I lefebvriani

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Paparatzifan
00lunedì 22 novembre 2010 08:47
Dal blog di Lella...

Caso Williamson, lefebvriani: "Ripudi il neonazismo o lasci la Fraternità San Pio X"

''La disobbedienza a quest'ordine lo farebbe incorrere nell'esclusione"

Città del Vaticano, 21 nov. (Adnkronos/Ign)

Una dura presa di posizione del Superiore Generale dei lefebvriani contro mons. Richard Williamson è stata diffusa dalla Fraternità ultraconservatrice di San Pio X. Mons. Bernard Fellay ha intimato a Williamson di non farsi difendere dall'avvocato neonazista Wolfram Nahrath nel processo che lo vede imputato in Germania per le sue affermazioni negazioniste relative alle camere a gas. Williamson fa parte del gruppo dei quattro vescovi lefebvriani, insieme allo stesso mons. Fellay, cui il Papa ha revocato tempo fa la scomunica, al centro delle trattative fra la Fraternità di San Pio X e la Santa Sede per stabilire modi e temi del rientro definitivo dei lefebvriani all'interno della Chiesa cattolica.
La vicenda Williamson creò seri problemi al Vaticano in quanto il vescovo di origine inglese diffuse teorie negazioniste a ridosso del provvedimento di riconciliazione promosso dal Papa. Nel comunicato diffuso dalla Fraternità di San Pio X si legge: ''Il Superiore generale, mons. Bernard Fellay, ha appreso dalla stampa la decisione di mons. Richard Williamson di revocare, dieci giorni prima del suo processo, l'avvocato incaricato dei suoi interessi per farsi difendere da un avvocato apertamente legato al movimento detto neo-nazista in Germania e ad alcuni dei suoi gruppi''.
''Mons. Fellay - prosegue il testo - ha intimato l'ordine formale a mons. Williamson di ritornare su questa decisione e di non lasciarsi strumentalizzare da tesi politiche totalmente estranee alla sua missione di vescovo cattolico al servizio della Fraternità S. Pio X''. Quindi la conclusione: ''La disobbedienza a quest'ordine farebbe incorrere mons. Williamson nell'esclusione dalla Fraternità S. Pio X''.
L'avvocato, Wolfram Nahrath, membro della formazione di estrema destra Npd, acronimo di Nationaldemokratische Partei Deutschlands, è stato un leader di Gioventù Vichinga, un'organizzazione neo-nazista ispirata alla Gioventù hitleriana, che fu messa al bando in Germania nel 1994 e ha difeso gruppi nazisti colpevoli di gravi reati razziali.

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Paparatzifan
00sabato 19 febbraio 2011 20:23
Dal blog di Lella...

LEFEBVRIANI: MONS. FELLAY, IN COLLOQUI CON S.SEDE NO OBIETTIVI COMUNI

(ASCA) - Roma, 19 feb

Il Vaticano e i tradizionalisti lefebvriani non hanno un obiettivo comune nei colloqui dottrinali iniziati nell'ottobre 2009 dopo la decisione di papa Benedetto XVI di togliere la scomunica ai quattro vescovi lefebvriani. Lo confessa lo stesso superiore della Fraternita' Sacerdotale San Pio X, mons. Bernard Fellay, al sito La Porte Latine.
''Bisogna distinguere l'obiettivo di Roma e il nostro - dice il vescovo lefebvriano -. Roma ha indicato che c'erano dei problemi dottrinali con la Fraternita' e che bisogna chiarirli prima di un riconoscimento canonico - problemi che sarebbero manifestamente di nostra responsabilita', dato che si tratta dell'accettazione del Concilio (Vaticano II, ndr).
Ma per noi si tratta di un'atra cosa, noi vogliamo dire a Roma quello che la Chiesa ha sempre insegnato e, quindi, manifestare le contraddizioni tra questo insegnamento secolare e cio' che si fa nella Chiesa a partire dal Concilio. Da parte nostra, questo e' il solo obiettivo che perseguiamo''.
I lefebvriani non hanno nascosto la loro irritazione per alcune recenti mosse di papa Ratzinger, dalla decisione di beatificare il suo predecessore, Giovanni Paolo II, a quella di convocare un meeting interreligioso ad Assisi quest'anno dopo quelli gia' tenuti nel 1986 e del 2002.
Mons. Fellay spiega anche di non aver notato nessuna ''evoluzione'' del pensiero dei suoi interlocutori vaticani nel corso dei colloqui. D'altra paret, spiega, ''non si tratta ne' di un negoziato, ne' della ricerca di un compromesso, perche' e' una questione di fede''. Per il vescovo lefebvriano, i colloqui sono prossimi alla conclusione ''perche' abbiamo trattato tutti i grandi temi posti dal Concilio'', anche se non si sbilancia sul loro esito.

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Paparatzifan
00sabato 11 giugno 2011 21:11
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VATICANEIDE - Giugno il mese decisivo per ricucire lo strappo

Lefebvriani, passi avanti verso la riconciliazione

di Andrea Bevilacqua

Il mese di giugno potrebbe portare a una conclusione le consultazioni esistenti da tempo tra il Vaticano e la Fraternità sacerdotale San Pio X, la comunità ultratradizionalista fondata dal vescovo scismatico Marcel Lefebvre scomunicato nel 1988 da Papa Giovanni Paolo II.
Recentemente è stato l'attuale superiore generale della Fraternità, monsignor Bernard Fellay, a dire che ciò che la Santa Sede ha in mente per loro sarebbe la costituzione di un ordinariato che lascerebbe la piena autonomia ai lefebvriani nei confronti dei vescovi diocesani.
Se così fosse la strategia di Benedetto XVI per non escludere i lefebvriani dalla comunità ecclesiale si avvicinerebbe di molto a quella adottata recentemente con gli anglicani. Anche agli anglicani che intendono tornare con Roma è stata offerta la possibilità di farlo creando diversi ordinariati.
La tappa di riavvicinamento tra Roma e i lefebvriani è stata lunga e laboriosa. Un'accelerazione è avvenuta 7 luglio 2007 con il motu proprio Summorum Pontificum che riconosce a ogni prete cattolico di rito romano il diritto di celebrare la messa secondo l'antico uso. Era questa la prima condizione preliminare che gli stessi lefebvriani avevano chiesto per un'eventuale riconciliazione.
Il 21 gennaio del 2009 ci fu un di revoca della scomunica per i quattro vescovi della Fraternità. Anche questo fu un enorme passo verso i lefebvriani, un passo non senza conseguenze drammatiche come fu la reazione di tutto il mondo quando uscì la notizia che uno dei quattro presuli, monsignor Richard Williamson, era negazionista quanto alla Shoah. Ratzinger subì pesanti critiche provenienti soprattutto dal mondo ebraico.
Poi Roma invitò una commissione teologica della Fraternità a partecipare a dei colloqui dottrinali presso la Congregazione per la Dottrina della Fede. Il tavolo della discussione, tutt'ora aperto, vede impegnati tre teologi della Fraternità e tre teologi romani.
La Santa Sede ha un obiettivo: tenere vicina a Roma la Fraternità e non permettere che si allontani ulteriormente. Ovviamente ci sono dei paletti.
Su tutti il fatto che la Fraternità deve accettare tutti i testi usciti dal lavoro del Concilio Vaticano II senza considerarli carta straccia. Per la chiesa il Vaticano II non ha tradito la dottrina della chiesa, traditrice semmai è stata l'ermeneutica successiva al Concilio, quell'ermeneutica della rottura che lo stesso Benedetto XVI ha stigmatizzato nel discorso alla curia romana del 22 dicembre del 2005: il Concilio per il Papa va letto in continuità con la tradizione passata. Su questo punto lefebvriani hanno più volte avuti uscite molto dure. Ma se dimostreranno un cambiamento in merito le porte del Vaticano torneranno ad aprirsi del tutto per loro. La strada è l'ordinariato, sul modello di quello adottato per le comunità anglicane.

© Copyright Italia Oggi, 11 giugno 2011


Paparatzifan
00martedì 5 luglio 2011 15:40
Dal blog di Lella...

Padre Lombardi: sono illegittime le recenti ordinazioni sacerdotali compiute dalla Fraternità San Pio X

Le ordinazioni sacerdotali compiute recentemente dalla Fraternità San Pio X sono da considerarsi “illegittime”: è quanto ha affermato il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, rispondendo ad alcune domande sull’argomento. Padre Lombardi ha ribadito quanto affermato dal Papa nella sua Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica del 10 marzo 2009:

"Finché la Fraternità (San Pio X) non ha una posizione canonica nella Chiesa – sottolinea Benedetto XVI - anche i suoi ministri non esercitano ministeri legittimi nella Chiesa (...) finché le questioni concernenti la dottrina non sono chiarite, la Fraternità non ha alcuno stato canonico nella Chiesa, e i suoi ministri (...) non esercitano in modo legittimo alcun ministero nella Chiesa".

© Copyright Radio Vaticana


Paparatzifan
00martedì 23 agosto 2011 18:02
Da "Vatican Insider"...

Il 14 settembre il vescovo Fellay discuterà con la Santa Sede un possibile accordo

Andrea Tornielli

Città del Vaticano

Il vescovo Bernard Fellay, superiore generale della Fraternità San Pio X fondata da monsignor Lefebvre, è stato convocato in Vaticano per il prossimo 14 settembre. È il primo incontro di vertice dopo i colloqui dottrinali che nell’ultimo anno hanno visto confrontarsi a Roma le delegazioni della Santa Sede e dei lefebvriani.

Come si ricorderà, dal 2009 la Commissione Ecclesia Dei, che si occupa del rapporto con la Fraternità San Pio X è stata inglobata nella Congregazione per la dottrina della fede ed è stata affidata alla guida di monsignor Guido Pozzo.

I colloqui dottrinali, che hanno affrontato tutti i nodi considerati problematici dai lefebvriani, i quali ritengono che in alcuni punti il Concilio Vaticano II abbia rappresentato una rottura con la tradizione della Chiesa, si sono conclusi nei mesi scorsi.

Ora il Vaticano dovrebbe sottoporre a Fellay dei protocolli d’intesa che chiariscono i punti dottrinali leggendo il Concilio secondo quell’ermeneutica della continuità nella riforma suggerita fin dal dicembre 2005 da Benedetto XVI quale interpretazione più autentica dei testi del Vaticano II.

Soltanto se saranno superate le difficoltà dottrinali, sarà sottoposta alla Fraternità una proposta di sistemazione canonica, che risolva la situazione in cui si trovano le comunità lefebvriane. Come si ricorderà, anche se il Papa, con un gesto di benevolenza, nel gennaio 2009 ha tolto la scomunica ai quattro vescovi ordinati da Lefebvre, i vescovi e i sacerdoti della San Pio X vivono ancora in uno stato di irregolarità canonica.

La proposta che è stata studiata dal Vaticano prevede per i lefebvriani l’istituzione di una ordinariato simile a quello che il Papa ha offerto agli anglicani intenzionati a rientrare nella comunione con la Chiesa di Roma. In questo modo, la Fraternità dipenderebbe dalla Santa Sede (e precisamente dalla Commissione Ecclesia Dei) e potrebbe mantenere le sue caratteristiche senza dover rispondere ai vescovi diocesani.

L’incontro del 14 settembre, che Vatican Insider è in grado di confermare rappresenta dunque un nuovo passo nel cammino travagliato di questi anni. Ma è prematuro sbilanciarsi in quanto alle conclusioni: è noto infatti che all’interno della Fraternità San Pio X convivono diverse sensibilità e c’è una parte che considera difficile arrivare a un accordo.

Va ricordato che Papa Ratzinger, intenzionato a chiudere il mini-scisma lefebvriano, ha già compiuto due passi molto significativi nella direzione chiesta dalla Fraternità: ha liberalizzato il vecchio messale preconciliare e ha tolto le scomuniche vigenti dal 1988.


Paparatzifan
00giovedì 1 settembre 2011 20:22
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LEFEBVRIANI: DUE SETTIMANE A INCONTRO DECISIVO, L'ESEMPIO DEL BRASILE

Salvatore Izzo

(AGI) - Castelgandolfo, 1 set.

"Siamo cattolici, apostolici e romani.
Se Roma e' la testa e il cuore della Chiesa Cattolica, sappiamo che la crisi sara' risolta necessariamente a Roma e da Roma". "E' con questa intima convinzione - afferma una nota pubblicata dal sito della Fraternita' San Pio X - che mons. Fellay accogliera' l'invito del prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede" per l'incontro che si terra' in Vaticano il prossimo 14 settembre. Un appuntamento che da piu' parti e' definito decisivo in quanto, come scrive il cardinale Joseph William Levada nella lettera d'invito al capo dei lefebvriani, "lo scopo di questa riunione e' in primo luogo di effettuare una valutazione delle discussioni teologiche condotte dagli esperti della Congregazione per la Fede e della Fraternita' Sacerdotale San Pio X negli ultimi due anni accademici e quindi di considerare le prospettive future".  Prospettive che ovviamente sono quelle del ristabilimento della piena comunione con la Chiesa Cattolica, come esplicitamente ha spiegato in diverse occasioni lo stesso Pontefice che ha dato avvio al processo in corso con la generosa - ma assai criticata - decisione di togliere le scomuniche ai quattro vescovi lefebvriani. Sulle possibili soluzioni canoniche, rileva il sito della Fraternita' San Pio X, "il cardinale Levada non fornisce nessun dettaglio", mentre "alcuni sulla stampa e altrove si credono autorizzati a fare ipotesi parlando della proposta di un accordo formale sull'interpretazione del Concilio Vaticano II e prevedendo l'istituzione di una prelatura personale o di un ordinariato". "Queste ipotesi - afferma la nota - sono il prodotto di speculazione e sono i loro autori a garantire per loro. La Fraternita' Sacerdotale San Pio X si attiene agli atti ufficiali e ai fatti confermati, come monsignor Alfonso de Galarreta - uno dei quattro vescovi lefebvriani perdonati da Papa Ratzinger nonche' il capo della delegazione che ha portato avanti il confronto teologico con Roma - ha ricordato in occasione delle recenti ordinazioni sacerdotali".
Nessuna conferma dunque alle indiscrezioni che circolano in questi giorni su cosa il cardinale Levada proporra' - nell'incontro nel Palazzo del Sant'Uffizio - al vescovo Bernard Fellay, superiore generale della Fraternita' Sacerdotale San Pio X e ai suoi due assistenti, l'abbe' Niklaus Pfluger e l'abbe' Marc-Alain Nely. Tuttavia l'unico serio precedente al quale potrebbe rifarsi il cardinale Levada non ha la forma giuridica di una "Prelatura personale" - scelta che disturberebbe forse l'Opus Dei che tale riconoscimento ottenne da Giovanni Paolo II senza che vi fosse mai stata nessuna disobbedienza alla Santa Sede - ne' quella dell'Ordinariato - cui si e' fatto ricorso per garantire agli anglicani che chiedono la piena comunione con Roma di mantenere aspetti specifici in campo liturgico e disciplinare (compresa la possibilita' di preti uxorati). E' invece quella dell'Amministrazione Apostolica non territoriale la strada seguita nel gennaio 2002, a Campos - in Brasile - per accogliere un gruppo di 28.000 cattolici tradizionalisti gia' seguaci del vescovo Antonio de Castro Mayer che aveva partecipato con Lefebvre alle quattro consacrazioni illecite incorrendo anch'egli nella scomunica, mentre il suo successore alla guida dell'Unione sacerdotale San Giovanni Maria Vianney, monsignor Licinio Rangel, era stato addirittura consacrato vescovo da tre dei quattro presuli lefebvriani.
Con monsignor Rangel rientrarono 9 anni fa nella piena comunione con Roma anche 25 sacerdoti tradizionalisti formati nella diocesi di Campos da monsignor Castro Mayer. Per loro Giovanni Paolo II aveva eretto appunto una sorta di chiesa non territoriale affidata a monsignor Rangel, per la guida pastorale dei fedeli che intendono mantenere il loro attaccamento al rito tridentino. Un'Amministrazione Apostolica e' una struttura prevista dal diritto canonico. Si tratta di fatto di una quasi-diocesi che ha abitualmente la "prospettiva" di diventare una diocesi "pleno jure" nel contesto di un paese di missione. L’amministratore puo' non essere vescovo, ma gode di tutti i poteri amministrativi del vescovo. Quindi erige parrocchie, procede alla nomina dei parroci, riconosce le associazioni laicali, e compie tutti gli atti non sacramentali di competenza del vescovo, delegando solo questi ultimi, precisamente come gia' avviene con l'Ordinariato istituito in Gran Bretagna per gli ex anglicani.
Essendo stato riconosciuto quale vescovo titolare di Zarna, monsignor Rangel poteva infatti ordinare i suoi sacerdoti e dare il sacramento della cresima, proprio come continua a fare oggi il suo successore. Per la Fraternita' San Pio X, l'Amministrazione Apostolica personale rappresenterebbe in effetti una soluzione ottimale, prevista dal diritto attuale, permettendo di sottrarre i tradizionalisti alla giurisdizione dei vescovi locali che di fatto spesso non sono disponibili alle loro richieste non solo in campo liturgico ma anche in quello della pastorale ordinaria e della formazione del clero. Monsignor Fernando Areas Rifan, attuale amministratore dell'Unione saverdotale San Giovanni Maria Vianney con sede a Campos ha anche conferito l'ordinazione sacerdotale a giovani preti novelli secondo la forma straordinaria del rito romano. Una facolta' che invece non e' prevista per i vescovi ordinari neppure nel motu proprio "Summorum Pontificum" con il quale Papa Ratzinger ha liberalizzato l'uso del messale preconciliare per ogni altro rituale.

