I libri scritti da lui...

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Paparatzifan
00domenica 25 gennaio 2009 14:57
Paparatzifan
00venerdì 17 aprile 2009 16:52
Fede, ragione, verità e amore

di Joseph Ratzinger



Titolo Fede, ragione, verità e amore - La teologia di Joseph Ratzinger
Autore Joseph Ratzinger
A cura di don Umberto Casale
Editore Lindau Edizioni
EAN 9788871808048
Prezzo 29,00 € (Richiedi preventivo per numerosi pezzi)
Pagine 832
Data maggio 2009
Collana «I Pellicani»


Paparatzifan
00sabato 13 giugno 2009 19:26
Dal blog di Lella...

Rizzoli da una parte, il tedesco Herder dall´altra
Chi pubblicherà il suo viaggio in Terra Santa?

Pellegrino e scrittore è guerra tra editori per il libro del Papa

Dalla Grotta di Nazareth al Golgota: "Quelle pietre parlano ancora di Gesù"

ORAZIO LA ROCCA

CITTA DEL VATICANO

Braccio di ferro editoriale sul nuovo libro sulla vita di Gesù che Benedetto XVI si appresta a consegnare alle stampe entro quest´anno.
Un lavoro editoriale attesissimo, dopo il grande successo conseguito dal volume Gesù di Nazaret che Joseph Ratzinger pubblicò nel 2007 con la Rizzoli in compartecipazione con la Libreria Editrice Vaticana, un best seller da oltre 3 milioni di copie vendute in tutto il mondo. E´ un lavoro che sta tanto a cuore all´attuale pontefice perché vi tratterà gli episodi che rappresentano l´essenza della fede cristiana (Passione, Morte e Resurrezione di Cristo), al punto che alcune parti più significative del libro il Papa le ha scritte durante il viaggio svolto il mese scorso in Terra Santa.
Ma - in previsione dell´inevitabile boom di vendite che il nuovo testo farà registrare - intorno a quest´opera da qualche tempo, dentro e fuori il Vaticano, è in corso una partita editoriale, poco religiosa e molto commerciale, che si preannuncia lunga e difficile.
Da una parte c´è la Rizzoli, intenzionata a continuare il suo rapporto con la Libreria Editrice Vaticana anche col secondo libro su Cristo, puntando a confermare lo stesso trattamento economico assicurato al Vaticano nel primo Gesù di Nazaret (pare il 20% del prezzo di copertina).
Dall´altra, ha iniziato a fare capolino la più grande casa editrice cattolica europea, la tedesca Herder, titolare - particolare non secondario - dei diritti dell´opera omnia di Ratzinger: libri, commenti e monografie scritti dal 1950 fino al 2005, l´anno dell´elezione papale di Benedetto XVI. Il primo volume di quest´opera omnia è stato già pubblicato in Germania un paio di mesi fa.
A settembre arriverà la traduzione italiana e, forse proprio in vista di questa scadenza, Benedetto XVI la scorsa settimana ha ricevuto in udienza i vertici della Herder, i quali non a caso gli hanno anche chiesto notizie sul nuovo libro su Gesù.
«Lo sto ultimando proprio in questo periodo, tra un impegno e l´altro.
Alcune parti le ho scritte proprio durante la mia recente visita in Terra Santa sui luoghi della Passione, morte e resurrezione di Cristo», è stata la pronta risposta del Papa.
In particolare, il pontefice ha fatto capire che in Terra Santa ha messo nero su bianco - quasi in diretta e lavorando di notte, lontano da occhi ed orecchie indiscreti - «i momenti più emozionanti» da lui provati sui luoghi di Cristo.
Dalla Grotta dell´Annunciazione di Nazareth alla Basilica della Natività di Betlemme fino al culmine del Golgota, della Via Dolorosa e del Santo Sepolcro: Ratzinger, con la curiosità di un novello pellegrino, ha osservato con cura anche il più piccolo dettaglio, riversando poi nella stesura delle pagine le sensazioni più intime provate davanti a «quelle pietre» che da 2 mila anni «parlano» di Gesù.
Alla Herder ne sono rimasti entusiasti e quasi certamente faranno delle avances al Vaticano per accaparrarsi i diritti. Rizzoli permettendo.

© Copyright Repubblica, 13 giugno 2009


Paparatzifan
00venerdì 24 luglio 2009 17:52
Dal blog di Lella...

Ratzinger primo in classifica tra i libri (a dispetto dei santi)

di Redazione

Non c’è Moccia che tenga.
In vetta alla classifica dei best seller c’è Benedetto XVI (nella foto) che con la sua enciclica «Caritas in veritate» ha lasciato nelle retrovie pure il fresco vincitore del premio Strega, Tiziano Scarpa.
Un primato che garantisce al Pontefice un’attenzione e un rispetto davvero rari. Tra scrittori di fama e altri di moda, il popolo dei lettori, in Italia non sempre foltissimo, sembra preferire le dissertazioni del Vescovo di Roma.
Ecco così che la lettera-enciclica «Caritas in veritate» scala la graduatoria e muove alla riflessione anche chi, di questi tempi, si sarebbe portati a credere più incline a letture leggere. E invece il largo consenso dimostrato a un testo che richiede un indubbio sforzo mentale porta Ratzinger a precedere nell’ordine Camilleri («Le stanze del gabbiano»), Tiziano Scarpa («Stabat mater»), Ruiz Zafon («Marina») e Giorgio Faletti con «Io non sono Dio».
Tutti scrittori e autori, non soltanto campioni d’incasso ma anche pagine sempre molto vicine alla sensibilità del grande pubblico.
Trionfatore tra i libri, a dispetto dai santi. Sì, d’accordo, possiamo anche dirlo: San Solutore non è in realtà notissimo ai più ma a Romano Canavese è molto popolare.
Infatti non è passata inosservata la candida ammissione di Ratzinger che, entrato nella parrocchiale a lui dedicata, ha detto: «Finora non conoscevo il suo nome ma sono sempre lieto di conoscere nuovi santi intercessori».
Per la cronaca, Solutore, nel martirologio che lo riguarda, è una delle vittime del III secolo.
Una «Passione» del V secolo narra che fuggì al massacro generale di Agaunum. Inseguito, fu preso nei pressi di Torino con Avventore e Ottavio; gli ultimi due, raggiunti, vennero trucidati sul posto. Solutore, invece, riuscì a proseguire nella fuga fino alle rive della Dora Riparia, dove, scoperto, fu decapitato.

© Copyright Il Giornale, 23 luglio 2009


Paparatzifan
00martedì 15 settembre 2009 18:47
Dal blog di Lella...

PAPA: AVEVO PENSATO DI TORNARE AGLI STUDI DOPO LA PENSIONE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 15 set.

Joseph Ratzinger intendeva approfondire i suoi studi sulla teologia di San Bonaventura quando finalmente fosse cessato il suo servizio attivo nella Chiesa, prima come docente, poi come arcivescovo e infine come capo dicastero della Curia Romana.
Un obiettivo, dunque, piu' volte rinviato e che ormai non potra' raggiungere.
Per questo ha deciso che i suoi scritti sull'argomento siano pubblicati cosi' come li aveva abbandonati 45 anni fa.
''Nel periodo postconciliare la situazione teologica mutata e la nuova situazione nell'università tedesca mi assorbirono così tanto che rimandai il lavoro su Bonaventura al periodo successivo al pensionamento.
Nel frattempo il Signore mi ha condotto lungo altre vie e cosi' il libro viene pubblicato ora nella sua forma presente'', scrive il Papa nella prefazione al secondo volume delle ''Gesammelte Schriften di Joseph Ratzinger'', anticipata oggi dall'Osservatore Romano.
Il volume, dedicato al fratello, mons, Georg Ratzinger, e' a cura di Gerhard Ludwig Muller, vescovo di Ratisbona, ed e' pubblicato da Herder grazie al contributo dell'Institut Papst Benedikt XVI pubblichiamo la premessa preparata nella scorsa primavera da Benedetto XVI.
''Dal 1962 - scrive il Papa - non avevo piu' ripreso il manoscritto. Quindi per me e' stato entusiasmante rileggerlo dopo così tanto tempo, e rileggendolo ho ricavato l'impressione che le sue risposte siano fondate, sebbene superate in molti dettagli, e che ancora oggi abbiano qualcosa da dire. Soprattutto mi sono reso conto che la questione dell'essenza della Rivelazione e il fatto di riproporla, che e' il tema del libro, hanno ancora oggi una loro urgenza, forse anche maggiore che in passato''.
''L'idea di aggiornare il manoscritto e presentarlo come libro al pubblico, dovetti abbandonarla temporaneamente - confida il Pontefice - assieme al progetto di uno studio commentato dell'Hexaemeron, perche' l'attivita' di esperto conciliare e le esigenze della mia docenza accademica erano cosi' impegnative da rendere impensabile la ricerca medievalistica.
Auspico - conclude - che altri possano svolgere il compito di commentare l'Hexaemeron''.

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00mercoledì 16 settembre 2009 20:39
Dal blog di Lella...

«Modernista» E Ratzinger fu costretto a tagliare la tesi

di Gian Guido Vecchi

Studenti e teologi in erba si consolino: anche ai più grandi capita di avere problemi con le autorità accademiche, tipo il correlatore della tesi che ti costringe a presentarne solo la seconda parte.
Ma il tempo è galantuomo, magari all’autore capita di guidare per ventitré anni l’ex Sant’Uffizio e infine diventare Papa.
Benedetto XVI, domenica, ha avuto la soddisfazione di veder pubblicata, per la prima volta in edizione integrale, la tesi di abilitazione alla docenza consegnata nel 1955.
È un testo celebre, «La teologia della storia di San Bonaventura», uscito nel ’59 e tradotto nel mondo.
Solo che l’originale era più ampio: ed esce ora nel secondo volume delle Gesammelte Schriften di Ratzinger, le opere complete curate dal vescovo di Ratisbona Gerhard Ludwig Müller e stampate da Herder.
Di fatto una prima edizione, accompagnata dalla prefazione che Benedetto XVI ha scritto in primavera e l’«Osservatore Romano» pubblica in anteprima oggi.
Il titolo completo è «Rivelazione e teologia della storia di San Bonaventura»: era la parte sulla Rivelazione ad aver creato problemi al giovane teologo accusato di «pericoloso modernismo».
E pensare che adesso Benedetto XVI scrive: «Mi sono reso conto che la questione dell’essenza della Rivelazione e il fatto di riproporla, che è il tema del libro, hanno ancora oggi una loro urgenza, forse anche maggiore che in passato».
Dopo la laurea su Agostino, era stato Gottlieb Söhngen, «il mio maestro», a suggerire di lavorare su Bonaventura. «Un compito difficile», ricorda il Papa: «Dimostrai subito che la teologia medievale non conosce neanche un termine per esprimere da un punto di vista contenutistico il nostro moderno concetto di Rivelazione». Di qui una raffinata ricerca sul linguaggio «per capire cosa Bonaventura intendesse per Rivelazione». Troppo ardita per il correlatore Michael Schmaus, «subito aspramente critico del lavoro», anche perché «era nota la sua rivalità con Söhngen», spiega sull’«Osservatore» il medievista Paolo Vian.
Il consiglio di facoltà invitò Ratzinger a tener conto delle «osservazioni» di Schmaus. Ratzinger, già docente, non aveva tempo per una revisione completa.
Così presentò solo la seconda parte, «pubblicamente difesa» in una seduta «memorabile».
Il Papa ha dedicato al fratello Georg l’«edizione storica» di quest’opera che non poté riprendere: «Rimandai il lavoro su Bonaventura al periodo successivo al pensionamento. Nel frattempo il Signore mi ha condotto lungo altre vie...».

© Copyright Corriere della sera, 16 settembre 2009


Paparatzifan
00venerdì 18 settembre 2009 19:01
Dal blog di Lella...

Il secondo volume del “Gesù di Nazaret” entro la primavera 2010

L'infanzia, la Passione e la Resurrezione di Cristo

ROMA, venerdì, 18 settembre 2009 (ZENIT.org)

La seconda parte del libro di Benedetto XVI “Gesù di Nazaret” è attesa per la primavera del 2010, ha annunciato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, S.I., all'agenzia televisiva Rome Reports.
La prima parte del libro è stata pubblicata nell'aprile 2007 e in molti Paesi è stata un successo.
Il primo volume analizza la vita pubblica di Gesù, dal Battesimo al Giordano fino alla Trasfigurazione.
Nonostante quello che ha definito “piccolo incidente” estivo – la frattura del polso destro il 17 luglio –, il Papa ha lavorato a questo libro, che è una lezione di esegesi biblica e un trattato spirituale per ritrovare Gesù di Nazaret.
Questa seconda parte è dedicata all'infanzia, alla Passione e alla Resurrezione di Cristo.
Benedetto XVI ha indicato nel 2007 che il libro è frutto della sua riflessione personale, non come Papa. Per questo è firmato da Joseph Ratzinger-Benedetto XVI.
L'obiettivo, come egli stesso spiega nel prologo, è promuovere “l'amicizia con Gesù” e farlo conoscere nella sua relazione con il Padre.
Joseph Ratzinger aggiunge che desidera presentare Cristo come una figura storicamente sensata e convincente.

© Copyright Zenit


Paparatzifan
00martedì 12 gennaio 2010 16:33
Non è proprio scritto da lui ma...

Il Papa che parte da Ippona

«Sant’Agostino spiegato dal Papa» è il titolo del volume che esce oggi per la Libreria Editrice Vaticana a cura di Giuliano Vigini (nella foto), autore anche della prefazione che proponiamo qui per ampi stralci. Si tratta delle 5 catechesi che Benedetto XVI ha dedicato all’amato vescovo di Ippona nelle udienze generali del gennaio e febbraio 2008, illustrandone la biografia, la dottrina (con particolare riferimento a «Fede e ragione») e gli scritti, per finire con una lezione sulla «triplice conversione» del grande africano: la prima fu il suo avvicinamento alla fede (culminato nel battesimo della Pasqua 387), la seconda è il servizio di predicazione e di scrittura, la terza fu la sua continua richiesta di perdono.

© Copyright Avvenire, 12 gennaio 2010


Paparatzifan
00martedì 12 gennaio 2010 16:34
Dal blog di Lella...

