Viaggi pastorali in Italia

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Paparatzifan
00mercoledì 14 ottobre 2009 21:50
Visita pastorale a Brescia...

Sito ufficiale della visita

+PetaloNero+
00martedì 27 ottobre 2009 16:49
VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI A BRESCIA E CONCESIO (8 NOVEMBRE 2009) - PROGRAMMA

08.00
Partenza in elicottero dall’eliporto del Vaticano.

08.30
Partenza in aereo dall’aeroporto di Ciampino (Roma) per Brescia.

09.30
Arrivo all’aeroporto militare "Tenente Alfredo Fusco", di Ghedi (Brescia).

Visita privata alla Chiesa parrocchiale di Botticino Sera e Venerazione delle spoglie di Sant’Arcangelo Tadini.

10.15
ACCOGLIENZA sul sagrato del Duomo di Brescia e breve visita al Duomo.

10.30
CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA in Piazza Paolo VI a Brescia. Omelia del Santo Padre.

RECITA DELL’ANGELUS DOMINI in Piazza Paolo VI. Parole del Santo Padre.

16.00
Saluto agli organizzatori della visita nel Centro Pastorale Paolo VI a Brescia.

16.45
VISITA ALLA CASA NATALE DI PAPA PAOLO VI e alla nuova sede dell’Istituto Paolo VI a Concesio.

17.30
INCONTRO UFFICIALE PER L’INAUGURAZIONE DELLA NUOVA SEDE e PER L’ASSEGNAZIONE DEL VI PREMIO INTERNAZIONALE PAOLO VI nell’Auditorium Vittorio Montini dell’Istituto Paolo VI a Concesio. Discorso del Santo Padre.

18.15
VISITA ALLA PARROCCHIA SANT’ANTONINO a Concesio, in cui fu battezzato Giovanni Battista Montini. Discorso del Santo Padre.

19.00
Partenza in aereo all’aeroporto militare "Tenente Alfredo Fusco" di Ghedi (Brescia) per Ciampino (Roma).

20.00
Arrivo all’aeroporto di Ciampino e trasferimento in elicottero in Vaticano.



Nel segno di Paolo VI, la visita di Benedetto XVI a Brescia il prossimo 8 novembre. Pubblicato il programma del viaggio

Pubblicato stamani dalla Sala Stampa vaticana il programma della visita pastorale di Benedetto XVI a Brescia e Concesio, domenica 8 novembre. L’arrivo del Papa all’aeroporto bresciano di Ghedi è previsto alle 9.30. Di qui, il Papa si recherà in visita privata alla chiesa di Botticino Sera per la venerazione delle spoglie di Sant’Arcangelo Tadini. Quindi, alle 10.30, celebrerà la Santa Messa e reciterà l’Angelus sul sagrato del Duomo di Brescia, in piazza Paolo VI. Nel pomeriggio, dopo la visita nel centro pastorale Paolo VI sempre a Brescia, visiterà la casa natale di Papa Montini e il nuovo Istituto Paolo VI a Concesio. La sede verrà inaugurata proprio dal Pontefice e, in tale occasione, verrà anche assegnato il VI Premio internazionale Paolo VI. Ultimo momento della giornata bresciana del Papa, sarà la visita, intorno alle ore 18, alla parrocchia Sant’Antonino a Concesio, in cui fu battezzato Giovanni Battista Montini.



Radio Vaticana
Paparatzifan
00venerdì 30 ottobre 2009 12:12
Dal blog di Lella...

DIOCESI: BRESCIA - In attesa di Pietro

L'8 novembre la visita di Benedetto XVI

La Chiesa bresciana si appresta ad accogliere Benedetto XVI, atteso per domenica 8 novembre.
"Quello che ci aspettiamo dal Papa - dichiara il vescovo mons. Luciano Monari, in un'intervista sul magazine allegato all'ultimo numero del settimanale diocesano «La Voce del Popolo» - è che compia anche a Brescia quella che è la sua missione, ossia l'annuncio del Vangelo".
"Il fatto di sentire questo annuncio dalla voce di Pietro - spiega - ha per noi una forza e un significato particolare. Ma continua ad essere il Vangelo la cosa più importante e il Papa viene a Brescia per servirlo". Tuttavia, secondo mons. Monari, "la visita del Papa" deve essere vista anche "come una conferma che il cammino che la nostra Chiesa ha fatto e ancora sta facendo è corretto, vissuto in comunione, riconosciuto come autentico dal vescovo di Roma".

Un percorso in tre tappe. Dopo l'arrivo, previsto per le 9.30 all'aeroporto di Ghedi, il Santo Padre andrà nella chiesa parrocchiale di Botticino a venerare le spoglie di Sant'Arcangelo Tadini, il parroco che lo stesso Pontefice il 26 aprile scorso ha indicato a tutta la Chiesa come intercessore e modello, dichiarandolo santo. Benedetto XVI si recherà quindi a Brescia dove presiederà la concelebrazione eucaristica in piazza Duomo, cui seguirà l'Angelus. Nel pomeriggio il trasferimento a Concesio per la visita della casa che diede i natali a papa Montini, l'incontro con alcuni familiari del Pontefice e l'inaugurazione della nuova sede dell'Istituto Paolo VI.

Una duplice fedeltà. "Brixia fidelis fidei et justitiae sacravit": l'iscrizione su Palazzo Loggia "ricorda alla città e ai suoi abitanti la fedeltà dei bresciani a un patrimonio di fede e di vita civile che in questi giorni di attesa della visita di papa Benedetto XVI non può che risplendere in tutta la sua bellezza e pregnanza", osserva il direttore della "Voce del Popolo", Adriano Bianchi. Una duplice fedeltà: "alla fede cristiana" e "al valore universale della justitia" di cui sono stati autorevoli testimoni don Arcangelo Tadini, Giuseppe Tovini e Paolo VI che presto, auspica Bianchi, "speriamo poter vedere elevato all'onore degli altari". Descrivendo la Chiesa che si appresta a ricevere il Papa, mons. Monari la definisce ricca dal punto di vista umano e cristiano ma, al tempo stesso, parla di una Chiesa "che conosce anche la sofferenza, che ha vissuto e vive momenti di fatica" e ha davanti "importanti nodi da affrontare a partire da quello delle vocazioni e dell'inserimento del Vangelo dentro ad un modulo di vita divenuto per molti aspetti pagano. È una Chiesa, dunque, che ha davanti a sé sfide importanti".

Tra Sant'Arcangelo Tadini e Paolo VI. La visita papale a Brescia si svolge nel solco della tradizione di Sant'Arcangelo Tadini e di Paolo VI. Quanto al primo, che molto fece per dare dignità al lavoro e ai lavoratori, il vescovo Monari rammenta che la Chiesa deve "custodire il senso vero del lavoro" richiamando costantemente "ad un'economia rispettosa della dignità umana, a reale servizio dell'uomo", ma ricorda anche "la creatività sorprendente" del sacerdote, "che nasceva da una totale adesione a Cristo e alla Chiesa" e che fa del Santo un modello particolarmente significativo nell'Anno sacerdotale voluto da Benedetto XVI. Sul legame tra l'attuale Pontefice e papa Montini, mons. Monari nota che "l'elezione di Ratzinger al soglio pontificio porta in qualche modo a compimento il sogno di Paolo VI di un annuncio del Vangelo ad una società in continua trasformazione, con la fedeltà alla tradizione, ma anche con la capacità di confrontarsi con i temi e le sfide culturali di oggi". Del resto "la Chiesa bresciana è fiera di poter vantare papa Montini tra i suoi figli"; ne custodisce la memoria e "si impegna a divulgarla". "Spero - conclude il vescovo - che la presenza del Papa a Brescia possa aiutare" il cammino di beatificazione di Paolo VI e soprattutto la diffusione del suo "tesoro di spiritualità".

I due Papi. A testimoniare peraltro l'intensità del rapporto tra i due Papi è la partecipazione di Benedetto XVI all'inaugurazione della nuova sede dell'Istituto dedicato a Montini, edificato a Concesio presso la casa natale di quest'ultimo, e che raccoglie il patrimonio dell'Istituto che finora si trovava a Brescia. "La piena vicinanza all'Istituto Paolo VI del card. Ratzinger prima e di Benedetto XVI poi, non è di oggi", afferma il presidente dell'organismo, Giuseppe Camadini, ricordando la partecipazione dell'allora cardinale al primo dei Colloqui internazionali promossi dall'Istituto, quello che si svolse nel 1980 a Roma sulla prima enciclica di Paolo VI, "Ecclesiam suam". Oggi (30 ottobre) sono in programma due conferenze stampa: la prima a Brescia, questa mattina alle 11 in Curia, per la presentazione della visita del Papa. Previsti interventi del vescovo Monari, del sindaco Adriano Paroli e del presidente della Provincia Daniele Molgora. All'inaugurazione della nuova sede dell'Istituto Paolo VI è invece dedicato il secondo incontro con la stampa (ore 15, nella nuova sede a Concesio).
Info: www.diocesi.brescia.it/visitapapabenedetto.

© Copyright Sir


Paparatzifan
00venerdì 30 ottobre 2009 13:09
Dal blog di Lella...

Arriva il Papa, Brescia si blinda

LA VISITA DEL SANTO PADRE.

Mancano meno di dieci giorni, e la città è in fermento. Si lavora per mettere ordine e per approntare le necessarie misure di sicurezza
Prefettura e questura lavorano con la gendarmerie del Vaticano. Intanto, la Loggia asfalta, pulisce e sistema i marciapiedi. Sigillati più di 800 tombini

Silvia Ghilardi

Brescia. A meno di dieci giorni dalla visita di Benedetto XVI la città è in fermento. Brescia e i comuni che saranno attraversati dal passaggio del Santo Padre l'8 novembre sono alle prese da giorni con un restyling generale dell'arredo urbano. Tutto deve essere in ordine: strade tirate a lucido, aiuole decorate con i colori papali e massima allerta per i possibili blitz dei writers. Lo sguardo di Papa Ratzinger non dovrà incontrare nulla che non sia al proprio posto durante il corteo che lo porterà fino alla casa Natale di Papa Montini a Costorio. Dall'uscita dalla base di Ghedi, passando per il centro storico, fino a Concesio, il territorio bresciano darà il meglio di sè. Ad andare di pari passo con la rinfrescata dell'arredo urbano, le imponenti misure di sicurezza adottate per l'incolumità del Santo Padre.

PREFETTURA E QUESTURA stanno collaborando con la «gendarmerie» vaticana da settimane. «La maggior parte delle competenze in materia le ha proprio l'ispettorato generale di pubblica sicurezza presso la città del Vaticano - spiega il capo di gabinetto della Prefettura di Brescia, Giuseppe Montella -. A loro spetta pianificare le misure per la sicurezza della persona di Benedetto XVI, e noi principalmente agiamo a livello territoriale». Numerosi e periodici gli incontri tra la Prefettura, la Questura e le altre forze dell'ordine cittadine e provinciali.
Un disegno esaustivo delle precauzioni prese, però, non c'è. Top secret, proprio per ragioni di sicurezza. «In generale le misure per la giornata dell'8 novembre saranno quelle adottate in quei casi in cui vengono in visita a Brescia personalità importanti come capi di Stato o, appunto, il papa» sottolinea Montella. Alcuni dei provvedimenti riguarderanno, di certo, la chiusura di strade, il transennamento di altre - specie in città dove il corte papale avanzerà più lentamente -. Da non sottovalutare, insieme al lavoro specializzato delle forze dell'ordine, anche l'impiego di un significativo numero di volontari che avranno il compito di controllare il corretto svolgimento dell'appuntamento con Benedetto XVI. In particolare in piazza Paolo VI poiché sono previste più di 12 mila persone.
Per quanto compete all'assessorato ai Lavori Pubblici del Comund, invece, è tutto un livellare, asfaltare, mettere in sicurezza marciapiedi e strade e pulire i muri dai graffitti degli writers. Da giorni, lungo il percorso che farà il corteo papale, il traffico va a rilento proprio a causa dei lavori di asfaltatura del manto stradale.
«Vogliamo che tutto sia in ordine e che le strade che solcherà Benedetto XVI siano livellate - riferisce Mario Labolani, assessore comunale al Centro Storico -. Anche rifacendo alcuni marciapiedi perchè saranno migliaia le persone che assisteranno al passaggio del papa ai lati della strada». Intanto, è terminata la chiusura dei tombini lungo il tragitto papale: circa 800 chiusini sono stati sigillati da uomini di A2A. In centro sono stati addirittura fatti «sloggiare» un paio di cantieri aperti. Un tocco di colore, poi, lo daranno le centinaia di fiori bianchi e gialli piantati nella aiuole della città. Decorazioni floreali che, in certi casi, vanno a comporre messaggi di saluto, come quello sopra la galleria Tito Speri o quello alla rotonda sotto il Pirellino di via Dalmazia.

© Copyright Brescia Oggi, 30 ottobre 2009


Paparatzifan
00sabato 31 ottobre 2009 10:57
Dal blog di Lella...

Brescia prepara l’abbraccio al Papa

il vescovo Monari

«Una visita sulle orme di Paolo VI»

DAL NOSTRO INVIATO A BRESCIA

LORENZO ROSOLI

«Benedetto XVI viene a Brescia per ricordare il Concilio e il Papa del Concilio. La memoria di Paolo VI è il motivo centrale della sua visita». Così il vescovo di Brescia Luciano Monari spiega il significato della grande festa che la diocesi lombarda vivrà domenica 8 novembre.
Una sola giornata: ma ricca di incontri, temi, suggestioni. Fin dalla prima tappa, a Botticino Sera, dove Ratzinger renderà omaggio a sant’Arcangelo Tadini, parroco e fondatore delle Suore Operaie. Poi la Messa e l’Angelus in piazza Duomo, nel cuore di Brescia. Nel pomeriggio Concesio: Benedetto XVI visiterà la casa natale di Giovanni Battista Montini, inaugurerà la nuova sede dell’Istituto Paolo VI, consegnerà alla Fondazione «Sources Chrétiennes» il premio internazionale intitolato al Pontefice bresciano; infine si recherà nella parrocchiale di Sant’Antonino, dove sosterà al battistero al quale Montini – venuto alla luce il 26 settembre 1897 – venne battezzato il 30 settembre.
Un giorno di festa per la Chiesa diocesana, per le comunità toccate dall’itinerario, ma anche per l’intera società civile e per le sue istituzioni, come esprimeva la presenza del sindaco di Brescia, Adriano Paroli, e del presidente della Provincia, Daniele Molgora, al fianco di Monari ieri nel «Salone dei vescovi» in Curia. «La visita del Papa teologo, che ci richiama all’alleanza tra fede e ragione, è un dono che la Chiesa bresciana fa a tutta la città, non solo ai credenti», ha detto Paroli. «Attendiamo un Pontefice il cui magistero ci richiama alla centralità delle radici cristiane», ha aggiunto Molgora. Ma il motivo cruciale della visita è e resta la «memoria di Paolo VI», ha sottolineato Monari. «Avevamo invitato Benedetto XVI a Brescia nell’occasione del 30° della mor- te di Paolo VI, che cadeva il 6 agosto 2008. Non poté venire allora; ma ci promise che alla prima occasione sarebbe stato fra noi. Quel giorno è arrivato ». Tra Montini e Ratzinger c’è un legame speciale, ha affermato Monari.
«Fu Paolo VI a volere Ratzinger vescovo e poi cardinale. Si trattava di una scelta strategica: papa Montini cercava il sostegno di teologi, come Ratzinger, che potessero rappresentare e attuare il messaggio del Concilio in maniera piena, fedele, integrale, equilibrata.
Benedetto XVI, dunque, verrà a Brescia per ricordare il Concilio e il Papa del Concilio. Verrà – ha aggiunto il vescovo – con una teologia e un magistero che invitano l’uomo a non voltare le spalle al mistero trascendente di Dio, se vogliamo essere all’altezza delle sfide del mondo contemporaneo.
E verrà ad annunciare il Vangelo, con l’energia e l’efficacia che ha la parola di Pietro». La visita, ha detto ancora Monari, illumina anche l’autentica concezione di Chiesa. «Il Concilio insegna che la Chiesa è essenzialmente comunione di comunità. E la diocesi non è una «succursale » della Chiesa di Roma: in essa vi è la pienezza del mistero e della realtà della Chiesa, purché sia in comunione con tutte le Chiese del mondo. Il Papa che accoglieremo è il garante di questa comunione». Un dato significativo: per la «Carità del Papa » la diocesi ha raccolto 500mila euro; una cifra superiore, è stato messo in evidenza, alla spesa sostenuta per organizzare l’evento, circa 350mila euro.
Prima tappa della visita, come detto, l’omaggio a Tadini. «Un atto di devozione personale che – in questo Anno Sacerdotale – acquista dimensione ecclesiale», ha spiegato Monari. Giovedì sera il corpo del santo è stato posto nella nuova urna, che oggi alle 19 verrà portata in processione nella parrocchiale di Botticino Sera.

© Copyright Avvenire, 31 ottobre 2009


Paparatzifan
00sabato 31 ottobre 2009 11:02
Dal blog di Lella...

Il Papa sarà a Brescia nel nome di Paolo VI

L'8 novembre. Il Pontefice celebrerà la Messa in piazza Duomo dopo essere stato sulla tomba di Sant'Arcangelo Tadini
Nel pomeriggio il trasferimento a Concesio: inaugurerà la nuova sede dell'Istituto dedicato a Giovanni Battista Montini

Paolo Aresi

Eccone uno: «Caro papà, ti scrivo una letterina per il tuo compleanno. Ora guarderò di fare bene a scuola e poi non farò più sgarbi alle donne di servizio, sarò buono con tutti, non risponderò più alla mamma, pregherò Dio che ti faccia andar bene le tue cose e ti faccia star bene. Il tuo Battista». È la lettera di un bambino di 7 anni, scritta il 30 giugno 1904. Una grafia elegante, sicura, su un foglio ingiallito: è uno dei cinquantamila autografi di Papa Montini.
Benedetto XVI, domenica 8, sarà qui: celebrerà la Messa nella grande Piazza del Duomo a Brescia, oggi dedicata a Paolo VI, e nel pomeriggio si recherà alla casa natale del suo predecessore. Il Papa andrà in pellegrinaggio, visiterà la dimora, ma soprattutto inaugurerà la nuova sede dell'Istituto Paolo VI che si trova dietro l'antica casa natale, nel centro di Concesio, alle porte di Brescia. Il moderno e grande Centro studi e la vecchia casa si guardano, comunicano attraverso un grande prato. In comune hanno le architetture sobrie, quasi austere: quella del palazzo rurale di origini seicentesche e quella di una progettazione contemporanea, attenta al rispetto delle forme, dei colori, di quello che già esiste.
Il Papa sbarcherà a Ghedi alle 9.30, quindi farà tappa a Botticino per pregare sulla tomba di Sant'Arcangelo Tadini, sacerdote della seconda metà dell'Ottocento che fu parroco di Botticino Sera e si adoperò per la povera gente fondando la Società di mutuo soccorso, una filanda per dare lavoro alle ragazze del paese e diede vita a una Congregazione religiosa, le Suore operaie della Santa Casa di Nazareth. Sant'Arcangelo Tadini venne canonizzato nell'aprile scorso proprio da Benedetto XVI. Quindi il Papa raggiungerà la città dove nella piazza centrale presiederà la celebrazione della Messa. Nel pomeriggio il trasferimento a Concesio, la visita alla casa natale dove già nel 1982 si recò Papa Giovanni Paolo II. Attorno alle 17 è prevista l'inaugurazione della nuova sede dell'Istituto Paolo VI, che si sviluppa su circa duemila metri quadrati e che ospita un museo di arte sacra contemporanea, una biblioteca di trentamila volumi e un archivio di 500 mila documenti di cui 50 mila riguardanti direttamente Paolo VI, un auditorium capace di 250 posti.
La nuova sede dell'Istituto Paolo VI è stata presentata ieri pomeriggio in una conferenza stampa che si è tenuta nella casa natale di Giovanni Battista Montini, casa di origine quattrocentesca anche se la costruzione attuale è soprattutto seicentesca, una dimora con i soffitti affrescati, i pavimenti in cotto, la cucina con il grande acquaio in pietra. Anche gli arredamenti sono rimasti pressoché gli stessi di quando Giovanni Battista era un bambino. È perfettamente conservata la camera da letto dove il futuro Pontefice venne alla luce il 26 settembre 1897.
Giuseppe Camadini, notaio, imprenditore bresciano, presidente dell'Istituto Paolo VI, ha presentato la nuova realizzazione. Ha detto: «Il nostro Istituto è un Centro internazionale di studi e documentazione promosso dall'Opera per l'educazione cristiana di Brescia ed è stato fondato il 10 aprile del 1979. Decidemmo di presentare questa iniziativa nel palazzo della Loggia, sede del Comune di Brescia, proprio per sottolineare il valore civico di questa iniziativa, accanto a quello religioso».
Camadini ha presentato le diverse attività dell'Istituto e il suo scopo, quello di offrire agli studiosi italiani e stranieri la possibilità di trovare strumenti e documenti idonei per le loro indagini relative alla figura di Paolo VI e del suo periodo storico. E quindi l'Istituto si è subito preoccupato di costituire un archivio che raccogliesse la documentazione edita e inedita relativa al Papa bresciano, quindi la formazione di una biblioteca specializzata sul periodo di Paolo VI che ovviamente conservasse i suoi scritti. Ha detto Camadini: «Abbiamo promosso un'attività editoriale in questi anni con la pubblicazione di sessanta opere e di un notiziario semestrale che finora conta 57 numeri; abbiamo istituito un premio internazionale che quest'anno è arrivato alla sesta edizione, il Premio Paolo VI. In quest'ultima edizione abbiamo privilegiato il mondo dell'educazione, lo abbiamo attribuito alla collana di fonti patristiche "Souces Chrétiennes" edita dalla Casa editrice parigina Cerf. Il premio sarà conferito da Benedetto XVI al direttore della collana, Bernard Meunier, proprio domenica in occasione dell'inaugurazione di questo nuovo centro». Altra attività organizzata dall'Istituto consiste nei Colloqui Internazionali e nelle Giornate di Studio.
L'Istituto per trent'anni ha lavorato nella sede di via Gezio Calini, a Brescia città, ospite del Centro Pastorale Paolo VI. La nuova sede, dietro la casa natale, è sorta su parte dello spazio occupato dal brolo, cioè dallo spazio verde della casa, spazio che poteva essere giardino, frutteto, orto. Una parte del brolo è rimasta e un prato verde collega la casa natale alla nuova sede dell'Istituto (la superficie verde è di ben tremila e cinquecento metri quadrati). Il Centro si sviluppa su tre piani, è costruito in una pietra che si inserisce in maniera elegante nell'ambiente collinare prealpino di questo ultimo lembo di Val Trompia. L'edificio ospita anche un museo di arte sacra contemporanea, su due piani, dove sono esposte duecentocinquanta opere di autori di grande fama: fra gli altri Picasso, Chagall, Manzù, De Chirico, Sassu. Papa Paolo VI aveva una grande passione per le arti - la collezione intera ammonta a ben settemila opere - e il suo pontificato si era distinto proprio per il nuovo impulso dato all'arte religiosa, per la ripresa del colloquio intimo, secolare fra l'arte e l'espressione del sentimento religioso.

