Discorsi, omelie, udienze, angelus e altri documenti

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+PetaloNero+
00giovedì 2 dicembre 2010 15:15
LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

S.E. il Sig. Gábor Győriványi, Ambasciatore di Ungheria presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali;

Em.mo Card. André Vingt-Trois, Arcivescovo di Paris (Francia), Presidente della Conferenza dei Vescovi di Francia,

con i Vice-Presidenti:

S.E. Mons. Laurent Ulrich, Arcivescovo di Lille

S.E. Mons. Hippolyte Simon, Arcivescovo di Clermont

e con il Segretario Generale:

Mons. Antoine Hérouard;

Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale delle Filippine, in Visita "ad Limina Apostolorum":

S.E. Mons. Artemio L. Rillera, S.V.D., Vescovo di San Fernando de La Union;

S.E. Mons. Mylo Hubert C. Vergara, Vescovo di San Jose;

S.E. Mons. Jacinto A. Jose, Vescovo di Urdaneta;

S.E. Mons. Ruperto C. Santos, Vescovo di Balanga;

S.E. Mons. Florentino G. Lavarias, Vescovo di Iba;

S.E. Mons. Florentino F. Cinense, Vescovo di Tarlac;

S.E. Mons. Gabriel V. Reyes, Vescovo di Antipolo;

S.E. Mons. Honesto F. Ongtioco, Vescovo di Cubao.









LE LETTERE CREDENZIALI DELL’AMBASCIATORE DI UNGHERIA PRESSO LA SANTA SEDE



Alle ore 11 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza S.E. il Signor Gábor Győriványi, Ambasciatore di Ungheria presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto al nuovo Ambasciatore, nonché i cenni biografici essenziali di S.E. il Signor Gábor Győriványi:


DISCORSO DEL SANTO PADRE



Signor Ambasciatore,

con gioia Le do il benvenuto in questa solenne occasione della consegna delle Lettere Credenziali che L’accreditano come Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Repubblica d’Ungheria presso la Santa Sede, e La ringrazio per le Sue gentili parole. Sono grato per i deferenti saluti che mi ha presentato a nome del Signor Presidente Dott. Pál Schmitt e del Governo, e che ricambio volentieri. Allo stesso tempo vorrei pregarLa di assicurare i Suoi connazionali del mio sincero affetto e della mia benevolenza.

Dopo la ripresa dei rapporti diplomatici tra la Santa Sede e la Repubblica d’Ungheria nel 1990, si è potuta sviluppare nuova fiducia per un dialogo attivo e costruttivo con la Chiesa Cattolica. Nutro al contempo la speranza che le profonde ferite di quella visione materialistica dell’uomo, che si era impadronita dei cuori e della comunità dei cittadini del Suo Paese per quasi 45 anni, possano continuare a guarire in un clima di pace, libertà e rispetto della dignità dell’uomo.

La fede cattolica fa senza dubbio parte dei pilastri fondamentali della storia dell’Ungheria. Quando, nel lontano anno 1000, il giovane principe ungherese Stefano ricevette la corona reale inviatagli da Papa Silvestro II, a ciò era unito il mandato di dare alla fede in Gesù Cristo spazio e patria in quella terra. La pietà personale, il senso di giustizia e le virtù umane di questo grande re sono un alto punto di riferimento che funge da stimolo e imperativo, oggi come allora, a quanti è affidato un ruolo di governo o un’analoga responsabilità. Certamente non ci si aspetta dallo Stato che venga imposta una determinata religione; esso dovrebbe piuttosto garantire la libertà di confessare e praticare la fede. Tuttavia, politica e fede cristiana si toccano. Senz’altro la fede ha la sua specifica natura quale incontro con il Dio vivente che ci apre nuovi orizzonti al di là dell’ambito proprio della ragione. Ma al contempo essa è una forza purificatrice per la ragione stessa, permettendole di svolgere in modo migliore il suo compito e di vedere meglio ciò che le è proprio. Non si tratta di imporre norme o modi di comportamento a coloro che non condividono la fede. Si tratta semplicemente della purificazione della ragione, che vuole aiutare a far sì che ciò che è buono e giusto possa, qui ed ora, essere riconosciuto e poi anche realizzato (cfr. Enciclica Deus caritas est, 28).

