesimo bagno di folla per questo Pontefice anziano che sembra quasi meravigliato di suscitare tanto calore e entusiasmo).
"Di fronte agli enormi problemi dello sviluppo dei popoli che quasi ci spingono allo sconforto e alla resa, ci viene in aiuto - ha aggiunto - la parola del Signore Gesu' Cristo che ci fa consapevoli: 'Senza di me non potete far nulla', e c'incoraggia: 'Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo'". "Questa certezza, se ci consola e ci tranquillizza, tuttavia - ha scandito il Papa - non ci esime dall'andare incontro agli altri".
"Oggi la Chiesa - ha spiegato - e' chiamata ad affrontare nuove sfide ed e' pronta a dialogare con culture e religioni diverse, cercando di costruire insieme ad ogni persona di buona volonta' la pacifica convivenza dei popoli".
Ma anche se "e' e' cambiato il quadro antropologico, culturale, sociale e religioso dell'umanita'", ugualmente l'evangelizzazione ("proponendo e mai imponendo") resta il primo compito della Chiesa. E per Benedetto XVI gia' "troppo tempo e' stato perduto e tanto lavoro rimandato, per inavvertenza su questo punto". "Dobbiamo vincere - ha detto il Papa nell'omelia della messa celebrata a Porto - la tentazione di limitarci a cio' che ancora abbiamo, o riteniamo di avere, di nostro e di sicuro: sarebbe un morire a termine, in quanto presenza di Chiesa nel mondo, la quale, d'altronde, puo' soltanto essere missionaria nel movimento diffusivo dello Spirito". "Sin dalle sue origini - ha ricordato - il popolo cristiano ha avvertito con chiarezza l'importanza di comunicare la Buona Novella di Gesu' a quanti non lo conoscevano ancora. Questa e' la missione improrogabile di ogni comunita' ecclesiale: ricevere da Dio e offrire al mondo Cristo risorto, affinche' ogni situazione di indebolimento e di morte sia trasformata, mediante lo Spirito Santo, in occasione di crescita e di vita". "A tale scopo - ha spiegato il Pontefice - in ogni celebrazione eucaristica, ascolteremo piu' attentamente la Parola di Cristo e gusteremo assiduamente il Pane della sua presenza". "Cio' fara' di noi - ha continuato il Papa teologo - testimoni e, piu' ancora, portatori di Gesu' risorto nei diversi settori della societa'".
"Volentieri avrei accettato l'invito a prolungare la mia permanenza nella vostra citta', ma non mi e' possibile. Permettetemi, dunque, di partire, abbracciandovi tutti affettuosamente in Cristo, nostra Speranza", ha infine salutato la folla, affacciandosi dopo il rito dall'imponente palazzo del municipio, dove era stata allestita la sagrestia. Un mare di bandierine e' stato agitato nell'immensa e gremita Avenida dos Aliados quando Ratzinger e' apparso al balcone con ancora i paramenti sacri e la mitra.
Le sue parole di commiato sono state interrotte piu' volte dagli applausi, ai quali ha risposto ogni volta con il grazie dei portoghesi: "obrigado!".
Un ragazzo e una ragazza hanno poi raggiunto il Pontefice sul balcone per donargli una chitarra e una felpa (un indumento sportivo con inseriti gli elettrodi che consentono di monitorare le performance cardiache degli atleti: forse non si addice a un 83enne, ma stamani bisognava vederlo scendere con passo sicuro dalla rampa inclinata dell'elicottero militare mentre i suoi ben piu' giovani collaboratori apparivano in evidente difficolta'). L'ultimo gesto prima di partire e' stato la benedizione della prima pietra del seminario missionario "Redemptoris Mater" che sorgera' a Porto per iniziativa del Cammino Neocatecumenale.

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00sabato 15 maggio 2010 12:05
Dal blog di Lella...

Papa Benedetto in Portogallo ha detto la verità, tutta la verità sulla sua Chiesa

di Stefano Fontana

Più che in ogni altra occasione Benedetto XVI sembra aver voluto dire la verità, tutta la verità, nella sua visita in Portogallo. E non tanto la verità da annunciare al mondo, quanto la verità della Chiesa, perché solo se la Chiesa si riappropria della sua verità può anche essere un servizio al mondo, lo può richiamare quando sbaglia e indicargli la strada.
A Fatima il Papa ha usato parole chiare, come si fa in famiglia, dentro le mura domestiche, e si parla ai “nostri”, a quelli che sanno e che hanno visto. Un esame di coscienza in famiglia, fatto davanti agli umili, ai semplici, al popolo cristiano dei santuari e di Fatima in particolare: folle immense che però sembrano come sparire, assorbite dalla superficie porosa di un mondo che tutto metabolizza, quando il papa lascia le spianate ove celebra le messe. Come se il mondo, per conto suo, continuasse ad andare per la sua strada e tutto ciò non avesse influenza.
Tre discorsi di Benedetto XVI a Fatima hanno costituito come un colloquio interno alla Chiesa. Il 12 maggio, ai cattolici impegnati nel sociale il Papa ha invitato ad una presenza, ad una viva testimonianza nel mondo. Ha anche indicato esplicitamente la necessità di rifarsi, in questo impegno, all’orizzonte della Dottrina sociale della Chiesa: «Lo studio della sua dottrina sociale, che assume come principale forza e principio la carità, permetterà di tracciare un processo di sviluppo umano integrale che coinvolga le profondità del cuore e raggiunga una più ampia umanizzazione della società. Non si tratta di semplice conoscenza intellettuale, ma di una saggezza che dia sapore e condimento, offra creatività alle vie conoscitive ed operative tese ad affrontare una così ampia e complessa crisi». Si è trattato di un forte invito alla presenza, «Consapevoli, come Chiesa, di non essere in grado d’offrire soluzioni pratiche ad ogni problema concreto, ma sprovvisti di qualsiasi tipo di potere, determinati a servire il bene comune, e pronti ad aiutare e ad offrire i mezzi di salvezza a tutti», ma non perciò rinunciatari o dimessi, bensì consapevoli di doverci essere, insieme, sotto la guida della Chiesa e della sua dottrina sociale.
Questo invito, rivolto a grandi masse di persone impegnate, oggettivamente però contrastava con l’evoluzione recente della società portoghese, oggetto di una secolarizzazione molto violenta che nel giro di pochi anni ha permesso l’approvazione di leggi fortemente contestate dal Papa come l’aborto e il riconoscimento delle unioni omosessuali. Questo contrasto ha fatto da sfondo a tutto il viaggio di Benedetto XVI, ormai missionario in una terra sconsacrata più che pellegrino in una nazione cristiana. Le grandi folle al suo passaggio non hanno potuto nascondere questa realtà. E allora, ecco il grande tema: cosa resta dell’impegno sociale e politico dei cattolici, cosa della loro Dottrina sociale, cosa delle loro attività caritative se viene meno la fede, se attorno l’apostasia dalle radici cristiane si allarga e se Dio è sempre meno presente nella scena pubblica perché è sempre meno presente nelle coscienze? Torna il problema fondamentale a cui sembra aver dedicato tutte le sue forze questo Pontefice, il tema della famosa Lettera sul ritiro della scomunica ai vescovi di Ecône: «Nel nostro tempo in cui in vaste zone della terra la fede è nel pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più nutrimento, la priorità che sta al di sopra di tutte è di rendere Dio presente in questo mondo e di aprire agli uomini l´accesso a Dio. Non ad un qualsiasi Dio, ma a quel Dio che ha parlato sul Sinai; a quel Dio il cui volto riconosciamo nell´amore spinto sino alla fine - in Gesù Cristo crocifisso e risorto. Il vero problema in questo nostro momento della storia é che Dio sparisce dall´orizzonte degli uomini e che con lo spegnersi della luce proveniente da Dio l´umanità viene colta dalla mancanza di orientamento, i cui effetti distruttivi ci si manifestano sempre di più. Condurre gli uomini verso Dio, verso il Dio che parla nella Bibbia: questa è la priorità suprema e fondamentale della Chiesa e del Successore di Pietro in questo tempo».
Qualcosa di analogo è stato detto anche a Fatima, il giorno precendente 11 maggio: «precisamente oggi la priorità pastorale è quella di fare di ogni donna e uomo cristiani una presenza raggiante della prospettiva evangelica in mezzo al mondo, nella famiglia, nella cultura, nell’economia, nella politica. Spesso ci preoccupiamo affannosamente delle conseguenze sociali, culturali e politiche della fede, dando per scontato che questa fede ci sia, ciò che purtroppo è sempre meno realista». Si parla di sogni di nuove generazioni di politici cattolici, ma i cattolici sono sempre di meno; si parla di presenza pubblica del cristianesimo, ma i cristiani sono sempre di meno. Queste cose sono state dette davanti a delle folle, e perciò appaiono così incisive. Non si può negare che questo Pontefice abbia rilanciato, e motivato con grande profondità teologica e con fine sapienza ecclesiale, la necessità della presenza storica del cristianesimo, soprattutto in Occidente, ma lo ha fatto segnalando egli stesso la prima grande carenza che dall’interno si oppone a questo progetto e che lo rende difficoltoso e problematico: la diminuzione della fede, che rende impossibile qualsiasi altro obiettivo.
Durante il viaggio, parlando con i giornalisti, il Papa – prontamente ripreso dai media - ha detto che la Chiesa non è mai veramente perseguitata dall’esterno, ma sempre prima di tutto dall’interno, ossia dal peccato dei cristiani. Insomma, le sue difficoltà sono sempre e solo dovute ad una mancanza di fede. La frase è stata letta in relazione alla pedofilia, ma aveva un significato molto più vasto e profondo. «Si è messa una fiducia forse eccessiva nelle strutture e nei programmi ecclesiali, nella distribuzione di poteri e funzioni; ma cosa accadrà se il sale diventa insipido?». Come non vedere, in questo ultimo passaggio, un riferimento alle numerose proposte di maggiore collegialità nella Chiesa, di riforma della Curia romana, di revisione della struttura monarchica della Chiesa come se ciò fosse la panacea di tutti i mali?
Benedetto XVI ha l’idea che all’origine c’è un problema di fede, che governare la Chiesa significhi prima di tutto pregare ed aver fede, che la presenza pubblica dei cristiani si estinguerà se non alimentata dalla fede e che il mondo stesso ne sarà impoverito. Tutto ciò, infatti, è stato ribadito a Fatima non solo davanti alle folle ma anche davanti alla Madonna.