Agostino batte le eresie di oggi

Fine teologo che sacrifica i sogni personali di vita contemplativa per confermare i fratelli nella fede con la predicazione del Vangelo in un mondo secolarizzato Per questo piace a Benedetto XVI

Giuliano Vigini

La frequentazione di Agostino da parte di Benedetto XVI è la storia di una lunga amicizia, che risale agli anni giovanili.
Coltivandola e approfondendola, egli entra in sintonia con la sua opera, ne coglie la novità, ne assapora il gusto. L’occasione di una dissertazione alla Ludwig Maximilian Universität di Monaco, nell’anno accademico 1950-1951, lo sollecita a indagare e a comprendere in modo nuovo la natura sacramentale della Chiesa, partendo proprio dal pensiero cristologico ed ecclesiologico elaborato da Agostino, nella cui visione e azione nulla è separato, ma tutto tende a interagire e a comporsi in un’armonia feconda.
In realtà, si nota ben presto che la dottrina di Agostino lascia nel giovane Ratzinger una traccia profonda.
Nei corsi, nei seminari e nelle conferenze da lui tenute nelle facoltà teologiche delle università tedesche (Bonn, Münster, Tübingen, Regensburg), già a partire dalla fine degli anni Cinquanta e fino all’anno della sua nomina ad arcivescovo di Monaco e Frisinga (1977), Agostino rappresenta un punto di riferimento costante: uno dei fondamenti ispiratori della sua teologia, così come uno dei fari spirituali del suo magistero.
Per Benedetto XVI il travagliato iter dell’esistenza di Agostino e il suo approdo alla fede è caratterizzato innanzitutto dalla «passione per la verità», come ebbe a ricordare anche nella solenne concelebrazione eucaristica agli «Orti borromaici», durante la sua visita a Pavia per venerare le spoglie di Agostino (22 aprile 2007).
Non però la verità intesa come principio filosofico astratto, ma come verità tangibile; non quindi un miraggio lontano, ma una verità incarnata. È la fede a spalancargli questo orizzonte di verità, facendogli trovare il legame costitutivo tra l’intelligere e il credere, tra le istanze della ragione e l’autorità della fede, tra la fede pensata e la fede vissuta.
Ma, prima di tutto, è l’umiltà con cui Agostino si pone in ricerca ad aprirgli le porte del mistero di Dio, ed è a questa umiltà a cui anche ogni cristiano è chiamato: «All’umiltà dell’incarnazione di Dio deve corrispondere – questo è il grande passo – l’umiltà della nostra fede, che depone la superbia saccente e si china entrando a far parte della comunità del corpo di Cristo».
Dopo il cammino di conversione e avvicinamento alla fede, Agostino ha però saputo mostrarsi umile – sottolinea il Papa – anche nel sacrificare i propri sogni (primo fra tutti, una volta diventato sacerdote, di dedicarsi alla vita contemplativa), per essere vangelo vivo in mezzo alla gente. Ai bivi della vita – dove si vorrebbe scegliere di andare da una parte, e dove Dio invece chiede di andare da un’altra – è spesso richiesto anche questo atto di umiltà.
Agostino ha saputo compierlo, mettendosi totalmente al servizio degli altri: «Sempre di nuovo essere lì per tutti, non per la propria perfezione; sempre di nuovo, insieme con Cristo, donare la propria vita, affinché gli altri potessero trovare Lui, la vera Vita». La fede umile di Agostino si manifesta anche nel suo inesausto bisogno della misericordia di Dio. Il suo non è stato l’atteggiamento di chi ha ricevuto il dono della grazia una volta per sempre, ma di chi, al contrario, si è sentito per tutta la vita un «mendicante di Dio» (mendicus Dei) ed ha perciò continuato a cercarlo per essere da lui perdonato e soccorso. Sotto questo aspetto, dall’esperienza di Agostino viene anche una sollecitazione alla «conversione permanente», assieme alla «grazia della perseveranza, che dobbiamo ogni giorno chiedere al Signore».
Infine, la passione per la verità che in Agostino trova sbocco nella fede in Cristo e nella fede della Chiesa si esprime anche in una grande passione per l’uomo. La fede non chiude le porte, non isola, non allontana la ragione e la libertà, non esclude nulla. La fede apre, dilata, orienta e guida, perché la fede nel «Dio Amore» (1Gv 4, 8.16) è tale se si manifesta come espansione d’amore, e la Chiesa è se stessa nella misura in cui sa vivere come comunità d’amore. La prima enciclica di Benedetto XVI, Deus caritas est – idealmente consegnata al mondo davanti alla tomba di Agostino e a lui «largamente debitrice» –, è appunto lo specchio di questo comandamento della carità, vissuto come servizio alla verità e all’amore di Cristo.
Nel presentare Agostino, Benedetto XVI arriva al cuore del suo insegnamento e lì attinge i pensieri, le parole e gli esempi che costituiscono le linee-guida del suo magistero.
Per lui, Agostino è come uno specchio che riflette anche una parte di sé. Ripercorrendo la sua opera teologica, spirituale-meditativa e culturale, si può cogliere, in realtà, il filo conduttore agostiniano che ispira e tiene insieme le varie parti della sua riflessione.
Due sembrano i concetti-cardine attraverso i quali si sviluppa il pensiero di Benedetto XVI: la verità e l’unità. La verità intesa come «sinfonia», secondo un concetto antico ripreso e reso famoso da Hans Urs von Balthasar.
L’unità intesa come comunione nella verità, dove le differenze non si scompongono e autoisolano in rovinosi particolarismi, ma si saldano in una reciprocità d’amore che guarda sempre al bene più grande, cioè la verità piena, totale e armonica. Quando vengono a mancare questi presupposti, l’approccio alla verità diventa una «mono-fonia», anziché essere una «sin-fonia»; un canto omofono invece che polifonico. È quanto Johann Möhler – uno dei teologi più apprezzati da Benedetto XVI (con Newman, Rosmini, Scheeben, Guardini, De Lubac, Congar, von Balthasar...) – esprimeva in modo analogo, parlando del senso di superiore bellezza che si riceve da un coro: non tanto perché delle persone cantano in modo impeccabile, ma perché l’educazione dei cantori e la saggezza di chi li guida sono tali da fondere voci e tonalità diverse in un’unica armonia. In questa linea di pensiero – che richiama per vari aspetti la predicazione e l’azione pastorale di Agostino – si colloca l’opera di Benedetto XVI.
Già nel suo celebre Rapporto sulla fede (il colloquio-intervista con Vittorio Messori) l’autore affrontava tutta una serie di problematiche teologiche e morali (dall’idea di Chiesa al dramma della morale; dalla liturgia ai fratelli separati; dalla teologia della liberazione al femminismo), preoccupandosi di mettere dei punti fermi e di dissipare i numerosi equivoci sorti su tante questioni. Oggi alcune di quelle questioni sono tornate; altre hanno mutato di segno; altre ancora si sono aggiunte, alimentando antichi e nuovi dibattiti.
Puntando alle sorgenti della fede e a un’interpretazione autentica dei testi, Benedetto XVI tiene comunque sempre fissa la barra al centro, dove la fedeltà ai princìpi, alla tradizione, a una chiara e solida identità cristiana non preclude la possibilità di vedere e applicare, in modo intelligente ed equilibrato, ciò che può servire a vivere sempre più consapevolmente la propria fede, nell’oggi della Chiesa e dell’uomo.
Se ai tempi di Agostino le controversie erano di natura dottrinale e vedevano lo strenuo impegno del vescovo di Ippona nel combattere tante eresie e deviazioni (manichei, donatisti, pelagiani, eccetera), oggi le grandi problematiche sono di natura ecclesiale e pastorale, considerate soprattutto all’interno del vasto tema della «nuova evangelizzazione», in un mondo sempre più secolarizzato, fuori e dentro la Chiesa.
Tutto l’impegno di Benedetto XVI, nell’adempiere al proprio mandato di custodire e confermare i fratelli nella fede, sta nel richiamare la necessità di un forte radicamento in Cristo e nei valori perenni del cristianesimo. Questi sono gli unici veri presupposti per essere cristiani maturi nel vivere la fede e credibili nel portarla agli altri.
Da qui anche il richiamo – nella memoria viva di Agostino, uno dei padri fondatori della cultura occidentale – ai fondamenti cristiani dell’Europa, alle sue «radici», che sono come il cemento che tiene insieme l’idea stessa dell’uomo, sacro in quanto creatura di Dio e inviolabile nella sua dignità di persona. Senza tali radici, non solo si viene a perdere l’identità cristiana che ha plasmato spiritualmente e culturalmente l’Europa, ma viene a sfaldarsi, nel relativismo imperante, la verità profonda dell’uomo e del suo destino, che dovrebbe invece essere l’anima comune anche dell’Europa di oggi.

© Copyright Avvenire, 12 gennaio 2010


Paparatzifan
00martedì 12 gennaio 2010 21:05
Paparatzifan
00mercoledì 27 gennaio 2010 21:09
Dal blog di Lella...

Stato e Chiesa negli scritti del giovane Ratzinger

Ritorna il saggio di teologia politica elaborato nel 1970 dal futuro pontefice: seguendo Agostino, dobbiamo evitare sia l’«ecclesializzazione» dello Stato, sia la «statalizzazione» della Chiesa

di Cesare Cavalleri

Nel 1962 il trentacin­quenne professor Joseph Ratzinger tenne una conferenza alla settimana della Salzburger Hochschule sul rapporto tra l’elemento nazionale e quello umano universale nella visione dei Padri della Chiesa, concretamente in Origene e in Agostino.
Il te­sto, pubblicato dapprima in rivista, prese corpo in un li­bro che vide la luce nel 1970, tradotto in italiano dalla Morcelliana nel 1973, per la cura di Giulio Colombi, e o­ra lodevolmente riproposto con lo stesso titolo: Benedetto XVI, "L' unità delle nazioni. Una visione dei Padri della Chiesa" (pa­gine 144, euro 12,00).
Come scrive nell’introdu­zione il direttore dell’' Os­servatore romano', Gian Maria Vian, « c’è già tutto Ratzinger in questo piccolo libro, tanto prezioso quan­to poco conosciuto». C’è, in­fatti, in quelle poche pagi­ne il Ratzinger biblista che segue l’interpretazione ca­nonica della Scrittura (cioè analizza i singoli passi al­l’interno dell’interno cano­ne biblico); c’è il Ratzinger teologo che non perde mai di vista il significato ultimo degli eventi storici; c’è il Rat­zinger appassionato dei Pa­dri, che a sant’Agostino a­veva dedicato la tesi dotto­rale; e c’è sempre il Ratzin­ger professore che unisce la chiarezza espositiva al rigo­re della metodologia, e do­cumenta ogni affermazione con l’indicazione delle fon­ti puntigliosamente com­mentate in nota. L’oggetto dello studio, che apparen­temente potrebbe sembra­re di scavo erudito, conser­va una spiccata attualità, trattandosi di 'teologia po­litica'.
Vediamo un po’. Al culmine della romanità, Augusto a­veva fatto costruire l’ Ara pa­cis, in cui era effigiata la Ma­dre terra, simbolo dell’unità del genere umano, nella di­mensione cosmica inter­pretata dall’impero. Il mot­to augusteo Pax in terris sarà riecheggiato, con ben altro significato, dagli angeli che annunzieranno ai pastori la nascita del Salvatore. Nella Bibbia, invece, l’unità del genere umano risulta spez­zata con la costruzione del­la Torre di Babele, e l’attua­le dispersione ha anche un significato punitivo. Contro lo gnosticismo che si oppo­neva a ogni forma di orga­nizzazione statuale, vista come espressione di un mondo radicalmente catti­vo, Origene non si discostò dall’interpretazione cristia­na secondo cui il mondo, benché intaccato dal pec­cato, è comunque opera del Dio creatore. E pur consi­derando espressione de­moniaca gli Stati nazionali, governati dagli arconti, di contro all’unità della Chie­sa in prospettiva escatologica, O­rigene distin­gueva due leggi, quella della na­tura, di origine divina, e quella degli Stati che, in caso di conflitto doveva subordi­narsi alla prima. Quanto ad Ago­stino, egli considera la reli­gione politica nient’altro fondata che sulla consuetu­dine, mentre la religione cri­stiana attiene alla verità che emancipa dalla potestà dei demoni. La teologia politica agostiniana è antitetica sia allo stoicismo che identifi­cava Dio e mondo, sia al pla­tonismo che sanciva l’e­sclusione di ogni contatto tra Dio e mondo. Per effetto dell’Incarnazioone, il Dio creatore è anche il Dio del­la storia, e Agostino può op­porre alla confusione delle lingue a Babele il prodigio delle lingue a Pentecoste. La dottrina agostiniana delle due città «non mira né a u­na 'ecclesializzazione' del­lo Stato, né a una 'stataliz­zazione' della Chiesa, ma, in mezzo agli ordinamenti di questo mondo, che ri­mangono e devono restare ordinamenti mondani, a­spira a rendere presente la nuova forza della fede nel­l’unità degli uomini nel cor­po di Cristo, come elemen­to di trasformazione, la cui forma completa sarà crea­ta da Dio stesso, una volta che la storia abbia raggiun­to il suo fine » . Agostino, dunque, giunge perfino ad auspicare un rinnovamen­to dell’Impero romano, re­stando tuttavia fedele al pensiero escatologico che relativizza ogni ordina­mento mondano.
Anche da questa sussulto­ria sintesi si può intuire la profondità del pensiero del giovane Ratzinger, che avrà modo di svilupparsi sia nei documenti elaborati da prefetto della congregazio­ne per la Dottrina della fe­de, sia nel magistero di Be­nedetto XVI.

© Copyright Avvenire, 27 gennaio 2010


Paparatzifan
00venerdì 18 giugno 2010 12:06
Da "La Stampa.it"...

18/6/2010 -

E il Gesù di Nazareth II?

E' in ritardo sulle previsioni l'uscita del secondo libro di Joseph Ratzinger sulla vita del Messia. C'è chi pensa che uscirà nella Quaresima del 2011, e ci sono voci su un terzo libro della serie, dedicato all'infanzia.

MARCO TOSATTI

Lo aspettavano per la Pasqua scorsa; è molto probabile che esca invece per la prossima Quaresima, quella del 2011. Anche se in Vaticano qualcuno, particolarmente ottimista, pensa che lo potremo vedere nell’autunno prossimo. E’ il secondo libro di Joseph Ratzinger su “Gesù di Nazareth” in cui si parlerà della sua Passione, Morte e Resurrezione. E sempre secondo persone bene informate, è molto probabile che non sia l’ultimo della serie: sarebbe già pronto il materiale per la terza fatica di Benedetto XVI tutta incentrata sull’infanzia e sull’inizio della predicazione del Messia. Ma perché tanto ritardo su previsioni anche eccellenti? Il riserbo che circonda la parte non pubblica della vita e delle opere di Papa Ratzinger è piuttosto fitto anche su questo tema, così caro al cuore del Papa. Ma sembra che la tempesta degli abusi non abbia risparmiato nemmeno l’orto teologico e letterario de Pontefice. La casa editrice tedesca Herder Verlag avrebbe consigliato i responsabili della Santa Sede di dilatare i tempi di uscita, a causa dello scarso favore presente nell’opinione pubblica verso tutto ciò che è chiesa. E poi ci sono i tempi tecnici. Se le informazioni sono, come pensiamo, affidabili, la versione tedesca sarebbe stata “congedata” da papa Ratzinger poco più di un mese fa. Nel frattempo sono in corso le traduzioni. Quella in italiano, che Benedetto XVI vorrà controllare personalmente, e nelle altre lingue, sotto la supervisione della Segreteria di Stato (inglese, francese e spagnolo). Dal momento che l’intenzione è quella di far uscire tutte e cinque le versioni in contemporanea, e che non sarà più Rizzoli, come nel primo Gesù di Nazareth, ma la Editrice Vaticana i tempi diventano più lunghi e laboriosi. E poi, aggiunge maliziosamente qualcuno, da quando è stata ripubblicata la “Vita di Gesù” dell’Abate Giuseppe Ricciotti le vendite del “Gesù” di Ratzinger si sono fermate.