Negli ultimi anni, poco più di venti, dalla caduta della cortina di ferro, evento nel quale l’Ungheria ha svolto un ruolo di rilievo, il Suo Paese ha occupato un posto importante nella comunità dei popoli. Da ormai sei anni l’Ungheria è anche membro dell’Unione Europea. Con ciò apporta un contributo importante al coro a più voci degli Stati d’Europa. All’inizio del prossimo anno toccherà all’Ungheria, per la prima volta, assumere la Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea. L’Ungheria è chiamata in modo particolare ad essere mediatrice tra Oriente e Occidente. Già la Sacra Corona, eredità del re Stefano, nel collegamento della corona graeca circolare con la corona latina posta ad arco sopra di essa – ambedue recano il volto di Cristo e sono incoronate dalla croce – mostra come Oriente e Occidente dovrebbero sostenersi a vicenda e arricchirsi l’un l’altro a partire dal patrimonio spirituale e culturale e dalla viva professione di fede. Possiamo intendere ciò anche come un leitmotiv per il Suo Paese.

La Santa Sede prende atto con interesse degli sforzi delle autorità politiche nell’elaborare un cambiamento della Costituzione. Si è espressa l’intenzione di voler far riferimento, nel preambolo, all’eredità del Cristianesimo. È altrettanto auspicabile che la nuova Costituzione sia ispirata ai valori cristiani, in modo particolare per quanto concerne la posizione del matrimonio e della famiglia nella società e la protezione della vita.

Il matrimonio e la famiglia costituiscono un fondamento decisivo per un sano sviluppo della società civile, dei Paesi e dei popoli. Il matrimonio come forma di ordinamento basilare del rapporto tra uomo e donna e, allo stesso tempo, come cellula fondante della comunità statale è venuta plasmandosi anche a partire dalla fede biblica. In questo modo, il matrimonio ha dato all’Europa il suo particolare aspetto e il suo umanesimo, anche e proprio perché si è dovuta apprendere e conseguire continuamente la caratteristica di fedeltà e di rinuncia tracciata da esso. L’Europa non sarebbe più Europa se tale cellula basilare della costruzione sociale sparisse o venisse sostanzialmente trasformata. Sappiamo tutti quanto sono a rischio il matrimonio e la famiglia oggi – da un lato per l’erosione dei loro valori più intimi di stabilità e indissolubilità, a causa di una crescente liberalizzazione del diritto di divorzio e dell’abitudine, sempre più diffusa, alla convivenza di uomo e donna senza la forma giuridica e la protezione del matrimonio, dall’altro lato per diversi generi di unione che non hanno alcun fondamento nella storia della cultura e del diritto in Europa. La Chiesa non può approvare iniziative legislative che implichino una valorizzazione di modelli alternativi della vita di coppia e della famiglia. Essi contribuiscono all’indebolimento dei principi del diritto naturale e così alla relativizzazione della legislazione tutta, nonché della consapevolezza dei valori nella società.

"La società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli" (Enciclica Caritas in veritate, 19). La ragione è in grado di garantire l’uguaglianza tra gli uomini e di stabilire una convivenza civica, ma non riesce, alla fin fine, a fondare la fraternità. Questa ha origine in una vocazione soprannaturale di Dio, il quale ha creato gli uomini per amore e ci ha insegnato per mezzo di Gesù Cristo che cosa sia la carità fraterna. La fraternità è, in un certo senso, l’altro lato della libertà e dell’uguaglianza. Essa apre l’uomo all’altruismo, al senso civico, all’attenzione verso l’altro. La persona umana, infatti, trova se stessa solo quando supera la mentalità incentrata sulle proprie pretese e si proietta nell’atteggiamento del dono gratuito e della solidarietà autentica, che molto meglio risponde alla sua vocazione comunitaria.