(AGI)


Paparatzifan
00mercoledì 14 settembre 2011 23:00
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LEFEBVRIANI: VATICANO, 2 ANNI COLLOQUI HANNO CHIARITO POSIZIONI E MOTIVI

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 14 set

L'incontro di oggi tra il card. William Levada, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, accompagnato da mons. Luis Ladaria, segretario della Congregazione, e mons. Guido Pozzo, segretario della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, con mons. Bernard Fellay, Superiore generale della lefebvriana Fraternita' sacerdotale San Pio X, accompagnato dai reverendi Niklaus Pfluger e Alain-Marc Nely, primo e secondo Assistente generale della medesima, arriva dopo due anni di colloqui dottrinali che '' hanno raggiunto lo scopo di chiarire le rispettive posizioni e relative motivazioni''.
''In seguito alla supplica indirizzata dal Superiore Generale della Fraternita' Sacerdotale san Pio X il 15 dicembre 2008 a Sua Santita' Papa Benedetto XVI - ricorda una nota diffusa dalla Sala Stampa vaticana alla fine dell'incontro -, il Santo Padre aveva deciso di rimettere la scomunica ai quattro Vescovi consacrati dall'Arcivescovo Lefebvre, e, nel medesimo tempo, di aprire dei colloqui dottrinali con detta Fraternita', al fine di chiarire i problemi di ordine dottrinale e giungere al superamento della frattura esistente''.
''In ottemperanza alle disposizioni del Santo Padre - ricorda ancora la nota -, una commissione mista di studio, composta da esperti della Fraternita' Sacerdotale San Pio X e da esperti della Congregazione per la Dottrina della Fede, si e' riunita in otto incontri, che si sono svolti a Roma tra il mese di ottobre 2009 e il mese di aprile 2011. Questi colloqui, che avevano l'obiettivo di esporre e approfondire le difficolta' dottrinali essenziali sui temi controversi, hanno raggiunto lo scopo di chiarire le rispettive posizioni e relative motivazioni''.
La Sala Stampa vaticana sottolinea che, ''tenendo conto delle preoccupazioni e delle istanze presentate dalla Fraternita' Sacerdotale San Pio X in ordine alla custodia dell'integrita' della fede cattolica di fronte all'ermeneutica della rottura del Concilio Vaticano II rispetto alla Tradizione, di cui ha fatto menzione Papa Benedett oXVI nel Discorso alla Curia Romana (22 dicembre 2005)'', il Vaticano ha consegnato ai lefebvriani un ''Preambolo Dottrinale'' la cui accettazione sara' ''base fondamentale'' per la ''eventuale'' riconciliazione.
Il portavoce vaticano, p. Federico Lombardi, precisa che una risposta da parte dei tradizionalisti e' attesa nel giro di qualche mese.

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Paparatzifan
00mercoledì 14 settembre 2011 23:01
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LEFEBVRIANI: S.SEDE, RICONCILIAZIONE NON SICURA MA AUSPICATA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 14 set.

"Una soluzione canonica per la Fraternita' sacerdotale San Pio X", fondata da monsignor Marcel Lefebvre e oggi ancora priva della piena comunione ecclesiale, e' stata definita dalla Santa Sede possibile "a seguito dell'eventuale e auspicata riconciliazione". E' questo l'elemento di maggiore novita' scaturito dall'incontro in Vaticano tra il superiore della Fraternita', monsignor Bernard Fellay, e il prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, cardinale William Joseph Levada.
Alla riunione di oggi - durata circa due ore e mezzo e svoltasi in un clima che il portavoce della Santa Sede padre Federico Lombardi ha descritto come "cordiale e corretto", hanno partecipato per la parte vaticana anche l'arcivescovo Luis Ladaria, segretario della Congregazione per la dottrina della Fede, e monsignor Guido Pozzo, segretario della Pontificia Commissione Ecclesia Dei e, per i lefebvriani, anche i sacerdoti Niklaus Pfluger e Alain-Marc Nely, rispettivamente primo e secondo assistente generale della Fraternita' San Pio X. Al centro del colloquio il lavoro della commissione mista di studio, composta da esperti della Fraternita' sacerdotale San Pio X e da esperti della Congregazione per la Dottrina della Fede che, ricorda il comunicato diffuso dalla sala stampa, "si e' riunita in otto incontri, che si sono svolti a Roma tra il mese di ottobre 2009 e il mese di aprile 2011".
"Questi colloqui - ricorda la nota diffusa oggi - avevano l'obiettivo di esporre e approfondire le difficolta' dottrinali essenziali sui temi controversi, hanno raggiunto lo scopo di chiarire le rispettive posizioni e relative motivazioni". E proprio "tenendo conto delle preoccupazioni e delle istanze presentate dalla Fraternita' Sacerdotale San Pio X in ordine alla custodia dell'integrita' della fede cattolica di fronte all'ermeneutica della rottura del Concilio Vaticano II rispetto alla Tradizione", come affermato da Benedetto XVI nel decisivo Discorso alla Curia Romana del 22 dicembre 2005, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha redatto un testo, definito nella nota "Preambolo Dottrinale" in quanto presumibilmente sara' recepito nell'accordo finale. Tale breve documento (due o tre pagine a seconda della lingua e del formato) e' stato consegnato oggi a monsignor Fellay. "Tale Preambolo - precisa la nota - enuncia alcuni tre principi dottrinali e criteri di interpretazione della dottrina cattolica, necessari per garantire la fedelta' al Magistero della Chiesa e il 'sentire cum Ecclesia', lasciando nel medesimo tempo alla legittima discussione lo studio e la spiegazione teologica di singole espressioni o formulazioni presenti nei documenti del Concilio Vaticano II e del Magistero successivo".

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LEFEBVRIANI: S.SEDE, SOLUZIONE POTREBBE ESSERE PRELATURA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 14 set.

La "soluzione canonica" proposta ai lefebvriani della Fraternita' San Pio X e' quella della Prelatura personale internazionale. Lo ha detto il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, sottolineando pero' che si tratta al momento di una prospettiva che si potrebbe concretizzare solo a determinate condizioni, cioe' con l'accettazione, da parte della Fraternita', del documento dottrinario redatto a seguito dei colloqui degli ultimi mesi. La nota vaticana diffusa ricostruisce l'iter seguito nel pontificato di Joseph Ratzinger per favorire il rientro dei lefebvriani nella piena comunione con Roma.
"In seguito alla supplica indirizzata dal superiore generale della Fraternita' Sacerdotale San Pio X il 15 dicembre 2008 a Sua Santita' Papa Benedetto XVI, il Santo Padre - si legge nel testo - aveva deciso di rimettere la scomunica ai quattro vescovi consacrati dall'arcivescovo Lefebvre, e, nel medesimo tempo, di aprire dei colloqui dottrinali con detta Fraternita', al fine di chiarire i problemi di ordine dottrinale e giungere al superamento della frattura esistente".
L'ipotesi di costituire per i tradizionalisti una "Prelatura personale" disturberebbe forse l'Opus Dei, che tale riconoscimento ottenne da Giovanni Paolo II senza che vi fosse mai stata nessuna disobbedienza alla Santa Sede. Ma al contrario della soluzione dell'Ordinariato, cui il Papa ha fatto ricorso per consentire agli anglicani che chiedono la piena comunione con Roma di mantenere aspetti specifici in campo liturgico e disciplinare (compresa la possibilita' di preti uxorati), essa garantirebbe alla Fraternita' San Pio X maggiore autonomia, non essendo inserita nelle Conferenze Episcopali, come avviene invece per le prelature territoriali e gli ordinariati.
Dal gennaio 2002, a Campos in Brasile per accogliere un gruppo di 28mila cattolici tradizionalisti gia' seguaci del vescovo Antonio de Castro Mayer - che aveva partecipato con Lefebvre alle quattro consacrazioni illecite incorrendo anch'egli nella scomunica, mentre il suo successore alla guida dell'Unione sacerdotale San Giovanni Maria Vianney, monsignor Licinio Rangel era stato addirittura consacrato vescovo da tre dei quattro presuli lefebvriani - e' stata sperimentata la formula sostanzialmente analoga dell'Amministrazione Apostolica.
Con monsignor Rangel rientrarono 9 anni fa nella piena comunione con Roma anche 25 sacerdoti tradizionalisti formati nella diocesi di Campos da monsignor Castro Mayer.
Per loro Giovanni Paolo II aveva eretto appunto una sorta di chiesa non territoriale affidata a monsignor Rangel, per la guida pastorale dei fedeli che intendono mantenere il loro attaccamento al rito tridentino. Si tratta di fatto di una quasi-diocesi che ha abitualmente la "prospettiva" di diventare una diocesi "pleno jure" nel contesto di un paese di missione. L'amministratore gode di tutti i poteri amministrativi del vescovo. Quindi erige parrocchie, procede alla nomina dei parroci, riconosce le associazioni laicali. Nel caso del Brasile (e presumibilmente lo stesso avverra' per la Fraternita' San Pio X) amministratore apostolico e' un vescovo che puo' ordinare i suoi sacerdoti e dare il sacramento della cresima, proprio come continua a fare oggi il successore di monsignor Rangel, monsignor Fernando Areas Rifan, attuale amministratore dell'Unione sacerdotale San Giovanni Maria Vianney con sede a Campos, che ha anche conferito l'ordinazione sacerdotale a giovani preti novelli utilizzando la forma straordinaria del rito romano, cioe' l'antico messale. Una facolta' che invece - come ha chiarito di recente una nota della Congregazione della Dottrina della Fede - non e' prevista per i vescovi ordinari neppure nel motu proprio "Summorum Pontificum", con il quale Papa Ratzinger ha liberalizzato l'uso del messale preconciliare per ogni altro rituale. Consacrare in proprio il clero per i fedeli tradizionalisti simboleggiara' dunque il pieno rispetto della loro identita' non solo in campo liturgico ma anche in quello della pastorale ordinaria e della formazione del clero.

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LEFEBVRIANI: PADRE LOMBARDI, NON C'E' SCADENZA ULTIMATIVA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 14 set.

"L'incontro di oggi alla Congregazione della Dottrina della Fede e' durato circa 2 ore e mezzo, in un clima cordiale di corretta conversazione". Lo ha detto il portavoce vaticano padre Federico Lombardi, sottolineando che il testo consegnato dal cardinale William Joseph Levada alla delegazione della Fraternita' San Pio X, e segnatamente al superiore generale monsignor Bernard Fellay, costituisce "una base imprescindibile" per arrivare alla piena comunione e alla sua formulazione canonica, che per la Santa Sede rappresenta "un'eventuale e auspicata soluzione".
Ma, ha aggiunto il religioso, "non c'e' una scadenza ultimativa, anche se ci si aspetta una risposta in tempi ragionevolmente brevi, pochi mesi e non anni".
Quanto alla condizione che da parte dei lefebvriani sia accettato il Concilio Vaticano II, padre Lombardi ha detto che resta per la Fraternita' la possibilita' di "una legittima discussione" su alcuni passaggi dei documenti, nel senso cioe' che "ci sono punti vincolanti" che non possono essere messi in discussione e altri meno essenziali. "Un passo - ha concluso Lombardi - e' stato fatto quest'oggi ed e' un passo importante di questo processo".

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Paparatzifan
00giovedì 15 settembre 2011 17:06
Dal blog di Lella...

LEFEBVRIANI: MONS. FELLAY, STUDIEREMO ATTENTAMENTE DOCUMENTO VATICANO

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 14 set

Il superiore generali dei lefebvriani, mons. Bernard Fellay, si riserva di prendere il ''tempo necessario per studiare'' il documento dottrinale presentatogli oggi dal Vaticano come ''base fondamentale'' per una riconciliazione e annuncia di ''consultare i principali responsabili della Fraternita' San Pio X'', perche' ''su una questione cosi' importante mi sono impegnato con i miei confratelli a non prendere decisioni senza averli consultati preventivamente''.
In un'intervista al servizio di informazioni della Fraternita' tradizionalista, DICI, mons. Fellay non si sbilancia in un giudizio sull'incontro di oggi con il card.
William Levada, prefetto della Congregazione vaticana per la dottrina della fede, o sul ''Preambolo dottrinale'' che questi gli ha sottoposto.
Il superiore lefebvriano spiega che i colloqui si sono svolti in un'atmosfera di ''grande cortesia'' e di ''grande franchezza''. Quanto alla valutazione del Concilio Vaticano II, mons. Fellay fa riferimento ad una sua intervista del mese scorso: ''Quando il 15 agosto scorso ho dichiarato che (con il Vaticano, ndr) eravamo d'accordo sul fatto che non eravamo d'accordo a proposito del Concilio Vaticano II - spiega -, ho anche tenuto a precisare che se si tratta di dogmi, come quello della Trinita', siamo naturalmente d'accordo quando se ne trova menzione nel Concilio Vaticano II''.
Tuttavia, ammette, nel testo vaticano ''non c'e' una distinzione netta tra il campo dogmatico intoccabile e il campo pastorale aperto alla discussione''. Ad ogni modo, conclude, ''posso assicurarvi che la nostra decisione sara' presa per il bene della Chiesa e delle anime''.

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Paparatzifan
00venerdì 16 settembre 2011 20:41
Da "Vatican Insider"...

16/09/2011

Benedetto XVI vuole una Chiesa integralista?

Dal blog del vaticanista de Le Figaro

JEAN-MARIE GUÉNOIS

ROMA

Dietro la battaglia dei teologi esperti mobilizzati nelle negoziazioni tra Roma e i lefebvristi, si svolge un'evoluzione di primo piano nella Chiesa cattolica. Non si sa ancora come Mons. Fellay, ricevuto mercoledì a Roma, reagirà a proposta che gli è stata fatta- il est resté d'une extrême prudence ieri sera e non ha fatto trapelare alcun entusiasmo nelle sue parole - ma qualunque sia la sua risposta, la Santa Sede ha superato una tappa decisiva.

Sono due i punti principali della questione. Formalmente, la Chiesa cattolica sembra ritrovare l'essenza di ciò che vive da diversi secoli con le dodici Chiese cattoliche di rito orientale. Vale a dire, la possibilità e il rispetto di una differenza liturgica e di un'autonomia di funzionamento e, in parte, di dottrina. Si potrebbe parlare di una coesistenza di "particolarismi" con e a fianco della Chiesa romana latina.
Ne è stata data un'immagine significativa con la creazione di una struttura ad hoc per accogliere gli Anglicani che desiderano diventare cattolici. Un altro esempio potrebbe sorgere con la creazione di una prelatura personale internazionale per la Fraternità San Pio X nonostante questa si consideri, e certamente non lo nasconde, una depositaria della vera Chiesa cattolica.

IL PAPA NON "RIDEFINISCE", APPROFONDISCE

L'altra faccia della questione affonda in profondità perché tocca le vere radici dell'identità cattolica. Benedetto XVI, dall'inizio del suo pontificato non ha altro programma se non quello di spingere i cristiani che si dicono cattolici a essere non più cattolici ma veramente cattolici.
È in corso, quindi, molto più di una ridefinizione. Il termine è troppo esteriore. E la proposta fatta ieri a Mons. Fellay va esattamente questo senso. Riguarda, certo, il caso particolare della Fraternità San Pio X ma la logica che ne sta a capo conferma una costante di azione e di decisioni e non più solo di intenzioni.
Può essere definita una sorta di "essenzialismo" che unisce profondità, tensione pastorale, intellettuale e... mistica sotto l'ala di Benedetto XVI. Questo ultimo aspetto è essenziale per un papa ma poiché queste cose dell'anima non si "vedono" e non si "dicono", invisibili e silenziose, sfuggono alle analisi esterne pur essendone il motore centrale.