© Copyright Eco di Bergamo, 31 ottobre 2009


+PetaloNero+
00venerdì 6 novembre 2009 15:33
L'attesa del Papa a Brescia e Concesio sulle orme di Paolo VI e Sant'Arcangelo Tadini


Sulle orme dell’amato Paolo VI, domenica prossima il Papa sarà in visita pastorale a Brescia e a Concesio luoghi che hanno visto la nascita e la formazione di Giovanni Battista Montini. La prima tappa del percorso verso la città lombarda, sarà una sosta al Santuario di Botticino Sera, comune della Valverde, che custodisce l’urna con le spoglie di Sant’Arcangelo Tadini. Le strade sono già vestite a festa con stendardi e bandierine dai colori vaticani, spiccano i manifesti di Tadini e del Papa che viene a venerare il sacerdote, canonizzato ad aprile, e che, a fine ‘800, nel perfetto spirito della Rerum Novarum, unì all’opera pastorale un’intensa attività sociale a tutela del lavoro e della famiglia. L’attesa della comunità nelle parole del parroco Don Raffaele Licini, al microfono della nostra inviata Gabriella Ceraso:

R. – Accogliere il Papa in questa nostra parrocchia è sicuramente qualcosa di irripetibile. Il Papa ci insegna come lui si fa pellegrino presso Sant’Arcangelo Tadini, anche noi dobbiamo camminare continuamente nella direzione di lui, perché il grande desiderio che aveva Tadini era che tutte le anime fossero portate in cielo.

D. – La presenza del Papa è anche per omaggiare nell’Anno Sacerdotale il sacerdote Arcangelo Tadini. Che modello di sacerdozio ha incarnato?

R. – Sant’Arcangelo è un uomo del tutto in armonia con la Chiesa: dal punto di vista della fede, della disciplina, dell’obbedienza … anzi, si dice che fosse anche abbastanza aggrappato alla tradizione. Un uomo così capace di essere in rapporto con il Signore da vedere in questo rapporto il bisogno di tutte le persone e in modo particolare di chi a quel tempo faceva fatica nella vita, organizzando quello che è stato l’impegno anche dal punto di vista lavorativo, nella costruzione della filanda e anche nel mettere accanto a queste persone che lavoravano delle suore operaie perché il lavoro fosse colto nel suo insieme nell’aspetto grande del suo valore. Non più solamente come una fucina di visioni atee verso la Chiesa, ma invece un ambiente bisognoso del fermento del Vangelo, un mondo – quindi – da incontrare più che da contrastare.

D. – Il messaggio che lascia questa figura, secondo lei, quello più forte …

R. – Lui diceva: la mia scienza è la croce. La mia forza è la stola. C’è dentro tutta la sua caratteristica di prete, ma anche di un uomo che veramente voleva far sì che l’azione del Vangelo riuscisse davvero ad entrare nel cuore di tutte le persone.

Allo scopo di evangelizzare il mondo del lavoro attraverso la condivisione della fatica, Sant’Arcangelo Tadini, nel 1900, fondò la Congregazione delle Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth, oggi presenti in Europa, America e Africa. Saranno loro, domenica, a presentare al Papa il progetto di un nuovo centro di formazione per i ragazzi del Burundi. Sentiamo suor Emma Ghidoni, madre generale della Casa di Brescia, sempre al microfono di Gabriella Ceraso:

R. – Ci ha chiamate lui “Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth”, quindi donne consacrate ma operaie tra le operaie, e ci ha affidato il compito di educare le lavoratrici, cioè formarle non con grandi discorsi ma dando soprattutto l’esempio nel guadagnarci il pane.

D. – Quindi, educazione ma anche evangelizzazione dei luoghi di lavoro …

R. – Dare a queste persone che lavorano il senso del lavoro cristiano, che è un modo per realizzarsi e per essere collaboratori anche nella creazione di Dio.

D. – Certo, oggi c’è anche il problema di un lavoro che manca …

R. – Questo è un problema davvero molto grande che condividiamo anche noi, perché anche noi siamo precarie: passiamo attraverso le agenzie interinali. Noi non abbiamo grandi redditi! Le nostre comunità scelgono abitazioni in quartieri popolari: facciamo pastorale giovanile, facciamo pastorale per la catechesi, eccetera. Però, la nostra specificità è quella di condividere la vita semplice delle persone.

D. – Suor Emma, Sant’Arcangelo Tadini vi ha dato come modello di vita quello della famiglia di Nazareth: perché?

R. – Perché questa bella icona ci sembra il modello più vero della vita nella sua quotidianità, come è stato per Gesù, Maria e Giuseppe per 30 anni, nel silenzio e nella semplicità.

D. – Suore Emma, voi siete presenti anche nel resto del mondo: in Inghilterra, in Brasile, molto e soprattutto in Africa, in Burundi. Ed è lì che nasce un centro di formazione nuovo il cui progetto voi volete presentare proprio al Papa. Come nasce questa idea?

R. – In Burundi la nostra comunità è stata un dono che la diocesi di Brescia aveva offerto a Paolo VI dopo il decreto sull’attività missionaria della Chiesa “ad gentes”. E lì adesso noi Suore Operaie siamo presenti: nelle piantagioni, nella lavorazione del thè … Abbiamo voluto quasi come continuità presentare al Santo Padre il dono di una nuova missione: vorremmo portare comunque avanti il nostro carisma di aiutare i giovani non solo a trovare un lavoro, ma a viverlo proprio in modo cristiano.






Benedetto XVI a Brescia per onorare la memoria di Paolo VI
Nel 30° anniversario della morte di Papa Montini



ROMA, venerdì, 6 novembre 2009 (ZENIT.org).- L'8 novembre prossimo Benedetto XVI sarà a Brescia e a Concesio per onorare la memoria di Giovanni Battista Montini nella terra che lo vide nascere e inaugurare la nuova sede dell'Istituto Paolo VI, costruita accanto alla casa natale del Pontefice defunto.

“Due Pontefici accomunati dalla loro altissima spiritualità”, ha detto il Cardinale Giovanni Battista Re, Prefetto della Congregazione per i Vescovi, anche lui di Brescia, parlando a L'Osservatore Romano dei legami tra Joseph Ratzinger e Papa Montini, che lo creò Cardinale nel 1977.

“A unirli – ha sottolineato il porporato – è soprattutto una profonda vita interiore e una comune donazione a Cristo e alla Chiesa”, così come “la fedeltà al Concilio Vaticano II” e “l'impegno nel difendere il vero spirito del Concilio” attraverso un'ermeneutica della “continuità nel rinnovamento”.

Per entrambi, ha aggiunto, la Chiesa è “chiamata a custodire e trasmettere il depositum fidei e ad essere comunità unita dall'amore”.

Benedetto XVI era già stato a Brescia quando era ancora Cardinale il 22 marzo del 1986, per tenere una lunga conferenza sul tema “Teologia e Chiesa”, durante un incontro organizzato dalla redazione italiana della rivista cattolica internazionale “Communio”.

Il Papa arriverà intorno alle 9.30 all'aeroporto di Ghedi. Si recherà poi nella Chiesa di S. Maria Assunta, a Botticino, per una visita privata e per raccogliersi in preghiera davanti all’urna che contiene i resti di Sant'Arcangelo Tadini, il parroco bresciano che nel ‘900 fondò la Congregazione delle Suore operaie e che il 26 aprile scorso lo stesso Pontefice ha indicato a tutta la Chiesa come intercessore e modello, dichiarandolo santo.

Il Pontefice si trasferirà quindi a Brescia dove presiederà la concelebrazione eucaristica in piazza Duomo, cui seguirà la recita dell'Angelus. Nel pomeriggio farà tappa a Concesio per la visita alla casa che diede i natali a Papa Montini, l'incontro con alcuni familiari del Pontefice defunto e l'inaugurazione dell'elegante complesso architettonico – con l’archivio, la biblioteca, la Collezione Paolo VI di arte moderna e contemporanea, l’auditorium, le sale di studio e i laboratori didattici – che ospiterà la nuova sede dell'Istituto Paolo VI, un tempo a Brescia.

L'allora Cardinale Ratzinger presiedette proprio il primo dei Colloqui internazionali promossi dall'Istituto, che si tenne nel 1980 a Roma sulla prima enciclica di Paolo VI, "Ecclesiam suam".

Lo stesso giorno Benedetto XVI conferirà il “Premio internazionale Paolo VI”, definito dal suo predecessore il “Nobel cattolico” e giunto alla sua sesta edizione, che verrà attribuito alla collana di fonti cristiane antiche “Sources Chrétiennes”.

In una intervista a Famiglia Cristiana, il Vescovo di Brescia, monsignor Luciano Monari, ha detto che il viaggio del Santo Padre “è un omaggio alla fierezza della città per quel grande Papa, che mai i bresciani hanno ostentato ma che è conficcata nel cuore di ogni cittadino”, e alla sua “passione per il dialogo con il Vangelo in mano”.

"Quello che ci aspettiamo dal Papa – ha detto invece mons. Monari in un'intervista apparsa sul magazine allegato al settimanale diocesano 'La Voce del Popolo' - è che compia anche a Brescia quella che è la sua missione, ossia l'annuncio del Vangelo".

La visita del Papa, ha sottolineato, deve essere vista anche come “una conferma che il cammino che la nostra Chiesa ha fatto e ancora sta facendo è corretto, vissuto in comunione, riconosciuto come autentico dal Vescovo di Roma”.

Riflettendo poi sull'esempio di Sant’Arcangelo Tadini, il sacerdote che si battè per dare dignità al lavoro e ai lavoratori, il Vescovo si è quindi detto convinto che la cosa fondamentale che la Chiesa può fare è “quella di custodire il senso vero del lavoro”, e richiamare costantemente a “un’economia rispettosa della dignità umana, a reale servizio dell’uomo”.

Alla domanda se la presenza di Benedetto XVI potrà essere di qualche beneficio alla causa di beatificazione di Paolo VI, mons. Molinari ha risposto: “Lo spero, non tanto per la beatificazione in quanto tale, ma perché sono convinto che ci sia un tesoro di spiritualità originale nella vita di Paolo VI e che la diffusione di questo tesoro possa aiutare e arricchire la Chiesa di oggi”.

In occasione della visita, mons. Luciano Monari consegnerà a Benedetto XVI il dono della diocesi che consiste in un’offerta per le iniziative di carità del Papa, “perché – si legge in una lettera diffusa in tutta la diocesi – egli ne possa disporre a favore dei bisogni delle Chiese più povere, soprattutto le Chiese tribolate dell’Africa”.
+PetaloNero+
00sabato 7 novembre 2009 00:08
L’omaggio di Papa Ratzinger al grande Pontefice bresciano
di Renzo Allegri


ROMA, venerdì, 6 novembre 2009 (ZENIT.org).- La visita di Papa Ratzinger a Brescia è indicata con il termine di “pastorale”, che ha vari significati religiosi, ma è impossibile dissociarla da ciò che la città lombarda richiama subito alla mente e cioè Papa Montini, Papa Paolo VI, bresciano e che alla sua città fu sempre molto legato.

Papa Montini ha governato la Chiesa dal 1963 al 1978: quindici anni, molto tormentati per l’Italia e nel mondo, ma anche molto significativi. Sul soglio di Pietro, è succeduto a Giovanni XXIII ed ha preceduto Giovanni Paolo II: due giganti nella storia del Papato. E lui, in mezzo, non è stato da meno.

E’ difficile dare un giudizio sintetico ed emblematico di questo Papa. Molti, ingannati dalla sua riservatezza, lo hanno descritto come una persona timida, riservata, chiusa in se stessa, restia a comunicare con gli altri e qualcuno lo chiamava ironicamente “Paolo mesto”. Ma attraverso le testimonianze delle persone che lo conobbero a fondo e che vissero accanto a lui si ricava un ritratto del tutto diverso.

Secondo gli storici è ancora poco conosciuto, ma tutti ritengono che la sua importanza sia stata gigantesca e lo definiscono “Papa della Chiesa”, “Papa dell’umanità”, “Papa della Pace”. E’ stato lui a inaugurare il “ministero itinerante”, esaltato poi da Karol Wojtyla. Paolo VI ha compiuto, infatti, nove pellegrinaggi fuori d’Italia, tra i quali spicca il viaggio in Terra Santa nel 1964. Nessun Pontefice, escluso San Pietro, era mai stato, prima di lui, nella terra dove nacque Gesù.

Apparteneva a un’antica famiglia lombarda: i Montini. Nacque a Concesio, in provincia di Brescia, nel 1897 e gli venne imposto il nome di Giovanni Battista. Suo padre, Giorgio, era avvocato e giornalista, e diresse per anni il battagliero giornale cattolico “Il cittadino di Brescia”. La madre, Giuditta Alghisi, si dedicò esclusivamente all’educazione dei tre figli.

Da giornalista mi sono interessato in varie occasioni di Papa Montini e lungo gli anni ho raccolto testimonianze molto significative. Eccone alcune, che certamente pochi conoscono.

Nel 1968 conobbi a Camignone, in provincia di Brescia, un signor di 89 anni che si chiamava Ezechiele Malizia. Era stato il primo maestro elementare di Paolo VI. “Avevo 24 anni quando la mamma di Giambattista Montini mi portò il suo ragazzo perché doveva cominciare la prima classe elementare”, mi raccontò. “Ero maestro al Collegio Arici, a Brescia. Conoscevo la famiglia Montini perché avevo già avuto come scolaro il fratello maggiore del Papa, Ludovico Montini. Giambattista fece con me la prima e la seconda elementare e alcuni mesi della quarta. Non l'ho mai dimenticato. Si distingueva fra tutti, e non perché fosse tranquillo: era piuttosto. come si suoi dire, una piccola peste. Il motoperpetuo. Magrolino, sparuto, sembrava avesse l’argento vivo addosso. La mamma, quando lo portò a scuola, venne a raccomandarmelo. Temeva che nessuno riuscisse a tenerlo a freno. Devo dire che faticai un po’ anch’io tanto è vero che per tenerlo a freno e perchè stesse attento alla lezioni fui costretto a farlo sedere nel primo banco, proprio davanti alla cattedra, così era continuamente sotto controllo”.

Discolo ed emotivo. Molto emotivo, al punto che l’emotività gli procurava forti disturbi di stomaco e di intestino. Dopo le elementari non potè più andare a scuola. Il ginnasio e il liceo li fece da privatista. Andava solo a dare gli esami ed era sempre il primo della classe. Nella primavera del 1969, ci fu un grave attentato terroristico alla Chiesa di Concesio, dove Montini era stato battezzato. Un attentato proprio contro di lui, come dimostrava il contenuto farneticante dei volantini lasciati dagli attentatori. Il Papa, informato dell’attentato, pianse di dolore.

In quell’occasione conobbi monsignor Francesco Galloni, che nel 1914, giovane sacerdote, era vice-parroco in quella chiesa. "La casa dei Montini distava settecento metri dalla chiesa", mi raccontò. "Tutte le sere, Giovambattista, insieme alla madre e ai fratelli, veniva in chiesa per una preghiera. Era la sua abituale passeggiata serale. Diventammo subito amici. Apparentemente, Battista era un giovane come tutti gli altri, amava stare in compagnia, ridere, scherzare ma in lui si avvertiva qualche cosa che lo rendeva diverso”.

"Credo di essere stato la prima persona cui confidò che voleva diventare sacerdote. Fu alla fine del liceo. Sapeva che io andavo ogni anno sul colle di San Genesio, sopra Lecco, in un eremo di religiosi Camaldolesi, per pregare e meditare, e chiese di venire con me. Mi pareva che stesse riflettendo per prendere una importante decisione. Arrivati, bussammo alla porta dell'eremo. Venne ad aprirci padre Matteo che io conoscevo. Chiesi ospitalità per alcuni giorni di ritiro. Padre Matteo disse che per me il posto c’era ma che la regola proibiva di far entrare nel monastero un laico, quindi niente posto per Battista. Insistetti, venne consultato anche il Superiore, niente da fare. 'Se il giovanotto vuole restare', disse il Padre Superiore, 'deve adattarsi a dormire nel ripostiglio della legna, dietro il convento; gli presteremo un pagliericcio'. 'Molto volentieri', disse Giambattista tutto felice. Ci fermammo una settimana e per tutto quel tempo, Montini, abituato a vivere in una casa signorile e con una salute delicatissima, dormì per terra, in un ripostiglio per la legna. E fu in quel ripostiglio che prese la decisione di diventare sacerdote".

Montini venne ordinato sacerdote nella cattedrale di Brescia il 29 maggio del 1920. A novembre si trasferì a Roma per studiare al “Seminario Lombardo” e alla “Pontificia Accademia dei Nobili Ecclesiastici” per prepararsi alla carriera diplomatica. Tra il 1922 e il 1924 conseguì tre lauree: in Filosofia, in Diritto Canonico e in Diritto Civile. Nel 1925 venne nominato Assistente ecclesiastico nazionale della FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana).

A Bergamo conobbi il dottor Ugo Galli, medico chirurgo, che a metà degli anni Venti era studente universitario a Roma e apparteneva alla FUCI. "Era un brutto periodo per noi universitari cattolici", mi racconto il dottor Galli. "Il fascismo ci aveva dichiarato guerra. Montini aveva portato nella Fuci entusiasmo giovanile e passione. Creò un gruppo misto di giovani e ragazze che lavoravano insieme nell’aiuto ai poveri. Tutte le settimane andava con loro nei quartieri di periferia, tra la gente più misera. Ma allora, nell’ambito cattolico, era impensabile che ragazzi e ragazze lavorassero insieme. Infatti, arrivarono disposizioni dall’alto e Montini dovette sciogliere il gruppo. Lo fece con dolore, ma senza alcun commento”.

"Un fucino, studente di musica, molto bravo, soffriva di esaurimento e aveva una malattia agli occhi che stava per renderlo cieco. Preso dallo sconforto, si uccise. Fu un grave dolore per tutti ma soprattutto per Montini. Appariva sconvolto ma non perse la sua calma. Informò i parenti, organizzò il funerale. Tanto fece che riuscì a ottenere il funerale religioso anche se, allora, la Chiesa negava ai suicidi le esequie religiose. Queste due iniziative fanno capire quanto grande fosse l’umanità e la sensibilità di Giambattista Montini e quanto aperta la sua visione del mondo e della vita".

Vari e straordinari episodi su Giovanni Battista Montini me li raccontò Laura Montini, prima cugina di Paolo VI, che incontrai a Brescia nel 1998. Aveva allora 79 anni ed è ancora sulla breccia. "Battista", mi disse "aveva un cuore tenerissimo, una capacità affettiva grandissima, era amante della musica, della poesia, della letteratura, della bellezza. Sempre desideroso di rendere felici gli altri. Quando veniva a cena da noi, prima di andarsene si recava sempre in cucina per ringraziare la cuoca e la cameriera”.

"Nel novembre del 1953 persi mio padre e a Natale, per dimenticare il dolore, decisi di andare a Roma. Battista era allora Segretario di Stato di Pio XII. Temevo che fosse occupatissimo, invece si mostrò felice di vedermi e volle che restassi sua ospite per diversi giorni. Furono giorni che non ho mai dimenticato. Si prese cura del mio dolore con una tenerezza paterna. Nonostante gli impegni, trascorse con me molto tempo. Nel pomeriggio di Capodanno volle accompagnarmi con la sua automobile a Ostia, per una passeggiata lungo il mare. Verso il tramonto, la luce si fece soffusa e le onde avevano colori fantastici. Di fronte a quello spettacolo della natura, vidi Battista commuoversi. Anch’io era incantata. Ma lui era rapito, emozionato tanto da non riuscire a parlare”.

"Quando ripartii per Brescia, mi consegnò una busta con dentro molti soldi e un biglietto in cui diceva: 'Questi soldi sono per i tuoi poveri'. L’amore per i poveri è un aspetto della sua vita che pochi conoscono. Fin da quando era un ragazzo aveva per i poveri un amore sconfinato. Li aiutava in tutti i modi. Regalava loro tutto quello che poteva, e lo faceva sempre di nascosto".
Paparatzifan
00sabato 7 novembre 2009 10:13
Dal blog di Lella...