La Chiesa Cattolica, come le altre comunità religiose, ha un ruolo non insignificante nella società ungherese. Essa si impegna su larga scala con le sue istituzioni nel campo dell’educazione scolastica e della cultura, nonché dell’assistenza sociale, e in tal modo contribuisce alla costruzione morale, davvero utile al Suo Paese. La Chiesa confida di poter continuare, con l’appoggio dello Stato, a svolgere e intensificare tale servizio per il bene degli uomini e per lo sviluppo del Suo Paese. La collaborazione tra Stato e Chiesa Cattolica in questo campo cresca anche in futuro e rechi giovamento per tutti.

Illustre Signor Ambasciatore, all’inizio del Suo nobile incarico auguro a Lei una missione colma di successo, e Le assicuro allo stesso tempo il sostegno e l’appoggio dei miei collaboratori. Maria Santissima, la Magna Domina Hungarorum, estenda la propria mano protettrice sul Suo Paese. Di cuore imploro per Lei, Signor Ambasciatore, per la Sua famiglia, per i Suoi collaboratori e collaboratrici nell’Ambasciata e per tutto il popolo ungherese l’abbondante benedizione divina.

S.E. il Signor Gábor Győriványi,

Ambasciatore di Ungheria presso la Santa Sede

È nato a Budapest il 4 luglio 1960.

È sposato ed ha quattro figli.

Laureato in Teologia (Accademia Cattolica di Scienze Religiose Pázmány Péter, 1990), ha ottenuto un master in Sociologia (università Eötvös Loránd, 1991) ed una specializzazione in Economia e Management (Foreign Trade College, 1998).

Entrato nella carriera diplomatica nel 1994, ha ricoperto i seguenti incarichi: Funzionario del Ministero degli Affari Esteri - Dipartimento per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (1994-1997); Secondo Segretario presso la Missione di Ungheria all’OSCE in Austria (1998-2001); Segretario presso il Dipartimento per la Sicurezza e l’Amministrazione del Ministero degli Affari Esteri (2001-2003); Console in Giappone (2003-2007); Senior analyst presso il Dipartimento per Strategic Planning and Information Management del Ministero degli Affari Esteri (2007-2010).

Oltre l’ungherese, parla l’inglese ed il tedesco e conosce il giapponese, il russo ed il francese.










SANTA MESSA IN SUFFRAGIO DELLA MEMOR DOMINI MANUELA CAMAGNI, DELLA FAMIGLIA PONTIFICIA

Alle ore 7.30 di questa mattina, nella Cappella Paolina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha celebrato una Santa Messa in suffragio di Manuela Camagni, la Memor Domini della Famiglia Pontificia morta lo scorso 24 novembre in seguito ad un incidente stradale.
Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia che il Papa ha pronunciato nel corso della celebrazione eucaristica:


OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari Fratelli e Sorelle,

negli ultimi giorni della sua vita, la nostra cara Manuela parlava del fatto che il 29 novembre sarebbe appartenuta da trent’anni alla comunità dei Memores Domini. E lo disse con grande gioia, preparandosi – così era l’impressione – a una festa interiore per questo cammino trentennale verso il Signore, nella comunione degli amici del Signore. La festa, però, era altra da quella prevista: proprio il 29 novembre l’abbiamo portata al cimitero, abbiamo cantato che gli Angeli la accompagnassero in Paradiso, l’abbiamo guidata alla festa definitiva, alla grande festa di Dio, alle Nozze dell’Agnello. Trent’anni in cammino verso il Signore, entrando alla festa del Signore. Manuela era una "vergine saggia, prudente", portava l’olio nella sua lampada, l’olio della fede, una fede vissuta, una fede nutrita dalla preghiera, dal colloquio con il Signore, dalla meditazione della Parola di Dio, dalla comunione nell’amicizia con Cristo. E questa fede era speranza, saggezza, era certezza che la fede apre il vero futuro. E la fede era carità, era darsi per gli altri, vivere nel servizio del Signore per gli altri. Io, personalmente, devo ringraziare per questa sua disponibilità a mettere le sue forze al lavoro nella mia casa, con questo spirito di carità, di speranza che viene dalla fede.