© Copyright L'Occidentale, 15 maggio 2010


+PetaloNero+
00sabato 15 maggio 2010 15:30
L'appello del Papa dal Portogallo: i cristiani rinnovino l'ardore spirituale per testimoniare il Vangelo con passione


Con un appello a rinnovare l'ardore spirituale perché il Vangelo sia testimoniato con passione da ogni cristiano, si è concluso ieri il viaggio apostolico del Papa in Portogallo a dieci anni dalla Beatificazione dei veggenti di Fatima Giacinta e Francesco: quattro giorni intensissimi di incontri, preghiera, meditazioni. Ieri pomeriggio la cerimonia di congedo a Porto. Ce ne parla il nostro inviato Roberto Piermarini:

“Continuemos a caminhar na esperança! Adeus!
Continuiamo a camminare nella speranza! Addio!”


Con queste parole il Papa si è congedato ieri dal Portogallo, al termine di un viaggio segnato da un’accoglienza trionfale che lo ha profondamente colpito. Dallo scalo di Porto, di fronte alle sfide che attendono il Paese, Benedetto XVI ha invitato il Portogallo alla concordia e alla coesione. “Continui questa gloriosa Nazione, a manifestare la grandezza d’animo, il profondo senso di Dio, l’apertura solidale, retta da principi e valori impregnati di umanesimo cristiano”.


“Em Fátima, rezei pelo mundo inteiro pedindo que o futuro traga maior...
A Fatima ho pregato per il mondo intero chiedendo che il futuro porti maggiore fraternità e solidarietà, un maggiore rispetto reciproco e una rinnovata fiducia e confidenza in Dio, nostro Padre che è nei cieli”.


Ricordando tutti gli incontri avuti a Lisbona, Fatima e Porto, il Papa ha espresso il desiderio che la sua visita diventi incentivo per un rinnovato ardore spirituale e apostolico. “Che il Vangelo venga accolto nella sua integralità e testimoniato con passione da ogni discepolo di Cristo, - ha detto - affinché esso si riveli come lievito di autentico rinnovamento dell’intera società!”. Dal canto suo il presidente della Repubblica Cavaco Silva lo ha salutato con un sentimento di nostalgia riservato in Portogallo – ha detto - a quelli che ci sono più cari: “a saudade”.


Ma cosa rimarrà di questo viaggio appena concluso? Certamente rimarrà l’immagine della Veglia a Fatima, nella Cappella delle Apparizioni, con migliaia di fiaccole accese che hanno fatto da cornice alla supplica del Papa davanti alla statua della Vergine alla quale ha affidato le angosce, le attese e le speranze dell’umanità. Rimarrà la sua affermazione che “la missione profetica di Fatima non si è conclusa”, non una rivelazione come l’ha definita una parte della stampa, ma la consapevolezza che l’evento di Fatima ci aiuta a leggere la storia di oggi e di domani alla luce di Dio dove ogni uomo, davanti ai peccati del mondo è chiamato alla preghiera, alla conversione ed alla penitenza. Rimarrà ancora l’appello al mondo della cultura che la “verità” del Vangelo è al servizio della società. Rimarrà il richiamo a difendere la vita minacciata – anche in Portogallo - dal dramma dell’aborto e a tutelare il matrimonio indissolubile tra un uomo ed una donna per rispondere alle sfide insidiose che vogliono introdurre le unioni gay. Rimarrà l’invito alla Chiesa portoghese ad avere più coraggio nell’annuncio, più vigore missionario e più sollecitudine verso gli ultimi. Rimarrà l’invito ai sacerdoti ad essere fedeli, poveri, casti, obbedienti e liberi di annunciare al mondo Gesù morto e risorto. Rimarrà la gioia del Papa per l’affetto che gli hanno mostrato i portoghesi, cresciuto giorno dopo giorno superando ogni aspettativa. E infine rimarrà la certezza di Benedetto XVI che in questo viaggio mariano ha ribadito che “la bontà di Dio è sempre l’ultima risposta della storia”.




www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2010&videoclip=1390&sett...







Padre Lombardi: un viaggio meraviglioso che mostra la grande vitalità della Chiesa


Per un bilancio del viaggio apostolico del Papa in Portogallo Sergio Centofanti ha intervistato il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi:

R. – Un bilancio certamente positivo, direi anche superiore all’attesa. Possiamo dire che è stato un viaggio che è andato benissimo e possiamo anche dire che è stato un viaggio meraviglioso. L’accoglienza è stata vastissima, è stata calorosa, è stata anche superiore alle attese degli organizzatori. Il Papa ne è rimasto molto colpito, molto contento e confortato. Ha potuto vivere questo viaggio nelle condizioni migliori e come momento anche di grande esperienza spirituale di preghiera con il Popolo di Dio nel punto culminante, che è stato evidentemente quello delle celebrazioni a Fatima. Il Papa ha potuto dare i grandi messaggi che gli erano stati anche - in un certo senso - richiesti e che erano attesi dalla Chiesa portoghese. L’incontro con il mondo della cultura, l’incontro con il mondo dell’impegno sociale, l’incontro con i sacerdoti erano incontri di importanza strategica per la presenza della Chiesa in Portogallo e, per cui, c’era una grandissima attesa. Mi confermavano i vescovi, ieri, che la presenza del mondo della cultura nell’incontro a Lisbona era veramente totale. E’ stato, quindi, un incontro di grandissimo significato, direi di significato storico e che dice la volontà della Chiesa di dialogare in modo costruttivo con tutti coloro che cercano, che si impegnano nel mondo del pensiero, della ricerca, dell’arte, della creatività. Sono cose, queste, che rimarranno certamente a lungo per la Chiesa portoghese. Soprattutto con il momento di Fatima, lo sguardo si è anche un po’ allargato sull’Europa e sul mondo, perché Fatima è un luogo che ha assunto realmente un significato per la Chiesa universale, come momento di incontro e – in un certo senso – di comunicazione fra il cielo e la terra, fra la presenza di Dio nella nostra storia e la domanda di salvezza del popolo e il desiderio di impegno nella storia da parte della Chiesa sulla base di conversione, di penitenza, di preghiera, di rinnovamento spirituale. Questo è un discorso che naturalmente vale per tutti e che è stato colto anche molto al di là dei confini del Portogallo.