Allarme pioggia sulla festa con il Papa

LA VISITA.
Definiti gli ultimi dettagli in vista dell'arrivo di domani del Santo Padre. Ma dal meteo non giungono buone notizie. Atterraggio a Ghedi alle 9.30
Ieri mattina l'ultimo incontro organizzativo in Prefettura Il programma non cambia Imponente sistema di sicurezza

Eugenio Barboglio

Domani mattina l'aereo del Papa atterrerà a Ghedi, poi Benedetto XVI comincerà il suo breve viaggio bresciano: Botticino, il capoluogo, Concesio, tutto in una giornata.
E tutto è pronto per accoglierlo. La macchina organizzativa era ieri vicina al traguardo.
Definiva i dettagli delle infrastrutture e del sistema della sicurezza. Con una variabile che è considerata poco incerta: la pioggia. La visita del Papa sarà - dicono i meterologi - bagnata.
Ma non cambia nulla - confermano in Prefettura, in Curia, in Loggia. Il sistema dell'accoglienza non si sposta di una virgola: è confermato il percorso e sono confermate le tappe. L'agenda non si tocca. L'hanno rivista punto per punto ieri mattina in Prefettura nell'ultimo incontro organizzativo, quello di «rifinitura». È al punto giusto l'allestimento del palco in piazza Paolo VI e tutto il resto, e anche l'apparato di sicurezza è ormai praticamente a regime, confermavano ieri dal Broletto. Ci sarà probabilmente il problema che la folla dei fedeli diventerà una folla di ombrelli aperti, e la vista del Papa risulterà a molti schermata. Ma nel kit distribuito dalla Diocesi c'è un poncho impermeabile, che forse basterà.
LA SICUREZZA della visita papale andava anche preparata. L'altro ieri e durante la notte le forze dell'ordine hanno intensificato i controlli, in particolare nelle zone della città dov'è più alta la concentrazione di stranieri: dodici persone senza documenti sono state sottoposte agli accertamenti sull'identità e successivamente arrestate perché inottemperanti ai provvedimenti di espulsione.
IL PROGRAMMA. Il Santo Padre dal Vaticano partirà in elicottero per Ciampino da dove decollerà alle 8.30. Un ora dopo il suo aereo scenderà all'aeroporto militare di Ghedi. Ad accoglierlo un «comitato» eterogeneo: il vescovo di Brescia mons. Luciano Monari, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, Antonio Zanardi Landi, ambasciatore italiano presso la Santa Sede, mons. Giuseppe Bertello nunzio apostolico in Italia, il presidente della Lombardia, Roberto Formigoni, Narcisa Brassesco Pace, prefetto di Brescia, Daniele Molgora, presidente della Provincia, il col. Francesco Vestito comandante dell'aeroporto «Fusco», il sindaco di Ghedi Lorenzo Borzi e Adriano Paroli di Brescia, mons. Gian Mario Morandini, parroco di Ghedi e don Oscar Raineri cappellano militare dell'aeroporto.
Da Ghedi si muoverà verso Brescia per raggiungerla solo dopo essersi fermato alla parrocchiale di Botticino sera: sosterà in venerazione della salma di sant'Arcangelo Tadini.
QUINDI BRESCIA. Lo attende piazza Paolo VI, il sagrato del Duomo da dove celebrerà. Ma prima di tutto, attorno alle 10.15, transiterà davanti alla stele che ricorda le vittime della Strage di piazza Loggia.
Alle 10.30 la celebrazione eucaristica e di lì al Centro Paolo VI di via Calini per il pranzo. Alle 16.45 circa sarà a Concesio: visiterà la casa natale del Montini e poi a piedi raggiungerà la nuova sede dell'istituto Paolo VI per l'inaugurazione, accompagnato dal sindaco Stefano Retali e dal presidente dell'istituto, Giuseppe Camadini: nell'auditorium la consegna del premio Paolo VI all'associazione Sources Chrètiennes. Sarà quindi alla parrocchia di S.Antonio dove fu battezzato Giovambattista Montini. Dopodichè, alle 19, eccolo sulla scaletta dell'aereo per l'ultimo saluto.

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+PetaloNero+
00sabato 7 novembre 2009 15:13
Il Papa a Brescia: il programma della visita

E’ tutto pronto a Brescia, Concesio e Botticino Sera per l’arrivo del Papa, domani, alla sua prima visita pastorale nella terra di Paolo VI, a trent’anni dalla morte, e di Sant’Arcangelo Tadini. Un lungo percorso scandito da momenti di grande intensità spirituale. Piazze e strade sono vestite dei colori vaticani, bianco e giallo, e le composizioni floreali e i manifesti dicono “grazie” al Papa pellegrino. Il servizio della nostra inviata a Brescia Gabriella Ceraso:

Oggi un timido sole riscalda Brescia e la sua provincia allontanando per un po’ l’unica variante quasi certa sulla giornata di domani, la pioggia. Ma in realtà neanche questo turba l’attesa della festa. La domenica col Papa sarà comunque l’abbraccio gioioso dei 50mila. In tanti, infatti, secondo il vescovado, parteciperanno all'evento. Luogo d’incontro, le 3 tappe principali, ma anche il lungo percorso di oltre 30 km in papa-mobile, animato in ogni tratto da 473 parrocchie e sotto lo sguardo di 2700 volontari. Dopo l’arrivo allo scalo militare di Ghedi alle 9.30, il primo bagno di folla è nel comune del marmo, Botticino Sera, dove il Papa, che si inginocchia davanti le spoglie di Sant'Arcangelo Tadini, iniziatore della Mutua operaia, è vissuto come un evento straordinario. Intorno alle 10 quindi l’arrivo in piazza Paolo VI, cuore della diocesi di Brescia, per la concelebrazione eucaristica e la recita dell’Angelus. Quattro i maxischermi montati nel centro storico: solo 12mila però, per motivi di spazio, le presenze davanti al grande palco bianco sul sagrato del Duomo. Un colpo d’occhio per un luogo che, tra edifici e chiese, narra la storia di una fede millenaria e di una intensa passione civile. Ultima tappa della giornata, il pomeriggio, a Concesio, nella Valtrompia. Qui il ricordo di Paolo VI, filo conduttore della visita, si fa realtà. Nulla è cambiato nella casa natale e al fonte battesimale di Giovan Battista Montini, a Sant’Antonino, dove ad attendere il Papa ci saranno oltre 300 fedeli, per un tuffo nella memoria al lontano settembre 1897. Ma a Concesio c’è anche lo scrigno con l’eredità del Papa bresciano, timoniere della Chiesa post-conciliare: è la nuova sede dell’Istituto Paolo VI che il Santo Padre viene ad inaugurare, conferendo il premio - che porta il nome di Montini - alla collana patristica francese “Sources Chrétiennes” per il contributo dato alla comprensione della tradizione cristiana. Fede e cultura si uniscono dunque in questa visita e nel ricordo di Paolo VI, che, a dieci anni dalla presenza del Papa polacco, Benedetto XVI viene a confermare suo predecessore in un magistero dalla straordinaria attualità.





Mons. Monari: Brescia, città tra forte tradizione cristiana e secolarismo. Interviste col sindaco e i giovani


Una colletta per le Chiese più povere soprattutto dell’Africa. E’ il dono che la diocesi di Brescia ha preparato per il Papa e che gli consegnerà per mano del vescovo Luciano Monari all’arrivo in Piazza Paolo VI. “Un gesto concreto di carità collettiva” ha spiegato il presule, “per ricambiare il momento di grazia che Benedetto XVI ci concede con la sua presenza”. Ma quali i significati attribuiti a questa giornata dalla Chiesa bresciana? Gabriella Ceraso lo ha chiesto allo stesso mons. Monàri:

R. – Il primo è naturalmente quello della comunione che ci lega con la Chiesa di Roma. Che venga il Papa di Roma a parlare a noi vuol dire il riconoscimento del cammino della Chiesa bresciana come autentica Chiesa cattolica e vuol dire anche accogliere, dalla voce del Successore di Pietro, l’annuncio del Vangelo con un’energia ed una luminosità particolare. Questo è il primo, grande significato. Il secondo è la memoria di Paolo VI, al quale siamo particolarmente affezionati. Vorremmo riuscire a dare una testimonianza di fede, che sia in qualche modo degna del Papa che abbiamo avuto.


D. – Qual è il clima che si è creato ed anche le attese di tutta la comunità?


R. – Il clima è quello dell’ospitalità gioiosa e semplice per poter riconoscere nel Papa una persona che sta vivendo con impegno e con una grande fedeltà il Vangelo nel confronto con le sfide che la cultura di oggi pone.


D. – Qual è la comunità che troverà il Papa, quali le peculiarità ma anche le sfide?


R. – Il Papa trova una Chiesa che ha una tradizione cristiana molto forte e soprattutto una tradizione d’impegno anche laicale nella società, nella scuola, nella sanità. Trova una città che ha i problemi del confronto con la pluralità delle culture, perché da noi ci sono tantissimi immigrati. C’è poi il problema fondamentale della secolarizzazione che è proprio del nostro mondo contemporaneo.


D. – La terra bresciana è anche terra di forti attività economiche, di lavoro. In tal senso la stessa “Caritas in veritate” ha dato forte peso allo sviluppo umano integrale. Sotto questo profilo, cosa si augura che possa anche lasciare il Papa?


R. – Che ci aiuti a comprendere lo sviluppo umano in tutta la sua ricchezza, perché è uno sviluppo che comporta sviluppo economico e tecnologico, ma è uno sviluppo che richiede soprattutto una crescita di umanità, quindi di capacità dell’uomo di gestire gli strumenti che ha a disposizione, avendo degli scopi, creando dei legami di comunione e di fraternità con gli altri, sviluppando un senso di responsabilità.


D. – Chi ci sarà in Piazza Paolo VI ad accogliere il Papa?


R. – Abbiamo tentato di far entrare i rappresentanti di tutte le realtà che ci sono nella diocesi. Speriamo che questo sia percepito proprio per quello che vuole essere, cioè il segno di una comunione che lega tutti.


Anche la società civile e le sue istituzioni lavorano da mesi alla preparazione di questa visita. Festoso e rinnovato appare il volto del centro storico lungo il percorso della papamobile. ”Attendiamo un Pontefice il cui magistero ci richiama alla centralità delle radici cristiane” ha detto il sindaco Adriano Paròli, non nascondendo che la preparazione non riguarda solo i lavori pubblici. Sentiamolo al microfono della nostra inviata Gabriella Ceraso.

R. – Ci sono una serie di opere che si stanno affrontando, perché l’accoglienza sia fatta con la massima sicurezza. E’ chiaro che la preparazione anche spirituale è un evento per la città e richiama certamente il Papa bresciano, Paolo VI. Però l’insegnamento e il magistero di Papa Ratzinger saranno al centro di questa visita, di tutti coloro che parteciperanno e che si aspettano molto. E’ certamente uno di quei momenti che lascia il segno, che dà la possibilità di fare quei passi che la città e la comunità chiedono.


D. – C’è una gloriosa tradizione che ha Brescia, in cui si intreccia l’impegno civico, l’impegno culturale, ma anche l’ardore della fede. E’ rimasta questa eredità?


R. – Brescia ha questa grande capacità, da un lato di accoglienza, dall’altro di condivisione. Il volontariato, come terzo settore, è una presenza fatta di grande coscienza. Alla fine l’uomo non è solo e non può costruire da sé il proprio futuro e il proprio presente. Con questa coscienza stiamo guardando alla venuta del Papa e speriamo di poter davvero far tesoro della presenza del Pontefice.


Ad attendere il Papa in Piazza Duomo a Brescia ci saranno anche i giovani. 2500 circa troveranno posto nel settore vicino al passaggio della papa mobile, in 130 invece dagli Oratori e dalla parrocchie della provincia si occuperanno dell’accoglienza dei pellegrini. Sentiamo le loro emozioni al microfono di Gabriella Ceraso.

R. – Noi cerchiamo di esserci, a prescindere dal fatto che sia una cosa fatta apposta per noi. Anche alla luce di quello che diceva prima Giovanni Paolo II delle sentinelle del mattino e di quello che dice adesso Benedetto XVI, è implicito che comunque noi ci siamo.


D. – Le emozioni, le sensazioni, i sentimenti in questo momento?


R. – Chi viene è una persona carismatica. E’ un’attesa di parole di conforto, parole di fratellanza, soprattutto in un periodo un poco grigio come quello che stiamo vivendo, di crisi economica e di insicurezza sociale. Per cui è speranza in parole di aiuto, di conforto allo spirito.


D. – C’è qualcosa in particolare, una parola proprio per voi, qualcosa che vi può aiutare anche ad andare avanti?


R. – Una parola di fiducia nei confronti dei giovani, perché penso che quando uno sente che qualcuno ha fiducia in lui tira fuori anche le qualità nascoste e con coraggio affronta le situazioni, i momenti difficili.


D. – Perché avete scelto di vivere insieme queste ultime ore?


R. – Noi, facendo un servizio di accoglienza all’interno della piazza, durante la celebrazione, abbiamo deciso di trovarci insieme in modo tale da potere rappresentare il volto giovane e comunque festante della diocesi a chi arriva in piazza per sentire la voce del Papa.


D. – Le tue sensazioni oggi...in attesa di...


R. – ...di aspettare il momento, di aspettare la domenica e cercare di vivere questo giorno con gli altri volontari nel migliore dei modi, per accrescere ancora la mia fede, la mia speranza e donare il mio sorriso ai pellegrini che arriveranno in piazza.


D. – Questa visita si svolge nel segno di Paolo VI. Che cosa rappresenta per voi questa figura?


R. – La figura di Paolo VI, specialmente per i giovanissimi, al di là di un retaggio storico, è difficile da inquadrare. Però, proprio alla luce di quello che è stato il magistero di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, si sta scoprendo, o meglio riscoprendo, la figura di questo Papa, come sicuramente un precursore dei tempi, un Papa con uno sguardo sul futuro, attento a problematiche che oggi la Chiesa si sta trovando effettivamente ad affrontare.(Montaggio a cura di Maria Brigini)
+PetaloNero+
00lunedì 9 novembre 2009 00:42
Discorso del Papa in visita alla parrocchia Sant'Antonino di Concesio
Dove il futuro Paolo VI venne battezzato nel 1897



CONCESIO, domenica, 8 novembre 2009 (ZENIT.org).- Riportiamo il discorso pronunciato da Benedetto XVI questa domenica pomeriggio visitando a Concesio la chiesa parrocchiale di Sant'Antonino, nella quale Giovanni Battista Montini venne battezzato il 30 settembre 1897.

* * *
Cari fratelli e sorelle!

Con questo incontro si chiude la Visita pastorale a Brescia, terra natale del mio venerato Predecessore Paolo VI. Ed è per me un vero piacere concluderla proprio qui, a Concesio, dove egli nacque ed iniziò la sua lunga e ricca vicenda umana e spirituale. Ancor più significativo - anzi emozionante - è sostare in questa vostra chiesa che è stata anche la sua chiesa. Qui, il 30 settembre 1897, egli ricevette il Battesimo e chi sa quante volte vi è tornato a pregare; qui, probabilmente, ha meglio compreso la voce del divino Maestro che lo ha chiamato a seguirlo e lo ha condotto, attraverso varie tappe, sino ad essere suo Vicario in terra. Qui risuonano ancora le ispirate parole che, diventato Cardinale, Giovanni Battista Montini pronunciò cinquant'anni fa, il 16 agosto 1959, quando tornò a questo suo fonte battesimale. "Qui sono diventato cristiano - egli disse - ; sono diventato figlio di Dio, ho avuto il dono della fede" (G.B. Montini, Discorsi e Scritti Milanesi, II, p. 3010). Ricordandolo mi piace salutare con affetto tutti voi suoi compaesani, il vostro Parroco e il Sindaco insieme al Pastore della diocesi, Mons. Luciano Monari, e a quanti hanno voluto essere presenti a questo breve eppure intenso momento di intimità spirituale.

"Qui sono diventato cristiano... ho avuto il dono della fede". Cari amici, permettete che colga questa occasione per richiamare, partendo proprio dall'affermazione di Papa Montini e riferendomi ad altri suoi interventi, l'importanza del Battesimo nella vita di ogni cristiano. Il Battesimo - egli afferma - può dirsi "il primo e fondamentale rapporto vitale e soprannaturale fra la Pasqua del Signore e la Pasqua nostra" (Insegnamenti IV, [1966], 742), è il Sacramento mediante il quale avviene "la trasfusione del mistero della morte e risurrezione di Cristo nei suoi seguaci" (Insegnamenti XIV, [1976], 407), è il Sacramento che inizia al rapporto di comunione con Cristo. "Per mezzo del Battesimo - come dice San Paolo - siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti..., così anche noi possiamo camminare in una vita nuova" (Rm 6,4). Paolo VI amava sottolineare la dimensione cristocentrica del Battesimo, con cui ci siamo rivestiti di Cristo, con cui entriamo in comunione vitale con Lui e a Lui apparteniamo.

In tempi di grandi mutamenti all'interno della Chiesa e nel mondo, quante volte Paolo VI ha insistito su questa necessità di restare saldi nella comunione vitale con Cristo! Solo così infatti si diventa membri della sua famiglia che è la Chiesa. Il Battesimo - egli annotava - è la "porta attraverso la quale gli uomini entrano nella Chiesa" (Insegnamenti XII, [1974], 422), è il Sacramento con cui si diventa "fratelli di Cristo e membra di quella umanità, destinata a far parte del suo Corpo mistico e universale, che si chiama la Chiesa" (Insegnamenti XIII, [1975], 308). L'uomo rigenerato dal Battesimo, Dio lo rende partecipe della sua stessa vita, e "il battezzato può efficacemente tendere a Dio-Trinità, suo fine ultimo, a cui è ordinato, allo scopo di avere parte alla sua vita e al suo amore infinito" (Insegnamenti XI, [1973], 850).

Cari fratelli e sorelle, vorrei tornare idealmente alla visita a questa vostra chiesa parrocchiale che l'allora Arcivescovo di Milano fece 50 anni or sono. Ricordando il suo Battesimo, si interrogava su come aveva custodito e vissuto questo grande dono del Signore, e, pur riconoscendo di non averlo né compreso abbastanza, né abbastanza assecondato, confessava: "Vi voglio dire che la fede che ho ricevuto in questa chiesa col sacramento del Santo Battesimo è stata per me la luce della vita... la lampada della mia vita" (Op. cit., pp. 3010.3011). Facendo eco alle sue parole, ci potremmo domandare: "Come vivo io il mio Battesimo? Come faccio esperienza del cammino di vita nuova di cui parla san Paolo?". Nel mondo in cui viviamo - per usare ancora un'espressione dell'Arcivescovo Montini - spesso c'è "una nube che ci toglie la contentezza di vedere con serenità il cielo divino... c'è la tentazione di credere che la fede sia un vincolo, una catena da cui bisogna sciogliersi, che sia una cosa antica se non sorpassata, che non serve" (ibid., p. 3012), per cui l'uomo pensa che basti "la vita economica e sociale per dare una risposta a tutte le aspirazioni del cuore umano" (ibid.). A questo riguardo, quanto mai eloquente è invece l'espressione di sant'Agostino, il quale scrive nelle Confessioni che il nostro cuore non ha pace finché non riposa in Dio (cfr I,1). Solo se trova la luce che lo illumina e gli dà pienezza di significato l'essere umano è veramente felice. Questa luce è la fede in Cristo, dono che si riceve nel Battesimo, e che va riscoperta costantemente per essere trasmessa agli altri.

Cari fratelli e sorelle, non dimentichiamo il dono immenso ricevuto il giorno in cui siamo stati battezzati! In quel momento Cristo ci ha legati per sempre a sé, ma, da parte nostra, continuiamo a restare uniti a Lui attraverso scelte coerenti con il Vangelo? Non è facile essere cristiani! Ci vuole coraggio e tenacia per non conformarsi alla mentalità del mondo, per non lasciarsi sedurre dai richiami talvolta potenti dell'edonismo e del consumismo, per affrontare, se necessario, anche incomprensioni e talora persino vere persecuzioni. Vivere il Battesimo comporta restare saldamente uniti alla Chiesa, pure quando vediamo nel suo volto qualche ombra e qualche macchia. È lei che ci ha rigenerati alla vita divina e ci accompagna in tutto il nostro cammino: amiamola, amiamola come nostra vera madre! Amiamola e serviamola con un amore fedele, che si traduca in gesti concreti all'interno delle nostre comunità, non cedendo alla tentazione dell'individualismo e del pregiudizio, e superando ogni rivalità e divisione. Così saremo veri discepoli di Cristo! Ci aiuti dal Cielo Maria, Madre di Cristo e della Chiesa, che il Servo di Dio Paolo VI ha amato e onorato con grande devozione. Vi sono ancora grato per la vostra accoglienza, cari fratelli e sorelle, e, mentre vi assicuro il mio ricordo nella preghiera, a tutti imparto di cuore una speciale benedizione.

[© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana]





Benedetto XVI: la risposta di Paolo VI all'"emergenza educativa"
Inaugurazione della nuova sede dell'Istituto dedicato a quel Papa



BRESCIA, domenica, 8 novembre 2009 (ZENIT.org).- Riportiamo il discorso pronunciato dal Papa questa domenica pomeriggio nell'Auditorium "Vittorio Montini" di Brescia per l'inaugurazione della nuova sede dell'Istituto Paolo VI e l'assegnazione del VI Premio Internazionale Paolo VI (Premio per l'Educazione).

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Signor Cardinale,

venerati Fratelli Vescovi e sacerdoti,

cari amici,

vi ringrazio cordialmente per avermi invitato a inaugurare la nuova sede dell'Istituto dedicato a Paolo VI, costruita accanto alla sua casa natale. Saluto ognuno di voi con affetto, ad iniziare dai Signori Cardinali, i Vescovi, le Autorità e le Personalità presenti. Un saluto particolare rivolgo al presidente Giuseppe Camadini, grato per le cortesi parole che mi ha indirizzato, illustrando le origini, lo scopo e le attività dell'Istituto. Prendo parte volentieri alla solenne cerimonia del "Premio internazionale Paolo VI", assegnato quest'anno alla collana francese "Sources Chrétiennes". Una scelta dedicata all'ambito educativo, che intende porre in rilievo - come è stato ben sottolineato - l'impegno profuso da questa storica collana, fondata nel 1942, tra gli altri, da Henri De Lubac e Jean Daniélou, per una rinnovata scoperta delle fonti cristiane antiche e medioevali. Ringrazio il Direttore Bernard Meunier per il saluto che mi ha rivolto. Colgo questa propizia occasione per incoraggiarvi, cari amici, a porre sempre più in luce la personalità e la dottrina di questo grande Pontefice, non tanto dal punto di vista agiografico e celebrativo, quanto piuttosto - e questo è stato giustamente rimarcato - nel segno della ricerca scientifica, per offrire un apporto alla conoscenza della verità e alla comprensione della storia della Chiesa e dei Pontefici del secolo XX. Nella misura in cui è meglio conosciuto, il Servo di Dio Paolo VI viene sempre più apprezzato e amato. Mi ha unito al grande Papa un legame di affetto e devozione sin dagli anni del Concilio Vaticano II. Come non ricordare che nel 1977 è stato proprio Paolo VI ad affidarmi la cura pastorale della diocesi di Monaco, creandomi anche Cardinale? Sento di dover a questo grande Pontefice tanta gratitudine per la stima che ha manifestato nei miei confronti in diverse occasioni.