VATICANO II PROVOCA REAZIONI IRRAZIONALI
Altro elemento, la scarica emotiva, positiva o negativa, secondo il campo, che provoca la semplice evocazione del Concilio Vaticano II cambia le carte in tavola. Ciò che non si vede, ma si percepisce, è che dietro alle parole, Benedetto voglia condurla secondo il gusto della fede cristiana, così come è interpretata dalla Chiesa cattolica.

E questo dona al Papa un'ampia libertà di pensiero e di azione nonché una larghezza di vedute che gli ha permesso di aprire le porte ai lefebvristi che lo criticano pesantemente per la beatificazione di Giovanni Paolo II o per la sua partecipazione, tra un mese, a un incontro interreligioso ad Assisi.

Una tale benevolenza ha già scatenato vari tumulti a sinistra e al centro poiché distingue, riguardo all'insegnamento del Concilio Vaticano II, considerato fino a quel momento un blocco unico e definitivamente superato, dei settori in cui è possibile una "legittima discussione". Ma anche se la risposta di Mons. Fellay fosse negativa, questa tappa è ormai esplicitamente superata da Roma, benché il Concilio Vaticano II sia stato reputato intoccabile.

UN MALINTESO
Questo ricorda, oltretutto, un aspetto dimenticato della teologia cattolica spesso percepito come un monolito: dispone di un nucleo centrale sul quale si enumerano dei satelliti, solidamente legati tra loro al centro ma strutturalmente periferici. Anche i più grandi teologi lo ammettono.

Per concludere, resto colpito nell'osservare il malessere e la vivacità delle prime reazioni percepite qua e là. Dimostrano che molti cattolici si considerano oggi innanzitutto dei cristiani. Si guardano bene da un'identità cattolica troppo marcata poiché questa li isolerebbe dal dialogo con la società, in particolare con le altre religioni, e da quella tolleranza che sostengono essere un'attitudine prioritaria.

Tuttavia il malinteso risiederebbe precisamente nel pensare che Benedetto XVI che tende la mano ai lefebvristi, voglia andare in direzione di una Chiesa cattolica integra, intransigente e, perché no, integralista! Quantunque cerchi di riconciliare i cristiani cattolici, la sua sinistra, e i cattolici cristiani, la sua destra, con ciò che è realmente... la Chiesa cattolica!

Le Figaro


Paparatzifan
00mercoledì 5 ottobre 2011 12:52
Dal blog di Lella...

LEFEBVRIANI: MONSIGNOR POZZO, FUORI LUOGO PREVEDERE INSUCCESSO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 4 ott.

"In questo momento il testo del Preambolo dottrinale e' stato consegnato a monsignor Fellay e ai superiori della Fraternita' San Pio X, perche' essi possano esaminarlo e dare una risposta, che noi auspichiamo nella sostanza favorevole, positiva, affermativa. C'e' sempre la possibilita' di chiedere alcune precisazioni, alcuni chiarimenti che da parte nostra verranno certamente dati entro tempi ragionevoli. Porre il problema di quello che succedera' qualora le difficolta' dovessero essere considerate gravi, insormontabili, mi pare che sia fuori luogo".
Risponde cosi' monsignor Guido Pozzo, segretario della Commissione Ecclesia dei, alla quale Benedetto XVI ha affidato la "trattativa" per l'auspicato rientro dei seguaci di monsignor Marcel Lefebvre nella piena comunione con la Chiesa Cattolica.
"Chi e' veramente e pienamente cattolico - spiega in proposito il prelato ai microfoni di Gloria tv - puo' abitare pienamente e debitamente nella Chiesa Cattolica, dovunque la Chiesa Cattolica esiste e si sviluppa". Questa, chiarisce, "non e' solo un'affermazione di principio, e' un'affermazione esistenziale che corrisponde alla realta' della Chiesa Cattolica". Ed anche se ammette che esistono "delle difficolta', anche a motivo della situazione critica in cui si trovano molti cattolici, il mondo cattolico, in questi ed in altri paesi", monsignor Pozzo e' ottimista sull'esito finale del cammino di riconciliazione con i tradizionalisti incorsi nello scisma di Lefebvre, che il Papa ha voluto avviare tre anni fa con il motu proprio "Summorum Pontificum" che liberalizza l'uso dell'antico messale in latino e il successivo perdono, con remissione delle scomuniche, offerto ai quattro vescovi che lo stesso Lefebvre aveva consacrato illecitamente. "Non credo - ricorda infatti all'intervistatore - che nella storia non si siano verificati casi analoghi e quindi la risposta e' molto semplice: chi e' veramente e pienamente cattolico, non solo ha diritto, ma vive bene e si trova bene nella Chiesa Cattolica".
Quanto ai diffusi "mal di pancia" che le decisioni del Papa hanno provocato, il segretario della Ecclesia Dei li spiega con "il pregiudizio cosi' ancora diffuso contro la liturgia della forma straordinaria del Rito Antico".
"E' da tener presente - dice monsignor Pozzo a Gloria Tv - che per molti anni non e' stata offerta una formazione liturgica veramente adeguata e completa nella Chiesa Cattolica. Si e' voluto introdurre il principio di una rottura, di un allontanamento, un distacco radicale tra la riforma liturgica proposta, instaurata, promulgata, da Papa Paolo VI e la liturgia tradizionale. In realta' le cose stanno diversamente, perche' e' chiaro che c'e' una continuita' sostanziale nella liturgia, nella storia della liturgia; c'e' crescita, progresso, rinnovamento, ma non rottura, non discontinuita', e quindi questi pregiudizi influiscono in misura determinante nella forma mentis delle persone, degli ecclesiastici e anche dei fedeli". Secondo monsignor Pozzo, "occorre superare questo pregiudizio, occorre dare una formazione liturgica completa, autentica, e vedere come, appunto, una cosa sono i libri liturgici della riforma voluta da Paolo VI, altra cosa sono le forme di attuazione che in tante parti del mondo cattolico si sono verificate nella prassi, e che sono autentici abusi della stessa riforma liturgica di Paolo VI e contengono anche errori dottrinali che devono essere corretti e respinti". "E' questo - ricorda - che il Santo Padre Benedetto XVI, in un discorso all'Ateneo Anselmiano, recentemente, nella tarda primavera di quest'anno, ha voluto ancora una volta ribadire. Una cosa sono i libri liturgici della riforma, altra sono le forme concrete di attuazione che, purtroppo, in tante parti si sono diffuse e che non sono coerenti con i principi che erano stati fissati ed esplicitati dalla stessa Costituzione del Concilio Vaticano II 'Sacrosantum Concilium', sulla divina liturgia".
A una domanda, infine, su alcune fughe di notizie che hanno accompagnato i colloqui dottrinali dei mesi scorsi tra gli esperti della Commissione e quelli della Fraternita', monsignor Pozzo ridimensiona il problema facendo notare che in effetti si trattava di informazioni generiche: i media, infatti, il giorno dopo l'incontro decisivo del 14 settembre tra monsignor Fellay e il cardinale Joseph William Levada, prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede e presidente della Ecclesia Dei, "hanno ripreso sostanzialmente il comunicato stampa che gia' informava di alcuni elementi essenziali del Preambolo Dottrinale e quindi i contenuti profondi del Preambolo, nei loro particolari, non sono noti, almeno finora non sono stati resi noti, e i giornalisti non ne hanno parlato, non hanno descritto nei particolari lo svolgimento e l'elaborazione del Preambolo Dottrinale; quindi - conclude - la riservatezza sostanzialmente in questo caso credo sia stata mantenuta. Spero che lo sara' anche in seguito".

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Paparatzifan
00sabato 8 ottobre 2011 20:15
Dal blog di Lella...

LEFEBVRIANI:ESAME DOCUMENTO S.SEDE,MANTENERE INTEGRITA' FEDE

(ANSA) - ROMA, 8 OTT

''Mantenere la fede nella sua integrita' e integralita', fedeli alla missione lasciata da mons. Marcel Lefebvre''.
E' questa l'indicazione arrivata dai 28 esponenti della Fraternita' S.Pio X che ieri si sono riuniti nella sede italiana, ad Albano Laziale (Roma), per esaminare il 'preambolo dottrinale' consegnato dal Vaticano con le condizioni per rientrare nell'alveo della Chiesa romana.
Nel corso della riunione, fa sapere un comunicato pubblicato on line, ''i 28 responsabili della Fraternita' presenti - direttori di seminari e superiori di distretti provenienti da diverse parti del mondo - hanno manifestato una profonda unita' nel mantenere la fede nella sua integrita' e integralita', fedeli alla missione lasciata da mons. Marcel Lefebvre''.
All'incontro, il superiore generale della Fraternita' che riunisce i tradizionalisti seguaci di Lefebvre, mons. Bernard Fellay, ha esposto i contenuti del preambolo dottrinale consegnatogli il 14 settembre in Vaticano dal card. William Levada, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.
I contenuti del preambolo restano riservati. Ora, dopo l'esame allargato, la parola passa al Consiglio generale dei Lefebvriani. Lo stesso Fellay e suoi due assistenti, Niklaus Pfluger e Alain-Marc Nely effettueranno un esame del testo che ''consentira' di presentare una risposta alle indicazioni di Roma in un tempo ragionevole''.
Nel preambolo dottrinale presentato dal Vaticano ai Lefebvriani ''il tabu' del Concilio Vaticano II cade''. E' uno dei passaggi centrali di un intervento del capo dei Lefebvriani, mons. Bernard Fellay, sul documento che la S.Sede ha sottoposto all'accettazione dei tradizionalisti seguaci di Lefebvre per un loro rientro nell'alveo della Chiesa di Roma.
''Quest'apertura di Roma - aggiunge Fellay - e' un colpo terribile a quanti vogliono fare del Vaticano II il punto di partenza della nuova Chiesa''
Il documento vaticano e' in questi giorni all'esame del vertice dei Lefebvriani e dei responsabili della Fraternita' S. Pio X, riunita ad Albano (Roma).
L'intervento di Fellay e' di sabato scorso: il capo dei Lefebvriani ha parlato a Villepreux, in Francia, soffermandosi sui rapporti tra la Fraternita' e Roma e l'audio del suo intervento e' ora disponibile on line sul sito 'La Porte Latine'. ''E' stato fatto un importante passo avanti'', dice ancora Fellay.

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Paparatzifan
00martedì 11 ottobre 2011 13:55
Dal blog di Lella...

LEFEBVRIANI: CONTINUA IL CAMMINO VERSO PIENA COMUNIONE CON ROMA

Salvatore Izzo

(AGI) - Albano, 11 ott.

Nei giorni scorsi "si e' tenuta una riunione dei responsabili della Fraternita' San Pio X ad Albano Laziale, durante la quale il superiore generale, monsignor Bernard Fellay, ha esposto il contenuto del 'preambolo dottrinale' che gli era stato consegnato dal cardinal William Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, nel corso del loro incontro il 14 settembre scorso".
"In seguito a questa riunione di lavoro - afferma una nota ufficiale - lo studio del 'preambolo dottrinale', di cui il contenuto resta confidenziale, proseguira' a livello del Consiglio Generale della Fraternita' San Pio X, ove un esame approfondito da parte del superiore Generale e dei suoi due assistenti, don Niklaus Pfluger e don Alain Marc Nely, permettera' di presentare, in un lasso di tempo ragionevole, una risposta alle proposte romane". All'incontro di Albano hanno partecipato ventotto responsabili della Fraternita' San Pio X - direttori di Seminario e superiori di Distretto del mondo intero - che hanno manifestato "una profonda unita' nella volonta' di mantenere la Fede nella sua integrita' e integralita', fedelmente alla lezione che gli ha lasciato, monsignor Marcel Lefebvre", ma sottolinea il sito tradizionalista 'Messainlatino.org', gia' il fatto che il comunicato di Albano non contenga un rifiuto della proposta romana "e' significativo, poiche' il costume della Fraternita' e' di far sapere quasi immediatamente se giudica qualcosa inaccettabile". "La trattativa continua", sintetizza il sito, che e' espressione di gruppi gia' in comunione con la Sede Apostolica. "Nelle settimane successive - ricorda - entrambe le parti hanno ammesso che il preambolo dottrinale non e' un 'prendere o lasciare', ma una proposta che ammette qualche ragionevole possibilita' di modifica, chiarimento, integrazione o omissione".
E "l'incontro di Albano ha conferito un mandato pieno al consiglio generale della Fraternita', i cui membri (cioe' Fellay e i suoi assistenti) hanno avuto il via per condurre la partita senza necessita' di continue consultazioni".
"Chiaramente, ogni giorno, ci sono passi verso la riconciliazione piena", commenta Messainlatino.org, che sottolinea come ad Albano l'assenza "senza che vi fosse un impedimento" del vescovo negazionista Richard Williamson ne conferma "l'emarginazione" all'interno della Fraternita'.
Il sito riporta oggi anche la notizia di un incontro nelle Filippine tra l'arcivescovo di Davao Fernando R. Capalla e tre sacerdoti della Fraternita' San Pio X, che hanno partecipato al seminario da lui promosso sull'applicazione del motu proprio "Summorum Pontificum" che liberalizza l'uso dell'antico messale, e "hanno ricevuto, in ginocchio, la benedizione finale" impartita dallo stesso presule.

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Paparatzifan
00mercoledì 2 novembre 2011 18:35
Da "Vatican Insider"...

2/11/2011

Lefebvriani, il dissenso interno contro l’accordo con Roma

Il superiore della Fraternità San Pio X inglese scrive ai fedeli rivelando com’è andato l’incontro con gli altri responsabili per decidere in merito alla proposta vaticana

Andrea Tornielli
Città del Vaticano

Ancora nessuna notizia dalla Fraternità San Pio X, chiamata ormai a dare una risposta dopo aver ricevuto dalla commissione Ecclesia Dei lo scorso 14 settembre il testo di un “preambolo dottrinale” da sottoscrivere, che chiede loro di fare la professione di fede prevista per chiunque assuma un incarico ecclesiastico.

Ma qualcosa comincia a filtrare sulla riunione dei superiori della Fraternità che si è tenuta il 7 e l’8 ottobre scorsi ad Albano Laziale. Ne parla il superiore dei lefebvriani del Regno Unito, padre Paul Morgan, in una lettera contenuta nel bollettino di novembre, inviato ieri ai fedeli.

Padre Morgan racconta che durante la riunione di Albano è stata presentata una sintesi dei contatti avuti dalla Fraternità con le autorità della Santa Sede dal 1987 a oggi, insieme a un riassunto dei colloqui dottrinali avvenuti negli ultimi mesi. Inoltre vi è stata «una esposizione orale del preambolo dottrinale». In pratica – a leggere Morgan – monsignor Bernard Fellay, superiore della San Pio X, non ha consegnato il testo scritto che ha ricevuto dal Vaticano, ma si è limitato ad esporlo, evidentemente per evitare fughe interessate di notizie.

Il responsabile dei lefebvriani inglesi continua: «Per quanto concerne i colloqui dottrinali, è spiacevole notare come la commissione romana abbia mancato di riconoscere la frattura esistente tra gli insegnamenti tradizionali e quelli conciliari. Insistendo invece sull’ermeneutica della continuità… e sostenendo che i nuovi insegnamenti includono e sviluppano i vecchi».

A sorprendere di più, in realtà, è la sorpresa di padre Morgan: l’ermeneutica della continuità nella riforma, cioè l’inserimento del Vaticano II nella storia dei concili e la sua lettura alla luce della tradizione precedente pur nello sviluppo e nell’aggiornamento, rappresenta la chiave proposta da Benedetto XVI. Difficile anche soltanto immaginare che i suoi più stretti collaboratori alla Congregazione per la dottrina della fede, il cardinale William Levada e monsignor Guido Pozzo, dialogano con la San Pio X, ne avessero proposta una diversa.

Nella lettera del superiore inglese si legge ancora: «È stato interessante apprendere che l’incontro del 14 settembre (quello avvenuto in Vaticano, con la consegna del preambolo, ndr.) non ha riguardato i colloqui dottrinali, ma è stato invece dedicato a esplorare possibili soluzioni pratiche per la sistemazione canonica».

«Non è una sorpresa apprendere – scrive ancora padre Morgan – che la base dottrinale proposta per ogni accordo canonico contiene elementi che la Fraternità San Pio X ha sempre rifiutato, compreso l’accettazione della nuova messa e del Vaticano II come formulato nel Nuovo Catechismo. Inoltre il documento stesso dà l’impressione che non via sia crisi nella Chiesa…».

Insomma, un giudizio negativo sul testo partorito alla fine dei colloqui dalle autorità vaticane. Il superiore della Fraternità del Regno Unito aggiunge che alcuni partecipanti hanno trovato il preambolo dottrinale «chiaramente inaccettabile e che non è arrivato il momento per perseguire un accordo concreto, fintanto che le questioni dottrinali rimangono in sospeso. È stato inoltre deciso che la San Pio X deve continuare il suo lavoro di insistere su questioni dottrinali in eventuali contatti con le autorità romane». Un rifiuto su tutta la linea, dunque.

