Discorsi, omelie, udienze, angelus e altri documenti

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Paparatzifan
00lunedì 18 giugno 2012 22:38
Dal blog di Lella...

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA CHIUSURA DEL50.MO CONGRESSO EUCARISTICO INTERNAZIONALE A DUBLINO

Pubblichiamo di seguito il testo del video messaggio registrato dal Santo Padre e trasmesso questo pomeriggio nel corso della "Statio Orbis" a chiusura del 50° Congresso Eucaristico Internazionale che si è svolto a Dublino (Irlanda) a partire da domenica 10 giugno:


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

Cari Fratelli e Sorelle,

con grande affetto nel Signore, saluto voi tutti radunati a Dublino per il 50° Congresso Eucaristico Internazionale, in modo speciale il Cardinale Brady, l’Arcivescovo Martin, il clero, i religiosi e i fedeli dell’Irlanda, e tutti voi giunti da lontano per sostenere la Chiesa in Irlanda con la vostra presenza e le vostre preghiere. Il tema del Congresso – Comunione con Cristo e tra di noi – ci porta a riflettere sulla Chiesa quale mistero di comunione con il Signore e con tutti i membri del Suo corpo.
Sin dai primi tempi la nozione di koinonia o communio è stata al centro della comprensione che la Chiesa ha di se stessa, al centro della sua relazione con Cristo suo fondatore e dei sacramenti che essa celebra, primo fra tutti l’Eucaristia. Mediante il Battesimo, noi siamo inseriti nella morte di Cristo, rinasciamo nella grande famiglia di fratelli e sorelle di Cristo Gesù; mediante la Confermazione, riceviamo il sigillo dello Spirito Santo, e condividendo l’Eucaristia, entriamo in comunione con Cristo e fra di noi in maniera visibile qui sulla terra. Riceviamo anche la promessa della vita eterna che verrà. Il Congresso inoltre si svolge in un periodo in cui la Chiesa in tutto il mondo si prepara a celebrare l’Anno della Fede, per commemorare il 50° anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II, un evento che lanciò il più ampio rinnovamento del Rito Romano mai visto prima. Basato su un apprezzamento sempre più profondo delle fonti della liturgia, il Concilio ha promosso la piena ed attiva partecipazione dei fedeli al Sacrificio eucaristico.
Oggi, a distanza di tempo dai desideri espressi dai Padri Conciliari circa il rinnovamento liturgico, e alla luce dell’esperienza universale della Chiesa nel periodo seguente, è chiaro che il risultato è stato molto grande; ma è ugualmente chiaro che vi sono state molte incomprensioni ed irregolarità.
Il rinnovamento delle forme esterne, desiderato dai Padri Conciliari, era proteso a rendere più facile l’entrare nell’intima profondità del mistero.
Il suo vero scopo era di condurre la gente ad un incontro personale con il Signore, presente nell’Eucaristia, e così al Dio vivente, in modo che, mediante questo contatto con l’amore di Cristo, l’amore reciproco dei suoi fratelli e delle sue sorelle potesse anch’esso crescere. Tuttavia, non raramente, la revisione delle forme liturgiche è rimasta ad un livello esteriore, e la “partecipazione attiva” è stata confusa con l’agire esterno. Pertanto, rimane ancora molto da fare sulla via del vero rinnovamento liturgico.
In un mondo cambiato, sempre più fisso sulle cose materiali, dobbiamo imparare a riconoscere di nuovo la presenza misteriosa del Signore Risorto, il solo che può dar respiro e profondità alla nostra vita. L’Eucaristia è il culto di tutta la Chiesa, ma richiede anche il pieno impegno di ogni singolo cristiano nella missione della Chiesa; contiene un appello ad essere il popolo santo di Dio, ma pure l’appello alla santità individuale; è da celebrarsi con grande gioia e semplicità, ma anche nella maniera più degna e riverente possibile; ci invita a pentirci del nostri peccati, ma anche a perdonare i fratelli e le sorelle; ci unisce insieme nello Spirito, ma anche ci comanda, nello stesso Spirito, di recare la buona novella della salvezza agli altri. Inoltre, l’Eucaristia è il memoriale del sacrificio di Cristo sulla croce, il suo corpo e il suo sangue offerto nella nuova ed eterna alleanza per la remissione dei peccati e la trasformazione del mondo. L’Irlanda è stata plasmata per secoli dalla Messa al livello più profondo e, dalla sua potenza e grazia, generazioni di monaci, di martiri e di missionari hanno vissuto eroicamente la fede nella propria terra e diffuso la Buona Novella dell’amore e del perdono di Dio ben al di là dei vostri lidi. Siete gli eredi di una Chiesa che è stata una potente forza di bene nel mondo, e che ha offerto a moltissimi altri un amore profondo e duraturo per Cristo e per la sua Santa Madre.
I vostri antenati nella Chiesa in Irlanda seppero come impegnarsi per la santità e la coerenza nella vita personale, come predicare la gioia che viene dal Vangelo, come promuovere l’importanza di appartenere alla Chiesa universale in comunione con la Sede di Pietro, e come trasmettere alle generazioni future amore per la fede e le virtù cristiane. La nostra fede cattolica, imbevuta di un senso profondo della presenza di Dio, rapita dalla bellezza della creazione che ci circonda, e purificata mediante la penitenza personale e la consapevolezza del perdono di Dio, è una eredità che sicuramente è perfezionata e nutrita quando è deposta con regolarità sull’altare del Signore nel Sacrificio della Messa.
Ringraziamento e gioia per una così grande storia di fede e di amore sono stati di recente scossi in maniera orribile dalla rivelazione di peccati commessi da sacerdoti e persone consacrate nei confronti di persone affidate alle loro cure. Al posto di mostrare ad essi la strada verso Cristo, verso Dio, al posto di dar testimonianza della sua bontà, hanno compiuto abusi su di loro e minato la credibilità del messaggio della Chiesa. Come possiamo spiegare il fatto che persone le quali hanno ricevuto regolarmente il corpo del Signore e confessato i propri peccati nel sacramento della Penitenza abbiano offeso in tale maniera? Rimane un mistero. Eppure evidentemente il loro cristianesimo non veniva più nutrito dall’incontro gioioso con Gesù Cristo: era divenuto semplicemente un’abitudine.
L’opera del Concilio aveva in realtà l’intento di superare questa forma di cristianesimo e di riscoprire la fede come una relazione personale profonda con la bontà di Gesù Cristo. Il Congresso Eucaristico ha un simile scopo. Qui desideriamo incontrare il Signore Risorto. Chiediamo a Lui di toccarci nel profondo. Possa Colui che ha alitato sugli Apostoli a Pasqua, comunicando loro il suo Spirito, donare alla stessa maniera anche a noi il suo soffio, la potenza dello Spirito Santo, aiutandoci così a divenire veri testimoni del suo amore, testimoni della sua verità. La sua verità è amore. L’amore di Cristo è verità.
Cari fratelli e sorelle, prego affinché il Congresso sia per ciascuno di voi una fruttuosa esperienza spirituale di comunione con Cristo e con la sua Chiesa. Allo stesso tempo, desidero invitarvi ad unirvi a me nell’invocare la benedizione di Dio sul prossimo Congresso Eucaristico Internazionale, che si terrà nel 2016 nella città di Cebu! Al popolo delle Filippine invio il mio caloroso saluto e l’assicurazione della mia vicinanza nella preghiera durante il periodo di preparazione di questa grande riunione ecclesiale. Sono sicuro che porterà un duraturo rinnovamento spirituale non soltanto a loro, ma ai partecipanti di tutto il mondo. Nel frattempo, affido ognuno dei partecipanti all’attuale Congresso all’amorevole protezione di Maria, Madre di Dio, e a san Patrizio, il grande patrono d’Irlanda; e, quale pegno di gioia e pace nel Signore, di cuore imparto la Benedizione Apostolica.


BENEDICTUS PP. XVI

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Paparatzifan
00mercoledì 20 giugno 2012 23:29
Dal blog di Lella...

L’UDIENZA GENERALE, 20.06.2012

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana il Papa, continuando la Sua catechesi sulla preghiera nelle Lettere di San Paolo, ha incentrato la sua meditazione sul primo capitolo della Lettera agli Efesini, trattando il tema: "La benedizione divina per il disegno di Dio Padre" (Ef 1,3-14).
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti. Quindi ha rivolto un appello per la drammatica situazione dei fedeli cristiani in Nigeria, vittime di continui attentati terroristici.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.


CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

La benedizione divina per il disegno di Dio Padre (Ef 1,3-14)

Cari fratelli e sorelle,

la nostra preghiera molto spesso è richiesta di aiuto nelle necessità. Ed è anche normale per l'uomo, perché abbiamo bisogno di aiuto, abbiamo bisogno degli altri, abbiamo bisogno di Dio. Così per noi è normale richiedere da Dio qualcosa, cercare aiuto da Lui; e dobbiamo tenere presente che la preghiera che il Signore ci ha insegnato, il «Padre nostro», è una preghiera di richiesta, e con questa preghiera il Signore ci insegna le priorità della nostra preghiera, pulisce e purifica i nostri desideri e così pulisce e purifica il nostro cuore. Quindi se di per sé è normale che nella preghiera richiediamo qualcosa, non dovrebbe essere esclusivamente così. C'è anche motivo di ringraziamento, e se siamo un po' attenti vediamo che da Dio riceviamo tante cose buone: è così buono con noi che conviene, è necessario, dire grazie. E deve essere anche preghiera di lode: se il nostro cuore è aperto, vediamo nonostante tutti i problemi anche la bellezza della sua creazione, la bontà che si mostra nella sua creazione. Quindi, dobbiamo non solo richiedere, ma anche lodare e ringraziare: solo così la nostra preghiera è completa.
Nelle sue Lettere, san Paolo non solo parla della preghiera, ma riporta preghiere certamente anche di richiesta, ma anche preghiere di lode e di benedizione per quanto Dio ha operato e continua a realizzare nella storia dell’umanità.
E oggi vorrei soffermarmi sul primo capitolo della Lettera agli Efesini, che inizia proprio con una preghiera, che è un inno di benedizione, un'espressione di ringraziamento, di gioia. San Paolo benedice Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, perché in Lui ci ha fatto «conoscere il mistero della sua volontà» (Ef 1,9). Realmente c'è motivo di ringraziare se Dio ci fa conoscere quanto è nascosto: la sua volontà con noi, per noi; «il mistero della sua volontà». «Mysterion», «Mistero»: un termine che ritorna spesso nella Sacra Scrittura e nella Liturgia. Non vorrei adesso entrare nella filologia, ma nel linguaggio comune indica quanto non si può conoscere, una realtà che non possiamo afferrare con la nostra propria intelligenza. L’inno che apre la Lettera agli Efesini ci conduce per mano verso un significato più profondo di questo termine e della realtà che ci indica. Per i credenti «mistero» non è tanto l’ignoto, ma piuttosto la volontà misericordiosa di Dio, il suo disegno di amore che in Gesù Cristo si è rivelato pienamente e ci offre la possibilità di «comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo» (Ef 3,18-19). Il «mistero ignoto» di Dio è rivelato ed è che Dio ci ama, e ci ama dall'inizio, dall'eternità.
Soffermiamoci quindi un po' su questa solenne e profonda preghiera. «Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo» (Ef 1,3). San Paolo usa il verbo «euloghein», che generalmente traduce il termine ebraico «barak»: è il lodare, glorificare, ringraziare Dio Padre come la sorgente dei beni della salvezza, come Colui che «ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo».
L’Apostolo ringrazia e loda, ma riflette anche sui motivi che spingono l’uomo a questa lode, a questo ringraziamento, presentando gli elementi fondamentali del piano divino e le sue tappe. Anzitutto dobbiamo benedire Dio Padre perché – così scrive san Paolo - Egli «ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità» (v. 4).
Ciò che ci fa santi e immacolati è la carità. Dio ci ha chiamati all’esistenza, alla santità. E questa scelta precede persino la creazione del mondo. Da sempre siamo nel suo disegno, nel suo pensiero. Con il profeta Geremia possiamo affermare anche noi che prima di formarci nel grembo della nostra madre Lui ci ha già conosciuti (cfr Ger 1,5); e conoscendoci ci ha amati. La vocazione alla santità, cioè alla comunione con Dio appartiene al disegno eterno di questo Dio, un disegno che si estende nella storia e comprende tutti gli uomini e le donne del mondo, perché è una chiamata universale. Dio non esclude nessuno, il suo progetto è solo di amore. San Giovanni Crisostomo afferma: «Dio stesso ci ha resi santi, ma noi siamo chiamati a rimanere santi. Santo è colui che vive nella fede» (Omelie sulla Lettera agli Efesini, 1,1,4).
San Paolo continua: Dio ci ha predestinati, ci ha eletti ad essere «figli adottivi, mediante Gesù Cristo», ad essere incorporati nel suo Figlio Unigenito. L’Apostolo sottolinea la gratuità di questo meraviglioso disegno di Dio sull’umanità. Dio ci sceglie non perché siamo buoni noi, ma perché è buono Lui. E l'antichità aveva sulla bontà una parola: bonum est diffusivum sui; il bene si comunica, fa parte dell'essenza del bene che si comunichi, si estenda. E così poiché Dio è la bontà, è comunicazione di bontà, vuole comunicare; Egli crea perché vuole comunicare la sua bontà a noi e farci buoni e santi.
Al centro della preghiera di benedizione, l’Apostolo illustra il modo in cui si realizza il piano di salvezza del Padre in Cristo, nel suo Figlio amato. Scrive: «mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia» (Ef 1,7). Il sacrificio della croce di Cristo è l’evento unico e irripetibile con cui il Padre ha mostrato in modo luminoso il suo amore per noi, non soltanto a parole, ma in modo concreto. Dio è così concreto e il suo amore è così concreto che entra nella storia, si fa uomo per sentire che cosa è, come è vivere in questo mondo creato, e accetta il cammino di sofferenza della passione, subendo anche la morte. Così concreto è l'amore di Dio, che partecipa non solo al nostro essere, ma al nostro soffrire e morire. Il Sacrificio della croce fa sì che noi diventiamo «proprietà di Dio», perché il sangue di Cristo ci ha riscattati dalla colpa, ci lava dal male, ci sottrae alla schiavitù del peccato e della morte. San Paolo invita a considerare quanto è profondo l’amore di Dio che trasforma la storia, che ha trasformato la sua stessa vita da persecutore dei cristiani ad Apostolo instancabile del Vangelo. Riecheggiano ancora una volta le parole rassicuranti della Lettera ai Romani: «Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?... Io sono infatti persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né presente, né avvenire, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura, potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,31-32.38-39). Questa certezza - Dio è per noi, e nessuna creatura può separarci da Lui, perché il suo amore è più forte - dobbiamo inserirla nel nostro essere, nella nostra coscienza di cristiani.
Infine, la benedizione divina si chiude con l’accenno allo Spirito Santo che è stato effuso nei nostri cuori; il Paraclito che abbiamo ricevuto come sigillo promesso: «Egli - dice Paolo - è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria» (Ef 1,14). La redenzione non è ancora conclusa - lo sentiamo -, ma avrà il suo pieno compimento quando coloro che Dio si è acquistato saranno totalmente salvati. Noi siamo ancora nel cammino della redenzione, la cui realtà essenziale è data con la morte e la resurrezione di Gesù. Siamo in cammino verso la redenzione definitiva, verso la piena liberazione dei figli di Dio. E lo Spirito Santo è la certezza che Dio porterà a compimento il suo disegno di salvezza, quando ricondurrà «al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra» (Ef 1,10). San Giovanni Crisostomo commenta su questo punto: «Dio ci ha eletti per la fede ed ha impresso in noi il sigillo per l’eredità della gloria futura» (Omelie sulla Lettera agli Efesini 2,11-14). Dobbiamo accettare che il cammino della redenzione è anche un cammino nostro, perché Dio vuole creature libere, che dicano liberamente sì; ma è soprattutto e prima un cammino Suo. Siamo nelle Sue mani e adesso è nostra libertà andare sulla strada aperta da Lui. Andiamo su questa strada della redenzione, insieme con Cristo e sentiamo che la redenzione si realizza.
La visione che ci presenta san Paolo in questa grande preghiera di benedizione ci ha condotto a contemplare l’azione delle tre Persone della Santissima Trinità: il Padre, che ci ha scelti prima della creazione del mondo, ci ha pensato e creato; il Figlio che ci ha redenti mediante il suo sangue e lo Spirito Santo caparra della nostra redenzione e della gloria futura. Nella preghiera costante, nel rapporto quotidiano con Dio, impariamo anche noi, come san Paolo, a scorgere in modo sempre più chiaro i segni di questo disegno e di questa azione: nella bellezza del Creatore che emerge dalle sue creature (cfr Ef 3,9), come canta san Francesco d’Assisi: «Laudato sie mi’ Signore, cum tutte le Tue creature» (FF 263). Importante è essere attenti proprio adesso, anche nel periodo delle vacanze, alla bellezza della creazione e vedere trasparire in questa bellezza il volto di Dio.
Nella loro vita i Santi mostrano in modo luminoso che cosa può fare la potenza di Dio nella debolezza dell’uomo. E può farlo anche con noi. In tutta la storia della salvezza, in cui Dio si è fatto vicino a noi e attende con pazienza i nostri tempi, comprende le nostre infedeltà, incoraggia il nostro impegno e ci guida.
Nella preghiera impariamo a vedere i segni di questo disegno misericordioso nel cammino della Chiesa. Così cresciamo nell’amore di Dio, aprendo la porta affinché la Santissima Trinità venga ad abitare in noi, illumini, riscaldi, guidi la nostra esistenza.
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23), dice Gesù promettendo ai discepoli il dono dello Spirito Santo, che insegnerà ogni cosa. Sant'Ireneo ha detto una volta che nell'Incarnazione lo Spirito Santo si è abituato a essere nell'uomo. Nella preghiera dobbiamo noi abituarci a essere con Dio. Questo è molto importante, che impariamo a essere con Dio, e così vediamo come è bello essere con Lui, che è la redenzione.
Cari amici, quando la preghiera alimenta la nostra vita spirituale noi diventiamo capaci di conservare quello che san Paolo chiama «il mistero della fede» in una coscienza pura (cfr 1 Tm 3,9). La preghiera come modo dell’«abituarsi» all’essere insieme con Dio, genera uomini e donne animati non dall’egoismo, dal desiderio di possedere, dalla sete di potere, ma dalla gratuità, dal desiderio di amare, dalla sete di servire, animati cioè da Dio; e solo così si può portare luce nel buio del mondo.
Vorrei concludere questa Catechesi con l’epilogo della Lettera ai Romani. Con san Paolo, anche noi rendiamo gloria a Dio perché ci ha detto tutto di sé in Gesù Cristo e ci ha donato il Consolatore, lo Spirito di verità. Scrive san Paolo alla fine della della Lettera ai Romani: «A colui che ha il potere di confermarvi nel mio Vangelo, che annuncia Gesù Cristo, secondo la rivelazione del mistero, avvolto nel silenzio per secoli eterni, ma ora manifestato mediante le Scritture dei Profeti, per ordine dell’eterno Dio, annunciato a tutte le genti, perché giungano all’obbedienza della fede, a Dio, che solo è sapiente, per mezzo di Gesù Cristo, la gloria nei secoli. Amen» (16,25-27).
Grazie.

APPELLO DEL SANTO PADRE

Seguo con profonda preoccupazione le notizie che provengono dalla Nigeria, dove continuano gli attentati terroristici diretti soprattutto contro i fedeli cristiani. Mentre elevo la preghiera per le vittime e per quanti soffrono, faccio appello ai responsabili delle violenze, affinché cessi immediatamente lo spargimento di sangue di tanti innocenti. Auspico, inoltre, la piena collaborazione di tutte le componenti sociali della Nigeria, perché non si persegua la via della vendetta, ma tutti i cittadini cooperino all’edificazione di una società pacifica e riconciliata, in cui sia pienamente tutelato il diritto di professare liberamente la propria fede.

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Paparatzifan
00giovedì 21 giugno 2012 16:44
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UDIENZA AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA DELLA RIUNIONE DELLE OPERE IN AIUTO ALLE CHIESE ORIENTALI (R.O.A.C.O.), 21.06.2012


Alle ore 12 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i partecipanti all’Assemblea della Riunione delle Opere in Aiuto alle Chiese Orientali (R.O.A.C.O.).
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai presenti:


DISCORSO DEL SANTO PADRE


Signor Cardinale, Beatitudine,
venerati Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,
cari Membri ed Amici della ROACO,


Sono molto lieto di accogliervi e di salutarvi in questo consueto incontro. Saluto il Cardinale Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali e Presidente della ROACO e lo ringrazio per le cordiali espressioni che mi ha rivolto. Un grato pensiero rivolgo all’Arcivescovo Segretario, al Sottosegretario, ai Collaboratori e a tutti i presenti, rinnovando la mia gratitudine alle Opere qui rappresentate, alle Chiese dei Continenti europeo ed americano che le sostengono, come pure ai numerosi benefattori. Assicuro la mia preghiera al Signore, nella consolante certezza che Egli «ama chi dona con gioia» (2 Cor 9,7).
Desidero anzitutto porgere l’augurio a perseverare in «quel movimento di carità che, per mandato del Papa, la Congregazione segue affinché in modo ordinato ed equo la Terra Santa e le altre regioni orientali ricevano il necessario sostegno spirituale e materiale per far fronte alla vita ecclesiale ordinaria e a particolari necessità» (Discorso alla Congregazione per le Chiese Orientali, 9 giugno 2007). Con queste parole mi esprimevo cinque anni orsono visitando il Dicastero per le Chiese Orientali ed ora desidero ribadire con forza tale esortazione anche per sottolineare le pressanti necessità del momento attuale.
L’odierna congiuntura economico-sociale, infatti, così delicata per la dimensione globale che ha assunto, non sembra dare respiro alle aree del mondo economicamente evolute e in misura ancor più preoccupante si riversa su quelle più svantaggiate, penalizzandone seriamente il presente ed il futuro. L’Oriente, madrepatria di antiche tradizioni cristiane, è interessato in modo particolare da tale processo, che genera insicurezza e instabilità anche a livello ecclesiale e in campo ecumenico e interreligioso. Si tratta di fattori che alimentano le endemiche ferite della storia e contribuiscono a rendere più fragili il dialogo, la pace e la convivenza tra i popoli, come pure il rispetto autentico dei diritti umani, specialmente quello alla libertà religiosa personale e comunitaria. Tale diritto va garantito nella sua professione pubblica e non solo in termini cultuali, ma anche pastorali, educativi, assistenziali e sociali, tutti aspetti indispensabili al suo effettivo esercizio.
Ai rappresentati della Terra Santa, a iniziare dal Delegato Apostolico, Mons. Antonio Franco, dal Vicario del Patriarca Latino di Gerusalemme e dal Padre Custode, che partecipano stabilmente alla ROACO, si sono uniti quest’anno gli Arcivescovi Maggiori della Chiesa Siro-malabarese dell’India, Sua Beatitudine il Cardinale George Alencherry, e della Chiesa Greco-cattolica di Ucraina, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, nonché il Nunzio Apostolico in Siria, Mons. Mario Zenari, e il Vescovo Presidente della Caritas Siriana. Ciò mi consente di allargare ancora di più lo sguardo della Chiesa di Roma in quella dimensione universale che la caratterizza in modo profondo e che costituisce una delle note essenziali del mistero della Chiesa.
E’ anche una occasione per riaffermare la mia vicinanza alle grandi sofferenze dei fratelli e delle sorelle di Siria, in particolare dei piccoli innocenti e dei più indifesi. La nostra preghiera, il nostro impegno e la nostra fraternità concreta in Cristo, come olio di consolazione, li aiuti a non smarrire la luce della speranza in questi momenti di buio e ottenga da Dio la sapienza del cuore per chi ha responsabilità, affinché cessi ogni spargimento di sangue e la violenza, che porta solo dolore e morte, lasci spazio alla riconciliazione, alla concordia e alla pace. Non venga risparmiato alcuno sforzo, anche da parte della comunità internazionale, per far uscire la Siria dall’attuale situazione di violenza e di crisi, che dura già da molto tempo e rischia di diventare un conflitto generalizzato che avrebbe conseguenze fortemente negative per il Paese e per l’intera Regione. Elevo anche un pressante e accorato appello perché, davanti al bisogno estremo della popolazione, sia garantita la necessaria assistenza umanitaria, anche a tante persone che hanno dovuto lasciare le loro case, alcune rifugiandosi nei Paesi vicini: il valore della vita umana è un bene prezioso da tutelare sempre.
Cari amici della ROACO, l’Anno della fede che ho indetto nel 50° anniversario dell’inizio del Concilio Ecumenico Vaticano II offrirà fecondi orientamenti alle Opere di Aiuto alle Chiese Orientali, che rappresentano una provvidenziale testimonianza di quanto ci dice la Parola di Dio: la fede senza le opere si spegne e muore (cfr Gc 2,17). Siate sempre segni eloquenti della carità che sgorga dal cuore di Cristo e presenta al mondo la Chiesa nella sua più vera identità e missione, ponendola al servizio di Dio, che è Amore. A San Luigi Gonzaga, celebrato dalla odierna liturgia latina, chiedo di sostenere il nostro rendimento di grazie allo Spirito Santo e di pregare con noi perché il Signore susciti anche nel nostro tempo esemplari operatori di carità verso il prossimo. L’intercessione della Santissima Madre di Dio accompagni sempre le Chiese Orientali in madrepatria e nella diaspora, portando ovunque incoraggiamento e speranza per un rinnovato servizio al Vangelo.
Sia Lei a vegliare anche sul prossimo Viaggio che – a Dio piacendo – compirò in Libano per porre il sigillo sull’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi. Desidero fin d’ora anticipare alla Chiesa e alla Nazione libanesi il mio abbraccio di padre e di fratello, mentre di cuore imparto sulle vostre Organizzazioni, sui presenti e sulle persone che vi sono care, come pure sulle comunità a voi affidate, la mia affettuosa Benedizione Apostolica.


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Paparatzifan
00venerdì 22 giugno 2012 22:44
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UDIENZA AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA NAZIONALE DELLA CONFEDERAZIONE NAZIONALE DELLA COLDIRETTI, 22.06.2012


Alle ore 12 di questa mattina, nella Sala Clementina, il Santo Padre Benedetto XVI incontra una Delegazione dei partecipanti all’Assemblea Nazionale della Confederazione Nazionale della Coldiretti.
Questo il testo del discorso che il Papa rivolge ai presenti:


DISCORSO DEL SANTO PADRE


Cari fratelli e sorelle,


sono lieto di accogliervi in occasione del vostro convegno, che ha come tema: "Agricoltura familiare per uno sviluppo sostenibile". Questo incontro mi offre l’opportunità di esprimere alla Coldiretti il mio apprezzamento per l’impegno in favore delle famiglie che vivono e lavorano nelle campagne italiane. Vi saluto tutti con affetto a partire dal Presidente nazionale, dottor Sergio Marini, che ringrazio per le parole con cui si è fatto interprete dei vostri sentimenti. Saluto poi il Consigliere Ecclesiastico nazionale, il Consiglio nazionale e gli altri dirigenti della vostra benemerita Confederazione.
La società, l’economia, il lavoro non rappresentano ambiti unicamente secolari, tanto meno estranei al messaggio cristiano, ma spazi da fecondare con la ricchezza spirituale del Vangelo. La Chiesa, infatti, non è mai indifferente alla qualità della vita delle persone, alle loro condizioni lavorative, e avverte la necessità di prendersi cura dell’uomo e dei contesti in cui egli vive e produce, affinché siano sempre più luoghi autenticamente umani e umanizzanti.
A tale proposito, il Servo di Dio Paolo VI osservava che «la Chiesa ha rivolto sempre particolari premure alla gente dei campi, aprendo la via alla sua elevazione umana e morale ed aiutandola a realizzare la sua missione con dignità e coscienza del suo valore spirituale e sociale» (Discorso ai coltivatori diretti, 19 aprile 1972).
In questa sua sollecitudine, la Chiesa è ben lieta di coinvolgere anche le varie aggregazioni, come la vostra, che ispirano la loro azione ai principi della dottrina sociale cattolica. Attraverso di essa, infatti, la Chiesa «attualizza nelle vicende storiche il messaggio di liberazione e di redenzione di Cristo, il Vangelo del Regno; … attesta all’uomo, in nome di Cristo, la sua dignità e la sua vocazione alla comunione delle persone; gli insegna le esigenze della giustizia e della pace, conformi alla sapienza divina» (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 63).
Proprio nella Coldiretti, l’insegnamento cattolico in materia di etica sociale ha conosciuto uno dei suoi più fertili «laboratori», grazie all’intuizione e alla sapienza lungimirante del suo fondatore Paolo Bonomi, che ha operato alla luce del Vangelo della carità e nel solco del Magistero sociale della Chiesa. Egli fu persona molto attenta alla promozione degli agricoltori, capace di offrire loro orientamenti e criteri chiari, che permangono sostanzialmente validi nei nostri giorni. Siate degni eredi di un così ricco patrimonio ideale! A voi tocca, oggi, rimanendo fedeli ai valori acquisiti, porvi in coraggioso dialogo con le mutate condizioni della società. Vi sono, inoltre, richiesti una nuova consapevolezza e un ulteriore sforzo di responsabilità nei confronti del mondo agricolo. Sentitevi tutti coinvolti in tale missione. Ciascuno si impegni, nel ruolo che ricopre, a sostenere gli interessi legittimi delle categorie che rappresenta, operando sempre con pazienza e lungimiranza, allo scopo di valorizzare gli aspetti più nobili e qualificanti della persona umana: il senso del dovere, la capacità di condivisione e di sacrificio, la solidarietà, l’osservanza delle giuste esigenze del riposo e della rigenerazione corporale e più ancora spirituale.
Conosco bene quanto vi sta a cuore proseguire il vostro servizio di testimonianza evangelica nell’ambiente agricolo e ittico, ponendo in risalto quei valori che fanno dell’attività lavorativa un prezioso strumento per la realizzazione di una convivenza più giusta ed umana. Penso al rispetto della dignità della persona, alla ricerca del bene comune, all’onestà e alla trasparenza nella gestione dei servizi, alla sicurezza alimentare e alla tutela dell’ambiente e del paesaggio, alla promozione dello spirito di solidarietà. Vi incoraggio a proseguire in questa vostra opera, diventando voi stessi, sempre più, fermento di vita buona, sale della terra e luce del mondo (cfr Mt 5, 13-14).
La perdurante crisi economico-finanziaria, con le conseguenti incognite, pone gli imprenditori agricoli e ittici di fronte a sfide inedite e certamente difficili, che voi siete chiamati ad affrontare da cristiani, coltivando un rinnovato e profondo senso di responsabilità, dando prova di solidarietà e di condivisione. Considerato poi che alla base dell’attuale difficoltà economica vi è una crisi morale, adoperatevi con sollecitudine affinché le istanze etiche mantengano il primato su ogni altra esigenza.
Occorre, infatti, portare il rimedio là dove è la radice della crisi, favorendo la riscoperta di quei valori spirituali dai quali poi scaturiscono le idee, i progetti e le opere. Come ho ricordato nell’enciclica Caritas in veritate, «dobbiamo assumere con realismo, fiducia e speranza le nuove responsabilità a cui ci chiama lo scenario di un mondo che ha bisogno di un profondo rinnovamento culturale e della riscoperta di valori di fondo su cui costruire un futuro migliore» (n. 21). Su questo terreno etico, occorre che la famiglia, la scuola, il sindacato e ogni altra istituzione politica, culturale e civica svolgano un’importante opera di collaborazione e di raccordo, di stimolo e di promozione, soprattutto per quanto riguarda i giovani. Essi sono carichi di propositi e di speranze, cercano con generosità di costruire il loro avvenire e attendono dagli adulti esempi validi e proposte serie. Non possiamo deludere le loro attese!
Cari amici, sia vostra premura adoperarvi non solo perché le imprese agricole e i coltivatori diretti siano opportunamente tutelati, ma anche perché si attuino valide politiche sociali in favore della persona e della sua professionalità, considerando specialmente il ruolo cruciale della famiglia per l’intera società. Vi incoraggio a perseverare nella vostra opera educativa e sociale, portando avanti con generosità i vostri progetti di solidarietà, particolarmente nei confronti dei più deboli e meno garantiti. Attraverso la vostra azione sociale voi testimoniate la novità del Vangelo, e per questo avete bisogno di un costante riferimento a Cristo, nella preghiera, per attingere l’energia spirituale necessaria a dare nuovo vigore al vostro impegno. Da parte mia, vi manifesto l’affetto e il sostegno della Chiesa e, mentre affido al Signore le gioie e le fatiche quotidiane di quanti operano nel settore agricolo e ittico, di cuore imparto una speciale Benedizione Apostolica a voi, alle vostre famiglie e a tutti i soci.