Mi piacerebbe, in questa sede, approfondire i diversi aspetti della sua personalità; limiterò però le mie considerazioni a un solo tratto del suo insegnamento, che mi pare di grande attualità e in sintonia con la motivazione del Premio di quest'anno, e cioè la sua capacità educativa. Viviamo in tempi nei quali si avverte una vera "emergenza educativa". Formare le giovani generazioni, dalle quali dipende il futuro, non è mai stato facile, ma in questo nostro tempo sembra diventato ancor più complesso. Lo sanno bene i genitori, gli insegnanti, i sacerdoti e coloro che rivestono dirette responsabilità educative. Si vanno diffondendo un'atmosfera, una mentalità e una forma di cultura che portano a dubitare del valore della persona, del significato della verità e del bene, in ultima analisi della bontà della vita. Eppure si avverte con forza una diffusa sete di certezze e di valori. Occorre allora trasmettere alle future generazioni qualcosa di valido, delle regole solide di comportamento, indicare alti obiettivi verso i quali orientare con decisione la propria esistenza. Aumenta la domanda di un'educazione capace di farsi carico delle attese della gioventù; un'educazione che sia innanzitutto testimonianza e, per l'educatore cristiano, testimonianza di fede.

Mi viene in mente, in proposito, questa incisiva frase programmatica di Giovanni Battista Montini scritta nel 1931: "Voglio che la mia vita sia una testimonianza alla verità... Intendo per testimonianza la custodia, la ricerca, la professione della verità" (Spiritus veritatis, in Colloqui religiosi, Brescia 1981, p. 81). Tale testimonianza - annotava Montini nel 1933 - è resa impellente dalla costatazione che "nel campo profano, gli uomini di pensiero, anche e forse specialmente in Italia, non pensano nulla di Cristo. Egli è un ignoto, un dimenticato, un assente, in gran parte della cultura contemporanea" (Introduzione allo studio di Cristo, Roma 1933, p. 23). L'educatore Montini, studente e sacerdote, Vescovo e Papa, avvertì sempre la necessità di una presenza cristiana qualificata nel mondo della cultura, dell'arte e del sociale, una presenza radicata nella verità di Cristo, e, al tempo stesso, attenta all'uomo e alle sue esigenze vitali.

Ecco perché l'attenzione al problema educativo, la formazione dei giovani, costituisce una costante nel pensiero e nell'azione di Montini, attenzione che gli deriva anche dall'ambiente familiare. Egli è nato in una famiglia appartenente al cattolicesimo bresciano dell'epoca, impegnato e fervente in opere, ed è cresciuto alla scuola del padre Giorgio, protagonista di importanti battaglie per l'affermazione della libertà dei cattolici nell'educazione. In uno dei primi scritti dedicato alla scuola italiana, Giovanni Battista Montini osservava: "Non domandiamo altro che un po' di libertà per educare come vogliamo quella gioventù che viene al cristianesimo attratta dalla bellezza della sua fede e delle sue tradizioni" (Per la nostra scuola: un libro del prof. Gentile, in Scritti giovanili, Brescia 1979, p. 73). Montini è stato un sacerdote di grande fede e di ampia cultura, una guida di anime, un acuto indagatore del "dramma dell'esistenza umana". Generazioni di giovani universitari hanno trovato in lui, come Assistente della FUCI, un punto di riferimento, un formatore di coscienze, capace di entusiasmare, di richiamare al compito di essere testimoni in ogni momento della vita, facendo trasparire la bellezza dell'esperienza cristiana. Sentendolo parlare - attestano i suoi studenti di allora - si percepiva il fuoco interiore che dava anima alle sue parole, in contrasto con un fisico che appariva fragile.

Uno dei fondamenti della proposta formativa dei circoli universitari della FUCI da lui guidati consisteva nel tendere all'unità spirituale della personalità dei giovani: "non scompartimenti stagni separati nell'anima - egli diceva -, cultura da una parte, e fede dall'altra; scuola da un lato, Chiesa dall'altro. La dottrina, come la vita, è unica" (Idee=Forze, in Studium 24 [1928], p. 343). In altri termini, per Montini erano essenziali la piena armonia e l'integrazione tra la dimensione culturale e religiosa della formazione, con particolare accento sulla conoscenza della dottrina cristiana, e i risvolti pratici della vita. Proprio per questo, fin dal principio della sua attività, nel circolo romano della FUCI, unitamente ad un serio impegno spirituale e intellettuale, egli promosse per gli universitari iniziative caritative al servizio dei poveri, con la conferenza di San Vincenzo. Non separava mai quella che in seguito definirà "carità intellettuale" dalla presenza sociale, dal farsi carico del bisogno degli ultimi. In tal modo, gli studenti venivano educati a scoprire la continuità tra il rigoroso dovere dello studio e le missioni concrete tra i baraccati. "Crediamo - scriveva - che il cattolico non è il tormentato da centomila problemi sia pure d'ordine spirituale... No! Il cattolico è colui che ha la fecondità della sicurezza. Ed è così che, fedele alla sua fede, può guardare al mondo non come ad un abisso di perdizione, ma come a un campo di messe" (La distanza dal mondo, in Azione Fucina, 10 febbraio 1929, p. 1).

Giovanni Battista Montini insisteva sulla formazione dei giovani, per renderli capaci di entrare in rapporto con la modernità, un rapporto, questo, difficile e spesso critico, ma sempre costruttivo e dialogico. Della cultura moderna sottolineava alcune caratteristiche negative, sia nel campo della conoscenza che in quello dell'azione, come il soggettivismo, l'individualismo e l'affermazione illimitata del soggetto. Allo stesso tempo, però, riteneva necessario il dialogo a partire sempre da una solida formazione dottrinale, il cui principio unificante era la fede in Cristo; una "coscienza" cristiana matura, dunque, capace di confronto con tutti, senza però cedere alle mode del tempo. Da Pontefice, ai Rettori e Presidi delle Università della Compagnia di Gesù ebbe a dire che "il mimetismo dottrinale e morale non è certo conforme allo spirito del Vangelo". "Del resto coloro che non condividono le posizioni della Chiesa - aggiunse - chiedono a noi estrema chiarezza di posizioni, per poter stabilire un dialogo costruttivo e leale". E pertanto il pluralismo culturale e il rispetto non debbono far "mai perdere di vista al cristiano il suo dovere di servire la verità nella carità, di seguire quella verità di Cristo che, sola, dà la vera libertà" (cfr Insegnamenti XIII, [1975], 817).

Per Papa Montini il giovane va educato a giudicare l'ambiente in cui vive e opera, a considerarsi come persona e non numero nella massa: in una parola, va aiutato ad avere un "pensiero forte" capace di un "agire forte", evitando il pericolo, che talora si corre, di anteporre l'azione al pensiero e di fare dell'esperienza la sorgente della verità. Ebbe ad affermare in proposito: "L'azione non può essere luce a se stessa. Se non si vuole curvare l'uomo a pensare come egli agisce, bisogna educarlo ad agire com'egli pensa. Anche nel mondo cristiano, dove l'amore, la carità hanno importanza suprema, decisiva, non si può prescindere dal lume della verità, che all'amore presenta i suoi fini e i suoi motivi" (Insegnamenti II, [1964], 194).

Cari amici, gli anni della FUCI, difficili per il contesto politico dell'Italia, ma entusiasmanti per quei giovani che riconobbero nel Servo di Dio una guida e un educatore, rimasero impressi nella personalità di Paolo VI. In lui, Arcivescovo di Milano e poi Successore dell'apostolo Pietro, mai vennero meno l'anelito e la preoccupazione per il tema dell'educazione. Lo attestano i numerosi suoi interventi dedicati alle nuove generazioni, in momenti burrascosi e travagliati, come il Sessantotto. Con coraggio, indicò la strada dell'incontro con Cristo come esperienza educativa liberante e unica vera risposta ai desideri e alle aspirazioni dei giovani, divenuti vittime dell'ideologia. "Voi, giovani d'oggi - egli ripeteva -, siete talora ammaliati da un conformismo, che può diventare abituale, un conformismo che piega inconsciamente la vostra libertà al dominio automatico di correnti esterne di pensiero, di opinione, di sentimento, di azione, di moda: e poi, così presi da un gregarismo che vi dà l'impressione d'essere forti, diventate qualche volta ribelli in gruppo, in massa, senza spesso sapere perché". "Ma poi - notava ancora - se voi acquistate coscienza di Cristo, e a Lui aderite... avviene che diventate interiormente liberi... saprete perché e per chi vivere... E nello stesso tempo, cosa meravigliosa, sentirete nascere in voi la scienza dell'amicizia, della socialità, dell'amore. Non sarete degli isolati" (Insegnamenti VI, [1968], 117-118).

Paolo VI definì se stesso "vecchio amico dei giovani": sapeva riconoscere e condividere il loro tormento quando si dibattono tra la voglia di vivere, il bisogno di certezza, l'anelito all'amore, e il senso di smarrimento, la tentazione dello scetticismo, l'esperienza della delusione. Aveva imparato a comprenderne l'animo e ricordava che l'indifferenza agnostica del pensiero attuale, il pessimismo critico, l'ideologia materialista del progresso sociale non bastano allo spirito, aperto a ben altri orizzonti di verità e di vita (cfr Insegnamenti XII, [1974], 642). Oggi, come allora, emerge nelle nuove generazioni una ineludibile domanda di significato, una ricerca di rapporti umani autentici. Diceva: "l'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni" (Insegnamenti XIII, [1975], 1458-1459). Maestro di vita e coraggioso testimone di speranza è stato questo mio venerato Predecessore, non sempre capito, anzi più di qualche volta avversato e isolato da movimenti culturali allora dominanti. Ma, solido anche se fragile fisicamente, ha condotto senza tentennamenti la Chiesa; non ha perso mai la fiducia nei giovani, rinnovando loro, e non solo a loro, l'invito a fidarsi di Cristo e a seguirlo sulla strada del Vangelo.

Cari amici, ancora una volta grazie per avermi dato l'opportunità di respirare, qui, nel suo paese natale e in questi luoghi pieni di ricordi della sua famiglia e della sua infanzia, il clima nel quale ebbe a formarsi il Servo di Dio Paolo VI, il Papa del Concilio Vaticano II e del dopo Concilio. Qui tutto parla della ricchezza della sua personalità e della sua vasta dottrina. Qui ci sono significative memorie anche di altri Pastori e protagonisti della storia della Chiesa del secolo passato, come ad esempio il Cardinale Bevilacqua, il Vescovo Carlo Manziana, Mons. Pasquale Macchi, suo fidato segretario particolare, Padre Paolo Caresana. Auspico di cuore che l'amore di questo Papa per i giovani, l'incoraggiamento costante ad affidarsi a Gesù Cristo - invito ripreso da Giovanni Paolo II e che anch'io ho voluto rinnovare proprio all'inizio del mio Pontificato - venga percepito dalle nuove generazioni. Per questo assicuro la mia preghiera, mentre benedico voi tutti qui presenti, le vostre famiglie, il vostro lavoro e le iniziative dell'Istituto Paolo VI.


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Omelia del Papa nella concelebrazione eucaristica a Brescia
17ma visita apostolica di Benedetto XVI in Italia



BRESCIA, domenica, 8 novembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il testo dell'omelia pronunciata da Benedetto XVI presiedendo questa domenica mattina in Piazza Paolo VI a Brescia la concelebrazione eucaristica in occasione della sua visita alla città e a Concesio, luogo natale di Papa Montini.

* * *
Cari fratelli e sorelle!

È grande la mia gioia nel poter spezzare con voi il pane della Parola di Dio e dell'Eucaristia, qui, nel cuore della Diocesi di Brescia, dove nacque ed ebbe la formazione giovanile il servo di Dio Giovanni Battista Montini, Papa Paolo VI. Vi saluto tutti con affetto e vi ringrazio per la vostra calorosa accoglienza! Ringrazio in particolare il Vescovo, Mons. Luciano Monari, per le espressioni che mi ha rivolto all'inizio della celebrazione, e con lui saluto i Cardinali, i Vescovi, i sacerdoti e i diaconi, i religiosi e le religiose, e tutti gli operatori pastorali. Ringrazio il Sindaco per le sue parole e per il suo dono, e le altre Autorità civili e militari. Un pensiero speciale rivolgo agli ammalati che si trovano all'interno del Duomo.

Al centro della Liturgia della Parola di questa domenica - la 32.ma del Tempo Ordinario - troviamo il personaggio della vedova povera, o, più precisamente, troviamo il gesto che ella compie gettando nel tesoro del Tempio gli ultimi spiccioli che le rimangono. Un gesto che, grazie allo sguardo attento di Gesù, è diventato proverbiale: "l'obolo della vedova", infatti, è sinonimo della generosità di chi dà senza riserve il poco che possiede. Prima ancora, però, vorrei sottolineare l'importanza dell'ambiente in cui si svolge tale episodio evangelico, cioè il Tempio di Gerusalemme, centro religioso del popolo d'Israele e il cuore di tutta la sua vita. Il Tempio è il luogo del culto pubblico e solenne, ma anche del pellegrinaggio, dei riti tradizionali, e delle dispute rabbiniche, come quelle riportate nel Vangelo tra Gesù e i rabbini di quel tempo, nelle quali, però, Gesù insegna con una singolare autorevolezza, quella del Figlio di Dio. Egli pronuncia giudizi severi - come abbiamo sentito - nei confronti degli scribi, a motivo della loro ipocrisia: essi, infatti, mentre ostentano grande religiosità, sfruttano la povera gente imponendo obblighi che loro stessi non osservano. Gesù, insomma, si dimostra affezionato al Tempio come casa di preghiera, ma proprio per questo lo vuole purificare da usanze improprie, anzi, vuole rivelarne il significato più profondo, legato al compimento del suo stesso Mistero, il Mistero della Sua morte e risurrezione, nella quale Egli stesso diventa il nuovo e definitivo Tempio, il luogo dove si incontrano Dio e l'uomo, il Creatore e la Sua creatura.

L'episodio dell'obolo della vedova si inscrive in tale contesto e ci conduce, attraverso lo sguardo stesso di Gesù, a fissare l'attenzione su un particolare fuggevole ma decisivo: il gesto di una vedova, molto povera, che getta nel tesoro del Tempio due monetine. Anche a noi, come quel giorno ai discepoli, Gesù dice: Fate attenzione! Guardate bene che cosa fa quella vedova, perché il suo atto contiene un grande insegnamento; esso, infatti, esprime la caratteristica fondamentale di coloro che sono le "pietre vive" di questo nuovo Tempio, cioè il dono completo di sé al Signore e al prossimo; la vedova del Vangelo, come anche quella dell'Antico Testamento, dà tutto, dà se stessa, e si mette nelle mani di Dio, per gli altri. È questo il significato perenne dell'offerta della vedova povera, che Gesù esalta perché ha dato più dei ricchi, i quali offrono parte del loro superfluo, mentre lei ha dato tutto ciò che aveva per vivere (cfr Mc 12,44), e così ha dato se stessa.

Cari amici! A partire da questa icona evangelica, desidero meditare brevemente sul mistero della Chiesa, del Tempio vivo di Dio, e così rendere omaggio alla memoria del grande Papa Paolo VI, che alla Chiesa ha consacrato tutta la sua vita. La Chiesa è un organismo spirituale concreto che prolunga nello spazio e nel tempo l'oblazione del Figlio di Dio, un sacrificio apparentemente insignificante rispetto alle dimensioni del mondo e della storia, ma decisivo agli occhi di Dio. Come dice la Lettera agli Ebrei - anche nel testo che abbiamo ascoltato - a Dio è bastato il sacrificio di Gesù, offerto "una volta sola", per salvare il mondo intero (cfr Eb 9,26.28), perché in quell'unica oblazione è condensato tutto l'Amore del Figlio di Dio fattosi uomo, come nel gesto della vedova è concentrato tutto l'amore di quella donna per Dio e per i fratelli: non manca niente e niente vi si potrebbe aggiungere. La Chiesa, che incessantemente nasce dall'Eucaristia, dall'autodonazione di Gesù, è la continuazione di questo dono, di questa sovrabbondanza che si esprime nella povertà, del tutto che si offre nel frammento. È il Corpo di Cristo che si dona interamente, Corpo spezzato e condiviso, in costante adesione alla volontà del suo Capo. Sono lieto che stiate approfondendo la natura eucaristica della Chiesa, guidati dalla Lettera pastorale del vostro Vescovo.

È questa la Chiesa che il servo di Dio Paolo VI ha amato di amore appassionato e ha cercato con tutte le sue forze di far comprendere e amare. Rileggiamo il suo Pensiero alla morte, là dove, nella parte conclusiva, parla della Chiesa. "Potrei dire - scrive - che sempre l'ho amata ... e che per essa, non per altro, mi pare d'aver vissuto. Ma vorrei che la Chiesa lo sapesse". Sono gli accenti di un cuore palpitante, che così prosegue: "Vorrei finalmente comprenderla tutta, nella sua storia, nel suo disegno divino, nel suo destino finale, nella sua complessa, totale e unitaria composizione, nella sua umana e imperfetta consistenza, nelle sue sciagure e nelle sue sofferenze, nelle debolezze e nelle miserie di tanti suoi figli, nei suoi aspetti meno simpatici, e nel suo sforzo perenne di fedeltà, di amore, di perfezione e di carità. Corpo mistico di Cristo. Vorrei - continua il Papa - abbracciarla, salutarla, amarla, in ogni essere che la compone, in ogni Vescovo e sacerdote che la assiste e la guida, in ogni anima che la vive e la illustra; benedirla". E le ultime parole sono per lei, come alla sposa di tutta la vita: "E alla Chiesa, a cui tutto devo e che fu mia, che dirò? Le benedizioni di Dio siano sopra di te; abbi coscienza della tua natura e della tua missione; abbi il senso dei bisogni veri e profondi dell'umanità; e cammina povera, cioè libera, forte ed amorosa verso Cristo".

Che cosa si può aggiungere a parole così alte ed intense? Soltanto vorrei sottolineare quest'ultima visione della Chiesa "povera e libera", che richiama la figura evangelica della vedova. Così dev'essere la Comunità ecclesiale, per riuscire a parlare all'umanità contemporanea. L'incontro e il dialogo della Chiesa con l'umanità di questo nostro tempo stavano particolarmente a cuore a Giovanni Battista Montini in tutte le stagioni della sua vita, dai primi anni di sacerdozio fino al Pontificato. Egli ha dedicato tutte le sue energie al servizio di una Chiesa il più possibile conforme al suo Signore Gesù Cristo, così che, incontrando lei, l'uomo contemporaneo possa incontrare Lui, Cristo, perché di Lui ha assoluto bisogno. Questo è l'anelito di fondo del Concilio Vaticano II, a cui corrisponde la riflessione del Papa Paolo VI sulla Chiesa. Egli volle esporne programmaticamente alcuni punti salienti nella sua prima Enciclica, Ecclesiam suam, del 6 agosto 1964, quando ancora non avevano visto la luce le Costituzioni conciliari Lumen gentium e Gaudium et spes.

Con quella prima Enciclica il Pontefice si proponeva di spiegare a tutti l'importanza della Chiesa per la salvezza dell'umanità e, al tempo stesso, l'esigenza che tra la Comunità ecclesiale e la società si stabilisca un rapporto di mutua conoscenza e di amore (cfr Enchiridion Vaticanum, 2, p. 199, n. 164). "Coscienza", "rinnovamento", "dialogo": queste le tre parole scelte da Paolo VI per esprimere i suoi "pensieri" dominanti - come lui li definisce - all'inizio del ministero petrino, e tutt'e tre riguardano la Chiesa. Anzitutto, l'esigenza che essa approfondisca la coscienza di se stessa: origine, natura, missione, destino finale; in secondo luogo, il suo bisogno di rinnovarsi e purificarsi guardando al modello che è Cristo; infine, il problema delle sue relazioni con il mondo moderno (cfr ibid., pp. 203-205, nn. 166-168). Cari amici - e mi rivolgo in modo speciale ai Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio -, come non vedere che la questione della Chiesa, della sua necessità nel disegno di salvezza e del suo rapporto con il mondo, rimane anche oggi assolutamente centrale? Che, anzi, gli sviluppi della secolarizzazione e della globalizzazione l'hanno resa ancora più radicale, nel confronto con l'oblio di Dio, da una parte, e con le religioni non cristiane, dall'altra? La riflessione di Papa Montini sulla Chiesa è più che mai attuale; e più ancora è prezioso l'esempio del suo amore per lei, inscindibile da quello per Cristo. "Il mistero della Chiesa - leggiamo sempre nell'Enciclica Ecclesiam suam - non è semplice oggetto di conoscenza teologica, dev'essere un fatto vissuto, in cui ancora prima di una sua chiara nozione l'anima fedele può avere quasi connaturata esperienza" (ibid., p 229, n. 178). Questo presuppone una robusta vita interiore, che è - così continua il Papa - "la grande sorgente della spiritualità della Chiesa, modo suo proprio di ricevere le irradiazioni dello Spirito di Cristo, espressione radicale e insostituibile della sua attività religiosa e sociale, inviolabile difesa e risorgente energia nel suo difficile contatto col mondo profano" (ibid., p. 231, n. 179). Proprio il cristiano aperto, la Chiesa aperta al mondo hanno bisogno di una robusta vita interiore.