Al bollettino di padre Morgan è sembrato rispondere tempestivamente uno stringato comunicato diffuso questo pomeriggio dalla Casa Generalizia della Fraternità San Pio X, nel quale si ricorda che dopo la riunione dei superiori tenutasi il 7 ottobre ad Albano, sono apparsi diversi commenti sulla stampa. Ma si ricorda anche che «solo la Casa Generalizia è abilitata a esprimere un comunicato ufficiale o un commento autorizzato sull’argomento». In altre parole, padre Morgan parla a titolo personale.



Non c’è dubbio però che questi commenti indichino le difficoltà e le contestazioni a cui è sottoposto monsignor Fellay in questo momento. Secondo alcune indiscrezioni, un dissenso rispetto al preambolo dottrinale e all’accordo proposto dalla Santa Sede sarebbe stato espresso dagli altri due vescovi lefebvriani presenti ad Albano, Tissier de Mallerais e Alfonso de Gallareta. Il quarto, Richard Williamson, su posizioni ancora meno propense all’accordo, non era presente all’incontro.


Paparatzifan
00giovedì 3 novembre 2011 18:42
Dal blog di Lella...

LEFEBVRIANI: MONSIGNOR FELLAY SCONFESSA L'ALA PIU' OLTRANZISTA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 2 nov.

I lefebvriani non hanno affatto respinto la mano tesa della Santa Sede, come sostengono alcune fonti riportando dichiarazioni e commenti dell'ala piu' oltranzista, diffusi proprio a Londra dove attualmente risiede il vescovo negazionista Richard Williamson, che puo' essere considerato il capofila degli oppositori al rientro a pieno titolo dei seguaci di monsignor Marcel Lefebvre nella Chiesa Cattolica.
"Soltanto la Casa Generalizia della Fraternita' San Pio X e' abilitata a pubblicare un comunicato ufficiale o un commento autorizzato su questo tema", ha dichiarato oggi la Fraternita'.
"Ad Albano - ricorda in proposito il sito tradizionalista 'messainlatino.it' - si e' deciso di dare al superiore generale, monsignor Bernard Fellay, pieni poteri per proseguire le trattative".
Come e' noto, all'inizio di ottobre si e' tenuta una riunione dei responsabili della Fraternita' San Pio X ad Albano Laziale, durante la quale il superiore generale, monsignor Bernard Fellay, ha esposto il contenuto del 'preambolo dottrinale' che gli era stato consegnato dal cardinal William Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, nel corso del loro incontro il 14 settembre in Vaticano.
"In seguito a questa riunione di lavoro - si legge in una nota ufficiale diffusa lo scorso 11 ottobre - lo studio del 'preambolo dottrinale', di cui il contenuto resta confidenziale, proseguira' a livello del Consiglio Generale della Fraternita' San Pio X, ove un esame approfondito da parte del superiore Generale e dei suoi due assistenti, don Niklaus Pfluger e don Alain Marc Nely, permettera' di presentare, in un lasso di tempo ragionevole, una risposta alle proposte romane", che riguardano anche l'istituzione, una volta ristabilta la piena comunione con la Sede Apostolica, di una prelatura sul modello di quella concessa da Giovanni Paolo II all'Opus Dei.
All'incontro di Albano hanno partecipato ventotto responsabili della Fraternita' San Pio X - direttori di Seminario e superiori di Distretto del mondo intero - che hanno manifestato "una profonda unita' nella volonta' di mantenere la Fede nella sua integrita' e integralita', fedelmente alla lezione che gli ha lasciato monsignor Marcel Lefebvre", ma come sottolinea 'messainlatino.it', gia' il fatto che il comunicato di Albano non contenga un rifiuto della proposta romana "e' significativo, poiche' il costume della Fraternita' e' di far sapere quasi immediatamente se giudica qualcosa inaccettabile".
Secondo il sito, "l'incontro di Albano ha conferito un mandato pieno al consiglio generale della Fraternita', i cui membri (cioe' Fellay e i suoi assistenti) hanno avuto il via per condurre la partita senza necessita' di continue consultazioni". 'Messainlatino.it' sottolinea anche come ad Albano l'assenza "senza che vi fosse un impedimento" del vescovo negazionista Richard Williamson ne conferma "l'emarginazione" all'interno della Fraternita'".

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Paparatzifan
00venerdì 4 novembre 2011 12:53
Da "Vatican Insider"...

4/11/2011

In cammino verso Roma?

Verso una conciliazione tra lefebvriani e il Vaticano, ancora nessuna decisione ufficiale

GIACOMO GALEAZZI
CITTA' DEL VATICANO

I lefebvriani non hanno rifiutato l’offerta Vaticano, parola di Bernard Fellay. Il superiore della fraternità San Pio X è intervenuto per fermare le fughe di notizie circa una rottura con il Vaticano sulle trattative per il rientro del gruppo scismatico ultra-tradizionalista nella Chiesa. «Non abbiamo rigettato il testo che ci è stato presentato dalla Santa Sede», assicura Fellay.

Se la rappacificazione avvenisse il superiore della fraternità San Pio X riporterebbe a casa un gruppo di 200 seminaristi e 450 preti. E in un periodo di magra vocazionale, non sarebbe poca roba. Dopo la riunione dei superiori dei lefebvriani che si è svolta ad Albano a inizio ottobre, «sono apparsi diversi commenti sulla stampa sulla risposta che monsignor Bernard Fellay deve dare alle proposte romane del 14 settembre 2011», quando il successore dell’arcivescovo Lefebvre ha avuto in Vaticano un incontro con i vertici della congregazione per la Dottrina della fede. A oggi, dunque, niente la scia pensare che gli ultratradizionalisti cattolici non rientrino in seno a Roma.

Anche perché nella peggiore delle ipotesi sarebbe soltanto una piccola parte dei lefebvriani a non accettare le proposte di Roma, una parte minoritaria che resterebbe dunque staccata dal rientro. Il passo d’avvio è stato il Motu Proprio «Summorum Pontificum» il biglietto da visita col quale Benedetto XVI ha messo nero su bianco la volontà di non tradire il passato, soprattutto in campo liturgico. Perché la liturgia è la Chiesa, e da come essa prega traspare ciò in cui crede. Bernard Fellay è dal 1994 (e lo sarà ancora fino al 2018) superiore generale della Fraternità San Pio X. Consacrato vescovo da Lefebvre nel 1988, ascese in pochi anni ai vertici della Fraternità. Lui, Lefebvre, lo ha visto morire dopo una settimana di coma incosciente. Fellay è il capofila dell’anima più moderata dei lefebvriani. Il contrario di monsignor Richard Williamson che invece, della Fraternità, rappresa l’ala più intransigente, quella insomma del “mai e poi mai” un compromesso con Roma. «Si ricorda - continua la nota diffusa oggi - che soltanto la casa generalizia della fraternità San Pio X è abilitata a pubblicare un comunicato ufficiale o un commento autorizzato su questo tema».

Dopo la riunione di Albano i lefebvriani avevano comunicato che i vertici avrebbero studiato il «preambolo dottrinale» presentato dalla Santa Sede per «presentare, in un lasso di tempo ragionevole, una risposta alle proposte romane». Il contenuto del «preambolo» rimane riservato. Il tedesco don Niklaus Pfluger, primo assistente di Fellay, aveva precisato, in una recente intervista, che «il testo proposto ammette delle correzioni da parte nostra».

In questi giorni, inoltre, il superiore del distretto britannico dei lefebvriani, Paul Morgan, come riportato da Vatican Insider, ha rivelato in una lettera ai suoi fedeli alcuni dettagli dell’incontro nella Curia romana, accusando Roma di «non riconoscere la rottura tra gli insegnamenti della tradizione e quelli del Concilio Vaticano II» e le proposte vaticane di contenere «tutti gli elementi che la società ha sempre respinto». Quanto alla riunione di Albano, «i presenti sono stati d’accordo nel considerare chiaramente inaccettabile il preambolo dottrinale e che non è certo arrivato il tempo di raggiungere un qualche accordo pratico nella misura in cui le questioni dottrinali rimangono irrisolte». Una fuga di notizie alla quale il superiore Fellay ha voluto mettere un argine con il comunicato odierno.

Se la liturgia è il cuore del dissenso dei lefebvriani nei confronti di Roma, le divergenze sembrano avere un respiro più ampio che il Motu Proprio «Summorum Pontificum» non può da solo risolvere. I lefebvriani sollecitano una revisione diretta dei testi conciliari e non soltanto per denunciare una loro scorretta ermeneutica, a partire dalla dichiarazione «Dignitatis Humanae» dedicata alla libertà religiosa. In essa, a giudizio della fraternità San Pio X, la Chiesa si pone in uno stato di sudditanza rispetto a un’autorità civile che le deve garantire il diritto della libera espressione. A parere dei lefebvriani, invece, dovrebbe essere il contrario: è lo Stato che deve sottomettersi alla fede cattolica e riconoscerla come religione di Stato.


Paparatzifan
00martedì 29 novembre 2011 18:52
Da "Vatican Insider"...

29/11/2011

Fellay: «Non possiamo approvare il preambolo così com’è»

In arrivo la risposta dei lefebvriani: chiedono di modificare il testo proposto dalla Santa Sede

Andrea Tornielli
Città del Vaticano

«È vero che questo preambolo dottrinale non può ricevere la nostra approvazione, anche se è previsto un margine per una “legittima discussione” su alcuni punti del Concilio Vaticano II. Qual è l’entità di questo margine? La proposta che farò in questi giorni alle autorità romane e la loro risposta a loro volta ci permetteranno di valutare le opportunità che ci rimangono. Qualunque sia l’esito di questa discussione, il documento finale che sarà stato accettato o rifiutato, sarà reso pubblico».

Lo ha detto il superiore della Fraternità San Pio X, il vescovo Bernard Fellay, ormai alla vigilia della risposta attesa dalle autorità vaticane. Come si ricorderà, dopo una serie di colloqui dottrinali tra i lefebvriani e la Santa Sede, la Congregazione per la dottrina della fede aveva consegnato lo scorso settembre il testo di un «preambolo» dottrinale la cui accettazione era considerata imprescindibile dal Vaticano per ristabilire la piena comunione e per offrire alla Fraternità una sistemazione canonica.

Il preambolo, si apprende ora dall’intervista pubblicata da Fellay nel bollettino ufficiale online (www.laportelatine.org), era unito a una nota di accompagnamento nella quale si spiegava che sarebbe stato possibile per i lefebvriani chiedere chiarimenti al fine di proporre eventuali modifiche. Ma i responsabili della pontificia commissione Ecclesia Dei, il Prefetto della dottrina cardinale William Levada e monsignor Guido Pozzo, erano e sono dell’idea che le eventuali modifiche non possano essere certo sostanziali.

In pratica nel preambolo chiede alla Fraternità di sottoscrivere la «Professio fidei» richiesta a ogni persona che assume un ufficio ecclesiastico. Questa professione di fede cattolica prevede tre gradi diversi di assenso richiesti e distingue tra verità rivelate, dichiarazioni dogmatiche e magistero ordinario. A proposito di quest’ultimo, afferma che il cattolico è chiamato ad assicurare un «religioso ossequio della volontà e dell’intelletto» agli insegnamenti che il Papa e il collegio dei vescovi «propongono quando esercitano il loro magistero autentico», anche se non sono proclamati in modo dogmatico, come nel caso della maggior parte dei documenti del magistero.

La Santa Sede non ha quindi escluso la possibilità di mantenere una discussione aperta su alcuni punti del Concilio Vaticano II che i lefebvriani continuano a considerare problematici. La via verso il possibile accordo con la Fraternità appare però ancora tutta in salita e si confermano le indiscrezioni delle scorse settimane circa la forte opposizione interna alla proposta vaticana.

L’intervistatore chiede a Fellay: «Visto che questo documento è poco chiaro, non sarebbe stato più semplice dire ai vostri interlocutori vaticani che non era ricevibile?». «Sarebbe stato più semplice – risponde il superiore della Fraternità – ma non più onesto. Dato che la nota di accompagnamento prevede la possibilità chiarimenti, sembra necessario chiederli, piuttosto che dire di no a priori. Ciò non pregiudica la risposta che diamo».

Il vescovo lefebvriano afferma anche che la sola dottrina immutabile è il Credo, la professione di fede cattolica, mentre «il Concilio Vaticano II» è stato un concilio pastorale «che non ha definito dogmi e non ha aggiunto nuovi articoli di fede come “Io credo nella libertà religiosa, nell’ecumenismo, nella collegialità…”. Il Credo non è più sufficiente oggi per essere riconosciuti come cattolici? Non esprime tutta la fede cattolica?». E sembra dunque dire che il Credo, non il preambolo contenente la «Professio fidei» è il testo comune che la Fraternità sarebbe disposta a sottoscrivere.

È evidente che l’intervista non rappresenta ancora la risposta. Il superiore della Fraternità San Pio X sa bene quante e quali siano le opposizioni interne all’accordo con Roma, anche e soprattutto tra i responsabili lefebvriani. Nel testo scritto che invierà alle autorità vaticane chiederà delle modifiche, a quanto pare sostanziali: se il testo attuale «non può ricevere la nostra approvazione» è chiaro che ad essere contestate non sono le virgole o le sfumature, ma aspetti sostanziali. La partita resta dunque ancora tutta aperta e bisognerà vedere quali saranno le decisioni della Santa Sede non appena ricevuta la risposta della Fraternità.


Paparatzifan
00lunedì 12 dicembre 2011 19:49
Da "Vatican Insider"...

12/12/2011

Fellay: «Se Roma ci dice di accettare in ogni caso, noi non possiamo»

Il superiore dei lefebvriani attacca il Vaticano II: «Il Concilio ha introdotto nella Chiesa uno spirito non cattolico». Attesa in settimana la risposta alla proposta vaticana

Andrea Tornielli
Città del Vaticano

È attesa per i prossimi giorni la risposta della Fraternità San Pio X alla proposta della Santa Sede, consegnata al superiore generale, il vescovo Bernard Fellay. E i segnali che arrivano da Econe, dove si trova il quartier generale dei lefebvriani, non sembrano affatto preannunciare una risposta positiva di accettazione del «preambolo dottrinale» preparato dal Vaticano.

Lo scorso 8 dicembre, nel corso dell’omelia per la festa dell’Immacolata, monsignor Fellay, che già nelle settimane precedenti in un’intervista – non particolarmente gradita al Vaticano – aveva dichiarato di non poter accettare il preambolo così com’è, ha detto (http://www.dici.org/actualites/sermon-de-mgr-fellay-pour-limmaculee-conception-8-decembre-2011-econe/): «Avete sentito che c’è una proposta di Roma che dice “siamo pronti a riconoscervi”, ma il problema è che c’è sempre una condizione. Questa condizione, comunque la si formuli, di fondo è sempre la stessa: bisogna accettare il Concilio Vaticano II. Riassumendo, la situazione attuale è la seguente: ci hanno detto, “sì, voi potete criticare il Concilio, ma a una condizione: che, comunque, lo accettiate”. Ma noi diciamo: “come possiamo criticare a posteriori?” Credo che sia una sintesi onesta della situazione attuale».

Come si ricorderà, nel preambolo dottrinale proposto dalla Commissione Ecclesia Dei presieduta dal cardinale William Levada e guidata da monsignor Guido Pozzo, si chiedeva ai lefebvriani di sottoscrivere la «Professio fidei» richiesta a ogni persona che assume un ufficio ecclesiastico. Vale a dire ciò che è considerato indispensabile per essere cattolici. La professione prevede tre gradi diversi di assenso richiesti e distingue tra verità rivelate, dichiarazioni dogmatiche e magistero ordinario. A proposito di quest’ultimo, afferma che il cattolico è chiamato ad assicurare un «religioso ossequio della volontà e dell’intelletto» agli insegnamenti che il Papa e il collegio dei vescovi «propongono quando esercitano il loro magistero autentico», anche se non sono proclamati in modo dogmatico, come nel caso della maggior parte dei documenti del magistero.

Lo scorso 2 dicembre «L’Osservatore Romano» aveva pubblicato un articolo del teologo Fernando Ocáriz, vicario generale dell’Opus Dei nonché membro della delegazione vaticana protagonista del dialogo dottrinale con la Fraternità San Pio X, nel quale si precisava che il Vaticano II, pur non avendo definito nuovi dogmi ed essendo stato un concilio pastorale, non ha per ciò stesso un valore minore. Il fatto che «un atto del magistero della Chiesa – scriveva il teologo – non sia esercitato mediante il carisma dell’infallibilità non significa che esso possa essere considerato “fallibile” nel senso che trasmetta una “dottrina provvisoria” oppure “autorevoli opinioni”». Il Vaticano II ha, spiega Ocáriz, il carisma e l’autorità dell’intero episcopato radunato con Pietro e sotto l’autorità di Pietro «per insegnare alla Chiesa universale». Negarlo «sarebbe negare qualcosa dell’essenza stessa della Chiesa». Nell’articolo si spiega anche che, «naturalmente non tutte le affermazioni contenute nei documenti conciliari hanno lo stesso valore dottrinale e quindi non tutte richiedono lo stesso grado di adesione».