E’ entrata nella festa del Signore come vergine prudente e saggia, perché era vissuta non nella superficialità di quanti dimenticano la grandezza della nostra vocazione, ma nella grande visione della vita eterna, e così era preparata all’arrivo del Signore.

Trent’anni Memores Domini. San Bonaventura dice che nella profondità del nostro essere è iscritta la memoria del Creatore. E proprio perché questa memoria è iscritta nel nostro essere, possiamo riconoscere il Creatore nella sua creazione, possiamo ricordarci, vedere le sue tracce in questo cosmo creato da Lui. Dice inoltre san Bonaventura che questa memoria del Creatore non è solo memoria di un passato, perché l’origine è presente, è memoria della presenza del Signore; è anche memoria del futuro, perché è certezza che veniamo dalla bontà di Dio e siamo chiamati a giungere alla bontà di Dio. Perciò in questa memoria è presente l’elemento della gioia, la nostra origine nella gioia che è Dio e la nostra chiamata ad arrivare alla grande gioia. E sappiamo che Manuela era una persona interiormente penetrata dalla gioia, proprio da quella gioia che deriva dalla memoria di Dio. Ma san Bonaventura aggiunge anche che la nostra memoria, come tutta la nostra esistenza, è ferita dal peccato: così la memoria è oscurata, è coperta da altre memorie superficiali, e non possiamo più oltrepassare queste altre memorie superficiali, andare fino in fondo, fino alla vera memoria che sostiene il nostro essere. Perciò, a causa di questo oblio di Dio, di questa dimenticanza della memoria fondamentale, anche la gioia è coperta, oscurata. Sì, sappiamo che siamo creati per la gioia, ma non sappiamo più dove si trova la gioia, e la cerchiamo in diversi luoghi. Vediamo oggi questa ricerca disperata della gioia che si allontana sempre più dalla sua vera fonte, dalla vera gioia. Oblio di Dio, oblio della nostra vera memoria. Manuela non era di quelli che avevano dimenticato la memoria: è vissuta proprio nella viva memoria del Creatore, nella gioia della sua creazione, vedendo la trasparenza di Dio in tutto il creato, anche negli avvenimenti quotidiani della nostra vita, e ha saputo che da questa memoria - presente e futuro - viene la gioia.

Memores Domini. I Memores Domini sanno che Cristo, nella vigilia della Sua passione, ha rinnovato, anzi ha elevato la nostra memoria. "Fate questo in memoria di me", ha detto, e così ci ha dato la memoria della sua presenza, la memoria del dono di sé, del dono del suo Corpo e del suo Sangue, e in questo dono del suo Corpo e Sangue, in questo dono del suo amore infinito, tocchiamo di nuovo con la nostra memoria la presenza di Dio più forte, il suo dono di sé. In quanto Memor Domini, Manuela ha vissuto proprio questa memoria viva, che il Signore con il suo Corpo si dona e rinnova il nostro sapere di Dio.

Nella controversia con i Sadducei circa la risurrezione, il Signore dice a costoro, che non credono in essa: ma Dio si è chiamato "Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe". I tre fanno parte del nome di Dio, sono iscritti nel nome di Dio, stanno nel nome di Dio, nella memoria di Dio, e così il Signore dice: Dio non è un Dio dei morti, è un Dio dei vivi, e chi fa parte del nome di Dio, chi sta nella memoria di Dio, è vivo. Noi uomini, con la nostra memoria, possiamo purtroppo conservare solo un’ombra delle persone che abbiamo amato. Ma la memoria di Dio non conserva solo ombre, è origine di vita: qui i morti vivono, nella sua vita e con la sua vita sono entrati nella memoria di Dio, che è vita. Questo ci dice oggi il Signore: Tu sei iscritto nel nome di Dio, tu vivi in Dio con la vita vera, vivi dalla fonte vera della vita.