Carissimi, che dono inestimabile per la Chiesa la lezione del Servo di Dio Paolo VI! E com'è entusiasmante ogni volta rimettersi alla sua scuola! È una lezione che riguarda tutti e impegna tutti, secondo i diversi doni e ministeri di cui è ricco il Popolo di Dio, per l'azione dello Spirito Santo. In questo Anno Sacerdotale mi piace sottolineare come essa interessi e coinvolga in modo particolare i sacerdoti, ai quali Papa Montini riservò sempre un affetto e una sollecitudine speciali. Nell'Enciclica sul celibato sacerdotale egli scrisse: "«Preso da Cristo Gesù» (Fil 3,12) fino all'abbandono di tutto se stesso a lui, il sacerdote si configura più perfettamente a Cristo anche nell'amore col quale l'eterno Sacerdote ha amato la Chiesa suo corpo, offrendo tutto se stesso per lei... La verginità consacrata dei sacri ministri manifesta infatti l'amore verginale di Cristo per la Chiesa e la verginale e soprannaturale fecondità di questo connubio" (Sacerdotalis caelibatus, 26). Dedico queste parole del grande Papa ai numerosi sacerdoti della Diocesi di Brescia, qui ben rappresentati, come pure ai giovani che si stanno formando nel Seminario. E vorrei ricordare anche quelle che Paolo VI rivolse agli alunni del Seminario Lombardo il 7 dicembre 1968, mentre le difficoltà del post-Concilio si sommavano con i fermenti del mondo giovanile: "Tanti - disse - si aspettano dal Papa gesti clamorosi, interventi energici e decisivi. Il Papa non ritiene di dover seguire altra linea che non sia quella della confidenza in Gesù Cristo, a cui preme la sua Chiesa più che non a chiunque altro. Sarà Lui a sedare la tempesta... Non si tratta di un'attesa sterile o inerte: bensì di attesa vigile nella preghiera. È questa la condizione che Gesù ha scelto per noi, affinché Egli possa operare in pienezza. Anche il Papa ha bisogno di essere aiutato con la preghiera" (Insegnamenti VI, [1968], 1189). Cari fratelli, gli esempi sacerdotali del Servo di Dio Giovanni Battista Montini vi guidino sempre, e interceda per voi sant'Arcangelo Tadini, che ho poc'anzi venerato nella breve sosta a Botticino.

Mentre saluto ed incoraggio i sacerdoti, non posso dimenticare, specialmente qui a Brescia, i fedeli laici, che in questa terra hanno dimostrato straordinaria vitalità di fede e di opere, nei vari campi dell'apostolato associato e dell'impegno sociale. Negli Insegnamenti di Paolo VI, cari amici bresciani, voi potete trovare indicazioni sempre preziose per affrontare le sfide del presente, quali, soprattutto, la crisi economica, l'immigrazione, l'educazione dei giovani. Al tempo stesso, Papa Montini non perdeva occasione per sottolineare il primato della dimensione contemplativa, cioè il primato di Dio nell'esperienza umana. E perciò non si stancava mai di promuovere la vita consacrata, nella varietà dei suoi aspetti. Egli amò intensamente la multiforme bellezza della Chiesa, riconoscendovi il riflesso dell'infinita bellezza di Dio, che traspare sul volto di Cristo.

Preghiamo perché il fulgore della bellezza divina risplenda in ogni nostra comunità e la Chiesa sia segno luminoso di speranza per l'umanità del terzo millennio. Ci ottenga questa grazia Maria, che Paolo VI volle proclamare, alla fine del Concilio Ecumenico Vaticano II, Madre della Chiesa. Amen!

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Il Papa ricorda la grande devozione mariana di Paolo VI
Intervento in occasione dell'Angelus domenicale



BRESCIA, domenica, 8 novembre 2009 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito le parole pronunciate questa domenica da Benedetto XVI introducendo la preghiera mariana dell'Angelus al termine dell'Eucaristia celebrata in Piazza Paolo VI a Brescia.

* * *

Al termine di questa solenne celebrazione, ringrazio cordialmente quanti ne hanno curato l'animazione liturgica e coloro che in diversi modi hanno collaborato alla preparazione e alla realizzazione della mia visita pastorale qui a Brescia. Grazie a tutti! Saluto anche quanti ci seguono mediante la radio e la televisione, come pure da Piazza San Pietro, in modo speciale i numerosi volontari dell'Unione Nazionale Pro Loco d'Italia. In quest'ora dell'Angelus desidero ricordare la profonda devozione che il Servo di Dio Giovanni Battista Montini nutriva per la Vergine Maria. Egli celebrò la sua Prima Messa nel Santuario di Santa Maria delle Grazie, cuore mariano della vostra città, non molto lontano da questa Piazza. In tal modo, pose il suo sacerdozio sotto la materna protezione della Madre di Gesù, e questo legame lo ha accompagnato per tutta la vita.

Via via che le sue responsabilità ecclesiali aumentavano, egli andava infatti maturando una visione sempre più ampia ed organica del rapporto tra la Beata Vergine Maria e il mistero della Chiesa. In tale prospettiva, rimane memorabile il Discorso di chiusura del 3° Periodo del Concilio Vaticano II, il 21 novembre 1964. In quella sessione venne promulgata la Costituzione sulla Chiesa Lumen gentium, che - sono parole di Paolo VI - "ha come vertice e coronamento un intero capitolo dedicato alla Madonna". Il Papa fece notare che si trattava della più ampia sintesi di dottrina mariana, mai elaborata da un Concilio Ecumenico, finalizzata a "manifestare il volto della santa Chiesa, alla quale Maria è intimamente congiunta" (Enchiridion Vaticanum, Bologna 1979, p. [185], nn. 300-302). In quel contesto proclamò Maria Santissima "Madre della Chiesa" (cfr ibid., n. 306), sottolineando, con viva sensibilità ecumenica, che "la devozione a Maria... è mezzo essenzialmente ordinato ad orientare le anime a Cristo e così congiungerle al Padre, nell'amore dello Spirito Santo" (ibid., n. 315).

Facendo eco alle parole di Paolo VI, anche noi oggi preghiamo: O Vergine Maria, Madre della Chiesa, a Te raccomandiamo questa Chiesa bresciana e l'intera popolazione di questa regione. Ricordati di tutti i tuoi figli; avvalora presso Dio le loro preghiere; conserva salda la loro fede; fortifica la loro speranza; aumenta la carità. O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria (cfr ibid., nn. 317.320.325).

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Paparatzifan
00lunedì 9 novembre 2009 10:03
Dal blog di Lella...

Il Papa nel cuore di Brescia

Dieci ore in terra bresciana per incontrare la Comunità ecclesiale, per venerare la figura di sant'Arcangelo Tadini, per far memoria di Giovanni Battista Montini ed inaugurare la sede dell'Istituto Paolo VI. Ottantamila i fedeli bresciani che - dall'atterraggio a Ghedi alle 9.35 fino al decollo dallo stesso aeroporto alle 19.20 - hanno seguito la giornata bresciana di papa Benedetto XVI.
Sulle strade di casa nostra la papamobile - tra due ali di folla che non si è fatta spaventare dalla pioggia inclemente - ha percorso complessivamente 45 chilometri. Da Ghedi il corteo papale ha infatti raggiunto la parrocchiale di Botticino Sera, dove riposano le spoglie mortali del parroco Arcangelo Tadini che lo stesso Benedetto XVI ha canonizzato nell'aprile scorso. Qui il pontefice - rompendo il cerimoniale previsto - ha voluto rivolgere alla comunità un saluto fermandosi poi a stringere le mani di bambini e fedeli.
Quindi la ripresa del viaggio fino alla città, dove - dopo un momento di preghiera del Papa davanti alla stele che ricorda le vittime della strage di piazza Loggia - attorno alle 11 ha preso il via la Messa concelebrata con il vescovo Luciano Monari e con 400 sacerdoti bresciani. La cerimonia è stata seguita da dodicimila persone accorse in piazza Paolo VI e da altre migliaia assiepate davanti ai maxischermi di piazza Loggia e largo Formentone. Nell'omelia ampi i riferimenti di papa Ratzinger al magistero montiniano.
E proprio la lezione di Giovanni Battista Montini è stata al centro dell'intero programma pomeridiano.
Dopo il pranzo al Centro pastorale di via Gezio Calini infatti Benedetto XVI ha raggiunto Concesio per visitare la casa natale del pontefice bresciano e per inaugurare la nuova sede dell'Istituto Paolo VI. Qui, presente il presidente dell'Istituto Giuseppe Camadini, ha consegnato il Premio Paolo VI alla rivista francese "Sources Chrétiennes".

© Copyright Giornale di Brescia, 9 novembre 2009


Paparatzifan
00lunedì 9 novembre 2009 10:14
Dal blog di Lella...

E il pontefice rompe il protocollo «Vivere per gli altri non per sè»

IL FUORI PROGRAMMA.

Uno dei momenti più toccanti quando il Papa ha rivolto il suo saluto ai cittadini

Benedetto XVI ha stravolto la scaletta, si è fermato con i bimbi ha dispensato carezze e abbracci e ha sorriso per le «calze papali»

Non avrebbe dovuto parlare. Non avrebbe dovuto nemmeno indugiare. Perché per Benedetto XVI, quella a Botticino Sera, era una tappa già fuori programma rispetto alla tabella di marcia ufficiale della sua visita bresciana. E, invece, cogliendo di sorpresa autorità e fedeli, ha osato entrambe le cose, conquistando l'ovazione dei presenti.
POCHI MINUTI, giusto il tempo per entrare nella basilica di Santa Maria Assunta, e pregare in forma privata davanti alle reliquie di Sant' Arcangelo Tadini, parroco di Botticino fino al 1912: questo prevedeva il percorso papale. Rispettato, e leggermente variato dal Pontefice in persona davanti alle 2.000 persone accorse in piazza sin dalle 7 del mattino. Il campanile rintocca le 10.07 (in leggero ritardo) quando il Papa arriva sul sagrato: l'urlo di benvenuto riempie l'aria, disobbedendo all'impegno di mantenere il silenzio in segno di rispetto. Perché l'entusiasmo è incontenibile. Soprattutto quello dei bambini.
E lui ricambia appena sceso dalla Papa-mobile con il vescovo di Brescia, monsignor Luciano Monari, si ferma pochi istanti per salutare i più piccoli che a malapena sbucano dalle transenne. Gli ombrelli si chiudono, nonostante la pioggia battente, e dopo aver benedetto la folla a braccia alzate, il Papa entra in chiesa. Con lui solo i cardinali, il vescovo, il parroco don Raffaele Licini e il sindaco di Botticino, Mario Benetti. Ingresso off limits anche per la stampa: un contrordine dal Vaticano autorizza solo cinque operatori. Prima dell'omaggio alle reliquie di San Tadini, la stretta di mano anche con suor Emma Arrighini e suor Adela, in rappresentanza delle suore operaie, fondate nel 1.900 dal parroco diventato santo.
Il fiato sospeso dei fedeli dura più o meno 6 minuti. Tutti lo sperano, ma nessuno si aspetta che il Papa prenda parola. Un microfono posizionato al volo sul sagrato conferma, invece, l'improbabile.
E Benedetto XVI rompe il cerimoniale: «Sono stato edificato da don Tadini, da questa figura spesa per una vita spirituale e sociale dedicata ai lavoratori, che ha dato in dono all'umanità, e ci invita tutti ad amare Dio e la Chiesa. Ognuno vive non per sé, ma per gli altri».
COSÌ IL PAPA rende omaggio al sacerdote che ha canonizzato il 26 aprile e a tutta la comunità in cui il suo messaggio continua a vivere. «Grazie per questa accoglienza così calorosa.Tante belle cose, a tutti, per sempre. Auguri e grazie».
Un congedo semplice e sentito, che commuove. Nonostante i solleciti degli addetti alla sicurezza, Benedetto XVI temporeggia, si rivolge ai bambini, li saluta, stringe loro le mani e accarezza i volti. Solo in un secondo momento, si saprà che il Pontefice ha saputo stupire anche dentro la basilica: davanti all'urna, ha consegnato di persona al parroco di Botticino un calice, in segno della sua visita.
Ma anche Benedetto XVI si sorprende, davanti alle calze con tanto di stemma papale realizzate dagli artigiani locali, riposte nel cesto di doni da parte del paese: pare non abbia trattenuto il sorriso, e che abbia particolarmente apprezzato i disegni rilegati in un libro che i bambini hanno creato per lui. Alle 10.20 la Papa-mobile imbocca la strada per Brescia. MA.RO.

© Copyright Il Brescia Oggi, 9 novembre 2009


Paparatzifan
00lunedì 9 novembre 2009 10:33
Dal blog di Lella...

Il Papa entusiasma Brescia. Tifo da stadio nelle piazze

LA GIORNATA.
Il tempo inclemente non ha rovinato la festa dei fedeli in piazza Paolo VI, a Botticino, a Concesio

I gesti che hanno fatto breccia: le carezze ai bambini, la sosta alla stele
Ma l'omelia e l'intervento all'Istituto a Concesio sono lezioni impegnative

Massimo Tedeschi

Più forti della pioggia. Più tenaci del freddo e del vento. Più ostinati della voglia di tornarsene al caldo.
Così i dodicimila fedeli che hanno gremito per cinque ore piazza Paolo VI flagellata senza misericordia dal maltempo per partecipare alla messa papale.
Così le migliaia di bresciani - il numero esatto non lo sapremo mai - che si sono fermati davanti ai maxischermi in Largo Formentone, in piazza Loggia, in corso Zanardelli per assistere alla cerimonia. Così i duemila volontari che hanno formato quasi un cordone umano lungo i 38 chilometri coperti da Benedetto XVI da Ghedi a Concesio, passando per Botticino Sera e Concesio.
La prima visita di papa Benedetto XVI a Brescia si trasforma in un bagno di folla e per la folla. Le dodici ore trascorse in terra bresciana da papa Ratzinger restituiscono un'immagine duplice e speculare del successore di Pietro: il pastore e il teologo, il padre e il maestro, il timido e l'autorevole, il filosofo e il mistico convivono in lui in un'equilibrio incantevole. Che è stata poi la cifra della giornata bresciana.
Il pastore, il leader paterno, il padre amorevole dai gesti delicati s'è offerto allo sguardo di tutti i bresciani. Il teologo e il maestro è salito in cattedra durante l'omelia in piazza, nell'impegnativo discorso all'Istituto Paolo VI di Concesio, nel caloroso saluto ai fedeli di Concesio.
E se il primo ha mandato in visibilio le platee intirizzite, il secondo ha costretto e costringerà a riflessioni. E dibattiti, forse.
La giornata bresciana di Ratzinger inizia puntualissima alle 9.23, quando l'airbus dell'aeronautica militare tocca la pista dall'erobase di Ghedi, Dieci minuti e le inconfondibili scarpe rosse del Papa spuntano sulla scaletta: nelle piazze è già tripudio.
Le strade per la papamobile che esibisce la targa numero 1 della Città del Vaticano a quell'ora sono sgombre da tempo: il servizio d'ordine ha bloccato le strade interessate al transito papale con anticipo persin eccessivo, paralizzando un pezzo di provincia e non contribuendo certo alla popolarità della visita.
Castenedolo, Virle, Rezzato, Botticino: la strada che si offre al Papa è costellata di persone, sventolano ovunque bandiere bianche e gialle. A Botticino Ratzinger sovverte le previsioni, parla, abbraccia i bambini: l'entusiasmo è alle stelle. Poi la sfilata verso la città: a Sant'Eufemia ci sono due ali di folla. A San Faustino la scena si ripete. In piazza Loggia altro protocollo sovvertito: l'auto del Papa si ferma, il pontefice si alza in piedi e prega davanti alla stele. La Brescia civile esulta. La tragedia non è dimenticata. L'ingresso in piazza Paolo VI è trionfale: i primi ad accoglierlo sono i giovani. La piazza sembra uno stadio. Dopo i saluti di sindaco e vescovo - sobri, sodi, sostanziosi - papa Ratzinger in duomo si raccoglie in preghiera, si offre a un'istantanea con i giovani del seminario. Il saluto, toccante, agli ammalati è riservato al dopo-cerimonia.
Il rito in piazza è intenso, quasi mistico. Il ritardo è di quasi un'ora, l'angelus viene recitato intorno all'una. ne fanno le spese i tempi per il pranzo (con vescovi e cardinali, a cui si unisce anche Martini) e il riposo presso il Centro Paolo VI. È così un Ratzinger affaticato quello che visita la casa natale di Paolo VI, inaugura la nuova sede dell'Istituto, consegna il premio internazionale Paolo VI, riceve l'abbraccio di Concesio. Alle 19.30 il decollo da Ghedi. Il Papa è stanco. Ma i bresciani, o almeno un bel po' di loro, sono felici.

© Copyright Il Brescia Oggi, 9 novembre 2009


Paparatzifan
00lunedì 9 novembre 2009 11:30
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PAPA: EREDITA' MONTINI E' CHIESA LIBERA CHE NON ARRETRA SU VALORI

(AGI) - Brescia, 8 nov.

(di Salvatore Izzo)

"Non sempre capito, anzi piu' di qualche volta avversato e isolato da movimenti culturali allora dominanti", Paolo VI "era solido anche se fragile fisicamente" e "ha condotto senza tentennamenti la Chiesa" negli anni tumultuosi della contestazione giovanile e del post-concilio.
Joseph Ratzinger ricorda cosi' Papa Montini, che nel 1977 lo fece arcivescovo di Monaco e cardinale.
Ma in qualche modo Benedetto XVI fa anche un suo autoritratto, tanto le parole dette oggi nella visita pastorale a Brescia descrivono il suo stesso modo di guidare i cattolici di oggi "sulla strada del Vangelo".
"Non e' facile essere cristiani: ci vuole coraggio e tenacia per non conformarsi alla mentalita' del mondo, per non lasciarsi sedurre dai richiami talvolta potenti dell'edonismo e del consumismo, per affrontare, se necessario, anche incomprensioni e talora persino vere persecuzioni", dice con voce roca a conclusione di questa impegnativa giornata, ricordando il battesimo ricevuto il 30 settembre 1897 da Giovanni Battista Montini nella chiesa parrocchiale di Concesio.
"Nel mondo in cui viviamo - continua Ratzinger citando un'espressione usata dal futuro Paolo VI quando era arcivescovo di Milano - spesso c'e' una nube che ci toglie la contentezza di vedere con serenita' il Cielo Divino, c'e' la tentazione di credere che la fede sia un vincolo, una catena da cui bisogna sciogliersi, che sia una cosa antica se non sorpassata, che non serve, per cui l'uomo pensa che basti la vita economica e sociale per dare una risposta a tutte le aspirazioni del cuore umano".
Cosi', spiega nel discorso piu' impegnativo, quello all'inaugurazione della nuova sede dell'Istituto Paolo VI, nell'Italia di oggi "si vanno diffondendo un'atmosfera, una mentalita' e una forma di cultura che portano a dubitare del valore della persona, del significato della verita' e del bene, in ultima analisi della bonta' della vita".
"Eppure - rileva Papa Ratzinger - si avverte con forza una diffusa sete di certezze e di valori". E' un'analisi complessa della nostra societa' e delle difficolta' che incontra in essa un serio progetto educativo.
"Occorre trasmettere alle future generazioni - spiega - qualcosa di valido, delle regole solide di comportamento, indicare alti obiettivi verso i quali orientare con decisione la propria esistenza. Aumenta la domanda di un'educazione capace di farsi carico delle attese della gioventu'; un'educazione che sia innanzitutto testimonianza e, per l'educatore cristiano, testimonianza di fede".
In proposito, Papa Benedetto cita una "incisiva frase programmatica di Giovanni Battista Montini scritta nel 1931: 'Voglio che la mia vita sia una testimonianza alla verita'". E - smentendo un luogo comune sul pontificato montiniano - rileva che per il suo predecessore bresciano "il cattolico non e' il tormentato da centomila problemi sia pure d'ordine spirituale. No, il cattolico e' colui che ha la fecondita' della sicurezza. Ed e' cosi' che, fedele alla sua fede, puo' guardare al mondo non come ad un abisso di perdizione, ma come a un campo di messe".
"Coloro che non condividono le posizioni della Chiesa chiedono a noi estrema chiarezza di posizioni, per poter stabilire un dialogo costruttivo e leale'. E pertanto il pluralismo culturale e il rispetto non debbono far 'mai perdere di vista al cristiano il suo dovere di servire la verita' nella carita', di seguire quella verita' di Cristo che, sola, da' la vera liberta'', sono altre parole di Papa Montini citate oggi dal successore che esprime ammirazione intellettuale per "i numerosi suoi interventi dedicati alle nuove generazioni, in momenti burrascosi e travagliati, come il Sessantotto", nei quali questo grande Pontefice italiano "con coraggio, indico' la strada dell'incontro con Cristo come esperienza educativa liberante e unica vera risposta ai desideri e alle aspirazioni dei giovani, divenuti vittime dell'ideologia".
"Mentre le difficolta' del post-Concilio si sommavano con i fermenti del mondo giovanile", il 7 dicembre 1968 Paolo VI, "autore di un'Enciclica sul celibato sacerdotale", ricordato Papa Ratzinger, spiego' agli alunni del Seminario Lombardo che anche se "tanti si aspettano dal Papa gesti clamorosi, interventi energici e decisivi, il Papa non ritiene di dover seguire altra linea che non sia quella della confidenza in Gesu' Cristo, a cui preme la sua Chiesa piu' che non a chiunque altro. Sara' Lui, disse, a sedare la tempesta" spiegando che "non si tratta di un'attesa sterile o inerte: bensi' di attesa vigile nella preghiera".
"E' questa - afferma Benedetto XVI che a conclusione della sua omelia in piazza Duomo a Brescia sembra proprio voler parlare anche di se stesso - la condizione che Gesu' ha scelto per noi, affinche' Egli possa operare in pienezza. Anche il Papa ha bisogno di essere aiutato con la preghiera". Quella alla quale ci esorta Paolo VI, ricorda, e' una visione della Chiesa "povera e libera: cosi' deve essere la Comunita' ecclesiale, per riuscire a parlare all'umanita' contemporanea".
In proposito, il Papa di oggi propone ai 12 mila fedeli che nonostante la pioggia battente gremivano la bella piazza sulla quale si affacciano suggestivamente la nuova e l'antica Cattedrale della Leonessa d'Italia, anche l'ideale di un altro grande cattolico bresciano che ha preceduito di un secolo Montini: sant'Arcangelo Tadini, fondatore della prima mutua operaia, il cui esempio dice ci spinge a "lavorare per un mondo fraterno dove non si vive solo per se stessi ma per gli altri". Proprio a Botticino Sera, dove Tadini fu parroco, il Papa tedesco dedica la prima sosta nella sua giornata bresciana. La seconda, prima dell'incontro vero e proprio con il cattolicesimo bresciano, e' in piazza della Loggia, per una preghiera davanti alla stele che ricorda le vittime del terrorismo che 35 anni dopo l'attentato neofascista non hanno ancora avuto giustizia.