Paparatzifan
00martedì 29 giugno 2010 19:11
Dal blog di Lella...

Come il Papa vede la priorità di Dio

di Tarcisio Bertone

La Libreria Editrice Vaticana (Lev) ha già avuto il privilegio di arricchire il suo catalogo con decine di documenti dell'insegnamento e del magistero di Benedetto XVI, documenti tra i quali spiccano, per la loro importanza teologica, le tre encicliche Deus caritas est, Spe salvi e Caritas in veritate, ma anche interventi preziosi come l'Esortazione apostolica postsinodale sull'Eucaristia, Sacramentum caritatis, e la Lettera apostolica "Motu proprio data" Summorum Pontificum, che hanno rivelato e ribadito la sua predilezione per il tema della Sacra Liturgia, tema specifico di questo undicesimo volume dell'"Opera Omnia".
Lo stesso Santo Padre ha chiarito che questa sua predilezione per la liturgia è strettamente legata al modo in cui Egli vede la "priorità di Dio" (Primat Gottes).
Tale priorità trova la sua espressione più significativa proprio nel culto di adorazione che la Chiesa ha sempre tributato a Dio, fin dagli inizi della sua storia, nella celebrazione liturgica dei riti sacri, innanzi tutto mediante il Sacrificio eucaristico della Santa Messa, centro propulsore di tutta la vita cristiana.
Questi documenti e scritti si inseriscono in maniera mirabile nel flusso straordinario di un profondo pensiero filosofico e teologico, che Joseph Ratzinger ha avuto occasione di esprimere con sorprendente originalità e coerente continuità fin dai primi anni di un'"attività accademica" di prim'ordine, e poi in un costruttivo "ministero della parola" da lui esercitato nell'attività pastorale di sacerdote e di vescovo a servizio del popolo di Dio.
Per questo motivo, la Libreria Editrice Vaticana può sentirsi onorata e lieta di pubblicare in sedici volumi, in collaborazione con la casa editrice Herder, tutti gli scritti nei quali Joseph Ratzinger ha regalato all'umanità contemporanea la ricchezza del suo pensiero nel corso della sua instancabile attività d'insegnamento e di ministero sacerdotale.
Sorprendente è la capacità comunicativa con cui egli sa rivolgersi ai lettori, anche sui temi filosoficamente e teologicamente più impegnativi. Va rilevata, per altro, una "creatività" lessicale corrispondente a una "creatività" concettuale con cui Egli sa rivolgersi non solo alla "fede" del credente, per confermarla e irrobustirla, ma anche alla "ragione" che è appannaggio di ogni uomo. Di qui l'importanza della fedele e perfetta traduzione dalla lingua originale, che l'editrice si è premurata di assicurare.
L'auspicio è dunque che vengano presto pubblicati gli altri volumi dell'Opera, e che nella mente e nel cuore di molti lettori possa fruttificare quel seme che l'illuminato Teologo/Pastore di anime ha voluto e saputo gettare nel "campo" del Popolo di Dio.

(©L'Osservatore Romano - 28-29 giugno 2010)


Paparatzifan
00martedì 24 agosto 2010 19:37
Dal blog di Lella...

Libro sulla Resurrezione, in arrivo nuovo best seller di Ratzinger

Se il primo volume su Gesù di Nazareth è stato un successo pazzesco, con oltre due milioni di copie vendute nel mondo, il seguito della Storia scritta da Papa Ratzinger che ha per oggetto la Resurrezione di Nostro Signore, non sarà da meno.
La prima settimana di Quaresima è prevista l’uscita mondiale di un altro best seller da record.
Il libro della Pasqua 2011 si compone di nove capitoli e inizia a raccontare, prendendo come base il racconto di Luca, l’ultimo percorso di vita di Cristo con l’ingresso trionfale a Gerusalemme. I cori osannanti, le palme, due ali di folla e la città, ben visibile sullo sfondo, situata là in alto, quale metafora di un passaggio superiore. Il titolo definitivo dell’opera non è ancora stato individuato, potrebbe essere «Il Risorto», oppure «Passione e Resurrezione di Gesù di Nazareth». Tutto sommato è un dettaglio che verrà deciso all’ultimo. Quel che importa, ormai, è il lancio globale, che avverrà in contemporanea in tutti i Paesi. Il successo pare scontato. La Libreria Editrice Vaticana, anche stavolta, prevede una tiratura monstre. Sommando le edizioni nelle varie lingue si oltrepasserà sicuramente i 2 milioni e mezzo di copie. Padre Giuseppe Costa, salesiano, direttore della Lev è il motore organizzativo che sta muovendo i fili, gestendo un progetto editoriale a dir poco complesso.
Innanzitutto perché si tratta di uno scritto denso e profondo benché confezionato con uno stile semplice, cristallino, privo di fronzoli; e poi perché per la prima volta tutte le traduzioni nelle varie lingue, che sono circa una ventina, mica uno scherzo, compreso il lituano, il cinese, il giapponese, l’ungherese («L’arabo no, ma tanto so che presto ce lo richiederanno»), sono state affidate ai minutanti della Segreteria di Stato, gli unici in grado di tradurre senza difficoltà dal tedesco - la lingua utilizzata da Benedetto XVI - il senso dei passaggi teologici più delicati, evitando di alterare, sfumare o distorcere tanti concetti. Un problema che puntualmente si è manifestato in passato quando le traduzioni in lingua venivano affidate a professionisti esterni al Vaticano e non sempre ferrati in teologia. Molti ritardi e inceppamenti erano causati proprio da questo aspetto. «Stavolta non sarà così». Padre Costa in questi giorni presente al Meeting di Rimini, si aggira tra gli stand curioso. In attesa di prendere la parola assieme al vescovo di Ratisbona e a Roberto Fontolan per raccontare al popolo ciellino com’è il Ratzinger scrittore, rivede gli ultimi passaggi organizzativi. «A settembre vi sarà un’altra riunione per fare il punto sulle traduzioni che stanno andando avanti di pari passo. Mancano pochi capitoli. Il termine di consegna è fissato per il 15 gennaio». Novità in vista anche dal punto di vista della gestione del copyright. Molte delle grandi case editrici straniere che in passato erano riuscite ad accaparrarsi i diritti, sono state sostituite con aziende editoriali più piccole ma di settore. «Abbiamo privilegiato editori cattolici capaci di seguire il percorso del libro anche dopo il lancio, in modo da favorire l’avvicinamento del lettore alla meditazione di Ratzinger. Non volevamo che questo libro fosse trattato come un qualsiasi prodotto di mercato perché è molto, molto di più. Si tratta di uno strumento per chi è alla ricerca di senso e di fede». E così stavolta sono restati al palo colossi editoriali laici, mentre sono state favorite realtà minori come Parole et Silence, Ignatius, Encuentro. Terminata la fatica editoriale sulla Resurrezione che è costata complessivamente due anni di lavoro, Papa Ratzinger ha subito ripreso in mano la penna per il terzo volume dedicato, stavolta, all’infanzia di Gesù. A Castelgandolfo scrive soprattutto a mano e alla consacrata Ingrid Stampa, sua storica segretaria, spetta il compito di trascrivere visto che è una delle poche persone in grado di decrittare la minuta grafia. Impossibile dire quando la trilogia su Cristo sarà finita, di certo però passerà alla storia come l’opera più importante di Papa Benedetto XVI. Per certi versi il testamento spirituale. f.gia.

© Copyright Il Mattino, 23 agosto 2010


Paparatzifan
00mercoledì 25 agosto 2010 10:22
Dal blog di Lella...

In arrivo altri suoi due titoli su Gesù mentre si attende un nuovo saggio-intervista

di Redazione

Joseph Ratzinger si conferma non soltanto un autore seguitissimo, ma anche prolifico. Tre giorni fa è stato presentato al Meeting di Rimini il primo volume dell’Opera omnia di Papa Benedetto XVI, curata dalla Libreria Editrice Vaticana. Nel primo dei 16 tomi che costituiranno la raccolta vengono pubblicati gli scritti del futuro Pontefice sulla centralità della liturgia nella vita cristiana.
Ma c’è attesa soprattutto per il secondo volume su Gesù di Nazaret, che Benedetto XVI ha completato e in queste settimane viene tradotto dagli esperti della Segreteria di Stato. Il direttore della Lev, don Giuseppe Costa, ha annunciato che è già stato raggiunto un accordo con 18 editori nei vari Paesi. Il secondo volume su Gesù sarà incentrato sul mistero pasquale della Passione, morte e Risurrezione. La data possibile per l’uscita è il 15 marzo.
Benedetto XVI non ha però alcuna intenzione di fermarsi e sta già cominciando a lavorare a un terzo volume su Gesù, che sarà dedicato ai vangeli dell’infanzia, i testi di Matteo e Luca che raccontano la nascita del Messia.
E c’è chi spera che il Pontefice, il quale da cardinale ha più volte rilasciato lunghe interviste trasformate in libri (da Rapporto sulla fede con Vittorio Messori ai due volumi Il sale della terra e Dio e il mondo, curati dal giornalista tedesco Peter Seewald) possa in futuro accettare di pubblicare un nuovo libro-intervista dedicato agli anni del pontificato.

© Copyright Il Giornale, 25 agosto 2010


Paparatzifan
00lunedì 11 ottobre 2010 13:57
Dal blog di Sandro Magister...

L'Editrice vaticana cambia il titolo del libro del papa su Gesù

Alla Fiera del Libro di Francoforte la Libreria Editrice Vaticana ha annunciato l’uscita imminente del libro-intervista di Benedetto XVI “Luce del mondo. Il papa, la Chiesa e i segni dei tempi” e, qualche mese più in là, del secondo volume della sua trilogia su Gesù.
Di entrambi i libri ha messo in mostra le copertine. Con una sorpresa non da poco a riguardo del libro su Gesù.
Mentre infatti il primo volume, stampato in Italia nel 2007 da Rizzoli, aveva per titolo “Gesù di Nazaret”, quest’altro è stato annunciato con un’acca in più: “Gesù di Nazareth”.
Che un libro in più tomi cambi il proprio titolo generale da un tomo all’altro non è nella norma.
Di per sé entrambe le dizioni hanno le loro ragioni. In italiano si può scrivere con validi motivi sia Nazaret che Nazareth.
Nell’ultima traduzione ufficiale delle Sacre Scritture adottata dalla conferenza episcopale italiana, Nazaret è scritto senza l’acca.
Nella “vulgata” latina c’è Nazareth. Ma nel testo greco originale dei Vangeli sono attestate entrambe le scritture, sia con la semplice “t” sia con il “th”. Nell’edizione critica del Merk, in Matteo si legge Nazaret, mentre in Luca si legge Nazareth. In entrambi i casi, la versione italiana a fronte è senza l’acca.
Nello scrivere il proprio libro in tedesco, Benedetto XVI ha scritto sempre e soltanto Nazareth, perché in tedesco questa è l’unica dizione in uso.
Ma nell’edizione italiana del primo tomo, anch’essa controllata parola per parola dall’autore, nel titolo e nel testo c’era Nazaret senza l’acca.
Non si capisce quindi il motivo del cambiamento, nell’edizione italiana del secondo tomo.
Se, come annunciato, nel titolo entrerà l’acca, per le future indicazioni bibliografiche saranno guai. Per la trilogia in edizione italiana dovranno essere indicati, a rigore, sia l’uno che l’altro titolo, quello con l’acca e quello senza.


Paparatzifan
00mercoledì 27 ottobre 2010 18:50
Dal blog di Lella...

Il cardinale segretario di Stato all'Ambasciata d'Italia presso la Santa Sede per un invito alla lettura dell'Opera omnia di Joseph Ratzinger

Nella liturgia la chiave di volta

Nel pomeriggio di mercoledì 27 ottobre, all'Ambasciata d'Italia presso la Santa Sede, vengono presentati la traduzione in italiano del primo volume dell'Opera omnia di Joseph Ratzinger (La teologia della liturgia, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2010, pagine 849, euro 55) e del libro curato da Pierluca Azzaro Joseph Ratzinger. Opera omnia. Invito alla lettura (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2010, pagine 103, euro 7).
Alla presenza dell'Ambasciatore Antonio Zanardi Landi, intervengono il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, Gianni Letta, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri della Repubblica italiana, Christian Schaller, direttore vicario dell'Istituto Benedetto XVI di Ratisbona, e Lucetta Scaraffia, dell'università di Roma La Sapienza. Anticipiamo il discorso del cardinale segretario di Stato. Pubblichiamo inoltre stralci della prefazione e di due saggi del libro Joseph Ratzinger. Opera omnia. Invito alla lettura.