D. – Il Papa è venuto a Fatima per dire che l’amore di Gesù e per Gesù è la cosa più importante: tutto parte da qui e la Chiesa annuncia e propone - non impone - questo amore, in dialogo col mondo…

R. – Certamente il Papa torna sempre ai punti essenziali, ai fondamenti della missione della Chiesa e del suo messaggio. E certamente questo amore per Gesù è stato espresso in particolare nell’omelia a Fatima in un modo molto intenso, portato anche dal grande clima di spiritualità, di affetto, di amore che si sente in questa immensa assemblea che arriva dalle diverse parti del mondo e, in un certo senso, appare convocata dall’Alto più che convocata dagli uomini. Il Papa si è fatto pellegrino con questo popolo che risponde ad una chiamata che attraverso Maria viene e che porta naturalmente al centro della nostra fede e, quindi, all’amore del Figlio di Dio, all’accoglienza della Rivelazione. In questa storia nostra concreta, attraverso gli eventi belli e tristi, drammatici a volte del nostro tempo, sentiamo che continua ad essere presente la grazia di Dio per noi e che, quindi, vale la pena continuare ad impegnarsi, a sperare, proprio a partire dagli atteggiamenti fondamentali che la fede ci ispira, quelli della carità e dell’amore per gli altri. Un messaggio, quindi, che è inserito nella storia e che guarda in avanti con speranza.

D. – Una delle frasi del Papa che più hanno colpito è che si illude chi crede che la profezia di Fatima sia conclusa. Cosa voleva dire il Papa?

R. – Il Papa vuol dire una cosa molto semplice e cioè che non dobbiamo più aspettarci da parte di Fatima e quindi di quanto è stato detto dai pastorelli, dai veggenti, delle profezie nel senso di annuncio di eventi concreti per quanto riguarda i prossimi anni o il prossimo secolo. Questo non è in questione. La profezia di Fatima, nella prospettiva del Papa, che deve essere poi la nostra prospettiva, significa aver imparato a leggere gli avvenimenti della nostra storia, il cammino della Chiesa con le sue difficoltà e le sue speranze nella luce della fede e cioè sotto lo sguardo di Dio, che segue la Chiesa e l’umanità in cammino, opera con la sua grazia per accompagnare coloro che si rivolgono a Lui e ci invita ad impegnarci in questa storia a partire dalla conversione di noi stessi proprio per agire secondo i criteri del Vangelo. La profezia intesa come lettura della realtà umana e della storia umana, questo è caratteristico di Fatima, ci ha insegnato a guardare non solo alla nostra vita personale, ma alla vita della Chiesa e dell’umanità nel contesto della storia, sotto la luce di Dio, del suo amore e con l’impegno a convertirci, a renderci dei testimoni sempre più fedeli dell’amore di Dio nel mondo in cui viviamo e nella nostra storia. Questo è un messaggio profetico che continua ad essere di grande attualità e lo sarà in futuro.

D. – Sempre parlando del segreto di Fatima, il Papa ha detto che la grande persecuzione della Chiesa non viene da nemici esterni, ma dal peccato all’interno stesso della Chiesa...

R. – Sì, questo è quanto egli ha spiegato con parole estremamente efficaci nella sua conversazione, sul volo verso il Portogallo. Ha fatto capire che le sofferenze, le difficoltà che la Chiesa incontra, anche con evidente riferimento alla situazione dei mesi recenti o di questi anni, in cui la Chiesa ha tante difficoltà in conseguenza dei peccati dei suoi membri – si riferisce proprio agli abusi sessuali – sono qualcosa che la Chiesa porta in sé: porta in sé purtroppo anche la realtà del peccato. Ed è proprio per questo che il messaggio di Fatima è estremamente attuale e importante, perché ci parla di conversione, ci parla di penitenza, per rinnovarci in modo tale che la nostra testimonianza sia coerente. Quindi, nel contesto di una lettura ampia del significato dell’evento di Fatima, da un punto di vista spirituale, non bisogna pensare solo alle persecuzioni che vengono dall’esterno, che certamente hanno avuto una gran parte nelle sofferenze e nelle difficoltà della Chiesa, per esempio nel corso del secolo passato, e che anche adesso continuano e continueranno ad esserci, ma il Papa ha fatto notare che le sofferenze e le difficoltà della Chiesa vengono anche, in particolare, dal nostro interno, cioè dal nostro essere peccatori, e per questo il messaggio di conversione e di penitenza ha una particolare attualità e importanza. Questo mi è sembrato veramente molto bello, molto importante, cioè come il Papa sia stato capace di inserire la tematica che ci affligge in questi ultimi mesi a proposito degli abusi sessuali in una prospettiva spirituale molto ampia. Quindi, riconoscendone la gravità, ma inserendola nella condizione della Chiesa nel mondo, della Chiesa davanti a Dio e del suo cammino, che deve essere sempre di purificazione, di rinnovamento. E questo l’ha inserito con molta naturalezza direi, proprio nella condizione della Chiesa pellegrinante, e ha quindi dato occasione a tutti coloro che erano a Fatima, ma anche a tutta la Chiesa, di pregare intensamente, di coltivare uno spirito di rinnovamento e di conversione proprio per essere testimone più limpida e più efficace per il mondo di oggi e di domani.

D. – Anche in questa occasione il Papa ha sentito il grande affetto della gente...

R. – Sì, lo ha sentito veramente in un modo eccezionale. E non è la prima volta. Anche il viaggio a Malta, pure se di dimensioni più limitate perché il Paese era più piccolo, anche il viaggio a Torino, ma in particolare questo viaggio più ampio, più prolungato, hanno dato modo veramente a grandi masse, a grandi numeri di persone di essere presenti. Noi sappiamo che nel cuore molti di più, che non sono potuti venire fisicamente ad incontrare il Papa, lo hanno però seguito e gli vogliono bene. Ad ogni modo, la grande presenza è un segno efficace di affetto. Il Papa lo ha certamente gradito e direi che sia un fatto che ha dimostrato anche la vitalità della Chiesa, la vitalità della fede semplice, ma viva della Chiesa portoghese ed è quindi un grande segno di speranza per la Chiesa che cammina.