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Paparatzifan
00venerdì 22 giugno 2012 23:56
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VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" DEGLI ECC.MI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLA COLOMBIA (I GRUPPO), 22.06.2012


Alle ore 11.20 di questa mattina, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico, il Santo Padre Benedetto XVI incontra i Presuli della Conferenza Episcopale della Colombia (1° gruppo), ricevuti in questi giorni, in separate udienze, in occasione della Visita "ad Limina Apostolorum":
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai Vescovi presenti:


DISCORSO DEL SANTO PADRE



Cari Fratelli nell'Episcopato,


1. Con grande gioia vi ricevo, Pastori della Chiesa di Dio pellegrina in Colombia, venuti a Roma per compiere la vostra visita ad limina e per stringere così i vincoli che vi uniscono a questa Sede apostolica. Come Successore di Pietro, questa è una preziosa opportunità per ribadirvi il mio affetto e la mia cordialità. Ringrazio Monsignor Rubén Salazar Gómez, arcivescovo di Bogotá e Presidente della Conferenza episcopale, per le gentili parole che mi ha rivolto, a nome di tutti, nel presentarmi le realtà che vi preoccupano, come pure le sfide che le comunità che presiedete nella fede devono affrontare.
2. Conosco gli sforzi che, sia all'interno della Conferenza episcopale sia nelle vostre Chiese particolari, avete compiuto negli ultimi anni per concretizzare iniziative volte a promuovere una corrente di rinnovata e feconda evangelizzazione. In effetti, la Colombia non è estranea alle conseguenze del dimenticarsi di Dio. Mentre anni fa era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, ampiamente accettato nel suo riferimento al contenuto della fede e a quanto da essa ispirato, oggi non sembra che sia più così in vasti settori della società, a causa della crisi dei valori spirituali e morali che incide negativamente su molti dei vostri concittadini. È indispensabile quindi ravvivare in tutti i fedeli la consapevolezza di essere discepoli e missionari di Cristo, nutrendo le radici della loro fede, rafforzando la loro speranza e rinvigorendo la loro testimonianza di carità.
3. A tale proposito, voi avete plasmato i vostri aneliti evangelizzatori nel Piano Globale della Conferenza episcopale (2012-2020), risultato di un consapevole discernimento del momento che vive la Chiesa in Colombia. Desidero incoraggiarvi a proseguire con tenacia e perseveranza le linee in esso tracciate. Fatelo rafforzando la comunione alla quale sono chiamati i vescovi nell'esercizio della loro missione, poiché, concordando orientamenti pastorali e unendo le volontà, il ministero che il Signore vi ha affidato recherà copiosi frutti. Con questo stesso obiettivo, approfittate delle riflessioni della prossima Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, come pure delle proposte dell'«Anno della Fede» che ho indetto, per illustrare con esse il vostro magistero e irrigare in modo benefico il vostro apostolato.
4. Il crescente pluralismo religioso è un fatto che esige una seria considerazione. La presenza sempre più attiva di comunità pentecostali ed evangeliche, non solo in Colombia, ma anche in molte altre regioni dell'America Latina, non può essere ignorata o sottovalutata. In tal senso, è evidente che il popolo di Dio è chiamato a purificarsi e a rivitalizzare la sua fede, lasciandosi guidare dallo Spirito Santo, per dare così un nuovo impulso alla sua azione pastorale, poiché «molte volte la gente sincera che esce dalla nostra Chiesa non lo fa per quello in cui i gruppi “non cattolici” credono, ma fondamentalmente per quello che essi vivono; non per ragioni di dottrina bensì di vita; non per motivi strettamente dogmatici, ma pastorali; non per problemi teologici ma metodologici della nostra Chiesa» (v Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, Documento conclusivo, n. 225). Si tratta, pertanto, di essere credenti migliori, più compassionevoli, affabili e accoglienti nelle nostre parrocchie e comunità, affinché nessuno si senta lontano o escluso. Occorre potenziare la catechesi, rivolgendo una particolare attenzione ai giovani e agli adulti; preparare con cura le omelie, come pure promuovere l'insegnamento della dottrina cattolica nelle scuole e nelle università. E tutto ciò affinché si recuperi nei battezzati il loro senso di appartenenza alla Chiesa e si risvegli in essi l'aspirazione di condividere con gli altri la gioia di seguire Cristo e di essere membri del suo corpo mistico. È altresì importante fare appello alla tradizione ecclesiale, incrementare la spiritualità mariana e curare la ricca diversità devozionale. Facilitare uno scambio sereno e aperto con gli altri cristiani, senza perdere la propria identità, può contribuire anche a migliorare le relazioni con loro e a superare la sfiducia e gli scontri non necessari.
5. Mossi dallo zelo apostolico e guardando al bene comune, non smettete di individuare quanto intorpidisce il giusto progresso della Colombia, cercando di essere vicini a quanti si ritrovano privati della libertà a causa dell'iniqua violenza. La contemplazione del volto afflitto di Cristo sulla Croce deve altresì spingervi a raddoppiare le misure e i programmi volti ad accompagnare amorevolmente e ad assistere quanti sono nella prova, in modo particolare quanti sono vittime di disastri naturali, i più poveri, i contadini, i malati e gli afflitti, moltiplicando le iniziative solidali e le opere di amore e di misericordia a loro favore. Non dimenticate neppure quanti devono emigrare dalla propria patria, perché hanno perso il lavoro o si affannano per trovarlo; quanti vedono i propri diritti fondamentali calpestati e sono costretti a lasciare la propria casa e ad abbandonare la propria famiglia sotto la minaccia della mano oscura del terrore e della criminalità; o quanti sono caduti nella rete infausta del commercio delle droghe e delle armi. Desidero incoraggiarvi a proseguire questo cammino di servizio generoso e fraterno, che non è il risultato di un calcolo umano, bensì nasce dall'amore a Dio e al prossimo, fonte in cui la Chiesa trova la sua forza per portare a termine il proprio compito, offrendo agli altri quello che essa stessa ha imparato dall'esempio sublime del suo divino Fondatore.
6. Cari Fratelli nell'Episcopato, se la grazia di Dio non lo precede e lo sostiene, l'uomo presto vacilla nei suoi propositi per trasformare il mondo. Perciò, affinché la luce che viene dall'Alto continui a rendere fecondo l'impegno profetico e caritativo della Chiesa in Colombia, insistete nel favorire nei fedeli l'incontro personale con Gesù Cristo, di modo che preghino senza venir meno, meditino con assiduità la Parola di Dio e partecipino in modo più degno e fervente ai sacramenti, celebrati secondo le norme canoniche e i libri liturgici. Tutto ciò sarà un canale propizio per un idoneo itinerario d'iniziazione cristiana, inviterà tutti alla conversione e alla santità e coopererà al tanto necessario rinnovamento ecclesiale.
7. Al termine di questo incontro, chiedo all'Onnipotente che il nome di nostro Signore Gesù sia glorificato in voi e voi in Lui (cfr. 2 Ts 1, 12). Mentre vi affido alla protezione di Nostra Signora del Rosario di Chiquinquirá, celeste Patrona della Colombia, vi imparto con piacere l'implorata Benedizione Apostolica, come pegno di pace e di gioia in Gesù Cristo, Redentore dell'uomo.


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(Traduzione Osservatore Romano)


Paparatzifan
00domenica 24 giugno 2012 23:36
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LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS , 24.06.2012

Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS


Cari fratelli e sorelle!


Oggi, 24 giugno, celebriamo la solennità della Nascita di San Giovanni Battista. Se si eccettua la Vergine Maria, il Battista è l’unico santo di cui la liturgia festeggia la nascita, e lo fa perché essa è strettamente connessa al mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio. Fin dal grembo materno, infatti, Giovanni è il precursore di Gesù: il suo prodigioso concepimento è annunciato dall’Angelo a Maria come segno che «nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37), sei mesi prima del grande prodigio che ci dà salvezza, l’unione di Dio con l’uomo per opera dello Spirito Santo. I quattro Vangeli danno grande risalto alla figura di Giovanni il Battista, quale profeta che conclude l’Antico Testamento e inaugura il Nuovo, indicando in Gesù di Nazaret il Messia, il Consacrato del Signore. In effetti, sarà lo stesso Gesù a parlare di Giovanni in questi termini: «Egli è colui del quale sta scritto: Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, / davanti a te egli preparerà la via. In verità io vi dico: fra i nati di donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui» (Mt 11,10-11).
Il padre di Giovanni, Zaccaria – marito di Elisabetta, parente di Maria –, era sacerdote del culto dell’Antico Testamento. Egli non credette subito all’annuncio di una paternità ormai insperata, e per questo rimase muto fino al giorno della circoncisione del bambino, al quale lui e la moglie dettero il nome indicato da Dio, cioè Giovanni, che significa «il Signore fa grazia». Animato dallo Spirito Santo, Zaccaria così parlò della missione del figlio: «E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo / perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade, / per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza / nella remissione dei suoi peccati» (Lc 1,76-77). Tutto questo si manifestò trent’anni dopo, quando Giovanni si mise a battezzare nel fiume Giordano, chiamando la gente a prepararsi, con quel gesto di penitenza, all’imminente venuta del Messia, che Dio gli aveva rivelato durante la sua permanenza nel deserto della Giudea. Per questo egli venne chiamato «Battista», cioè «Battezzatore» (cfr Mt 3,1-6). Quando un giorno, da Nazaret, venne Gesù stesso a farsi battezzare, Giovanni dapprima rifiutò, ma poi acconsentì, e vide lo Spirito Santo posarsi su Gesù e udì la voce del Padre celeste che lo proclamava suo Figlio (cfr Mt 3,13-17). Ma la missione del Battista non era ancora compiuta: poco tempo dopo, gli fu chiesto di precedere Gesù anche nella morte violenta: Giovanni fu decapitato nel carcere del re Erode, e così rese piena testimonianza all’Agnello di Dio, che per primo aveva riconosciuto e indicato pubblicamente.
Cari amici, la Vergine Maria aiutò l’anziana parente Elisabetta a portare a termine la gravidanza di Giovanni. Ella aiuti tutti a seguire Gesù, il Cristo, il Figlio di Dio, che il Battista annunciò con grande umiltà e ardore profetico.



DOPO L’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

in Italia ricorre oggi la Giornata per la carità del Papa. Ringrazio tutte le comunità parrocchiali, le famiglie e i singoli fedeli per il loro sostegno costante e generoso, che va a vantaggio di tanti fratelli in difficoltà. A questo proposito, ricordo che dopodomani, a Dio piacendo, farò una breve visita nelle zone colpite dal recente terremoto nel Nord Italia. Vorrei che fosse segno della solidarietà di tutta la Chiesa, e perciò invito tutti ad accompagnarmi con la preghiera.

En ce jour de la fête de la nativité de saint Jean-Baptiste, je suis heureux d’accueillir les pèlerins francophones présents pour la prière de l’Angélus. Saint Jean-Baptiste, le plus grand des enfants des hommes, a su reconnaître le Seigneur. Après avoir baptisé Jésus dans les eaux du Jourdain et l’avoir désigné comme le Messie, il s’est effacé humblement devant lui. Son exemple nous invite à nous convertir, à témoigner du Christ et à l’annoncer à temps et à contre temps, en étant comme lui la voix qui crie dans le désert, et cela jusqu’au don de notre vie. Avec la Vierge Marie sachons rendre grâce à Dieu pour tous ses bienfaits ! Bon dimanche !

I greet all the English-speaking pilgrims and visitors present for today’s Angelus. This Sunday, we celebrate the birth of John the Baptist, the great saint who prepared the way for our Lord. John was a voice, crying in the wilderness, calling God’s people to repentance. Let us heed his voice today, and make room for the Lord in our hearts. May God bless all of you.

Zum Hochfest der Geburt des heiligen Johannes des Täufers, das am heutigen Sonntag gefeiert wird, grüße ich alle deutschsprachigen Pilger und Besucher ganz herzlich, besonders die Schülerinnen und Schüler aus Landstuhl. Johannes der Täufer ist der Wegbereiter des Herrn. Sein Name bedeutet: „Gott ist gnädig." Seine Geburt ist für die Verwandten und Nachbarn Grund zur Freude und ein Anlaß, Gott zu preisen. Bitten wir diesen Vorläufer Jesu um seine Fürsprache, daß auch wir mitwirken können, den Herrn anzukündigen, ihm den Weg zu bereiten und sein Erbarmen sichtbar zu machen. Der Herr segne und behüte euch alle.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española que participan en esta oración mariana, en particular a los miembros de la comunidad boliviana en Italia, aquí presentes. La Iglesia celebra hoy la Natividad de San Juan Bautista, precursor del Señor, que en el seno materno exulta de gozo al llegar el Salvador del género humano. Quien fue la voz que dio a conocer a Cristo, Cordero que quita el pecado del mundo, nos sigue invitando hoy a escuchar y a acoger la divina Palabra, de la que él mismo dio testimonio, incluso con el derramamiento de su sangre. Confiemos estos propósitos a la Santísima Virgen María, a la que hoy deseo invocar bajo los gloriosos títulos de Copacabana y Urkupiña. Feliz domingo.

Pozdrawiam Polaków. Jednoczę się duchowo z arcybiskupem poznańskim, ojcami filipinami i wszystkimi pielgrzymami, którzy w Sanktuarium Matki Bożej w Gostyniu obchodzą 500-lecie jego istnienia. Dziękujemy Bogu za łaski, jakimi w tym miejscu darzył kolejne pokolenia przez przyczynę Maryi. Jej opieka niech stale Wam towarzyszy! Niech Bóg wam błogosławi!

[Saluto i polacchi. Mi unisco spiritualmente all’Arcivescovo di Poznań, ai Padri Oratoriani e a tutti i pellegrini che nel Santuario della Madre di Dio a Gostyń festeggiano il 500° anniversario della sua fondazione. Ringraziamo Dio per le grazie che in quel luogo ha sparso su generazioni di fedeli per l’intercessione di Maria. La sua protezione vi accompagni sempre. Dio vi benedica!]

Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai numerosi volontari delle Pro Loco d’Italia. Cari amici, mi rallegro con voi per i 50 anni della vostra Associazione ed auguro ogni bene per suo servizio al patrimonio culturale del Paese. Saluto i giovani di Zaccanopoli, Diocesi di Vibo Valentia, e i ragazzi dell’Oratorio Salesiano di Andria. A tutti auguro una buona festa, una buona domenica, una buona settimana. Grazie!

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Paparatzifan
00giovedì 28 giugno 2012 12:50
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L’UDIENZA GENERALE, 27.06.2012



L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana il Papa ha continuato la Sua catechesi sulla preghiera nelle Lettere di San Paolo.
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.


CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

L'inno cristologico (Fil 2,5-11)

Cari fratelli e sorelle,

La nostra preghiera è fatta, come abbiamo visto nei mercoledì passati, di silenzi e di parola, di canto e di gesti che coinvolgono l’intera persona: dalla bocca alla mente, dal cuore all’intero corpo. E’ una caratteristica che ritroviamo nella preghiera ebraica, specialmente nei Salmi. Oggi vorrei parlare di uno dei canti o inni più antichi della tradizione cristiana, che san Paolo ci presenta in quello che è, in certo modo, il suo testamento spirituale: la Lettera ai Filippesi. Si tratta, infatti, di una Lettera che l’Apostolo detta mentre è in prigione, forse a Roma. Egli sente prossima la morte perché afferma che la sua vita sarà offerta in libagione (cfr Fil 2,17).
Nonostante questa situazione di grave pericolo per la sua incolumità fisica, san Paolo, in tutto lo scritto, esprime la gioia di essere discepolo di Cristo, di potergli andare incontro, fino al punto di vedere il morire non come una perdita, ma come guadagno.
Nell’ultimo capitolo della Lettera c’è un forte invito alla gioia, caratteristica fondamentale dell’essere cristiani e del nostro pregare. San Paolo scrive: «Siate sempre lieti nel Signore; ve lo ripeto: siate lieti» (Fil 4,4). Ma come si può gioire di fronte a una condanna a morte ormai imminente? Da dove o meglio da chi san Paolo trae la serenità, la forza, il coraggio di andare incontro al martirio e all’effusione del sangue?
Troviamo la risposta al centro della Lettera ai Filippesi, in quello che la tradizione cristiana denomina carmen Christo, il canto per Cristo, o più comunemente «inno cristologico»; un canto in cui tutta l’attenzione è centrata sui «sentimenti» di Cristo, cioè sul suo modo di pensare e sul suo atteggiamento concreto e vissuto. Questa preghiera inizia con un’esortazione: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù» (Fil 2,5). Questi sentimenti vengono presentati nei versetti successivi: l’amore, la generosità, l’umiltà, l’obbedienza a Dio, il dono di sé. Si tratta non solo e non semplicemente di seguire l’esempio di Gesù, come una cosa morale, ma di coinvolgere tutta l’esistenza nel suo modo di pensare e di agire. La preghiera deve condurre ad una conoscenza e ad un’unione nell’amore sempre più profonde con il Signore, per poter pensare, agire e amare come Lui, in Lui e per Lui. Esercitare questo, imparare i sentimenti di Gesù, è la via della vita cristiana.
Ora vorrei soffermarmi brevemente su alcuni elementi di questo denso canto, che riassume tutto l’itinerario divino e umano del Figlio di Dio e ingloba tutta la storia umana: dall’essere nella condizione di Dio, all’incarnazione, alla morte di croce e all’esaltazione nella gloria del Padre è implicito anche il comportamento di Adamo, dell'uomo dall'inizio. Questo inno a Cristo parte dal suo essere «en morphe tou Theou», dice il testo greco, cioè dall’essere «nella forma di Dio», o meglio nella condizione di Dio. Gesù, vero Dio e vero uomo, non vive il suo «essere come Dio» per trionfare o per imporre la sua supremazia, non lo considera un possesso, un privilegio, un tesoro geloso. Anzi, «spogliò», svuotò se stesso assumendo, dice il testo greco, la «morphe doulos», la «forma di schiavo», la realtà umana segnata dalla sofferenza, dalla povertà, dalla morte; si è assimilato pienamente agli uomini, tranne che nel peccato, così da comportarsi come servo completamente dedito al servizio degli altri. Al riguardo, Eusebio di Cesarea - IV secolo - afferma: «Ha preso su se stesso le fatiche delle membra che soffrono. Ha fatto sue le nostre umili malattie. Ha sofferto e tribolato per causa nostra: questo in conformità con il suo grande amore per l’umanità» (La dimostrazione evangelica, 10, 1, 22). San Paolo continua delineando il quadro «storico» in cui si è realizzato questo abbassamento di Gesù: «umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte» (Fil 2,8). Il Figlio di Dio è diventato veramente uomo e ha compiuto un cammino nella completa obbedienza e fedeltà alla volontà del Padre fino al sacrificio supremo della propria vita. Ancora di più, l’Apostolo specifica «fino alla morte, e a una morte di croce». Sulla croce Gesù Cristo ha raggiunto il massimo grado dell’umiliazione, perché la crocifissione era la pena riservata agli schiavi e non alle persone libere: «mors turpissima crucis», scrive Cicerone (cfr In Verrem, V, 64, 165).
Nella Croce di Cristo l’uomo viene redento e l’esperienza di Adamo è rovesciata: Adamo, creato a immagine e somiglianza di Dio, pretese di essere come Dio con le proprie forze, di mettersi al posto di Dio, e così perse la dignità originaria che gli era stata data. Gesù, invece, era «nella condizione di Dio», ma si è abbassato, si è immerso nella condizione umana, nella totale fedeltà al Padre, per redimere l’Adamo che è in noi e ridare all’uomo la dignità che aveva perduto. I Padri sottolineano che Egli si è fatto obbediente, restituendo alla natura umana, attraverso la sua umanità e obbedienza, quello che era stato perduto per la disobbedienza di Adamo.
Nella preghiera, nel rapporto con Dio, noi apriamo la mente, il cuore, la volontà all’azione dello Spirito Santo per entrare in quella stessa dinamica di vita, come afferma san Cirillo di Alessandria, la cui festa celebriamo oggi: «L’opera dello Spirito cerca di trasformarci per mezzo della grazia nella copia perfetta della sua umiliazione» (Lettera Festale 10, 4). La logica umana, invece, ricerca spesso la realizzazione di se stessi nel potere, nel dominio, nei mezzi potenti. L’uomo continua a voler costruire con le proprie forze la torre di Babele per raggiungere da se stesso l’altezza di Dio, per essere come Dio. L’Incarnazione e la Croce ci ricordano che la piena realizzazione sta nel conformare la propria volontà umana a quella del Padre, nello svuotarsi dal proprio egoismo, per riempirsi dell’amore, della carità di Dio e così diventare veramente capaci di amare gli altri. L'uomo non trova se stesso rimanendo chiuso in sé, affermando se stesso. L'uomo si ritrova solo uscendo da se stesso; solo se usciamo da noi stessi ci ritroviamo. E se Adamo voleva imitare Dio, questo di per sé non è male, ma ha sbagliato nell'idea di Dio. Dio non è uno che vuole solo grandezza. Dio è amore che si dona già nella Trinità, e poi nella creazione. E imitare Dio vuol dire uscire da se stesso, darsi nell'amore.
Nella seconda parte di questo «inno cristologico» della Lettera ai Filippesi, il soggetto cambia; non è più Cristo, ma è Dio Padre. San Paolo sottolinea che è proprio per l’obbedienza alla volontà del Padre che «Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome» (Fil 2,9). Colui che si è profondamente abbassato prendendo la condizione di schiavo, viene esaltato, innalzato sopra ogni cosa dal Padre, che gli dà il nome di «Kyrios», «Signore», la suprema dignità e signoria. Di fronte a questo nome nuovo, infatti, che è il nome stesso di Dio nell’Antico Testamento, «ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: “Gesù Cristo è Signore”, a gloria di Dio Padre» (vv. 10-11). Il Gesù che viene esaltato è quello dell’Ultima Cena, che depone le vesti, si cinge di un asciugamano, si china a lavare i piedi agli Apostoli e chiede loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri» (Gv 13,12-14). Questo è importante ricordare sempre nella nostra preghiera e nella nostra vita: «l’ascesa a Dio avviene proprio nella discesa dell’umile servizio, nella discesa dell’amore, che è l’essenza di Dio e quindi la forza veramente purificatrice, che rende l’uomo capace di percepire e di vedere Dio» (Gesù di Nazaret, Milano 2007, p. 120).
L’inno della Lettera ai Filippesi ci offre qui due indicazioni importanti per la nostra preghiera. La prima è l’invocazione «Signore» rivolta a Gesù Cristo, seduto alla destra del Padre: è Lui l’unico Signore della nostra vita, in mezzo ai tanti «dominatori» che la vogliono indirizzare e guidare. Per questo, è necessario avere una scala di valori in cui il primato spetta a Dio, per affermare con san Paolo: «ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore» (Fil 3,8). L’incontro con il Risorto gli ha fatto comprendere che è Lui l’unico tesoro per il quale vale la pena spendere la propria esistenza.
La seconda indicazione è la prostrazione, il «piegarsi di ogni ginocchio» nella terra e nei cieli, che richiama un’espressione del Profeta Isaia, dove indica l’adorazione che tutte le creature devono a Dio (cfr 45,23). La genuflessione davanti al Santissimo Sacramento o il mettersi in ginocchio nella preghiera esprimono proprio l’atteggiamento di adorazione di fronte a Dio, anche con il corpo. Da qui l’importanza di compiere questo gesto non per abitudine e in fretta, ma con profonda consapevolezza. Quando ci inginocchiamo davanti al Signore noi confessiamo la nostra fede in Lui, riconosciamo che è Lui l’unico Signore della nostra vita.
Cari fratelli e sorelle, nella nostra preghiera fissiamo il nostro sguardo sul Crocifisso, sostiamo in adorazione più spesso davanti all’Eucaristia, per far entrare la nostra vita nell’amore di Dio, che si è abbassato con umiltà per elevarci fino a Lui. All’inizio della catechesi ci siamo chiesti come san Paolo potesse gioire di fronte al rischio imminente del martirio e della sua effusione del sangue. Questo è possibile soltanto perché l’Apostolo non ha mai allontanato il suo sguardo da Cristo sino a diventargli conforme nella morte, «nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti» (Fil 3,11). Come san Francesco davanti al crocifisso, diciamo anche noi: Altissimo, glorioso Dio, illumina le tenebre del mio cuore. Dammi una fede retta, speranza certa e carità perfetta, senno e discernimento per compiere la tua vera e santa volontà. Amen (cfr Preghiera davanti al Crocifisso: FF [276]).


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Paparatzifan
00giovedì 28 giugno 2012 12:58
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UDIENZA ALLA DELEGAZIONE DEL PATRIARCATO ECUMENICO DI COSTANTINOPOLI IN OCCASIONE DELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO, 28.06.2012

Alle ore 11 di oggi, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza la Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, giunta come da tradizione a Roma in occasione della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.
La Delegazione inviata da S.S. Bartolomeo I è composta da: Sua Eminenza Emmanuel Adamakis, Metropolita di Francia, Direttore dell’Ufficio della Chiesa ortodossa presso l’Unione Europea; Sua Grazia Ilias Katre, Vescovo di Philomelion (U.S.A.); Rev.do Diacono Paisios Kokkinakis, Codicografo del Santo Sinodo del Patriarcato Ecumenico.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre rivolge ai Membri della Delegazione, poi invitati a colazione a fine mattinata:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA

"Magnificate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo nome" (Sal 34,4)

Cari fratelli in Cristo,

In questa gioiosa circostanza della Festa dei Santi Pietro e Paolo, patroni della Città e della Chiesa di Roma, mi è particolarmente gradito accogliervi con le parole del Salmo che saranno cantate nella solenne liturgia eucaristica in onore di questi due grandi Apostoli e Martiri. Formulandovi un caloroso benvenuto, vi chiedo di riferire a Sua Santità Bartolomeo I e al Santo Sinodo i sentimenti del mio affetto fraterno e della mia viva gratitudine per avere voluto inviare anche quest'anno degni rappresentanti a partecipare a questa nostra celebrazione, e di porgere un cordiale saluto al clero, ai monaci e ai fedeli tutti del Patriarcato Ecumenico.
La vostra presenza qui a Roma in occasione della festività liturgica dei Santi Pietro e Paolo ci offre una speciale opportunità di elevare il nostro canto di lode per le meraviglie che la grazia divina, da cui proviene ogni bene, ha compiuto nella vita dei due Apostoli, rendendoli degni di entrare trionfanti nella gloria celeste dopo essere passati per il lavacro rigenerante del martirio. La festa dei Santi Pietro e Paolo, inoltre, ci dà la possibilità di ringraziare insieme il Signore per le opere straordinarie che Egli ha compiuto e continua a compiere attraverso gli Apostoli nella vita della Chiesa. È la loro predicazione, suggellata dalla testimonianza del martirio, il fondamento saldo e perenne su cui si edifica la Chiesa, ed è nella fedeltà al deposito della fede da essi trasmesso che troviamo le radici della comunione che già sperimentiamo tra noi.
Venerati fratelli, in questo nostro odierno incontro, mentre affidiamo all'intercessione dei gloriosi Apostoli e Martiri Pietro e Paolo la nostra supplica perché il Signore, ricco di misericordia, ci conceda di giungere presto al giorno beato in cui potremo condividere la mensa eucaristica, eleviamo le nostre voci nell'inno di lode a Dio per il cammino di pace e di riconciliazione che Egli ci dona di percorrere insieme.
Quest'anno ricorre il cinquantesimo anniversario dell'apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, che sarà celebrata solennemente il prossimo 11 ottobre. È proprio in concomitanza con questo Concilio, al quale, come ben sapete, erano presenti alcuni rappresentanti del Patriarcato Ecumenico in qualità di Delegati fraterni, che ebbe inizio una nuova importante fase delle relazioni tra le nostre Chiese. Vogliamo lodare il Signore innanzitutto per la riscoperta della profonda fraternità che ci lega, e anche per il cammino percorso in questi anni dalla Commissione Mista Internazionale per il Dialogo Teologico tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa nel suo insieme, con l’auspicio che anche nella fase attuale si possano fare dei progressi.
Richiamando l'anniversario del Concilio Vaticano II, mi sembra doveroso ricordare la figura e l'attività dell'indimenticabile Patriarca Ecumenico Athenagoras, di cui tra qualche giorno ricorrerà il quarantesimo anniversario della scomparsa. Il Patriarca Athenagoras, insieme al Beato Papa Giovanni XXIII e al Servo di Dio Papa Paolo VI, animati da quella passione per l'unità della Chiesa che sgorga dalla fede in Cristo Signore, si fecero promotori di coraggiose iniziative che aprirono la strada a rinnovate relazioni tra il Patriarcato ecumenico e la Chiesa cattolica. È per me motivo di particolare gioia costatare come Sua Santità Bartolomeo I segua, con rinnovata fedeltà e feconda creatività, il cammino tracciato dai suoi Predecessori i Patriarchi Athenagoras e Dimitrios, distinguendosi a livello internazionale per la sua apertura al dialogo tra i cristiani e per l'impegno al servizio dell'annuncio del Vangelo nel mondo contemporaneo.
Eminenza, cari membri della delegazione, ringraziandovi ancora una volta per la vostra presenza qui in mezzo a noi, vi assicuro della mia preghiera perché il Signore conceda salute e forza a Sua Santità Bartolomeo I e dia prosperità e pace al Patriarcato Ecumenico. Dio onnipotente ci faccia il dono di una comunione sempre più piena secondo la Sua volontà, perché «con un cuore solo ed un'anima sola» (At 4,32) possiamo sempre esaltare il Suo nome.

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Paparatzifan
00sabato 30 giugno 2012 21:34
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CAPPELLA PAPALE NELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO, 29.06.2012

Alle ore 9 di oggi, Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, nella Basilica Vaticana, il Santo Padre Benedetto XVI impone il sacro Pallio, preso dalla Confessione dell’Apostolo Pietro, a 43 nuovi Arcivescovi Metropoliti. Ad altri tre Presuli il sacro Pallio verrà consegnato nelle loro Sedi metropolitane.

Di seguito il Papa presiede la Concelebrazione Eucaristica con i nuovi Arcivescovi Metropoliti.

Come di consueto in occasione della Festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, Patroni della Città di Roma, è presente alla Santa Messa una Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, composta da: Sua Eminenza Emmanuel Adamakis, Metropolita di Francia, Direttore dell’Ufficio della Chiesa ortodossa presso l’Unione Europea; Sua Grazia Ilias Katre, Vescovo di Philomelion (U.S.A,); Rev.do Diacono Paisios Kokkinakis, Codicografo del Santo Sinodo del Patriarcato Ecumenico.

Nel corso della Celebrazione Eucaristica, dopo la lettura del Vangelo, il Papa pronuncia l’omelia che riportiamo di seguito:


OMELIA DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!