di Tarcisio Bertone

Il Santo Padre, nella sua prefazione all'edizione tedesca -- nel primo dei tre volumi finora usciti a partire dal 2008 -- scrive: «Quando, dopo qualche esitazione, ho deciso di accettare il progetto di un'edizione di tutte le mie opere, avevo ben chiaro che doveva valere l'ordine delle priorità seguito dal concilio e che quindi all'inizio doveva esserci il volume con i miei scritti sulla liturgia».
Ecco qui, offertaci dallo stesso Autore, una prima chiave per accostarci, con intelligenza, alla lettura -- affascinante e capace di coinvolgere non solo la mente, ma anche il cuore del lettore -- di questo primo, corposo tomo che ora abbiamo tra le mani. Penso che questa, che ho appena citato, sia una di quelle confidenze cui il Papa ci ha abituati in questi cinque anni e che noi non dobbiamo assolutamente sottovalutare se vogliamo cogliere la linea di sviluppo non solo del suo pensiero teologico, come autore di innumerevoli scritti, ma dello stesso servizio petrino cui è stato chiamato, così come lo sta attuando.
Tutti, infatti, ricordiamo il primo discorso che Benedetto XVI ha rivolto alla Curia Romana nel 2005, in occasione della presentazione degli auguri natalizi. Un discorso ampio e articolato, nel quale il Pontefice ha voluto fare memoria della conclusione del concilio Vaticano II, avvenuta quarant'anni prima, l'8 dicembre del 1965.
E in quel contesto egli non ha avuto timore di chiedersi con coraggio: qual è stato il risultato del concilio? È stato recepito nel modo giusto? Che cosa, nella recezione del concilio, è stato buono, che cosa insufficiente o sbagliato? Che cosa resta ancora da fare? Un incalzare di domande -- come è nello stile di Benedetto XVI -- che hanno dato luogo a una constatazione: «Nessuno può negare che, in vaste parti della Chiesa, la recezione del concilio si è svolta in modo piuttosto difficile».
Ma quelle domande e la constatazione che ne è seguita non sono sfociate in recriminazioni o lamenti, bensì hanno suscitato ulteriori domande e dato voce al bisogno di offrire una sintesi, forse ancora embrionale, delle molte difficoltà vissute dalla Chiesa in questi ultimi decenni.
Ascoltiamo ancora il Papa: «Perché la recezione del concilio, in grandi parti della Chiesa, finora si è svolta in modo così difficile? Ebbene, tutto dipende dalla giusta interpretazione del concilio o -- come diremmo oggi -- dalla sua giusta ermeneutica, dalla giusta chiave di lettura e di applicazione. I problemi della recezione sono nati dal fatto che due ermeneutiche contrarie si sono trovate a confronto e hanno litigato tra loro».
Ho richiamato quel discorso del dicembre 2005 soprattutto perché in esso il Papa ha rilevato che a proposito del concilio è ancora in atto tale «confronto», e lo ha detto con la consueta trasparenza, semplicità e chiarezza che lo contraddistinguono, così da farsi capir non solo dagli studiosi, ma da tutta l'opinione pubblica.
Ed è riprendendo quelle domande e quelle constatazioni che si capisce meglio anche il valore di questo primo volume dell'Opera omnia e si coglie in pieno la decisione di partire dal concilio Vaticano II.
Riconoscere e affermare che vi è da una parte una «ermeneutica della discontinuità e della rottura» e che, dall'altra parte, c'è una «ermeneutica della riforma» che sceglie e spinge per il «rinnovamento nella continuità dell'unico soggetto-Chiesa, che il Signore ci ha donato», è decisivo per avere la chiave di lettura di Teologia della Liturgia.
Qui, infatti, vediamo usare quel tipo di approccio che, per dirlo ancora con le parole del Papa, fa sì che il concilio Vaticano II, «se lo leggiamo e recepiamo guidati da una giusta ermeneutica, può essere e diventare sempre di più una grande forza per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa».
Ecco spiegata, a mio parere, la prospettiva di questo primo e fondamentale volume dell'Opera omnia: è l'intento di aiutare la Chiesa in un grande rinnovamento che si rende possibile solo se si «ama l'Amato», come insegna la liturgia, un amore che porta frutto nella vita di tutti i giorni.
Vorrei aggiungere -- ed è il secondo aspetto del mio intervento -- che questo aiuto alla Chiesa, il professore e poi cardinale Joseph Ratzinger, ora Papa Benedetto XVI, lo ha dato in tutta una vita di ricerca. Un impegno che ha prodotto oltre un centinaio di volumi e più di 600 articoli. Di tutto questo l'Opera omnia deve dar conto nell'insieme dei sedici volumi previsti. In questo sulla liturgia troviamo raccolti scritti che vanno dal 1964 al 2004.
Questa mole di testi attesta non solo il lavoro dello studioso, ma getta luce anche sulla encomiabile generosità con la quale il professor Joseph Ratzinger ha voluto condividere il frutto delle sue ricerche con un pubblico veramente vasto ed eterogeneo.
La vastità e varietà di interventi, richiesti sia dallo studio teologico, sia dal servizio pastorale, suggerisce un'ulteriore considerazione: dobbiamo essere maggiormente consapevoli -- e anche riconoscenti -- della fatica che hanno dovuto, e dovranno compiere i curatori dell'Opera omnia -- il vescovo di Ratisbona monsignor Gerhard L. Müller, Rudolf Voderholzer e Christian Schaller. Essi infatti devono lavorare molto per offrirci il pensiero di un autore che è uno dei protagonisti della teologia di questi ultimi cinquant'anni.
Un autore che, tra l'altro, ha sviluppato anche un proprio metodo di ricerca che, mentre scava in profondità nel passato, sa dire una parola significativa e originale all'uomo contemporaneo. Un pensiero, dunque, che si raccorda sempre con la vita e i suoi problemi.
Lo sappiamo, il metodo teologico di Joseph Ratzinger parte sempre da una seria e acuta analisi biblica, per passare poi ai Padri della Chiesa -- dei quali possiede una conoscenza molto profonda -- per giungere alla riflessione teologica sistematica. Questo modo di procedere rigoroso non diventa mai una «gabbia» per il pensiero, ma una garanzia per offrire una parola originale e illuminante sul presente.
A questo proposito, vorrei portare solo un esempio, ricavandolo dal volume che presentiamo questa sera. Cito testualmente: «Per il cristianesimo nascente, il confronto con la gnosi significa lo scontro decisivo per la determinazione della propria identità». Ebbene, da questo sintetico squarcio sulla storia della Chiesa delle origini, ecco emergere una stimolante affermazione sull'attualità. Cito ancora: «Anche oggi lo gnosticismo torna a esercitare il suo fascino in molti modi: le religioni dell'Estremo Oriente portano in sé la stessa struttura fondamentale». E aggiunge: «Il Creatore vuole positivamente che il creato esista come qualcosa di buono che gli sta di fronte».
Quindi, non «caduta dall'Infinito», bensì invito rivolto all'uomo a scoprire la propria originalità, perché possa tornare a Dio con «una risposta di libertà e di amore». In questo significativo «campione», si può vedere dischiuso il tratto caratteristico del magistero di Benedetto XVI, che è proprio un continuo appello all'uomo perché riconosca e accolga questa sua vocazione alla pienezza di vita nella verità e nella carità. Libertà e amore hanno il loro fondamento nella capacità stessa dell'uomo di usare bene la ragione.
Ecco allora offrirsi al lettore di questo libro -- Teologia della Liturgia -- con chiarezza e luminosità sorprendente l'immagine di un uomo che può rivolgersi al suo Creatore e dire: «Vieni oggi, Signore, vieni in ciascuno di noi, e vieni anche in questo nostro tempo: visibile, storico, nuovo».

(©L'Osservatore Romano - 28 ottbre 2010)


Paparatzifan
00mercoledì 27 ottobre 2010 19:00
Dal blog di Lella...

Quel teologo che parla a tutti

di Lucetta Scaraffia

Ha senso che una persona priva di una preparazione teologica quale sono io si occupi dell'Opera omnia di uno dei più importanti teologi del nostro tempo, Joseph Ratzinger?
Pur con qualche timore, rispondo: sì, senza alcun dubbio.
Tutta la sua opera, infatti, è rivolta non solo alla ristretta comunità degli specialisti ma a tutti i suoi contemporanei - siano essi credenti o non credenti - e nasce dalle domande che l'epoca attuale sollecita. Sono saggi e libri pensati per tutti noi, che siamo contemporanei di questo grande teologo capace di pensare il nostro tempo e di cercare le risposte che la cultura cristiana può e deve trovare. Si tratta di testi scritti, infatti, con un linguaggio limpido e chiaro, e quindi comprensibile anche ai non addetti ai lavori, i quali vengono trascinati nella lettura perché scoprono risposte a domande inevase da sempre, o che avvertivano confusamente, senza trovare la lucidità per porsele.
Le parole di Ratzinger sono come una luce chiara e paziente, e viene da pensare a quella che John Henry Newman chiamava "luce gentile" (kindly light). Una luce che porta i lettori a fare chiarezza sulle domande fondamentali della vita ripresentate nel modo in cui si pongono oggi. In questo conta certamente il fatto che egli sia stato per anni un professore, abituato quindi a farsi ascoltare da menti giovani, e che a detta di molti testimoni sia stato un professore ottimo.
La pubblicazione dell'opera omnia di Benedetto XVI costituisce quindi un'operazione di grande importanza sul piano culturale, e non solo su quello religioso; anche perché mette in evidenza un carattere particolare del Papa attuale, quello cioè di essere un intellettuale di grande profondità, un uomo che, sul piano teologico, ha profondamente riflettuto sulla funzione della Chiesa e della fede nel suo tempo, un sapiente che cerca di capire sino in fondo il mondo in cui si trova a vivere.
Certamente, un Papa così era necessario in questo momento storico, ed è difficile non riconoscerlo: la modernità, infatti, è soprattutto una crisi di senso, cioè una frattura culturale che comincia dal modo stesso di concepire l'essere umano. Non bastava che la Chiesa cattolica mantenesse il suo ruolo di custode fedele della tradizione; ci voleva un passo in più, un salto di lucidità per trovare il modo di spiegare al mondo contemporaneo il patrimonio della tradizione, e per farlo ci voleva un intellettuale che questo mondo lo comprendesse sino in fondo.
Le opere di Ratzinger sono innanzi tutto la storia di questo processo di comprensione e, soprattutto, la ricerca di una risposta cristiana adeguata alla modernità e alla secolarizzazione. E sono anche la prova che in un momento di crisi religiosa così forte come quello che stiamo vivendo è importante, anzi necessario, che colui che è divenuto la guida visibile della Chiesa riunisca in sé le qualità di pastore con quelle di intellettuale, di teologo, di sapiente.
Attraverso l'Opera omnia abbiamo quindi modo di capire il suo pensiero, comprendendo il quale diventano più chiare le sue scelte e le sue azioni come Pontefice, ma al tempo stesso possiamo in questo modo capire meglio noi stessi, esseri umani travolti dalla modernità, abituati a vivere in una atmosfera culturale che procede ignorando la verità e quindi anche la sua ricerca.
Amore e quindi difesa della Chiesa costituiscono una caratteristica di fondo, nella seconda parte della sua vita, a partire dal 1977: prima come arcivescovo di Monaco e Frisinga, e poi dal 1982 a Roma come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Amore e difesa della Chiesa che non lo inducono mai, però, a un atteggiamento di chiusura difensiva, come invece amano pensare molti, soprattutto i giornalisti. Lo rivela la sua apertura alle domande e ai dubbi, considerati sempre come un momento positivo di crescita.
Sulla fertilità del dubbio come momento necessario per muoversi alla ricerca della verità, Ratzinger ha scritto parole intense e bellissime proprio in quest'opera: "Sul credente pesa la minaccia dell'incertezza, che nei momenti della tentazione gli fa duramente e d'improvviso balenare dinnanzi agli occhi la fragilità del tutto, il quale ordinariamente gli appare invece tanto ovvio". Ma, "come sinora abbiamo riconosciuto che il credente non vive senza problemi, ma è costantemente minacciato dal rischio di precipitare nel nulla, così riconosceremo adesso il mutuo intrecciarsi dei destini umani, giungendo a dover ammettere che nemmeno il non credente conduce un'esistenza perfettamente chiusa in se stessa". Una scoperta della fertilità del dubbio che può portare addirittura a un incontro: "E chissà mai che proprio il dubbio, il quale preserva tanto l'uno quanto l'altro dalla chiusura nel proprio isolazionismo, non divenga il luogo della comunicazione".
Sarebbe questo il rigido difensore della Chiesa e dell'ortodossia pronto a condannare ogni dubbio, come tanto spesso Joseph Ratzinger, prima e dopo l'elezione papale, è stato dipinto? La lettura delle opere permette di dissipare molti luoghi comuni, e di fare interessanti scoperte.
"Niente può diventare retto, se noi non stiamo nel retto ordine con Dio" ci ricorda Ratzinger nel magistrale e toccante commento al Padre Nostro, Solo tornando ad ascoltare e a capire Gesù si possono trovare le risposte vere ai problemi che pone il mondo di oggi.
Proprio per questo motivo, come spiega chiaramente nell'introduzione, il primo volume pubblicato dell'Opera omnia è l'undicesimo, e cioè la raccolta di scritti dedicati alla liturgia: "Prima di tutto Dio: questo ci dice l'iniziare con la liturgia", affermazione che mette in chiaro come tutta l'opera di Ratzinger si deve considerare come un servizio a Dio e alla Chiesa, piuttosto che un esercizio di cultura e di intelligenza individuali. Una fatica intellettuale donata a Dio, come spiega lui stesso con limpida chiarezza: "Non ho mai cercato di creare un mio sistema, una mia particolare teologia. Se proprio si vuole parlare di specificità. Si tratta semplicemente del fatto che mi propongo di pensare insieme con la fede della Chiesa, e ciò significa pensare soprattutto con i grandi pensatori della fede".
La sua opera principale sul tema liturgico, Lo spirito della liturgia, si ricollega fin dal titolo all'opera analoga di Romano Guardini che - scrive Ratzinger nella prefazione - "ha contribuito in modo essenziale a far riscoprire la liturgia nella sua bellezza, nella sua nascosta ricchezza e nella sua importanza lungo i secoli come centro vivificante della Chiesa e come centro della vita cristiana".
E continua: "Come per Guardini, così anche per me non si tratta d'indugiare su discussioni o indagini di natura scientifica, ma di offrire un aiuto per la comprensione della fede e per il giusto compimento della sua fondamentale forma espressiva nella liturgia". Sono dichiarazioni che rivelano il senso del lavoro teologico di Ratzinger, il suo porsi in continuità con la tradizione, a servizio della Chiesa, piuttosto che mirare alla fama scientifica e accademica. Dichiarazioni che sottolineano anche il suo legame con Guardini, rivendicato qui apertamente, in modo unico e particolare all'interno della sua opera.
Questo legame, che si traduce in uno slancio a continuarne l'opera, è evidente in tutti gli scritti di Ratzinger, in tutto il suo lavoro intellettuale. A cominciare dalla tensione verso le domande del presente, come scriveva lo stesso Guardini: "Il nostro tempo è dato a ciascuno di noi come terreno sul quale dobbiamo stare e ci è proposto come compito che dobbiamo eseguire". Poi nella scelta di un linguaggio moderno, molto netto, che arriva immediatamente al cuore delle cose. Un linguaggio che, come ho già sottolineato, non è mai difficile, ma cerca sempre di comunicare nel modo più facile possibile quello che vuole dire. Un linguaggio che non è mai autoreferenziale, non indulge mai a quel gergo che invece è purtroppo così diffuso nella cultura cattolica contemporanea, separandola completamente da quella laica, e che soprattutto non suscita riflessione e quindi vero coinvolgimento personale.
Nelle parole di Ratzinger e di Benedetto XVI non ci sono mai cadute in questo senso, non ci sono banalità, concetti scontati e privi ormai di valore per essere stati ripetuti troppe volte. E la questione del linguaggio è un problema fondamentale per toccare il cuore dei credenti e soprattutto per farsi ascoltare dal resto del mondo, un problema che la Chiesa di oggi può risolvere seguendo l'esempio del Papa.
Ratzinger non si limita solo alla ricerca della comunicazione più comprensibile, ma, continuando il lavoro di Guardini, vuole restituire ai cattolici quella dignità intellettuale che sembrano avere perso, tanto che molti cattolici colti si vergognano addirittura un po' di essere cattolici, fino ad arrivare a pensare che la loro vita intellettuale è una cosa e il loro essere credenti un'altra. Romano Guardini ha rovesciato completamente questo punto di vista scrivendo che, al contrario, essere cattolico permette di avere un punto di vista più ricco nei confronti della realtà, della storia, del pensiero, perché "ogni vero e reale credente è un vivo giudizio sul mondo" in quanto possiede, in parte, anche un punto di vista fuori del mondo: la Weltanschauung cattolica è così "lo sguardo che la Chiesa volge sul mondo, nella fede, dal punto di vista del Cristo vivente e nella pienezza della sua totalità trascendente ogni tipo".
Ne abbiamo una prova anche dal modo in cui Ratzinger affronta i problemi che le biotecnologie pongono al mondo attuale, e di cui egli coglie il senso profondo, quello di rimediare alla debolezza umana, di riscattare l'essere umano dalla sua finitezza. Non è una novità di oggi: in tutte le religioni e sistemi filosofici l'essere umano viene percepito come un essere caduto, condannato alla sua finitezza, per cui redenzione significa "liberazione dalla finitezza, che come tale è il vero peso che grava sul nostro essere".
A un mondo che cerca di liberarsi dalla finitezza con gli strumenti della tecnoscienza, che fa della dipendenza la peggiore umiliazione e nega quindi in questo modo, in nome della totale autonomia individuale, la fede religiosa, il culto divino risponde mostrando quale è la vera via della redenzione, l'unica attraverso la quale l'essere umano può salvarsi. Proprio per questo la liturgia è al centro dell'opera di Ratzinger, il suo cuore, perché "l'adorazione, la giusta modalità del culto, del rapporto con Dio, è costitutiva per la giusta esistenza umana nel mondo".