La Santa Sede, presentando il preambolo dottrinale, aveva manifestato la sua disponibilità ad accettare eventuali modifiche o precisazioni (non sostanziali) al testo, nel caso i lefebvriani manifestassero delle riserve su alcuni punti. Ma dalle parole di monsignor Fellay sembra presentarsi una nuova situazione di stallo. Secondo alcune indiscrezioni, la Fraternità potrebbe presentare in questi giorni una contro-proposta nella quale sia specificato in modo chiaro che ai lefebvriani non si chiede di assentire ai documenti conciliari che riguardano la collegialità, l’ecumenismo e la libertà religiosa. In questo caso Fellay potrebbe presentare l’accordo come una vittoria dei lefebvriani su Roma e tacitare le consistenti fronde interne contrarie all’accordo.

C’è però invece chi sostiene che le uscite pubbliche e critiche di monsignor Fellay siano state determinate proprio dalla necessità di tenere sotto controllo gli oppositori interni, ma l’intenzione sarebbe quella di concludere accettando nella sostanza il preambolo. La Santa Sede ha infatti spiegato che l’accettazione della «Professio fidei» non significa affatto chiudere il dibattito sull’interpretazione di questo o quel punto particolare del Concilio. Ma è chiaro che le autorità vaticane non sono disposte a offrire un riconoscimento canonico a vescovi e a sacerdoti che non accettino il minimo comune denominatore richiesto a chi assuma un ufficio ecclesiastico.

«Lo spirito del mondo – ha detto Fellay durante l’omelia dell’8 dicembre – si è introdotto nella Chiesa. Quindi dobbiamo batterci non solo contro nemici esterni, ma contro un spirito non cattolico che si è insinuato nella Chiesa. Questo cambiamento, l’intromissione di questo spirito si è verificata a partire dal Concilio Vaticano II. È un grande mistero, è come se il diavolo avesse messo un piede dentro un santuario. È qualcosa che si fa rabbrividire». «È coma una malattia – ha aggiunto il vescovo che si sia introdotta dentro il corpo». Secondo il superiore della Fraternità si è giunti a un punto che «manifesta la profondità del problema». E «bisogna riconoscere che c’è stato un gesto di Roma nei nostri confronti». «Ma se Roma ci dice di accettare in ogni caso, noi non possiamo». Il vescovo lefebvriano afferma dunque che il problema per la Chiesa non è rappresentato dal dissenso della Fraternità, ma dalla presenza di uno spirito non cattolico che si è insinuato nella Chiesa.

Le parole di Fellay richiamano quelle pronunciate da Paolo VI – un Pontefice non certamente amato dai lefebvriani – il quale in un’omelia del 1972 aveva detto: «Il fumo di Satana è entrato nel tempio di Dio. Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio». E in un colloquio con l’amico filosofo Jean Guitton affermava: «Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non-cattolico, e può avvenire che questo pensiero diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia».

La differenza sta nel fatto che mentre il Papa parlava di questa intromissione nell’epoca del post-concilio, durante la contestazione e la crisi, Fellay e la Fraternità attribuiscono ogni responsabilità al Concilio. Bisognerà attendere qualche giorno per l’arrivo della risposta, dei lefebvriani, che si sono presi tutto il tempo da loro ritenuto necessario. Ora però Fellay dovrà prendere posizione.


Paparatzifan
00mercoledì 21 dicembre 2011 16:01
Da "Vatican Insider"...
21/12/2011

I lefebvriani rispondono senza rispondere

Bernard Fellay

È arrivata in Vaticano un testo della Fraternità San Pio X: una documentazione non una risposta. E in Francia cresce l’ala dura anti-romana

Andrea Tornielli

Città del Vaticano

Era attesa in questi giorni, e la risposta dei lefebvriani al «preambolo dottrinale» proposto dalle autorità vaticane è arrivata nelle ultime ore. Solo che, con una certa sorpresa, la risposta… non risponde. Non si tratta cioè della risposta che la commissione Ecclesia Dei si aspettava (positiva, negativa o con richieste di chiarimenti e modifiche del testo del preambolo su punti precisi). Il testo arrivato dalla Fraternità sarà ora studiato dalla commissione presieduta dal cardinale William Levada e dal segretario Guido Pozzo.

Come si ricorderà lo scorso settembre la commissione Ecclesia Dei avevano consegnato nelle mani di monsignor Fellay un preambolo dottrinale, frutto dei colloqui tra lefebvriani e Santa Sede, chiedendogli di accettarlo in vista del riconoscimento canonico della Fraternità San Pio X: nonostante Benedetto XVI abbia revocato le scomuniche ai quattro vescovi che Lefebvre aveva consacrato senza il mandato pontificio, il gruppo tradizionalista è ancora in una situazione irregolare dal punto di vista canonico.

Il preambolo, mai pubblicato, non era un testo «prendere o lasciare». La Santa Sede aveva previsto la possibilità per i lefebvriani di chiedere chiarimenti e di proporre specificazioni ulteriori. Nella sostanza, però, non poteva essere mutato, in quanto il Vaticano chiedeva - in vista della regolarizzazione attraverso la creazione di una prelatura personale dipendente dal Papa – che la Fraternità accettasse la «professione di fede» richiesta a chiunque assuma un incarico ecclesiastico. E chiedeva che riconoscesse come spetti al magistero della Chiesa l’ultima parola in caso di controversie dottrinali.

Fellay, pur non avendo pubblicato il testo (provvisorio) del preambolo, ha però anticipato in almeno due occasioni pubbliche – un’intervista e un’omelia – le difficoltà che i lefebvriani vedono insite nel preambolo. Dicendo apertamente che così com’è quel testo non può essere accettato. In molti, a Roma e fuori Roma, hanno considerato le parole del superiore come indice delle difficoltà interne alla Fraternità: la linea di Fellay è stata infatti oggetto di critiche forti e di aperto dissenso da parte dei superiori di vari distretti, contrari all’accordo con la Santa Sede.

Ora un documento è arrivato, ma non era ciò che in Vaticano ci si aspettava, perché si tratta – spiegano le fonti – di «una documentazione», non di una risposta. Insomma, monsignor Fellay sembra voler prendere ancora tempo, dilazionare la decisione, evitare si pronunciarsi in un senso o nell’altro, o chiedere chiarimenti ed eventuali modifiche al testo proposto dalla Santa Sede.

Si moltiplicano intanto, voci incontrollate sui dissidi interni alla Fraternità. Una newsletter del sito sedevacantista Virgo-Maria.org parla apertamente della possibilità che Fellay venga «deposto» prima del capitolo che nel luglio 2012 dovrà rinnovare gli incarichi interni alla Fraternità. Ma il sito è noto per aver dato, in altre occasioni, informazioni senza fondamento.

Al di là delle deliranti affermazioni contenute nella newsletter che parla dell’«apostasia» di Roma e del Papa, è innegabile che un forte dissenso interno, contrario all’accordo con Roma, sia cresciuto in questi anni nel gruppo lefebvriano. Ora bisognerà attendere per sapere come la Santa Sede reagirà alla «risposta che non risponde».


Paparatzifan
00giovedì 22 dicembre 2011 03:33
Dal blog di Lella...

LEFEBVRIANI: SANTA SEDE ESAMINERA' RISPOSTA FRATERNITA'

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 21 dic.

Nei giorni scorsi la Fraternita' San Pio X ha fatto avere alla Commissione vaticana 'Ecclesia Dei' una documentazione che e' attualmente all’esame della Commissione stessa, che vedra; come procedere".
Lo ha detto il portavice vaticano, padre Federico Lombardi.
Sul sito "Vatican insider" del quotidiano la Stampa, il vaticanista Andrea Tornielli rivela che la risposta giunta da Econe e' del tutto interlocutoria e dunque non e' quella che la commissione Ecclesia Dei si aspettava, cioe' positiva o con richieste di chiarimenti e modifiche del testo del preambolo su punti precisi). Ma. Evidentemente non si tratta neppuire di una risposta negativa, prevista invece da osservatori e esponenti cattolici pregiudizialmente ostili alla messa in latino.
"Il testo arrivato dalla Fraternita' sara; ora studiato dalla commissione presieduta dal cardinale William Levada e dal segretario, monsignor Guido Pozzo", scrive Tornielli ricordando che la commissione Ecclesia Dei avevano consegnato nelle mani di monsignor Fellay un preambolo dottrinale, frutto dei colloqui tra lefebvriani e Santa Sede, chiedendogli di accettarlo in vista del riconoscimento canonico della Fraternita' San Pio X: nonostante Benedetto XVI abbia revocato le scomuniche ai quattro vescovi che Lefebvre aveva consacrato senza il mandato pontificio, il gruppo tradizionalista e' ancora in una situazione irregolare dal punto di vista canonico.
Secondo il sito specializzato, comunque, il preambolo, mai pubblicato, non era un testo "prendere o lasciare". La Santa Sede - cioe' aveva previsto la possibilita' per i lefebvriani di chiedere chiarimenti e di proporre specificazioni ulteriori.
Nella sostanza, pero', non poteva essere mutato, in quanto il Vaticano chiedeva - in vista della regolarizzazione attraverso la creazione di una prelatura personale dipendente dal Papa – che la Fraternita' accettasse la professione di fede richiesta a chiunque assuma un incarico ecclesiastico. E chiedeva che riconoscesse come spetti al magistero della Chiesa l'ultima parola in caso di controversie dottrinali.
Il successore di Lefebvre, monsignor Bernard Fellay, pur non avendo pubblicato il testo (provvisorio) del preambolo non ha mai nascosto le difficolta' che i lefebvriani vedono insite nel preambolo. E in questi giorni una newsletter del sito sedevacantista "Virgo-Maria.org" parla apertamente della possibilità che Fellay venga deposto prima del capitolo che nel luglio 2012 dovrà rinnovare gli incarichi interni alla Fraternita'.

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00martedì 17 gennaio 2012 13:01
Da "Vatican Insider"...

23/12/2011

Fellay: il Concilio non è in armonia con i Vangeli

CONCILIO VATICANO II. LA CERIMONIA D'APERTURA, 11 OTTOBRE 1962
Dopo aver risposto alla Santa Sede, il superiore della Fraternità San Pio X scrive: «I massoni hanno espresso la loro gioia nel sentire risuonare sotto la cupola di San Pietro» le loro tesi

ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO

«Bisogna arrivare a metà del XX secolo per assistere a quell’incredibile avvenimento di un concilio che, in nome dell’adattamento alla situazione concreta della società umana in piena decadenza, modifica la proclamazione di tutti i tempi: "Bisogna che Egli regni" (1 Cor. 15, 25). Si pretende che questo modo di fare sia in armonia con i Vangeli, mentre invece è proprio il contrario». Lo scrive il vescovo Bernard Fellay, superiore della Fraternità San Pio X, nella lettera inviata agli amici e benefattori in occasione del Natale.

Sono le prime pubbliche dichiarazioni del capo dei lefebvriani dopo l’invio della risposta al preambolo dottrinale preparato dalla Santa Sede. Il preambolo non è mai stato pubblicato, né è stata resa pubblica la replica della Fraternità. Dalla lettera si può forse desumere qualcosa. Secondo Fellay, il Vaticano II ha accettato la tesi dei «sofisti del liberalismo», secondo i lefebvriani «lo Stato, la società umana, anch’essa creatura di Dio, doveva trattare alla pari l’unica vera religione e tutte quelle false, accordando ugualmente a ciascuna il diritto di esistere, di svilupparsi senza impedimenti e di esercitare il suo culto».

Per questo, «gli stessi massoni hanno espresso allora la loro gioia nel sentire risuonare sotto la cupola di San Pietro queste tesi che sono loro proprie» (Fellay cita in proposito un libro pubblicato 47 anni fa da Yves Marsaudon). Il vescovo ripropone la dottrina classica della tolleranza, ricordando che «il diritto alla libertà religiosa, così come è proclamato dal Vaticano II, è altra cosa. È questo uno dei punti sui quali siamo in contrasto con la Santa Sede».

«Questa libertà religiosa – spiega Fellay – ponendo su un piano di parità il vero e il falso, dispensa deliberatamente lo Stato e la società umana dai loro doveri di onorare e servire Dio, loro Creatore. Essa apre la strada a tutte le licenze in materia religiosa. È come se si fosse rinunciato alla prerogativa della Chiesa di essere l’unica via di salvezza per tutti gli uomini. Quelli che vi credono ancora non lo dicono più. Molti fanno pensare perfino il contrario».

Un’altra condanna il superiore della Fraternità la pronuncia per l’ecumenismo. «Col pretesto di poter essere più vicini ai nostri "fratelli separati", non si proclamano più quelle verità che tuttavia sono salvifiche, perché costoro non vogliono sentirle. Deliberatamente, non si cerca più di convertirli… Dov’è dunque la Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo? Dov’è finita la fierezza dei cattolici? Sono i capi che li fanno diventare pusillanimi, come si è potuto constatare recentemente in Francia, quando si è trattato di biasimare dei lavori teatrali blasfemi. Se simili offese fossero state fatte ai musulmani, il paese sarebbe stato messo a ferro e a fuoco!».

Una terza «pietra d’inciampo» per il vescovo lefebvriano «è legata alla diminuzione dell’autorità». Gesù, spiega Fellay, ha conferito alla Chiesa «un capo visibile che è il suo Vicario sulla terra, Pietro e i suoi successori… Lui solo ha un potere pieno, sovrano, immediato su tutti e ciascuno dei membri della Chiesa. È per questo che la Chiesa si è sempre proclamata una monarchia, governata da uno solo». Il vescovo critica quindi «la forma di democrazia importata nella Chiesa con la collegialità e con la parodia parlamentare delle conferenze episcopali», che «permette ogni sorta di abuso». Vale la pena di sottolineare e tenere a mente questa professione di fede «in Pietro e nei suoi successori» e la critica a quanti nella Chiesa non riconoscono l’autorità papale, dato che proviene da una comunità guidata da quattro vescovi ordinati senza il mandato del Papa, che non ha uno status canonico e che non è dunque in piena comunione con il Papa.

Per Fellay all’origine di tutti i problemi ce n’è uno solo: «Per piacere al mondo, o quanto meno per adattarvisi e trattare con esso, si è sacrificata in una maniera o in un’altra l’autorità di Nostro Signore Gesù Cristo». E «fino a quando non si espellerà l’aria liberale che impesta la Chiesa, essa continuerà a deperire». È a causa «di questa dolorosa realtà che le nostre relazioni con Roma sono difficili».

Parole che lasciano immaginare come la trattativa in vista di un accordo sia ancora irta di ostacoli.


Paparatzifan
00martedì 17 gennaio 2012 13:02
Da "Vatican Insider"...

17/01/2012

Lefebvriani, ecco la seconda risposta di Fellay

Un primo testo era giunto Oltretevere in dicembre, ma era stato considerato inadeguato: così la Santa Sede ha sollecitato un nuovo documento, appena arrivato, che ora viene esaminato

ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO

La risposta vera e propria del superiore della Fraternità San Pio X Bernard Fellay, formulata secondo le richieste della Santa Sede, è arrivata in Vaticano soltanto la settimana scorsa. La prima risposta, giunta Oltretevere lo scorso 21 dicembre, non era stata considerata adeguata da parte delle autorità vaticane, che hanno invitato il responsabile dei lefebvriani di riformularla, considerando quel primo invio più una «documentazione» che una risposta. Il vescovo Fellay ha dunque preparato un secondo testo, più stringato, relativo al preambolo dottrinale che la Congregazione per la dottrina della fede gli aveva consegnato lo scorso settembre. Questo secondo testo viene ora attentamente esaminato dai consultori della Commissione Ecclesia Dei che seguono il dossier lefebrviani e ci potrebbero volere del tempo.

La prossima settimana si riunisce nel palazzo del Sant’Uffizio la plenaria della Congregazione per la dottrina della fede. All’ordine del giorno c’è la possibilità di una comunicazione riguardante i rapporti con la Fraternità San Pio X, ma è difficile che la riunione possa essere decisiva, in quanto la seconda risposta di Fellay, che accetta delle parti del preambolo dottrinale mettendone in discussione altre, richiede tempo per essere esaminata. È probabile che una decisione più precisa sul da farsi venga presa non ora, ma in febbraio, nel corso di una «Feria IV», come vengono definite le congregazioni ordinarie dell’ex Sant’Uffizio.