Siamo riuniti attorno all’altare per celebrare solennemente i santi Apostoli Pietro e Paolo, principali Patroni della Chiesa di Roma.
Sono presenti, ed hanno appena ricevuto il Pallio, gli Arcivescovi Metropoliti nominati durante l’ultimo anno, ai quali va il mio speciale e affettuoso saluto. E’ presente anche, inviata da Sua Santità Bartolomeo I, una eminente Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, che accolgo con fraterna e cordiale riconoscenza. In spirito ecumenico sono lieto di salutare e ringraziare “The Choir of Westminster Abbey”, che anima la Liturgia assieme alla Cappella Sistina. Saluto anche i Signori Ambasciatori e le Autorità civili: tutti ringrazio per la presenza e per la preghiera.
Davanti alla Basilica di San Pietro, come tutti sanno bene, sono collocate due imponenti statue degli Apostoli Pietro e Paolo, facilmente riconoscibili dalle loro prerogative: le chiavi nella mano di Pietro e la spada tra le mani di Paolo.
Anche sul portale maggiore della Basilica di San Paolo fuori le mura sono raffigurate insieme scene della vita e del martirio di queste due colonne della Chiesa. La tradizione cristiana da sempre considera san Pietro e san Paolo inseparabili: in effetti, insieme, essi rappresentano tutto il Vangelo di Cristo.
A Roma, poi, il loro legame come fratelli nella fede ha acquistato un significato particolare. Infatti, la comunità cristiana di questa Città li considerò come una specie di contraltare dei mitici Romolo e Remo, la coppia di fratelli a cui si faceva risalire la fondazione di Roma.
Si potrebbe pensare anche a un altro parallelismo oppositivo, sempre sul tema della fratellanza: mentre, cioè, la prima coppia biblica di fratelli ci mostra l’effetto del peccato, per cui Caino uccide Abele, Pietro e Paolo, benché assai differenti umanamente l’uno dall’altro e malgrado nel loro rapporto non siano mancati conflitti, hanno realizzato un modo nuovo di essere fratelli, vissuto secondo il Vangelo, un modo autentico reso possibile proprio dalla grazia del Vangelo di Cristo operante in loro.
Solo la sequela di Gesù conduce alla nuova fraternità: ecco il primo fondamentale messaggio che la solennità odierna consegna a ciascuno di noi, e la cui importanza si riflette anche sulla ricerca di quella piena comunione, cui anelano il Patriarca ecumenico e il Vescovo di Roma, come pure tutti i cristiani.
Nel brano del Vangelo di san Matteo che abbiamo ascoltato poco fa, Pietro rende la propria confessione di fede a Gesù riconoscendolo come Messia e Figlio di Dio; lo fa anche a nome degli altri Apostoli. In risposta, il Signore gli rivela la missione che intende affidargli, quella cioè di essere la «pietra», la «roccia», il fondamento visibile su cui è costruito l’intero edificio spirituale della Chiesa (cfr Mt 16,16-19).
Ma in che modo Pietro è la roccia? Come egli deve attuare questa prerogativa, che naturalmente non ha ricevuto per se stesso?
Il racconto dell’evangelista Matteo ci dice anzitutto che il riconoscimento dell’identità di Gesù pronunciato da Simone a nome dei Dodici non proviene «dalla carne e dal sangue», cioè dalle sue capacità umane, ma da una particolare rivelazione di Dio Padre.
Invece subito dopo, quando Gesù preannuncia la sua passione, morte e risurrezione, Simon Pietro reagisce proprio a partire da «carne e sangue»: egli «si mise a rimproverare il Signore: … questo non ti accadrà mai» (16,22).
E Gesù a sua volta replicò: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo...» (v. 23).
Il discepolo che, per dono di Dio, può diventare solida roccia, si manifesta anche per quello che è, nella sua debolezza umana: una pietra sulla strada, una pietra in cui si può inciampare – in greco skandalon. Appare qui evidente la tensione che esiste tra il dono che proviene dal Signore e le capacità umane; e in questa scena tra Gesù e Simon Pietro vediamo in qualche modo anticipato il dramma della storia dello stesso papato, caratterizzata proprio dalla compresenza di questi due elementi: da una parte, grazie alla luce e alla forza che vengono dall’alto, il papato costituisce il fondamento della Chiesa pellegrina nel tempo; dall’altra, lungo i secoli emerge anche la debolezza degli uomini, che solo l’apertura all’azione di Dio può trasformare.
E nel Vangelo di oggi emerge con forza la chiara promessa di Gesù: «le porte degli inferi», cioè le forze del male, non potranno avere il sopravvento, «non prevalebunt». Viene alla mente il racconto della vocazione del profeta Geremia, al quale il Signore, affidando la missione, disse: «Ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti» (Ger 1,18-19).
In realtà, la promessa che Gesù fa a Pietro è ancora più grande di quelle fatte agli antichi profeti: questi, infatti, erano minacciati solo dai nemici umani, mentre Pietro dovrà essere difeso dalle «porte degli inferi», dal potere distruttivo del male. Geremia riceve una promessa che riguarda lui come persona e il suo ministero profetico; Pietro viene rassicurato riguardo al futuro della Chiesa, della nuova comunità fondata da Gesù Cristo e che si estende a tutti i tempi, al di là dell’esistenza personale di Pietro stesso.
Passiamo ora al simbolo delle chiavi, che abbiamo ascoltato nel Vangelo. Esso rimanda all’oracolo del profeta Isaia sul funzionario Eliakìm, del quale è detto: «Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide: se egli apre, nessuno chiuderà; se egli chiude, nessuno potrà aprire» (Is 22,22).
La chiave rappresenta l’autorità sulla casa di Davide. E nel Vangelo c’è un’altra parola di Gesù rivolta agli scribi e ai farisei, ai quali il Signore rimprovera di chiudere il regno dei cieli davanti agli uomini (cfr Mt 23,13). Anche questo detto ci aiuta a comprendere la promessa fatta a Pietro: a lui, in quanto fedele amministratore del messaggio di Cristo, spetta di aprire la porta del Regno dei Cieli, e di giudicare se accogliere o respingere (cfr Ap 3,7).
Le due immagini – quella delle chiavi e quella del legare e sciogliere – esprimono pertanto significati simili e si rafforzano a vicenda. L’espressione «legare e sciogliere» fa parte del linguaggio rabbinico e allude da un lato alle decisioni dottrinali, dall’altro al potere disciplinare, cioè alla facoltà di infliggere e di togliere la scomunica. Il parallelismo «sulla terra … nei cieli» garantisce che le decisioni di Pietro nell’esercizio di questa sua funzione ecclesiale hanno valore anche davanti a Dio.
Nel capitolo 18 del Vangelo secondo Matteo, dedicato alla vita della comunità ecclesiale, troviamo un altro detto di Gesù rivolto ai discepoli: «In verità vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo» (Mt 18,18). E san Giovanni, nel racconto dell’apparizione di Cristo risorto in mezzo agli Apostoli alla sera di Pasqua, riporta questa parola del Signore: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,22-23).
Alla luce di questi parallelismi, appare chiaramente che l’autorità di sciogliere e di legare consiste nel potere di rimettere i peccati.
E questa grazia, che toglie energia alle forze del caos e del male, è nel cuore del ministero della Chiesa. Essa non è una comunità di perfetti, ma di peccatori che si debbono riconoscere bisognosi dell’amore di Dio, bisognosi di essere purificati attraverso la Croce di Gesù Cristo.
I detti di Gesù sull’autorità di Pietro e degli Apostoli lasciano trasparire proprio che il potere di Dio è l’amore, l’amore che irradia la sua luce dal Calvario. Così possiamo anche comprendere perché, nel racconto evangelico, alla confessione di fede di Pietro fa seguito immediatamente il primo annuncio della passione: in effetti, Gesù con la sua morte ha vinto le potenze degli inferi, nel suo sangue ha riversato sul mondo un fiume immenso di misericordia, che irriga con le sue acque risanatrici l’umanità intera.
Cari fratelli, come ricordavo all’inizio, la tradizione iconografica raffigura san Paolo con la spada, e noi sappiamo che questa rappresenta lo strumento con cui egli fu ucciso. Leggendo, però, gli scritti dell’Apostolo delle genti, scopriamo che l’immagine della spada si riferisce a tutta la sua missione di evangelizzatore. Egli, ad esempio, sentendo avvicinarsi la morte, scrive a Timoteo: «Ho combattuto la buona battaglia» (2 Tm 4,7). Non certo la battaglia di un condottiero, ma quella di un annunciatore della Parola di Dio, fedele a Cristo e alla sua Chiesa, a cui ha dato tutto se stesso.
E proprio per questo il Signore gli ha donato la corona di gloria e lo ha posto, insieme con Pietro, quale colonna nell’edificio spirituale della Chiesa.
Cari Metropoliti: il Pallio che vi ho conferito vi ricorderà sempre che siete stati costituiti nel e per il grande mistero di comunione che è la Chiesa, edificio spirituale costruito su Cristo pietra angolare e, nella sua dimensione terrena e storica, sulla roccia di Pietro.
Animati da questa certezza, sentiamoci tutti insieme cooperatori della verità, la quale – sappiamo – è una e «sinfonica», e richiede da ciascuno di noi e dalle nostre comunità l’impegno costante della conversione all’unico Signore nella grazia dell’unico Spirito.
Ci guidi e ci accompagni sempre nel cammino della fede e della carità la Santa Madre di Dio. Regina degli Apostoli, prega per noi!
Amen.

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Paparatzifan
00sabato 30 giugno 2012 21:39
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LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 29.06.2012

Al termine della Santa Messa della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, concelebrata nella Basilica Vaticana con i 43 Arcivescovi Metropoliti che hanno ricevuto il Pallio e alla quale ha partecipato una Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, il Papa si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano e guida la recita dell’Angelus con i fedeli e i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Santo Padre Benedetto XVI nell’introdurre la preghiera mariana:



PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

celebriamo con gioia la solennità liturgica dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, una festa che accompagna la storia bimillenaria del Popolo cristiano. Essi sono chiamati colonne della Chiesa nascente. Testimoni insigni della fede, hanno dilatato il Regno di Dio con i loro diversi doni e, sull’esempio del divino Maestro, hanno sigillato col sangue la loro predicazione evangelica. Il loro martirio è segno di unità della Chiesa, come dice sant’Agostino: «Un solo giorno è consacrato alla festa dei due apostoli. Ma anch’essi erano una cosa sola. Benché siano stati martirizzati in giorni diversi, erano una cosa sola. Pietro precedette, Paolo seguì» (Disc. 295, 8: PL 38, 1352).
Del sacrificio di Pietro sono segno eloquente la Basilica Vaticana e questa Piazza, così importanti per la cristianità. Anche del martirio di Paolo restano tracce significative nella nostra Città, specialmente la Basilica a lui dedicata sulla Via Ostiense.
Roma porta inscritti nella sua storia i segni della vita e della morte gloriosa dell’umile Pescatore di Galilea e dell’Apostolo delle genti, che giustamente si è scelti come Protettori. Facendo memoria della loro luminosa testimonianza, noi ricordiamo gli inizi venerandi della Chiesa che in Roma crede, prega ed annuncia Cristo Redentore.
Ma i Santi Pietro e Paolo brillano non solo nel cielo di Roma, ma nel cuore di tutti i credenti che, illuminati dal loro insegnamento e dal loro esempio, in ogni parte del mondo camminano sulla via della fede, della speranza e della carità.
In questo cammino di salvezza, la comunità cristiana, sostenuta dalla presenza dello Spirito del Dio vivo, si sente incoraggiata a proseguire forte e serena sulla strada della fedeltà a Cristo e dell’annuncio del suo Vangelo agli uomini di ogni tempo. In questo fecondo itinerario spirituale e missionario si colloca anche la consegna del Pallio agli Arcivescovi Metropoliti, che ho compiuto stamani in Basilica. Un rito sempre eloquente, che pone in risalto l’intima comunione dei Pastori con il Successore di Pietro e il profondo vincolo che ci lega alla tradizione apostolica. Si tratta di un duplice tesoro di santità, in cui si fondono insieme l’unità e la cattolicità della Chiesa: un tesoro prezioso da riscoprire e da vivere con rinnovato entusiasmo e costante impegno.
Cari pellegrini, qui giunti da ogni parte del mondo! In questo giorno di festa, preghiamo con le espressioni della Liturgia orientale: «Sia lode a Pietro e a Paolo, queste due grandi luci della Chiesa; essi brillano nel firmamento della fede». In questo clima, desidero rivolgere un particolare pensiero alla Delegazione del Patriarcato di Costantinopoli che, come ogni anno, è venuta per prender parte a queste nostre tradizionali celebrazioni. La Vergine Santa conduca tutti i credenti in Cristo al traguardo della piena unità!

DOPO L’ANGELUS

Chers frères et souers!

J’accueille avec joie les pèlerins francophones, et plus particulièrement ceux venus du Canada et de France, pour la prière de l’Angélus. J’ai eu la joie d’imposer le pallium aux nouveaux archevêques métropolitains, signe de leur lien particulier de communion avec le Successeur de Pierre. Que l’intercession des Apôtres Pierre et Paul, fêtés aujourd’hui, nous obtienne de grandir dans une fidélité parfaite à l’enseignement de l’Église puisqu’elle reçut par eux la première annonce de la foi. Pierre et Paul ont travaillé, chacun à sa façon selon la grâce reçue, pour rassembler l’unique famille du Christ ! Avec ma Bénédiction apostolique !

I welcome all the English-speaking pilgrims and visitors present in Rome for the Solemnity of Saints Peter and Paul. I extend warm greetings to the Metropolitan Archbishops who received the Pallium in this morning’s celebration, and to all who have travelled to Rome to accompany them on this joyful day. I assure the new Archbishops of my prayers for their pastoral ministry and I encourage all Christians, after the example of Saints Peter and Paul, to let the light of the Gospel shine brightly in their lives. May God bless you all!

Gerne heiße ich am heutigen Fest der Apostel Petrus und Paulus alle Brüder und Schwestern deutscher Sprache willkommen. Besonders grüße ich die Pilger aus dem Erzbistum Berlin, die zur Überreichung des Palliums an ihren Erzbischof nach Rom gekommen sind. Der Dienst für Jesus Christus beginnt damit, daß man ihn als den Herrn anerkennt und bezeugt. „Du bist der Messias, der Sohn des lebendigen Gottes" (Mt16,16), bekennt Petrus im Kreis der Jünger und im Namen der Jünger. Auf Petrus und sein Bekenntnis baut Christus die Kirche. In Einheit mit dem Nachfolger des Petrus wollen die neuen Erzbischöfe und alle Bischöfe mutig für den Glauben an Christus eintreten. Unterstützt die Hirten der Kirche mit einem lebendigen Glauben und mit eurem Gebet und betet auch für mich und meinen Petrusdienst. Gesegneten Festtag euch allen!

Saludo a los fieles de lengua española que participan en esta oración mariana, en particular a los venidos de Argentina, Guatemala, México, Perú y Venezuela, que acompañan con su afecto y oración a los arzobispos metropolitanos que acaban de recibir el palio en esta solemnidad de san Pedro y san Pablo. Que el ejemplo y la intercesión de los Apóstoles ayude a la Iglesia a dar en la hora presente un fiel y audaz testimonio del Evangelio de la salvación. Que Dios os bendiga.

Uma saudação especial para os Arcebispos do Brasil e de Angola que acabaram de receber o pálio e também para os familiares e amigos que os acompanham: À Virgem Maria confio vossas vidas, famílias e dioceses, para todos implorando o dom do amor e da unidade sobre a rocha de Pedro.

W tym uroczystym dniu pozdrawiam bardzo serdecznie nowych Arcybiskupów metropolitów polskich, którzy rano otrzymali paliusze. Pozdrawiam również wiernych, którzy towarzyszą im swoją obecnością i modlitwą. Niech Święci Apostołowie – Piotr, Skała, na której Chrystus zbudował swój Kościół i Paweł, Apostoł Narodów – wspierają ich pasterską posługę, by prowadzili powierzone im wspólnoty zgodnie z wolą Bożą. Nowymmetropolitom i wamwszystkim z sercabłogosławię.

[In questa giornata solenne saluto cordialmente i nuovi Arcivescovi metropoliti polacchi che questa mattina hanno ricevuto il pallio. Saluto anche i fedeli che li accompagnano con l’affetto e con la preghiera. I Santi Apostoli – Pietro, roccia su cui Cristo ha edificato la Sua Chiesa, e Paolo, l’Apostolo delle Genti – sostengano il ministero di questi Pastori in modo che possano guidare le comunità loro affidate secondo la volontà di Dio. Di cuore benedico i nuovi metropoliti e voi tutti.]

Infine, saluto i pellegrini di lingua italiana, in particolare gli Arcivescovi Metropoliti e quanti li accompagnano, le Suore della Santissima Madre Addolorata, l’Associazione Amici di Santa Veronica, come pure la Pro Loco di Roma e i maestri infioratori, che ringrazio per l’artistico omaggio floreale che possiamo vedere qui accanto alla Piazza.

Sono qui convenuti, per rinnovare sentimenti di profonda comunione e di spirituale vicinanza al Successore di Pietro, i fedeli della Diocesi di Roma con il Cardinale Vicario Agostino Vallini, e i giovani cattolici riunitisi spontaneamente in gruppo attraverso i social network: grazie per la vostra presenza! Cari amici, vi ringrazio cordialmente per questo gesto di affetto e per le vostre iniziative a sostegno del mio ministero e per favorire in ogni ambiente una coraggiosa e attiva testimonianza cristiana. Conto anche sulle vostre preghiere per continuare a servire la Chiesa con la mitezza e la forza dello Spirito Santo.

A tutti auguro una buona festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo! Buona festa a voi tutti. Grazie!

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Paparatzifan
00sabato 30 giugno 2012 22:30
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UDIENZA AGLI ARCIVESCOVI METROPOLITI CHE HANNO RICEVUTO IL PALLIO NELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO, 30.06.2012


Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza gli Arcivescovi Metropoliti ai quali ieri, Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, ha imposto il Pallio.
Ai Presuli, accompagnati dai familiari e dai fedeli delle rispettive diocesi, il Papa rivolge il discorso che pubblichiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

sono lieto di rivolgere il mio cordiale benvenuto a tutti voi, che avete accompagnato a Roma, presso la tomba degli Apostoli, gli Arcivescovi Metropoliti, ai quali ho avuto la gioia di imporre il Pallio ieri nella Basilica Vaticana, nel corso di una solenne celebrazione, in cui abbiamo fatto memoria dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. In questo nostro incontro vogliamo quasi prolungare il clima di profonda comunione ecclesiale, che abbiamo vissuto ieri. Infatti, la presenza degli Arcivescovi Metropoliti, che provengono da diverse parti del mondo, manifesta in modo visibile l’universalità della Chiesa, chiamata a far conoscere Cristo e annunciare il Vangelo in tutti i continenti e nelle varie lingue.
Saluto con affetto ciascuno di voi, venerati e stimati Fratelli Metropoliti, e con voi saluto i familiari, gli amici e i fedeli affidati alle vostre cure pastorali, che vi fanno corona in queste giornate così significative. Inoltre un saluto cordiale anche alle vostre Diocesi di provenienza.
Rivolgo il mio pensiero in primo luogo a voi, cari Pastori della Chiesa che è in Italia! Saluto Lei, Mons. Francesco Moraglia, Patriarca di Venezia; saluto Lei, Mons. Filippo Santoro, Arcivescovo di Taranto -ha una grande famiglia di amici. Si vede - e Lei, Mons. Arrigo Miglio, Arcivescovo di Cagliari. Vi assicuro la mia costante preghiera, affinché possiate svolgere con gioia e fedeltà il vostro ministero episcopale, per edificare nella carità le vostre Comunità diocesane, sostenendole nella testimonianza della fede e aiutandole ad evidenziare sempre più il rinnovato entusiasmo dell’incontro con la persona di Cristo.


Je suis heureux d'accueillir les pèlerins francophones, venus accompagner les nouveaux Archevêques métropolitains à qui j'ai eu la joie de remettre le pallium. Je salue bien cordialement Monseigneur Luc Cyr, Archevêque de Sherbrooke, Monseigneur Paul-André Durocher, Archevêque de Gatineau, Monseigneur Pascal Wintzer, Archevêque de Poitiers, et Monseigneur André Lépine, Archevêque de Montréal. Le pallium est le symbole de l'unité qui lie les pasteurs des Eglises particulières au Successeur de Pierre, Evêque de Rome. Il rappelle aussi aux pasteurs leurs responsabilités d'être exemplaires et zélés, riches d'amour pour tous, afin de guider le peuple de Dieu confié à leur sollicitude pastorale. Je donne de grand cœur, à tous les prêtres et aux fidèles de vos archidiocèses la Bénédiction apostolique, en gage de paix et de joie dans le Seigneur!

[Sono lieto di accogliere i pellegrini francofoni, venuti qui per accompagnare i nuovi Arcivescovi metropoliti ai quali ho avuto la gioia d'imporre il Pallio. Saluto molto cordialmente Monsignor Luc Cyr, Arcivescovo di Sherbrooke, Monsignor Paul-André Durocher, Arcivescovo di Gatineau, Monsignor Pascal Wintzer, Arcivescovo di Poitiers, e Monsignor André Lépine, Arcivescovo di Montréal. Il Pallio è il simbolo dell'unità che lega i pastori delle Chiese particolari al Successore di Pietro, Vescovo di Roma. Ricorda anche ai pastori la loro responsabilità di essere esemplari e zelanti, ricchi di amore per tutti, al fine di guidare il popolo di Dio affidato alla loro sollecitudine pastorale. Imparto di cuore a tutti i sacerdoti e i fedeli delle vostre Arcidiocesi la Benedizione Apostolica, in pegno di pace e di gioia nel Signore!]

I extend warm greetings to the English-speaking Metropolitan Archbishops upon whom I conferred the Pallium yesterday. From the United States of America: Archbishop Charles Chaput of Philadelphia, Archbishop William Skurla of Pittsburgh, Archbishop William Lori of Baltimore, Archbishop Samuel Aquila of Denver. From Papua New Guinea: Archbishop Francesco Panfilo of Rabaul. From the Philippines: Archbishop Luis Tagle of Manila, Archbishop Jose Advincula of Capiz, Archbishop Romulo Valles of Davao, Archbishop John Du of Palo. From Bangladesh: Archbishop Patrick D'Rozario of Dhaka. From the Antilles: Archbishop Joseph Harris of Port of Spain. From Zambia: Archbishop Ignatius Chama of Kasama. From India: Archbishop John Moolachira of Guwahati, Archbishop Thomas D'Souza of Calcutta. From Pakistan: Archbishop Joseph Coutts of Karachi. From Australia: Archbishop Timothy Costelloe of Perth, Archbishop Mark Coleridge of Brisbane. From Korea: Archbishop Andrew Yeom Soo Jung of Seoul. From Nigeria: Archbishop Alfred Martins of Lagos.

I also welcome their family members, their relatives, friends and the faithful of their respective Archdioceses who have come to Rome to pray with them and to share their joy.

[Porgo cordiali saluti agli Arcivescovi Metropoliti di lingua inglese ai quali ieri ho imposto il Pallio. Dagli Stati Uniti d'America: Arcivescovo Charles Chaput di Philadelphia, Arcivescovo William Skurla di Pittsburgh, Arcivescovo William Lori di Baltimora, Arcivescovo Samuel Aquila di Denver. Da Papua Nuova Guinea: Arcivescovo Francesco Panfilo di Rabaul. Dalle Filippine: Arcivescovo Luis Tagle di Manila, Arcivescovo Jose Advincula di Capiz, Arcivescovo Romulo Valle di Davao, Arcivescovo John Du di Palo. Dal Bangladesh: Arcivescovo Patric D'Rozario di Dhaka. Dalle Antille: Arcivescovo Joseph Harris di Port of Spain. Dallo Zambia: Arcivescovo Ignatius Chama di Kasama. Dall'India: Arcivescovo John Moolachira di Guwahati, Arcivescovo Thomas D'Souza di Calcutta. Dal Pakistan: Arcivescovo Joseph Coutts di Karachi. Dall'Australia: Arcivescovo Timothy Costelloe di Perth, Arcivescovo Mark Coleridge di Brisbane. Dalla Corea: Arcivescovo Andrew Yeom Soo Jung di Seul. Dalla Nigeria: Arcivescovo Alfred Martins di Lagos.

Do anche il benvenuto alle loro famiglie, ai loro parenti, agli amici e ai fedeli delle loro rispettive Arcidiocesi che sono venuti a Roma per pregare con loro e per condividere la loro gioia. ]

Mit Freude grüße ich die Delegation und die Gäste aus Berlin sowie alle Pilger aus Deutschland, die Kardinal Rainer Maria Woelki zum Empfang des Palliums nach Rom begleitet haben. Seid herzlich willkommen! Das Pallium macht auf besondere Weise die enge Verbundenheit der Erzbischöfe und ihrer Kirchenprovinzen mit dem Papst und dem Stuhl Petri sichtbar. Zugleich erinnert es an die Aufgabe, gleich Christus, dem Guten Hirten, dem verlorenen Schaf nachzugehen, es auf die Schultern zu nehmen, zur Herde zurückzubringen und für es zu sorgen. So steht das Pallium für die Fürsorge und Verantwortung der Hirten für ihre Herde. Und gerade aufgrund dieser gemeinsamen Verantwortung müssen wir die Einheit pflegen und wahren. Tragt auch ihr mit eurem Gebet und eurem Einsatz dazu bei, die Einheit der Kirche zu fördern und zu festigen. Von Herzen segne ich euch alle.

[Con gioia rivolgo il mio saluto alla delegazione e agli ospiti provenienti da Berlino nonché a tutti i pellegrini dalla Germania, che hanno accompagnato il Cardinale Rainer Maria Woelki a Roma per ricevere il pallio. Siete tutti i benvenuti! Il Pallio in modo particolare rende visibile la forte unione dei vescovi metropoliti e le loro Province Ecclesiastiche con il Papa e la Sede di Pietro. Al contempo ricorda la missione di seguire -- come Cristo -- la pecora smarrita, di portarla sulle spalle, di farla rientrare nel gregge e prendersene cura. In tal senso il Pallio è segno della cura e della responsabilità che hanno i pastori verso i loro greggi. Proprio per questa responsabilità comune siamo tenuti a sviluppare e a mantenere l'unità. Date anche voi il vostro contributo tramite la vostra preghiera per promuovere e rendere solida l'unione della Chiesa. Di cuore impartisco a tutti Voi la mia benedizione.]

Con ocasión de la imposición del palio, saludo cordialmente al arzobispo de Guadalajara, cardenal Francisco Robles Ortega; al de Tucumán, monseñor Alfredo Horacio Zecca; al de Los Altos-Quetzaltenango-Totonicapán, monseñor Mario Alberto Molina Palma; al de Ayacucho o Huamanga, monseñor Salvador Piñeiro García-Calderón; al de Ciudad Bolívar, monseñor Ulises Antonio Gutiérrez Reyes, y al de San Luis Potosí, monseñor Jesús Carlos Cabrero Romero, así como a quienes los arropan con su oración y afecto en esta significativa circunstancia. Pongo a todos bajo la fiel custodia de San Pedro y San Pablo, para que se incremente cada vez más la cercanía espiritual y los vínculos de comunión de vuestras Iglesias particulares con la Sede Apostólica, y así se intensifique entre vosotros el anuncio del Evangelio. Que Dios os bendiga.

[In occasione dell'imposizione del Pallio, saluto cordialmente l'Arcivescovo di Guadalajara, Cardinale Francisco Robles Ortega; quello di Tucumán, Monsignor Alfredo Horacio Zecca; quello di Los Altos-Quetzaltenango-Totonicapán, Monsignor Mario Alberto Molina Palma; quello di Ayacucho o Huamanga, Monsignor Salvador Piñeiro García-Calderón; quello di Ciudad Bolívar, Monsignor Ulises Antonio Gutiérrez Reyes e quello di San Luis Potosí Monsignor Jesús Carlos Cabrero Romero, come pure quanti li circondano con la loro preghiera e con il loro affetto in questa significativa circostanza. Pongo tutti sotto la fedele custodia di San Pietro e di San Paolo, affinché s'incrementino sempre più la vicinanza spirituale e i vincoli di comunione delle vostre Chiese particolari con la Sede Apostolica e s'intensifichi così tra voi l'annuncio del Vangelo. Che Dio vi benedica!]

Saúdo com alegria os Arcebispos brasileiros, Dom Wilson Jönck, de Florianópolis; Dom José Francisco Dias, de Niterói; Dom Esmeraldo de Farias, de Porto Velho; Dom Jaime Rocha, de Natal; Dom Airton dos Santos, de Campinas; Dom Jacinto de Brito Sobrinho, de Teresina; e Dom Paulo Peixoto, de Uberaba; e também o Arcebispo de Malanje em Angola, Dom Benedito Roberto, que ontem receberam o Pálio, sinal de particular comunhão com o Sucessor de Pedro. Queridos Arcebispos, sede para o vosso Povo um sinal de Cristo, Bom Pastor, que guia as suas ovelhas. Dou também as boas-vindas aos sacerdotes, religiosos e fiéis que vos acompanham, pedindo-lhes que rezem pelos seus Arcebispos para que não lhes faltem as forças no cumprimento da sua missão. E, como penhor de alegria e de paz no Senhor, concedo a vós aqui presentes e às vossas comunidades arquidiocesanas a minha Bênção Apostólica.

[Saluto con gioia gli Arcivescovi brasiliani, Monsignor Wilson Jönck, di Florianópolis; Monsignor José Francisco Dias, di Niterói; Monsignor Esmeraldo de Farias, di Porto Velho; Monsignor Jaime Rocha, di Natal; Monsignor Airton dos Santos, di Campinas; Monsignor Jacinto de Brito Sobrinho, di Teresina; Monsignor Paulo Piexoto, di Uberaba e anche l'Arcivescovo di Malanje in Angola, Monsignor Benedito Roberto; ieri hanno ricevuto il Pallio, segno di particolare comunione con il Successore di Pietro. Cari Arcivescovi, siate per il vostro popolo un segno di Cristo, Buon Pastore, che guida il suo gregge. Do il benvenuto anche ai sacerdoti, religiosi e fedeli che vi accompagnano, chiedendo loro di pregare per i propri Arcivescovi affinché non manchino loro le forze nel compimento della propria missione. E, come pegno di gioia e di pace nel Signore, imparto a voi qui presenti e alle vostre comunità arcidiocesane la mia Benedizione Apostolica.]

Serdecznie pozdrawiam nowych Arcybiskupów metropolitów z Polski, którzy wczoraj otrzymali paliusze: Stanisława Budzika z Lublina, Wiktora Skworca z Katowic i Wacława Depo z Częstochowy. Pozdrawiam także wiernych, którzy podzielają ich radość, a szczególnie pielgrzymów z ich metropolii i wszystkich im bliskich, wspierających ich swoją modlitwą. Paliusz jest znakiem szczególnej jedności z Chrystusem i komunii z Następcą Świętego Piotra. Niech ta komunia przenika serca wiernych każdej metropolii. Polecam Bogu to pragnienie w mojej modlitwie i wszystkim z serca błogosławię. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.

[Saluto cordialmente gli arcivescovi metropoliti della Polonia che ieri hanno ricevuto il pallio: Stanisław Budzik di Lublin, Wiktor Skworc di Katowice e Wacław Depo di Częstochowa. Con loro saluto i fedeli che ne condividono la gioia, specialmente i rappresentanti delle loro metropoli, tutti i loro cari, e quanti li sostengono con la preghiera. Il pallio è segno di particolare unità con Cristo e di comunione con il Successore di Pietro. Tale comunione pervada anche i cuori dei fedeli di ogni metropoli. Affido questo auspicio a Dio nelle mie preghiere e voi tutti benedico di cuore. Sia lodato Gesù Cristo.]

Cari fratelli e sorelle, portate nelle vostre comunità l'esperienza di intensa spiritualità e di autentica unità evangelica di queste giornate, affinché essa tocchi il cuore dei credenti e si riverberi nell'intera società, lasciando tracce di bene. L'intercessione della celeste Madre di Dio e degli Apostoli Pietro e Paolo, ottengano al popolo cristiano la capacità di far risplendere nel mondo, attraverso la tenace e limpida testimonianza dei singoli, la parola di verità che il Signore Gesù ci ha lasciato in dono. Con tali sentimenti vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

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Paparatzifan
00domenica 1 luglio 2012 18:50
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LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 01.07.2012

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

nell’odierna domenica, l’evangelista Marco ci presenta il racconto di due guarigioni miracolose che Gesù compie in favore di due donne: la figlia di uno dei capi della Sinagoga, di nome Giàiro, ed una donna che soffriva di emorragìa (cfr Mc 5,21-43).
Sono due episodi in cui sono presenti due livelli di lettura; quello puramente fisico: Gesù si china sulla sofferenza umana e guarisce il corpo; e quello spirituale: Gesù è venuto a guarire il cuore dell’uomo, a donare la salvezza e chiede la fede in Lui.
Nel primo episodio, infatti, alla notizia che la figlioletta di Giàiro è morta, Gesù dice al capo della Sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!» (v. 36), lo prende con sé dove stava la bambina ed esclama: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!» (v. 41). Ed essa si alzò e si mise a camminare. San Girolamo commenta queste parole, sottolineando la potenza salvifica di Gesù: «Fanciulla, alzati per me: non per merito tuo, ma per la mia grazia. Alzati dunque per me: il fatto di essere guarita non è dipeso dalle tue virtù» (Omelie sul Vangelo di Marco, 3). Il secondo episodio, quello della donna affetta da emorragie, mette nuovamente in evidenza come Gesù sia venuto a liberare l’essere umano nella sua totalità. Infatti, il miracolo si svolge in due fasi: prima avviene la guarigione fisica, ma questa è strettamente legata alla guarigione più profonda, quella che dona la grazia di Dio a chi si apre a Lui con fede. Gesù dice alla donna: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male!» (Mc 5,34).
Questi due racconti di guarigione sono per noi un invito a superare una visione puramente orizzontale e materialista della vita.
A Dio noi chiediamo tante guarigioni da problemi, da necessità concrete, ed è giusto, ma quello che dobbiamo chiedere con insistenza è una fede sempre più salda, perché il Signore rinnovi la nostra vita, e una ferma fiducia nel suo amore, nella sua provvidenza che non ci abbandona.
Gesù che si fa attento alla sofferenza umana ci fa pensare anche a tutti coloro che aiutano gli ammalati a portare la loro croce, in particolare i medici, gli operatori sanitari e quanti assicurano l’assistenza religiosa nelle case di cura. Essi sono «riserve di amore», che recano serenità e speranza ai sofferenti. Nell’Enciclica Deus caritas est osservavo che, in questo prezioso servizio, occorre innanzitutto la competenza professionale - essa è una prima fondamentale necessità - ma questa da sola non basta. Si tratta, infatti, di esseri umani, che hanno bisogno di umanità e dell'attenzione del cuore. «Perciò, oltre alla preparazione professionale, a tali operatori è necessaria anche, e soprattutto, la “formazione del cuore”: occorre condurli a quell'incontro con Dio in Cristo che susciti in loro l'amore e apra il loro animo all'altro» (n. 31).
Chiediamo alla Vergine Maria di accompagnare il nostro cammino di fede e il nostro impegno di amore concreto specialmente verso chi è nel bisogno, mentre invochiamo la sua materna intercessione per i nostri fratelli che vivono una sofferenza nel corpo o nello spirito.

DOPO L’ANGELUS

Chers frères et sœurs, je salue avec joie les pèlerins de langue française, et tout particulièrement les Amis de Sainte-Véronique du Liban. Pendant cette période estivale, je vous invite à savoir prendre du temps pour Dieu. Sachez témoigner de sa présence au milieu de nous. Soyez des porteurs de sa miséricorde et de sa tendresse à chacun de ceux qu’il vous est donné de rencontrer, plus particulièrement à ceux qui souffrent. À l’exemple de la Vierge Marie, laissons de côté nos peurs et nos doutes et soyons fiers de témoigner de notre foi! Bon dimanche à tous!

I welcome the English-speaking visitors gathered for this Angelus prayer. In today’s Gospel, Jesus restores life to a little girl in response to the faith-filled prayer of her father. In this miracle may we see an invitation to grow in our own faith, to trust in the Lord’s promise of abundant life, and to pray for all those in need of his healing touch. Upon you and your families I invoke God’s blessings of wisdom, joy and peace!

Mit Freude grüße ich alle Pilger und Besucher deutscher Sprache. Immer wieder berichtet das Markusevangelium, dem wir in diesem Lesejahr folgen, wie Jesus Menschen heilt und zum Leben erweckt, die von den anderen isoliert und aufgegeben worden sind. Gottes Liebe schenkt Leben und Gemeinschaft. Wir werden allerdings nur dann wirklich beschenkt, wenn wir selber Schenkende sind. Nur indem wir schenken, nur indem wir loslassen und auch Opfer bringen, empfangen wir, was wir durch nichts verdienen können. Der Heilige Geist leite euch und gebe euch sein Licht, um für das Gute offen zu sein und es zu tun.

Saludo a los peregrinos de lengua española, en particular a los jóvenes de la Parroquia de San Agustín de Guadalix. En el evangelio de hoy, Jesús le dice a Jairo: «No temas; basta que tengas fe», y tomando de la mano a su hija le devuelve la vida. Queridos hermanos, gracias a la fe, Jesús nos hace participar en su misma vida divina. Que este tiempo de vacaciones sea una oportunidad para fortalecer la fe, a través de la oración y la caridad. Feliz domingo.

Saúdo cordialmente os fiéis brasileiros de Umuarama e Paranavaí e demais peregrinos de língua portuguesa, sobre cujos passos e compromissos cristãos imploro, pela intercessão da Virgem Mãe, as maiores bênçãos divinas. Deixai Cristo tomar posse da vossa vida, para serdes cada vez mais vida e presença de Cristo! Ide com Deus.