(©L'Osservatore Romano - 28 ottbre 2010)


Paparatzifan
00giovedì 28 ottobre 2010 19:34
Dal blog di Lella...

Le opere del teologo Ratzinger

Escono tutti gli scritti del Pontefice: sedici volumi tradotti dal tedesco

di ANDREA GAGLIARDUCCI

Comincia dalla "Teologia della Liturgia" la pubblicazione in italiano dell'opera omnia di Benedetto XVI.
Il volume, edito dalla Libreria Editrice Vaticana è stato presentato ieri. Insieme è stata presentata un'altra iniziativa editoriale dell'Editrice Vaticana in collaborazione con l'Ambasciata d'Italia presso la Santa Sede: il libro "Joseph Ratzinger. Opera Omnia. Invito alla Lettura".
Poco più di un centinaio di pagine, curate da Pierluca Azzaro, con interventi importanti: da quello del segretario di Stato Tarcisio Bertone a quello del sottosegretario della presidenza del Consiglio Gianni Letta, passando per Gehrard Muller, vescovo di Ratisbona, Rudolf Voderholzer e Christian Schaller, curatori dell'edizione tedesca, Lucetta Scaraffia, firma dell'«Osservatore Romano», Antonio Zanardi Landi, ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede. Il lavoro di raccolta dell'Opera Omnia nasce in tedesco.
È quella la lingua con cui Ratzinger scrive i suoi libri e ha porta avanti gli studi in teologia. Ogni volume ha l'approvazione del Papa. Il quale ha chiesto che i testi abbiano tutti come autore Joseph Ratzinger, e non Benedetto XVI, per favorire il dibattito accademico sui suoi studi, slegandoli dal dogma dell'infallibilità papale. Significativo che il primo volume dell'Opera Omnia ad essere pubblicato sia in realtà l'undicesimo della serie di sedici. Una scelta che Benedetto XVI ha spiegato nell'introduzione: «Quando ho deciso, dopo qualche esitazione, di accettare il progetto di una edizione di tutte le mie opere, mi è stato subito chiaro che vi dovesse valere l'ordine delle priorità del Concilio, e che quindi il primo volume ad uscire doveva essere quello con i miei scritti sulla liturgia. La liturgia della Chiesa è stata per me, fin dalla mia infanzia, l'attività centrale della mia vita».
Tanto che a partire da qui si può comprendere la rivoluzione tranquilla di Benedetto XVI che non riguarda solo la Curia, ma anche il modo di pregare. A piccoli passi, il Papa ha chiesto che il crocifisso fosse posizionato al centro dell'altare, poi ha disposto che chi riceve la comunione dalle sue mani si debba inginocchare, poi ha liberalizzato l'antico rito, un provvedimento controverso all'interno della Chiesa, ma che si inserisce in un disegno di unire l'intera comunità cristiana. «La liturgia è la chiave di volta di questo Papato», afferma il cardinal Bertone, mentre Lucetta Scaraffia definisce le parole del Papa "una luce chiara e gentile", e Gianni Letta ricorda che "il grande teologo non rifugge mai, quando il tema gliene dà occasione, di riflettere sulla questione della corretta trasposizione della fede nella vita pubblica". Tanto che nel 2001, in un discorso a Benevento di fatto profetizza la crisi economica.

© Copyright Il Tempo, 28 ottobre 2010


Paparatzifan
00giovedì 28 ottobre 2010 19:37
Dal blog di Lella...

Così Ratzinger insegna ad «amare l’Amato»

È «La teologia della liturgia» il primo volume dell’«opera omnia». Il cardinale Bertone: «Il Pontefice ha voluto che la raccolta sistematica dei suoi scritti seguisse l’ordine delle priorità del Vaticano II»

DA ROMA SALVATORE MAZZA

L’ obiettivo è quello «di aiutare la Chiesa in un grande rinnovamento che si rende pos sibile solo se si 'ama l’Amato', come in segna la liturgia, un amore che porta frutto nella vi ta di tutti i giorni».
È questa la prospettiva in cui si muove «La teologia della liturgia», «primo e fon damentale » volume dell’ Opera omnia di Joseph Ratzinger, edita dalla Libreria editrice vaticana, co sì come l’ha inquadrata il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato.
Il libro, assieme al manuale « Joseph Ratzinger. Opera omnia. Invito alla lettura » curato da Pierluca Azzaro, è stato presentato ieri pomeriggio a Roma presso l’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, presente l’ambasciatore Antonio Zanardi Landi, e con gli interventi di Gianni Letta, sottosegretario al la Presidenza del Consiglio, Christian Schaller, di rettore vicario dell’Istituto «Benedetto XVI» di Ratisbona, e Lucetta Scaraffia, dell’università «La Sapienza» di Roma.
Bertone, in particolare, ha mes so in risalto come, nell’accettare a suo tempo di raccogliere tutti i suoi scritti in maniera sistemati ca, aveva ben chiaro «che doveva valere l’ordine delle priorità seguito dal Concilio e che quindi al l’inizio doveva esserci il volume con i miei scritti sul la liturgia».
Benedetto XVI, infatti, ammettendo al l’inizio del suo Pontificato che in quelli preceden ti «la recezione del Concilio si è svolta in modo piut tosto difficile» per il fatto che «due ermeneutiche contrarie si sono trovate a confronto e hanno liti gato tra loro», ha proposto riflessioni obiettive che «non sono sfociate in recriminazioni o lamenti, bensì hanno suscitato ulteriori domande e dato voce al bisogno di offrire una sintesi, forse ancora em brionale, delle molte difficoltà vissute dalla Chiesa in questi ultimi decenni».
Un confronto, per il porporato, «ancora in atto» tra l’ermeneutica della «rottura» e quella della «conti nuità », come ha detto il Papa «con la consueta tra sparenza, semplicità e chiarezza che lo contraddi stinguono, così da farsi capire non solo dagli stu diosi, ma da tutta l’opinione pubblica». Ma il Con cilio Vaticano II (sono le parole di papa Ratzinger nel discorso del 20 dicembre 2005, citato da Berto ne) «se lo leggiamo e recepiamo guidati da una giu sta ermeneutica, può essere e diventare sempre di più una grande forza per il sempre necessario rin novamento della Chiesa».
Secondo Letta, nei suoi molti interventi papa Rat zinger ha saputo «mostrare quanto sia errata l’i dea, maturata in alcuni ambienti del primo socia lismo, per la quale la parola solidarietà diveniva la nuova, razionale e realmente efficace risposta al problema sociale proprio perché in contrapposi zione alla caritas , all’idea cristiana di amore». Per ché «oscurato il legame che unisce la creatura al Creatore – ha detto citando una conferenza tenu ta nel 2001 dall’allora cardinale Ratzinger – svani sce anche ciò che in ultimo legittima l’idea di di gnità umana; e col venir meno di essa, è tolta alla retta convivenza civile la fonte alla quale si abbe vera, al sistema democratico la pietra angolare sul quale si regge».
Del resto, ha osservato Scaraffia, «in tutte le reli gioni e sistemi filosofici l’essere umano viene per cepito come un essere caduto, condannato alla sua finitezza», per cui redenzione significa «liberazio ne dalla finitezza, che come tale è il vero peso che grava sul nostro essere». Ma «a un mondo che cer ca di liberarsi dalla finitezza con gli strumenti del la tecnoscienza, che fa della dipendenza la peg giore umiliazione e nega quindi in questo modo, in nome della totale autonomia individuale», il cri stianesimo presentato da Ratzinger «risponde mo strando quale è la vera via della redenzione, l’uni ca attraverso la quale l’essere umano può salvarsi».

© Copyright Avvenire, 28 ottobre 2010


Paparatzifan
00mercoledì 3 novembre 2010 21:30
Dal blog di Lella...

Papa/ Vescovo Ratisbona: Dopo il Concilio sacerdozio in crisi

Mueller su nuovo volume di opera omnia: Come Riforma protestante

Città del Vaticano, 3 nov. (Apcom)

Dopo il Concilio vaticano II si è verificata "una crisi d'identità del sacerdozio cattolico storicamente paragonabile solo con le conseguenze della riforma protestante del XVI secolo", secondo mons. Gerhard Ludwig Mueller, vescovo tedesco di Ratisbona (Regensburg), che ha presentato oggi in Vaticano il XII volume, in lingua tedesca, dell'opera omnia di Joseph Ratzinger dedicata al sacramento dell'ordine sacerdotale.
Il vescovo, molto stimato dal Papa, ha affermato: "Dove crolla il fondamento dogmatico del sacerdozio cattolico, non si estingue soltanto la fonte da cui si alimenta un'esistenza al seguito di Gesù, ma vien meno anche la motivazione a rinunciare al matrimonio per amore del Regno dei Cieli, e con la forza dello Spirito Santo accettare con gioia e convinzione il celibato come un rimando escatologico al futuro mondo di Dio".
Ratzinger, secondo mons. Mueller, "con gli scritti raccolti nel presente volume, ha indicato una via d'uscita dalla crisi in cui il sacerdozio cattolico era caduto a causa di impostazioni teologiche e sociologiche carenti e di dichiarazioni atte a suscitare, in molti sacerdoti che avevano intrapreso con amore e zelo il loro cammino, una personale insicurezza e sconcerto a proposito del proprio ruolo in seno alla Chiesa".

© Copyright Apcom


Paparatzifan
00mercoledì 3 novembre 2010 21:31
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PAPA: CELIBATO E' RELITTO DEL PASSATO SE SI PERDE SACRALITA'

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 3 nov.

Per il teologo Joseph Ratzinger, oggi Papa Benedetto XVI, "se si trascura la relazione simbolica inerente al sacramento, il celibato sacerdotale scade a mero relitto di un passato ostile al corpo, ed e' individuato ed osteggiato come unica causa della carenza di sacerdoti.
Non da ultimo, scompare infine anche l'evidenza per la dottrina e la prassi della Chiesa di conferire il sacramento dell'Ordine soltanto agli uomini.
Un ministero ecclesiale inteso in senso funzionale da' adito al sospetto di legittimare un potere che andrebbe peraltro motivato e limitato democraticamente".
Lo ha affermato l'arcivescovo di Ratisbona, mons. Gerhard Ludwig Muller, che ha presentato oggi in Vaticano il XII volume, in lingua tedesca, dell'Opera Omnia del Papa teologo.
Nel volume, intitolato "Teologia del sacramento dell'Ordine", ha spiegato mons. Muller, "Joseph Ratzinger analizza le cause di tali dubbi e illustra positivamente il fondamento biblico ed il coerente sviluppo storico-dogmatico del sacramento dell'Ordine".
"Dove crolla il fondamento dogmatico del sacerdozio cattolico, non si estingue - infatti - soltanto la fonte da cui si alimenta un'esistenza al seguito di Gesu', ma vien meno anche la motivazione a rinunciare al matrimonio per amore del Regno dei Cieli, e con la forza dello Spirito Santo accettare con gioia e convinzione il celibato come un rimando escatologico al futuro mondo di Dio".
Per il Papa, ha spiegato mons. Muller, "la crisi del sacerdozio che ha colpito l'Occidente negli ultimi decenni, e' anche il risultato di un fondamentale disorientamento del cristiano di fronte a una filosofia che trasferisce l'intimo significato e l'obiettivo ultimo della storia e di ogni esistenza umana in una dimensione mondana, sbarrandogli in tal modo l'orizzonte trascendente e recidendone la prospettiva escatologica.
Riporre ogni aspettativa in Dio e fondare l'intera esistenza su Colui che in Cristo ci ha dato tutto: solo questa puo' essere la logica di una scelta di vita che si pone con assoluta dedizione al seguito di Gesu' e partecipa alla sua missione di Redentore del mondo, da lui adempiuta con la passione e crocifissione ed inequivocabilmente rivelata con la sua risurrezione dai morti".
"Non vanno tuttavia trascurati - ha suggerito Muller ancora citando i contenuti del volume - anche altri fattori di natura interna alla Chiesa. Joseph Ratzinger, come mostrano i suoi primi interventi, aveva acutamente presagito le scosse che con impeto sempre crescente preannunciavano il terremoto: in primo luogo l'apertura all'esegesi protestante negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento".
"Spesso da parte cattolica non ci si rese affatto conto delle sistematiche premesse poste dalla Riforma alla base dell'esegesi. Fu cosi' che la pesante critica del sacerdozio consacrato, apparentemente non motivabile biblicamente, investi' la Chiesa cattolica (e ortodossa)", ha ammesso in proposito l'arcivescovo di Ratisbona ricordando che "il sacerdozio sacramentale strettamente riferito al sacrificio eucaristico, come era stato affermato dal Concilio Tridentino, sembrava a prima vista non aver alcun riscontro nella Bibbia, ne' sotto il profilo terminologico, ne' per quanto concerne le particolari prerogative del sacerdote nei confronti dei laici, specialmente il mandato della consacrazione".
"La critica radicale del culto, e quindi il vagheggiato superamento di un sacerdozio che limitava a se stesso la rivendicata funzione di intermediario, sembrava - cioe' - togliere terreno ad un mediatorato sacerdotale nella Chiesa.
Con la critica protestante nei confronti di un sacerdozio sacramentale che metterebbe in questione l'unicita' del sommo sacerdozio di Cristo (secondo la lettera agli Ebrei) e relegherebbe ai margini il generale sacerdozio dei credenti, si alleava infine il moderno concetto di autonomia, che guardava con sospetto ad ogni esercizio di autorita'".
Di fatto, ha attecchito poi in certa cultura contemporanea "l'osservazione che, dal punto di vista della sociologia della religione, Cristo non era un ministro di culto e quindi, in termini anacronistici, era un laico", con l'idea di una "impropria" trasformazione, prodottasi nella Chiesa primitiva a partire dal terzo secolo, dei funzionari comunali ricorrenti nella Bibbia in una nuova classe di ministri di culto".
Da parte sua, pero', ha concluso Mueller, "Joseph Ratzinger analizza criticamente la critica storica improntata alla teologia protestante, operando una distinzione tra le premesse filosofiche e teologiche e le metodiche storiche.
In questo modo e' in grado di dimostrare come, con le cognizioni dell'esegesi biblica moderna ed una puntuale analisi dello sviluppo storico dei dogmi, si possa fondatamente giungere agli enunciati dogmatici" ed oggi "la teologia cattolica puo' recepire la confutazione di una concezione di sacerdote, se questo sacerdote fosse inteso come mediatore in senso autonomo o anche solo complementare accanto o oltre il Cristo.
Per questa ragione anche l'obiezione di Martin Lutero non tange tuttavia la dottrina, vincolante sotto il profilo dogmatico, del sacerdozio sacramentale.
Il Concilio Tridentino, nel suo decreto sul sacramento dell'Ordine, si limito' a respingere le contestazioni del primo riformatore, rinunciando peraltro all'esposizione di un approccio teologico complessivo. Nei sovente trascurati decreti di riforma, tuttavia, come mette in rilievo Joseph Ratzinger, acquista risalto la concezione biblica del sacerdote come servitore della Parola e dei Sacramenti, nonche' pastore e padre spirituale dei fedeli".