Come si ricorderà, nel preambolo dottrinale proposto dalla Commissione Ecclesia Dei presieduta dal cardinale William Levada e guidata da monsignor Guido Pozzo, si chiedeva ai lefebvriani di sottoscrivere la professione di fede, ciò che è considerato indispensabile per essere cattolici. La professione prevede tre gradi diversi di assenso richiesti e distingue tra verità rivelate, dichiarazioni dogmatiche e magistero ordinario. A proposito di quest’ultimo, afferma che il cattolico è chiamato ad assicurare un «religioso ossequio della volontà e dell’intelletto» agli insegnamenti che il Papa e il collegio dei vescovi «propongono quando esercitano il loro magistero autentico», anche se non sono proclamati in modo dogmatico, come nel caso della maggior parte dei documenti del magistero.

Nel consegnare il preambolo, le autorità vaticane avevano precisato che questo testo non veniva reso pubblico perché non ancora definitivo, cioè passibile di cambiamenti – non sostanziali – o di eventuali integrazioni. Da settembre a dicembre si sono rincorse voci sul dissenso interno alla Fraternità, da parte di coloro che non ritengono possibile un accordo con Roma. Lo stesso Fellay aveva parlato più volte dell’argomento. In un primo momento aveva affermato che il preambolo rappresenta un grande passo avanti. Poi, dopo un’importante riunione con i capi dei distretti della Fraternità, pur ribadendo l’importanza del dialogo intrapreso, aveva affermato di non poter accogliere il preambolo così com’è, aggiungendo: «Se Roma ci chiede di accettare in ogni caso, noi non possiamo». Fellay ha quindi inviato la prima risposta, che non è stata considerata tale dal Vaticano. E ora ha spedito la seconda.

Il fatto che la nuova e più adeguata risposta – che è stata considerata nei sacri palazzi «un passo in avanti» - abbia bisogno di essere attentamente studiata e approfondita, sta a significare che non è né un «sì» né un «no» definitivo al testo del preambolo. Ma accoglie alcune parti del testo vaticano, esprimendo invece riserve su altre. E soprattutto chiede ulteriori chiarificazioni e integrazioni. I lefebvriani non intendono infatti dare il loro assenso ai testi conciliari che riguardano la collegialità, l’ecumenismo, il dialogo interreligioso e la libertà religiosa perché li ritengono in contrasto con la tradizione. Proprio il concetto di tradizione, «Traditio», e il suo valore, rappresenta il punto nodale del dibattito che ha caratterizzato i colloqui tra la Fraternità e la Santa Sede. I lefebvriani criticano alcuni passaggi conciliari ritenendoli in contrasto con la tradizione della Chiesa.

Da cardinale Joseph Ratzinger aveva più volte insistito sulla necessità di non considerare il Concilio come un «superdogma». Da Papa, Benedetto XVI, nell’ormai famoso discorso alla curia romana del dicembre 2005, ha insistito sulla necessità di interpretare il Vaticano II secondo l’ermeneutica della «riforma» nella «continuità». Il Catechismo della Chiesa cattolica, di cui nel 2012 si celebra il ventennale con uno speciale Anno della Fede, ha già proposto questa chiave interpretativa su alcuni dei punti che i lefebvriani considerano controversi.

È ancora prematuro ipotizzare quale sarà lo sbocco finale di questo dialogo che in questa fase procede a distanza e per iscritto. Ma nessuna parola definitiva è ancora stata detta: il Papa vuole fare tutto il possibile per sanare la frattura creatasi con i lefebvriani, e Fellay questo lo sa bene.


Paparatzifan
00sabato 4 febbraio 2012 13:33
Da "Fides et forma"...

SABATO 4 FEBBRAIO 2012

MONS. FELLAY: "ACCETTATECI COSI' COME SIAMO, SIAMO PRONTI!"

Mi stupisce che dell'omelia di Mons. Fellay nel seminario di Winona per la festa della Candelora siano stati diffusi ad arte solo alcuni estratti che in qualche modo sembrerebbero preannunciare una rottura del dialogo con la Fraternità. Perciò vi riproduco il testo in italiano da me tradotto con alcune sottolineature importanti. Mons. Fellay non dice "non firmeremo mai un accordo". Dice al contrario che la Fraternità è disposta a firmare la professione di fede e il giuramento di fedeltà al Pontefice, ma non un giuramento di fedeltà alla dottrina sull'ecumenismo e sulla libertà religiosa.
L'articolo di Alessandro Speciale su Vatican Insider dal titolo fuorviante "Diciamo no alla proposta del Vaticano" è pertanto da considerarsi una palese opera di informazione scorretta condita dalla solita retorica sui Lefebvriani definiti "ultra-tradizionalisti" (ma che vuol dire "ultra-tradizionalisti"?). F.C.

Estratto dall'omelia di Mons. Fellay del 2 Febbraio 2012 pubblicato sul sito del DICI:

"Non siamo un gruppo indipendente. Anche se stiamo "lottando" con Roma, siamo ancora, per così dire, con Roma. Stiamo lottando con Roma, oppure, se volete, contro Roma, e al tempo stesso siamo con Roma. E noi affermiamo e noi continuiamo a dire che siamo cattolici. Noi vogliamo rimanere cattolici. Molte volte ho detto a Roma, tentate di buttarci fuori. E vediamo che forse sarebbe molto più facile per noi restare fuori... Avremmo tanti altri vantaggi. Saremmo trattati molto meglio! Guardate i protestanti, come si aprono le chiese per loro. Per noi, si chiudono. E noi diciamo, non fa niente. Facciamo le cose di fronte a Dio. Soffriamo dalla Chiesa, perfetto. Non ci piace, naturalmente. Ma dobbiamo stare lì nella verità.

E dobbiamo ribadire che noi apparteniamo alla Chiesa. Siamo cattolici. Noi vogliamo essere e vogliamo rimanere cattolici, ed è molto importante ribadire ciò. E' anche importante che alla fine non sogniamo una Chiesa cattolica che è solo un frutto della nostra immaginazione, ma che non è più quella di oggi. E' con quella di oggi che abbiamo problemi. Questo è ciò che crea ancora più difficoltà: proprio il fatto che abbiamo dei problemi con essa. Questo non ci permette, per così dire, di chiudere la porta. Al contrario, è nostro dovere andare continuamente lì, bussare alla porta, e non chiedere se possiamo entrare (perché vi siamo già dentro), ma pregare perché si convertano, perché possono cambiare atteggiamento verso di noi e tornare a ciò che ci fa Chiesa. Si tratta di un grande mistero, non è semplice. Poiché allo stesso tempo dobbiamo dire, sì, noi riconosciamo questa Chiesa - è quello che diciamo nel Credo, credo nella Chiesa cattolica - in modo da accettare che ci sia un Papa, accettare che ci sia una gerarchia, noi accettiamo tutto questo.

Eppure praticamente, a molti livelli, dobbiamo dire dei "no". Non perché non ci piaccia, ma perché la Chiesa ha già parlato di queste questioni. Anche molte di queste cose le ha condannate. E così, nelle nostre discussioni con Roma siamo stati, per così dire, bloccati lì. Il problema chiave nelle nostre discussioni con Roma è stato davvero il Magistero, l'insegnamento della Chiesa. Perché dicono, "noi siamo il Papa, noi siamo la Santa Sede" - e diciamo sì. E così dicono, "abbiamo il potere supremo", e diciamo, sì. Dicono, "noi siamo l'ultima istanza di insegnamento e siamo necessari" - Roma è necessaria perché noi abbiamo fede, e diciamo, sì. E poi dicono "quindi, obbedite." E noi diciamo no. E così ci dicono, siete protestanti! Avete messo la ragione al di sopra del Magistero di oggi. E noi rispondiamo, siete modernisti. Pretendete che l'insegnamento di oggi possa essere diverso dall'insegnamento di ieri. Noi diciamo, quando ci atteniamo a ciò che la Chiesa ha insegnato ieri, per necessità dobbiamo aderire all'insegnamento della Chiesa oggi. Poiché la verità non è legata al tempo. La verità è al di sopra di esso. Ciò che è stato detto una volta vincola per sempre. Questi sono i dogmi. Dio è così, Dio è al di sopra del tempo. E la fede è l'adesione alla verità di Dio. E' al di sopra del tempo. Ecco perché la Chiesa di oggi è legata e deve essere come (e non solo come) la Chiesa di ieri. E così quando si vede l'attuale Papa affermare che ci deve essere continuità nella Chiesa, noi diciamo: naturalmente! Questo è ciò che abbiamo detto in ogni momento. Quando si parla di tradizione, è proprio questo il significato. Si dice, ci deve essere Tradizione, ci deve essere continuità. Quindi vi è continuità. Ci viene detto quindi, il Vaticano II è stato fatto dalla Chiesa, la Chiesa deve essere un continuo, perciò il Vaticano II è Tradizione. E noi diciamo, prego?

Si va ancora oltre, miei cari fratelli. Questo è accaduto durante i dialoghi dottrinali. Al termine dei dialoghi, arriva l'invito da Roma. In questo invito c'è una proposta di una sistemazione canonica, che è quella di regolarizzare la nostra situazione. E posso dire, ciò che viene presentato oggi, che è già diverso da quello che è stato presentato il 14 settembre, si può considerare come un'ottima soluzione. Sono soddisfatte tutte le nostre esigenze, si può dire, sul piano pratico. Quindi non c'è un gran problema su questo punto. Il problema rimane ad un altro livello - a livello della dottrina. Ma anche lì si va molto lontano - molto lontano, miei cari fratelli. La chiave è un principio. Dicono, "dovete accettare questo, dovete accettare il fatto che per i punti che fanno difficoltà in merito al Concilio - punti che sono ambigui, dove c'è un conflitto - questi punti, come l'ecumenismo, come la libertà religiosa, questi punti devono essere intesi in coerenza con l'insegnamento perenne della Chiesa. Quindi, se c'è qualcosa di ambiguo nel Concilio, è necessario intenderlo come la Chiesa lo ha sempre insegnato, nel corso dei secoli." Vanno ancora oltre e affermano: "si deve rifiutare tutto ciò che è contrario a questo insegnamento tradizionale della Chiesa."

Beh, questo è ciò che abbiamo sempre detto. Incredibile, non è vero? Che Roma ci stia imponendo questo principio. Incredibile. Poi ci si potrebbe chiedere, allora perché non accettare? Ebbene, miei cari fratelli, vi è ancora un problema. Il problema è che in questo testo danno due esempi di cosa e come dobbiamo capire questi principi. Questi due esempi che ci forniscono sono l'ecumenismo e la libertà religiosa, come sono descritti nel nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica, che sono esattamente i punti per i quali critichiamo il Concilio. In altre parole, Roma ci dice, lo abbiamo fatto sempre. Siamo tradizionalisti; il Vaticano II è Tradizione. La libertà religiosa, l'ecumenismo sono la Tradizione. Sono in piena coerenza con la Tradizione. Vi potreste chiedere solo, dove andiamo? Che tipo di parole possiamo pronunciare, siamo d'accordo o no? Se anche i principi che abbiamo preservato e affermato, ci dicono: "sì, va bene, potete affermarli, perché questo è ciò che intendiamo" ...che è esattamente il contrario di ciò che intendiamo. Penso che non potessimo procedere oltre nella confusione.

In altre parole, miei cari fratelli, ciò significa che i nostri interlocutori danno un altro significato alla parola "tradizione", e anche magari alla parola "coerenza". Ed è per questo che siamo stati costretti a dire di no. Non firmeremo quel documento. Siamo d'accordo con il principio, ma si vede che la conclusione è il contrario. Grande mistero! Grande mistero! Allora, cosa succederà adesso? Bene, abbiamo inviato la nostra risposta a Roma. Continuano a dire che stanno riflettendo su di essa, il che significa che probabilmente sono in difficoltà. Allo stesso tempo penso che solo ora potremmo vedere cosa vogliono veramente. Ci vogliono veramente nella Chiesa o no? Lo abbiamo detto loro molto chiaramente, se ci accettate così come siamo, senza cambiamenti, senza obbligarci ad accettare queste cose, allora siamo pronti. Ma se volete farci accettare queste cose, non lo siamo. In realtà abbiamo appena citato l'Arcivescovo Lefebvre che ha detto questo già nel 1987 - diverse volte prima, ma l'ultima volta che l'ha detto fu nel 1987. In altre parole, miei cari fratelli, umanamente parlando, è difficile dire come sarà il futuro, ma sappiamo che quando abbiamo a che fare con la Chiesa, abbiamo a che fare con Dio, abbiamo a che fare con la divina provvidenza, e sappiamo che questa Chiesa è la Sua Chiesa. Gli esseri umani possono causare alcuni disagi, alcune distruzioni. Possono causare turbolenze, ma Dio è superiore ad esse, ed Egli sa, da tutti questi avvenimenti - questi avvenimenti umani, queste le linee storte, Dio sa come dirigere la sua Chiesa attraverso queste prove."

(...) Si vedrà, miei cari fratelli. Per noi, è chiarissimo. Noi dobbiamo sempre sostenere la verità, professare la fede. Noi non faremo marcia indietro, qualunque cosa accada. C'è qualche minaccia adesso da parte di Roma, certo. Si vedrà. Noi lasciamo tutto questo nelle mani del Buon Dio e della Santissima Vergine. Oh! Sì, noi dobbiamo continuare la nostra crociata del Rosario. Noi contiamo su di essa, noi contiamo su Dio. E ciò che deve accadere, accadrà. Io non posso promettervi una bella primavera. Non so cosa accadrà in primavera. So solo che la battaglia per la fede continuerà, qualunque cosa accada. Sia che saremo riconosciuti, sia che non lo saremo. Potete stare certi che i progressisti non saranno contenti. Essi continueranno, e noi continueremo a combatterli.


PUBBLICATO DA FRANCESCO COLAFEMMINA A 02:26



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Paparatzifan
00sabato 17 marzo 2012 00:12
Dal blog di Lella...

Papa: a lefebvriani, risposte non sufficienti a superare problemi

Citta' del Vaticano, 16 mar. (Adnkronos)

Questa mattina Benedetto XVI ha incontrato il Superiore della Fraternita' di San Pio X monsignor Bernard Fellay in Vaticano per un colloquio di due ore. Il Papa ha consegnato al leader dei lefebvriani una lettera della Congregazione per la dottrina della fede nella quale si precisa che la risposta della Fraternita' all'offerta di accordo della Santa Sede per far rientrare il gruppo nel senso della Chiesa, ''non e' sufficiente a superare i problemi dottrinali che sono alla base della frattura tra Santa Sede e Fraternita'''. (Adnkronos)


Paparatzifan
00sabato 17 marzo 2012 00:20
Dal blog di Lella...

PAPA A CUBA: LOMBARDI, INCONTRO CON FIDEL E' EVENTO POSSIBILE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 16 mar.

L'incontro a Cuba tra Fidel Castro e Benedetto XVI "e' una eventualita' possibile.
Non e' annunciato nel programma ma se Fidel Castro chiedera' di incontrarlo il Papa lo vedra' volentieri".
Il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha risposto cosi' alle domande dei giornalisti sull'ipotesi di un colloquio tra il Pontefice e il "lider maximo" durante il viaggio che Ratzinger compira' a Cuba dal 26 al 28 marzo.
"Se l'incontro ci sara' - ha assicurato padre Lombardi - sara' comunicato con le modalita' gia' utilizzate in precedenza durante i viaggi, quando si inseriscono nuovi appuntamenti nel programma". Quanto a eventuali incontri a Cuba con rappresentanti delle opposizioni, padre Lombardi ha risposto invece: "Non coltivate attese in questo senso".
Nel corso del briefing tenuto oggi in Vaticano, il portavoce ha sottolineato che a Cuba Benedetto XVI potra' visitare un luogo molto significativo che il suo predecessore Giovanni Paolo II non pote' raggiungere nello storico viaggio del 1998: il Santuario della Vergine del Cobra. Secondo il portavoce, le due piazza dove il Papa celebrera' a Cuba potranno contenere in totale quasi un milione di persone.

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PAPA IN MESSICO: LOMBARDI,NON CHIESTO INCONTRO CON VITTIME MACIEL

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 16 mar.

Durante il viaggio in Messico, dal 23 al 26 marzo, non e' previsto un incontro di Benedetto XVI con le vittime di Marcial Maciel, il sacerdote messicano fondatore dei Legionari di Cristo, riconosciuto colpevole di numerosi stupri.
"Anche in altre occasioni gli incontri con le vittime degli abusi non erano previsti, questa volta pero' rispetto agli altri viaggi c'e' da aggiungere che i vescovi non lo hanno chiesto, quindi si potrebbe escludere questa eventualita'", ha precisato in merito padre Lombardi.