Lepo pozdravljam romarje iz Slovenije! Med njimi ste tudi dekleta iz skupine «Splendor Gloriae» duhovne družine «Delo» v Vogljah. Želim vam, da ostanete po zgledu Marije in prvih kristjanov zveste v veri. Tako boste priče za Jezusa in drugim odsev Božje ljubezni. Vas in vaše družine naj spremlja moj blagoslov!

[Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini provenienti dalla Slovenia, tra cui le ragazze del gruppo «Splendor Gloriae» di Voglje, appartenente alla Famiglia Spirituale «L'Opera». Sull’esempio di Maria e dei primi cristiani rimaniate sempre fedeli, affinché siate testimoni di Gesù e per gli altri un riflesso dell’amore di Dio. A voi e alle vostre famiglie imparto di cuore la mia benedizione!]


Serdeczne pozdrowienie kieruję do Polaków. Na początku wakacji życzę wszystkim, aby czas zasłużonego odpoczynku był równocześnie okazją do poświęcenia więcej czasu i uwagi Bogu i ludziom, do pogłębiania życia duchowego przez modlitwę, lekturę, kontakt z przyrodą i twórcze spotkania. Radość i pokój tych dni zawierzam matczynej opiece Maryi. Niech Bóg Wam błogosławi!

[Un cordiale saluto rivolgo ai polacchi. All’inizio delle vacanze auguro a tutti, che la stagione del meritato riposo sia anche un’occasione per dedicare più tempo e più attenzione a Dio e agli uomini, per approfondire la vita spirituale grazie alla preghiera, alla lettura, al contatto con il creato e ai momenti distensivi. Affido la gioia e la pace di questi giorni alla materna protezione di Maria. Dio vi benedica!]


Saluto infine i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli della parrocchia di San Giovanni Battista in Latisana e i laici camilliani del Piemonte. A tutti auguro una buona domenica e un sereno mese di luglio e buone vacanze a tutti voi. Buone vacanze e buona domenica!

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Paparatzifan
00mercoledì 4 luglio 2012 21:43
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LETTERA DEL SANTO PADRE ALL’EM.MO CARD. TARCISIO BERTONE, SEGRETARIO DI STATO, 04.07.2012

Pubblichiamo di seguito la Lettera che il Santo Padre Benedetto XVI ha inviato all’Em.mo Card. Tarcisio Bertone, S.D.B., Segretario di Stato, prima di partire per il soggiorno estivo a Castel Gandolfo:

LETTERA DEL SANTO PADRE

Al Venerato e Caro Fratello
il Signor Cardinale Tarcisio Bertone

Alla vigilia della partenza per il soggiorno estivo a Castel Gandolfo, desidero esprimerLe profonda riconoscenza per la Sua discreta vicinanza e per il Suo illuminato consiglio, che ho trovato di particolare aiuto in questi ultimi mesi.
Avendo notato con rammarico le ingiuste critiche levatesi verso la Sua persona, intendo rinnovarLe l’attestazione della mia personale fiducia, che già ebbi modo di manifestarLe con la Lettera del 15 gennaio 2010, il cui contenuto rimane per me immutato.
Nell’affidare il Suo ministero alla materna intercessione della Beata Vergine Maria, Aiuto dei Cristiani, e dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, mi è gradito inviarLe, insieme con il fraterno saluto, la Benedizione Apostolica, in pegno di ogni desiderato bene.

Dal Vaticano, 2 luglio 2012.

BENEDICTUS PP. XVI

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Paparatzifan
00venerdì 6 luglio 2012 19:32
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COMUNICATO DEL CONSIGLIO DI CARDINALI PER LO STUDIO DEI PROBLEMI ORGANIZZATIVI ED ECONOMICI DELLA SANTA SEDE: BILANCIO CONSUNTIVO CONSOLIDATO DELLA SANTA SEDE E BILANCIO CONSUNTIVO DEL GOVERNATORATO DELLO STATO DELLA CITTÀ DEL VATICANO, 05.07.2012


TESTO IN LINGUA ITALIANA


Martedì 3 e Mercoledì 4 c.m. si è svolta in Vaticano la riunione del Consiglio di Cardinali per lo Studio dei Problemi Organizzativi ed Economici della Santa Sede, presieduta dal Segretario di Stato di Sua Santità, l’Em.mo Cardinale Tarcisio Bertone, S.D.B.


Vi hanno partecipato gli Em.mi Cardinali: Joachim Meisner, Arcivescovo di Köln (Germania), Antonio Maria Rouco Varela, Arcivescovo di Madrid (Spagna), Polycarp Pengo, Arcivescovo di Dar-el-Salaam (Tanzania): Francis Eugene George, O.M.I., Arcivescovo di Chicago (USA); Norberto Rivera Carrera, Arcivescovo di México (México), Wilfrid Fox Napier, O.F.M., Arcivescovo di Durban (Sud Africa), Juan Luis Cipriani Thorne, Arcivescovo di Lima (Perù), Angelo Scola, Arcivescovo di Milano (Italia), Telesphore Placidus Toppo, Arcivescovo di Ranchi (India); George Pell, Arcivescovo di Sydney (Australia), Agostino Vallini, Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma, John Tong Hon, Vescovo di Hong Kong (Cina); Jorge Liberato Urosa Savino, Arcivescovo di Caracas (Venezuela), Jean-Pierre Ricard, Arcivescovo di Bordeaux (Francia), Odilo Pedro Scherer, Arcivescovo di São Paulo (Brasile).
La Prefettura per gli Affari Economici della Santa Sede era rappresentata dal Presidente, Sua Em.za Rev.ma il Card. Giuseppe Versaldi, dal Segretario, il Rev.mo Mons. Lucio Angel Vallejo Balda, dal Ragioniere Generale, il Dott. Stefano Fralleoni e dal Dr. Maurizio Prato, il quale, a nome anche degli altri quattro Revisori Internazionali che prestano il loro gratuito servizio presso questo Dicastero, ha evidenziato alcuni aspetti relativi al sistema economico e finanziario della Santa Sede.
Il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano e l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica erano così rappresentati: Sua Em.za il Card. Giuseppe Bertello e Sua Eccellenza Rev.ma Mons. Giuseppe Sciacca, rispettivamente Presidente della Commissione Cardinalizia per lo S.C.V. e Segretario Generale del Governatorato S.C.V., Sua Em.za il Card. Domenico Calcagno ed il Rev.mo Mons. Luigi Mistò, rispettivamente Presidente e Segretario dell’A.P.S.A.
Su invito del Cardinale Segretario di Stato sono intervenuti, per la materia di loro competenza, il Direttore Generale della Radio Vaticana, P. Federico Lombardi, S.I., e il Dott. Alberto Gasbarri, Direttore Amministrativo.
Dopo l’introduzione svolta da Sua Em.za il Card. Versaldi, il Ragioniere Generale ha dapprima letto la relazione al Bilancio consuntivo Consolidato 2011 della Santa Sede e, successivamente, a quello del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. In entrambi i casi, hanno fatto seguito ulteriori riflessioni ed approfondimenti da parte di Mons. Vallejo Balda.
Il Bilancio consuntivo consolidato della Santa Sede per l’anno 2011 chiude con un disavanzo di 14.890.034. I capitoli di spesa più impegnativi sono stati quelli relativi al costo del personale che, al 31 dicembre u.s., contava 2.832 unità, e ai mezzi di comunicazione sociali, considerati nel loro complesso. Su tale risultato ha influito l’andamento negativo dei mercati finanziari mondiali che non ha consentito di raggiungere gli obiettivi preventivati.
Il Governatorato ha un’Amministrazione autonoma ed indipendente da contributi della Santa Sede, e, attraverso le sue diverse Direzioni, provvede alle necessità relative alla gestione dello Stato. Il consuntivo 2011 si è chiuso con un attivo di 21.843.851. Al 31 dicembre u.s. risultavano impiegate 1.887 persone. Particolarmente significativo in ordine a detto risultato è stato l’apporto dato dai Musei Vaticani, i quali hanno prodotto ricavi che passano da 82.400.000 del 2010, a 91.300.000,00, per un totale di più di 5 milioni di visitatori, cifra che, secondo le classifiche specializzate, colloca questa Istituzione tra le più prestigiose ed importanti a livello mondiale.
L’Obolo di San Pietro, cioè le offerte dei fedeli a sostegno della carità del Santo Padre, è passato da USD 67.704.416,41 del 2010, a USD 69.711.722,76. Il contributo in base al can. 1271 CIC, vale a dire il sostegno economico prestato dalle circoscrizioni ecclesiastiche di tutto mondo per il mantenimento del servizio che la Curia Romana presta alla Chiesa universale, è passato da USD 27.362.258,40, del 2010, a USD 32.128.675,91. Gli ulteriori contributi alla Santa Sede da parte degli Istituti di Vita Consacrata, Società di Vita Apostolica e Fondazioni sono passati da USD 747.596,09, del 2010, a U$D 1.194.217, 78. Complessivamente, pertanto, vi è stato un aumento del 7,54% rispetto al 2010.
L’Istituto per le Opere di Religione (IOR), come ogni anno, ha offerto al Santo Padre una somma significativa a sostegno del suo ministero apostolico e di carità. Per l’esercizio 2011 si è trattato di 49.000.000,00.
Numerosi sono stati gli interventi degli Em.mi Padri Cardinali, i quali hanno apprezzato la completezza e la trasparenza dei dati loro offerti. Mentre è stato riconosciuto l’impegno per il continuo miglioramento dell’amministrazione dei beni e delle risorse della Santa Sede. Pur con il mantenimento dei posti di lavoro, non si è mancato di richiamare alla prudenza e al contenimento delle spese. Un unanime sentimento di compiacimento è stato rivolto al generoso apporto contributivo reso dai fedeli e dalle istituzioni ecclesiali, tanto più lodevole in considerazione dell’attuale e persistente momento di crisi economica. I Membri del Consiglio hanno espresso profonda gratitudine per il sostegno dato, spesso in forma anonima, al ministero universale del Santo Padre, esortando a perseverare in tale opera di bene.
Il Comm. Paolo Cipriani, Direttore dell’IOR, ai sensi dell’art. 25 § 2 della Cost. Ap. Patsor Bonus, ha presentato la situazione economica dell’Istituto da lui diretto a cui è seguito un dibattito, nell’ambito del quale sono stati forniti ai Padri Cardinali opportuni chiarimenti.


TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE


The Council of Cardinals for the Study of the Organisational and Economic Problems of the Holy See met in the Vatican on Tuesday 3 July and Wednesday 4 July, under the presidency of Cardinal Secretary of State Tarcisio Bertone S.D.B.
The meeting was attended by Cardinals Joachim Meisner, archbishop of Cologne, Germany; Antonio Maria Rouco Varela, archbishop of Madrid, Spain; Polycarp Pengo, archbishop of Dar-el-Salaam, Tanzania; Francis Eugene George O.M.I., archbishop of Chicago, USA; Norberto Rivera Carrera, archbishop of Mexico, Mexico; Wilfrid Fox Napier O.F.M., archbishop of Durban, South Africa; Juan Luis Cipriani Thorne, archbishop of Lima, Peru; Angelo Scola, archbishop of Milan, Italy; Telesphore Placidus Toppo, archbishop of Ranchi, India; George Pell, archbishop of Sydney, Australia; Agostino Vallini, vicar general of His Hoiness for the diocese of Rome, John Tong Hon, bishop of Hong Kong, China; Jorge Liberato Urosa Savino, archbishop of Caracas, Venezuela; Jean-Pierre Ricard, archbishop of Bordeaux, France, and Odilo Pedro Scherer, archbishop of Sao Paulo, Brazil.
The Prefecture for the Economic Affairs of the Holy See was represented by Cardinal Giuseppe Versaldi, Msgr. Lucio Angel Vallejo Balda and Stefano Fralleoni, respectively president, secretary and accountant general, and by Maurizio Prato who, also in name of the other four international auditors who offer their services to that dicastery free of charge, highlighted certain aspects concerning the economic and financial system of the Holy See.
The Governorate of Vatican City State and the Administration of the Patrimony of the Apostolic See were represented as follows: Cardinal Giuseppe Bertello and Bishop Giuseppe Sciacca, respectively president of the Pontifical Commission for Vatican City State and secretary general of the Governorate of Vatican City State; and Cardinal Domenico Calcagno and Msgr. Luigi Misto, respectively president and secretary of the Administration of the Patrimony of the Apostolic See.
At the invitation of the Cardinal Secretary of State, Fr. Federico Lombardi S.J., director general of Vatican Radio, and Alberto Gasbarri administrative director of Vatican Radio, participated on matters touching their sphere of competence.
Following an introduction by Cardinal Versaldi, the accountant general first read out the consolidated financial statements of the Holy See for 2011, then those of the Governorate of Vatican City State. On both occasions, his contribution was followed by further reflections and observations by Msgr. Vallejo Balda.
The consolidated financial statements of the Holy See for 2011 closed with a deficit of 14,890,034. The most significant items of expenditure were those relative to personnel (who as of 31 December 2011 numbered 2,832) and to the communications media considered as a whole. The result was affected by the negative trend of global financial markets, which made it impossible to achieve the goals laid down in the budget.
The administration of the Governorate is autonomous, and independent of contributions from the Holy See. Through its various offices, it supervises requirements related to the administration of the State. The consolidated financial statements for 2011 closed with a surplus of 21,843,851. As of 31 December 2011, the Governorate employed a staff of 1,887. A particularly significant contribution to the result came from the Vatican Museums, which produced a revenue that passed from 82,400,000 in 2010 to 91,300.000, for a total of more than five million visitors., According to specialised rankings, these figures place the Vatican Museums among the most prestigious and important such institutions in the world.
Peter's Pence - i.e.,donations made by the faithful to support the Holy Father's charity - rose from USD 67,704,416.41 in 2010 to USD 69,711,722.76. Contributions made pursuant to canon 1271 of the Code of Canon Law - i.e., the economic support offered by ecclesiastical circumscriptions throughout the world to maintain the service the Roman Curia offers the universal Church - rose from USD 27,362,258.40 in 2010 to USD 32,128,675.91. Further contributions to the Holy See made by institutes of consecrated life, societies of apostolic life and foundations rose from USD 747,596.09 in 2010 to USD 1,194,217.78. Thus the overall increase with respect to 2010 was of 7.54 per cent.
As it does every year, the Institute for Works of Religion (IOR) offered the Holy Father a significant sum to support his apostolic and charitable ministry. The amount involved for the financial year 2011 was 49,000,000.
The cardinals present made numerous comments in which they made clear their appreciation at the completeness and transparency of the information they had been given. Recognition was expressed for the commitment to the ongoing improvement of the administration of the goods and resources of the Holy See, and a call was made for prudence and limiting costs, though while maintaining jobs. Unanimous pleasure was declared at the generous support of the faithful and of ecclesiastical institutions, even more praiseworthy given the persistent economic crisis. The members of the Council also expressed their profound gratitude at the support the faithful give, often anonymously, to the universal ministry of the Holy Father, and exhorted them to continue this good work.
Finally, under the terms of article 25 (2) of the Apostolic Constitution Pastor bonus, Paolo Cipriani, director of the IOR, presented the economic position of the institution he directs. This was followed by a debate during which the members of the Council were provided with the necessary clarifications.


Bollettino Ufficiale Santa Sede


Paparatzifan
00domenica 8 luglio 2012 17:37
Dal blog di Lella...

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 08.07.2012

Dal pomeriggio di martedì 3 luglio, il Santo Padre Benedetto XVI si trova nella residenza pontificia di Castel Gandolfo per trascorrere il periodo di riposo estivo.
Alle ore 12 di oggi , il Papa si affaccia al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo e recita l’Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

(canto)

Ringraziamo i ragazzi di Dresda che hanno cantato così bene!

Vorrei soffermarmi brevemente sul brano del Vangelo di questa domenica, un testo da cui è tratto il celebre detto «Nemo propheta in patria», cioè nessun profeta è bene accetto tra la sua gente, che lo ha visto crescere (cfr Mc 6,4). In effetti, dopo che Gesù, a circa trent’anni, aveva lasciato Nazareth e già da un po’ di tempo era andato predicando e operando guarigioni altrove, ritornò una volta al suo paese e si mise ad insegnare nella sinagoga. I suoi concittadini «rimanevano stupiti» per la sua sapienza e, conoscendolo come il «figlio di Maria», il «falegname» vissuto in mezzo a loro, invece di accoglierlo con fede si scandalizzavano di Lui (cfr Mc 6,2-3). Questo fatto è comprensibile, perché la familiarità sul piano umano rende difficile andare al di là e aprirsi alla dimensione divina. Che questo falegname sarebbe figlio di Dio è difficile crederlo, per loro. Gesù stesso porta come esempio l’esperienza dei profeti d’Israele, che proprio nella loro patria erano stati oggetto di disprezzo, e si identifica con essi.
A causa di questa chiusura spirituale, Gesù non poté compiere a Nazareth «nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì» (Mc 6,5). Infatti, i miracoli di Cristo non sono esibizione di potenza, ma segni dell’amore di Dio, che si attua là dove incontra la fede dell’uomo, è una reciprocità. Scrive Origene: «Allo stesso modo che per i corpi esiste un’attrazione naturale da parte di alcuni verso altri, come del magnete verso il ferro … così tale fede esercita un’attrazione sulla potenza divina» (Commento al Vangelo di Matteo 10, 19).
Dunque, sembra che Gesù si faccia – come si dice – una ragione della cattiva accoglienza che incontra a Nazareth. Invece, alla fine del racconto, troviamo un’osservazione che dice proprio il contrario. Scrive l’Evangelista che Gesù «si meravigliava della loro incredulità» (Mc 6,6).
Allo stupore dei concittadini, che si scandalizzano, corrisponde la meraviglia di Gesù. Anche Lui, in un certo senso, si scandalizza! Malgrado sappia che nessun profeta è bene accetto in patria, tuttavia la chiusura del cuore della sua gente rimane per Lui oscura, impenetrabile: come è possibile che non riconoscano la luce della Verità? Perché non si aprono alla bontà di Dio, che ha voluto condividere la nostra umanità? In effetti, l’uomo Gesù di Nazareth è la trasparenza di Dio, in Lui Dio abita pienamente. E mentre noi, anche noi, cerchiamo sempre altri segni, altri prodigi, non ci accorgiamo che il vero Segno è Lui, Dio fatto carne, è Lui il più grande miracolo dell’universo: tutto l’amore di Dio racchiuso in un cuore umano, in un volto d’uomo.
Colei che ha compreso veramente questa realtà è la Vergine Maria, beata perché ha creduto (cfr Lc 1,45). Maria non si è scandalizzata di suo Figlio: la sua meraviglia per Lui è piena di fede, piena d’amore e di gioia, nel vederlo così umano e insieme così divino. Impariamo da lei, quindi, nostra Madre nella fede, a riconoscere nell’umanità di Cristo la perfetta rivelazione di Dio.

DOPO L’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle, sono lieto di accogliervi qui a Castel Gandolfo, dove sono giunto da alcuni giorni. Saluto cordialmente la comunità locale e auguro a tutte le famiglie di poter avere un momento di riposo e di ricarica fisica e spirituale.
E saluto con affetto, provenienti da vari Paesi, le Suore di Santa Elisabetta che stanno vivendo uno speciale incontro a dieci anni dalla loro Professione perpetua. Care Sorelle, il Signore vi rinnova profondamente nel suo amore!

Je suis heureux d’accueillir les pèlerins francophones et plus particulièrement les Sœurs Adoratrices du Saint-Sacrement venant du Sénégal et du Congo, et les jeunes de l’Aumônerie du Golfe de Saint-Tropez. En cette période estivale, ne mettez pas Dieu en vacances, pensez à prier et à aller à la messe le dimanche ! Que la Vierge Marie, modèle du cœur qui écoute, nous accompagne sur nos routes humaines ! Bon dimanche et bonne semaine à tous !

I am happy to welcome all the English-speaking pilgrims and visitors present at this Angelus prayer, including the participants in the International Course for Seminary Formators organized by the Pontifical Athenaeum Regina Apostolorum. In today’s Gospel Jesus reminds us that if we live with an open and simple heart, nourished by true faith, we can recognize the presence of God in our lives and follow his holy will. I wish you a pleasant stay in Castel Gandolfo and a blessed Sunday!

Ein herzliches „Grüß Gott" sage ich allen deutschsprachigen Gästen hier in Castel Gandolfo, besonders den Dresdner Kapellknaben – herzlichen Dank für den wunderbaren Gesang! Schöne Zeit in Castel Gandolfo! Im heutigen Evangelium hören wir von der Ablehnung Jesu in seiner Heimat. Die Menschen waren nicht bereit, Christus anzuerkennen – sie sagen, das ist doch einer von uns, was will er denn? Und so ist ihr Herz verschlossen, er kann nicht in sie eindringen, sie nehmen es nicht an. Bei uns ist auch die Gefahr, dass wir sagen: Wir sind Christen, wir wissen schon alles und interessieren uns nicht mehr dafür. Wir wollen den Herrn bitten, dass er diese Trägheit und Verschlossenheit des Herzens von uns nimmt und wollen diese Ferienzeit nutzen, mehr inwendig bei Christus zu verweilen, um von ihm Wegweisung für unser Leben zu empfangen und seine göttliche Macht zu bezeugen. Der Herr schenke euch eine gute Zeit und Erholung an Leib und Seele.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, y de modo especial a las Siervas de María Ministras de los Enfermos. Nos dice el evangelio de este domingo que Jesús no pudo hacer muchos milagros en su pueblo de Nazaret, extrañándose de su falta de fe. Pidámosle a la Virgen María que interceda por nosotros para que aumente nuestra fe, y sepamos reconocer en la humanidad de Cristo la perfecta revelación de Dios. Muchas gracias y feliz domingo.

Witam przybyłych do Castel Gandolfo Polaków. Pozdrawiam uczestników pielgrzymki Rodziny Radia Maryja zebranych na Jasnej Górze, którzy modlą się za Ojczyznę, za rodziny, o wolność słowa. Pozdrawiam też młodych stypendystów Fundacji „Dzieło Nowego Tysiąclecia", zgromadzonych w Lublinie. Wraz z wyznawcami różnych religii, na terenie byłego Obozu Koncentracyjnego na Majdanku, będą się modlić dzisiaj wieczorem o pokój. Włączam się duchowo w te wydarzenia, upraszam dobro i pokój dla świata, Polski i każdego z was. Z serca wszystkim błogosławię.

[Do' il mio benvenuto ai Polacchi venuti a Castel Gandolfo. Saluto i partecipanti al pellegrinaggio della Famiglia di Radio Maria, radunati a Jasna Góra (Częstochowa), i quali pregano per la Patria, per le famiglie e per la libertà di espressione. Saluto anche i giovani borsisti della Fondazione "Opera del Nuovo Millennio" riuniti a Lublin: insieme con credenti di diverse religioni, nell’ex Campo di Concentramento di Majdanek, stasera eleveranno preghiere per la pace. Mi unisco spiritualmente a questi eventi, imploro il bene e la pace per il mondo, per la Polonia e per ognuno di voi. Vi benedico di cuore.]

E rivolgo infine un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai bambini della Scuola materna parrocchiale di Verdellino, in diocesi di Bergamo. A tutti auguro una buona domenica, buona settimana. Auguri! Buona domenica!

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Paparatzifan
00mercoledì 11 luglio 2012 21:45
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Concerto in onore del Papa alla presenza di Napolitano

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signor Presidente,
Venerati Fratelli,
Gentili Signori e Signore,

abbiamo vissuto un momento di ascolto davvero intenso e arricchente per il nostro spirito, e di questo rendiamo grazie al Signore. Desidero esprimere viva riconoscenza al Maestro Daniel Barenboim e a tutti i musicisti della West-Eastern Divan Orchestra, che durante la loro tournée estiva hanno gentilmente voluto offrirmi questo concerto, nel giorno della festa di San Benedetto.
Così mi hanno permesso non solo di gustare dal vivo la loro ottima esecuzione, ma anche di partecipare più direttamente al loro percorso, iniziato tredici anni or sono proprio da Lei, Maestro, insieme con il compianto Signor Edward Said. Saluto cordialmente il Presidente della Repubblica Italiana, Onorevole Giorgio Napolitano, che ringrazio per la sua presenza e per aver incoraggiato questa iniziativa. E il mio «grazie» va anche al Cardinale Ravasi, che ha introdotto il concerto con tre belle e significative citazioni. Alle altre Autorità e a tutti voi, cari amici, estendo il mio saluto.
Potete immaginare quanto io sia lieto di accogliere un’Orchestra come questa, che è nata dalla convinzione, anzi, dall’esperienza che la musica unisce le persone, al di là di ogni divisione; perché la musica è armonia delle differenze, come avviene ogni volta che si inizia un concerto, con il 'rito' dell’accordatura.
Dalla molteplicità dei timbri dei diversi strumenti, può uscire una sinfonia. Ma questo non accade magicamente, né automaticamente! Si realizza soltanto grazie all’impegno del Direttore e di ogni singolo musicista. Un impegno paziente, faticoso, che richiede tempo e sacrifici, nello sforzo di ascoltarsi a vicenda, evitando eccessivi protagonismi e privilegiando la migliore riuscita dell’insieme.
Mentre esprimo questi pensieri, la mente si rivolge alla grande sinfonia della pace tra i popoli, che non è mai del tutto compiuta.
La mia generazione, come pure quella dei genitori del Maestro Barenboim, hanno vissuto le tragedie della seconda guerra mondiale e della Shoa. Ed è molto significativo che Lei, Maestro, dopo aver raggiunto i traguardi più alti per un musicista, abbia voluto dar vita ad un progetto come quello della West-Eastern Divan Orchestra: un gruppo in cui suonano insieme musicisti israeliani, palestinesi e di altri Paesi arabi; persone di religione ebraica, musulmana e cristiana. I numerosi riconoscimenti di cui Lei e questa Orchestra siete stati insigniti dimostrano, al tempo stesso, l’eccellenza professionale e l’impegno etico e spirituale. Lo abbiamo sentito anche questa sera, ascoltando le Sinfonie Quinta e Sesta di Ludwig van Beethoven.
Anche in questa scelta, in questo accostamento possiamo vedere un significato per noi interessante. Queste due celeberrime Sinfonie esprimono due aspetti della vita: il dramma e la pace, la lotta dell’uomo contro il destino avverso e l’immersione rasserenante nell’ambiente bucolico. Beethoven lavorò a queste due opere, in particolare al loro completamento, quasi contemporaneamente. Tant’è vero che esse vennero eseguite per la prima volta insieme – come questa sera – nel memorabile concerto del 22 dicembre 1808, a Vienna. Il messaggio che vorrei trarne oggi è questo: per giungere alla pace bisogna impegnarsi, lasciando da parte la violenza e le armi, impegnarsi con la conversione personale e comunitaria, con il dialogo, con la paziente ricerca delle intese possibili.
Ringraziamo dunque di cuore il Maestro Barenboim e la West-Eastern Divan Orchestra per averci dato testimonianza di questa via. A ciascuno di loro l’augurio e la preghiera di continuare a seminare nel mondo la speranza della pace attraverso il linguaggio universale della musica.
Grazie e buona serata a tutti!

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Paparatzifan
00domenica 15 luglio 2012 22:18
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LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 15.07.2012

Al rientro da Frascati, dove questa mattina si è recato in Visita Pastorale, alle ore 12, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo e recita l’Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Vedo che mi avete perdonato il ritardo. Ho celebrato la Santa Messa a Frascati, dove eravamo in preghiera, un pò troppo lunga forse, e così il ritardo...


Cari fratelli e sorelle!

Nel calendario liturgico il 15 luglio è la memoria di San Bovanentura da Bagnoregio, francescano, Dottore della Chiesa, successore di San Francesco d’Assisi alla guida dell’Ordine dei Frati Minori.
Egli scrisse la prima biografia ufficiale del Poverello, e alla fine della vita fu anche Vescovo di questa Diocesi di Albano. In una sua lettera, Bonaventura scrive: «Confesso davanti a Dio che la ragione che mi ha fatto amare di più la vita del beato Francesco è che essa assomiglia agli inizi e alla crescita della Chiesa» (Epistula de tribus quaestionibus, in Opere di San Bonaventura. Introduzione generale, Roma 1990, p. 29). Queste parole ci rimandano direttamente al Vangelo di oggi, di questa domenica, che ci presenta il primo invio in missione dei Dodici Apostoli da parte di Gesù. «Gesù chiamò a sé i Dodici – narra san Marco – e prese a mandarli a due a due … E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche» (Mc 6,7-9).
Francesco d’Assisi, dopo la sua conversione, praticò alla lettera questo Vangelo, diventando un testimone fedelissimo di Gesù; e associato in modo singolare al mistero della Croce, fu trasformato in un «altro Cristo», come proprio san Bonaventura lo presenta.
Tutta la vita di san Bonaventura, come pure la sua teologia hanno quale centro ispiratore Gesù Cristo.
Questa centralità di Cristo la ritroviamo nella seconda Lettura della Messa odierna (Ef 1,3-14), il celebre inno della Lettera di san Paolo agli Efesini, che inizia così: «Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo». L’Apostolo mostra quindi come si è realizzato questo disegno di benedizione, in quattro passaggi che cominciano tutti con la stessa espressione «in Lui», riferita a Gesù Cristo. «In Lui» il Padre ci ha scelti prima della creazione del mondo; «in Lui» abbiamo la redenzione mediante il suo sangue; «in Lui» siamo diventati eredi, predestinati ad essere «lode della sua gloria»; «in Lui» quanti credono nel Vangelo ricevono il sigillo dello Spirito Santo.
Questo inno paolino contiene la visione della storia che san Bonaventura ha contribuito a diffondere nella Chiesa: tutta la storia ha come centro Cristo, il quale garantisce anche novità e rinnovamento ad ogni epoca. In Gesù Dio ha detto e dato tutto, ma poiché Egli è un tesoro inesauribile, lo Spirito Santo non finisce mai di rivelare e di attualizzare il suo mistero. Perciò l’opera di Cristo e della Chiesa non regredisce mai, ma sempre progredisce.
Cari amici, invochiamo Maria Santissima, che domani celebreremo quale Vergine del Monte Carmelo, affinché ci aiuti, come san Francesco e san Bonaventura, a rispondere generosamente alla chiamata del Signore, per annunciare il suo Vangelo di salvezza con le parole e prima di tutto con la vita.

DOPO L’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

La prière de cet Angélus dominical me donne la joie de vous saluer, chers fidèles et touristes de langue française. Cette période estivale permet à certains d’entre-nous de prendre du repos. Ce temps peut être pour chacun un moment favorable pour réfléchir sur sa propre vie et pour rendre son cœur disponible aux autres et à Dieu. Je vous invite aussi à être attentif à tous ceux qui souffrent de la solitude et de l’abandon, qu’ils soient dans la rue, dans leur appartement, dans des établissements hospitaliers ou dans des maisons de retraite. N’hésitez pas à aller visiter ces personnes ! À l’exemple de la Vierge Marie, soyons des porteurs de la Bonne Nouvelle !

I offer a warm welcome to the English-speaking pilgrims and visitors present at this Angelus prayer. In this Sunday’s Gospel, Jesus gives the twelve authority to preach and cast out demons. Relying on his power alone, their efforts bear fruit. Let us continue to strive to keep our lives rooted in Christ so that we too may be effective instruments of the Gospel. May God bless you!

Ganz herzlich grüße ich die Pilger und Besucher deutscher Sprache. Im Hallelujavers des heutigen Sonntags singt die Kirche: „Der Vater unseres Herrn Jesus Christus erleuchte die Augen unseres Herzens, damit wir verstehen, zu welcher Hoffnung wir berufen sind." Oft sind unsere Augen gehalten, unser Schauen bleibt in der sichtbaren Welt mit ihren Begrenzungen gefangen. Gott will unseren Blick weit machen für das Große, für das Leben in Fülle, das nur er geben kann. Er selbst will unser Glück und unsere Freude sein. Öffnen wir dem Herrn im täglichen Gebet unser Herz, damit seine Liebe in uns immer mehr wachsen kann. Gott segne euch alle!

Saludo a los peregrinos de lengua española, en particular a los fieles de la parroquia del Santo Niño, de Atocha, en México, así como a los que participan en esta oración mariana a través de los medios de comunicación. En el evangelio que nos propone la liturgia en este domingo, vemos a Jesús que llama y envía a los apóstoles a predicar la conversión. En efecto, la finalidad de la Iglesia es la propagación del Reino de Diós, para hacer partícipes a todos los hombres de la redención. Animo, pues, a todos los miembros de la Iglesia, y de modo especial a los laicos, a responder con generosidad y prontitud de corazón a la voz de Cristo, para unirse más íntimamente a él y colaborar en su misión salvífica. Feliz domingo.

Dirijo agora uma saudação especial para os peregrinos de língua portuguesa, nomeadamente para os fiéis da Paróquia São José, de Bragança Paulista e para o grupo de Apóstolas do Sagrado Coração de Jesus, acompanhadas de professores de escolas brasileiras. Agradecido pela amizade e orações, sobre todos invoco os dons do Espírito Santo para serem verdadeiras testemunhas de Cristo no meio das respectivas famílias e comunidades, que de coração abençôo.

S láskou vítam slovenských pútnikov, osobitne žiakov, učiteľov a rodičov z cirkevnej Základnej školy svätého Vincenta z Ružomberka. Bratia a sestry, milí mladí, je čas prázdnin. Využite ich na oddych a na obnovu síl tela i ducha. Všetkých vás žehnám. Pochválený buď Ježiš Kristus!

[Con affetto do il benvenuto ai pellegrini slovacchi, particolarmente ad alunni, insegnanti e genitori della Scuola elementare cattolica San Vincenzo di Ružomberok. Fratelli e sorelle, cari giovani, è il tempo delle vacanze. Approfittate di questo periodo per il riposo e per ritemprare le forze del corpo e dello spirito. A tutti la mia benedizione. Sia lodato Gesù Cristo!]