Il presidente Napolitano al Papa: la sua missione è stata un esempio e un motivo di conforto, le sue parole hanno toccato il cuore


Il Presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano ha inviato un messaggio al Papa per il rientro dal viaggio Apostolico in Portogallo: “la sua missione pastorale – afferma - è stata, anche in questa circostanza, un esempio ed un motivo di conforto per i popoli della Terra e le sue parole hanno toccato il cuore degli uomini di buona volontà. Con profonda considerazione – conclude il presidente Napolitano - le rivolgo il mio affettuoso pensiero". Da parte sua, Benedetto XVI, nei suoi telegrammi di saluto ai capi di Stato di Spagna, Francia e Italia, Paesi sorvolati al rientro dal Portogallo, ha invocato la benedizione di Dio su queste popolazioni.
+PetaloNero+
00domenica 16 maggio 2010 16:31
Il rettore del Santuario di Fatima: dal viaggio di Benedetto XVI in Portogallo un messaggio di speranza per tutti i fedeli


Un viaggio apostolico all’insegna della gioia di essere cristiani. Così il rettore del Santuario di Fatima, padre Virgílio do Nascimento Antunes, sintetizza il significato della visita pastorale del Papa in Portogallo, conclusasi venerdì scorso. Al microfono di Eugenio Bonanata, padre Antunes ripercorre i momenti forti di questo viaggio di Benedetto XVI, in particolare a Fatima:
R. – E’ stata veramente un’opportunità eccellente per il contatto con Dio, per la gioia di essere cristiani, per il senso della comunione con tutta la Chiesa, per riconoscere nella persona del Santo Padre il pastore universale. Posso dire che sono stati veramente dei giorni di festa, di grande gioia per tutti i pellegrini di Fatima.

D. – Che ricordo, che immagine le rimane della visita papale?

R. – Quello dell’arrivo del Santo Padre alla Cappella delle Apparizioni, che è il cuore del Santuario di Fatima, dove vanno tutti i pellegrini quando arrivano a Fatima. Il Papa arriva, s’inginocchia davanti alla statua della Madonna: è un gesto tipico tra i pellegrini di Fatima e soprattutto tra i portoghesi. Per questo si sentiva che il Papa era un pellegrino come tutti gli altri nella sua semplicità e pure nella sua umiltà davanti alla Vergine. La sua preghiera silenziosa è stata un momento bellissimo dell’incontro con Dio. Dopo, la sera, l’inizio della processione con le candele, la benedizione delle candele, la preghiera del Rosario che il Papa conduceva, recitando la prima parte del Padre Nostro, dell’Ave Maria: lì si vedeva la Chiesa con il Santo Padre che pregava con questa fiducia, questa speranza in Maria come madre, perché le preghiere potessero arrivare a Dio. Poi, c’è la Messa del 13. Il Santo Padre veramente ci ha toccato con le sue parole ma soprattutto con il suo sorriso, con il suo modo di fare, di comunicare. La folla che era così grande, come sappiamo, era intensamente partecipe e sembrava creasse nel suo cuore un amore e una devozione così grandi per il Santo Padre che appartengono anche al messaggio di Fatima.

D. – “La missione profetica di Fatima non si è conclusa”: come ha letto lei questa affermazione di Benedetto XVI?

R. – E’ un’affermazione molto importante e forte. Durante il Ventesimo secolo alcuni hanno pensato che con la caduta dei regimi dell’est dell’Europa, con l’attentato a Giovanni Paolo II, la caduta del muro di Berlino, con la persecuzione della Chiesa, si sarebbe compiuto tutto il messaggio di Fatima. Invece, il Papa viene a dirci di no, perché il messaggio di Fatima - a mio avviso - riguarda tutta la storia della Chiesa e del mondo con tutti i suoi problemi e questi problemi - le questioni della pace, della giustizia, anche della fede, della carità - continueranno. Per questo il messaggio di Fatima è un messaggio aperto, che ci aiuta ad interpretare la storia del nostro tempo, ad affermare l’esistenza di Dio, la necessità che l’uomo ha di Dio, della spiritualità dei valori, della conversione.

D. – Cosa ha lasciato Benedetto XVI a Fatima?

R. – Il Papa ha lasciato una grandissima speranza in tutti i pellegrini e non soltanto nei pellegrini di Fatima, ma in tutto il Paese. Il Portogallo era e continua ad essere in una situazione un po’ difficile dal punto di vista economico, c’è la mancanza di lavoro, alcune povertà che crescono. Il Papa ha portato veramente un messaggio che tocca un po’ tutti i cuori perché arriva a parlare di speranza, a parlare di gioia, a parlare di Dio, a parlare del futuro, a parlare delle possibilità dell’uomo, se continua a credere e ad accettare Dio nella sua vita, a parlare di pace. Veramente, il Papa con il suo messaggio, con la sua persona, ha toccato la gente e per questo la speranza dei portoghesi, dei cristiani e dei non cristiani sembra sia stata approfondita e arricchita con questo viaggio e con queste parole.

D. – Si aspettava un’accoglienza così calorosa da parte del Portogallo?

R. – Posso dire che ha superato moltissimo le mie aspettative perché anche a Fatima c’è stata una folla molto grande. Il Papa era visto in Portogallo come il teologo, il filosofo, che non riusciva a toccare i cuori… E’ stato tutto il contrario! Il Papa ha toccato il cuore della gente, si è avvicinato ai bambini, ai giovani, agli anziani, ha parlato ai malati. E’ un uomo così tanto umano che sembrava qualcuno della nostra famiglia, che conoscevamo già da tanto tempo e per questo è cambiato moltissimo il modo di accogliere o di riconoscere la sua personalità. Mi sembra che abbia superato in tutto le aspettative dei portoghesi.
+PetaloNero+
00lunedì 17 maggio 2010 00:36
La lezione del Papa? La sofferenza della Chiesa alla luce di Fatima
Il portavoce vaticano traccia un bilancio del viaggio in Portogallo



CITTA' DEL VATICANO, domenica, 16 maggio 2010 (ZENIT.org).- Con il suo viaggio in Portogallo, Benedetto XVI ha insegnato alla Chiesa ad analizzare le difficoltà attuali alla luce del messaggio di Maria a Fatima, ovvero con gli occhi di Dio, ha detto il portavoce vaticano.

Nel tracciare un bilancio della recente visita apostolica in Portogallo, svoltasi dall'11 al 14 maggio, padre Federico Lombardi S.I., direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha spiegato come interpretare le parole del Papa sulla profezia di Fatima non ancora conclusa.

Il Papa vuol dire “che non dobbiamo più aspettarci da parte di Fatima e quindi di quanto è stato detto dai pastorelli, dai veggenti, delle profezie nel senso di annuncio di eventi concreti per quanto riguarda i prossimi anni o il prossimo secolo. Questo non è in questione”, ha sottolineato padre Lombardi ai microfoni della “Radio Vaticana”.

“La profezia di Fatima, nella prospettiva del Papa, che deve essere poi la nostra prospettiva – ha aggiunto –, significa aver imparato a leggere gli avvenimenti della nostra storia, il cammino della Chiesa con le sue difficoltà e le sue speranze nella luce della fede e cioè sotto lo sguardo di Dio, che segue la Chiesa e l’umanità in cammino, opera con la sua grazia per accompagnare coloro che si rivolgono a Lui e ci invita ad impegnarci in questa storia a partire dalla conversione di noi stessi proprio per agire secondo i criteri del Vangelo”.

“La profezia intesa come lettura della realtà umana e della storia umana, questo è caratteristico di Fatima, ci ha insegnato a guardare non solo alla nostra vita personale, ma alla vita della Chiesa e dell’umanità nel contesto della storia, sotto la luce di Dio, del suo amore e con l’impegno a convertirci, a renderci dei testimoni sempre più fedeli dell’amore di Dio nel mondo in cui viviamo e nella nostra storia”.

“Questo è un messaggio profetico che continua ad essere di grande attualità e lo sarà in futuro”, ha detto il portavoce vaticano.

Tra le frasi del Papa che sono rimaste maggiormente impresse da questo viaggio spiccano le dichiarazioni rilasciate ai giornalisti durane il volo per Lisbona, quando ha assicurato che la grande persecuzione della Chiesa non viene da nemici esterni, ma dal peccato all’interno stesso della Chiesa.

Benedetto XVI, ha continuato, “ha fatto capire che le sofferenze, le difficoltà che la Chiesa incontra, anche con evidente riferimento alla situazione dei mesi recenti o di questi anni, in cui la Chiesa ha tante difficoltà in conseguenza dei peccati dei suoi membri – si riferisce proprio agli abusi sessuali – sono qualcosa che la Chiesa porta in sé: porta in sé purtroppo anche la realtà del peccato. Ed è proprio per questo che il messaggio di Fatima è estremamente attuale e importante, perché ci parla di conversione, ci parla di penitenza, per rinnovarci in modo tale che la nostra testimonianza sia coerente”.