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00lunedì 6 dicembre 2010 22:05
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Nel volume "Teologia della liturgia" di Joseph Ratzinger

L'arte cristiana e la nuova esperienza del tempo

Nel pomeriggio di martedì 7 dicembre, al Palazzo Ducale di Genova, verrà presentato l'undicesimo volume dell'Opera omnia di Joseph Ratzinger Teologia della liturgia. La fondazione sacramentale dell'esistenza cristiana (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2010, pagine 849, euro 55). All'incontro, introdotto e moderato dal nostro direttore, interverranno il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, Sandra Isetta - della sua relazione anticipiamo alcuni stralci - e Lucetta Scaraffia.

di Sandra Isetta

Il Papa analizza in questo volume uno dei temi più spinosi: l'autodeterminazione del culto, l'uomo che non può "fare" da sé il culto. La liturgia è "fatta" per Dio e non per noi stessi. Quanto più però noi la facciamo per noi stessi, tanto meno essa è attraente. "Umiltà e obbedienza non sono virtù servili, che rendono gli uomini repressi, ma contrastano superbia e presunzione che disgregano ogni comunità e portano alla violenza", come il conformismo dell'oggi confina l'uomo nella superficialità. Il giovenco d'oro testimonia questa arbitrarietà del culto: con l'idolo si vuole non allontanarsi da Dio, ma glorificare quel Dio che ha portato Israele fuori dall'Egitto. Eppure c'è defezione da Dio: non si crede nella sua immagine invisibile, il culto non è un salire verso di Lui, ma un tirarlo giù, nella dimensione umana. Questo è il gioco vuoto della liturgia, un tradimento di Dio, camuffato sotto un manto di sacralità. Grazie alla linearità di ragionamento e linguaggio, divengono accessibili complicati concetti teologici. Ad esempio, l'opposizione tra culto orientato cosmicamente, tipico delle religioni naturali, che porta a una sorta di religione "di scambio" tra la divinità e gli uomini, e culto rivelato nella storia, nel giudaismo, nel cristianesimo e nell'Islam.
Ratzinger sfuma questa netta contrapposizione tra orientamento cosmico e storico del culto, tramite l'interpretazione del racconto della creazione, che va verso il sabato. Il sabato è il giorno in cui l'uomo e l'intera creazione partecipano del riposo di Dio, della sua libertà, dove schiavo e padrone sono uguali, quando tutti i rapporti di subordinazione sono sospesi e la fatica del lavoro si interrompe.
Il sabato è il segno dell'Alleanza che Dio vuole stringere con l'uomo e il creato è il luogo dell'incontro, dell'adorazione.
Questi fondamenti veterotestamentari sono ripresi nella terza parte del volume, "La celebrazione dell'Eucaristia", ben 300 pagine in 11 sezioni. Essa inizia con il significato della domenica cristiana, che subentra al sabato giudaico. Esegesi e teologia si compenetrano nella spiegazione del terzo giorno, il giorno della teofania. Nell'Antico Testamento nel terzo giorno si stipula l'Alleanza sul Sinai, nel Nuovo Testamento il terzo giorno dopo la morte Gesù risorge. Per i primi cristiani, la domenica è il "giorno del Signore", o il "primo" dei sette della creazione, il giorno della creazione della luce, o l'"ottavo giorno", che spalanca la finestra dell'eternità dopo il sabato.
Il culto cristiano, per le sue radici bibliche, non è dunque imitazione del cosmo ma di Dio stesso che si rivela.
Finalità del culto e finalità del creato sono identiche, perché nella stessa dimensione cosmica appare anche quella storica. La creazione stabilisce un dialogo d'amore, per giungere al ritorno a casa, l'idea cristiana del "Dio tutto in tutti". È impossibile un'ascesa, un ritorno, contando solo sulle proprie forze, occorre il sacrificio, l'essenza del culto, che è altro rispetto all'autonomia totale, al non aver bisogno dell'altro.
Ratzinger apre un'ampia parentesi sul significato dell'arte, che inizia con rimandi storico-archeologici. Il giudaismo contemporaneo a Gesù rappresentava immagini del mistero della salvezza, tratte da episodi messianici dell'Antico Testamento. In seguito, mentre giudaismo e islam hanno risposto con rigore alla lotta iconoclasta, consentendo raffigurazioni solamente astratte e geometriche, il cristianesimo ha perseverato nei racconti (haggadà) figurativi delle gesta compiute da Dio. Ed è vero, come afferma Ratzinger, che nell'arte cristiana delle catacombe è preservata la continuità tra Sinagoga e Chiesa, nel rendere presenti, e quindi celebrare, eventi passati, attraverso la memoria che diventa figura.
Eventi dell'Antico Testamento sono accostati e quindi spiegati alla luce di episodi del Nuovo: l'arca di Noè e il passaggio del Mar Rosso sono figure del battesimo, come il sacrificio di Isacco e il convito di Abramo con i tre angeli raccontano il sacrificio di Cristo e l'Eucaristia. L'arte cristiana raffigura una "nuova esperienza del tempo", in cui "passato, presente e futuro si toccano", nella "concentrazione cristologica della storia": è il medesimo concetto del "presente liturgico" che porta sempre in sé la "speranza escatologica".
Le prime immagini sono dunque "allegoriche", come il Buon Pastore che riassume l'intera storia della salvezza: portare a casa anche l'ultima pecorella smarrita. Più avanti, ne spiega la ricaduta liturgica nell'Agnus Dei, il Pastore fatto Agnello che porta le nostre colpe sulle spalle, come ricorda il battersi il petto.
A partire dal vi secolo, quando apparvero le misteriose immagini acherótipe, cioè non dipinte da alcuna mano - ricordiamo il mandylion - l'Oriente cristiano elabora una vera e propria teologia dell'icona. L'icona di Cristo è sempre icona del Risorto, in cui i tratti del volto non contano, ma veicolano lo sguardo al di là del sensibile, come accadde ai discepoli di Emmaus che dovettero vedere con altri occhi per riconoscere il Maestro, nella stessa luce della trasfigurazione del monte Tabor. La vastità trinitaria e ontologica dell'icona del Figlio consente di vedere l'immagine del Padre.
Ratzinger percorre le tappe più significative dell'arte figurativa cristiana, a partire dallo scopo funzionale pedagogico di quella occidentale rispetto a all'orientale, da Agostino e Gregorio Magno e fino al romanico. Con il gotico l'occidente sostituisce il Pantokràtor, il Signore dell'universo nella pienezza dell'ottavo giorno, con il crocifisso nella sua passione e morte. Ne indica le motivazioni filosofiche nella svolta dal platonismo all'aristotelismo, con conseguenze sull'arte e la liturgia che prepongono la storicità alla bellezza dell'invisibile. Cita Matthias Grünewald e il realismo della sofferenza, ne spiega la funzione consolatoria per i malati di peste, per la pietà popolare. Del Rinascimento sottolinea l'estetica, perché "emancipa" l'uomo, la sua autonomia e bellezza, quasi in "una nostalgia degli dèi, del mito" che cancella il peccato e la sofferenza della croce e può anche spiegare la reazione della Riforma cattolica. Definisce il barocco "un inno fortissimo di gioia, un alleluia divenuto immagine".
Giunge al positivismo, formulato in nome della serietà scientifica che però "ha ristretto l'orizzonte al dimostrabile, togliendo al mondo la sua trasparenza e all'uomo la visione dell'invisibile". Si interroga infine sul "nostro mondo delle immagini" che segna forse "la fine dell'immagine". Sempre dalle prime raffigurazioni delle catacombe trae spunto per spiegare le posizioni della liturgia: stare insieme e stare seduti. L'orante è sempre una figura femminile "perché lo specifico umano davanti a Dio trova espressione nella figura della donna" che rappresenta non la Chiesa ma "l'anima-sposa che sta in adorazione davanti al volto di Dio".
Le mani sono allargate, gesto di non violenza, come ali con cui si vuole salire o simili alle braccia di Cristo sulla croce, che è anche forma della pianta delle chiese. Lo stare in piedi dell'orante è la "posizione del vincitore, della disponibilità a scattare, a camminare verso il futuro". L'inginocchiarsi esprime il nostro "adesso", il "frattempo", mentre lo stare seduti, introdotto in tempi più recenti, serve al raccoglimento, per facilitare l'ascolto e la comprensione con il corpo rilassato.
Il gesto delle mani giunte è espressione di fiducia e fedeltà. Anche nell'inchinarsi si mescolano gesto del corpo e gesto spirituale, espressione corporea dell'umiltà, "gesto servile per i Greci" e atteggiamento fondamentale cristiano, su cui Agostino costruisce la sua teologia cristologica: l'hybris, la superbia, contrapposta all'humilitas, poiché Dio stesso si è inchinato nella lavanda dei piedi, "in ginocchio davanti ai nostri piedi, è lì che lo troviamo".
Ratzinger fa seguire una splendida definizione di "corpo" nel linguaggio biblico, che indica l'intera persona in cui corpo e spirito sono inscindibilmente una cosa sola. "Questo è il mio corpo" significa dunque: questa è l'intera mia persona che vive nel corpo; è insieme confine e comunione. Cita le parole di Albert Camus sulla "situazione tragica degli uomini nei loro rapporti reciproci: è come quando due persone sono separate l'una dall'altra dalla parete di vetro di una cabina telefonica: Si vedono, sono molto vicine, ma c'è lì quella parete che le rende irraggiungibili l'una all'altra".
Diverse pagine dedica al Corpus Domini, dense di concetti teologici ma anche del ricordo personale dello splendore della processione nella sua terra natale, la Baviera. Portare il Signore stesso, il Creatore, attraverso città e villaggi, su prati e su laghi, spiega che con la liturgia "si tratta di ciò che il cielo e la terra racchiudono, dell'umanità e di tutta la creazione", nel comune ricordo. "Una sorta di reazione alla smemoratezza nel "nostro rapporto col tempo" nell'epoca del computer, delle riunioni e delle agende, usate ormai perfino da scolaretti, divenuti spaventosamente spensierati e smemorati. Il nostro rapporto col tempo è dimenticare. Noi viviamo nell'istante. Vogliamo addirittura dimenticare, perché rinneghiamo la vecchiaia e la morte. L'unico modo di far veramente fronte al tempo è il perdono e la gratitudine, un atteggiamento che riceve il tempo come dono e, nella gratitudine, lo lascia trasformare".
Discute sulla "nobile semplicità" dei riti, quella "semplicità estrema" che corrisponde alla "semplicità del Dio infinito e rinvia ad essa". Essa va però "percepita con occhio e cuore", nella grande semplicità di una piccola chiesa di paese o con grande solennità nella bellezza di una cattedrale. Condizione è che "grandiosità e fastosità non siano autonome, ma servano umilmente a sottolineare la vera festa", il compleanno della vita nel suo assenso a Dio.
Conclude con una riflessione di Friedrich Nietzsche: "La festa comporta orgoglio, spavalderia, sfrenatezza (...) un divino dire di sì a se stessi sulla spinta di un'animalesca pienezza ed integralità" tutti stati ai quali un cristiano non può onestamente assentire; la festa sarebbe paganesimo per eccellenza. È vero il contrario: soltanto quando c'è una legittimazione divina a rallegrarsi - solo quando Dio stesso garantisce che la mia vita e il mondo sono motivo di gioia - può esserci una vera festa.

(©L'Osservatore Romano - 6-7 dicembre 2010)


Paparatzifan
00sabato 12 febbraio 2011 09:41
Dal blog di Andrea Tornielli...

Conto alla rovescia per il nuovo libro su Gesù

blog.ilgiornale.it/tornielli/2011/02/12/conto-alla-rovescia-per-il-nuovo-libro-...

February 12, 2011

La Libreria Editrice Vati­cana ha già mandato in stam­pa trecentomila copie della versione italiana del nuovo li­b­ro di Benedetto XVI dedica­to alla vita di Gesù. Il volu­me, in libreria dall’11 marzo, uscirà contemporaneamen­te in vari Paesi (in Germania per i tipi di Herder, negli Sta­ti Uniti di Ignatius Press) e rappresenta la naturale con­tinuazione del primo volume, «Gesù di Nazaret» , usci­to nell’aprile 2007 e pubblica­to in italia da Rizzoli: in dieci capitoli, per un totale di 446 pagine, Joseph Ratzinger ha presentato la prima parte della vita di Cristo spiegan­do che il Gesù dei Vangeli è il vero Gesù, quello storico, che ha calcato la terra di Pale­stina duemila anni fa.

Il Pa­pa, che scrive e pubblica que­sti ­libri non come atti di magi­stero, nel primo volume ave­va detto esplicitamente: «Ognuno è libero di contrad­dirmi ». Questo secondo volu­me, edito dalla Lev e distribu­ito da Rizzoli, sarà incentra­to sulla fase finale della vita di Cristo, la sua passione, morte e resurrezione, nu­cleo fondante e iniziale degli stessi racconti evangelici. Il libro di Benedetto XVI sarà presentato ufficialmente in Sala Stampa vaticana il po­meriggio del 10 marzo, dal cardinale Marc Ouellet, Pre­fetto della Congregazione dei vescovi. È prevista anche la presenza di una personali­tà laica (alla presentazione nel 2007 in Vaticano, insie­me al cardinale Cristoph Schö nborn e al pastore valdese Daniele Garrone intervenne il filosofo Massimo Caccia­ri), ma sul suo nome non c’è ancora certezza, anche se au­torevoli indiscrezioni parla­no della possibilità che si trat­ti di Claudio Magris.

Con questo libro, Benedet­to XVI raggiunge quota tre in cinque anni di pontificato: ol­tre al primo e al secondo de­dicati alla vita del Nazareno, infatti, lo scorso novembre ha visto la luce anche il libro intervista con il giornalista te­desco Peter Seewald, frutto di una settimana di colloqui avvenuti l’estate scorsa a Ca­stel Gandolfo. Libro diventa­to subito best-seller, e ap­prezzato per la semplicità con cui Ratzinger, senza sot­trarsi ad alcuna domanda, ha parlato delle questioni più spinose, dallo scandalo della pedofilia alle polemi­che sul discorso di Ratisbo­na.
Ma il Papa, che da tempo desiderava portare a termi­ne queste fatiche, non si fer­ma e sta già lavorando a un terzo saggio su Gesù,dedica­to­questa volta ai Vangeli del­l’infanzia, i testi di Matteo e Luca, che descrivono l’an­nunciazione e la nascita di Cristo.