Jutro będziemy obchodzili wspomnienie Najświętszej Maryi Panny z Góry Karmel – Matki Bożej Szkaplerznej. Znak szczególnego oddania się Jej – szkaplerz – nosił i bardzo sobie cenił błogosławiony Jan Paweł II. Wszystkim jego rodakom – w Polsce, w świecie, wam obecnym tu dzisiaj w Castel Gandolfo – życzę, by Maryja, najlepsza z matek, osłaniała was swoim płaszczem w walce ze złem, wypraszała potrzebne łaski, wskazywała drogi wiodące do Boga. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.

[Domani celebreremo la memoria liturgica della B.V. Maria del Monte Carmelo – la Madre di Dio dello Scapolare. Il segno del personale affidamento a Lei – lo scapolare – lo portava e lo stimava tanto il beato Giovanni Paolo II. A tutti i suoi connazionali – in Polonia, nel mondo, a voi qui presenti oggi a Castel Gandolfo – auguro che Maria, la più buona delle madri, vi avvolga con il suo manto nella lotta contro il male, interceda nella richiesta delle grazie, vi mostri le strade che conducono a Dio. Sia lodato Gesù Cristo.]

Infine saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare la Sacra Corale Jonica «Giovanni Paolo II», della provincia di Taranto, e il Gruppo Scout di Reggio Calabria. A tutti auguro una buona domenica.

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Paparatzifan
00lunedì 16 luglio 2012 20:59
Dal blog di Lella...

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE AL VESCOVO DI ÁVILA (SPAGNA) IN OCCASIONE DEL 450° ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL MONASTERO DI SAN JOSÉ EN ÁVILA E DELL’INIZIO DELLA RIFORMA DEL CARMELO, 16.07.2012

Pubblichiamo di seguito il Messaggio che il Santo Padre Benedetto XVI ha inviato al Vescovo di Ávila (Spagna), S.E. Mons. Jesús García Burillo, in occasione del 450° anniversario della fondazione del Monastero di San José en Ávila e dell’inizio della Riforma del Carmelo promossa da Santa Teresa di Gesù:

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

Al venerato Fratello
Monsignor Jesús García Burillo
Vescovo di Avila


1. Resplendens stella. «Come una stella di vivissimo splendore» (Libro della Vita 32, 11). Con queste parole il Signore incoraggiò Santa Teresa di Gesù a fondare ad Avila il monastero di San José, inizio della riforma dell'ordine carmelitano, del quale, il prossimo 24 agosto, si celebrerà il 450° anniversario. In occasione di questa felice ricorrenza, desidero unirmi alla gioia dell'amata diocesi di Avila, dell'ordine dei carmelitani scalzi, del Popolo di Dio che peregrina in Spagna e di tutti quelli che, nella Chiesa universale, hanno trovato nella spiritualità teresiana una luce sicura per scoprire che attraverso Cristo all'uomo giunge un vero rinnovamento della sua vita. Innamorata del Signore, questa illustre donna non desiderò altro che compiacerlo in tutto. In effetti, un santo non è colui che compie grandi imprese basandosi sull'eccellenza delle sue qualità umane, ma chi permette con umiltà che a Cristo di penetrare nella sua anima, di agire attraverso la sua persona, di essere Lui il vero protagonista di tutte le sue azioni e i suoi desideri, colui che ispira ogni iniziativa e sostiene ogni silenzio.


2. Lasciarsi guidare in questo modo da Cristo è possibile solo per chi ha un'intensa vita di preghiera. Questa consiste, con le parole della Santa d'Avila, nel «parlare dell'amicizia, un trovarsi frequentemente da soli a soli con chi sappiamo che ci ama» (Libro della Vita, 8 e 5). La riforma dell'ordine carmelitano, il cui anniversario ci colma di gioia interiore, nasce dalla preghiera e tende alla preghiera. Nel promuovere un ritorno radicale alla Regola primitiva, allontanandosi dalla Regola mitigata, santa Teresa di Gesù voleva propiziare una forma di vita che favorisse l'incontro personale con il Signore, per la qual cosa basta «solo di ritirarsi in solitudine, sentirlo dentro di sé e non meravigliarsi di ricevere un tale Ospite». (Cammino di Perfezione, 28, 2). Il monastero di San José nasce proprio perché le sue figlie abbiano le condizioni migliori per trovare Dio e stabilire una relazione profonda e intima con Lui.


3, Santa Teresa propose un nuovo modo di essere carmelitana in un mondo a sua volta nuovo. Quelli furono «tempi duri» (Libro della Vita 33,5). E in essi, secondo questa Maestra dello spirito, «sono necessari forti amici di Dio a sostegno dei deboli» (ibidem 15,5). E insisteva con eloquenza: «Il mondo è in fiamme; vogliono nuovamente condannare Cristo, come si dice, raccogliendo contro di lui mille testimonianze; vogliono denigrare la sua Chiesa, e dobbiamo sprecare il tempo nel chiedere cose che, se per caso Dio ce le concedesse, ci farebbero avere un'anima di meno in cielo? No, sorelle mie, non è il momento di trattare con Dio d'interessi di poca importanza» (Cammino di Perfezione 1,5). Non ci risulta familiare, nella congiuntura attuale, una riflessione che c'illumina tanto e c'interpella, fatta più di quattro secoli fa dalla Santa mistica?
Il fine ultimo della riforma teresiana e della creazione di nuovi monasteri, in un mondo con pochi valori spirituali, era di proteggere con la preghiera l'operato apostolico; proporre uno stile di vita evangelica che fosse modello per chi cercava un cammino di perfezione, a partire dalla convinzione che ogni autentica riforma personale ed ecclesiale passa per il riprodurre sempre meglio in noi la «forma» di Cristo (cfr Gal 4, 19). Fu proprio questo l'impegno della Santa e delle sue figlie. E fu proprio questo l'impegno dei suoi figli carmelitani, che non miravano ad altro se non a «progredire nella virtù» (Libro della Vita, 31, 18). In tal senso, Teresa scrive: «[Mi sembra infatti che] egli ci apprezzi di più se, mediante la sua misericordia, riusciamo a guadagnargli un'anima con i nostri sforzi e con la nostra preghiera, che non per quanti altri servizi possiamo rendergli» (Libro delle Fondazioni, 1,7). Di fronte alla dimenticanza di Dio, la Santa, Dottore della Chiesa, incoraggia comunità oranti, che proteggano con il loro fervore coloro che proclamano ovunque il Nome di Cristo, affinché preghino per i bisogni della Chiesa e portino al cuore del Salvatore il clamore di tutti i popoli.


4. Anche oggi, come nel XVI secolo, tra rapide trasformazioni, è necessario che la preghiera fiduciosa sia l'anima dell'apostolato, affinché risuoni, con grande chiarezza e vigoroso dinamismo, il messaggio redentore di Gesù Cristo. È urgente che la Parola di vita vibri nelle anime in modo armonioso, con note squillanti e attraenti.
In questo appassionante compito, l'esempio di Teresa d'Avila ci è di grande aiuto. Possiamo affermare che, al suo tempo, la Santa evangelizzò senza mezzi termini, con ardore mai spento, con metodi lontani dall'inerzia, con espressioni aureolate di luce. Ciò conserva tutta la sua freschezza nel crocevia attuale, dove si sente l'urgenza che i battezzati rinnovino il loro cuore attraverso la preghiera personale, incentrata anche, secondo i dettami della Mistica di Avila, sulla contemplazione della Santissima Umanità di Cristo come unico cammino per trovare la gloria di Dio (cfr. Libro della Vita 22,1; Castello interiore 6,7). Così si potranno formare famiglie autentiche, che scoprano nel Vangelo il fuoco del proprio nucleo familiare; comunità cristiane vive e unite, cementate in Cristo come loro pietra d'angolo, che abbiamo sete di una vita di servizio fraterno e generoso. È anche auspicabile che l'incessante preghiera promuova l'attenzione prioritaria per la pastorale vocazionale, sottolineando in particolare la bellezza della vita consacrata, che bisogna accompagnare debitamente come tesoro proprio della Chiesa, come torrente di grazie, nella sua dimensione sia attiva sia contemplativa.
La forza di Cristo porterà anche a moltiplicare le iniziative affinché il popolo di Dio riacquisti il suo vigore nell'unica forma possibile: dando spazio dentro di noi ai sentimenti del Signore Gesù (cfr. Fil 2,5) e ricercando in ogni circostanza un'esperienza radicale del suo Vangelo. Il che significa, prima di tutto, permettere allo Spirito Santo di renderci amici del Maestro e di configurarci a Lui. Significa anche accettare in tutto i suoi mandati e adottare in noi criteri come l'umiltà nella condotta, la rinuncia al superfluo, il non recare offesa agli altri o il procedere con cuore semplice e mite. Così, quanti ci circondano, percepiranno la gioia che nasce dalla nostra adesione al Signore e che non anteponiamo nulla al suo amore, essendo sempre disposti a dare ragione della nostra speranza (cfr 1 Pt 3, 15) e vivendo come Teresa di Gesù, in filiale obbedienza alla nostra Santa Madre Chiesa.


5. A questa radicalità e fedeltà c'invita oggi questa figlia tanto illustre della diocesi di Avila. Accogliendo la sua bella eredità, nel momento presente della storia, il Papa invita tutti i membri di questa Chiesa particolare, ma in modo sentito i giovani, a prendere sul serio la comune vocazione alla santità. Seguendo le orme di Teresa di Gesù, permettetemi di dire a quanti hanno il futuro dinanzi a sé: aspirate anche voi a essere totalmente di Gesù, solo di Gesù e sempre di Gesù. Non temete di dire a Nostro Signore, come fece lei: «Vostra sono, per voi sono nata, che cosa volete fare di me? (Poesia 2). A Lui chiedo che sappiate anche rispondere alle sue chiamate illuminati dalla grazia divina con «ferma determinazione», per offrire «quel poco» che c'è in voi, confidando nel fatto che Dio non abbandona mai quanti lasciano tutto per la sua gloria» (cfr Cammino di perfezione 21,2; 1,2).


6. Santa Teresa seppe onorare con grande devozione la Santissima Vergine, che invocava con il dolce nome di Carmen. Sotto la sua protezione materna pongo gli aneliti apostolici della Chiesa ad Avila, affinché, ringiovanita dallo Spirito Santo, trovi le vie opportune per proclamare il Vangelo con entusiasmo e coraggio. Che Maria, Stella dell'evangelizzazione, e il suo casto sposo san Giuseppe intercedano affinché quella «stella» che il Signore ha acceso nell'universo, la Chiesa, con la riforma teresiana continui a irradiare il grande splendore dell'amore e della verità di Cristo a tutti gli uomini. Con tale anelito, venerato Fratello nell'Episcopato, ti invio questo messaggio, che ti prego di far conoscere al gregge affidato alle tue cure pastorali, e in particolare alle amate carmelitane scalze del convento di San José, di Avila, affinché perpetuino nel tempo lo spirito della loro fondatrice e della cui fervente preghiera per il Successore di Pietro ho grata conferma. A loro, a lei e a tutti i fedeli di Avila, imparto con affetto la Benedizione Apostolica, pegno di abbondanti favori celesti.
Dal Vaticano, 16 luglio 121


BENEDICTUS PP. XVI

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(Traduzione Osservatore Romano)


Paparatzifan
00mercoledì 18 luglio 2012 21:09
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MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI PER LA CELEBRAZIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE (1° GENNAIO 2011), 16.12.2010

Pubblichiamo di seguito il testo in lingua italiana del Messaggio del Santo Padre per la 44a Giornata Mondiale della Pace, che si celebra il 1° gennaio 2011 sul tema: "Libertà religiosa, via per la pace":

LIBERTÀ RELIGIOSA, VIA PER LA PACE

1. All’inizio di un Nuovo Anno il mio augurio vuole giungere a tutti e a ciascuno; è un augurio di serenità e di prosperità, ma è soprattutto un augurio di pace. Anche l’anno che chiude le porte è stato segnato, purtroppo, dalla persecuzione, dalla discriminazione, da terribili atti di violenza e di intolleranza religiosa.

Il mio pensiero si rivolge in particolare alla cara terra dell'Iraq, che nel suo cammino verso l’auspicata stabilità e riconciliazione continua ad essere scenario di violenze e attentati. Vengono alla memoria le recenti sofferenze della comunità cristiana, e, in modo speciale, il vile attacco contro la Cattedrale siro-cattolica "Nostra Signora del Perpetuo Soccorso" a Baghdad, dove, il 31 ottobre scorso, sono stati uccisi due sacerdoti e più di cinquanta fedeli, mentre erano riuniti per la celebrazione della Santa Messa. Ad esso hanno fatto seguito, nei giorni successivi, altri attacchi, anche a case private, suscitando paura nella comunità cristiana ed il desiderio, da parte di molti dei suoi membri, di emigrare alla ricerca di migliori condizioni di vita. A loro manifesto la mia vicinanza e quella di tutta la Chiesa, sentimento che ha visto una concreta espressione nella recente Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi. Da tale Assise è giunto un incoraggiamento alle comunità cattoliche in Iraq e in tutto il Medio Oriente a vivere la comunione e a continuare ad offrire una coraggiosa testimonianza di fede in quelle terre.

Ringrazio vivamente i Governi che si adoperano per alleviare le sofferenze di questi fratelli in umanità e invito i Cattolici a pregare per i loro fratelli nella fede che soffrono violenze e intolleranze e ad essere solidali con loro. In tale contesto, ho sentito particolarmente viva l’opportunità di condividere con tutti voi alcune riflessioni sulla libertà religiosa, via per la pace. Infatti, risulta doloroso constatare che in alcune regioni del mondo non è possibile professare ed esprimere liberamente la propria religione, se non a rischio della vita e della libertà personale. In altre regioni vi sono forme più silenziose e sofisticate di pregiudizio e di opposizione verso i credenti e i simboli religiosi. I cristiani sono attualmente il gruppo religioso che soffre il maggior numero di persecuzioni a motivo della propria fede. Tanti subiscono quotidianamente offese e vivono spesso nella paura a causa della loro ricerca della verità, della loro fede in Gesù Cristo e del loro sincero appello perché sia riconosciuta la libertà religiosa. Tutto ciò non può essere accettato, perché costituisce un’offesa a Dio e alla dignità umana; inoltre, è una minaccia alla sicurezza e alla pace e impedisce la realizzazione di un autentico sviluppo umano integrale.1

Nella libertà religiosa, infatti, trova espressione la specificità della persona umana, che per essa può ordinare la propria vita personale e sociale a Dio, alla cui luce si comprendono pienamente l’identità, il senso e il fine della persona. Negare o limitare in maniera arbitraria tale libertà significa coltivare una visione riduttiva della persona umana; oscurare il ruolo pubblico della religione significa generare una società ingiusta, poiché non proporzionata alla vera natura della persona umana; ciò significa rendere impossibile l’affermazione di una pace autentica e duratura di tutta la famiglia umana.

Esorto, dunque, gli uomini e le donne di buona volontà a rinnovare l’impegno per la costruzione di un mondo dove tutti siano liberi di professare la propria religione o la propria fede, e di vivere il proprio amore per Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente (cfr Mt 22,37). Questo è il sentimento che ispira e guida il Messaggio per la XLIV Giornata Mondiale della Pace, dedicato al tema: Libertà religiosa, via per la pace.

Sacro diritto alla vita e ad una vita spirituale

2. Il diritto alla libertà religiosa è radicato nella stessa dignità della persona umana,2 la cui natura trascendente non deve essere ignorata o trascurata. Dio ha creato l’uomo e la donna a sua immagine e somiglianza (cfr Gen 1,27). Per questo ogni persona è titolare del sacro diritto ad una vita integra anche dal punto di vista spirituale. Senza il riconoscimento del proprio essere spirituale, senza l’apertura al trascendente, la persona umana si ripiega su se stessa, non riesce a trovare risposte agli interrogativi del suo cuore circa il senso della vita e a conquistare valori e principi etici duraturi, e non riesce nemmeno a sperimentare un’autentica libertà e a sviluppare una società giusta.3

La Sacra Scrittura, in sintonia con la nostra stessa esperienza, rivela il valore profondo della dignità umana: "Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi? Davvero l’hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato. Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi" (Sal 8, 4-7).

Dinanzi alla sublime realtà della natura umana, possiamo sperimentare lo stesso stupore espresso dal salmista. Essa si manifesta come apertura al Mistero, come capacità di interrogarsi a fondo su se stessi e sull’origine dell’universo, come intima risonanza dell’Amore supremo di Dio, principio e fine di tutte le cose, di ogni persona e dei popoli.4 La dignità trascendente della persona è un valore essenziale della sapienza giudaico-cristiana, ma, grazie alla ragione, può essere riconosciuta da tutti. Questa dignità, intesa come capacità di trascendere la propria materialità e di ricercare la verità, va riconosciuta come un bene universale, indispensabile per la costruzione di una società orientata alla realizzazione e alla pienezza dell’uomo. Il rispetto di elementi essenziali della dignità dell’uomo, quali il diritto alla vita e il diritto alla libertà religiosa, è una condizione della legittimità morale di ogni norma sociale e giuridica.

Libertà religiosa e rispetto reciproco

3. La libertà religiosa è all’origine della libertà morale. In effetti, l’apertura alla verità e al bene, l’apertura a Dio, radicata nella natura umana, conferisce piena dignità a ciascun uomo ed è garante del pieno rispetto reciproco tra le persone. Pertanto, la libertà religiosa va intesa non solo come immunità dalla coercizione, ma prima ancora come capacità di ordinare le proprie scelte secondo la verità.

Esiste un legame inscindibile tra libertà e rispetto; infatti, "nell’esercitare i propri diritti i singoli esseri umani e i gruppi sociali, in virtù della legge morale, sono tenuti ad avere riguardo tanto ai diritti altrui, quanto ai propri doveri verso gli altri e verso il bene comune".5

Una libertà nemica o indifferente verso Dio finisce col negare se stessa e non garantisce il pieno rispetto dell’altro. Una volontà che si crede radicalmente incapace di ricercare la verità e il bene non ha ragioni oggettive né motivi per agire, se non quelli imposti dai suoi interessi momentanei e contingenti, non ha una "identità" da custodire e costruire attraverso scelte veramente libere e consapevoli. Non può dunque reclamare il rispetto da parte di altre "volontà", anch’esse sganciate dal proprio essere più profondo, che quindi possono far valere altre "ragioni" o addirittura nessuna "ragione". L’illusione di trovare nel relativismo morale la chiave per una pacifica convivenza, è in realtà l’origine della divisione e della negazione della dignità degli esseri umani. Si comprende quindi la necessità di riconoscere una duplice dimensione nell’unità della persona umana: quella religiosa e quella sociale. Al riguardo, è inconcepibile che i credenti "debbano sopprimere una parte di se stessi - la loro fede - per essere cittadini attivi; non dovrebbe mai essere necessario rinnegare Dio per poter godere dei propri diritti".6

La famiglia, scuola di libertà e di pace

4. Se la libertà religiosa è via per la pace, l’educazione religiosa è strada privilegiata per abilitare le nuove generazioni a riconoscere nell’altro il proprio fratello e la propria sorella, con i quali camminare insieme e collaborare perché tutti si sentano membra vive di una stessa famiglia umana, dalla quale nessuno deve essere escluso.

La famiglia fondata sul matrimonio, espressione di unione intima e di complementarietà tra un uomo e una donna, si inserisce in questo contesto come la prima scuola di formazione e di crescita sociale, culturale, morale e spirituale dei figli, che dovrebbero sempre trovare nel padre e nella madre i primi testimoni di una vita orientata alla ricerca della verità e all’amore di Dio. Gli stessi genitori dovrebbero essere sempre liberi di trasmettere senza costrizioni e con responsabilità il proprio patrimonio di fede, di valori e di cultura ai figli. La famiglia, prima cellula della società umana, rimane l’ambito primario di formazione per relazioni armoniose a tutti i livelli di convivenza umana, nazionale e internazionale. Questa è la strada da percorrere sapientemente per la costruzione di un tessuto sociale solido e solidale, per preparare i giovani ad assumere le proprie responsabilità nella vita, in una società libera, in uno spirito di comprensione e di pace.

Un patrimonio comune

5. Si potrebbe dire che, tra i diritti e le libertà fondamentali radicati nella dignità della persona, la libertà religiosa gode di uno statuto speciale. Quando la libertà religiosa è riconosciuta, la dignità della persona umana è rispettata nella sua radice, e si rafforzano l’ethos e le istituzioni dei popoli. Viceversa, quando la libertà religiosa è negata, quando si tenta di impedire di professare la propria religione o la propria fede e di vivere conformemente ad esse, si offende la dignità umana e, insieme, si minacciano la giustizia e la pace, le quali si fondano su quel retto ordine sociale costruito alla luce del Sommo Vero e Sommo Bene.

La libertà religiosa è, in questo senso, anche un’acquisizione di civiltà politica e giuridica. Essa è un bene essenziale: ogni persona deve poter esercitare liberamente il diritto di professare e di manifestare, individualmente o comunitariamente, la propria religione o la propria fede, sia in pubblico che in privato, nell’insegnamento, nelle pratiche, nelle pubblicazioni, nel culto e nell’osservanza dei riti. Non dovrebbe incontrare ostacoli se volesse, eventualmente, aderire ad un’altra religione o non professarne alcuna. In questo ambito, l’ordinamento internazionale risulta emblematico ed è un riferimento essenziale per gli Stati, in quanto non consente alcuna deroga alla libertà religiosa, salvo la legittima esigenza dell’ordine pubblico informato a giustizia.7 L’ordinamento internazionale riconosce così ai diritti di natura religiosa lo stesso status del diritto alla vita e alla libertà personale, a riprova della loro appartenenza al nucleo essenziale dei diritti dell’uomo, a quei diritti universali e naturali che la legge umana non può mai negare.

La libertà religiosa non è patrimonio esclusivo dei credenti, ma dell’intera famiglia dei popoli della terra. È elemento imprescindibile di uno Stato di diritto; non la si può negare senza intaccare nel contempo tutti i diritti e le libertà fondamentali, essendone sintesi e vertice. Essa è "la cartina di tornasole per verificare il rispetto di tutti gli altri diritti umani".8 Mentre favorisce l’esercizio delle facoltà più specificamente umane, crea le premesse necessarie per la realizzazione di uno sviluppo integrale, che riguarda unitariamente la totalità della persona in ogni sua dimensione.9

La dimensione pubblica della religione

6. La libertà religiosa, come ogni libertà, pur muovendo dalla sfera personale, si realizza nella relazione con gli altri. Una libertà senza relazione non è libertà compiuta. Anche la libertà religiosa non si esaurisce nella sola dimensione individuale, ma si attua nella propria comunità e nella società, coerentemente con l’essere relazionale della persona e con la natura pubblica della religione.

La relazionalità è una componente decisiva della libertà religiosa, che spinge le comunità dei credenti a praticare la solidarietà per il bene comune. In questa dimensione comunitaria ciascuna persona resta unica e irripetibile e, al tempo stesso, si completa e si realizza pienamente.

E’ innegabile il contributo che le comunità religiose apportano alla società. Sono numerose le istituzioni caritative e culturali che attestano il ruolo costruttivo dei credenti per la vita sociale. Più importante ancora è il contributo etico della religione nell’ambito politico. Esso non dovrebbe essere marginalizzato o vietato, ma compreso come valido apporto alla promozione del bene comune. In questa prospettiva bisogna menzionare la dimensione religiosa della cultura, tessuta attraverso i secoli grazie ai contributi sociali e soprattutto etici della religione. Tale dimensione non costituisce in nessun modo una discriminazione di coloro che non ne condividono la credenza, ma rafforza, piuttosto, la coesione sociale, l’integrazione e la solidarietà.

Libertà religiosa, forza di libertà e di civiltà: i pericoli della sua strumentalizzazione

7. La strumentalizzazione della libertà religiosa per mascherare interessi occulti, come ad esempio il sovvertimento dell’ordine costituito, l’accaparramento di risorse o il mantenimento del potere da parte di un gruppo, può provocare danni ingentissimi alle società. Il fanatismo, il fondamentalismo, le pratiche contrarie alla dignità umana, non possono essere mai giustificati e lo possono essere ancora di meno se compiuti in nome della religione. La professione di una religione non può essere strumentalizzata, né imposta con la forza. Bisogna, allora, che gli Stati e le varie comunità umane non dimentichino mai che la libertà religiosa è condizione per la ricerca della verità e la verità non si impone con la violenza ma con "la forza della verità stessa".10 In questo senso, la religione è una forza positiva e propulsiva per la costruzione della società civile e politica.

Come negare il contributo delle grandi religioni del mondo allo sviluppo della civiltà? La sincera ricerca di Dio ha portato ad un maggiore rispetto della dignità dell’uomo. Le comunità cristiane, con il loro patrimonio di valori e principi, hanno fortemente contribuito alla presa di coscienza delle persone e dei popoli circa la propria identità e dignità, nonché alla conquista di istituzioni democratiche e all’affermazione dei diritti dell’uomo e dei suoi corrispettivi doveri.

Anche oggi i cristiani, in una società sempre più globalizzata, sono chiamati, non solo con un responsabile impegno civile, economico e politico, ma anche con la testimonianza della propria carità e fede, ad offrire un contributo prezioso al faticoso ed esaltante impegno per la giustizia, per lo sviluppo umano integrale e per il retto ordinamento delle realtà umane. L’esclusione della religione dalla vita pubblica sottrae a questa uno spazio vitale che apre alla trascendenza. Senza quest’esperienza primaria risulta arduo orientare le società verso principi etici universali e diventa difficile stabilire ordinamenti nazionali e internazionali in cui i diritti e le libertà fondamentali possano essere pienamente riconosciuti e realizzati, come si propongono gli obiettivi - purtroppo ancora disattesi o contraddetti - della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 1948.

Una questione di giustizia e di civiltà: il fondamentalismo e l’ostilità contro i credenti
pregiudicano la laicità positiva degli Stati

8. La stessa determinazione con la quale sono condannate tutte le forme di fanatismo e di fondamentalismo religioso, deve animare anche l’opposizione a tutte le forme di ostilità contro la religione, che limitano il ruolo pubblico dei credenti nella vita civile e politica.

Non si può dimenticare che il fondamentalismo religioso e il laicismo sono forme speculari ed estreme di rifiuto del legittimo pluralismo e del principio di laicità. Entrambe, infatti, assolutizzano una visione riduttiva e parziale della persona umana, favorendo, nel primo caso, forme di integralismo religioso e, nel secondo, di razionalismo. La società che vuole imporre o, al contrario, negare la religione con la violenza, è ingiusta nei confronti della persona e di Dio, ma anche di se stessa. Dio chiama a sé l’umanità con un disegno di amore che, mentre coinvolge tutta la persona nella sua dimensione naturale e spirituale, richiede di corrispondervi in termini di libertà e di responsabilità, con tutto il cuore e con tutto il proprio essere, individuale e comunitario. Anche la società, dunque, in quanto espressione della persona e dell’insieme delle sue dimensioni costitutive, deve vivere ed organizzarsi in modo da favorirne l’apertura alla trascendenza. Proprio per questo, le leggi e le istituzioni di una società non possono essere configurate ignorando la dimensione religiosa dei cittadini o in modo da prescinderne del tutto. Esse devono commisurarsi - attraverso l’opera democratica di cittadini coscienti della propria alta vocazione - all’essere della persona, per poterlo assecondare nella sua dimensione religiosa. Non essendo questa una creazione dello Stato, non può esserne manipolata, dovendo piuttosto riceverne riconoscimento e rispetto.

L’ordinamento giuridico a tutti i livelli, nazionale e internazionale, quando consente o tollera il fanatismo religioso o antireligioso, viene meno alla sua stessa missione, che consiste nel tutelare e nel promuovere la giustizia e il diritto di ciascuno. Tali realtà non possono essere poste in balia dell’arbitrio del legislatore o della maggioranza, perché, come insegnava già Cicerone, la giustizia consiste in qualcosa di più di un mero atto produttivo della legge e della sua applicazione. Essa implica il riconoscere a ciascuno la sua dignità,11 la quale, senza libertà religiosa, garantita e vissuta nella sua essenza, risulta mutilata e offesa, esposta al rischio di cadere nel predominio degli idoli, di beni relativi trasformati in assoluti. Tutto ciò espone la società al rischio di totalitarismi politici e ideologici, che enfatizzano il potere pubblico, mentre sono mortificate o coartate, quasi fossero concorrenziali, le libertà di coscienza, di pensiero e di religione.

Dialogo tra istituzioni civili e religiose

9. Il patrimonio di principi e di valori espressi da una religiosità autentica è una ricchezza per i popoli e i loro ethos. Esso parla direttamente alla coscienza e alla ragione degli uomini e delle donne, rammenta l’imperativo della conversione morale, motiva a coltivare la pratica delle virtù e ad avvicinarsi l’un l’altro con amore, nel segno della fraternità, come membri della grande famiglia umana.12

Nel rispetto della laicità positiva delle istituzioni statali, la dimensione pubblica della religione deve essere sempre riconosciuta. A tal fine è fondamentale un sano dialogo tra le istituzioni civili e quelle religiose per lo sviluppo integrale della persona umana e dell'armonia della società.

Vivere nell’amore e nella verità

10. Nel mondo globalizzato, caratterizzato da società sempre più multi-etniche e multi-confessionali, le grandi religioni possono costituire un importante fattore di unità e di pace per la famiglia umana. Sulla base delle proprie convinzioni religiose e della ricerca razionale del bene comune, i loro seguaci sono chiamati a vivere con responsabilità il proprio impegno in un contesto di libertà religiosa. Nelle svariate culture religiose, mentre dev’essere rigettato tutto quello che è contro la dignità dell’uomo e della donna, occorre invece fare tesoro di ciò che risulta positivo per la convivenza civile.

Lo spazio pubblico, che la comunità internazionale rende disponibile per le religioni e per la loro proposta di "vita buona", favorisce l’emergere di una misura condivisibile di verità e di bene, come anche un consenso morale, fondamentali per una convivenza giusta e pacifica. I leader delle grandi religioni, per il loro ruolo, la loro influenza e la loro autorità nelle proprie comunità, sono i primi ad essere chiamati al rispetto reciproco e al dialogo.

I cristiani, da parte loro, sono sollecitati dalla stessa fede in Dio, Padre del Signore Gesù Cristo, a vivere come fratelli che si incontrano nella Chiesa e collaborano all’edificazione di un mondo dove le persone e i popoli "non agiranno più iniquamente né saccheggeranno […], perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare" (Is 11, 9).

Dialogo come ricerca in comune

11. Per la Chiesa il dialogo tra i seguaci di diverse religioni costituisce uno strumento importante per collaborare con tutte le comunità religiose al bene comune. La Chiesa stessa nulla rigetta di quanto è vero e santo nelle varie religioni. "Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini".13

Quella indicata non è la strada del relativismo, o del sincretismo religioso. La Chiesa, infatti, "annuncia, ed è tenuta ad annunciare, il Cristo che è «via, verità e vita» (Gv 14,6), in cui gli uomini devono trovare la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato con se stesso tutte le cose".14 Ciò non esclude tuttavia il dialogo e la ricerca comune della verità in diversi ambiti vitali, poiché, come recita un’espressione usata spesso da san Tommaso d’Aquino, "ogni verità, da chiunque sia detta, proviene dallo Spirito Santo".15

Nel 2011 ricorre il 25° anniversario della Giornata mondiale di preghiera per la pace, convocata ad Assisi nel 1986 dal Venerabile Giovanni Paolo II. In quell’occasione i leader delle grandi religioni del mondo hanno testimoniato come la religione sia un fattore di unione e di pace, e non di divisione e di conflitto. Il ricordo di quell’esperienza è un motivo di speranza per un futuro in cui tutti i credenti si sentano e si rendano autenticamente operatori di giustizia e di pace.

Verità morale nella politica e nella diplomazia

12. La politica e la diplomazia dovrebbero guardare al patrimonio morale e spirituale offerto dalle grandi religioni del mondo per riconoscere e affermare verità, principi e valori universali che non possono essere negati senza negare con essi la dignità della persona umana. Ma che cosa significa, in termini pratici, promuovere la verità morale nel mondo della politica e della diplomazia? Vuol dire agire in maniera responsabile sulla base della conoscenza oggettiva e integrale dei fatti; vuol dire destrutturare ideologie politiche che finiscono per soppiantare la verità e la dignità umana e intendono promuovere pseudo-valori con il pretesto della pace, dello sviluppo e dei diritti umani; vuol dire favorire un impegno costante per fondare la legge positiva sui principi della legge naturale.16 Tutto ciò è necessario e coerente con il rispetto della dignità e del valore della persona umana, sancito dai Popoli della terra nella Carta dell’Organizzazione delle Nazioni Unite del 1945, che presenta valori e principi morali universali di riferimento per le norme, le istituzioni, i sistemi di convivenza a livello nazionale e internazionale.

Oltre l’odio e il pregiudizio

13. Nonostante gli insegnamenti della storia e l’impegno degli Stati, delle Organizzazioni internazionali a livello mondiale e locale, delle Organizzazioni non governative e di tutti gli uomini e le donne di buona volontà che ogni giorno si spendono per la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali, nel mondo ancora oggi si registrano persecuzioni, discriminazioni, atti di violenza e di intolleranza basati sulla religione. In particolare, in Asia e in Africa le principali vittime sono i membri delle minoranze religiose, ai quali viene impedito di professare liberamente la propria religione o di cambiarla, attraverso l’intimidazione e la violazione dei diritti, delle libertà fondamentali e dei beni essenziali, giungendo fino alla privazione della libertà personale o della stessa vita.