“Quindi, nel contesto di una lettura ampia del significato dell’evento di Fatima, da un punto di vista spirituale, non bisogna pensare solo alle persecuzioni che vengono dall’esterno, che certamente hanno avuto una gran parte nelle sofferenze e nelle difficoltà della Chiesa, per esempio nel corso del secolo passato, e che anche adesso continuano e continueranno ad esserci, ma il Papa ha fatto notare che le sofferenze e le difficoltà della Chiesa vengono anche, in particolare, dal nostro interno, cioè dal nostro essere peccatori, e per questo il messaggio di conversione e di penitenza ha una particolare attualità e importanza”.

“Questo mi è sembrato veramente molto bello – ha detto padre Lombardi –, molto importante, cioè come il Papa sia stato capace di inserire la tematica che ci affligge in questi ultimi mesi a proposito degli abusi sessuali in una prospettiva spirituale molto ampia. Quindi, riconoscendone la gravità, ma inserendola nella condizione della Chiesa nel mondo, della Chiesa davanti a Dio e del suo cammino, che deve essere sempre di purificazione, di rinnovamento”.

“E questo l’ha inserito con molta naturalezza direi, proprio nella condizione della Chiesa pellegrinante, e ha quindi dato occasione a tutti coloro che erano a Fatima, ma anche a tutta la Chiesa, di pregare intensamente, di coltivare uno spirito di rinnovamento e di conversione proprio per essere testimone più limpida e più efficace per il mondo di oggi e di domani”.

Per padre Federico Lombardi il bilancio di questa visita è “superiore all’attesa”.

“Possiamo dire – ha dichiarato – che è stato un viaggio che è andato benissimo e possiamo anche dire che è stato un viaggio meraviglioso. L’accoglienza è stata vastissima, è stata calorosa, è stata anche superiore alle attese degli organizzatori. Il Papa ne è rimasto molto colpito, molto contento e confortato”.

“Ha potuto vivere questo viaggio nelle condizioni migliori e come momento anche di grande esperienza spirituale di preghiera con il Popolo di Dio nel punto culminante, che è stato evidentemente quello delle celebrazioni a Fatima. Il Papa ha potuto dare i grandi messaggi che gli erano stati anche - in un certo senso - richiesti e che erano attesi dalla Chiesa portoghese”.

“L’incontro con il mondo della cultura, l’incontro con il mondo dell’impegno sociale, l’incontro con i sacerdoti erano incontri di importanza strategica per la presenza della Chiesa in Portogallo e, per cui, c’era una grandissima attesa. Mi confermavano i vescovi, ieri, che la presenza del mondo della cultura nell’incontro a Lisbona era veramente totale”.

“E’ stato, quindi, un incontro di grandissimo significato, direi di significato storico e che dice la volontà della Chiesa di dialogare in modo costruttivo con tutti coloro che cercano, che si impegnano nel mondo del pensiero, della ricerca, dell’arte, della creatività. Sono cose, queste, che rimarranno certamente a lungo per la Chiesa portoghese”.

“Soprattutto con il momento di Fatima – ha sottolineato il gesuita –, lo sguardo si è anche un po’ allargato sull’Europa e sul mondo, perché Fatima è un luogo che ha assunto realmente un significato per la Chiesa universale, come momento di incontro e – in un certo senso – di comunicazione fra il cielo e la terra, fra la presenza di Dio nella nostra storia e la domanda di salvezza del popolo e il desiderio di impegno nella storia da parte della Chiesa sulla base di conversione, di penitenza, di preghiera, di rinnovamento spirituale”.

“Questo è un discorso che naturalmente vale per tutti e che è stato colto anche molto al di là dei confini del Portogallo”, ha poi concluso.
Paparatzifan
00martedì 25 maggio 2010 20:40
Dal blog di Lella...

A colloquio con il cardinale Saraiva Martins sul recente viaggio del Papa

Una rotta religiosa e sociale per il futuro del Portogallo

di Nicola Gori

Un "dono" non soltanto per la Chiesa ma per l'intero Paese, alle prese con le trasformazioni culturali provocate dalla secolarizzazione e con le difficoltà economiche e sociali legate alla crisi. Così il cardinale portoghese José Saraiva Martins, prefetto emerito della Congregazione delle Cause dei Santi, definisce la visita che il Papa ha compiuto due settimane fa nella sua terra di origine. In questa intervista al nostro giornale il porporato ripercorre i momenti salienti del viaggio, riproponendo in particolare l'attualità del messaggio di Fátima.

Facendo parte del seguito papale, lei ha avuto modo di partecipare direttamente a tutti gli incontri. Come ha vissuto questa esperienza?

Ho vissuto questo viaggio con un sentimento di profonda gratitudine al Papa. La sua visita è stata importante non solo per la Chiesa, ma per tutto il Portogallo e, si può dire, per l'umanità intera. I suoi discorsi sono stati uno stimolo non esclusivamente dal punto di vista ecclesiale, ma anche sociale: infatti hanno toccato molti problemi di attualità particolarmente sentiti dai portoghesi. Sono sicuro che gli orientamenti dati dal Papa saranno un grande aiuto anche per i politici e i governanti. Faranno riflettere sull'importanza di certi valori che non sono negoziabili, ma che sono profondamente umani e di conseguenza cristiani. Ciò può essere utile per rafforzare la collaborazione tra le autorità civili e la Chiesa.

Quali momenti le sono rimasti più impressi?

Ricordo che mi ha commosso molto la presenza di un coro di bambini che cantavano quando il Papa è giunto all'aeroporto di Lisbona. I loro canti hanno preceduto anche gli incontri ufficiali con le autorità. Mi veniva in mente la frase del Vangelo: "Lasciate che i piccoli vengano a me". In quel momento ho avuto la sensazione di trovarmi accanto a un Papa vicino al popolo, a un pastore vicino alla sue pecorelle, in questo caso ai portoghesi.

Lei era prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi quando sono stati beatificati i due pastorelli di Fátima. Come si è giunti a quella decisione?

La beatificazione di Giacinta e Francesco Marto è un evento storico, perché sono stati i primi bambini non martiri a essere elevati agli onori degli altari. Prima di loro, infatti, non rientrava nella prassi della Chiesa la canonizzazione di bambini: si pensava, in considerazione della loro età, che essi non avessero la capacità di praticare in grado eroico le virtù cristiane, prima condizione per la beatificazione. Ricordo che, nel loro caso, si verificò una cosa molto interessante: arrivarono a Roma migliaia di lettere da tutto il mondo - non solo da parte di semplici fedeli ma anche da vescovi e cardinali - che chiedevano la beatificazione dei pastorelli. Questa mole di richieste ha dato vita a una riflessione all'interno della Congregazione delle Cause dei Santi. Giovanni Paolo ii ha nominato una commissione di esperti - teologi, psicologi, pedagoghi - per esaminare il problema. Dopo uno studio approfondito, si è giunti a una conclusione: i bambini sono in grado di praticare le virtù cristiane, naturalmente nel modo a loro possibile. Grazie a questa conclusione abbiamo potuto procedere alla beatificazione.

Quali sono i tratti caratteristici della loro santità?

Una pietà profonda, una devozione fervente alla santissima Trinità, alla Madonna e all'Eucaristia. Parlando di eroicità, risalta come ognuno di loro era disposto a dare la vita piuttosto che mentire. Furono minacciati, infatti, per costringerli a dire che le visioni erano false, ma non cedettero alle pressioni.

Si possono fare delle previsioni per la beatificazione di suor Lucia?