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00lunedì 9 novembre 2009 11:32
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La città di Paolo VI conquistata dal papa tedesco

di Andrea Tornielli

nostro inviato a Brescia

Una giornata tutta bresciana, sulle orme di Paolo VI, per incontrare la diocesi e la città. Una messa celebrata sotto la pioggia battente, che non ha impedito a dodicimila fedeli di gremire la piazza Paolo VI per assistere al rito, concelebrato da Ratzinger con i vescovi della Lombardia e con i cardinali Dionigi Tettamanzi, Giovanni Battista Re e Paul Poupard. Il Papa ha pranzato con loro e a loro si è aggiunto il cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo emerito di Milano, malato di Parkinson.
Benedetto XVI è arrivato in mattinata all’aeroporto militare di Ghedi. Sull’aereo ad accompagnarlo c’era il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Nel tragitto in auto verso Brescia, il Papa si è fermato nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta a Botticino Sera, per venerare il corpo di sant’Arcangelo Tadini (1846-1912), che fu parroco di Botticino Sera dal 1887 fino alla morte ed è stato il fondatore della Congregazione delle Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth. Tadini è stato canonizzato da Ratzinger lo scorso 26 aprile. Non erano previsti discorsi, ma all’uscita dalla chiesa il Pontefice ha salutato la folla ricordando Sant'Arcangelo Tadini per «il dono che ha dato all’umanità. Ha insegnato ad amare Dio, amare Cristo e la Madonna per fare nascere un mondo fraterno in cui ognuno vive non per sé ma per gli altri».
Arrivando in città, Benedetto XVI ha voluto attraversare in papamobile Piazza della Loggia, fermandosi davanti alla lapide che ricorda l’attentato del 28 maggio 1974, nel quale persero la vita otto persone e molte altre rimasero ferite. Una sosta breve ma significativa per la memoria delle vittime e per i loro familiari. Dopo essere stato salutato sul sagrato del duomo dal vescovo Luciano Monari e dal sindaco Adriano Paroli, il Papa è stato accolto in chiesa dai canonici e ha sostato davanti al monumento dedicato a Paolo VI, opera dello scultore Lello Scorzelli. Ha quindi venerato le reliquie di Sant’Andrea e di San Benedetto, ha pregato davanti al tabernacolo e infine ha salutato i seminaristi delle diocesi e gli ammalati presenti all’interno.
Poi ha celebrato la messa in piazza. Nel gruppo di persone salite sull'altare per l'offertorio, c’erano anche tre operai di tre aziende bresciane pesantemente colpite dalla crisi economica (Tessival, Ideal Standard, Brandt Italia). I tre operai hanno presentato al Pontefice i doni per il sacrificio eucaristico e si sono fermati alcuni secondi a conversare con lui. Nel pomeriggio, dopo il pranzo con i vescovi e un breve riposo, il Papa è andato a Concesio, paese natale di Paolo VI, dove ha inaugurato la nuova sede dell’Istituto dedicato a Montini, sorto accanto alla casa di famiglia. Qui Benedetto XVI ha pronunciato un discorso tutto incentrato sulla figura di Montini educatore, attualizzandone l’esempio in un momento in cui l’Italia vive un’«emergenza educativa». Infine, prima di lasciare la città, il Papa ha voluto pregare nella chiesa parrocchiale di Concesio davanti al fonte battesimale dove Paolo VI venne battezzato.

© Copyright Giornale, 9 novembre 2009


Paparatzifan
00lunedì 9 novembre 2009 11:37
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Il Papa sulla scia di Paolo VI: «Chiesa libera e povera»

di Andrea Tornielli

nostro inviato a Brescia

Sarà lui, Gesù, «a sedare la tempesta». Benedetto XVI, nel corso del suo pellegrinaggio a Brescia sulle orme di Paolo VI – il Papa che nel 1977 lo scelse, giovane e brillante teologo, per la guida della diocesi di Monaco e lo creò cardinale – sta celebrando la messa di fronte a dodicimila fedeli.
Piove a dirotto.
E nell’omelia ricorda una frase di Montini ancora oggi attualissima. Era il 7 dicembre 1968, alle difficoltà del burrascoso periodo post-conciliare si sommavano ai fermenti della contestazione giovanile. Il Concilio si era chiuso ormai da tre anni, ma invece di «una giornata di sole» era venuta, come lo stesso Papa Montini avrebbe in seguito drammaticamente constatato, «una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di incertezza». Tutto sembrava messo in dubbio.
Ricevendo gli alunni del Seminario lombardo, alla fine di quel Sessantotto, Paolo VI disse: «Tanti si aspettano dal Papa gesti clamorosi, interventi energici e decisivi. Il Papa non ritiene di dover seguire altra linea che non sia quella della confidenza in Gesù Cristo, a cui preme la sua Chiesa più che non a chiunque altro. Sarà lui a sedare la tempesta... Non si tratta di un’attesa sterile o inerte: bensì di attesa vigile nella preghiera. È questa la condizione che Gesù ha scelto per noi, affinché egli possa operare in pienezza. Anche il Papa ha bisogno di essere aiutato con la preghiera».
Allora, nel pieno della burrasca, tanti criticavano aspramente il Papa. Tanti lo accusavano: chi di essere troppo conservatore e autoritario, chi di essere troppo progressista e debole nel governo ecclesiale.
Da quelle parole dette agli alunni del Lombardo, emerge uno sguardo così diverso da certe concezioni che anche oggi interpretano la Chiesa alla stregua di una multinazionale e dipingono il Papa come un manager o un monarca assoluto, dimenticando che egli è innanzitutto il «vicario» di qualcun altro. Una delle affinità tra Paolo VI e Benedetto XVI è rappresentata dallo sguardo di profonda fede che traspare in quelle parole.
In questa confidenza, e non nella bravura del Pontefice super-governatore della compagine ecclesiale o nella capacità organizzativa e nell’efficienza della Curia da lui guidata, sta ieri come oggi il segreto del servizio di Pietro.
La giornata bresciana era cominciata con una sosta nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta a Botticino Sera, dove il Papa, giunto in aereo da Roma insieme al sottosegretario Gianni Letta, ha venerato il corpo di sant’Arcangelo Tadini (1846-1912), fondatore della Congregazione delle Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth. Poi Benedetto XVI è arrivato a Brescia. Ha voluto passare per Piazza della Loggia e ha fatto fermare la papamobile per sostare qualche istante in preghiera davanti alla lapide che ricorda l’attentato del 28 maggio 1974, nel quale persero la vita otto persone e molte altre rimasero ferite.
Sulla piazza Paolo VI, di fronte a una folla di fedeli che lo hanno atteso sotto la pioggia battente, Ratzinger ha celebrato la messa ricordando la figura del predecessore e il suo grande amore alla Chiesa. Una Chiesa che, ha ricordato riecheggiando le parole di Montini, deve essere «povera e libera».
Nel pomeriggio, dopo il pranzo con i vescovi, al quale ha partecipato anche il cardinale Martini, il Papa si è spostato a Concesio, il paese dove Montini nacque nel settembre 1897. Qui ha visitato la casa natale del Pontefice bresciano e ha visitato la nuova sede dell’Istituto Paolo VI, dove sono raccolti manoscritti e libri di Montini.
Ratzinger, dopo aver consegnato il premio internazionale Paolo VI alla collana francese «Sources Chrétiennes», ha tratteggiato la figura di Montini educatore, formatore di coscienze: per lui, ha ricordato il Papa, il giovane andava educato «a giudicare l’ambiente in cui vive e opera, a considerarsi come persona e non numero nella massa: in una parola, va aiutato ad avere un “pensiero forte” capace di un “agire forte”».

© Copyright Il Giornale, 9 novembre 2009


Paparatzifan
00lunedì 9 novembre 2009 11:40
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L'auspicio del Papa durante la visita pastorale a Brescia in omaggio a Paolo VI: necessario rispondere alle sfide del terzo millennio

«Il mondo ha bisogno di una Chiesa povera»

Breve sosta con Gianni Letta in Piazza della Loggia dove otto persone morirono nell'attentato del 1974

BRESCIA
Ha fatto fermare la papa-mobile davanti alla stele che ricorda le otto vittime della strage del 28 maggio 1974 di piazza della Loggia, dove venne fatta esplodere una bomba durante una manifestazione antifascista organizzata dai sindacati che uccise 8 persone ferendone altre 100. Benedetto XVI si è alzato per la benedizione. Un gesto che ha colpito molto la città ancora ferita per la mancanza della verità su quel fatto, nonostante tre processi e un quarto in via di celebrazione.
Un gesto significativo nella giornata del papa che, nel ricordo di Paolo VI, ha sempre sottolineato il carattere sociale del cristianesimo bresciano. Il suo primo appuntamento, infatti, è stato a Botticino nella chiesa dove sono conservate le spoglie di san Arcangelo Tadini, il prete canonizzato qualche mese fa, che alla fine dell'800 fondò la Congregazione della Suore Operaie, tutt'ora attive nel mondo del lavoro, tra gli emigranti e nelle missioni.
Nell'omelia Benedetto XVI ha ricordato le ultime parole di Paolo VI sulla chiesa povera: «Così – ha detto – deve essere la Comunità ecclesiale per riuscire a parlare all'umanità contemporanea». Il papa ha ricordato così la vedova povera del Vangelo che «ha dato più dei ricchi, i quali offrono parte del loro superfluo mentre lei ha dato tutto ciò che aveva per vivere».
E all'offertorio sono saliti sull'altare tre operai di altrettante fabbriche in crisi che rischiano di chiudere. Un'altra testimonianza della vicinanza della chiesa bresciana alle tematiche sociali e non a caso nelle scorse settimane Luciano Monari, vescovo di Brescia, si è recato nelle fabbriche presidiate dai lavoratori.
Benedetto XVI non ha neppure dimenticato l'ambiente in cui Paolo VI è cresciuto e in particolare l'educazione ricevuta dal padre, Giorgio Montini, uno dei fondatori del Partito popolare con don Sturzo, e l'impegno nella Fuci: «Non separava mai quella che in seguito definirà carità intellettuale dalla presenza sociale, dal farsi carico dei bisogni degli ultimi».
A fianco di Benedetto XVI, per rendere omaggio ad un altro papa, Paolo VI. Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ha accompagnato ieri Ratzinger durante tutta la sua visita a Brescia sulle orme di Montini. Ha viaggiato con lui in aereo e – riferiscono alcuni testimoni – ha conversato informalmente con lui di tanti temi di attualità.
Non è la prima volta che l'ambasciatore del Cavaliere in Vaticano partecipa direttamente ad una missione del pontefice in Italia o che trascorre con Benedetto XVI tempi impensabili per altre personalità dello Stato o della politica. Basti ricordare che fu lui ad accompagnare in macchina Ratzinger nella visita alle popolazioni terremotate dell'Abruzzo o che solo qualche settimana fa è stato ricevuto in un'udienza privata di circa un'ora nell'appartamento papale.
Letta è anche gentiluomo di Sua Santità, ovvero membro della ristretta famiglia pontificia. Ieri, per il viaggio a Brescia, non è stata questione solo di rappresentanza o cortesia istituzionali o occasione per chiarire questioni aperte, come magari è capitato altre volte. Vi era un motivo più personale: Letta, come ha sottolineato lui stesso ai giornalisti, conosceva ed era amico di Paolo VI. Così, con emozione, si è ritrovato nella casa natale di Montini a Concesio, dove ha visto cose a lui «familiari».
«Ricordo – ha raccontato – che una volta, sfogliando con lui un album di fotografie, avevo visto questa casa e questo studio: ed entrare per la prima volta oggi è stata una fortissima emozione»

© Copyright Gazzetta del sud, 9 novembre 2009


Paparatzifan
00lunedì 9 novembre 2009 11:59
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Papa/ Colloquio tra Ratzinger e card. Martini a pranzo a Brescia

Con Tettamanzi, Poupard e Re. Letta e Gelmini a centro Paolo VI

Il Papa ha pranzato, tra gli altri, in compagnia del cardinale Carlo Maria Martini, nel corso della sua visita a Brescia. L'arcivescovo emerito di Milano, noto biblista, era seduto accanto a Benedetto XVI e - a quanto riferito - ha discorso a lungo con il Papa.
Oltre al porporato gesuita, hanno pranzato con il Papa, presso il centro Paolo VI, anche il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo attuale di Milano, il cardinale bresciano Giovan Battista Re, presidente della Congregazione dei vescovi, e il cardinale Paul Poupard, presidente emerito del pontificio consiglio per la Cultura. Trasferitosi poi nella vicina Concesio, Benedetto XVI ha visitato la casa natale di Papa Montini. Il Papa ha poi inaugurato il nuovo centro Paolo VI. Ad ascoltare il discorso di Ratzinger, incentrato sui temi dell'educazione e dei giovani, erano presenti, tra gli altri, il ministro della Pubblica istruzione Maria Stella Gelmini, bresciana, e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta.

© Copyright Apcom


Paparatzifan
00lunedì 9 novembre 2009 12:07
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PAPA: A PRANZO CON CARD. TETTAMANZI E I VESCOVI LOMBARDI

(AGI) - Brescia, 8 nov.

E' iniziato alle 13 il pranzo di Benedetto XVI, a Brescia, nel centro pastorale 'Paolo VI'. Tra i commensali, il cardinale Dionigi Tettamanzi, il cardinale Giovanni Battista Re, il cardinale Paul Poupard, e tra gli altri monsignor Claudio Baggini (Vigevano), monsignor Dante Lafranconi (Cremona), monsignor Diego Coletti (Como), monsignor Francesco Beschi (Bergamo), monsignor Giovanni Giudici (Pavia). Il pranzo e' nato dalla collaborazione tra le eccellenze della ristorazione bresciana e le associazioni del territorio. Il menu e' stato preparato dagli chef Mauro Piscini e Philippe Leveille, del 'Miramonti l'altro', e Aldo Mazzolari con Enzo Colombo de 'La sosta' di Brescia. Il menu prevede carpaccio di fassona in vinaigrette al tartufo nero, della Valtenesi con erba cipollina; risotto ai fior di zucchine con pistilli di zafferano e formaggella di Cremosine; stinco sobbollito alle verdure croccanti e rafano grattugiato e, per finire il dessert, 'profumi d'autunno'. Il Papa riprendera' poi la visita bresciana con destinazione Concesio, alla casa natale di Papa Montini e inaugurera' l'Istituto 'Paolo VI'.
L'ultima tappa prima di ripartire per l'aeroporto di Ghedi e quindi per Roma sara' la Parrocchiale.

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00lunedì 9 novembre 2009 12:48
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DUE PAPI E IL FILO CHE LI LEGA

PAOLO E BENEDETTO OGNI GIORNO DENTRO LA STORIA CON SPERANZA

ERSILIO TONINI

La visita di Benedetto XVI nella terra di Paolo VI è un dono per tutta la Chiesa. In questo gesto di venerazione e memoria infatti è riconoscibile quell’amore per la paternità e la maternità che strutturalmente anima la comunità cristiana.
Il Papa va nella Chiesa di Brescia, fra la sua gente, nella casa natale del suo predecessore, dicendo in questo gesto che se questa comunità è capace di testimoniare Cristo e di offrire speranza con singolare forza, lo deve anche al coraggio che ebbe un uomo della sua terra nell’accettare la gravosa responsabilità di condurre la Chiesa universale. Una paternità, quella di Paolo VI, che in termini umani gli costò immensamente, ma che ha lasciato un’eredità generosa.
Il Papa che condusse il Concilio e il giovane teologo tedesco che ne fu consulente ai lavori e poi vegliò sui suoi sviluppi. C’è un filo forte che lega Montini e Ratzinger: l’ansia di confrontare il cristianesimo e la sua tradizione con le sfide poste dalla modernità. Montini – posso testimoniarlo avendolo conosciuto bene – era il Papa della storia, il Papa che si poneva di fronte alla storia fino nella sua quotidiana declinazione che si esprime ogni giorno nei titoli dei giornali. Montini era il Papa che ogni mattina, appena dopo avere detto Messa, leggeva i giornali, e che volle “un” giornale cattolico, Avvenire, che fosse strumento quotidiano di giudizio e voce unitaria della Chiesa italiana. Un progetto che stava dentro l’ansia di portare ai fedeli non parole generiche, ma il confronto puntuale con la concretezza degli eventi; dentro la tensione di un cristianesimo ogni giorno incarnato nella realtà storica.
È la stessa passione che si avverte in Benedetto XVI, proprio da Paolo VI nominato arcivescovo di Monaco e poi cardinale. La passione per un cristianesimo che si confronta con la ragione dell’uomo, che si invera ogni giorno in uno sguardo aperto sulla realtà; sguardo sempre memore però delle ragioni della sua speranza. Speranza, ecco un altro filo tenace che lega i due Pontefici. Già ai tempi di Montini la Chiesa avvertiva la urgenza e la gravità delle sfide della modernità. Ma non ho mai sentito in Paolo VI parole di lamentazione di fronte ai tempi nuovi. Uomo di profondissima fede, coglieva con limpida certezza la potenzialità della grazia di Cristo, che occorre solo sapere vedere e cogliere. Della azione redentrice di una salvezza che già opera nella speranza cristiana.
C’è un’eco profonda di questa luminosa certezza di Paolo VI nella “Spe salvi” di Benedetto XVI. La stessa premura del Papa per il ministero del sacerdozio, sottolineata in questo Anno sacerdotale, mi riporta allo sguardo di Montini sui preti della Chiesa universale. Uguale la convinzione che il sacerdote è, prima di tutto, con la sua stessa veste un portatore di speranza. Solo per il fatto d’essere stato chiamato, è un testimone, è il portatore di una promessa che non può dimenticare. Ma non si tratta tanto di un “fare”, quanto di riconoscere un dono già ricevuto.
Nell’andare dunque di Benedetto XVI a Brescia, oggi, nella casa di Paolo VI, e là dove è stato battezzato, si legge la traccia di una storia fedele e tenace. La memoria del padre onorata, che reca frutti e svela, a chiunque la sappia guardare, la ricchezza di un’eredità cristiana che si tramanda, matura nel suo popolo, e continua a testimoniare Cristo risorto. E a offrire speranza: dentro la storia, tenacemente, ogni giorno.

© Copyright Avvenire, 8 novembre 2009


Paparatzifan
00martedì 10 novembre 2009 22:13
Dal blog di Lella...

Dai bimbi malati stupore e gioia

In Duomo Nuovo l’abbraccio del Pontefice I piccoli: «È bello, perché è il nonno di tutti noi»

Anna Della Moretta

Alla fine è prevalsa l’esplosione di gioia. Sì, perché l’attesa è stata molto lunga per i malati che già dalle otto del mattino si trovavano all’interno della Cattedrale e, per loro, lo sguardo e le molte preghiere - pur essendo graditissimi - ancora non erano tutto. Non erano quel contatto fisico, quel bacio e quell’abbraccio che hanno commosso fino alle lacrime i bambini e i loro genitori. Poter salutare anche fisicamente Sua Santità Papa Benedetto XVI è stata la meritata conclusione della lunga mattinata di attesa. L’aspettativa era grande. E il Papa, alla fine, accompagnato da mons. Luciano Monari, vescovo della nostra Diocesi, non l'ha delusa. Non ha deluso le centinaia di persone che hanno affollato il Duomo e, tra queste, molti bimbi malati.

Tra stupore e gioia

Sui loro visi - bellissimi - dapprima si leggeva lo stupore di essere stati scelti. Ed era lo stupore che faceva trapelare la gioia del privilegio di poter incontrare il Papa, di poterlo vedere da vicino proprio lì, in Duomo, vicino a casa. Uno stupore che è rimasto, nella lunga attesa - il Papa è entrato in Cattedrale pochi minuti prima delle 11 - e che si è mantenuto inalterato, malgrado il timore che il protocollo non consentisse più quel lungo abbraccio finale. Un abbraccio che, invece, è arrivato: bello, liberatorio, commovente; 70 i malati sulle carrozzelle presenti in Cattedrale; altrettanti gli accompagnatori delle varie realtà che sono loro vicine, ma anche genitori e parenti dei molti bambini malati seduti nei primi banchi.
In prima fila c’era Stefano, 5 anni e un sorriso che spezza il cuore tanto è dolce e solare. Il piccolo è affetto dalla sindrome di Angelman, una malattia rara che non concede il dono della parola. Poi Debora, poco più che ventenne, costretta su una sedia a rotelle dopo un grave incidente stradale accaduto quando era ancora bambina. Anche lei parla con gli occhi e, quando è a casa, con l'aiuto di moderne tecnologie. Abbiamo incontrato anche Cristina, una donna dal volto di ragazzina, con una malattia rara: «Credo che il Papa mi dirà di star bene», ha detto, durante l'attesa. In prima fila, accanto a Stefano, è rimasto Daniele, di appena nove anni, affetto dalla malattia di Duchènne, distrofia muscolare generalizzata dell’infanzia. Lui - come ha testimoniato il padre Carlo - ogni domenica rimane davanti al televisore ad ascoltare l’Angelus trasmesso da piazza San Pietro. Da circa un mese, da quando è stato invitato in Duomo, sta vivendo l’attesa con una forte emozione. «Quando andiamo dal Papa?» è la domanda che ha più frequentemente posto in questi giorni ai genitori.