Così, in questo momento di tristezza, siamo consolati. E la liturgia rinnovata dopo il Concilio, osa insegnarci a cantare "Alleluia" anche nella Messa per i Defunti. E’ audace questo! Noi sentiamo soprattutto il dolore della perdita, sentiamo soprattutto l’assenza, il passato, ma la liturgia sa che noi siamo nello stesso Corpo di Cristo e viviamo a partire dalla memoria di Dio, che è memoria nostra. In questo intreccio della sua memoria e della nostra memoria siamo insieme, siamo viventi. Preghiamo il Signore che sempre più possiamo sentire questa comunione di memoria, che la nostra memoria di Dio in Cristo diventi sempre più viva, e così possiamo sentire che la nostra vera vita è in Lui e in Lui restiamo tutti uniti. In questo senso, cantiamo "Alleluia", sicuri che il Signore è la vita e il suo amore non finisce mai. Amen.
+PetaloNero+
00venerdì 3 dicembre 2010 15:25
LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

S.E. il Signor Fernando Felipe Sánchez Campos, Ambasciatore di Costa Rica, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali.

S.E. Mons. Ägidius Zsifkovics, Vescovo di Eisenstadt (Austria).

Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale delle Filippine, in Visita "ad Limina Apostolorum":
S.E. Mons. Jose F. Oliveros, Vescovo di Malolos;
S.E. Mons. Antonio R. Tobias, Vescovo di Novaliches;
S.E. Mons. Jesse E. Mercado, Vescovo di Parañaque;
S.E. Mons. Francisco C. San Diego, Vescovo di Pasig;
S.E. Mons. Leo M. Drona, S.D.B., Vescovo di San Pablo;
S.E. Mons. Prudencio P. Andaya, C.I.C.M., Vescovo tit. di Fuerteventura, Vicario Apostolico di Tabuk;
S.E. Mons. Luis Antonio G. Tagle, Vescovo di Imus;
S.E. Mons. Deogracias S. Iñiguez, Vescovo di Kalookan.

Membri della Commissione Teologica Internazionale.

Il Papa riceve nel pomeriggio in Udienza:
Em.mo Card. Ivan Dias, Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli Em.mo Card. Ivan Dias, Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli










RINUNCE E NOMINE




RINUNCIA E NOMINA DEL VESCOVO DI PYAY (MYANMAR)

Il Santo Padre Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Pyay (Myanmar), presentata da S.E. Mons. Joseph Devellerez Thaung Shwe, in conformità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.
Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Pyay (Myanmar), il Rev.do Alexander Pyone Cho, del clero di Pyay, attualmente sacerdote fidei donum nella diocesi di Salina, U.S.A..

Rev.do Alexander Pyone Cho
Il Rev.do Alexander Pyone Cho è nato il 10 luglio 1949 a Oatshitpin, nella diocesi di Pyay. Ha completato gli studi filosofici e teologici presso il Seminario Maggiore Nazionale St. Joseph’s di Yangon. È stato ordinato sacerdote il 15 marzo 1975 ed incardinato nella diocesi di Pyay.
Ha ricoperto poi i seguenti incarichi: 1975-1976: Vicario parrocchiale della Cattedrale di Pyay; 1976-1981: Parroco della Cattedrale e Rettore del Seminario Minore diocesano; 1981-1982: Parroco di Thayet; 1982-1988: Parroco di Thandwe; 1988-1993: Padre spirituale al Seminario Maggiore Nazionale (Filosofato) a Pyin Oo - Mandalay; 1993-1997: Rettore del Seminario Maggiore Nazionale (Filosofato) a Pyin Oo; 1997-2005: Parroco della Cattedrale.
Dal 2005 è sacerdote fidei donum nella diocesi di Salina, Kansas, Stati Uniti.