Il processo attualmente è nella fase diocesana. Come sappiamo i processi di canonizzazione hanno due fasi: una diocesana e una romana. Per quanto riguarda la prima, il Papa ha dispensato dall'attesa dei cinque anni per cominciare il processo. Sono andato personalmente al carmelo di Coimbra, dove ha vissuto suor Lucia, per annunciare il dono fatto dal Papa di anticipare di due anni l'apertura del procedimento. Durante la fase diocesana si procede alla ricerca e allo studio scrupoloso della personalità, della spiritualità e dell'eroicità nella pratica delle virtù, anche attraverso l'ascolto di testimoni. Lo studio poi passa agli storici, ai teologi e alla commissione dei cardinali membri del dicastero vaticano. I porporati devono approvare o meno le conclusioni dei teologi e degli storici. Se lo fanno, la pratica viene trasmessa al Papa che deve pronunciarsi sull'eroicità delle virtù.

E a questo punto?

Dopo il riconoscimento delle virtù eroiche, occorre un miracolo per la beatificazione. Si deve istruire un altro processo in loco, cioè dove è avvenuto il presunto miracolo. Poi i documenti vengono passati al vaglio dei medici, i quali devono certificare che la guarigione sia veramente inspiegabile alla luce della scienza medica attuale. È importante notare questa sottolineatura - cioè allo stato attuale delle conoscenze mediche - perché magari tra cinquant'anni, con il progresso scientifico, alcune malattie potranno essere curate. Per essere considerata un miracolo la guarigione deve essere istantanea, completa e duratura. Se i medici accertano che essa non è spiegabile scientificamente, i documenti passano ai teologi. A loro spetta il compito di accertare se c'è un nesso tra la guarigione e la preghiera di intercessione fatta a Dio tramite il candidato alla beatificazione. Solo i teologi, e non i medici, possono dunque parlare di miracolo. Le loro conclusioni passano poi all'esame e all'eventuale approvazione dei cardinali. È il Papa, infine, che ha l'ultima parola: se approva il miracolo, è tutto pronto per la beatificazione.

Durante il volo verso il Portogallo, Benedetto XVI ha parlato della visione dei pastorelli di Fátima, spiegando che in essa "sono indicate realtà del futuro della Chiesa che man mano si sviluppano e si mostrano". In che senso?

L'affermazione del Papa è sacrosanta. Citando la visione del vescovo vestito di bianco, Benedetto XVI le ha dato una dimensione ecclesiale. Sappiamo bene che Giovanni Paolo ii ha visto questa profezia adempiersi in lui. Ciò è verissimo. Oltre a questo, però, si deve dare a quella visione una dimensione ecclesiale. Deve essere cioè applicata a tutta la Chiesa e alla sua sofferenza. La Chiesa per sua natura non può trovarsi in una condizione priva di sofferenza, perché deve identificarsi con Cristo. Infatti, essa non è altro che Gesù stesso incarnato in una comunità di fede, di speranza, di amore, che continua la sua missione attraverso i secoli. La Chiesa è Cristo e Cristo è la Chiesa. Quindi non può non soffrire e deve rivivere in sé quello che è capitato al corpo fisico di Cristo. La sofferenza entra nella vita normale della Chiesa. Gesù ha detto: se hanno perseguitato me perseguiteranno anche voi. Certe campagne che si stanno facendo contro la Chiesa sono delle persecuzioni vere e proprie. La Chiesa però sa bene che i nemici non prevarranno, perché anche per lei come per Cristo verrà la risurrezione. Direi che il Papa ha inteso la visione in questo senso. Qui si inserisce anche il tema della speranza di cui ha parlato Benedetto XVI nel suo viaggio. Guardando alla Pasqua la nostra fede diventa fede nella risurrezione.

Come commenta l'affermazione fatta dal Pontefice sulle sofferenze che vengono proprio dall'interno della Chiesa?

Nella Chiesa ci sono anche i peccatori. Essi sono una sofferenza nella Chiesa, che è chiamata a essere santa. I padri parlavano della casta meretrix. È una realtà incontestabile, tangibile. Ma Cristo l'aveva previsto e per questo ha istituito il sacramento della riconciliazione. Benedetto XVI nella sua spiegazione ha sottolineato questi aspetti della speranza e della realtà in cui esiste anche il peccato.

Il Portogallo e il Papa: una storia di amicizia che continua. Come si spiega questo legame?

Il Portogallo storicamente è sempre stato legato al successore di Pietro. All'inizio della nazione portoghese vi è un intervento diretto del Papa. L'arcivescovo di Braga si recò più di una volta a Roma da Innocenzo ii, perché approvasse con la sua autorità la separazione dei territori del Portogallo dalla Castilla. L'indipendenza dal regno di Castilla e Léon avvenne il 5 ottobre 1143, però si dovette attendere fino al 1179 perché Alessandro iii con una bolla riconoscesse ufficialmente re Alfonso i. Da allora, il Portogallo è stato chiamato la nazione "fedelissima" al Papa. Guardare al Pontefice come punto di riferimento fa parte, appunto, della cultura portoghese, come ha sottolineato Benedetto XVI. Infatti, le radici del popolo portoghese sono essenzialmente cristiane e nessuno potrà mai cancellarle. Possiamo dire addirittura che il cristianesimo è iscritto nel dna della gente. Il legame con i successori di Pietro poi si è rinnovato nei secoli. Nei tempi moderni ci sono state cinque visite dei Papi in Portogallo. La prima fu quella di Paolo vi, che si rivelò un grande avvenimento, sebbene sia durata un solo giorno. Poi le tre visite di Giovanni Paolo ii, in particolare quella del 2000 quando beatificò i due pastorelli, e l'ultima di Benedetto XVI.

Cosa si aspetta il popolo dalla visita del Pontefice dal punto di vista sociale?

La visita del Papa è stata un grande dono al Portogallo. Le parole del Pontefice porteranno a riflettere su alcuni temi di attualità. Per esempio, l'accenno che ha fatto ai diritti umani e alla promozione integrale dell'uomo contro i meccanismi socio-economici e culturali che portano alla morte. Oppure la sua insistenza sul valore della famiglia fondata sul matrimonio indissolubile tra un uomo e una donna. Il Papa ha poi fatto riferimento alla libertà e al problema della collaborazione tra mondo della cultura e mondo della fede. La fede non è contraria alla scienza e alla cultura: al contrario, si completano. Infatti, la cultura in molti Paesi europei ha avuto come protagonista la Chiesa. L'uomo è aperto al trascendente, lo si voglia o no. C'è una grande superficialità nel voler dimostrare a tutti i costi una contrapposizione tra scienza e fede. La visita del Papa porterà a riflettere sul serio su questi problemi e aiuterà a trovare una soluzione umana e cristiana. Anche per questo, il viaggio di Benedetto XVI è stato un dono per il Portogallo.

(©L'Osservatore Romano - 26 maggio 2010)


Paparatzifan
00lunedì 31 maggio 2010 20:16
Dal blog di Lella...

La visita di Benedetto in Portogallo: un pieno successo per il cardinale portoghese Saraiva Martins

Angela Ambrogetti

Sorriso paterno, teologo brillante ammirato da Congar, missionario nell' anima e claretiano. Il cardinale José Saraiva Martìns, classe 1932, è il più amato dai giornalisti. E lui ricambia. Non si tira mai indietro davanti ad un colloquio con la stampa. A leggere il suo curriculum ci si spaventa un po', ma poi la sua affabilità ti conquista. Portoghese di nascita, romano di adozione, laziale di fede calcistica, ogni pomeriggio lo si può incontrare nelle vie di Borghi, il quartiere antico che circonda il Vaticano, a passeggio. Difficile immaginare che, tra le altre cose, è stato per anni il Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi. Dal 2008 ne è prefetto emerito, ma invece di rallentare la sua attività è incrementata. Il papa lo invia a suo nome in diverse celebrazioni e a molte altre partecipa per portare il messaggio del Vangelo a chi lo chiede. Con lo stesso spirito di quando era rettore dell' Urbaniana, la università pontificia missionaria. A maggio è stato a fianco di Benedetto XVI nel viaggio a Fatima e in Portogallo. Dieci anni fa era a fianco di Giovanni Paolo II durante la beatificazione dei Pastorelli nella spianata del santuario mariano. Nel salotto del suo appartamento a pochi passi dal Vaticano, sotto lo sguardo sorridente di Giovanni Paolo II in una immagine dell'inizio del pontificato, raccolgo le sue impressioni " a caldo" di questo viaggio che definisce un successo. E i suoi occhi vivaci e intuitivi sorridono.