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PAPA: PADRE LOMBARDI,STA MOLTO BENE E AFFRONTA VIAGGIO GRAVOSO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 16 mar.

"Il Papa sta molto bene, lo vedete voi come lo vedo io. Ha la sua eta' ma svolge con efficacia tutti gli impegni".
Lo ha affermato padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, in occasione del briefing tenuto oggi in Vaticano per presentare il viaggio in Messico e a Cuba, che impegnera' l'85enne Joseph Ratzinger dal 23 al 28 marzo.
"Il Papa - ha detto ancora il gesuita in merito a questo pellegrinaggio - affronta anche impegni molto gravosi per la sua eta' e le sue forze. E questo e' segno che sta bene. Tutti abbiamo saputo che dal primo marzo e' piu' anziano di quanto lo era Giovanni Paolo II". Quanto al programma che in Messico ha escluso la Capitale, padre Lombardi ha ricordato che per il Papa "l'altiutudine di Citta' del Messico non e' consigliabile". In ogni caso, ha precisato, "non e' previsto che Benedetto XVI utilizzi pedana mobile, eventualmente seguira' le processioni con la Papamobile".

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PAPA A CUBA: LOMBARDI, SU EMBARGO S.SEDE CHIARA, NO DIMOSTRAZIONI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 16 feb.

"La posizione della Santa Sede sull'embargo nei confronti di Cuba e' gia' stata ripetuta molte volte: la Santa Sede ritiene che sia qualcosa di cui il popolo soffre le conseguenze e che non raggiunge lo scopo.
La Santa Sede - dunque - non lo ritiene una scelta positiva e utile".
Lo ha precisato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, nel briefing tenuto questa mattina sul viaggio che Papa Benedetto XVI compira' a Cuba dal 26 al 28 marzo. Padre Lombardi non ha voluto pero' anticipare se tale posizione sara' esplicitata anche nei discorsi del Pontefice a Cuba ed ha sostanzialmente escluso che possa esservi un incontro con l'opposizione, suggerendo ai giornalisti di "non coltivare attese in questo senso".
Il gesuita, ha anche spiegato che la Santa Sede condivide la posizone del cardinale dell'Avana, Jaime Ortega, contrario ad altri gesti dimostrativi come quello dell'occupazione della Cattedrale che si e' concluso questa notte.
In merito Lombardi ha rinviato al comunicato dell'arcidiocesi, per la quale "si e' posta fine ad una crisi che non avrebbe mai dovuto verificarsi". L'auspicio e' che "eventi simili non si ripetano e che l'armonia che tutti desiderano possa essere effettivamente raggiunta". Per il cardinale Ortega (e padre Lombardi che lo ha citato) "la Chiesa ascolta e accoglie tutti, e intercede per tutti" ma nessuno "ha il diritto di trasformare le chiese in trincee politiche. Nessuno ha il diritto di distruggere lo spirito celebrativo dei fedeli cubani e di molti altri cittadini che attendono con gioia e speranza la visita di Papa Benedetto XVI a Cuba".

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Paparatzifan
00sabato 17 marzo 2012 22:03
Dal blog di Lella...

16/03/2012

La Santa Sede dà ancora un mese ai lefebvriani per decidere

LEFEBVRIANI

Consegnata una lettera a Fellay: il Papa vuole «evitare una rottura ecclesiale dalle conseguenze dolorose e incalcolabili». Ma la Fraternità deve accettare il preambolo dottrinale

ANDREA TORNIELLI
ROMA

I lefebvriani hanno un mese di tempo per prendere la loro decisione finale sulla possibilità di rientrare nella piena comunione con la Santa Sede. Questa mattina presso la Congregazione per la dottrina della fede il prefetto, cardinale William Levada, ha consegnato una lettera con la risposta vaticana nelle mani del vescovo Bernard Fellay, nella quale si rinnova la richiesta di accettare il preambolo dottrinale, il testo che la Santa Sede la base imprescindibile per regolarizzare la Fraternità San Pio X.

Come si ricorderà, il preambolo venne consegnato a Fellay lo scorso settembre. In sostanza, il testo chiede ai lefebvriani di sottoscrivere la «professione di fede» che chiunque assuma un ufficio ecclesiastico deve fare e dunque di aderire agli insegnamenti del magistero in materia di fede e di morale. Per quanto riguarda il Concilio Vaticano II, vero nodo cruciale nei rapporti con i lefebvriani, si chiede alla Fraternità di leggere il suo magistero secondo l’ermeneutica proposta da Benedetto XVI, in continuità con la tradizione.

«La risposta della Fraternità Sacerdotale San Pio X in merito al preambolo dottrinale – si legge nel comunicato diffuso oggi dalla Sala Stampa vaticana – pervenuta nel gennaio 2012, è stata sottoposta all’esame della Congregazione per la dottrina della fede» e successivamente al giudizio del Papa. «In ottemperanza alla decisione di Papa Benedetto XVI – continua la nota – con una lettera consegnata in data odierna, si è comunicato a monsignor Fellay la valutazione della sua risposta». Seguono parole molto chiare che per la prima volta fanno balenare la possibilità che il rientro non avvenga e che si vada verso uno scisma vero e proprio.

Nella lettera si fa infatti presente che la posizione espressa da Fellay «non è sufficiente a superare i problemi dottrinali che sono alla base della frattura tra la Santa Sede e detta Fraternità. Al termine dell’odierno incontro, guidato dalla preoccupazione di evitare una rottura ecclesiale dalle conseguenze dolorose e incalcolabili, si è rivolto l’invito al Superiore Generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X di voler chiarificare la sua posizione al fine di poter giungere alla ricomposizione della frattura esistente, come auspicato da Papa Benedetto XVI».

Nelle due risposte inviate a dicembre e quindi a gennaio, Fellay non aveva sottoscritto il preambolo, prendendo ancora tempo, senza chiudere la porta al dialogo con Roma. Ora il Papa e il cardinale Levada vogliono chiarezza. Il tono della risposta vaticana è stato determinato dalla risposta scritta inviata dal superiore lefebvriano. Quest’ultimo, durante l’incontro di stamane, è apparso perà più conciliante, e nel colloquio riservato che si è tenuto nel palazzo dell’ex Sant’Uffizio ha detto di «non avere difficoltà ad accettare la professione di fede» e ha anche affermato di non avere difficoltà con i principi espressi nel preambolo: il problema – ha aggiunto Fellay – non sono i principi, ma la loro applicazione, e cioè il fatto che nella Chiesa di oggi manca la fedeltà al magistero.

Il dialogo non si è dunque interrotto, la porta rimane ancora aperta, la possibilità di una ricomposizione esiste ancora. Subito dopo Pasqua si saprà se Fellay e la Fraternità San Pio X avrà deciso di accettare il preambolo oppure no. Nel caso la risposta fosse negativa, la Santa Sede prenderà atto che i lefebvriani non intendono accettare i punti giudicati fondamentali e basilari, e dunque si porranno fuori dalla comunione cattolica, con «conseguenze dolorose e incalcolabili». È evidente, dall’atteggiamento tenuto dal superiore della Fraternità, che il problema non è soltanto rappresentato dal testo proposto dal vaticano, ma anche è anche e soprattutto rappresentato dalle posizioni polarizzate all’interno dello stesso gruppo tradizionalista. Circa una metà della Fraternità vorrebbe rientrare nella piena comunione con Roma e vive questo distacco con dolore. L’altra metà, invece, è disposta a dire sì soltanto se «Roma si converte», cioè fa proprie le posizioni lefebvriane.

Benedetto XVI, appena diventato Papa, ha fatto di tutto per sanare la ferita che si era aperta dopo le ordinazioni episcopali illegittime che Lefebvre celebrò nel 1988 e la conseguente scomunica. Il Papa ha liberalizzato la messa antica (come gli chiedeva Fellay) e nel gennaio 2009 ha tolto la scomunica ai quattro vescovi lefebvriani, facendo poi iniziare i dialoghi dottrinali che si sono conclusi con la consegna del preambolo.


Paparatzifan
00venerdì 30 marzo 2012 20:38
Dal blog di Andrea Tornielli...

Lefebvriani, lo spiraglio positivo

Padre Franz Schmidberger, il primo successore dell’arcivescovo Marcel Lefebvre alla guida della Fraternità San Pio X, oggi superiore del Distretto tedesco, ha fatto leggere in tutte le messe celebrate ieri in Germania dai lefebvriani un comunicato.

Schmidberger ricorda che lo scorso 16 marzo a Roma il cardinale William Levada, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ha consegnato al superiore generale della Fraternità, il vescovo Bernard Fellay, «una lettera con spiegazioni in cui ci viene richiesto in modo ultimativo di esprimerci in modo più positivo sul preambolo dottrinale del 14 settembre 2011 di quanto non sia accaduto fino a ora». La scadenza ultima per la risposta è fissata per il 15 aprile 2012.

«Sebbene la lettera si esprima anche in un tono sgradevole – commenta Schmidberger riguardo alla risposta di Roma – vi sono fondate speranze per una soluzione soddisfacente».

«Qualora essa giungesse a compimento – conclude la nota – tutte le forze della tradizione nella Chiesa verrebbero notevolmente rafforzate; in caso contrario esse verrebbero indebolite e scoraggiate. Ne va quindi in primo luogo non della nostra Fraternità, ma del bene della Chiesa».


Paparatzifan
00venerdì 30 marzo 2012 20:40
Dal blog di Andrea Tornielli...

Le parole del vescovo Fellay

Cari amici, domenica scorsa nelle Chiese del Distretto tedesco della Fraternità San Pio X era stato letto un comunicato di padre Franz Schmidberger, nel quale si parlava della possibilità di sviluppi positivi nel rapporto tra la Santa Sede e i lefebvriani. Come ricorderete, lo scorso 16 marzo il cardinale William Levada ha consegnato nelle mani del vescovo Bernard Fellay la lettera di risposta vaticana, chiedendogli di decidere in merito al preambolo dottrinale entro un mese.

Ieri è stato diffusa una nota della Casa Generalizia di Menzingen, dunque dello stesso Fellay, che invita tutti i fedeli a pregare e a intensificare la “crociata del Rosario”, “affinché si faccia la Volontà divina, essa sola, secondo l’esempio datoci da Nostro Signore Gesù Cristo nell’Orto degli Ulivi: non mea voluntas, sed tua fiat (Luca 22, 42)”.

“Perché la Fraternità San Pio X che vuole solo il bene della Chiesa e la salvezza delle anime, si rivolge fiduciosa alla Santissima Vergine Maria, affinché Ella le ottenga dal suo Divino Figlio i lumi necessari per conoscere chiaramente la Sua volontà e per compierla coraggiosamente”.

Questo comunicato mi ha colpito: non c’è un accenno o un accento polemico verso “Roma”, si parla soltanto del “bene della Chiesa” e della “salvezza delle anime”, chiedendo preghiere per ottenere “i lumi necessari” sulla decisione da prendere affinché sia secondo la “volontà divina”. Mi sembra che non vi sia nessuna opposizione con quanto affermato nei giorni scorsi da Schmidberger, il quale aveva detto: “Vi sono fondate speranze per una soluzione soddisfacente. Qualora essa giungesse a compimento tutte le forze della tradizione nella Chiesa verrebbero notevolmente rafforzate; in caso contrario esse verrebbero indebolite e scoraggiate. Ne va quindi in primo luogo non della nostra Fraternità, ma del bene della Chiesa».

Entrambi i comunicati non si limitano a sottolineare l’importanza del passaggio cruciale per i rapporti tra la Fraternità e la Santa Sede, ma si evince anche, a mio avviso, che la possibilità di una risposta positiva al preambolo si avvicina.


Paparatzifan
00giovedì 12 aprile 2012 19:49
Dal blog di Lella...

Vaticano/ Lefebvriani inviano precisazione: Poi Roma risponderà

Il portavoce a 'Tmnews':Non cambia sostanzialmente prima risposta

Roma 12 apr. (TMNews)

I Lefebvriani stanno inviando in questi giorni una precisazione al Vaticano, in seguito ad una perentoria comunicazione diffusa dalla Santa Sede a metà marzo, e attendono, successivamente, un ulteriore pronunciamento vaticano: lo ha dichiarato da Parigi a 'Tmnews' il portavoce della fraternità sacerdotale tradizionalista l'abate Alain Lorans.
"Stiamo comunicando la risposta al Vaticano, poi attendiamo una risposta del Vaticano", ha dichiarato il responsabile della comunicazione dei Lefebvriani, "solo dopo potremo comunicare ufficialmente con i giornalisti".
Lo scorso 16 marzo il Vaticano aveva comunicato ai Lefebvriani che "non è sufficiente" la risposta precedentemente data dal gruppo scismatico alle condizioni dottrinali fissate dalla Santa Sede (il cosiddetto 'preambolo'). Una lettera in questo senso, approvata dal Papa, era stata consegnata al superiore dei Lefebvriani, monsignor Bernard Fellay, in un incontro avvenuto quel giorno in Vaticano. I seguaci di monsignor Marcel Lefebvre - precisò in quell'occasione il portavoce vaticano, il gesuita Federico Lombardi - hanno "un mese" di tempo per un'ulteriore risposta. La scadenza cadrebbe, con un'applicazione matematica del computo temporale, lunedì prossimo 16 aprile, data dell'85esimo compleanno del Papa.
Il portavoce dei Lefebvriani, ora, precisa che quell'indicazione temporale "non era un ultimatum, ma una scadenza". Quanto alla comunicazione che mons. Fellay sta inviando in questi giorni a Roma non si tratterebbe di una seconda risposta vera e propria, quanto di alcune "chiarificazioni", che, comunque, "non modificano sostanzialmente la prima risposta". Per l'abate Lorans, di conseguenza, "nei prossimi giorni le cose si chiariranno".

© Copyright TMNews


Paparatzifan
00venerdì 13 aprile 2012 12:08
Dal blog di Sandro Magister...

Per i lefebvriani è l'ultima chiamata all'ovile

Altrimenti è scisma. Ma Roma farà di tutto per evitare l'irreparabile. Dall'Australia, il teologo John Lamont spiega che una riconciliazione è possibile

di Sandro Magister

ROMA, 13 aprile 2012 – Nei prossimi giorni è attesa la risposta della Fraternità Sacerdotale San Pio X all'ultima chiamata della Chiesa di Roma per un suo ritorno all'ovile.

I pronostici oscillano tra ottimismo e pessimismo. La partita in corso tra la Santa Sede e la comunità fondata dall'arcivescovo Marcel Lefebvre ha avuto inizio con la remissione della scomunica, il 21 gennaio del 2009, ai quattro vescovi della comunità illegittimamente ordinati dallo stesso Lefebvre. È entrata nel vivo con otto incontri a Roma tra le due parti, tra il mese di ottobre 2009 e il mese di aprile 2011. È culminata con la consegna ai lefebvriani il 14 settembre 2011, da parte della congregazione per la dottrina della fede, di un "preambolo dottrinale" come "base fondamentale per il conseguimento della piena riconciliazione". Ed è proseguita con l'accettazione solo parziale di tale preambolo da parte del lefebvriani, accettazione giudicata da Roma "non sufficiente" per sanare la "frattura".

Fin qui i tempi regolamentari della partita, col fischietto che è suonato lo scorso 16 marzo con un comunicato emesso dalla Santa Sede. Ma in quello stesso giorno sono cominciati i tempi supplementari, che potrebbero durare ancora a lungo. Nello stesso comunicato del 16 marzo Roma ha offerto ai lefebvriani la possibilità di un'ulteriore risposta. Che è quella ora attesa da un giorno all'altro.

Ma qual è esattamente la causa dottrinale della divisione? E perché c'è frattura tra Roma e i lefebvriani per il loro rifiuto di alcune dottrine del Concilio Vaticano II, mentre contemporaneamente altre correnti cattoliche di segno opposto continuano ad abitare indisturbate la Chiesa nonostante anch'esse rigettino insegnamenti capitali dello stesso Concilio?

Sono queste le due domande da cui prende le mosse la nota di John R.T. Lamont, riprodotta qui sotto.

Ad esse egli fa seguire altre tre domande concatenate. Che non approdano a risposte esaustive. Ma consentono di gettare sulla controversia uno sguardo nuovo, a tratti inaspettato: non pregiudizialmente ostile nei confronti della Fraternità Sacerdotale San Pio X, anzi, tale da apparire fin troppo comprensivo delle sue ragioni.

L'autore, licenziato in filosofia a Oxford e in teologia a Ottawa con il grande teologo domenicano Jean-Marie-Tillard, vive in Australia e insegna a Sydney all'Istituto Cattolico e all'Università di Notre Dame, con il mandato canonico dell'arcidiocesi per l'insegnamento della teologia.