Vi sono poi - come ho già affermato - forme più sofisticate di ostilità contro la religione, che nei Paesi occidentali si esprimono talvolta col rinnegamento della storia e dei simboli religiosi nei quali si rispecchiano l’identità e la cultura della maggioranza dei cittadini. Esse fomentano spesso l’odio e il pregiudizio e non sono coerenti con una visione serena ed equilibrata del pluralismo e della laicità delle istituzioni, senza contare che le nuove generazioni rischiano di non entrare in contatto con il prezioso patrimonio spirituale dei loro Paesi.

La difesa della religione passa attraverso la difesa dei diritti e delle libertà delle comunità religiose. I leader delle grandi religioni del mondo e i responsabili delle Nazioni rinnovino, allora, l’impegno per la promozione e la tutela della libertà religiosa, in particolare per la difesa delle minoranze religiose, le quali non costituiscono una minaccia contro l’identità della maggioranza, ma sono al contrario un’opportunità per il dialogo e per il reciproco arricchimento culturale. La loro difesa rappresenta la maniera ideale per consolidare lo spirito di benevolenza, di apertura e di reciprocità con cui tutelare i diritti e le libertà fondamentali in tutte le aree e le regioni del mondo.

Libertà religiosa nel mondo

14. Mi rivolgo, infine, alle comunità cristiane che soffrono persecuzioni, discriminazioni, atti di violenza e intolleranza, in particolare in Asia, in Africa, nel Medio Oriente e specialmente nella Terra Santa, luogo prescelto e benedetto da Dio. Mentre rinnovo ad esse il mio affetto paterno e assicuro la mia preghiera, chiedo a tutti i responsabili di agire prontamente per porre fine ad ogni sopruso contro i cristiani, che abitano in quelle regioni. Possano i discepoli di Cristo, dinanzi alle presenti avversità, non perdersi d’animo, perché la testimonianza del Vangelo è e sarà sempre segno di contraddizione.

Meditiamo nel nostro cuore le parole del Signore Gesù: "Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati […]. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati [...]. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli" (Mt 5,4-12). Rinnoviamo allora "l’impegno da noi assunto all’indulgenza e al perdono, che invochiamo nel Pater noster da Dio, per aver noi stessi posta la condizione e la misura della desiderata misericordia. Infatti, preghiamo così: «Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori» (Mt 6,12)".17 La violenza non si supera con la violenza. Il nostro grido di dolore sia sempre accompagnato dalla fede, dalla speranza e dalla testimonianza dell’amore di Dio. Esprimo anche il mio auspicio affinché in Occidente, specie in Europa, cessino l’ostilità e i pregiudizi contro i cristiani per il fatto che essi intendono orientare la propria vita in modo coerente ai valori e ai principi espressi nel Vangelo. L’Europa, piuttosto, sappia riconciliarsi con le proprie radici cristiane, che sono fondamentali per comprendere il ruolo che ha avuto, che ha e che intende avere nella storia; saprà, così, sperimentare giustizia, concordia e pace, coltivando un sincero dialogo con tutti i popoli.

Libertà religiosa, via per la pace

15. Il mondo ha bisogno di Dio. Ha bisogno di valori etici e spirituali, universali e condivisi, e la religione può offrire un contributo prezioso nella loro ricerca, per la costruzione di un ordine sociale giusto e pacifico, a livello nazionale e internazionale.

La pace è un dono di Dio e al tempo stesso un progetto da realizzare, mai totalmente compiuto. Una società riconciliata con Dio è più vicina alla pace, che non è semplice assenza di guerra, non è mero frutto del predominio militare o economico, né tantomeno di astuzie ingannatrici o di abili manipolazioni. La pace invece è risultato di un processo di purificazione ed elevazione culturale, morale e spirituale di ogni persona e popolo, nel quale la dignità umana è pienamente rispettata. Invito tutti coloro che desiderano farsi operatori di pace, e soprattutto i giovani, a mettersi in ascolto della propria voce interiore, per trovare in Dio il riferimento stabile per la conquista di un’autentica libertà, la forza inesauribile per orientare il mondo con uno spirito nuovo, capace di non ripetere gli errori del passato. Come insegna il Servo di Dio Paolo VI, alla cui saggezza e lungimiranza si deve l’istituzione della Giornata Mondiale della Pace: "Occorre innanzi tutto dare alla Pace altre armi, che non quelle destinate ad uccidere e a sterminare l'umanità. Occorrono sopra tutto le armi morali, che danno forza e prestigio al diritto internazionale; quelle, per prime, dell’osservanza dei patti".18 La libertà religiosa è un’autentica arma della pace, con una missione storica e profetica. Essa infatti valorizza e mette a frutto le più profonde qualità e potenzialità della persona umana, capaci di cambiare e rendere migliore il mondo. Essa consente di nutrire la speranza verso un futuro di giustizia e di pace, anche dinanzi alle gravi ingiustizie e alle miserie materiali e morali. Che tutti gli uomini e le società ad ogni livello ed in ogni angolo della Terra possano presto sperimentare la libertà religiosa, via per la pace!

Dal Vaticano, 8 dicembre 2010

BENEDICTUS PP XVI

_____________________________

1 Cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 29.55-57.

2 Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis humanae, 2.

3 Cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 78.

4 Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane Nostra aetate, 1.

5 Id., Dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis humanae, 7.

6 Benedetto XVI, Discorso all’Assemblea Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (18 aprile 2008): AAS 100 (2008), 337.

7 Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis humanae, 2

8 Giovanni Paolo II, Discorso ai Partecipanti all’Assemblea Parlamentare dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) (10 ottobre 2003), 1: AAS 96 (2004), 111.

9 Cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 11.

10 Cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 11.

11 Cfr Cicerone, De inventione, II, 160.

12 Cfr Benedetto xvi, Discorso ai Rappresentanti di altre Religioni del Regno Unito (17 settembre 2010): L’Osservatore Romano (18 settembre 2010), p. 12.

13 Conc. Ecum. Vat. II, Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane Nostra aetate, 2.

14 Ibidem.

15 Super evangelium Joannis, I, 3.

16 Cfr Benedetto xvi, Discorso alle Autorità civili e al Corpo diplomatico a Cipro (5 giugno 2010): L’Osservatore Romano (6 giugno 2010), p. 8; COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Alla ricerca di un’etica universale: uno sguardo sulla legge naturale, Città del Vaticano 2009.

17 Paolo VI, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1976: AAS 67 (1975), 671.

18 Ibid., p. 668.

© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana


Paparatzifan
00domenica 29 luglio 2012 19:06
Dal blog di Lella...

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 29.07.2012

Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo e recita l’Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

nell’odierna domenica abbiamo iniziato la lettura del capitolo 6° del Vangelo di Giovanni. Il capitolo si apre con la scena della moltiplicazione dei pani, che poi Gesù commenta nella sinagoga di Cafarnao, indicando in Se stesso il «pane» che dona la vita. Le azioni compiute da Gesù sono parallele a quelle dell’Ultima Cena: «Prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti» - così dice il Vangelo (Gv 6,11). L’insistenza sul tema del «pane», che viene condiviso, e sul rendere grazie (v.11, in greco eucharistesas), richiamano l’Eucaristia, il Sacrificio di Cristo per la salvezza del mondo.
L’Evangelista osserva che la Pasqua, la festa, era ormai vicina (cfr v. 4). Lo sguardo si orienta verso la Croce, il dono di amore, e verso l’Eucaristia, il perpetuarsi di questo dono: Cristo si fa pane di vita per gli uomini. Sant’Agostino commenta così: «Chi, se non Cristo, è il pane del cielo? Ma perché l’uomo potesse mangiare il pane degli angeli, il Signore degli angeli si è fatto uomo. Se tale non si fosse fatto, non avremmo il suo corpo; non avendo il corpo proprio di lui, non mangeremmo il pane dell’altare» (Sermone 130,2).
L’Eucaristia è il permanente grande incontro dell’uomo con Dio, in cui il Signore si fa nostro cibo, dà Se stesso per trasformarci in Lui stesso.
Nella scena della moltiplicazione, viene segnalata anche la presenza di un ragazzo, che, di fronte alla difficoltà di sfamare tanta gente, mette in comune quel poco che ha: cinque pani e due pesci (cfr Gv 6,8).
Il miracolo non si produce da niente, ma da una prima modesta condivisione di ciò che un semplice ragazzo aveva con sé. Gesù non ci chiede quello che non abbiamo, ma ci fa vedere che se ciascuno offre quel poco che ha, può compiersi sempre di nuovo il miracolo: Dio è capace di moltiplicare il nostro piccolo gesto di amore e renderci partecipi del suo dono.
La folla è colpita dal prodigio: vede in Gesù il nuovo Mosè, degno del potere, e nella nuova manna, il futuro assicurato, ma si ferma all’elemento materiale, che hanno mangiato, e il Signore, «sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo» (Gv 6,15). Gesù non è un re terreno che esercita il dominio, ma un re che serve, che si china sull’uomo per saziare non solo la fame materiale, ma soprattutto la fame più profonda, la fame di orientamento, di senso, di verità, la fame di Dio.
Cari fratelli e sorelle, chiediamo al Signore di farci riscoprire l’importanza di nutrirci non solo di pane, ma di verità, di amore, di Cristo, del corpo di Cristo, partecipando fedelmente e con grande consapevolezza all’Eucaristia, per essere sempre più intimamente uniti a Lui.
Infatti «non è l’alimento eucaristico che si trasforma in noi, ma siamo noi che veniamo da esso misteriosamente cambiati. Cristo ci nutre unendoci a sé; ci attira dentro di sé» (Esort. Apost. Sacramentum caritatis, 70).
Allo stesso tempo, vogliamo pregare perché non manchi mai a nessuno il pane necessario per una vita dignitosa, e siano abbattute le disuguaglianze non con le armi della violenza, ma con la condivisione e l’amore.
Ci affidiamo alla Vergine Maria, mentre invochiamo su di noi e sui nostri cari la sua materna intercessione.

DOPO L’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

continuo a seguire con apprensione i tragici e crescenti episodi di violenza in Siria con la triste sequenza di morti e feriti, anche tra i civili, e un ingente numero di sfollati interni e di rifugiati nei Paesi limitrofi. Per questi chiedo che sia garantita la necessaria assistenza umanitaria e l’aiuto solidale. Nel rinnovare la mia vicinanza alla popolazione sofferente ed il ricordo nella preghiera, rinnovo un pressante appello, perché si ponga fine ad ogni violenza e spargimento di sangue. Chiedo a Dio la sapienza del cuore, in particolare per quanti hanno maggiori responsabilità, perché non venga risparmiato alcuno sforzo nella ricerca della pace, anche da parte della comunità internazionale, attraverso il dialogo e la riconciliazione, in vista di un’adeguata soluzione politica del conflitto. Il mio pensiero si rivolge anche alla cara Nazione irachena, colpita in questi ultimi giorni da numerosi e gravi attentati che hanno provocato molti morti e feriti. Possa questo grande Paese trovare la via della stabilità, della riconciliazione e della pace.

Tra un anno, proprio in questo periodo, si terrà la 28a Giornata Mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro, in Brasile. Si tratta di una preziosa occasione per tanti giovani di sperimentare la gioia e la bellezza di appartenere alla Chiesa e di vivere la fede. Guardo con speranza a questo evento e desidero incoraggiare e ringraziare gli organizzatori, specialmente l’Arcidiocesi di Rio de Janeiro, impegnati a preparare con solerzia l’accoglienza ai giovani che da tutto il mondo prenderanno parte a questo importante incontro ecclesiale.

Seguo con preoccupazione le notizie relative allo stabilimento ILVA di Taranto e desidero manifestare la mia vicinanza agli operai e alle loro famiglie, che vivono con apprensione questi difficili momenti. Mentre assicuro la mia preghiera e il sostegno della Chiesa, esorto tutti al senso di responsabilità e incoraggio le Istituzioni nazionali e locali a compiere ogni sforzo per giungere ad una equa soluzione della questione, che tuteli sia il diritto alla salute, sia il diritto al lavoro, soprattutto in questi tempi di crisi economica.

Chers francophones et chers pèlerins venus de Martinique, aujourd’hui débute dans la liturgie dominicale la lecture du 6ème chapitre de l’évangile de saint Jean, qui relate la multiplication des pains et rapporte le discours sur le pain de vie. Les foules qui suivent le Christ ont faim. Jésus multiplie le pain que les disciples distribuent. Je vous invite vous aussi à distribuer la Bonne Nouvelle du Christ. N’hésitez pas à parler de lui autour de vous. Ceux qui cherchent Dieu sont nombreux. Comblez leur faim dans la mesure du possible. Bonnes vacances et que Dieu vous bénisse par l’intercession de la Vierge Marie.

I greet all the English-speaking visitors present at today’s Angelus prayer. In the Gospel this morning, our Lord miraculously offers food to the crowds, leaving a sign of God’s immeasurable providence in the Eucharist. Strengthened by that Sacrifice, may we always work for the spiritual nourishment of our brethren, not forgetting the poor and needy. Godblessyouandyourlovedones!

Von Herzen grüße ich alle deutschsprachigen Pilger und Besucher. Mit dem Wunder der Brotvermehrung im heutigen Sonntagsevangelium zeigt uns Christus, daß seine Liebe größer ist als menschliches Sorgen und Planen. Dabei will er aber auch unseren Beitrag. Was wir im Vertrauen auf ihn tun, das macht er fruchtbar und begleitet es mit seinem Segen. In der Einheit mit ihm, in die wir hineinzuwachsen wollen, werden wir Zeugen und Mitarbeiter seiner Güte. Welt. Der Herr vollende das Gute, das wir uns vornehmen.

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española que participan en esta oración mariana, y quisiera recordar con particular afecto a todos los que están gozando de unos días de merecido descanso, y también a quienes están pasando por momentos difíciles o dolorosos, sometidos a duras pruebas. Invito a todos a acoger en este domingo la Palabra de Dios que la Iglesia nos propone en la liturgia. Meditémosla con un corazón humilde y llevémosla a la práctica con sencillez. Que María, la Santísima Virgen, nos muestre siempre su amor de Madre. Feliz domingo.

Witam serdecznie Polaków. Cud rozmnożenia chleba dokonany przez Jezusa, o jakim słyszymy w dzisiejszej Ewangelii, jest zapowiedzią Eucharystii. Chrystus nadal łamie Chleb dla nas i zapewnia: „Kto spożywa moje Ciało i pije Krew moją, trwa we Mnie, a Ja w nim" (J 6, 56). Zawierzając wszystko Bogu, jak powstańcy warszawscy, trwając w jedności z Chrystusem, nie zbłądzicie w codziennych wyborach wartości, nawet gdy świat będzie was kusił mirażami szczęścia i rozrywki. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.

[Dò il mio benvenuto ai Polacchi. Il miracolo della moltiplicazione dei pani, compiuto da Gesù, di cui ci parla il Vangelo di oggi era annuncio dell’Eucaristia. Cristo continua a spezzare il pane per noi e ci assicura: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui" (Gv 6, 56). Affidando tutto a Dio come hanno fatto i combattenti della insurrezione di Varsavia, rimanendo nell’unità con Cristo, non commetterete errori nella scelta quotidiana dei valori, perfino quanto il mondo vi tenta con i miraggi della felicità e del divertimento. Sia lodato Gesù Cristo.]

Sono lieto di salutare con affetto i pellegrini di lingua italiana; in particolare la comunità del Seminario di Otranto, - è venuto con voi il vostro Arcivescovo Mons. Donato Negro che saluto con voi; le Suore Figlie di Cristo Re, provenienti dall’Italia e da varie parti del mondoin occasione del loro Capitolo generale; i partecipanti al pellegrinaggio ciclistico degli ex allievi dell’Istituto Don Nicola Mazza di Verona. Ricordo, infine, che oggi si svolge qui a Castel Gandolfo la «Sagra delle Pesche». Auspico ogni migliore successo per questa tradizionale iniziativa che vede la collaborazione dell’Amministrazione Comunale, della Parrocchia e dell’intera cittadinanza. A tutti auguro una buona domenica e una buona settimana! Grazie. Buona domenica!

Affacciandosi sulla Piazza antistante il Palazzo Apostolico, il Santo Padre ha rivolto ai pellegrini le seguenti parole:

Cari amici,

vi auguro una buona domenica. Oggi abbiamo sentito in Chiesa il Vangelo della moltiplicazione dei pani, un segno della bontà di Dio con noi, un segno della bontà della creazione, un segno della bontà degli uomini tra di loro. Cerchiamo che questa luce della bontà divina e nostra risplenda anche oggi in noi e tra di noi, e così sia veramente una buona domenica, una buona settimana. Auguri a voi tutti. Grazie!


© Copyright 2012 - Libreria Editrice Vaticana


Paparatzifan
00mercoledì 1 agosto 2012 20:26
Dal blog di Lella...

L’UDIENZA GENERALE, 01.08.2012

Alle ore 10.30 di oggi, nella Piazza della Libertà antistante il Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato i fedeli ed i pellegrini convenuti per l’Udienza Generale del mercoledì, appuntamento ripreso oggi dopo la sospensione nel mese di luglio.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa ha presentato la figura di sant’Alfonso Maria de’ Liguori, Vescovo e Dottore della Chiesa, di cui ricorre oggi la memoria liturgica, soffermandosi in particolare sugli insegnamenti del santo riguardo alla preghiera. Quindi ha rivolto un saluto in varie lingue ai gruppi di pellegrini presenti.
L’Udienza si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.


CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Sant'Alfonso Maria De' Liguori e la preghiera

Cari fratelli e sorelle!

Ricorre oggi la memoria liturgica di sant’Alfonso Maria de’ Liguori, Vescovo e Dottore della Chiesa, fondatore della Congregazione del Santissimo Redentore, Redentoristi, patrono degli studiosi di teologia morale e dei confessori.
Sant’Alfonso è uno dei santi più popolari del XVIII secolo, per il suo stile semplice e immediato e per la sua dottrina sul sacramento della Penitenza: in un periodo di grande rigorismo, frutto dell’influsso giansenista, egli raccomandava ai confessori di amministrare questo Sacramento manifestando l’abbraccio gioioso di Dio Padre, che nella sua misericordia infinita non si stanca di accogliere il figlio pentito. L’odierna ricorrenza ci offre l’occasione di soffermarci sugli insegnamenti di sant’Alfonso riguardo alla preghiera, quanto mai preziosi e pieni di afflato spirituale.
Risale all'anno 1759 il suo trattato Del gran mezzo della Preghiera, che egli considerava il più utile tra tutti i suoi scritti. Infatti, descrive la preghiera come «il mezzo necessario e sicuro per ottenere la salvezza e tutte le grazie di cui abbiamo bisogno per conseguirla» (Introduzione). In questa frase è sintetizzato il modo alfonsiano di intendere la preghiera.
Innanzitutto, dicendo che è un mezzo, ci richiama al fine da raggiungere: Dio ha creato per amore, per poterci donare la vita in pienezza; ma questa meta, questa vita in pienezza, a causa del peccato si è, per così dire, allontanata - lo sappiamo tutti - e solo la grazia di Dio la può rendere accessibile. Per spiegare questa verità basilare e far capire con immediatezza come sia reale per l’uomo il rischio di «perdersi», sant’Alfonso aveva coniato una famosa massima, molto elementare, che dice: «Chi prega si salva, chi non prega si danna!». A commento di tale frase lapidaria, aggiungeva: «Il salvarsi insomma senza pregare è difficilissimo, anzi impossibile … ma pregando il salvarsi è cosa sicura e facilissima» (II, Conclusione). E ancora egli dice: «Se non preghiamo, per noi non v’è scusa, perché la grazia di pregare è data ad ognuno … se non ci salveremo, tutta la colpa sarà nostra, perché non avremo pregato» (ibid.).
Dicendo quindi che la preghiera è un mezzo necessario, sant’Alfonso voleva far comprendere che in ogni situazione della vita non si può fare a meno di pregare, specie nel momento della prova e nelle difficoltà. Sempre dobbiamo bussare con fiducia alla porta del Signore, sapendo che in tutto Egli si prende cura dei suoi figli, di noi. Per questo, siamo invitati a non temere di ricorrere a Lui e di presentargli con fiducia le nostre richieste, nella certezza di ottenere ciò di cui abbiamo bisogno.
Cari amici, questa è la questione centrale: che cosa è davvero necessario nella mia vita? Rispondo con sant’Alfonso: «La salute e tutte le grazie che per quella ci bisognano» (ibid.); naturalmente, egli intende non solo la salute del corpo, ma anzitutto anche quella dell’anima, che Gesù ci dona. Più che di ogni altra cosa abbiamo bisogno della sua presenza liberatrice che rende davvero pienamente umano, e perciò ricolmo di gioia, il nostro esistere. E solo attraverso la preghiera possiamo accogliere Lui, la sua Grazia, che, illuminandoci in ogni situazione, ci fa discernere il vero bene e, fortificandoci, rende efficace anche la nostra volontà, cioè la rende capace di attuare il bene conosciuto. Spesso riconosciamo il bene, ma non siamo capaci di farlo. Con la preghiera arriviamo a compierlo. Il discepolo del Signore sa di essere sempre esposto alla tentazione e non manca di chiedere aiuto a Dio nella preghiera, per vincerla.
Sant’Alfonso riporta l’esempio di san Filippo Neri - molto interessante –, il quale «dal primo momento in cui si svegliava la mattina, diceva a Dio: "Signore, tenete oggi le mani sopra Filippo, perché se no, Filippo vi tradisce"» (III, 3) Grande realista! Egli chiede a Dio di tenere la sua mano su di lui. Anche noi, consapevoli della nostra debolezza, dobbiamo chiedere l’aiuto di Dio con umiltà, confidando sulla ricchezza della sua misericordia. In un altro passo, dice sant’Alfonso che: «Noi siamo poveri di tutto, ma se domandiamo non siamo più poveri. Se noi siamo poveri, Dio è ricco» (II, 4).
E, sulla scia di sant’Agostino, invita ogni cristiano a non aver timore di procurarsi da Dio, con le preghiere, quella forza che non ha, e che gli è necessaria per fare il bene, nella certezza che il Signore non nega il suo aiuto a chi lo prega con umiltà (cfr III, 3).
Cari amici, sant’Alfonso ci ricorda che il rapporto con Dio è essenziale nella nostra vita. Senza il rapporto con Dio manca la relazione fondamentale e la relazione con Dio si realizza nel parlare con Dio, nella preghiera personale quotidiana e con la partecipazione ai Sacramenti, e così questa relazione può crescere in noi, può crescere in noi la presenza divina che indirizza il nostro cammino, lo illumina e lo rende sicuro e sereno, anche in mezzo a difficoltà e pericoli.
Grazie.

SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE

Chers pèlerins de langue française, je suis heureux de vous accueillir ce matin ! En cette période de congés pour beaucoup d’entre vous, je vous invite à prendre le temps de prier personnellement chaque jour, car la relation avec Dieu est essentielle dans notre vie. N’ayez pas peur de demander au Seigneur la force qui vous manque et qui est nécessaire pour faire le bien, dans la certitude qu’il ne refuse jamais son aide à celui qui le prie avec humilité. Que saint Alphonse de Liguori, dont nous célébrons la fête aujourd’hui, vous aide à marcher avec confiance sur ce chemin ! Bon pèlerinage et bon temps de repos à tous!

I greet all the English-speaking pilgrims, especially those from England and the United States. Today the Church celebrates the feast of Saint Alphonsus de’ Liguori, the founder of the Redemptorists, a great moral theologian and a master of prayer. Saint Alphonsus teaches us the beauty of daily prayer, in which we open our minds and hearts to the Lord’s presence and receive the grace to live wisely and well. By his example and intercession, may you and your families come to know God’s saving love and experience his abundant blessings!

Ganz herzlich heiße ich alle Pilger und Besucher deutscher Sprache willkommen. Wir feiern heute den Gedenktag des heiligen Alfons von Liguori. Er ist der Gründer der Redemptoristen und der Patron der Beichtväter. In seinen Schriften erinnert uns der Heilige daran, vor allem eine lebendige Beziehung zu Gott zu verwirklichen. Er hat ein kleines, schönes Buch über das Gebet geschrieben, in dem er uns sagt: Der Mensch braucht die Beziehung zu Gott. Und wie soll er sie haben, wenn nicht anders als dadurch, daß er mit ihm spricht. Das tägliche Gebet und die Teilnahme an den Sakramenten lassen dann die Nähe und Gegenwart Gottes in uns wachsen, die uns hilft, den wahren Lebensweg zu finden. Es gibt ein Wort des heiligen Alfons, das sehr elementar ist: »Wer betet, wird sicher gerettet, wer nicht betet, geht sicher verloren«. Der Heilige Geist helfe uns, daß wir Lust am Beten finden, gerade in den Ferien, und so die innere Beziehung zu Gott herstellen und unser Leben weiter, reicher und größer wird.

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos provenientes de España, México y otros países latinoamericanos. Invito a todos, en este tiempo veraniego, a no abandonar nunca la oración, como nos enseña san Alfonso María de Ligorio, pues de nuestra relación con el Señor en la plegaría y los sacramentos depende nuestra salvación. Dios os bendiga.

Com sentimentos de gratidão e estima, saúdo todos os peregrinos de língua portuguesa, nomeadamente o grupo de escuteiros de Alcobaça, invocando sobre os vossos passos a graça do encontro com Deus: Jesus Cristo é a Tenda divina no meio de nós; ide até Ele, vivei na sua graça e tereis a vida eterna. Desça sobre vós e vossas famílias a minha Bênção.

Pozdrawiam serdecznie obecnych tu Polaków. Witam Siostry Elżbietanki, uczestniczące w seminarium odnowy duchowej w Rzymie. Życzę wam, abyście w modlitewnym duchu przeżywali ważne wydarzenia obchodzone w Polsce w sierpniu: rocznicę Powstania warszawskiego i Cudu nad Wisłą, uroczystości Matki Bożej i wasze pielgrzymki. Modlitwa jest bowiem źródłem odnowy serc. Uczmy się jej wszyscy od świętego Alfonsa Marii Liguoriego, którego dzisiaj wspominamy. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.

[Saluto cordialmente tutti i Polacchi qui presenti. Do il mio benvenuto alle Suore di Santa Elisabetta che partecipano al seminario di rinnovamento spirituale a Roma. Vi esorto tutti a vivere con intensità spirituale gli importanti anniversari ed eventi che si celebrano nel mese d’agosto in Polonia: l’insurrezione di Varsavia, il „Miracolo sul fiume di Vistola", le feste della Madonna, i pellegrinaggi. La preghiera, infatti, è la fonte del rinnovamento dei cuori. Impariamo questo da Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, che oggi ricordiamo. Sia lodato Gesù Cristo.]

Zo srdca vítam slovenských pútnikov, osobitne z Bratislavy, Nitry a Košíc. Bratia a sestry, prajem vám, aby váš pobyt v Ríme bol vhodnou príležitosťou na rast viery a povzbudením napredovať veľkodušne v kresťanskom svedectve. Rád udeľujem vám i vašim drahým Apoštolské požehnanie. Pochválený buď Ježiš Kristus!

[Di cuore do un benvenuto ai pellegrini slovacchi, specialmente a quelli provenienti da Bratislava, Nitra e Košice. Fratelli e sorelle, auguro che il vostro soggiorno a Roma sia una significativa occasione di crescita nella fede ed incoraggiamento a proseguire con generosità nella testimonianza cristiana. Volentieri imparto a voi ed a vostri cari la Benedizione Apostolica. Sia lodato Gesù Cristo!]

Saluto i pellegrini di lingua italiana, in particolare le Figlie di Maria Immacolata, le Serve di Maria Santissima Addolorata e le Suore Catechiste del Sacro Cuore, che prendono parte alle assemblee capitolari dei rispettivi Istituti religiosi. Saluto poi i ragazzi dell’Oratorio di Gandino e di Bonate Sotto, come pure quelli provenienti dalle zone dell’Emilia Romagna e della Lombardia colpite dal recente terremoto. Saluto infine i giovani i malati e gli sposi novelli. Tutti esorto a rendere ovunque una gioiosa testimonianza evangelica.


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Paparatzifan
00domenica 5 agosto 2012 21:38
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LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 05.08.2012

Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo e recita l’Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

Nella Liturgia della Parola di questa Domenica continua la lettura del 6° capitolo del Vangelo di Giovanni. Siamo nella sinagoga di Cafarnao dove Gesù sta tenendo il suo noto discorso dopo la moltiplicazione dei pani. La gente aveva cercato di farlo re, ma Gesù si era ritirato, prima sul monte con Dio, con il Padre, e poi a Cafarnao. Non vedendolo, si era messa a cercarlo, era salita sulle barche per raggiungere l’altra riva del lago e finalmente l’aveva trovato. Ma Gesù sapeva bene il perché di tanto entusiasmo nel seguirlo e lo dice anche con chiarezza: voi «mi cercate non perché avete visto dei segni [perché il vostro cuore è stato impressionato], ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati» (v. 26).
Gesù vuole aiutare la gente ad andare oltre la soddisfazione immediata delle proprie necessità materiali, pur importanti. Vuole aprire ad un orizzonte dell’esistenza che non è semplicemente quello delle preoccupazioni quotidiane del mangiare, del vestire, della carriera. Gesù parla di un cibo che non perisce, che è importante cercare e accogliere.
Egli afferma: «Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’Uomo vi darà» (v. 27).
La folla non comprende, crede che Gesù chieda l’osservanza di precetti per poter ottenere la continuazione di quel miracolo, e chiede: «Cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?» (v. 28). La risposta di Gesù è chiara: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato» (v. 29). Il centro dell’esistenza, ciò che dà senso e ferma speranza al cammino spesso difficile della vita è la fede in Gesù, l’incontro con Cristo. Anche noi domandiamo: «cosa dobbiamo fare per avere la vita eterna?». E Gesù dice: «credete in me».
La fede è la cosa fondamentale. Non si tratta qui di seguire un’idea, un progetto, ma di incontrare Gesù come una Persona viva, di lasciarsi coinvolgere totalmente da Lui e dal suo Vangelo. Gesù invita a non fermarsi all’orizzonte puramente umano e ad aprirsi all’orizzonte di Dio, all’orizzonte della fede.
Egli esige un’unica opera: accogliere il piano di Dio, cioè «credere a colui che egli ha mandato» (v. 29). Mosè aveva dato ad Israele la manna, il pane dal cielo, con il quale Dio stesso aveva nutrito il suo popolo. Gesù non dona qualcosa, dona Se stesso: è Lui il «pane vero, disceso dal cielo», Lui, la Parola vivente del Padre; nell’incontro con Lui incontriamo il Dio vivente.
«Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?» (v. 28) chiede la folla, pronta ad agire, perché il miracolo del pane continui. Ma Gesù, vero pane di vita che sazia la nostra fame di senso, di verità, non si può «guadagnare» con il lavoro umano; viene a noi soltanto come dono dell’amore di Dio, come opera di Dio da chiedere e accogliere.
Cari amici, nelle giornate cariche di occupazioni e di problemi, ma anche in quelle di riposo e di distensione, il Signore ci invita a non dimenticare che se è necessario preoccuparci per il pane materiale e ritemprare le forze, ancora più fondamentale è far crescere il rapporto con Lui, rafforzare la nostra fede in Colui che è il «pane di vita», che riempie il nostro desiderio di verità e di amore.
La Vergine Maria, nel giorno in cui ricordiamo la dedicazione della Basilica di Santa Maria Maggiore in Roma, ci sostenga nel nostro cammino di fede.

DOPO L’ANGELUS

Je vous accueille avec joie, chers amis francophones venus vous associer à la prière mariale de l’Angélus. Dans l’Évangile de ce dimanche nous voyons les foules se déplacer pour suivre Jésus. Comme celles d’hier, les foules d’aujourd’hui ont faim de nourriture terrestre et spirituelle. En nous partageant sa Parole et son Corps en nourriture, Jésus nous comble et nous rassasie. Que la Vierge Marie vous aide à accueillir ce don de Dieu et à vous laisser transformer, comme les Apôtres au jour de la Transfiguration, par le visage lumineux du Christ ressuscité! Bon dimanche à tous!

I welcome all the English-speaking visitors and pilgrims present today and I pray that your stay in Rome will help you to grow closer to the Lord Jesus. In today’s Gospel he says to the people: "I am the bread of life. Whoever comes to me will never be hungry, whoever believes in me will never thirst." Let us put our faith in him, and let us put our trust in his promises, so that we may have life in abundance. May God bless you all!

Mit Freude grüße ich die Pilger und Besucher deutscher Sprache hier in Castel Gandolfo; heute besonders die Ministranten aus dem Bistum Augsburg. Heute fragen im Evangelium die Menschen, was sie tun müssen, damit sie die Werke Gottes vollbringen. Jesus sagt ihnen: „Das ist das Werk Gottes, dann tut ihr, was Gottes ist, wenn ihr an mich glaubt" (vgl. Joh 6,29). Der Glaube an Jesus ist der Weg ins Leben hinein, der Weg zum guten Leben. Durch den Glauben begegnen wir ihm, der das wirkliche Leben schenkt. Erst in einer solchen Begegnung wissen wir, erfahren wir, was Leben ist und das Verlangen unseres Herzens nach Sinn stillt. Vertrauen wir uns also Jesus an und werden wir eine Gemeinschaft in Christus, die dann auch ausstrahlt und seine Liebe den Menschen sichtbar macht. Der Herr segne und behüte euch alle.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española que participan en esta oración mariana, en particular al grupo de fieles de la Diócesis de Albacete. En el evangelio de este domingo Jesús se presenta como el «pan de vida» que sacia para siempre. Que nosotros, al recibirlo en la Eucaristía sepamos permanecer en Él y vivir con Él, acercándonos cada vez más a su gracia santificadora. Confiemos a Nuestra Señora, la Virgen María estos propósitos. Muchas gracias.

Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus. Bracia i siostry, w dzisiejszej Ewangelii Chrystus mówi: „Ja jestem chlebem życia. Kto do Mnie przychodzi, nie będzie łaknął; a kto we Mnie wierzy, nigdy pragnąć nie będzie" (J 6, 35). Niech czas wakacji będzie dla was okazją do modlitwy w odwiedzanych kościołach, kaplicach, do chwil adoracji oraz uwielbienia Chrystusa, który jest Chlebem Żywym i nadaje sens naszemu życiu. Z serca wam błogosławię.

[Sia lodato Gesù Cristo. Fratelli e sorelle, nel Vangelo odierno Cristo ci dice: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!" (Gv 6, 35). Il tempo delle vacanze sia per voi occasione di preghiera mentre visitate chiese e cappelle, momento d’adorazione e di lode a Cristo, Pane Vivo che dà senso alla nostra vita. Vi benedico di cuore.]

Infine rivolgo un caro e cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai gruppi parrocchiali, alle famiglie, ai giovani, con un pensiero speciale per gli Scout della parrocchia Maria Santissima del Perpetuo Soccorso di Palermo. Cari amici, sforzatevi di rispondere sempre fedelmente alla vocazione alla santità che Cristo rivolge ad ogni cristiano. Grazie per la vostra attenzione e presenza. Buona domenica, buona settimana a tutti voi! Buona domenica!

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Paparatzifan
00mercoledì 8 agosto 2012 21:13
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L’UDIENZA GENERALE, 08.08.2012


Alle ore 10.30 di oggi, nella Piazza della Libertà antistante il Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato i fedeli ed i pellegrini convenuti per l’Udienza Generale del mercoledì.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa ha presentato la figura di san Domenico di Guzmán, Sacerdote e Fondatore dell’Ordine dei Predicatori, del quale ricorre oggi la memoria liturgica, soffermandosi in particolare sulla sua vita di preghiera. Quindi ha rivolto un saluto in varie lingue ai gruppi di pellegrini presenti.
L’Udienza si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.


CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

San Domenico di Guzman e la preghiera

Cari fratelli e sorelle,


oggi la Chiesa celebra la memoria di san Domenico di Guzmán, Sacerdote e Fondatore dell’Ordine dei Predicatori, detti Domenicani.
In una precedente Catechesi, ho già illustrato questa insigne figura e il fondamentale contributo che ha apportato al rinnovamento della Chiesa del suo tempo. Oggi, vorrei metterne in luce un aspetto essenziale della sua spiritualità: la sua vita di preghiera.
San Domenico fu un uomo di preghiera. Innamorato di Dio, non ebbe altra aspirazione che la salvezza delle anime, in particolare di quelle cadute nelle reti delle eresie del suo tempo; imitatore di Cristo, incarnò radicalmente i tre consigli evangelici unendo alla proclamazione della Parola una testimonianza di una vita povera; sotto la guida dello Spirito Santo, progredì sulla via della perfezione cristiana. In ogni momento, la preghiera fu la forza che rinnovò e rese sempre più feconde le sue opere apostoliche.
Il Beato Giordano di Sassonia, morto nel 1237, suo successore alla guida dell'Ordine, scrive così: «Durante il giorno, nessuno più di lui si mostrava socievole... Viceversa di notte, nessuno era più di lui assiduo nel vegliare in preghiera. Il giorno lo dedicava al prossimo, ma la notte la dava a Dio » (P. Filippini, San Domenico visto dai suoi contemporanei, Bologna 1982, pag. 133).
In san Domenico possiamo vedere un esempio di integrazione armoniosa tra contemplazione dei misteri divini e attività apostolica. Secondo le testimonianze delle persone a lui più vicine, «egli parlava sempre con Dio o di Dio».
Tale osservazione indica la sua comunione profonda con il Signore e, allo stesso tempo, il costante impegno di condurre gli altri a questa comunione con Dio. Non ha lasciato scritti sulla preghiera, ma la tradizione domenicana ha raccolto e tramandato la sua esperienza viva in un'opera dal titolo: Le nove maniere di pregare di San Domenico. Questo libro è stato composto tra il 1260 e il 1288 da un Frate domenicano; esso ci aiuta a capire qualcosa della vita interiore del Santo e aiuta anche noi, con tutte le differenze, a imparare qualcosa su come pregare.
Sono quindi nove le maniere di pregare secondo san Domenico e ciascuna di queste, che realizzava sempre davanti a Gesù Crocifisso, esprime un atteggiamento corporale e uno spirituale che, intimamente compenetrati, favoriscono il raccoglimento e il fervore.
I primi sette modi seguono una linea ascendente, come passi di un cammino, verso la comunione con Dio, con la Trinità: san Domenico prega in piedi inchinato per esprimere l’umiltà, steso a terra per chiedere perdono dei propri peccati, in ginocchio facendo penitenza per partecipare alle sofferenze del Signore, con le braccia aperte fissando il Crocifisso per contemplare il Sommo Amore, con lo sguardo verso il cielo sentendosi attirato nel mondo di Dio. Quindi sono tre forme: in piedi, in ginocchio, steso a terra; ma sempre con lo sguardo rivolto verso il Signore Crocifisso. Gli ultimi due modi, invece, su cui vorrei soffermarmi brevemente, corrispondono a due pratiche di pietà abitualmente vissute dal Santo. Innanzitutto la meditazione personale, dove la preghiera acquista una dimensione ancora più intima, fervorosa e rasserenante. Al termine della recita della Liturgia delle Ore, e dopo la celebrazione della Messa, san Domenico prolungava il colloquio con Dio, senza porsi limiti di tempo. Seduto tranquillamente, si raccoglieva in se stesso in atteggiamento di ascolto, leggendo un libro o fissando il Crocifisso. Viveva così intensamente questi momenti di rapporto con Dio che anche esteriormente si potevano cogliere le sue reazioni di gioia o di pianto. Quindi ha assimilato a sé, meditando, le realtà della fede. I testimoni raccontano che, a volte, entrava in una sorta di estasi con il volto trasfigurato, ma subito dopo riprendeva umilmente le sue attività quotidiane ricaricato dalla forza che viene dall’Alto. Poi la preghiera durante i viaggi tra un convento e l'altro; recitava le Lodi, l'Ora Media, il Vespro con i compagni, e, attraversando le valli o le colline, contemplava la bellezza della creazione. Allora dal suo cuore sgorgava un canto di lode e di ringraziamento a Dio per tanti doni, soprattutto per la più grande meraviglia: la redenzione operata da Cristo.
Cari amici, san Domenico ci ricorda che all’origine della testimonianza della fede, che ogni cristiano deve dare in famiglia, nel lavoro, nell’impegno sociale, e anche nei momenti di distensione, sta la preghiera, il contatto personale con Dio; solo questo rapporto reale con Dio ci da la forza per vivere intensamente ogni avvenimento, specie i momenti più sofferti. Questo Santo ci ricorda anche l’importanza degli atteggiamenti esteriori nella nostra preghiera.
L’inginocchiarsi, lo stare in piedi davanti al Signore, il fissare lo sguardo sul Crocifisso, il fermarsi e raccogliersi in silenzio, non sono secondari, ma ci aiutano a porci interiormente, con tutta la persona, in relazione con Dio.
Vorrei richiamare ancora una volta la necessità per la nostra vita spirituale di trovare quotidianamente momenti per pregare con tranquillità; dobbiamo prenderci questo tempo specie nelle vacanze, avere un po’ di tempo per parlare con Dio. Sarà un modo anche per aiutare chi ci sta vicino ad entrare nel raggio luminoso della presenza di Dio, che porta la pace e l’amore di cui abbiamo tutti bisogno. Grazie.

SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE

Je salue avec joie les pèlerins de langue française, particulièrement ceux venus de Russ et de Mayenne ! Aujourd’hui, nous célébrons la mémoire de Saint Dominique de Guzman, prêtre et fondateur de l’Ordre des prêcheurs, appelés Dominicains. À son école, nous pouvons être des amoureux de Dieu, des imitateurs du Christ, des hommes et des femmes de prière, sève nourricière de nos actions et de notre témoignage. En ce temps de vacances, laissons-nous guider davantage par l’Esprit-Saint pour approfondir notre communion avec Dieu et avec les autres. Bon séjour et bon repos à tous!

I greet all the English-speaking pilgrims present at today’s Audience, especially those from England, Macau, Japan and the United States. Today we celebrate the feast of Saint Dominic, the founder of the Order of Preachers. In his life, Saint Dominic was able to combine constant prayer and zealous activity in the service of the Lord and his Church. By his example and intercession, may all of us rediscover the importance and beauty of daily prayer, and bear joyful witness to our faith in Christ the Saviour!

Ein herzliches Grüß Gott sage ich allen Gästen deutscher Sprache. Besonders grüße ich die Teilnehmer am »Alumni-Kongreß« des Sozialinstituts Kommende Dortmund. Der heilige Dominikus, dessen Gedenktag wir heute feiern, war ein Mann des Gebets. Es heißt von ihm, daß er, wenn er redete, entweder mit Gott oder von Gott redete und daß für ihn Betrachtung und Apostolat ganz ineinander gingen. Die Formen des Betens, die von ihm überliefert werden, zeigen, wie wichtig dabei auch die körperliche Haltung ist: sitzen, stehen, knien, auf den Herrn hinschauen, sich sammeln. Der Leib muß mitbeten, und es braucht eine Umgebung der Stille für eine rechte Sammlung. Die Beziehung zu Gott im Gebet stärkt unseren Glauben und gibt uns auch Kraft, den Herausforderungen des Alltags standzuhalten. Mühen wir uns deshalb jeden Tag um Zeiten des Gebets. Von Herzen segne ich euch alle.

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los jóvenes de la Archidiócesis de Pamplona y Diócesis de Tudela, acompañados por su Pastor, así como a los grupos provenientes de España, Venezuela, México y otros países Latinoamericanos. La Iglesia celebra hoy la memoria de Santo Domingo de Guzmán, hombre de oración y enamorado de Dios. Él nos recuerda que en la base de todo testimonio está la plegaria, pues en la relación constante con el Señor se recibe la fuerza para vivir intensamente cada momento, y afrontar incluso las mayores dificultades. Muchas gracias y que Dios os bendiga.

Com paterno afecto, saúdo os peregrinos de língua portuguesa, nomeadamente os fiéis da paróquia Nossa Senhora de Fátima, em Évora. Agradeço a presença e sobretudo a oração que fazeis por mim. Hoje a Igreja recorda São Domingos, de quem se diz que sempre falava de Deus ou com Deus. A oração abre a porta da nossa vida a Deus; e nela Deus ensina-nos a sair de nós mesmos para ir ao encontro dos outros, envolvendo a todos na luminosa presença de Deus que nos habita. Sede para vossos familiares e amigos a Bênção de Deus!

Pozdrawiam serdecznie pielgrzymów polskich. Dzisiaj wspominamy świętego Dominika, założyciela Zakonu Dominikanów. Był człowiekiem modlitwy, zawsze mówił z Bogiem lub o Bogu; dnie poświęcał pracy i bliźnim, a noce spędzał na rozmowie z Bogiem. Uczmy się od niego tej wytrwałej modlitwy, koniecznej dla naszego wzrostu duchowego. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.

[Saluto cordialmente i pellegrini polacchi. Oggi ricordiamo san Domenico, Fondatore dei Domenicani. Fu un uomo di preghiera, parlava sempre con Dio o di Dio; i suoi giorni, li dedicava al lavoro e al prossimo e le sue notti, le trascorreva nel colloquio con Dio. Impariamo da lui di questo stile di preghiera perseverante, importante per la nostra crescita spirituale. Sia lodato Gesù Cristo.]

Srdečně zdravím české věřící, zejména cyklopoutníky a jejich doprovod. Slavíme dnes památku svatého Dominika. Kéž je vzorem vašeho svědectví o Kristu.

[Rivolgo un cordiale saluto ai fedeli di lingua ceca, in particolare al gruppo dei pellegrini qui giunti in bicicletta e a quanti li accompagnano. L’esempio di san Domenico di Guzman, di cui oggi celebriamo la memoria, vi sostenga nella vostra testimonianza cristiana.]

Srdečne vítam pútnikov zo Slovenska, osobitne z farností Letanovce a Giraltovce. Bratia a sestry, prajem vám, aby svetlo Božieho Slova osvecovalo všetky kroky vášho života a ochotne udeľujem Apoštolské požehnanie každému z vás a vašim rodinám vo vlasti. Pochválený buď Ježiš Kristus!

[Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini provenienti dalla Slovacchia, particolarmente a quelli delle parrocchie di Letanovce e Giraltovce. Fratelli e sorelle, mentre vi auguro che la luce della Parola di Dio illumini tutti i passi della vostra vita, volentieri imparto la Benedizione Apostolica a ciascuno di voi ed alle vostre famiglie in Patria. Sia lodato Gesù Cristo!]

Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini italiani, in particolare alle Suore del Preziosissimo Sangue e alle coppie di sposi novelli. Grazie! Nel ringraziarvi per la vostra presenza, sono lieto di invocare su ciascuno l’abbondanza dei doni dello Spirito Santo per un rinnovato fervore spirituale e apostolico. Grazie per la presenza e per l'attenzione; una buona giornata e una buona settimana. Grazie e buone vacanze, anche, a tutti voi.


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Paparatzifan
00domenica 12 agosto 2012 21:27
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CONCERTO IN ONORE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI OFFERTO DALLA CARITAS DI REGENSBURG, 11.08.2012

Alle ore 18 di oggi, nel Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, ha avuto luogo un Concerto offerto in onore di Papa Benedetto XVI dalla Caritas di Ratisbona, che celebra i 90 anni di attività, in collaborazione con l’artista Thomas Beckmann, fondatore in Germania dell’associazione per l’assistenza ai senzatetto "Gemeinsam gegen Kälte" (Insieme contro il freddo).
"Beckmann suona il violoncello!" In onore di Dio e per la gioia degli uomini!, il tema dell’evento che ha visto Thomas Beckmann al violoncello, accompagnato al pianoforte dalla moglie Kayoko Matsushita e da Yuko Kasahara. Le parti cantate del concerto sono state affidate alla corale "Vokalensemble Cantico" di Regensburg, diretta da Edeltraud Appl.
In programma motivi di Claudio Monteverdi (1567-1643); Gottfried August Homilius (1714-1785); Johann Pachelbel (1653-1706); Ludwig van Beethoven (1770-1827); Gabriel Fauré (1845-1924); Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809-1847); Josef Gabriel Rheinberger (1839-1901); Maurice Ravel (1875-1937); Giovanni Battista Pergolesi (1710-1736) e di Franz Lehrndorfer (vivente, nato nel 1928).
Al termine dell’esecuzione musicale, il Papa ha rivolto agli artisti e a tutti i presenti il discorso che riportiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA

Reverendi Confratelli,
cari amici!

Alla fine di questo bel «panorama» di musiche vocali e strumentali, mi rimane soltanto di dire di vero cuore ai musicisti un «Vergelt’s Gott» [il Signore ve ne renda merito].
Con il programma di questa serata ci avete offerto un’idea della molteplicità della creatività musicale e dell’ampiezza dell’armonia.
La musica non è una successione di suoni; essa ha un ritmo e, al contempo, è coesione e armonia; essa ha una sua struttura ed una sua profondità. Abbiamo potuto gustare tutto questo in modo meraviglioso non solo nei corali a più voci, eseguiti con forza espressiva dal gruppo vocale Cantico diretto dalla signora Edeltraut Appl, ma anche negli stupendi brani strumentali che abbiamo potuto ascoltare nell’esecuzione del signor Thomas Beckmann, della sua consorte Kayoko e del signor Kasahara. Noi tutti abbiamo ascoltato rapiti – ve ne sarete accorti – il suono caldo e la grande pienezza di timbri del violoncello.
La musica è espressione dello spirito, di un luogo interiore della persona, creato per tutto ciò che è vero, buono e bello. Non è un caso che spesso la musica accompagni la nostra preghiera. Essa fa risuonare i nostri sensi e il nostro animo quando, nella preghiera, incontriamo Dio.
Oggi, nella liturgia, facciamo memoria di Santa Chiara. In un inno alla Santa si legge: «Dalla chiarezza di Dio hai ricevuto la luce. Tu le hai dato spazio, essa è cresciuta in te, e si è diffusa nel mondo; rischiara i nostri cuori».
E’ questo l’atteggiamento di fondo che ricolma l’uomo e gli dona la pace: l’apertura alla claritas divina, la splendente bellezza e forza vitale del Creatore, che ci anima e ci fa superare noi stessi. Oggi abbiamo incontrato questa claritas in modo meraviglioso, ed essa ci ha illuminati. Così è soltanto una conseguenza che gli artisti, partendo dalla loro profonda esperienza della bellezza, si impegnino per il bene e offrano a loro volta aiuto e sostegno ai bisognosi. Essi trasmettono il bene che hanno ricevuto in dono, e questo si diffonde nel mondo. E così cresce l’essere umano, diventa trasparente e consapevole della presenza e dell’agire del suo Creatore. Sicuramente, questo ce lo potranno confermare il signor Beckmann e tutti coloro che insieme a lui sono impegnati nell’opera caritativa «Gemeinsam gegen die Kälte» [«Insieme contro il freddo»]. Abbiamo compreso che questo «Gemeinsam gegen die Kälte» non risponde ad uno scopo che è imposto dall’esterno, ma viene dal profondo, da questa musica che supera il freddo che è dentro di noi e apre il cuore. A voi tutti auguro di cuore il successo nel vostro impegno musicale per molti anni, insieme all’abbondante Benedizione di Dio per il vostro impegno caritativo. A tutti gli interpreti ancora un grazie di cuore per questa bella serata. Poniamo tutto sotto la Benedizione di Dio!
Imparto a voi tutti la mia Benedizione Apostolica:
Grazie di cuore! Buona notte.

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Paparatzifan
00domenica 12 agosto 2012 21:30
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LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 12.08.2012

Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo e recita l’Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

La lettura del 6° capitolo del Vangelo di Giovanni, che ci accompagna in queste Domeniche nella Liturgia, ci ha condotti a riflettere sulla moltiplicazione del pane, con il quale il Signore ha sfamato una folla di cinquemila uomini, e sull’invito che Gesù rivolge a quanti aveva saziato di darsi da fare per un cibo che rimane per la vita eterna.
Gesù vuole aiutarli a comprendere il significato profondo del prodigio che ha operato: nel saziare in modo miracoloso la loro fame fisica, li dispone ad accogliere l’annuncio che Egli è il pane disceso dal cielo (cfr Gv 6,41), che sazia in modo definitivo.
Anche il popolo ebraico, durante il lungo cammino nel deserto, aveva sperimentato un pane disceso dal cielo, la manna, che lo aveva mantenuto in vita, fino all’arrivo nella terra promessa. Ora, Gesù parla di sé come del vero pane disceso dal cielo, capace di mantenere in vita non per un momento o per un tratto di cammino, ma per sempre. Lui è il cibo che dà la vita eterna, perché è il Figlio unigenito di Dio, che sta nel seno del Padre, venuto per dare all’uomo la vita in pienezza, per introdurre l’uomo nella stessa vita di Dio.
Nel pensiero ebraico era chiaro che il vero pane del cielo, che nutriva Israele, era la Legge, la parola di Dio. Il popolo di Israele riconosceva con chiarezza che la Torah era il dono fondamentale e duraturo di Mosè e che l’elemento basilare che lo distingueva rispetto agli altri popoli consisteva nel conoscere la volontà di Dio e dunque la giusta via della vita.
Ora Gesù, nel manifestarsi come il pane del cielo, testimonia di essere Lui la Parola di Dio in Persona, la Parola incarnata, attraverso cui l’uomo può fare della volontà di Dio il suo cibo (cfr Gv 4,34), che orienta e sostiene l’esistenza.
Dubitare allora della divinità di Gesù, come fanno i Giudei del passo evangelico di oggi, significa opporsi all’opera di Dio.
Essi infatti, affermano: è il figlio di Giuseppe! Di lui conosciamo il padre e la madre! (cfr Gv 6,42). Essi non vanno oltre le sue origini terrene, e per questo si rifiutano di accoglierLo come la Parola di Dio fattasi carne.
Sant’Agostino, nel suo Commento al Vangelo di Giovanni, spiega così: «erano lontani da quel pane celeste, ed erano incapaci di sentirne la fame. Avevano la bocca del cuore malata… Infatti, questo pane richiede la fame dell’uomo interiore».
E dobbiamo chiederci se noi realmente sentiamo questa fame, la fame della Parola di Dio, la fame di conoscere il vero senso della vita. Solo chi è attirato da Dio Padre, chi Lo ascolta e si lascia istruire da Lui può credere in Gesù, incontrarLo e nutrirsi di Lui e così trovare la vera vita, la strada della vita, la giustizia, la verità, l’amore.
Sant’Agostino aggiunge: «il Signore… affermò di essere il pane che discende dal cielo, esortandoci a credere in lui. Mangiare il pane vivo, infatti, significa credere in lui. E chi crede, mangia; in modo invisibile è saziato, come in modo altrettanto invisibile rinasce a una vita più profonda, più vera,. rinasce di dentro, nel suo intimo diventa un uomo nuovo» (ibidem).
Invocando Maria Santissima, chiediamole di guidarci all’incontro con Gesù perché la nostra amicizia con Lui sia sempre più intensa; chiediamole di introdurci nella piena comunione di amore con il suo Figlio, il pane vivo disceso dal cielo, così da essere da Lui rinnovati nell’intimo del nostro essere.

DOPO L’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

il mio pensiero va, in questo momento, alle popolazioni asiatiche, in particolare delle Filippine e della Repubblica Popolare Cinese, duramente colpite da violenti piogge, come pure a quelle del Nord-ovest dell’Iran, colpite da un violento terremoto. Questi eventi hanno provocato numerose vittime e feriti, migliaia di sfollati e ingenti danni. Vi invito ad unirvi alla mia preghiera per quanti hanno perso la vita e per tutte le persone provate da così devastanti calamità. Non manchi a questi fratelli la nostra solidarietà e il nostro sostegno.

Chers pèlerins francophones, je suis heureux de vous accueillir à Castel Gandolfo pour la prière de l’Angélus. L’Évangile d’aujourd’hui nous rappelle que Jésus est le pain de vie descendu du ciel. Mangé avec foi, ce pain transforme nos existences et nous pousse au partage avec nos frères et nos sœurs qui ont faim de nourriture matérielle et spirituelle et surtout d’amour et d’espérance. Que la Vierge Marie, vous aide à centrer toujours vos vies sur son Fils Jésus, présence parmi nous de l’amour de Dieu, notre Père! Bon dimanche à tous!

I am pleased to greet the English-speaking pilgrims gathered for this Angelus prayer. The readings from today’s Mass invite us to put our faith in Jesus, the "bread of life" who offers himself to us in the Eucharist and promises us the joy of the resurrection. During these summer holidays, may you and your families respond to the Lord’s invitation by actively participating in the Eucharistic sacrifice and by generous acts of charity. Upon all of you I invoke his blessings of joy and peace!

Gern heiße ich alle Brüder und Schwestern deutscher Sprache willkommen, besonders die Jugendlichen aus dem Feriencamp in Ostia. Im Tagesgebet des heutigen Sonntags bekennen wir, daß wir zu Gott Vater sagen dürfen, denn er hat uns an Kindes Statt angenommen und uns den Geist seines Sohnes gegeben. Und zugleich bitten wir den Herrn, „daß wir in diesem Geist wachsen". Wir wachsen, wenn wir uns von Gott führen lassen und seinem Sohn Jesus Christus glauben. Er ist das lebendige Brot, das vom Himmel herabgekommen ist zum Leben dieser Welt. Nähren wir uns von diesem Brot, damit wir eins sind mit Christus, immer mehr in ihn hineinwachsen und das Leben erlangen, das für immer bleibt. Der Heilige Geist mache euch zu wahren Kindern Gottes und leite euch auf all euren Wegen.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española. Así como el profeta Elías fue alimentado en su camino hacia el Horeb, el monte de Dios, también nosotros necesitamos el alimento espiritual que nos ayude en el camino de nuestra vida. Este alimento es Cristo que, con su muerte y resurrección, nos ha abierto las puertas de la vida eterna. Él es el pan vivo que ha bajado del cielo para que todo el que coma de él tenga vida. Acerquémonos al sacramento de la Eucaristía, con una fe y un amor creciente; allí, él nos da su cuerpo y su sangre, y podremos gustar qué bueno es el Señor, qué grande es su amor por nosotros. Feliz domingo.

Serdeczne pozdrowienie kieruję do Polaków. Moi drodzy, kontynuując swoją naukę o tajemnicy Eucharystii, Jezus objawia dziś siebie jako chleb życia i rękojmię naszej nieśmiertelności. Z głęboką wiarą przyjmujmy Go w Komunii świętej, aby Boże życie trwało w nas teraz i na wieki. Z serca wam błogosławię.

[Un cordiale saluto rivolgo ai polacchi. Carissimi, continuando il suo insegnamento sul mistero dell’Eucaristia, Gesù si rivela oggi come pane di vita e pegno della nostra immortalità. AccogliamoLo con profonda fede nella santa Comunione, affinché la vita di Dio perduri in noi ora e nell’eternità. Vi benedico di cuore.]

Saluto infine con affetto i pellegrini di lingua italiana. In particolare mi rivolgo ai giovani di Vigonza e Pionca. Auspico che le esperienze formative di questi giorni rafforzino la vostra fede e il vostro amore a Cristo e alla Chiesa. A tutti auguro una buona domenica e una buona settimana. Buona domenica a tutti voi. Grazie per la vostra presenza!

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Paparatzifan
00mercoledì 15 agosto 2012 22:14
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SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DELL’ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA , 15.08.2012

Alle ore 8.00 di oggi, Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, il Santo Padre Benedetto XVI ha celebrato la Santa Messa nella parrocchia pontificia "San Tommaso da Villanova" in Castel Gandolfo.
Nel corso della Celebrazione Eucaristica, il Papa ha pronunciato l’omelia che riportiamo di seguito:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

il 1° novembre 1950, il Venerabile Papa Pio XII proclamava come dogma che la Vergine Maria «terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo». Questa verità di fede era conosciuta dalla Tradizione, affermata dai Padri della Chiesa, ed era soprattutto un aspetto rilevante del culto reso alla Madre di Cristo. Proprio l’elemento cultuale costituì, per così dire, la forza motrice che determinò la formulazione di questo dogma: il dogma appare un atto di lode e di esaltazione nei confronti della Vergine Santa. Questo emerge anche dal testo stesso della Costituzione apostolica, dove si afferma che il dogma è proclamato «ad onore del Figlio, a glorificazione della Madre ed a gioia di tutta la Chiesa». Venne espresso così nella forma dogmatica ciò che era stato già celebrato nel culto e nella devozione del Popolo di Dio come la più alta e stabile glorificazione di Maria: l’atto di proclamazione dell’Assunta si presentò quasi come una liturgia della fede. E nel Vangelo che abbiamo ascoltato ora, Maria stessa pronuncia profeticamente alcune parole che orientano in questa prospettiva. Dice: «D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1,48). E’ una profezia per tutta la storia della Chiesa. Questa espressione del Magnificat, riferita da san Luca, indica che la lode alla Vergine Santa, Madre di Dio, intimamente unita a Cristo suo figlio, riguarda la Chiesa di tutti i tempi e di tutti i luoghi. E l’annotazione di queste parole da parte dell’Evangelista presuppone che la glorificazione di Maria fosse già presente al periodo di san Luca ed egli la ritenesse un dovere e un impegno della comunità cristiana per tutte le generazioni. Le parole di Maria dicono che è un dovere della Chiesa ricordare la grandezza della Madonna per la fede. Questa solennità è un invito quindi a lodare Dio, e a guardare alla grandezza della Madonna, perché chi è Dio lo conosciamo nel volto dei suoi.
Ma perché Maria viene glorificata con l’assunzione al Cielo? San Luca, come abbiamo ascoltato, vede la radice dell’esaltazione e della lode a Maria nell’espressione di Elisabetta: «Beata colei che ha creduto» (Lc 1,45). E il Magnificat, questo canto al Dio vivo e operante nella storia è un inno di fede e di amore, che sgorga dal cuore della Vergine.
Ella ha vissuto con fedeltà esemplare e ha custodito nel più intimo del suo cuore le parole di Dio al suo popolo, le promesse fatte ad Abramo, Isacco e Giacobbe, facendone il contenuto della sua preghiera: la Parola di Dio era nel Magnificat diventata la parola di Maria, lampada del suo cammino, così da renderla disponibile ad accogliere anche nel suo grembo il Verbo di Dio fatto carne.
L’odierna pagina evangelica richiama questa presenza di Dio nella storia e nello stesso svolgersi degli eventi; in particolare vi è un riferimento al Secondo libro di Samuele nel capitolo sesto (6,1-15), in cui Davide trasporta l’Arca Santa dell’Alleanza. Il parallelo che fa l’Evangelista è chiaro: Maria in attesa della nascita del Figlio Gesù è l’Arca Santa che porta in sé la presenza di Dio, una presenza che è fonte di consolazione, di gioia piena. Giovanni, infatti, danza nel grembo di Elisabetta, esattamente come Davide danzava davanti all’Arca. Maria è la «visita» di Dio che crea gioia. Zaccaria, nel suo canto di lode lo dirà esplicitamente: «Benedetto il Signore, Dio di Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo» (Lc 1,68). La casa di Zaccaria ha sperimentato la visita di Dio con la nascita inattesa di Giovanni Battista, ma soprattutto con la presenza di Maria, che porta nel suo grembo il Figlio di Dio.
Ma adesso ci domandiamo: che cosa dona al nostro cammino, alla nostra vita, l’Assunzione di Maria?
La prima risposta è: nell’Assunzione vediamo che in Dio c’è spazio per l’uomo, Dio stesso è la casa dai tanti appartamenti della quale parla Gesù (cfr Gv 14,2); Dio è la casa dell’uomo, in Dio c’è spazio di Dio.
E Maria, unendosi, unita a Dio, non si allontana da noi, non va su una galassia sconosciuta, ma chi va a Dio si avvicina, perché Dio è vicino a tutti noi, e Maria, unita a Dio, partecipa della presenza di Dio, è vicinissima a noi, ad ognuno di noi.
C’è una bella parola di San Gregorio Magno su San Benedetto che possiamo applicare ancora anche a Maria: San Gregorio Magno dice che il cuore di San Benedetto è divenuto così grande che tutto il creato poteva entrare in questo cuore. Questo vale ancora più per Maria: Maria, unita totalmente a Dio, ha un cuore così grande che tutta la creazione può entrare in questo cuore, e gli ex-voto in tutte le parti della terra lo dimostrano. Maria è vicina, può ascoltare, può aiutare, è vicina a tutti noi. In Dio c’è spazio per l’uomo, e Dio è vicino, e Maria, unita a Dio, è vicinissima, ha il cuore largo come il cuore di Dio.
Ma c’è anche l’altro aspetto: non solo in Dio c’è spazio per l’uomo; nell’uomo c’è spazio per Dio. Anche questo vediamo in Maria, l’Arca Santa che porta la presenza di Dio. In noi c’è spazio per Dio e questa presenza di Dio in noi, così importante per illuminare il mondo nella sua tristezza, nei suoi problemi, questa presenza si realizza nella fede: nella fede apriamo le porte del nostro essere così che Dio entri in noi, così che Dio può essere la forza che dà vita e cammino al nostro essere. In noi c’è spazio, apriamoci come Maria si è aperta, dicendo: «Sia realizzata la Tua volontà, io sono serva del Signore».
Aprendoci a Dio, non perdiamo niente. Al contrario: la nostra vita diventa ricca e grande. E così, fede e speranza e amore si combinano. Ci sono oggi molte parole su un mondo migliore da aspettarsi: sarebbe la nostra speranza. Se e quando questo mondo migliore viene, non sappiamo, non so. Sicuro è che un mondo che si allontana da Dio non diventa migliore, ma peggiore. Solo la presenza di Dio può garantire anche un mondo buono.
Ma lasciamo questo. Una cosa, una speranza è sicura: Dio ci aspetta, ci attende, non andiamo nel vuoto, siamo aspettati. Dio ci aspetta e troviamo, andando all’altro mondo, la bontà della Madre, troviamo i nostri, troviamo l’Amore eterno. Dio ci aspetta: questa è la nostra grande gioia e la grande speranza che nasce proprio da questa festa. Maria ci visita, ed è la gioia della nostra vita e la gioia è speranza.
Cosa dire quindi? Cuore grande, presenza di Dio nel mondo, spazio di Dio in noi e spazio di Dio per noi, speranza, essere aspettati: questa è la sinfonia di questa festa, l’indicazione che la meditazione di questa Solennità ci dona. Maria è aurora e splendore della Chiesa trionfante; lei è la consolazione e la speranza per il popolo ancora in cammino, dice il Prefazio di oggi.
Affidiamoci alla sua materna intercessione, affinché ci ottenga dal Signore di rafforzare la nostra fede nella vita eterna; ci aiuti a vivere bene il tempo che Dio ci offre con speranza. Una speranza cristiana, che non è soltanto nostalgia del Cielo, ma vivo e operoso desiderio di Dio qui nel mondo, desiderio di Dio che ci rende pellegrini infaticabili, alimentando in noi il coraggio e la forza della fede, che nello stesso tempo è coraggio e forza dell'amore. Amen.