Cinquecento mila a Fatima, quasi più che nel 2000 con GPII, allora anche Benedetto è un aggregatore di folle?

Saraiva:Si certo, e a Fatima ci sono sempre moltissimi fedeli che vengono da ogni parte del mondo. È sempre una quantità enorme di fedeli. Perché Fatima ha una dimensione universale. Su dice che sia l' altare del mondo, io aggiungerei anche cattedra del mondo. Altare e cattedra. Nel senso cha la Madonna è venuta a Fatima per insegnare , per ricordare certi valori fondamentali umani e cristiani che l' uomo moderno purtroppo ha dimenticato a poco a poco. Così si spiega che il 13 maggio di ogni anno che il 13 maggio di ogni anno, nella ricorrenza dell' inizio delle apparizione, a Fatima ci siano centinaia di migliaia di persone. Naturalmente la presenza di Benedetto XVI ha fatto aumentare il numero dei pellegrini, è ovvio. E per chi vuole fare un paragone tra Giovanni Paolo II e Benedetto XVI , bisogna che ricordi che i cattolici portoghesi, come tanti altri, non vanno a vedere il papa perché è Pietro, Paolo o Andrea, ma perché è il papa, il papa, il successore di Pietro.

Per i portoghesi in particolare il legame con il papa è anche "politico"...

Si, i portoghesi hanno una coscienza molto chiara di questo legame profondo tra la Nazione portoghese e il papa. Perché all' inizio della nazione è stato il papa ad approvare l'indipendenza del Portogallo. Nell' origine della indipendenza come nazione c'è già l' intervento del papa. L' arcivescovo di Braga nel XVII secolo venne spesso a Roma per chiedere al papa di approvare la indipendenza. Nella coscienza cristiana dei portoghesi c'è uno speciale rapporto con Roma e il papa.

E un popolo così legato alla cristianità come ha vissuto la "laicizzazione" degli ultimi cento anni?

Parliamo tanto di radici cristiane dell' Europa, ecco in Portogallo sono il primo dato storico e il più importante... e poi c'è questo rapporto speciale tra Fatima e il papa. Sappiamo bene che in tempi moderni Pio XII ha avuto la visione della Madonna di Fatima, nei Giardini Vaticani. E poi la visita di Benedetto XVI a Fatima , era la quinta di un pontefice. Il primo a visitare Fatima è stato Paolo VI, poi Giovanni Paolo II è stato tre volte a Fatima. Quindi la visita di Benedetto è la quinta.

Quando si parla di Fatima si arriva inevitabilmente a parlare dei "segreti" del messaggio della Madonna. E alle persone che cercano ancoro il "quarto segreto" lei cosa risponde?

Io rispondo che aspetto che lo trovino! Perché sono certo che non c'è! E riguardo alla parte del segreto che parla del "vescovo vestito di bianco", io do una interpretazione piuttosto ecclesiale. Quella visione del "vescovo vestito di bianco" è certamente riferita al papa, al papa. Però non va intesa, secondo me in un senso personale, o almeno non esclusivamente. Va inteso in senso ecclesiale. Sappiano che Giovanni Paolo II si è identificato in questo testo. Giusto! Però quella visione è una immagine della Chiesa che lungo i secoli fin dalla sua nascita ha sofferto. Quindi il papa in quanto incarna la Chiesa, è il Pastore della Chiesa. Se non consideriamo questa visione nel contesto ecclesiale come sinonimo di persecuzione della Chiesa come tale non capiremo mai quella parte del messaggio di Fatima.
E infatti la Chiesa fin dall' inizio ha sofferto . La sofferenza , le compagne contrare, le calunnie etc sono il nostro pane quotidiano. E Cristo lo ha detto molto chiaramente: se hanno perseguitato me perseguiteranno anche voi, però non prevarranno. E quello che sta succedendo anche adesso con le campagne denigratorie contro la Chiesa, è nella linea.
La Chiesa incarna Cristo anche nella passione, pensando dopo alla resurrezione, come Cristo. Ma la Chiesa sarà sempre in contraddizione con il mondo, fa parte della identità della Chiesa. Non ci sarà mai una Chiesa "beatificata" qui in terra! Perché la Chiesa incarna Cristo sulla terra, se si toglie Cristo la Chiesa non c'è più.

Ma la Chiesa è perseguitata dall'interno dice papa Benedetto XVI?

Il problema è quello del peccato nella Chiesa, che di può manifestare in diverse modi e forme, diversi tipi di peccato, ma il problema è questo: la presenza del peccato nella Chiesa. E questo è un fatto, una realtà. La Chiesa è santa, ma anche santificanda. E del resto Cristo era talmente convinto che ci sarebbe stato il peccato nella Chiesa che ha istituito un sacramento per perdonare il peccato, e il peccato di chi? Certamente non di quelli che sono fuori dalla Chiesa, che non praticano i sacramenti. In effetti la coca è molto chiara.

E per il problema della pedofilia in particolare?

È chiaro che la Chiesa non deve assolutamente nascondere, la Chiesa deve denunciare e mettere i colpevoli davanti alle loro responsabilità davanti alla legge canonica e civile, questo è chiarissimo. Ed è quello che il papa ha detto nella sua lettera ai vescovi irlandesi. Tutte le risposte sono là!

E a chi ha speculato sulle parole di Benedetto XVI al termine della messa a Fatima : "si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima si conclusa" cosa dice?

Ma bisogna capire bene le parole del papa! E' chiaro che la profezia di Fatima non è finita. E' chiaro che il fenomeno di Fatima continua ad incidere sulla Chiesa sui credenti. Ma perché? Perché le verità fondamentali che la Madonna ha insegnato, ecco la cattedra, a Fatima, sono di una estrema attualità, e lo saranno sempre. Perché sono valori che sempre attuali perché sono valori naturali , quindi sacri, irrinunciabili, non negoziabili. Quindi Fatima ha una perenne attualità. Il contenuto del messaggio che la Madonna ha affidato ai pastorelli e per mezzo loro a tutti gli uomini del nostro tempo. Ecco perché la profezia non è finita, e non finirà mai!

Torniamo alla visita del papa in Portogallo. Tra gli incontri molto significativo quello con il mondo della cultura, dove il papa ha chiesto un dialogo " senza ambiguità e rispettoso". C'è quindi il problema di poter attuare un dialogo sincero?

Ogni dialogo per essere tale non può essere ambiguo, deve essere chiaro. Il dialogo tra fede e cultura è una esigenza fondamentale dell' uomo. Perché il cristiano è uomo. Quindi la cultura non può essere dissociata dalla fede. Il credente è un uomo come gli altri. La cultura è part della sua umanità. Per questo è un atteggiamento assurdo quello di chi rifiuta il dialogo. Poi certo ci sono modi diversi di intendere la cultura. Quello che succede in Portogallo succede in tutti gli altri paesi dell' occidente. C'è una progressiva scristianizzazione e indifferenza religiosa, che aumenta. Ma la cultura portoghese è essenzialmente cristiana. Per i politici è diverso, ma i politici non sono il popolo.

E quindi anche la famigerata firma del presidente della Repubblica della legge sui matrimoni omosessuali non è condivisa dal popolo portoghese?

Si certo, la gente non sempre condivide le azioni dei politici. Il cristianesimo è nel dna dei portoghesi. Del resto la storia non si può negarla, cosa sarebbe la cultura portoghese senza il cristianesimo ? Non ci sarebbe.