Storie di sofferenza

Verso le nove arrivano in gruppo i piccoli malati di leucemia. Tra loro, c’è Giorgia. Lei ha appena quattro anni, ed è malata da due. Dopo un periodo difficile, ora sta abbastanza bene al punto che, contrariamente a quanto è accaduto ad altri piccoli che hanno dovuto rinunciare all’ultimo momento per le loro condizioni di salute, è venuta in Duomo per vedere il Papa. Lei, piccola e innocente, nell’attesa a tratti ripeteva: «Dov’è il Papa?», certa che la visione di Benedetto XVI sul grande monitor, installato all’altare dal quale si poteva seguire la diretta di Teletutto, non fosse esattamente quello che le era stato promesso. E, nello sfogliare il libricino della celebrazione eucaristica, la piccola è rimasta molto colpita da una foto del Santo Padre: «Il Papa è bello, perché è il nonno di tutti», ha esclamato, con un candore speciale. Lo stesso con il quale ci ha mostrato, orgogliosa, la medaglietta della Madonna che mons. Monari le aveva donato poco prima, incontrandola tra le navate del Duomo. Qualche banco più distante, silenziosa sulla carrozzella, c’era Marina. Lei ha diciassette anni e frequenta il terzo anno delle scuole superiori e «potrebbe avere» la sindrome di George. «Dobbiamo dire potrebbe, perché la diagnosi non è ancora certa - ha spiegato la sorella che l'accompagnava -.Quel che è certo è che Marina è offesa nella parte destra del corpo, dalla quale non sente e non vede».
Potremmo continuare a lungo nel racconto di storie di sofferenza caratterizzate da una grandissima dignità. «Evviva il Papa», è stata l’esclamazione unanime quando Benedetto XVI è entrato in Cattedrale per indossare i paramenti liturgici e si è fermato a pregare davanti al monumento dedicato a Paolo VI. Poi il Santo Padre si è seduto, silenzioso. Accanto a lui il Vescovo Monari e mons. Carlo Bresciani, rettore del Seminario. A fargli da cornice, i seminaristi nella loro veste bianca. E in silenzio, tra i sussurri e lo stupore, si è diretto verso la sacrestia. Con la mano ha salutato, ancor prima di uscire per la celebrazione eucaristica in piazza. Ma è stato quell’abbraccio finale che ha sciolto il cuore di tutti. Ed ha fatto evaporare, d’un soffio, la lunga fatica dell’attesa.

© Copyright Il Giornale di Brescia, 9 novembre 2009


Paparatzifan
00martedì 10 novembre 2009 22:18
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È dei giovani il primo saluto all’ingresso in piazza

Più di duemila ragazzi degli oratori hanno riempito l’ampio spazio davanti alla Rotonda

Daniela Zorat

Giovanna e Thomas arrivano prestissimo. Pochi minuti dopo le sei. Devono passare dal varco 2 per raggiungere lo spazio riservato ai giovani degli oratori, l’«area verde», un piccolo spicchio di piazza Paolo VI che insiste su via Trieste, alle spalle della Rotonda, proprio sotto il palazzo del Credito Agrario, fino al volto che dà su via Mazzini e piazza Vescovado.
La coppia di 27enni aspetta di prendere posto in prima fila, per vedere da vicino «il successore di Pietro». Un poco intimidita aspetta in un angolo, pazientemente, al coperto, al riparo dalla pioggia battente e fastidiosa, prima di poter passare oltre il blocco.
Pochi minuti dopo arriva anche Elisa, studentessa universitaria di 26 anni. È sola e spiega in due parole il perché: «Quelli della mia parrocchia, da Molinetto, arrivano alle sette e mezzo. Troppo tardi. Io voglio prendere un posto da dove si veda bene, e non ce ne sono molti. Sono passata giusto ieri a controllare per decidere dove mettermi». Mostrando spirito di solidarietà la giovane si mette ad aiutare i volontari impegnati a preparare i «kit del pellegrino» da consegnare ai fedeli al loro ingresso. E da studentessa che «da grande» vuole insegnare Religione nelle scuole commenta: «Questo Papa trasmette chiarezza e sicurezza, è affettuoso e vivace. Il più giusto, a mio parere, come successore di Giovanni Paolo II».
Con il chiarore del mattino iniziano ad arrivare al varco 2 in via Mazzini altri giovani degli oratori, si mettono in fila e aspettano che le forze dell’ordine diano il via libera per il loro ingresso in piazza. Si forma un po’ di coda, e poi finalmente venti minuti prima delle otto entrano ad occupare i loro 2.600 posti. Non ci sono tutti. Qualcuno si è ammalato, qualcuno si è fatto spaventare dal maltempo, ma comunque riempiono lo spazio che hanno a disposizione.

Sferzati dal vento

Avvolta in un poncho, sotto berretta e sciarpa di lana, Marika, 28 anni di Virle, è vicina alle transenne. «Ci tenevo ad essere qui perché questo Papa rappresenta la stabilità dei valori cristiani, una fedeltà alla tradizione di cui c’è molto bisogno oggi». Parole che colpiscono, che arrivano a stupire rispetto ad altre piuttosto piatte che sentiamo a poca distanza, con ragazzini diciottenni che giocano con gli ombrelli per indispettire «quelli dietro».
Marika resiste - con gli amici della parrocchia e i tanti ragazzi degli oratori - alle sferzate del vento e della pioggia. Qualcuno cerca di riscaldarsi con una tazzina di caffè caldo portato in un thermos da casa, altri sgranocchiano barrette di cioccolata.
Poi i ragazzi intonano cori e inneggiano al nome di «Benedetto», lo scandiscono, lo invocano. Ma non c’è nulla di organizzato, nessuna coreografia, nessun canto unico per tutti. Sono banditi anche gli striscioni. Mentre aspettano l’arrivo del Santo Padre, si animano e agitano le bandierine bianche e gialle quando le telecamere di Teletutto e della Rai li inquadrano.
L’emozione dell’arrivo
Si sciolgono in un applauso corale quando vedono il Papa scendere la scaletta dell’aereo, a Ghedi, e poi quando - finalmente - arriva in piazza Paolo VI. Sotto la pioggia battente seguono la cerimonia solenne leggendo il libretto della Messa, tenendolo all’asciutto sotto il poncho giallo o azzurro che hanno trovato nella sacca distribuita all’ingresso in piazza. Provano a intonare i canti seguendo le voci delle diverse corali accompagnate dall’organo in Cattedrale.
I giovani degli oratori seguono poi silenziosi l’omelia e l’Angelus, svagandosi forse un po’ di più nei momenti lasciati alla musica. Uniti dalla stessa grande emozione che dà loro la consapevolezza di vivere un evento così importante per la comunità intera. E aspettano che il Santo Padre lasci la piazza per allontanarsi una volta che la solenne cerimonia finisce.

«Si sente l’unità della Chiesa»

«Anche se non l’abbiamo visto da vicino, la presenza del Papa fa sentire sempre più uniti, fa vivere meglio la celebrazione eucaristica - afferma un giovane nell’uscire alla fine della Messa -. In questo settore della piazza abbiamo vissuto un senso di unità e comunione molto particolari».
L’emozione si fa ancora più grande, fino a far perdere le parole, per chi ha il fratello sul palco, a cantare per il Vangelo. O per chi ricorda la morte del padre avvenuta proprio l’8 novembre di 19 anni fa. E poi c’è chi non se la sente di commentare quanto provato, e si allontana dalla piazza in silenzio. «Anche se apparteniamo a diversi movimenti e diversi gruppi, quando c’è il Papa l’unione, il senso di unità della Chiesa si sente». Qualcuno infine chiama casa: «Ha piovuto tutto il tempo, ma ne valeva la pena».

© Copyright Il Giornale di Brescia, 9 novembre 2009


Paparatzifan
00martedì 10 novembre 2009 22:21
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Il Papa all’Istituto Paolo VI

La bellezza dell’esperienza cristiana

L’inaugurazione, a Concesio, della nuova sede dell’Istituto Paolo VI, occasione per una pubblica riflessione sul Concilio Vaticano II, il post Concilio, l’emergenza educativa, l’importanza di istituzioni di studio e ricerca

Adalberto Migliorati

«La bellezza dell’esperienza cristiana»: domenica 8 novembre 2009, per i bresciani che hanno voluto guardare nella direzione della vista del Papa alla nostra terra, resterà un messaggio forte della testimonianza di speranza cristiana fondata sulla fatica dell’impegno educativo quotidiano e permanente.
Nell’Auditorium Vittorio Montini della nuova sede in Concesio dell’Istituto Paolo VI, Papa Benedetto XVI ritesse la trama dell’opera educativa di Montini e annota: «Generazioni di giovani universitari hanno trovato in lui, come assistente della Fuci, un punto di riferimento, un formatore di coscienze, capace di entusiasmare, di richiamare al compito di essere testimoni in ogni momento della vita, facendo trasparire la bellezza dell’esperienza cristiana». Quell’orizzonte riproposto con forza, «la bellezza dell’esperienza cristiana», pare al cronista la risposta alle domande sul senso della venuta a Brescia del Papa e sul valore di presenze che si fanno istituzione come l’Istituto Paolo VI. Citando il predecessore bresciano, Benedetto XVI scandisce: «L’azione non può essere luce a se stessa. Se si vuole curvare l’uomo a pensare come egli agisce, bisogna educarlo ad agire come egli pensa. Anche nel mondo cristiano, dove l’amore, la carità hanno importanza suprema, decisiva, non si può prescindere dal lume della verità, che all’amore presenta i suoi fini e i suoi motivi».

L’assegnazione del Premio

La giornata piovosa novembrina fa da sfondo pure al pomeriggio a Concesio, all’inaugurazione nella nuova sede dell’Istituto Paolo VI. Non aiuta a cogliere la bellezza del raccordo tra la casa natale, la nuova struttura, l’ambiente circostante, però incentiva a ripercorrere l’ ieri, l’oggi e il domani della vicenda che ruota attorno a Paolo VI, alla Chiesa cattolica, al legame tra fede - vita - cultura.
Nelle pagine che seguono pubblichiamo integralmente i discorsi pronunciati nell’Auditorium dal Papa e dal presidente Camadini in una circostanza caratterizzata anche dalla consegna da parte di Benedetto XVI del Premio internazionale Paolo VI. Giunto alla sesta edizione, introdotto dal prof. Gabriele Archetti, il riconoscimento, attribuito nell’ambito educativo, è stato assegnato alla collana di fonti patristiche «Sources Chrétiennes» edita dalla casa editrice Cerf.
La coraggiosa impresa editoriale, avviata nel 1942 da Henri De Lubac e Jean Daniélou, come recita la motivazione letta dal prof. Xenio Toscani, segretario generale del Comitato esecutivo dell’Istituto, ha assunto «un importante significato culturale, oltre che teologico ed ecclesiale» perché favorisce la «ricerca storica documentando momenti essenziali dello sviluppo del pensiero e contribuisce a illuminare l’incontro fecondo realizzato tra il messaggio cristiano e la cultura antica».

Dal saluto del presidente

Giuseppe Camadini, presidente dell’Istituto Paolo VI, accoglie il Papa davanti alla casa natale, lo accompagna nella visita e nel successivo passaggio alla nuova sede, il transito per le sale della mostra «Arte e Spiritualità» (ne riferiamo in questa stessa pagina), quindi gli rivolge l’indirizzo di saluto nell’Auditorium.
La soddisfazione è in un dato di fatto: l’impegno assunto 30 anni fa da alcuni laici e sacerdoti bresciani, confortato dall’approvazione e dalle consenzienti attenzioni dei Vescovi Morstabilini, Foresti, Sanguineti e ora Monari, inaugurato nella precedente sede cittadina da Giovanni Paolo II «ottiene oggi con la Sua solenne presenza un sigillo che si tramuta per noi in conferma e stimolo». La responsabilità della fatica di un impegno da continuare è nella constatazione di una umanità «ripiegata su sé stessa, quasi invincibilmente irretita in un relativismo immanentistico che spesso le impedisce di aprirsi alla luce della Rivelazione». Ecco allora «che pure il piccolo contributo alla conoscenza del pensiero e dell’opera di Paolo VI che il nostro Istituto cerca di recare può non essere vano, perché correlabile all’impegno stesso della Chiesa, di fronte alla "emergenza educativa"».

Dal discorso del Papa

L’intervento del Santo Padre entra nel merito dell’azione del «Papa del Concilio Vaticano II e del dopo Concilio» affermando: «Maestro di vita e coraggioso testimone di speranza è stato questo mio venerato Predecessore, non sempre capito, anzi più di qualche volta avversato ed isolato da movimenti culturali allora dominanti. Ma, solido anche se fragile fisicamente, ha condotto senza tentennamenti la Chiesa». Annota che Montini «avvertì sempre la necessità di una presenza qualificata nel mondo della cultura, dell’arte e del sociale, una presenza radicata nella verità di Cristo e, al tempo stesso, attenta all’uomo e alle sue esigenze vitali». Quindi: «Assicuro la mia preghiera, mentre benedico voi tutti qui presenti, le vostre famiglie, il vostro lavoro e le iniziative dell’Istituto Paolo VI».

© Copyright Il Giornale di Brescia, 9 novembre 2009


Paparatzifan
00martedì 10 novembre 2009 22:26
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La firma di Benedetto sul nuovo registro

Dall’arrivo alla casa natale all’ingresso nell’auditorium

Francesca Sandrini

È l’imbrunire quando Benedetto XVI arriva alla casa natale di Paolo VI. Un farsi sera uggioso nel quale le stanze illuminate dell’antica dimora sembrano di nuovo abitate da quella vita che s’intravvede attraverso le finestre di tutte le abitazioni al calare del buio. Una vita che qui, in questo 8 novembre, è innanzitutto attesa, con i parenti di Giovanni Battista Montini riuniti al piano terreno e i 250 ospiti dell’Istituto Paolo VI che prendono posto nell’auditorium della nuova sede che il Papa è venuto a inaugurare.

L’attesa

Aspetta all’ingresso di via Rodolfo anche suor Enrica Rosanna, sottosegretario della Congregazione per gli istituti di vita consacrata: a Concesio ha accompagnato la sorella Teresina, una delle tre suore salesiane che formano la Comunità insediatasi da una decina di giorni nei locali adiacenti la casa natale di Paolo VI. E aspetta con emozione nonostante sia «in servizio» un fotografo tornato dopo 27 anni; nel 1982 immortalò la visita di Giovanni Paolo II che - racconta - prese per mano suo figlio e con lui, un bambino di dieci anni, camminò in quel giardino dal quale ora si vede la sede dell’Istituto: tre diversi corpi di fabbrica costruiti intorno a una corte comune in arenaria di Santafiora, una pietra che stasera pare cavata dal monte sullo sfondo - il monte così familiare al Montini adolescente - con i suoi colori d’autunno, dal giallo al marrone, dal rosso bruciato al rosa acceso.

L’arrivo

Alle 16 arriva il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano. Cinque minuti dopo ecco Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, con il prefetto di Brescia Narcisa Brassesco Pace. Sono le 16.45, da fuori si odono applausi e grida d’entusiasmo. È il momento tanto atteso. Benedetto XVI varca la soglia, lo accolgono il presidente dell’Istituto Paolo VI, Giuseppe Camadini, e il sindaco di Concesio, Stefano Retali.
Subito dopo, l’incontro con i familiari di Paolo VI. Prima del Papa, dal locale in cui questi si sono raccolti, esce un sorridente cardinale Giovanni Battista Re, che scambia qualche parola con i presenti. E quando anche Benedetto XVI torna all’esterno per percorrere il brevissimo tratto che lo separa dall’entrata nella casa natale di Montini, qualcuno non può fare a meno di esclamare «Viva il Papa». Il Papa vede due bambini: sono i nipoti di Ivana e Ulisse, che oggi si godono il piccolo-grande privilegio di essere i custodi di questi luoghi; e li accarezza, prima il piccolo in braccio alla mamma e poi la sorellina un po’ più grande.

All’interno dell’Istituto

Dalla casa Benedetto XVI accede all’Istituto Paolo VI camminando lungo il vialetto dedicato a Carlo Manziana (nella nuova sede ogni struttura racconta così, attraverso un’intitolazione, un pezzo di storia, e le piccole strade che collegano la dimora all’Istituto portano ognuna il nome di un padre della Pace). Qui il primo incontro è con i collaboratori del Paolo VI. Il presidente Camadini li presenta uno per uno. I referenti dell’Opera per l’educazione cristiana - l’ente promotore dell’Istituto -, consegnano al Papa una lettera. Si tratta di giovani che, dopo avere seguito i percorsi formativi dell’Opera, hanno deciso di «fermarsi» per collaborare; nella lettera si presentano e, richiamando la figura di Vittorino Chizzolini, chiedono a Benedetto XVI una benedizione per l’efficacia della loro missione educativa.

Una firma, cinque pubblicazioni

Al secondo piano, il Papa raggiunge l’archivio intitolato al professor Nello Vian - che proprio l’archivio dell’Istituto Paolo VI ha avuto il merito d’impostare, oltre che la biblioteca - dove sono riuniti i membri del Comitato esecutivo, del Comitato scientifico e del Comitato promotore; il Consiglio dell’Opera per l’educazione cristiana e il Comitato scientifico dell’associazione Arte e spiritualità. Anche in questo caso il presidente introduce i presenti, Benedetto XVI ascolta con interesse i dettagli su ognuno. Poi viene condotto nell’Ufficio di presidenza, dove Camadini lo invita a firmare il nuovo registro degli ospiti dell’Istituto «con la stessa penna utilizzata da Giovanni Paolo II per il primo». Quindi gli dona le ultime cinque pubblicazioni del Paolo VI: il carteggio tra Giovanni Battista Montini e il padre Giorgio dal 1900 al 1942, curato da Luciano Pazzaglia; una raccolta di discorsi e scritti sul tema dell’educazione a cura di don Angelo Maffeis; gli Atti dell’ultimo colloquio internazionale sulla trasmissione della fede a cura di Renato Papetti; la cronaca dei trent’anni di attività dell’Istituto con la prefazione del cardinal Paul Poupard; e la raccolta di 25 anni di auguri di Natale del Paolo VI.

Verso l’auditorium

Ma è ora di scendere per dirigersi nell’auditorium «Vittorio Montini», passando attraverso lo spazio museale della Collezione Paolo VI, tra la Crocifissione di Fiume, lo Studio per Crocifissione di Guttuso e le sculture di Scorzelli. Appena fuori dall’auditorium si fanno incontro al Papa il sottosegretario Letta e il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini: «Grazie - gli dice il ministro - per questo regalo». Lui s’informa cordiale se sia bresciana, e intanto incede verso la platea dei 250. Anche per loro l’attesa è finita.

© Copyright Il Giornale di Brescia, 9 novembre 2009


Paparatzifan
00martedì 10 novembre 2009 23:00
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Mascher: «Il Papa felice per il calore di Brescia»

IL BILANCIO.

Parla il vicario episcopale, presidente del Comitato diocesano di accoglienza

«Le immagini con i bambini e alla stele resteranno nella memoria Il suo messaggio su Paolo VI e sull'educazione avrà effetti profondi»

Massimo Tedeschi

«Il Papa era molto contento, molto soddisfatto per la giornata a Brescia. L'ho visto anche poco prima di partire all'aeroporto di Ghedi: gli occhi gli brillavano. Era davvero contento».
Mentre un po' tutti i bresciani tirano il loro bilancio personale della visita del Papa, il consuntivo più importante è quello dell'illustre ospite. E il bilancio - umano e spirituale - del Pontefice è evidentemente molto positivo, a giudicare dalle parole di chi ha avuto modo di incontrarlo personalmente: monsignor Gianfranco Mascher, vicario generale della diocesi, presidente del Comitato per la visita del Papa. Ovvero di quella «cabina di regia» tutta bresciana formata da 19 persone (11 religiosi e 8 laici) che ha curato la visita in tutti i suoi aspetti: logistici, operativi, pastorali, mediatici.
«Il Papa - racconta monsignor Mascher nel «day after» - ho avuto modo di incontrarlo tre volte, a tu per tu, nell'arco della giornata. La terza volta mi ha detto: "Ancora lei?" E io gli ho risposto scherzando: "Santità, non c'è due senza tre!"».
Con il vescovo Monari che ieri mattina all'alba è partito alla volta di Assisi per l'assemblea generale della Cei, e che forse tirerà un consuntivo «ufficiale» della visita papale a fine settimana, è monsignor Mascher a interpretare il bilancio che la diocesi fa di questa giornata faticosa, complicata, ma in molti momenti esaltante per i fedeli.

Monsignor Mascher, quali sono i momenti che, a suo avviso, entreranno nell'immaginario collettivo dei bresciani?

Dal punto di vista emotivo, sicuramente l'incontro con i bambini malati in Duomo e l'incontro e il saluto con i bambini di Botticino. Anche la decisione di sostare alla stele che ricorda la strage di piazza della Loggia è indubbiamente molto significativa. Dal punto di vista emotivo anche l'immagine del Papa che bacia un bambino a Concesio è molto forte.

La sua percezione sul bilancio dei fedeli?

Ciascuno naturalmente fa una valutazione soggettiva. Ho notato che i 270 messaggi arrivati a una trasmissione tv dicevano di un sentimento di assoluta soddisfazione.

E dal punto di vista religioso come si sedimenterà la vista nel vissuto di Brescia?

Il magistero che ha evocato il rapporto di Paolo VI con la Chiesa e con i giovani troverà sicuramente una grande eco. Bisogna appunto distinguere fra l'aspetto emotivo e il radicarsi del messaggio del Papa, in particolare sul piano educativo, che è stato indubbiamente molto forte, e che è sullo sfondo delle decisioni che il Comitato prenderà nei prossimi giorni.

Non c'è un pizzico di delusione per il fatto che il Papa non ha mai evocato il tema della possibile beatificazione di Montini?

Dentro l'importanza dei suoi interventi non si può non notare la sottolineatura che il Papa ha fatto della sua venerazione per Paolo VI, ed è immaginabile che ciò possa avere delle ricadute per questo processo. Anche nel discorso all'Istituto ha parlato a lungo della sua venerazione per «il grande pontefice». Anche se non ha fatto riferimento diretto al processo canonico, le sue parole suonano di incoraggiamento per questo cammino, lento ma così importante per illustrare e comunicare la grandezza di Paolo VI. Un fatto come questo avrà un impatto anche sulla devozione per papa Montini. Come ho sentito dire in questi giorni, questi interventi possono avere un effetto di «sdoganamento» della figura di Paolo VI che era stata o ridotta o mortificata o travisata. È insomma possibile una ricaduta anche nella comprensione della gente semplice. Dopo interventi come quelli di Benedetto XVI è difficile fermarsi ancora all'immagine del Papa mesto, o drammaticamente provato dalla storia. L'allocuzione all'Istituto ha sottolineato con vigore l'amore per i giovani, per la loro educazione, e la grande umanità di Paolo VI.

Ma, restando alle interpretazioni «politiche», non sono stati scarsi i riferimenti al Concilio Vaticano II?