Benedetto XVI è dunque un Papa autore di best-seller. Naturale, potrebbe di­re qualcuno. È sempre il Papa e quan­do scrive, qualsiasi cosa scriva, c’è chi si sente obbligato a comperarlo e a parlarne bene comunque. In realtà questo non è vero. Joseph Ratzinger, infatti, era autore di libri fortunati e molto diffusi già prima di diventare Papa e anche prima di diventare car­dinale. Il suo «Introduzione al cristia­nesimo », ad esempio, scritto quando era ancora un giovane teologo, rima­ne un testo fondamentale e attuale. Per non parlare del libro-intervista curato da Vittorio Messori, quel «Rap­porto sulla fede» , che già a metà degli anni Ottanta denunciava alcune stor­tu­re ed errate interpretazioni del Con­cilio e di una teologia che per appari­re moderna si contrapponeva sem­pre e comunque al magistero.

Già prima di aver compiuto 75 an­ni, l’età canonica delle dimissioni, il cardinale Ratzinger, allo scadere dei quattro quinquenni trascorsi alla gui­da della Congregazione per la dottri­na della fede (a partire dal novembre 1981) aveva chiesto a Giovanni Paolo II di potersi ritirare. Wojtyla aveva ri­sposto di no. Il cardinale era tornato ancora alla carica, assicurando al Pa­pa che avrebbe continuato a collabo­rare con lui e con l’ex Sant’Uffizio,ma in una posizione più defilata. Niente da fare. Wojtyla lo volle a suo fianco fino alla fine.

Uno dei motivi che spin­gevano Ratzinger a chiedere di poter andare in pensione era quello di po­tersi dedicare ai suoi studi e di poter finalmente scrivere quel libro su Ge­sù che aveva cominciato ad abbozza­re e che considerava in qualche mo­do il coronamento della sua carriera accademica. Una carriera interrotta­si nel 1977, quando Paolo VI lo volle arcivescovo di Monaco e lo creò cardi­nale. Nell’aprile 2005, il decano del collegio cardinalizio sperava fosse fi­nalmente arrivato il momento di po­tersi dedicare al libro, ma i suoi con­fratelli la pensarono diversamente e fu lui, dopo un conclave lampo, ad af­facciarsi vestito di bianco dalla loggia centrale di San Pietro.

Nonostante i tanti impegni del pa­pato, Benedetto XVI ha dedicato il pe­riodo delle vacanze estive per lavora­re sui suoi libri. Non usa il computer, ma scrive a mano, con la penna, ver­gando i suoi fogli in tedesco, con una calligrafia minuta e non facilmente comprensibile. Ci pensa suor Birgit, una religiosa che lo assisteva fin da quanto era Prefetto della Congrega­zione per la dottrina della fede, a ribattere il manoscritto al computer.

La revisione è lunga e meticolosa. Per la­vorare, il Papa ha bisogno di avere a portata di mano una serie di libri ed è per questo che nel suo studio si è cer­cato di riprodurre la biblioteca che aveva nell’appartamento in piazza della Città Leonina dove ha abitato da cardinale per oltre vent’anni.


Paparatzifan
00mercoledì 16 febbraio 2011 23:45
Dal blog di Lella...

Presentazione a Padova dell'Opera omnia di Joseph Ratzinger

Quell'alleanza salutare

L'Opera omnia di Joseph Ratzinger sarà presentata a Padova, alla Facoltà teologica del Triveneto, giovedì 17 febbraio; il vescovo di Ratisbona, monsignor Gerhard Ludwig Müller, terrà una lectio magistralis su Teologia della liturgia. Fondazione sacramentale dell'esistenza cristiana, il primo volume tradotto in italiano -- Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2010, pagine 849, euro 55 -- del progetto editoriale che ha avuto, come ripete spesso, «l'onore e l'onere» di curare, insieme alla più grande casa editrice cattolica europea, la Herder di Friburgo.
Sul tema interverrà anche don Luigi Girardi, preside dell'Istituto di liturgia pastorale di Santa Giustina di Padova, con la relazione «Joseph Ratzinger, un teologo di fronte alla liturgia». L'incontro sarà introdotto dal preside della facoltà, don Andrea Toniolo, e concluso da un saluto del vice gran cancelliere, monsignor Antonio Mattiazzo.
«Nella lunga teoria dei predecessori di Papa Benedetto XVI -- scrive monsignor Müller -- s'impone il paragone con quella figura di eminente erudito del diciottesimo secolo che fu Benedetto XIV (1740-1758). E la mente corre anche a Papa Leone i Magno (440-461), il formulatore della cognizione decisiva per la confessione cristologica del concilio di Calcedonia (451). Da più di cinquant'anni al nome di Joseph Ratzinger si ricollega un'originale visione d'insieme della teologia sistematica. I suoi scritti uniscono le cognizioni scientifiche della teologia alla figura di una fede viva e vissuta. Tematiche complesse non vengono assoggettate a una complicata riflessione e quindi sottratte alla comprensione comune, bensì rese trasparenti nella loro intima linearità».
Ratisbona ha un posto particolare nella storia del professore di teologia destinato a salire al Soglio di Pietro dopo Giovanni Paolo II. «Nella sua carriera accademica -- continua Müller -- Joseph Ratzinger ha ricoperto incarichi presso le scuole superiori e le università di Frisinga, Bonn, Münster e Tubinga, approdando infine a Ratisbona, dove operò dal 1969 fino alla nomina ad arcivescovo di Monaco e Frisinga nel 1977. Alla città e alla diocesi di Ratisbona l'allora cardinale Ratzinger rimase legato anche nel lungo periodo in cui fu prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (1982-2005). Regolarmente vi si recava a far visita al fratello Georg. Indimenticabili anche le sue omelie in Duomo in occasione delle più svariate festività liturgiche. I suoi genitori, Josef e Maria Ratzinger, e la sorella Maria sono sepolti nel cimitero di Regensburg-Ziegetsdorf. Dopo tanti anni movimentati in diverse sedi e mansioni “eravamo nuovamente a casa”, disse una volta a proposito di Pentling, il suo domicilio alle porte della città».
Durante la visita pastorale del 2006 nella nativa Baviera, con la sua Regensburger Vorlesung il Papa sottolineava ancora una volta l'intima connessione di fede e ragione. Tanto la ragione che la fede non sono considerabili, né sono in grado di raggiungere il rispettivo traguardo, indipendentemente l'una dall'altra. Correggendosi e purificandosi a vicenda, la ragione e la fede si salvaguardano da pericolose patologie. In tal senso, Papa Benedetto XVI si riallaccia alla grande tradizione delle scienze teologiche, che nella struttura globale dell'università possono fungere da elemento di connessione.
«Così Ratisbona è divenuta in un certo senso il genius loci che si propone di raccogliere e tutelare la sua opera omnia teologica -- ribadisce Müller -- la città che, con le sue eminenti figure di vescovi eruditi quali Alberto Magno (1260-1262) e Johann Michael Sailer (1821-1832), conferma la razionalità della fede e la fecondità pastorale della scienza. Una tradizione portata avanti dall'arcivescovo Michael Buchberger (1927-1961), sotto la cui direzione prese forma il Lexikon für Theologie und Kirche». (silvia guidi)

(©L'Osservatore Romano - 17 febbraio 2011)


Paparatzifan
00mercoledì 23 febbraio 2011 19:42
Dal blog di Lella...

La Fondazione Joseph Ratzinger cerca tre teologi da premiare (con l’aiuto del Papa e del suo nuovo libro)

di Paolo Rodari

Per l’uscita nelle librerie, il prossimo 11 marzo, del secondo volume del libro del Papa dedicato a Gesù di Nazaret e al suo ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione – secondo quanto apprende il Foglio si tratta di 380 pagine in tutto, 66 in meno del primo tomo – non c’è soltanto l’attesa del grande pubblico (il 10 marzo una presentazione avverrà in Vaticano alla presenza del prefetto dei Vescovi, il cardinale Marc Ouellet, e dello scrittore Claudio Magris); c’è anche quella della fondazione vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI.
Per volere dello stesso Papa la neonata fondazione persegue lo scopo che il libro soddisfa col sol fatto d’essere pubblicato: promuovere la conoscenza e lo studio della teologia. La fondazione è nata grazie ai soldi che la Libreria editrice vaticana (Lev) ha guadagnato dalla vendita dei libri di Ratzinger da quando questi è stato eletto al soglio di Pietro. Si tratta in tutto di quasi due milioni e mezzo di euro lasciati dal Pontefice quale patrimonio di base di una fondazione che fa della ricerca di Dio il suo proprio e principale senso d’esistenza.
Studiare Dio. Promuovere incontri su di lui. E, infine, premiare studiosi che si sono contraddistinti per particolari meriti nell’attività di pubblicazione e nella ricerca scientifica. E’ il senso di questa fondazione unica all’interno delle sacre mura. Una istituzione che rispecchia nel profondo uno dei centri del pontificato ratzingeriano: la primizia di Dio dentro la vita della chiesa. L’evento clou dei prossimi mesi sarà quando, prima della fine del 2011, Ratzinger premierà tre studiosi (in molti in Vaticano attendono con curiosità di conoscere i loro nomi) che si sono contraddistinti negli studi biblici, patristici e nel campo della teologia fondamentale.
Se un tempo il Papa premiava i teologi migliori concedendo loro la porpora cardinalizia – per questo furono designati cardinali Hans Urs Von Balthasar, morto sulla strada che lo portava a Roma per il concistoro, Henri-Marie de Lubac e Yves-Marie-Joseph Congar – oggi per poter premiare anche teologi di sesso femminile insieme a laici appartenenti al mondo delle accademie teologiche si è scelta questa nuova strada che ha in monsignor Giuseppe Scotti, presidente della Lev e segretario del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali, il braccio operativo. E in Georg Gänswein, Camillo Ruini, Tarcisio Bertone, Angelo Amato, Jean-Louis Bruguès e Luis Francisco Ladaria, coloro che sono incaricati di offrire un adeguato supporto scientifico. Era il 10 giugno dello scorso anno quando il Papa rispondeva in piazza san Pietro alle domande di alcuni preti. Parlò di una teologia cattiva, “che viene dall’arroganza della ragione, che vuole dominare tutto e fa passare Dio da soggetto a oggetto”. E c’è una teologia buona, attaccata alla fede della chiesa senza “sottomettersi a tutte le ipotesi del momento”. E’ a questa teologia che il Papa guarderà per premiare i più meritevoli.

Pubblicato sul Foglio mercoledì 23 febbraio 2011

© Copyright Il Foglio, 23 febbraio 2011


Paparatzifan
00martedì 1 marzo 2011 12:39
Dal blog di Lella...

La Passione secondo Ratzinger

In libreria il 10 marzo il secondo libro di Benedetto XVI su Gesù di Nazaret.

Andrea Gagliarducci

L'ultimo capitolo parla della Resurrezione, e l'autore lo ha riscritto molte volte, e cambiato integralmente un'ultima volta prima che la versione definitiva fosse licenziata e tradotta. Il libro è "Gesù di Nazaret", la seconda parte della vita di Gesù, che inizierà dall'ingresso a Gerusalemme e sarà incentrato sulla Passione, Morte e Resurrezione del Nazareno. L'autore è Joseph Ratzinger.
Da tutti è conosciuto come Benedetto XVI. Ma questo lavoro sulla storia di Gesù è stato slegato dal Magistero papale.
Lo aveva detto nell'introduzione del primo volume sulla vita di Gesù, pubblicato il 16 aprile 2007, giorno dell'ottantesimo compleanno del Papa: "Questo libro non è in alcun modo un atto magisteriale, ma è unicamente l'espressione della mia ricerca personale del volto di Cristo. Perciò ognuno è libero di contraddirmi".
Il libro di un Papa è sempre un evento. Il primo volume sulla vita di Gesù ha venduto un milione e mezzo di copie. Ci si aspetta lo stesso da questa seconda parte, che sarà pubblicata il prossimo 10 marzo, e presentata in Sala Stampa Vaticana dal cardinale Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione dei vescovi, e dallo scrittore Claudio Magris. La Libreria Editrice Vaticana, che edita il volume, ha già previsto una prima tiratura di 300 mila copie, già tutte vendute.
È il terzo libro pubblicato da Joseph Ratzinger da quando è salito al soglio di Pietro. Ma se ne aspetta già un altro, quello sui Vangeli dell'infanzia, che tratterà dell'annunciazione, la nascita, i Magi, la fuga in Egitto. Un libro che non era in progetto, ma che ha preso corpo nelle idee del Pontefice mentre scriveva gli altri due. Inizialmente, era previsto solo un capitolo dedicato anche ai racconti dell'infanzia in questo secondo libro, ma poi la mole di materiale raccolto ha richiesto la stesura di un altro volume.
Il terzo volume su Gesù di Nazaret non sarà corposo come i primi due, e sarà probabilmente pubblicato nel 2012. Mentre si sta già pensando alla prossima enciclica di Benedetto XVI: dopo quella dedicata alla Carità (Deus Caritas Est, 2006) e quella dedicata alla speranza (Spe Salvi, 2007), manca l'enciclica sulla fede per completare le virtù teologali.
Nei Sacri Palazzi se ne è già cominciato a parlare, ma sarà probabilmente pubblicata dopo il terzo volume su Gesù, quindi non prima del 2013. Sono le fatiche di un Papa che è sempre voluto rimanere professore. E che, slegando l'opera dal Magistero, si è dimostrato di una modernità senza precedenti.
Una modernità che si era vista anche nel libro-intervista "Luce del mondo", dove il Papa forniva sempre risposte che si aprivano a nuove possibilità. Ratzinger sa che la teologia è il tentativo umano, e quindi perfettibile, di indagare il mistero di Dio. Questo lavoro su Gesù si inserisce nel tema ricorrente dell'opera di Ratzinger, il "divorzio" tra fede e ragione.
Eppure la ragione è presente nella Bibbia e nella teologia cristiana. Ratzinger da sempre sostiene che il problema della nostra epoca è quello di una ragione che pretende di essere sufficiente a se stessa, e nega come irragionevole ciò che non riesce a comprendere. Una frattura simile si è avuta anche con il "Cristo storico" e il "Cristo della fede". Ed è a questo "secondo" Cristo che Joseph Ratzinger vuole ritornare. Raccontare il Gesù dei Vangeli con gli occhi di un uomo di fede e di ragione.
"Ritengo - scrive il Papa nella prefazione al primo libro - che questa figura è molto più logica dal punto di vista storico anche più comprensibile delle ricostruzioni con le quali ci siamo dovuti confrontare negli ultimi decenni. Io ritengo che proprio questo Gesù, quello dei Vangeli, sia una figura storicamente sensata e convincente. Solo se era successo qualcosa di straordinario, se la figura e le parole di Gesù avevano superato radicalmente tutte le speranze e le aspettative dell'epoca, si spiega la sua crocifissione e si spiega la sua efficacia".
Sottolineare questo passaggio è fondamentale per comprendere il senso del lavoro di Joseph Ratzinger. Tanto che l'Editrice Vaticana ha preparato la pubblicazione del nuovo volume con un incontro sul "Ratzinger-pensiero" tenuto dal cardinale Georges Cottier in uno dei "Venerdì di Propaganda", e che sta ri-editando e pubblicando l'opera omnia di Joseph Ratzinger. Già quando non era Papa, Ratzinger era autore di best seller, perché parla di teologia in maniera chiara e comprensibile a tutti.
La sua ascesa al soglio di Pietro ha fatto sì che, grazie alla vendita dei suoi volumi, il mercato dell'editoria cattolica ha incrementato le vendita del 26,7 per cento.
Sono i dati del 2008, quelli influenzati anche dall'onda lunga della pubblicazione del primo volume su Gesù di Ratzinger. E sono dati importanti per l'Editrice Vaticana, che attorno al lavoro di Ratzinger fa un importante lavoro culturale, e mantiene i bilanci in forte attivo.