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Paparatzifan
00mercoledì 15 agosto 2012 22:24
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LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 15.08.2012

Alle ore 12 di oggi, Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, il Santo Padre Benedetto XVI si è affacciato al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo per recitare l’Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

Nel cuore del mese di agosto la Chiesa in Oriente e in Occidente celebra la Solennità dell’Assunzione di Maria Santissima al Cielo. Nella Chiesa Cattolica, il dogma dell’Assunzione – come sappiamo – fu proclamato durante l’Anno Santo del 1950 dal Venerabile Pio XII.
La celebrazione, però, di questo mistero di Maria affonda le radici nella fede e nel culto dei primi secoli della Chiesa, per quella profonda devozione verso la Madre di Dio che è andata sviluppandosi progressivamente nella Comunità cristiana.
Già dalla fine del IV secolo e l’inizio del V, abbiamo testimonianze di vari autori che affermano come Maria sia nella gloria di Dio con tutta se stessa, anima e corpo, ma è nel VI secolo che a Gerusalemme, la festa della Madre di Dio, la Theotòkos, consolidatasi con il Concilio di Efeso del 431, cambiò volto e divenne la festa della dormizione, del passaggio, del transito, dell’assunzione di Maria, divenne cioè la celebrazione del momento in cui Maria uscì dalla scena di questo mondo glorificata in anima e corpo in Cielo, in Dio.
Per capire l’Assunzione dobbiamo guardare alla Pasqua, il grande Mistero della nostra Salvezza, che segna il passaggio di Gesù alla gloria del Padre attraverso la passione, la morte e la risurrezione. Maria, che ha generato il Figlio di Dio nella carne, è la creatura più inserita in questo mistero, redenta fin dal primo istante della sua vita, e associata in modo del tutto particolare alla passione e alla gloria del suo Figlio.
L’Assunzione al Cielo di Maria è pertanto il mistero della Pasqua di Cristo pienamente realizzato in Lei. Ella è intimamente unita al suo Figlio risorto, vincitore del peccato e della morte, pienamente conformata a Lui. Ma l’Assunzione è una realtà che tocca anche noi, perché ci indica in modo luminoso il nostro destino, quello dell’umanità e della storia. In Maria, infatti, contempliamo quella realtà di gloria a cui è chiamato ciascuno di noi e tutta la Chiesa.
Il brano del Vangelo di san Luca che leggiamo nella liturgia di questa Solennità ci fa vedere il cammino che la Vergine di Nazaret ha percorso per essere nella gloria di Dio. E’ il racconto della visita di Maria ad Elisabetta (cfr Lc 1,39-56), in cui la Madonna è proclamata benedetta fra tutte le donne e beata perché ha creduto al compimento delle parole che le sono state dette dal Signore. E nel canto del «Magnificat» che eleva con gioia a Dio traspare la sua fede profonda. Ella si colloca tra i «poveri» e gli «umili», che non fanno affidamento sulle proprie forze, ma che si fidano di Dio, che fanno spazio alla sua azione capace di operare cose grandi proprio nella debolezza.
Se l’Assunzione ci apre al futuro luminoso che ci aspetta, ci invita anche con forza ad affidarci di più a Dio, a seguire la sua Parola, a ricercare e compiere la sua volontà ogni giorno: è questa la via che ci rende «beati» nel nostro pellegrinaggio terreno e ci apre le porte del Cielo.
Cari fratelli e sorelle, il Concilio Ecumenico Vaticano II afferma: «Maria assunta in cielo, con la sua molteplice intercessione continua a ottenerci le grazie della salvezza eterna. Con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata» (Lumen gentium, 62).
Invochiamo la Vergine Santa, sia la stella che guida i nostri passi all’incontro con il suo Figlio nel nostro cammino per giungere alla gloria del Cielo, alla gioia eterna.

DOPO L’ANGELUS

Chers frères et sœurs ! En ce jour de la solennité de l’Assomption, j’accueille avec joie les pèlerins de langue française. Aujourd’hui, l’Église nous dit que la Vierge Marie a été élevée dans la gloire du Ciel, devenant ainsi pour l’humanité un signe d’espérance et de consolation. À la suite de Marie et en union avec les pèlerins présents dans les sanctuaires mariaux de par le monde, redisons au Seigneur notre émerveillement et notre joie pour tout ce qu’il ne cesse d’accomplir en nous, dans l’Église et dans le monde! Bonne fête à tous!

I offer a warm welcome to the English-speaking visitors gathered for this Angelus prayer, including the groups from Nigeria, Ghana and Burkina Faso. Today we celebrate the Solemnity of the Assumption of Our Lady. May the example and prayers of Mary, Queen of Heaven, inspire and sustain us on our pilgrimage of faith, that we may rejoice with her in the glory of the resurrection and the fulfilment of her Son’s promises. Upon you and your families I invoke the Lord’s abundant blessings!

Am heutigen Hochfest der Aufnahme Marias in den Himmel grüße ich von Herzen alle deutschsprachigen Pilger hier in Castel Gandolfo. Dieser Festtag ist nicht nur ein Bekenntnis zu Maria, sondern ein Bekenntnis zum Menschen und zur Herrlichkeit des Himmels, zu der der Mensch berufen ist. An Maria wird sichtbar, daß Gott den Menschen mit Leib und Seele erlösen und ihn ganz bei sich haben möchte. Ihre Aufnahme in den Himmel gibt uns Hoffnung und Zuversicht. Der Himmel ist nicht eine weit entfernte und unbekannte Zone des Universums; er gehört in die Geographie des Herzens. Er ist uns nahe, weil Gott uns nahe ist. Wo Gott ist, ist der Himmel. Und wir haben eine Mutter dort, die uns zusammen mit ihrem Sohn Jesus erwartet. Wir werden erwartet! Und sie tritt für uns ein – für uns –, damit auch wir den Weg dorthin finden. Von Herzen wünsche ich euch und euren Familien einen schönen und gesegneten Festtag!

Dirijo un saludo afectuoso a los fieles de lengua española aquí presentes, así como a los que siguen esta oración mariana a través de los medios de comunicación. En la fiesta de la Asunción de la Virgen María, contemplamos a la Madre de Dios participando con su cuerpo y alma en la gloria del cielo. En ella vemos ya realizada la plenitud de vida a la que todos estamos llamados. Que la certeza de su intercesión maternal sobre cada uno de nosotros fortalezca nuestra esperanza y acreciente nuestro amor. Que Dios os bendiga.

Saúdo cordialmente os fiéis brasileiros de Umuarama e Paranavaí e demais peregrinos de língua portuguesa, sobre cujos passos e compromissos cristãos imploro, pela intercessão da Virgem Mãe, as maiores bênçãos divinas. Deixai Cristo tomar posse da vossa vida, para serdes cada vez mais vida e presença de Cristo! Ide com Deus.

Witam obecnych tu Polaków. Dzisiaj pragnę pozdrowić także wszystkich, którzy pielgrzymują na Jasną Górę. Wniebowzięcie Matki Bożej przypomina nam, że celem naszej ziemskiej wędrówki jest niebo. Pielgrzymując uczmy się od Niepokalanej zawierzenia Bogu, pełnienia Jego woli i służby braciom. Prośmy Ją: do Syna swego nas prowadź, z Nim nas pojednaj, Synowi swemu nas polecaj, Jemu nas oddawaj. Z serca wam błogosławię.

[Saluto i polacchi qui presenti. Il mio pensiero va anche a tutti coloro che si stanno recando in pellegrinaggio a Jasna Góra (Częstochowa). L’Assunzione della Beata Vergine Maria ci ricorda che la mèta del nostro cammino terreno è il cielo. Camminando, impariamo dall’Immacolata l’abbandono a Dio, il compimento della Sua volontà e il servizio al prossimo. PreghiamoLa: conduci anche noi dal Tuo Figlio, riconciliaci con Lui, raccomandaci al Tuo Figlio e offrici a Lui. Vi benedico di cuore.]

Saluto infine con affetto i pellegrini italiani, in particolare i giovani di Nogarole Rocca, Bagnolo, Pradelle e Pozzo in Verona. Auguro di trascorrere nella serenità e nella fede questa solenne e popolare festa mariana.

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Paparatzifan
00sabato 18 agosto 2012 17:44
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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE AL MEETING DI RIMINI

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

Al Venerato Fratello
Monsignor FRANCESCO LAMBIASI
Vescovo di Rimini

Desidero rivolgere il mio cordiale saluto a Lei, agli organizzatori e a tutti i partecipanti al Meeting per l’Amicizia fra i Popoli, giunto ormai alla XXXIII edizione.
Il tema scelto quest’anno - «La natura dell’uomo è rapporto con l’infinito» - risulta particolarmente significativo in vista dell’ormai imminente inizio dell’«Anno della fede», che ho voluto indire in occasione del Cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II.
Parlare dell’uomo e del suo anelito all’infinito significa innanzitutto riconoscere il suo rapporto costitutivo con il Creatore.
L’uomo è una creatura di Dio. Oggi questa parola – creatura – sembra quasi passata di moda: si preferisce pensare all’uomo come ad un essere compiuto in se stesso e artefice assoluto del proprio destino. La considerazione dell’uomo come creatura appare «scomoda» poiché implica un riferimento essenziale a qualcosa d’altro o meglio, a Qualcun altro – non gestibile dall’uomo – che entra a definire in modo essenziale la sua identità; un’identità relazionale, il cui primo dato è la dipendenza originaria e ontologica da Colui che ci ha voluti e ci ha creati.
Eppure questa dipendenza, da cui l’uomo moderno e contemporaneo tenta di affrancarsi, non solo non nasconde o diminuisce, ma rivela in modo luminoso la grandezza e la dignità suprema dell’uomo, chiamato alla vita per entrare in rapporto con la Vita stessa, con Dio.
Dire che «la natura dell’uomo è rapporto con l’infinito» significa allora dire che ogni persona è stata creata perché possa entrare in dialogo con Dio, con l’Infinito. All’inizio della storia del mondo, Adamo ed Eva sono frutto di un atto di amore di Dio, fatti a sua immagine e somiglianza, e la loro vita e il loro rapporto con il Creatore coincidevano: «Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò» (Gen, 1,27).
E il peccato originale ha la sua radice ultima proprio nel sottrarsi dei nostri progenitori a questo rapporto costitutivo, nel voler mettersi al posto di Dio, nel credere di poter fare senza di Lui. Anche dopo il peccato, però, rimane nell’uomo il desiderio struggente di questo dialogo, quasi una firma impressa col fuoco nella sua anima e nella sua carne dal Creatore stesso. Il Salmo 63 [62] ci aiuta a entrare nel cuore di questo discorso: «O Dio, tu sei il mio Dio, dall’aurora io ti cerco, ha sete di te l’anima mia, desidera te la mia carne, in terra arida, assetata, senz’acqua» (v. 2). Non solo la mia anima, ma ogni fibra della mia carne è fatta per trovare la sua pace, la sua realizzazione in Dio. E questa tensione è incancellabile nel cuore dell’uomo: anche quando si rifiuta o si nega Dio, non scompare la sete di infinito che abita l’uomo. Inizia invece una ricerca affannosa e sterile, di «falsi infiniti» che possano soddisfare almeno per un momento. La sete dell’anima e l’anelito della carne di cui parla il Salmista non si possono eliminare, così l’uomo, senza saperlo, si protende alla ricerca dell’Infinito, ma in direzioni sbagliate: nella droga, in una sessualità vissuta in modo disordinato, nelle tecnologie totalizzanti, nel successo ad ogni costo, persino in forme ingannatrici di religiosità. Anche le cose buone, che Dio ha creato come strade che conducono a Lui, non di rado corrono il rischio di essere assolutizzate e divenire così idoli che si sostituiscono al Creatore.
Riconoscere di essere fatti per l’infinito significa percorrere un cammino di purificazione da quelli che abbiamo chiamato «falsi infiniti», un cammino di conversione del cuore e della mente. Occorre sradicare tutte le false promesse di infinito che seducono l’uomo e lo rendono schiavo. Per ritrovare veramente se stesso e la propria identità, per vivere all’altezza del proprio essere, l’uomo deve tornare a riconoscersi creatura, dipendente da Dio.
Al riconoscimento di questa dipendenza – che nel profondo è la gioiosa scoperta di essere figli di Dio – è legata la possibilità di una vita veramente libera e piena. È interessante notare come san Paolo, nella Lettera ai Romani, veda il contrario della schiavitù non tanto nella libertà, ma nella figliolanza, nell’aver ricevuto lo Spirito Santo che rende figli adottivi e che ci permette di gridare a Dio: «Abbà! Padre!» (cfr 8,15). L’Apostolo delle genti parla di una schiavitù «cattiva»: quella del peccato, della legge, delle passioni della carne. A questa, però, non contrappone l’autonomia, ma la «schiavitù di Cristo» (cfr 6,16-22), anzi egli stesso si definisce: «Paolo, servo di Cristo Gesù» (1,1). Il punto fondamentale, quindi, non è eliminare la dipendenza, che è costitutiva dell’uomo, ma indirizzarla verso Colui che solo può rendere veramente liberi.
A questo punto però sorge una domanda. Non è forse strutturalmente impossibile all’uomo vivere all’altezza della propria natura? E non è forse una condanna questo anelito verso l’infinito che egli avverte senza mai poterlo soddisfare totalmente? Questo interrogativo ci porta direttamente al cuore del cristianesimo. L’Infinito stesso, infatti, per farsi risposta che l’uomo possa sperimentare, ha assunto una forma finita. Dall’Incarnazione, dal momento in cui in Verbo si è fatto carne, è cancellata l’incolmabile distanza tra finito e infinito: il Dio eterno e infinito ha lasciato il suo Cielo ed è entrato nel tempo, si è immerso nella finitezza umana.
Nulla allora è banale o insignificante nel cammino della vita e del mondo. L’uomo è fatto per un Dio infinito che è diventato carne, che ha assunto la nostra umanità per attirarla alle altezze del suo essere divino.
Scopriamo così la dimensione più vera dell’esistenza umana, quella a cui il Servo di Dio Luigi Giussani continuamente richiamava: la vita come vocazione. Ogni cosa, ogni rapporto, ogni gioia, come anche ogni difficoltà, trova la sua ragione ultima nell’essere occasione di rapporto con l’Infinito, voce di Dio che continuamente ci chiama e ci invita ad alzare lo sguardo, a scoprire nell’adesione a Lui la realizzazione piena della nostra umanità.
«Ci hai fatti per te – scriveva Agostino – e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te» (Confessioni I, 1,1). Non dobbiamo avere paura di quello che Dio ci chiede attraverso le circostanze della vita, fosse anche la dedizione di tutto noi stessi in una forma particolare di seguire e imitare Cristo nel sacerdozio o nella vita religiosa. Il Signore, chiamando alcuni a vivere totalmente di Lui, richiama tutti a riconoscere l’essenza della propria natura di essere umani: fatti per l’infinito. E Dio ha a cuore la nostra felicità, la nostra piena realizzazione umana. Chiediamo, allora, di entrare e rimanere nello sguardo della fede che ha caratterizzato i Santi, per poter scoprire i semi di bene che il Signore sparge lungo il cammino della nostra vita e aderire con gioia alla nostra vocazione.
Nell’auspicare che questi brevi pensieri possano essere di aiuto per coloro che prendono parte al Meeting, assicuro la mia vicinanza nella preghiera ed auguro che la riflessione di questi giorni possa introdurre tutti nella certezza e nella gioia della fede.
A Lei, Venerato Fratello, ai responsabili e agli organizzatori della manifestazione, come pure a tutti i presenti, ben volentieri imparto una particolare Benedizione Apostolica.

Da Castel Gandolfo, 10 agosto 2012

BENEDICTUS PP. XVI

© Copyright 2012 - Libreria Editrice Vaticana


Paparatzifan
00domenica 19 agosto 2012 17:35
Dal blog di Lella...

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 19.08.2012

Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo e recita l’Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti. Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Il Vangelo di questa domenica (cfr Gv 6,51-58) è la parte finale e culminante del discorso fatto da Gesù nella sinagoga di Cafarnao, dopo che il giorno precedente aveva dato da mangiare a migliaia di persone con soli cinque pani e due pesci. Gesù svela il senso di quel miracolo, e cioè che il tempo delle promesse è compiuto: Dio Padre, che con la manna aveva sfamato gli Israeliti nel deserto, ora ha mandato Lui, il Figlio, come vero Pane di vita, e questo pane è la sua carne, la sua vita, offerta in sacrificio per noi. Si tratta dunque di accoglierlo con fede, non scandalizzandosi della sua umanità; e si tratta di «mangiare la sua carne e bere il suo sangue» (cfr Gv 6,54), per avere in se stessi la pienezza della vita. E’ evidente che questo discorso non è fatto per attirare consensi. Gesù lo sa e lo pronuncia intenzionalmente; e infatti quello fu un momento critico, una svolta nella sua missione pubblica.
La gente, e gli stessi discepoli, erano entusiasti di Lui quando compiva segni prodigiosi; e anche la moltiplicazione dei pani e dei pesci era una chiara rivelazione che Egli era il Messia, tant’è che subito dopo la folla avrebbe voluto portare Gesù in trionfo e proclamarlo re d’Israele.
Ma non era questa la volontà di Gesù, che proprio con quel lungo discorso smorza gli entusiasmi e provoca molti dissensi. Egli, infatti, spiegando l’immagine del pane, afferma di essere stato mandato ad offrire la propria vita, e chi vuole seguirlo deve unirsi a Lui in modo personale e profondo, partecipando al suo sacrificio di amore. Per questo Gesù istituirà nell’ultima Cena il Sacramento dell’Eucaristia: perché i suoi discepoli possano avere in se stessi la sua carità - questo è decisivo - e, come un unico corpo unito a Lui, prolungare nel mondo il suo mistero di salvezza.
Ascoltando questo discorso la gente capì che Gesù non era un Messia come lo volevano, che aspirasse ad un trono terreno.
Non cercava consensi per conquistare Gerusalemme; anzi, alla Città santa voleva andarci per condividere la sorte dei profeti: dare la vita per Dio e per il popolo. Quei pani, spezzati per migliaia di persone, non volevano provocare una marcia trionfale, ma preannunciare il sacrifico della Croce, in cui Gesù diventa Pane, corpo e sangue offerti in espiazione. Gesù dunque fece quel discorso per disilludere le folle e, soprattutto, per provocare una decisione nei suoi discepoli. Infatti, molti tra questi, da allora, non lo seguirono più.
Cari amici, lasciamoci anche noi nuovamente stupire dalle parole di Cristo: Egli, chicco di grano gettato nei solchi della storia, è la primizia dell’umanità nuova, liberata dalla corruzione del peccato e della morte. E riscopriamo la bellezza del Sacramento dell’Eucaristia, che esprime tutta l’umiltà e la santità di Dio: il suo farsi piccolo, Dio si fa piccolo, frammento dell’universo per riconciliare tutti nel suo amore. La Vergine Maria, che ha dato al mondo il Pane della vita, ci insegni a vivere sempre in profonda unione con Lui.

DOPO L’ANGELUS

Chers pèlerins francophones, l’Évangile de ce jour nous redit que Jésus est la vraie nourriture qui se donne à nous pour que nous ayons la vie en abondance. Il se présente Lui-même comme le Pain Vivant, nourriture indispensable pour le croyant qui désire la vie éternelle. Il nous offre ainsi la force de nous donner gratuitement à nos frères et sœurs. C’est là pour nous une source de joie, de vie et d’espérance. Que la Vierge Marie nous aide à partager la vie de son Fils ! Bon dimanche et bonne semaine à tous!

I greet all the English-speaking pilgrims and visitors present for this Angelus. In the Gospel of today’s liturgy, Jesus presents himself as the living bread come down from heaven. May we always hunger for the gift of his presence in the Eucharistic sacrifice, wherein Jesus gives us his very self as food and drink to sustain us on our pilgrim journey to the Father. God bless all of you!

Ganz herzlich grüße ich alle Pilger und Besucher deutscher Sprache, besonders die vielen jungen Gäste aus dem Feriencamp in Ostia. Viele von uns genießen in diesen Tagen ihren Sommerurlaub, der eine Erholung und eine innere Stärkung für jeden bedeutet. Im Evangelium des heutigen Sonntags spricht Jesus von einer weiteren Stärkung, einer Nahrung, die ewiges Leben schenkt. Das ist er selbst mit seinem Fleisch und Blut, die er uns in der Eucharistie schenkt. Mit dieser Speise will er uns umwandeln und uns in seine Weise des Lebens hineinziehen. Wir bitten ihn darum, daß diese Umwandlung in uns gelingt, daß wir neue Menshen werden, Menschen des wirklichen Lebens. Euch allen wünsche ich eine gesegnete Ferienzeit.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, en particular a los oficiales y cadetes del buque escuela «Gloria», de Colombia. El Evangelio de este domingo nos invita a participar en la vida divina a través del sacramento de la Eucaristía: el banquete que Cristo ha preparado y en el que nos ofrece como alimento su cuerpo y su sangre entregados por nuestra salvación. Acerquémonos con fe y alegría a este misterio y saciemos nuestra alma con el pan de la inmortalidad. Muchas gracias.

Witam Polaków! W tych dniach gościem Kościoła prawosławnego w Polsce jest Patriarcha Moskwy i Wszechrusi Cyryl I. Serdecznie pozdrawiam Jego Świątobliwość oraz wszystkich wiernych prawosławnych. Program tej wizyty obejmował również spotkania z Biskupami katolickimi i wspólną deklarację o woli budowania braterskiej jedności i współpracy naszych Kościołów na rzecz krzewienia ewangelicznych wartości we współczesnym świecie, w duchu tej samej wiary w Jezusa Chrystusa. Jest to ważne wydarzenie, które budzi nadzieję na przyszłość. Jego owoce zawierzam łaskawości Maryi, wypraszając Boże błogosławieństwo. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus!

[Do il benvenuto a tutti i polacchi. In questi giorni è ospite della Chiesa ortodossa in Polonia il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill I. Saluto cordialmente Sua Santità, nonché tutti i fedeli ortodossi. Il programma di questa visita ha compreso anche incontri con i Vescovi cattolici e la comune dichiarazione del desiderio di far crescere l’unione fraterna e di collaborare nel diffondere i valori evangelici nel mondo contemporaneo, nello spirito della stessa fede in Cristo Gesù. E’ questo un evento importante, che suscita speranza per il futuro. Affido i suoi frutti alla benevolenza di Maria, implorando la benedizione di Dio. Sia lodato Gesù Cristo.]

Rivolgo infine un cordiale saluto ai pellegrini italiani: ai fedeli provenienti da diverse parrocchie, alle famiglie, ai giovani; e tra questi saluto in particolare il gruppo della Diocesi di Padova che ha compiuto un pellegrinaggio lungo la Via Francigena. A tutti auguro una buona domenica. Grazie. Buona settimana.

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Paparatzifan
00mercoledì 22 agosto 2012 22:38
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L’UDIENZA GENERALE, 22.08.2012


Alle ore 10.30 di oggi, nel Cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato i fedeli ed i pellegrini convenuti per l’Udienza Generale del mercoledì.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa ha incentrato la sua meditazione sull’odierna memoria liturgica della Beata Vergine Maria "Regina". Quindi ha rivolto un saluto in varie lingue ai gruppi di pellegrini presenti.
L’Udienza si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Beata Vergine Maria Regina

Cari fratelli e sorelle,

ricorre oggi la memoria liturgica della Beata Vergine Maria invocata con il titolo: “Regina”.

E’ una festa di istituzione recente, anche se antica ne è l’origine e la devozione: venne stabilita, infatti, dal Venerabile Pio XII, nel 1954, al termine dell’Anno Mariano, fissandone la data al 31 maggio (cfr Lett. enc. Ad caeli Reginam, 11 octobris 1954: AAS 46 [1954], 625-640). In tale circostanza il Papa ebbe a dire che Maria è Regina più che ogni altra creatura per la elevazione della sua anima e per l’eccellenza dei doni ricevuti. Ella non smette di elargire tutti i tesori del suo amore e delle sue premure all’umanità (cfr Discorso in onore di Maria Regina, 1° novembre 1954).

Ora, dopo la riforma post-conciliare del calendario liturgico, è stata collocata a otto giorni dalla solennità dell’Assunzione per sottolineare lo stretto legame tra la regalità di Maria e la sua glorificazione in anima e corpo accanto al suo Figlio. Nella Costituzione sulla Chiesa del Concilio Vaticano II leggiamo così: «Maria fu assunta alla gloria celeste e dal Signore esaltata come Regina dell’universo, perché fosse più pienamente conformata al suo Figlio» (Lumen gentium, 59).

E’ questa la radice della festa odierna: Maria è Regina perché associata in modo unico al suo Figlio, sia nel cammino terreno, sia nella gloria del Cielo. Il grande santo della Siria, Efrem il Siro, afferma, circa la regalità di Maria, che deriva dalla sua maternità: Ella è Madre del Signore, del Re dei re (cfr Is 9,1-6) e ci indica Gesù quale vita, salvezza e speranza nostra. Il Servo di Dio Paolo VI ricordava nella sua Esortazione apostolica Marialis Cultus: «Nella Vergine Maria tutto è relativo a Cristo e tutto da lui dipende: in vista di lui Dio Padre, da tutta l'eternità, la scelse Madre tutta santa e la ornò di doni dello Spirito, a nessun altro concessi” (n. 25).
Ma adesso ci domandiamo: che cosa vuol dire Maria Regina? E' solo un titolo unito ad altri, la corona, un ornamento con altri? Che cosa vuol dire? Che cosa è questa regalità? Come già indicato, è una conseguenza del suo essere unita al Figlio, del suo essere in Cielo, cioè in comunione con Dio; Ella partecipa alla responsabilità di Dio per il mondo e all'amore di Dio per il mondo.
C'è un'idea volgare, comune, di re o regina: sarebbe una persona con potere, ricchezza. Ma questo non è il tipo di regalità di Gesù e di Maria. Pensiamo al Signore: la regalità e l'essere re di Cristo è intessuto di umiltà, di servizio, di amore: è soprattutto servire, aiutare, amare.
Ricordiamoci che Gesù è stato proclamato re sulla croce con questa iscrizione scritta da Pilato: «re dei Giudei» (cfr Mc 15,26). In quel momento sulla croce si mostra che Egli è re; e come è re? soffrendo con noi, per noi, amando fino in fondo, e così governa e crea verità, amore, giustizia. O pensiamo anche all'altro momento: nell'Ultima Cena si china a lavare i piedi dei suoi. Quindi la regalità di Gesù non ha nulla a che vedere con quella dei potenti della terra. E' un re che serve i suoi servitori; così ha dimostrato in tutta la sua vita. E lo stesso vale per Maria: è regina nel servizio a Dio all'umanità, è regina dell'amore che vive il dono di sé a Dio per entrare nel disegno della salvezza dell'uomo. All'angelo risponde: Eccomi sono la serva del Signore (cfr Lc 1,38), e nel Magnificat canta: Dio ha guardato all'umiltà della sua serva (cfr Lc 1,48). Ci aiuta. E' regina proprio amandoci, aiutandoci in ogni nostro bisogno; è la nostra sorella, serva umile.
E così siamo già arrivati al punto: come esercita Maria questa regalità di servizio e amore? Vegliando su di noi, suoi figli: i figli che si rivolgono a Lei nella preghiera, per ringraziarla o per chiedere la sua materna protezione e il suo celeste aiuto, dopo forse aver smarrito la strada, oppressi dal dolore o dall’angoscia per le tristi e travagliate vicissitudini della vita. Nella serenità o nel buio dell’esistenza, noi ci rivolgiamo a Maria affidandoci alla sua continua intercessione, perché dal Figlio ci possa ottenere ogni grazia e misericordia necessarie per il nostro pellegrinare lungo le strade del mondo. A Colui che regge il mondo e ha in mano i destini dell’universo noi ci rivolgiamo fiduciosi, per mezzo della Vergine Maria. Ella, da secoli, è invocata quale celeste Regina dei cieli; otto volte, dopo la preghiera del santo Rosario, è implorata nelle litanie lauretane come Regina degli Angeli, dei Patriarchi, dei Profeti, degli Apostoli, dei Martiri, dei Confessori, delle Vergini, di tutti i Santi e delle Famiglie. Il ritmo di queste antiche invocazioni, e preghiere quotidiane come la Salve Regina, ci aiutano a comprendere che la Vergine Santa, quale Madre nostra accanto al Figlio Gesù nella gloria del Cielo, è con noi sempre, nello svolgersi quotidiano della nostra vita.
Il titolo di regina è quindi titolo di fiducia, di gioia, di amore. E sappiamo che quella che ha in mano in parte le sorti del mondo è buona, ci ama e ci aiuta nelle nostre difficoltà.
Cari amici, la devozione alla Madonna è un elemento importante della vita spirituale. Nella nostra preghiera non manchiamo di rivolgerci fiduciosi a Lei. Maria non mancherà di intercedere per noi presso il suo Figlio. Guardando a Lei, imitiamone la fede, la disponibilità piena al progetto d’amore di Dio, la generosa accoglienza di Gesù. Impariamo a vivere da Maria. Maria è la Regina del cielo vicina a Dio, ma è anche la madre vicina ad ognuno di noi, che ci ama e ascolta la nostra voce. Grazie per l'attenzione.

Saluti:

Chers pèlerins de langue française, en ce jour où la liturgie fait mémoire de la Vierge Marie, invoquée sous son titre de Reine, je vous invite à faire de la dévotion envers elle un élément important de votre vie spirituelle. Adressez-vous à elle avec confiance! Imitez sa foi et sa générosité pour accueillir Jésus dans votre vie! Elle est la Reine du ciel, proche de Dieu, mais elle est aussi la mère qui est proche de chacun et de chacune de nous, qui nous aime et qui nous écoute. À tous, et particulièrement aux servants d’autels et au groupe de prière Padre Pio, venus de Nancy, je souhaite un bon séjour et une bonne fin de vacances!

I welcome all the English-speaking pilgrims present at today’s Audience, especially the groups from the Democratic Republic of Congo, Nigeria, Japan and the United States of America. I also greet the young altar servers from Malta and their families. Today the Church celebrates the Queenship of the Blessed Virgin Mary. May the prayers of Our Lady guide us along our pilgrimage of faith, that we may share in her Son’s victory and reign with him in his eternal Kingdom. Upon all of you I invoke the Lord’s abundant blessings!

Mit Freude grüße ich alle Pilger und Besucher deutscher Sprache, die zu dieser Audienz nach Castel Gandolfo gekommen sind. Die Kirche feiert heute den Gedenktag Maria Königin. Es ist der achte Tag nach dem Hochfest ihrer Aufnahme in den Himmel. In dem dogmatischen Text Lumen gentium des Zweiten Vatikanischen Konzils wird gesagt: »Maria wurde als Königin des Alls vom Herrn erhöht, um vollkommener ihrem Sohn gleichgestaltet zu sein, dem Herrn der Herren« (Nr. 59). Das Königtum Christi, wir wissen es, ist ganz durchwoben von Demut, Dienen, Liebe und unterscheidet sich so von irdischen Reichen und Machtblöcken. Das gleiche gilt für Maria: Sie ist Königin im Dienst für Gott und für die Menschen. Sie ist eine Königin der Liebe, die ihre Hingabe an Gott lebt und so in den Plan der Erlösung Gottes für die Menschen eintritt. Als Königin des Himmels ist sie Gott ganz nahe. Aber weil sie Gott nahe ist, ist sie uns nahe. Als eine Mutter, die uns liebt und kennt, will sie uns allen nahe sein. Ihr mütterlicher Segen möge euch auf allen euren Wegen begleiten.

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular al grupo de la Basílica de Nuestra Señora del Socorro, de Aspe, así como a los provenientes de España, México y otros países latinoamericanos. Invito a todos, a encomendar nuestras súplicas a la intercesión de la Santísima Virgen, que hoy invocamos como Reina, pues la Madre del Rey de Reyes no dejará de presentar nuestra oración confiada al corazón de su divino Hijo, ni de velar por nosotros en nuestro peregrinaje terreno. Que Dios os bendiga.

Amados peregrinos de língua portuguesa, uma cordial saudação de boas-vindas para todos. Hoje, a Igreja celebra Nossa Senhora Rainha dos Céus e da terra que, a exemplo de Seu Filho Jesus, Senhor do Universo, manifesta a sua realeza através da humildade, do serviço e do amor. Na vossa oração, não deixeis de dirigir-vos a Ela com confiança. Possa A Virgem Maria velar por cada um de vós. E que Deus vos abençoe.

Saluto in lingua polacca:

Pozdrawiam polskich pielgrzymów. Najświętszej Maryi Pannie Królowej zawierzam was, tu obecnych, wasze rodziny i waszą ojczyznę. Poddając się pod Jej matczyne panowanie, radujcie się Jej opieką i Bożym błogosławieństwem! Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus!

Traduzione italiana:

Saluto i pellegrini polacchi. Affido alla Beata Vergine Maria Regina voi qui presenti, le vostre famiglie e la vostra patria. Abbandonandovi alla sua materna signoria, godete della sua protezione e della benedizione di Dio! Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua slovacca:

S láskou pozdravujem slovenských pútnikov, osobitne z Farnosti Lúčky. Bratia a sestry, Cirkev dnes v liturgii slávi spomienku preblahoslavenej Panny Márie Kráľovnej. S dôverou sa obracajme na túto našu dobrotivú Matku v každej našej potrebe. Rád žehnám vás i vaše rodiny. Pochválený buď Ježiš Kristus!

Traduzione italiana:

Saluto con affetto i pellegrini slovacchi, specialmente quelli della Parrocchia di Lúčky. Fratelli e sorelle, la Chiesa celebra oggi nella liturgia la memoria della Beata Maria Vergine Regina. Rivolgiamoci con fiducia a questa nostra buona Madre in ogni nostra necessità. Volentieri benedico voi e le vostre famiglie. Sia lodato Gesù Cristo!

* * *

Alla fine, rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana; in particolare alle Suore di Maria Santissima Consolatrice, riunite per il loro Capitolo Generale, e alle Suore Caldee Figlie di Maria Immacolata, impegnate in un generoso e prezioso servizio alle popolazioni dell’Iraq. Saluto i partecipanti all’incontro dell’Associazione Famiglie Rogazioniste e all’incontro estivo per Seminaristi Maggiori, come pure le coppie di sposi novelli. Tutti invito a dedicare tempo alla formazione cristiana, per essere fedeli discepoli di Cristo, che è via, verità e vita. E adesso cantiamo insieme il Padre Nostro.

© Copyright 2012 - Libreria Editrice Vaticana


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