Che Paolo VI sia stato il Papa del Concilio è stato ribadito in alcuni passaggi. Del resto alcuni temi affrontati da Benedetto XVI erano obbligati dalla liturgia: Ratzinger non piega mai i brani liturgici alle circostanze. L'intervento più significativo su Montini era all'Istituto di Concesio, ma anche in questo caso il «taglio» sul tema educativo era obbligato, dato il conferimento del premio «Sources Chrétiennes». La scelta del premio ha legato molto con l'attualità, e la riflessione sul tema educativo ha assunto una centralità particolare.

L'impressione è che la macchina organizzativa abbia funzionato al meglio...

Abbiamo ricevuto i complimenti dalla gendarmeria vaticana e un consenso generale. Si temeva che il maltempo avrebbe condizionato molto, ma era stato previsto davvero tutto. C'è stata una particolare coralità nel mondo del volontariato. Sono stati i volontari a garantire ordine ma anche una particolare serenità ai varchi, dove tutti hanno dato una prova di autodisciplina.
Forse si poteva evitare un blocco preventivo così prolungato delle strade provinciali interessate al passaggio del corteo papale...
È un tema che ha riguardato la sicurezza. Avendo visto dall'interno la messa a punto di questi aspetti, posso dire che c'erano ragioni di prudenza a dettare questa scelta. Comunque abbiamo trovato una collaborazione splendida delle istituzioni. Credo che i disagi provocati siano rientrati nell'ordine delle cose sopportabili, e credo ci sia stata tolleranza da parte di tutti.

La risposta dei bresciani è stata all'altezza delle previsioni?

Il Papa ha coperto il tragitto verso Concesio fra due ali ininterrotte di folla. Le persone sono state molto disciplinate, non si sono assembrate nei punti in cui era stato chiesto di non stare. È stata, nel complesso, una grande prova di maturità dei bresciani: ne sono ammirato, e a tutti sono molto grato.

© Copyright Il Brescia Oggi, 10 novembre 2009


Paparatzifan
00martedì 10 novembre 2009 23:04
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Casa natale di Paolo VI, l’abbraccio dei Montini

Commozione delle salesiane appena giunte e dei due storici custodi

Gianluca Gallinari

La gioia della folla che l’acclamava lungo le strade di Concesio. Quindi l’arrivo della papamobile in via Rodolfo da Concesio. Un istante, e Benedetto XVI ha varcato la soglia del portone della casa natale di Papa Paolo VI trovando ad accoglierlo l’intimità dell’antico cortile, di quelle aiuole ornate di rose, viole e caroline in fiore tra le quali il pontefice bresciano trascorse giornate liete della sua infanzia.

Il benvenuto dei familiari

Il primo benvenuto nell’antica dimora, lasciatosi alle spalle i flash dei fotografi, il Santo Padre lo ha ricevuto proprio dai familiari di Giovanni Battista Montini. Poco meno di quaranta, quattro generazioni riunite per stringersi in un abbraccio attorno a Benedetto XVI, il secondo pontefice approdato a quell’edificio segnato dalla storia per rendere omaggio alla grandezza del messaggio di Paolo VI. Lo hanno atteso nella sala al piano terreno cui si accede dal porticato e nella quale, accanto al maxischermo che rilanciava la diretta della visita papale, dominava una grande foto del pontefice bresciano immortalato mentre saluta Vittorio Montini, l’amato cugino che per anni ha avuto cura di quella antica dimora - da lui donata alla morte all’Opera per l’Educazione Cristiana - le cui fondamenta risalgono addirittura al 1400. Eretta dai Conti di Lodrone, fu acquisita dalla famiglia Montini nell’Ottocento. Ieri appariva quanto mai suggestivo il legame ideale tra l’antica casa di campagna e il nuovo prestigioso complesso dell’Istituto Paolo VI che sorge proprio in quello che fu il brolo della casa natale, come incastonato nell’arco di colline che gli fanno da sfondo. Era il 1997 quando Vittorio Montini si spegneva improvvisamente, mentre camminava proprio immerso in quel verde, all’ombra di quella casa in cui, un secolo prima - il 26 settembre 1897 - nasceva il piccolo Giovanni Battista. E proprio nella stanza in cui vide la luce il futuro Pontefice si è soffermato ieri Benedetto XVI, dopo aver attraversato l’anticamera al piano terra, come pure la cucina, che appare ancora nella semplicità di un tempo, per salire quindi al piano superiore e alla stanza natale. Sono stati momenti di autentica emozione quelli vissuti dai Montini al cospetto di Benedetto XVI, che li ha voluti salutare uno a uno. Il racconto di quegli istanti di rara intensità fluisce dalle parole di chi li ha vissuti.

Tra Paolo VI e Benedetto XVI

Il primo a porgere il saluto al Santo Padre, giunto alle 16.45, è stato Fausto Montini, figlio del senatore Lodovico, fratello maggiore di Paolo VI. «Ci ha lasciati con l’animo pieno di gioia e soddisfazione» ha commentato dopo aver ascoltato le parole di Benedetto XVI nell’auditorium, sottolineando la grande vicinanza di Papa Ratzinger e Papa Montini «come tipo di cultura e di stile» e ribadendo «l’eccezionalità del fatto che per la seconda volta un pontefice sia venuto qui per ricordare Paolo VI».
Un momento che «ci ha trovati tutti accomunati da un enorme affetto». Concorde la sorella Pia, che tra l’altro racconta come Benedetto XVI nel salutarla «ha tenuto a ricordare di aver conosciuto nostro padre».
«È stato emozionante. Era emozionatissimo lo stesso Santo Padre di essere nella casa natale di Paolo VI» testimonia da parte sua Giovanni Battista Bosco Montini, pure figlio di Lodovico. «È stato un momento di grande commozione» ha commentato Laura Montini, sorella di Vittorio e come lui cugina prima di Papa Montini. Vi erano poi Chiara ed Elisabetta, figlie del fratello più giovane del Papa bresciano, Francesco. E i familiari più stretti hanno voluto con sé i propri cari, specie i più giovani. Come il piccolo Stefano di tre anni appena, che pure ha ricevuto il saluto affettuoso di Benedetto XVI.

Le suore salesiane e i custodi

A rendere omaggio al Santo Padre, ieri, vi erano anche le tre suore salesiane che da dieci giorni si sono insediate al primo piano della casa natale con un compito speciale. «La nostra convenzione - spiega la madre superiora, Suor Maria Vanda Penna, giunta da Torino - prevede che collaboriamo con le realtà diocesane che hanno relazioni con l’Istituto Paolo VI», allo scopo di contribuire «non solo a tenere viva la memoria di Paolo VI, ma pure di diffondere la profondità del suo magistero e della sua spiritualità in modo che questa bellissima figura che ho molto amato, abbia il giusto peso nella storia della Chiesa». Il tutto, secondo la vocazione educativa che deriva loro da S. Giovanni Bosco così come dal magistero di Paolo VI, «con un fermo desiderio di incontrare i giovani». A suggellare l’inizio della missione, l’incontro di ieri con Benedetto XVI, che suor Maria Vanda ha definito «bello, caldo, spirituale: un incontro di sguardi che si capiscono».
Momenti di profonda commozione hanno vissuto ieri anche i due custodi della casa natale, presenti dal 1982, e che proprio in quell’anno accolsero un altro pontefice, Giovanni Paolo II. Ulisse Binacchi e la moglie Ivana ancora ricordano la commozione di allora, ieri rinnovata in toto. In questi 27 anni sono stati testimoni oltre che di queste due visite eccezionali, di migliaia di attestazioni di affetto per Paolo VI da parte di persone comuni, che ebbero in vita modo di conoscere da vicino il pontefice, recatisi come in pellegrinaggio alla casa natale: «Da chi, gli era stato accanto come chierichetto quando era giovane sacerdote a Verolavecchia ai nipoti della donna di Nave che gli era stata balia».

© Copyright Il Giornale di Brescia, 9 novembre 2009


Paparatzifan
00martedì 10 novembre 2009 23:07
Dal blog di Lella...

Botticino, il dono di un saluto a sorpresa

Dopo la meditazione nella parrocchiale sulle spoglie di San Tadini, il gradito fuoriprogramma coi fedeli «Io, edificato da Sant’Arcangelo» ha detto il Papa intrattenendosi brevemente con la gente sul sagrato

Bagno di folla per Benedetto XVI a Botticino Sera

Enrico Mirani

«Che emozione, che emozione». Le parole della religiosa mentre varca l’ingresso della chiesa esprimono il sentimento della comunità. Sono le 10.25, il Papa ha lasciato da pochi minuti Botticino Sera e i fedeli riempiono la basilica santuario per la Messa solenne. «Un’emozione enorme, straordinaria», ripetono anche il parroco don Raffaele Licini e il sindaco Mario Benetti, i soli botticinesi ad accompagnare Benedetto XVI in chiesa per la preghiera davanti alla teca con le reliquie di Sant’Arcangelo Tadini.

Una mattina unica

È una mattina unica per il paese e la sua gente. Profondo il senso della visita papale, prima tappa della giornata bresciana di Benedetto: l’omaggio alla memoria, alla santità e all’opera di un sacerdote diocesano, un parroco, un prete sociale come don Tadini.
«Cari fratelli e sorelle sono molto felice di essere qui, nella parrocchia di Sant’Arcangelo Tadini, che ho canonizzato poco tempo fa (il 26 aprile, ndr) e dal quale sono stato edificato». Il programma non prevede un suo intervento, dovrebbe essere una visita silenziosa ancorché intensa, ma il Pontefice non vuole lasciare i duemilacinquecento fedeli raccolti in piazza IV Novembre senza la sua parola. Dopo la sosta davanti all’altare dedicato a Sant’Arcangelo, si ferma all’ingresso della chiesa e parla al microfono, sovrastando il suono delle campane.
«Don Tadini - sottolinea Benedetto XVI - ha dato un dono all’umanità. Ci ha insegnato a lavorare per un mondo fraterno, ci invita a vivere non per se stessi, ma per gli altri». A pochi metri dal Pontefice c’è la testimonianza concreta di questo impegno, le religiose della Congregazione delle Suore Operaie, creata da Tadini nel 1900. Il Papa saluta la folla con un sorriso grande e dolce: «Grazie per l’accoglienza calorosa. Auguri e buona domenica».

Dieci minuti d’oro

La visita a Botticino Sera dura dieci minuti. Dalle 10.10 alle 10.20. Ma l’intensità e il valore di questi eventi non si misura ovviamente con la clessidra. Benedetto XVI arriva sulla papamobile, accompagnato dal segretario padre Georg Gaenswein e dal Vescovo di Brescia, monsignor Luciano Monari. Oltre quattro chilometri di strade botticinesi fra ali di folla festante, prima di imboccare via Carini e poi piazza IV Novembre. Sul sagrato ad accogliere il Papa ci sono il parroco e il sindaco, gli danno il benvenuto con rispetto e commozione. Caloroso l’abbraccio fra il Vescovo e don Raffaele: a sottolineare la comunione fra il presule e il suo sacerdote, la gioia condivisa per questa visita. Intorno, battono continuamente le mani le tantissime persone arrivate fin dalle 7.30 per prendere posto. L’attesa è cresciuta con il passare dei minuti, con gli annunci che indicavano l’avvicinarsi del Papa. «È arrivato alla rotonda»; «È davanti alla Banca»; «Eccolo...».

L’allegria e la gioia dei bambini

In prima fila dietro le transenne ci sono i bambini, sventolano le bandierine bianche e gialle del Vaticano. Il Papa scende, saluta ed entra nella basilica di Santa Maria Assunta con il Vescovo e, fra gli altri, il bresciano cardinale Giovan Battista Re. Resta cinque minuti nel santuario, pregando davanti alle reliquie di don Tadini. Riceve i doni della comunità, simboli locali raccolti in una cesta: fra l’altro un’incisione di Battista Tregambe, una targa in marmo, calze, bottiglie di vino; e poi un aquilone con un messaggio di pace degli Aquilonisti bresciani.
All’uscita, ecco la sorpresa: quelle parole per ricordare la santità dell’uomo che fu pastore di Botticino Sera dal 1885 alla morte, nel 1912. Frasi che arrivano al cuore dei fedeli. Poi il Papa scende i gradini del sagrato e si accosta ai bambini. Stringe mani, accarrezza teste e guance, regala sorrisi e saluti. Tutti vorrebbero toccarlo, dirgli qualcosa, affidargli un pensiero: ma Brescia attende e bisogna andare. La papamobile lascia la piazza, mentre Benedetto XVI saluta con ampi gesti delle braccia e risuonano le note della Banda «Giuseppe Forti».

Cose semplici e belle

«Il Papa ha detto cose semplici e belle» commenta il parroco don Raffaele, che mentre la sua gente entra in chiesa per la Messa si gusta sul sagrato una sigaretta distensiva. «Ci ha detto di seguire l’esempio di don Tadini, di volerci bene, di non dimenticare l’impegno sociale. Quello del Santo è un messaggio vecchio ma sempre nuovo». Il Papa, ha rivelato il parroco, ha fatto un regalo imprevisto alla parrocchia: «Un calice».
Una giornata indimenticabile anche per il sindaco Mario Benetti: «L’incontro con il Papa, la partecipazione della gente ci ripagano del grande lavoro compiuto per organizzare questo evento. Un grazie a tutti coloro che l’hanno reso possibile». Fra gli altri le centinaia di alpini, volontari della protezione civile e della parrocchia, coordinati da Giacomo Rossi, che hanno curato l’accoglienza lungo il percorso. Presenza e sacrificio nel nome di Sant’Arcangelo.

© Copyright Il Giornale di Brescia, 9 novembre 2009


Paparatzifan
00martedì 10 novembre 2009 23:10
Dal blog di Lella...

Botticino, il dono di un saluto a sorpresa

Dopo la meditazione nella parrocchiale sulle spoglie di San Tadini, il gradito fuoriprogramma coi fedeli «Io, edificato da Sant’Arcangelo» ha detto il Papa intrattenendosi brevemente con la gente sul sagrato

Bagno di folla per Benedetto XVI a Botticino Sera

Enrico Mirani

«Che emozione, che emozione». Le parole della religiosa mentre varca l’ingresso della chiesa esprimono il sentimento della comunità. Sono le 10.25, il Papa ha lasciato da pochi minuti Botticino Sera e i fedeli riempiono la basilica santuario per la Messa solenne. «Un’emozione enorme, straordinaria», ripetono anche il parroco don Raffaele Licini e il sindaco Mario Benetti, i soli botticinesi ad accompagnare Benedetto XVI in chiesa per la preghiera davanti alla teca con le reliquie di Sant’Arcangelo Tadini.

Una mattina unica

È una mattina unica per il paese e la sua gente. Profondo il senso della visita papale, prima tappa della giornata bresciana di Benedetto: l’omaggio alla memoria, alla santità e all’opera di un sacerdote diocesano, un parroco, un prete sociale come don Tadini.
«Cari fratelli e sorelle sono molto felice di essere qui, nella parrocchia di Sant’Arcangelo Tadini, che ho canonizzato poco tempo fa (il 26 aprile, ndr) e dal quale sono stato edificato». Il programma non prevede un suo intervento, dovrebbe essere una visita silenziosa ancorché intensa, ma il Pontefice non vuole lasciare i duemilacinquecento fedeli raccolti in piazza IV Novembre senza la sua parola. Dopo la sosta davanti all’altare dedicato a Sant’Arcangelo, si ferma all’ingresso della chiesa e parla al microfono, sovrastando il suono delle campane.
«Don Tadini - sottolinea Benedetto XVI - ha dato un dono all’umanità. Ci ha insegnato a lavorare per un mondo fraterno, ci invita a vivere non per se stessi, ma per gli altri». A pochi metri dal Pontefice c’è la testimonianza concreta di questo impegno, le religiose della Congregazione delle Suore Operaie, creata da Tadini nel 1900. Il Papa saluta la folla con un sorriso grande e dolce: «Grazie per l’accoglienza calorosa. Auguri e buona domenica».

Dieci minuti d’oro

La visita a Botticino Sera dura dieci minuti. Dalle 10.10 alle 10.20. Ma l’intensità e il valore di questi eventi non si misura ovviamente con la clessidra. Benedetto XVI arriva sulla papamobile, accompagnato dal segretario padre Georg Gaenswein e dal Vescovo di Brescia, monsignor Luciano Monari. Oltre quattro chilometri di strade botticinesi fra ali di folla festante, prima di imboccare via Carini e poi piazza IV Novembre. Sul sagrato ad accogliere il Papa ci sono il parroco e il sindaco, gli danno il benvenuto con rispetto e commozione. Caloroso l’abbraccio fra il Vescovo e don Raffaele: a sottolineare la comunione fra il presule e il suo sacerdote, la gioia condivisa per questa visita. Intorno, battono continuamente le mani le tantissime persone arrivate fin dalle 7.30 per prendere posto. L’attesa è cresciuta con il passare dei minuti, con gli annunci che indicavano l’avvicinarsi del Papa. «È arrivato alla rotonda»; «È davanti alla Banca»; «Eccolo...».

L’allegria e la gioia dei bambini

In prima fila dietro le transenne ci sono i bambini, sventolano le bandierine bianche e gialle del Vaticano. Il Papa scende, saluta ed entra nella basilica di Santa Maria Assunta con il Vescovo e, fra gli altri, il bresciano cardinale Giovan Battista Re. Resta cinque minuti nel santuario, pregando davanti alle reliquie di don Tadini. Riceve i doni della comunità, simboli locali raccolti in una cesta: fra l’altro un’incisione di Battista Tregambe, una targa in marmo, calze, bottiglie di vino; e poi un aquilone con un messaggio di pace degli Aquilonisti bresciani.
All’uscita, ecco la sorpresa: quelle parole per ricordare la santità dell’uomo che fu pastore di Botticino Sera dal 1885 alla morte, nel 1912. Frasi che arrivano al cuore dei fedeli. Poi il Papa scende i gradini del sagrato e si accosta ai bambini. Stringe mani, accarrezza teste e guance, regala sorrisi e saluti. Tutti vorrebbero toccarlo, dirgli qualcosa, affidargli un pensiero: ma Brescia attende e bisogna andare. La papamobile lascia la piazza, mentre Benedetto XVI saluta con ampi gesti delle braccia e risuonano le note della Banda «Giuseppe Forti».

Cose semplici e belle

«Il Papa ha detto cose semplici e belle» commenta il parroco don Raffaele, che mentre la sua gente entra in chiesa per la Messa si gusta sul sagrato una sigaretta distensiva. «Ci ha detto di seguire l’esempio di don Tadini, di volerci bene, di non dimenticare l’impegno sociale. Quello del Santo è un messaggio vecchio ma sempre nuovo». Il Papa, ha rivelato il parroco, ha fatto un regalo imprevisto alla parrocchia: «Un calice».
Una giornata indimenticabile anche per il sindaco Mario Benetti: «L’incontro con il Papa, la partecipazione della gente ci ripagano del grande lavoro compiuto per organizzare questo evento. Un grazie a tutti coloro che l’hanno reso possibile». Fra gli altri le centinaia di alpini, volontari della protezione civile e della parrocchia, coordinati da Giacomo Rossi, che hanno curato l’accoglienza lungo il percorso. Presenza e sacrificio nel nome di Sant’Arcangelo.

© Copyright Il Giornale di Brescia, 9 novembre 2009


Paparatzifan
00martedì 1 dicembre 2009 11:06
Dal blog di Lella...

Ostensione, il Papa cambia platea

ERICA DI BLASI 

Repubblica — 28 novembre 2009 pagina 11 sezione: TORINO 

PIAZZA del Duomo è troppo piccola. 
Così la messa celebrata dal Papa in occasione dell' Ostensione della Sindone, sarà trasferita in piazza San Carlo. «Abbiamo preso questa decisione - spiega monsignor Giuseppe Ghiberti, vicepresidente del Comitato per l' Ostensione - per l' elevata affluenza di fedeli che, secondo le previsioni, arriveranno nel capoluogo piemontese per vedere il Papa. 
Piazza San Carlo è una piazza bella, unitaria e soprattutto è capace di contenere tra le 50 e le 60mila persone. Senza contare che se l' affluenza dovesse essere ancora superiore, i fedeli potranno trovare posto nelle due ali laterali di via Roma». Una soluzione che ha subito raccolto il plauso del Comune. «Celebrare la messa in piazza del Duomo - concorda l' assessore alla Cultura Fiorenzo Alfieri - non avrebbe permesso a tutti i partecipanti di assistere all' evento. Piazza San Carlo, a maggior ragione adesso che è stata pedonalizzata, si presta meglio. Monteremo le tribune tra le due chiese e un maxischermo dietro al monumento». Intanto, in vista dell' Ostensione, in programma a Torino dal 23 aprile al 10 maggio 2010, fervono i preparativi. Per l' evento sono stati reclutati 4mila volontari e il sito web è già pronto. Accessibile proprio a tutti: tra le lingue inserite su Internet, all' indirizzo www. sindone. org, compare infatti anche il russo, con tutte le informazioni in cirillico. «Si tratta - sottolineano i curatori del sito - di un gesto di attenzione verso i milioni di fedeli che vivono in quei Paesi dell' Europa orientale e dove il Cristianesimo, cattolico e ortodosso, ha profonde radici. La traduzione in russo, inoltre, vuole essere un servizio utilea tutte quelle persone che dalla Russia o dalle Repubbliche dell' Est europeo verranno a Torino per vedere il Sacro Telo». Il portale www. sindone. org è online, rivisitato per l' Ostensione 2010, dallo scorso 19 ottobre e nelle prime 5 settimane ha fatto registrare oltre 410mila contatti. 
Sul sito dal 1 dicembre sarà possibile prenotare gratuitamente la visita alla Sindone: per il call center bisognerà invece attendere il primo gennaio. Nei prossimi giorni partirà anche un concorso-laboratorio di scrittura e multimediale rivolto agli studenti delle scuole elementari, medie e superiori. L' iniziativa è promossa dall' ufficio scolastico regionale in collaborazione con la diocesi di Torino e il Comitato per l' Ostensione della Sindone. 
I migliori elaborati saranno premiati ed esposti nei giorni dell' ostensione mentre la classe vincitrice riceverà una lavagna interattiva multimediale. «Il concorso - concludono i promotori - servirà ad aiutare i bambini che frequentano le elementari a conoscere meglio il personaggio di Gesù, le sue caratteristiche e la storia essenziale della Sindone». 

© Copyright Repubblica (Torino), 28 novembre 2009


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