Ha pubblicato vari libri e saggi anche su riviste non specialistiche, come l'americana "First Things".

Sull'ultimo numero della rivista internazionale "Divinitas" diretta da monsignor Brunero Gherardini è uscito in questi giorni un suo articolo su come interpretare l'insegnamento del Concilio sulla libertà religiosa: "Pour une lecture pieuse de Vatican II au sujet de la liberté religieuse", Divinitas vol. 55, 2012/1, pp. 70-92.

La seguente nota è stata scritta da John R.T. Lamont espressamente per www.chiesa.

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LE DOMANDE DI UN TEOLOGO

di John R.T. Lamont


In un comunicato del 16 marzo 2012, la Santa Sede ha annunciato che il vescovo Bernard Fellay, superiore generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X, FSSPX, è stato informato che la risposta della Fraternità al preambolo dottrinale presentatole dalla congregazione per la dottrina della fede è stata giudicata "non sufficiente a superare i problemi dottrinali che sono alla base della frattura tra la Santa Sede e detta Fraternità". Il comunicato non chiarisce se questo giudizio è emesso dalla CDF e approvato dal papa, o se è il giudizio dello stesso papa. Questo giudizio è l'ultimo, finora, di un processo di discussione sulle questioni di dottrina tra la CDF e la FSSPX. La natura e la serietà di questo giudizio solleva importanti interrogativi per un teologo cattolico. Il compito di questo articolo è di rispondere a tali interrogativi.

La segretezza dei colloqui dottrinali in corso rende difficile esprimere un commento sul giudizio. La ragione di questa segretezza è difficile da afferrare, poiché gli argomenti della discussione non riguardano dettagli pratici di una sistemazione canonica – che avrebbe chiaramente beneficiato della riservatezza – ma materie di fede di di dottrina, che riguardano non solo le parti implicate ma tutti i fedeli cattolici. Tuttavia, è stato detto abbastanza in pubblico sulla posizione della FSSPX per consentire una valutazione della situazione. Ci sono due cose che necessitano di essere considerate qui: la frattura tra la Santa Sede e la FSSPX che è stata prodotta dai problemi dottrinali in discussione, e la natura di questi stessi problemi dottrinali.

In una replica a uno studio di Fernando Ocáriz sull'autorità dottrinale del Concilio Vaticano II, padre Jean-Michel Gleize della FSSPX ha elencato gli elementi di questo Concilio che la FSSPX trova inaccettabili:

"Su almeno quattro punti gli insegnamenti del Concilio Vaticano II sono talmente in contraddizione logica con i pronunciamenti del precedente magistero tradizionale, che è impossibile interpretarli nella linea degli altri insegnamenti già contenuti nei precedenti documenti del magistero della Chiesa. Il Vaticano II quindi ha rotto l'unità del magistero, nella misura in cui ha rotto con l'unità del suo oggetto. I quattro punti sono i seguenti.

"La dottrina della libertà religiosa, così come è espressa nel n. 2 della dichiarazione 'Dignitatis humanae', contraddice gli insegnamenti di Gregorio XVI nella 'Mirari vos' e di Pio IX nella 'Quanta cura', così come quelli di Leone XIII nella 'Immortale Dei' e quelli di Pio XI nella 'Quas primas'.

"La dottrina della Chiesa, così come è espressa nel n. 8 della costituzione 'Lumen gentium', contraddice gli insegnamenti di Pio XII nella 'Mystici corporis' e nella 'Humani generis'.

"La dottrina sull'ecumenismo, così come espressa nel n. 8 della 'Lumen gentium' e nel n. 3 del decreto 'Unitatis redintegratio', contraddice gli insegnamenti di Pio IX nelle proposizioni 16 e 17 del 'Syllabus', quelli di Leone XIII nella 'Satis cognitum' e quelli di Pio XI nella 'Mortalium animos'.

"La dottrina della collegialità, così come espressa nel n. 22 della costituzione 'Lumen gentium', incluso il n. 3 della 'Nota praevia', contraddice gli insergnamenti del Concilio Vaticano I sull'unicità del soggetto del supremo potere nella Chiesa, e la costituzione 'Pater aeternus'".

Padre Gleize ha preso parte alla discussione dottrinale tra la FSSPX e le autorità romane, così come ha fatto anche Ocáriz. Possiamo ragionevolmente assumere le affermazioni citate come una descrizione dei punti dottrinali sui quali la FSSPX non intende transigere e che sono stati presi dalla Santa Sede come inevitabile origine della frattura.


Il Vaticano II come la ragione della frattura?


Il primo interrogativo in cui si imbatte un teologo riguardo alla posizione della FSSPX concerne la questione dell'autorità del Concilio Vaticano II. L'articolo di Ocáriz al quale ha replicato padre Gleize, pubblicato sul numero del 2 dicembre 2011 de "L'Osservatore Romano", sembra sostenere che un rigetto dell'autorità del Vaticano II sia la base della frattura riscontrata dalla Santa Sede. Ma per chiunque sia al corrente sia della posizione teologica della FSSPX sia del clima dell'opinione teologica nella Chiesa cattolica, questa tesi è difficile da capire. I punti menzionati da padre Gleize sono solo quattro del voluminoso insegnamento del Vaticano II. La FSSPX non rigetta il Vaticano II nella sua interezza: al contrario, il vescovo Fellay ha affermato che la Fraternità accetta il 95 per cento dei suoi insegnamenti. Ciò significa che la FSSPX è più fedele agli insegnamenti del Vaticano II di buona parte del clero e della gerarchia della Chiesa cattolica.

Si considerino le seguenti asserzioni di questo Concilio:

"Dei Verbum" 11:

"La santa madre Chiesa, per fede apostolica, ritiene sacri e canonici tutti interi i libri sia del Vecchio che del Nuovo Testamento, con tutte le loro parti, perché scritti per ispirazione dello Spirito Santo (cfr. Gv 20,31; 2 Tm 3,16); hanno Dio per autore e come tali sono stati consegnati alla Chiesa per la composizione dei libri sacri, Dio scelse e si servì di uomini nel possesso delle loro facoltà e capacità, affinché, agendo egli in essi e per loro mezzo, scrivessero come veri autori, tutte e soltanto quelle cose che egli voleva fossero scritte".

"Dei Verbum" 19:

"I quattro Vangeli, di cui la Chiesa afferma senza esitazione la storicità, trasmettono fedelmente quanto Gesù Figlio di Dio, durante la sua vita tra gli uomini, effettivamente operò e insegnò per la loro eterna salvezza, fino al giorno in cui fu assunto in cielo (cfr At 1,1-2)".

"Lumen gentium" 3:

"Ogni volta che il sacrificio della croce, col quale Cristo, nostro agnello pasquale, è stato immolato viene celebrato sull'altare, si rinnova l'opera della nostra redenzione".

"Lumen gentium" 8:

"La Fraternità costituita di organi gerarchici e il corpo mistico di Cristo, l'assemblea visibile e la comunità spirituale, la Chiesa terrestre e la Chiesa arricchita di beni celesti, non si devono considerare come due cose diverse; esse formano piuttosto una sola complessa realtà risultante di un duplice elemento, umano e divino".

"Lumen gentium" 10:

"Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l'uno all'altro, poiché l'uno e l'altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano dell'unico sacerdozio di Cristo. Il sacerdote ministeriale, con la potestà sacra di cui è investito, forma e regge il popolo sacerdotale, compie il sacrificio eucaristico nel ruolo di Cristo e lo offre a Dio a nome di tutto il popolo; i fedeli, in virtù del loro regale sacerdozio, concorrono all'offerta dell'Eucaristia, ed esercitano il loro sacerdozio col ricevere i sacramenti, con la preghiera e il ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa, con l'abnegazione e la carità operosa".

"Lumen gentium" 14:

"Il Concilio, basandosi sulla sacra Scrittura e sulla tradizione, insegna che questa Chiesa peregrinante è necessaria alla salvezza. Solo il Cristo, infatti, presente in mezzo a noi nel suo corpo che è la Chiesa, è il mediatore e la via della salvezza; ora egli stesso, inculcando espressamente la necessità della fede e del battesimo (cfr. Gv 3,5), ha nello stesso tempo confermato la necessità della Chiesa, nella quale gli uomini entrano per il battesimo come per una porta".

"Gaudium et spes" 48:

"Per la sua stessa natura l'istituto del matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati alla procreazione e alla educazione della prole e in queste trovano il loro coronamento".

"Gaudium et spes" 51:

"La vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; l'aborto e l'infanticidio sono delitti abominevoli".

La grande maggioranza dei teologi nelle istituzioni cattoliche in Europa, Nordamerica, Asia e Australia tende a rigettare tutti o la maggior parte di questi insegnamenti. Questi teologi sono seguiti dalla maggioranza degli ordini religiosi e da una parte consistente dei vescovi in queste aree. Sarebbe difficile, ad esempio, trovare un gesuita che insegna teologia in qualsiasi istituzione gesuita che accetti anche uno solo di essi. I testi citati sono solo una selezione degli insegnamenti del Vaticano II che sono rigettati da questi gruppi; e potrebbero essere molto aumentati di numero.

Ebbene, tali insegnamenti fanno parte proprio di quel 95 per cento del Vaticano II che la FSSPX accetta. E a differenza del 5 per cento di quel Concilio rigettato dalla FSSPX, gli insegnamenti riportati sopra sono centrali per la fede e la morale cattoliche, e includono alcuni degli insegnamenti fondamentali di Cristo stesso.

Il primo interrogativo che il comunicato della Santa Sede solleva per un teologo è quindi: perché il rigetto da parte della FSSPX di una piccola parte degli insegnamenti del Vaticano II dà origine a una frattura tra la Fraternità e la Santa Sede, mentre il rigetto di molto più numerosi e importanti insegnamenti del Vaticano II da parte di altri gruppi nella Chiesa lascia questi gruppi tranquilli al loro posto e nel possesso di una piena condizione canonica? Il rigetto dell'autorità del Vaticano II da parte della FSSPX non può essere la risposta a questo interrogativo. In realtà la FSSPX mostra maggiore rispetto per l'autorità del Vaticano II della maggior parte degli ordini religiosi nella Chiesa.

È interessante notare che i testi del Vaticano II rigettati dalla FSSPX sono accettati da quei gruppi dentro la Chiesa che rigettano altri insegnamenti di questo Concilio. Uno potrebbe quindi supporre che sono proprio questi specifici testi – sulla libertà religiosa, la Chiesa, l'ecumenismo, la collegialità – che fanno problema. La frattura tra la Santa Sede e la FSSPX nasce poiché la Fraternità rigetta questi particolari elementi del Vaticano II, non per una intenzione della Santa Sede di difendere il Vaticano II in blocco. Mentre la frattura non sorge con i gruppi al di fuori della Fraternità che rigettano molto di più del Vaticano II poiché questi gruppi accettano questi particolari elementi. Ma se questo è il caso, il primo interrogativo semplicemente si ripropone con maggior forza.


Problemi con la dottrina cattolica?


Se la frattura tra la Santa Sede e la FSSPX non nasce dal rigetto dell'autorità del Concilio Vaticano II da parte della Fraternità, potrebbe essere il caso che la frattura sorga dalla posizione dottrinale della FSSPX stessa. Dopo tutto ci sono due facce della posizione della FSSPX sul Vaticano II. La prima faccia è la tesi secondo cui alcune affermazioni del Vaticano II sono false e non debbono essere accettate; questa è la faccia che rifiuta l'autorità del Concilio. L'altra faccia è la positiva descrizione della dottrina che dovrebbe essere accettata al posto delle presunte false affermazioni. Questa seconda faccia è l'aspetto più importante della discussione tra la FSSPX e le autorità romane. Dopo tutto, la finalità dell'esistenza di insegnamenti magisteriali è di comunicare la vera dottrina ai cattolici, e la loro autorità sui cattolici deriva da questa finalità. Questa faccia della posizione della FSSPX consiste in affermazioni sulle dottrine che i cattolici dovrebbero credere, affermazioni che in se stesse non dicono nulla sui contenuti o l'autorità del Vaticano II. Dobbiamo quindi considerare se queste affermazioni possono dare origine a una frattura tra la Santa Sede e la FSSPX.

Nel giudicare la posizione dottrinale della FSSPX deve essere tenuto presente che c'è una differenza essenziale tra la posizione della FSSPX sul Vaticano II e la posizione di quei settori dentro la Chiesa che rigettano gli insegnamenti sopra citati della "Dei Verbum", della "Lumen gentium" e della "Gaudium et spes". Questi settori semplicemente sostengono che certe dottrine della Chiesa cattolica non sono vere. Essi rigettano l'insegnamento cattolico, punto. Invece la FSSPX non sostiene che l'insegnamento della Chiesa cattolica è falso. Essa sostiene che alcune delle affermazioni del Vaticano II contraddicono altri insegnamenti magisteriali che hanno più grande autorità, e quindi accettare le dottrine della Chiesa cattolica richiede di accettare questi insegnamenti più autorevoli e di respingere la piccola porzione di errori presenti nel Vaticano II. Essa sostiene che il reale insegnamento della Chiesa cattolica deve essere trovato in precedenti e più autorevoli affermazioni.

In positivo, quindi, la posizione dottrinale della FSSPX consiste nel sostenere gli insegnamenti di una parte dei pronunciamenti magisteriali. I più importanti dei pronunciamenti in questione sono elencati da padre Glaize: l'enciclica di Gregorio XVI "Mirari vos", l'enciclica di Pio IX "Quanta cura" con il relativo "Syllabus", le encicliche di Leone XIII "Immortale Dei" e "Satis cognitum", le encicliche di Pio XI "Quas primas" e "Mortalium animos", le encicliche di Pio XII "Mystici corporis" e "Humani generis", e la costituzione del Concilio Vaticano I "Pastor aeternus". Questi sono tutti pronunciamenti magisteriali di grande autorità, e in qualche caso includono definizioni dogmatiche infallibili, cosa che non accade con il Concilio Vaticano II.

Ciò fa nascere il secondo interrogativo riguardo alla posizione della Santa Sede sulla FSSPX, che induce un teologo a chiedersi: come ci possono essere obiezioni alla FSSPX quando essa sostiene la verità di pronunciamenti magisteriali di grande autorità?

È un interrogativo che ha già in sé una risposta: non ci possono essere simili obiezioni. Se la posizione della FSSPX sulla dottrina può essere giudicata obiettabile, deve essere sostenuto che questa sua posizione non coincide con ciò che quei pronunciamenti magisteriali realmente insegnano, e quindi che la FSSPX falsifica il significato di tali pronunciamenti. Questa tesi non è facile da sostenere, poiché quando quei precedenti pronunciamenti furono promulgati, essi diedero origine a un considerevole corpo di studi teologici finalizzati alla loro interpretazione. Il significato che la FSSPX assegna ad essi è derivato da questo insieme di studi, e corrisponde a come quei pronunciamenti erano compresi nel tempo in cui furono prodotti.

Ciò rende ancor più puntuale e urgente il terzo interrogativo che sorge in un teologo: che cosa quei pronunciamenti insegnano davvero, se non è ciò che la FSSPX dice che essi insegnano?

La risposta che molti daranno è che i significati effettivi di quei pronunciamenti sono dati da, o almeno sono in armonia con, i testi del Concilio Vaticano II che la FSSPX rigetta. Possiamo ammettere questa risposta come vera, ma ciò non ci aiuterà nel rispondere alla domanda. I testi del Vaticano II non offrono molte spiegazioni del significato di quei precedenti pronunciamenti. Ad esempio, la "Dignitatis humanae" dice semplicemente che il suo insegnamento "lascia intatta la dottrina tradizionale cattolica sul dovere morale dei singoli e delle società verso la vera religione e l'unica Chiesa di Cristo". Con ciò non offre alcuna spiegazione del contenuto di questa dottrina.

L'inadeguatezza di questa risposta conduce al quarto interrogativo, che è il seguente: qual è l'insegnamento autorevole della Chiesa cattolica sui punti che sono disputati tra la FSSPX e la Santa Sede?

Nessun dubbio che le discussioni dottrinali tra le due parti abbiano implicato un esame della questione, ma la segretezza di tali discussioni lascia il resto della Chiesa al buio su questa materia. Senza una risposta al quarto interrogativo, non c'è possibilità di risposta a questa quinta domanda: perché le posizioni dottrinali della FSSPX danno origine a una frattura tra la Fraternità e la Santa Sede?

Ma questa quinta domanda, pur significativa, non ha l'importanza della quarta. La natura dell'insegnamento della Chiesa cattolica sulla libertà religiosa, l'ecumenismo, la Chiesa e la collegialità è di grande importanza per tutti i cattolici. Le domande sollevate dalle discussioni tra la Santa Sede e la FSSPX riguardano la Chiesa tutta, non soltanto le parti impegnate a discutere.


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