© Copyright Il Tempo, 27 febbraio 2011


Paparatzifan
00mercoledì 2 marzo 2011 18:00
Dal blog di Lella...

PAPA: SBAGLIATE DATE DI ULTIMA CENA E PASSIONE NEI SINOTTICI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 2 mar.



Sulla data dell'Ultima Cena ha ragione il Vangelo di Giovanni e torto i sinottici: "al momento del processo di Gesu' davanti a Pilato, le autorita' giudaiche non avevano ancora mangiato la Pasqua e per questo dovevano mantenersi ancora cultualmente pure". E dunque "la crocifissione non e' avvenuta nel giorno della festa, ma nella sua vigilia".
Lo scrive Benedetto XVI nella seconda parte di "Gesu' di Nazaret", volume che sara' presentato il prossimo 10 marzo, ma del quale la Libreria Editrice Vaticana ha anticipato oggi alcune pagine.
"Gesu' - scrive il Papa - e' morto nell'ora in cui nel tempio venivano immolati gli agnelli pasquali. Che i cristiani in cio' vedessero in seguito piu' di un puro caso, che riconoscessero Gesu' come il vero Agnello, che proprio cosi' trovassero il rito degli agnelli portato al suo vero significato - tutto cio' e' poi solo normale".
Nel libro, il Pontefice si pone la domanda perche' i sinottici abbiano invece parlato di una cena pasquale. "Su che cosa si basa questa linea della tradizione?", si chiede infatti e ammette che "una risposta veramente convincente" non e' stata individuata e ricorda che pero' "la critica redazionale e letteraria", in proposito "cerca di dimostrare che gli unici passi in cui presso Marco si parla della Pasqua - sarebbero stati inseriti successivamente. Nel racconto vero e proprio dell'ultima cena non si menzionerebbe la Pasqua".

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Paparatzifan
00giovedì 3 marzo 2011 11:17
Dal blog di Lella...

LIBRO PAPA: LA POLITICA NON PUO' FARE A MENO DELLA VERITA'

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 2 mar.

Nel racconto evangelico "il pragmatico Pilato" chiede a Gesu': "Che cos'e' la verita'?".
E' la stessa domanda, afferma Benedetto XVI nella seconda parte del Gesu' di Nazaret, "che pone anche la moderna dottrina dello Stato: puo' la politica assumere la verita' come categoria per la sua struttura? O deve lasciare la verita', come dimensione inaccessibile, alla soggettivita' e invece cercare di riuscire a stabilire la pace e la giustizia con gli strumenti disponibili nell'ambito del potere?
Vista l'impossibilita' di un consenso sulla verita', la politica puntando su di essa non si rende forse strumento di certe tradizioni che, in realta', non sono che forme di conservazione del potere?".
"Ma, dall'altra parte -continua il Papa- che cosa succede se la verita' non conta nulla? Quale giustizia allora sara' possibile? Non devono forse esserci criteri comuni che garantiscano veramente la giustizia per tutti - criteri sottratti all'arbitrarieta' delle opinioni mutevoli ed alle concentrazioni del potere? Non e' forse vero che le grandi dittature sono vissute in virtu' della menzogna ideologica e che soltanto la verita' pote' portare la liberazione?".

© Copyright (AGI)

LIBRO PAPA: SU INNOCENZA GESU' PREVALSE MIOPE RAGION DI STATO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 2 mar.

"Come prefetto, Pilato rappresentava il diritto romano" e "la forza di Roma era il suo sistema giuridico, l'ordine giuridico, sul quale gli uomini potevano contare".
Una responsabilita' pesante che condiziono' forse la sua decisione di far crocifiggere Gesu': Pilato infatti, ricorda Benedetto XVI nella seconda parte di "Gesu' di Nazaret", certamente "conosceva la verita'" - e cioe' che Cristo "non e' un rivoluzionario politico" dunque "il suo messaggio e il suo comportamento non costituiscono un pericolo per il dominio romano" - ma "alla fine vinse in lui l'interpretazione pragmatica del diritto: piu' importante della verita' del caso e' la forza pacificante del diritto, questo fu forse il suo pensiero e cosi' si giustifico' davanti a se stesso". "Un'assoluzione dell'innocente - scrive ancora Ratzinger - poteva recare danno non solo a lui personalmente, il timore per questo fu certamente un motivo determinante per il suo agire, ma poteva anche provocare ulteriori dispiaceri e disordini che, proprio nei giorni della Pasqua, erano da evitare. La pace fu in questo caso per lui piu' importante della giustizia". Dunque, continua il Papa, "doveva passare in seconda linea non soltanto la grande ed inaccessibile verita', ma anche quella concreta del caso: credette di adempiere in questo modo il vero senso del diritto - la sua funzione pacificatrice. Cosi' forse calmo' la sua coscienza. Per il momento tutto sembro' andar bene. Gerusalemme rimase tranquilla. Il fatto, pero', che la pace, in ultima analisi, non puo' essere stabilita contro la verita' - osserva Bendetto XVI riferendosi alla successiva caduta dell'Impero Romano - doveva manifestarsi piu' tardi". Nel libro, che sara' presentato il 10 marzo, il Papa ipotizza anche che "Pilato abbia provato anche un certo timore superstizioso di fronte a questa figura strana". "Pilato - ricorda - era uno scettico". "Che cosa deve pensare del concetto di regalita' espresso da Gesu'?", si chiede Ratzinger, che aggiunge: "che cosa dobbiamo pensare noi di tale concetto di regno e di regalita'? E' una cosa irreale, una fantasticheria della quale ci si puo' disinteressare? O forse in qualche modo ci riguarda?". E ancora: "Gesu' non ha niente a che fare con la politica?".

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Paparatzifan
00giovedì 3 marzo 2011 11:25
Dal blog di Lella...

PAPA: NEL VANGELO RISPOSTE A TUTTE LE INQUIETUDINI

(AGI) - CdV, 2 mar.

(di Salvatore Izzo)

"Se Cristo non fosse risorto - come dice San Paolo - vana sarebbe la nostra fede".
Ma, afferma Benedetto XVI, "Gesu' e' davvero risorto".
Quindi nel Vangelo possiamo realmente trovare le risposte a tutte le nostre inquietudini.
E' molto chiaro il messaggio che il Papa vuole trasmettere con la sua nuova opera teologica, il secondo volume di "Gesu' di Nazaret" che ricostruisce passo dopo passo gli ultimi giorni della vita terrena del Messia, mettendo a confronto i quattro racconti evangelici e prendendo in considerazione gli studi esegetici piu' moderni in un'ottica molto precisa, quella cattolica che si basa sulla storicita' degli eventi narrati dal Vangelo.
Viviamo, ha detto il Papa all'Udienza Generale di questa mattina, "una stagione che cerca la liberta', anche con violenza", ma la liberta', "quella vera", possiamo trovarla solo "con l'aiuto della Grazia di Dio che permea l'umano e, senza distruggerlo, lo purifica, innalzandolo alle altezze divine".
Parole pronunciate nell'Aula Nervi poco prima che la Libreria Editrice Vaticana diffondesse alcune pagine del nuovo libro che sara' presentato giovedì' 10 marzo dal card. Marc Ouellet, allievo del teologo Ratzinger e prefetto della Congregazione dei vescovi, e dal prof. Claudio Magris, il grande germanista dell'Universita' di Trieste, scelto perche' il Papa ha scritto i nove capitoli della seconda parte del "Gesu' di Nazaret" in tedesco per l'editore Herder (la Lev pero' ha gia' pronte altre sei lingue, tra cui l'italiano che sviluppa 380 pagine).
Dalle anticipazioni emerge la ricchezza delle riflessioni proposte con umilta' da Benedetto XVI che riveste ancora i panni dello studioso e dell'insegnante, tenendo fede all'impegno di voler suscitare una discussione e non chiuderla con l'autorevolezza del Magistero assunto all'inizio dell'opera, nel 2007.
Cosi' riaffermate le certezze di base, il libro e' pieno di domande.
Nel racconto evangelico, ricorda il Pontefice, "il pragmatico Pilato" chiede a Gesu': "Che cos'e' la verita'?". E' la stessa domanda, rileva, "che pone anche la moderna dottrina dello Stato: puo' la politica assumere la verita' come categoria per la sua struttura? O deve lasciare la verita', come dimensione inaccessibile, alla soggettivita' e invece cercare di riuscire a stabilire la pace e la giustizia con gli strumenti disponibili nell'ambito del potere? Vista l'impossibilita' di un consenso sulla verita', la politica puntando su di essa non si rende forse strumento di certe tradizioni che, in realta', non sono che forme di conservazione del potere?". "Ma, dall'altra parte - continua il Papa - che cosa succede se la verita' non conta nulla? Quale giustizia allora sara' possibile? Non devono forse esserci criteri comuni che garantiscano veramente la giustizia per tutti - criteri sottratti all'arbitrarieta' delle opinioni mutevoli ed alle concentrazioni del potere? Non e' forse vero che le grandi dittature sono vissute in virtu' della menzogna ideologica e che soltanto la verita' pote' portare la liberazione?".
Il personaggio Pilato, che "come prefetto, rappresentava il diritto romano" in un'epoca nella quale "la forza di Roma era il suo sistema giuridico, l'ordine giuridico, sul quale gli uomini potevano contare", e' analizzato in profondita' da Joseph Ratzinger.
Certamente, scrive, "conosceva la verita'" - e cioe' che Cristo "non e' un rivoluzionario politico" dunque "il suo messaggio e il suo comportamento non costituiscono un pericolo per il dominio romano" - ma "alla fine vinse in lui l'interpretazione pragmatica del diritto: piu' importante della verita' del caso e' la forza pacificante del diritto, questo fu forse il suo pensiero e cosi' si giustifico' davanti a se stesso". "Un'assoluzione dell'innocente - osserva Ratzinger - poteva recare danno non solo a lui personalmente, il timore per questo fu certamente un motivo determinante per il suo agire".
Con grande cura, il Papa teologo presenta anche il dramma di Giuda, ricordando come Giovanni, che pure fu testimone diretto del tradimento, si limiti ad accennare "al fatto che Giuda, come tesoriere del gruppo dei discepoli, avrebbe sottratto il loro denaro" e ad annotare "laconicamente" che dopo le parole di Gesu' sul fatto che sarebbe stato tradito da chi era seduto alla sua stessa mensa, Giuda si servi e "dopo quel boccone, Satana entro' in lui".
"Cio' che a Giuda e' accaduto - commenta Joseph Ratzinger - per Giovanni non e' piu' psicologicamente spiegabile. E' finito sotto il dominio di qualcun altro: chi rompe l'amicizia con Gesu', chi si scrolla di dosso il suo 'dolce giogo', non giunge alla liberta', non diventa libero, ma diventa invece schiavo di altre potenze, o piuttosto: il fatto che egli tradisce questa amicizia deriva ormai dall'intervento di un altro potere, al quale si e' aperto". Il Papa teologo si preoccupa, nel suo nuovo libro anche del destino di Giuda, nel quale la luce proveniente da Gesu' "non si era spenta del tutto", tanto che nel racconto evangelico e' registrato "un primo passo verso la conversione". infatti Giuda dice "Ho peccato" ai suoi committenti, "cerca di salvare Gesu' e rida' il denaro". "Tutto cio' che di puro e di grande aveva ricevuto da Gesu' - scrive il Pontefice -rimaneva iscritto nella sua anima, non poteva dimenticarlo". Ma "la seconda sua tragedia - dopo il tradimento - e' che non riesce piu' a credere ad un perdono. Il suo pentimento diventa disperazione. Egli vede ormai solo se stesso e le sue tenebre, non vede piu' la luce di Gesu', quella luce che puo' illuminare e superare anche le tenebre". Secondo il Papa, la mancata auto-liberazione di Giuda dal male "ci fa vedere il modo errato del pentimento: un pentimento che non riesce piu' a sperare, ma vede ormai solo il proprio buio, e' distruttivo e non e' un vero pentimento. Fa parte del giusto pentimento la certezza della speranza - una certezza che nasce dalla fede nella potenza maggiore della Luce fattasi carne in Gesu'". E cosi', ricorda Ratzinger, "Giovanni conclude il brano in modo drammatico: Giuda esce 'fuori' in un senso piu' profondo. Entra nella notte, va via dalla luce verso il buio; il 'potere delle tenebre' lo ha afferrato"
Nel nuovo volume il Papa si sofferma anche sulla data dell'Ultima Cena scrivendo che ha ragione il Vangelo di Giovanni e hanno torto i sinottici: "al momento del processo di Gesu' davanti a Pilato, le autorita' giudaiche non avevano ancora mangiato la Pasqua e per questo dovevano mantenersi ancora cultualmente pure". E dunque "la crocifissione non e' avvenuta nel giorno della festa, ma nella sua vigilia".
Ma il Papa "corregge" soprattutto Matteo quando nel raccontare la condanna di Cristo parla di "tutto il popolo", attribuendo ad esso la richiesta della crocifissione. Un brano "fatale nelle sue conseguenze", ma che, avverte, "sicuramente non esprime un fatto storico: come avrebbe potuto essere presente in tale momento tutto il popolo e chiedere la morte di Gesu'?". definendo l'interpretazione che e' stata data di questa frase di Matteo. "La realta' storica - spiega - appare in modo sicuramente corretto in Giovanni e in Marco. Il vero gruppo degli accusatori - infatti - sono i circoli contemporanei del tempio e, nel contesto dell'amnistia pasquale, si associa ad essi la 'massa' dei sostenitori di Barabba".Riguardo agli accusatori di Gesu', scrive ancora il Papa, "nelle risposte dei Vangeli vi sono differenze su cui dobbiamo riflettere".
"Secondo Giovanni - ricorda - essi sono semplicemente i 'Giudei'". Per Ratzinger, dunque, "nel quarto Vangelo il cerchio degli accusatori che perseguono la morte di Gesu' e' descritto con precisione e chiaramente delimitato: si tratta, appunto, dell'aristocrazia del tempio". E anche in Marco, "in ogni caso - tiene a precisare il Papa tedesco - non e' indicato 'il popolo' degli Ebrei come tale".
Infatti se e' vero che, a quanto risulta agli storici, "nell'amnistia pasquale, il popolo ha il diritto di fare una proposta manifestata per 'acclamazione' che ha in questo caso un carattere giuridico", Bendetto XVI fa notare che "in quel momento i sostenitori di Barabba erano "mobilitati per l'amnistia", mentre "gli aderenti a Gesu' per paura rimanevano nascosti, e in questo modo la voce del popolo su cui il diritto romano contava era presentata in modo unilaterale".

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