I discorsi del papa hanno avuto quasi un crescendo pedagogico. Un modo per identificare bene il ruolo della Chiesa in Portogallo, che non è solo di assistenza , di sostegno allo stato nel campo sociale, ma ha una sua identità precisa.

Certo è fondamentale. La Chiesa ha i suoi principi. La Chiesa ha un grande ruolo sociale e il presidente della Repubblica e anche del Consiglio, il socialista Socrates, ha detto che apprezzano moltissimo il lavoro della Chiesa ad esempio nelle scuole.
Del resto la missione della Chiesa è difendere l'uomo e promuoverlo nella sua totalità, come ha detto Giovanni Paolo II nella sua prima enciclica. Non solo del credente, ma dell'uomo. Perchè il cristianesimo è un umanesimo, non sono cose separate.

Il papa ha ribadito che non dobbiamo avere paura di proclamare la nostra identità cristiana...

Assolutamente! Perché il cristianesimo non ha fatto altro che nobilitare l'uomo. Il Vangelo ha riaffermato l'umanità completa, comprensiva del rapporto con il trascendente. Una dimensione essenziale dell' uomo.

Il papa salutando il Portogallo prima di partire ha chiesto ai portoghesi di vivere e lavorare in concordia. C'è bisogno di una "pacificazione civile"?
Problemi sociali ci sono, ma soprattutto il papa si riferisce ad una collaborazione vera tra Stato e Chiesa. E la Chiesa non nega la collaborazione con lo stato ma naturalmente mantenendosi fedele ai principi del Vangelo. E cero quando le espressioni dello stato non sono in sintonia con questi principi la Chiesa non può accettare e deve con coraggio andare in piazza e dire: non siamo d' accordo. Con il coraggio della fede, dell' ottimismo, della speranza; il coraggio della Pasqua!

Lei va a Fatima regolarmente, e non è la prima volta che accompagna un pontefice: le è piaciuto questo viaggio con Benedetto XVI?

Il viaggio è stato un grande successo! Un successo che ha portato anche molti a cambiare l'idea che si erano fatti di questo papa. C'è stato un entusiasmo tale ....e secondo me è stata la Madonna di Fatima, che era presente, si è sentita la sua presenza. Sono rimasto colpito dell' entusiasmo, della gioia del calore con cui hanno ricevuto il papa. Perché i portoghesi sono pacati e ragionevoli...ma erano entusiasti e si sentiva gridare ovunque : viva il papa! E poi c'erano tanti giovani e tanti bambini. Mai visti tanti bambini insieme. Pensate che il primo coro che ha accolto il papa all' aeroporto era un coro di bambini! Una cosa bellissima che ha dato il tono alla visita. Anche perché la visita si è svolta nel decimo anniversario della beatificazione dei bambini di Fatima, Francesco e Giacinta. Per me è stato un successo pieno!

www.angelambrogetti.org/


+PetaloNero+
00giovedì 17 giugno 2010 15:39
Dal Papa in Portogallo una sfida alla Dottrina sociale della Chiesa
di mons. Giampaolo Crepaldi*



ROMA, giovedì, 17 giugno 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI, da Fatima, ha posto a tutti coloro che si occupano di Dottrina sociale della Chiesa una sfida veramente radicale, che non possiamo non raccogliere.

Il 12 maggio, ai cattolici impegnati nel sociale il Papa ha invitato ad una presenza, ad una viva testimonianza nel mondo. Ha anche indicato esplicitamente la necessità di rifarsi, in questo impegno, all’orizzonte della Dottrina sociale della Chiesa: «Lo studio della sua dottrina sociale, che assume come principale forza e principio la carità, permetterà di tracciare un processo di sviluppo umano integrale che coinvolga le profondità del cuore e raggiunga una più ampia umanizzazione della società. Non si tratta di semplice conoscenza intellettuale, ma di una saggezza che dia sapore e condimento, offra creatività alle vie conoscitive ed operative tese ad affrontare una così ampia e complessa crisi». Si è trattato di un forte invito alla presenza, «Consapevoli, come Chiesa, di non essere in grado d’offrire soluzioni pratiche ad ogni problema concreto, ma sprovvisti di qualsiasi tipo di potere, determinati a servire il bene comune, e pronti ad aiutare e ad offrire i mezzi di salvezza a tutti», ma non perciò rinunciatari o dimessi, bensì consapevoli di doverci essere, insieme, sotto la guida della Chiesa e della sua dottrina sociale.

Questo invito, rivolto a grandi masse di persone impegnate, oggettivamente però contrastava con l’evoluzione recente della società portoghese, oggetto di una secolarizzazione molto violenta che nel giro di pochi anni ha permesso l’approvazione di leggi fortemente contestate dal Papa come l’aborto e il riconoscimento delle unioni omosessuali. Questo contrasto ha fatto da sfondo a tutto il viaggio di Benedetto XVI, ormai missionario in una terra sconsacrata più che pellegrino in una nazione cristiana. E allora, ecco il grande tema: cosa resta dell’impegno sociale e politico dei cattolici, cosa della loro Dottrina sociale, cosa delle loro attività caritative se viene meno la fede, se attorno l’apostasia dalle radici cristiane si allarga e se Dio è sempre meno presente nella scena pubblica perché è sempre meno presente nelle coscienze?

Torna il problema fondamentale a cui sembra aver dedicato tutte le sue forze questo Pontefice, il tema della famosa Lettera sul ritiro della scomunica ai vescovi di Ecône: «Nel nostro tempo in cui in vaste zone della terra la fede è nel pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più nutrimento, la priorità che sta al di sopra di tutte è di rendere Dio presente in questo mondo e di aprire agli uomini l´accesso a Dio. Non ad un qualsiasi Dio, ma a quel Dio che ha parlato sul Sinai; a quel Dio il cui volto riconosciamo nell´amore spinto sino alla fine - in Gesù Cristo crocifisso e risorto. Il vero problema in questo nostro momento della storia è che Dio sparisce dall'orizzonte degli uomini e che con lo spegnersi della luce proveniente da Dio l´umanità viene colta dalla mancanza di orientamento, i cui effetti distruttivi ci si manifestano sempre di più. Condurre gli uomini verso Dio, verso il Dio che parla nella Bibbia: questa è la priorità suprema e fondamentale della Chiesa e del Successore di Pietro in questo tempo».

Qualcosa di analogo è stato detto anche a Fatima, il giorno precendente 11 maggio: «precisamente oggi la priorità pastorale è quella di fare di ogni donna e uomo cristiani una presenza raggiante della prospettiva evangelica in mezzo al mondo, nella famiglia, nella cultura, nell’economia, nella politica. Spesso ci preoccupiamo affannosamente delle conseguenze sociali, culturali e politiche della fede, dando per scontato che questa fede ci sia, ciò che purtroppo è sempre meno realista». Si parla di sogni di nuove generazioni di politici cattolici, ma i cattolici sono sempre di meno; si parla di presenza pubblica del cristianesimo, ma i cristiani sono sempre di meno.

Non possiamo non raccogliere questa sfida. O anche la Dottrina sociale della Chiesa serve a “condurre gli uomini verso Dio”, a “rendere Dio presente in questo mondo”, oppure anch’essa è destinata ad inaridirsi. Significa allora che va sempre tenuto presente che anche la Dottrina sociale è educazione alla fede e che essa vive dentro la fede viva della Chiesa, della quale è a servizio e contemporaneamente espressione. Non si tratta di dire: dato che la fede diminuisce tralasciamo o abbandoniamo la Dottrina sociale, oppure consideriamola semplicemente come un codice etico utile al dialogo con i non credenti. Si tratta piuttosto di rilanciare la Dottrina sociale come “strumento di evangelizzazione”.

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*Monsignor Giampaolo Crepaldi è Arcivescovo di Trieste e Presidente dell’Osservatorio Internazionale “Cardinale Van Thuan” sulla Dottrina Sociale della Chiesa.
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