RINUNCIA DELL’AUSILIARE DI TOLEDO (SPAGNA)

Il Papa ha accettato la rinuncia all’ufficio di Ausiliare dell’arcidiocesi di Toledo (Spagna), presentata da S.E Mons. Carmelo Borobia Isasa, in conformità ai canoni 411 e 401§ 1 del Codice di Diritto Canonico.



NOMINA DI AUSILIARE DI MÜNSTER (GERMANIA)

Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare di Münster (Germania) il Rev.do Stefan Zekorn, del clero della medesima diocesi, Rettore-Parroco del Santuario Mariano di Kevelaer e Canonico del Capitolo Cattedrale di Münster.

Rev.do Stefan Zekorn
Il Rev.do Stefan Zekorn è nato a Datteln (diocesi di Münster) il 3 ottobre 1959. Ha compiuto gli studi filosofici e teologici presso l’Università di Münster e presso la Pontificia Università Gregoriana come alunno del Pontificio Collegio Germanico-Ungarico.
È stato ordinato sacerdote l’8 ottobre 1984 a Roma per la diocesi di Münster.
Dal 1985 al 1987 ha ricoperto l’incarico di vice-parroco a Warendorf e dal 1987 al 1992 è stato segretario particolare dell’allora Vescovo di Münster, S.E. Mons. Reinhard Lettmann. Nel contempo ha ripreso gli studi presso l’Università di Münster, concludendoli con il dottorato in Teologia.
Dal 1992 al 2006 è stato Direttore spirituale del Seminario Maggiore di Münster "Collegium Borromaeum".
Nel 2006 è stato nominato Rettore-Parroco del Santuario Mariano di Kevelaer.
Dal 2006 è anche Canonico del Capitolo Cattedrale di Münster.



NOMINA DI RELATORI DELLA CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI

Il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato Relatori della Congregazione delle Cause dei Santi i Rev.di Mons. Carmelo Pellegrino e P. Alfred Simón, O.S.B., finora rispettivamente Officiale e Consultore del medesimo Dicastero.


















LE LETTERE CREDENZIALI DELL’AMBASCIATORE DI COSTA RICA PRESSO LA SANTA SEDE

Alle ore 11 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza S.E. il Signor Fernando Felipe Sánchez Campos, Ambasciatore di Costa Rica presso la Santa Sede, in occasione della presentazione dele Lettere Credenziali.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto al nuovo Ambasciatore, nonché i cenni biografici essenziali di S.E. il Signor Fernando Felipe Sánchez Campos:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Señor Embajador:

1. Al recibir de manos de Vuestra Excelencia las Cartas credenciales como Embajador Extraordinario y Plenipotenciario de Costa Rica ante la Santa Sede, le agradezco vivamente sus deferentes palabras, así como el gentil saludo que me ha transmitido de parte de la Señora Presidenta de la República, Doctora Laura Chinchilla Miranda, al que correspondo complacido con los mejores deseos de que lleve a cabo un fructífero servicio al frente de esa dilecta Nación, tan vinculada a la Sede Apostólica por estrechas y cordiales relaciones, así como por la especial devoción de los costarricenses al Sucesor de Pedro.

2. Vuestra presencia en este acto solemne, Excelencia, aviva en mi corazón los sentimientos de afecto y benevolencia hacia el amadísimo pueblo costarricense, que, el pasado día 2 de agosto, se llenó de regocijo al conmemorar los 375 años del hallazgo de la venerada imagen de Nuestra Señora de los Ángeles, su celestial Patrona. A la vez que me uno a su acción de gracias al Todopoderoso en tan feliz circunstancia, no dudo que el Año Jubilar que se está celebrando producirá abundantes frutos de vida cristiana, siendo también una oportunidad singular para agradecer a la Virgen los favores recibidos y elevar una súplica por todas las necesidades de ese noble País, que desea seguir recorriendo al amparo de la Madre de Dios los caminos del mutuo entendimiento y la concordia, en un clima de auténtica fraternidad y de próvida solidaridad.

3. No podría ser de otra manera en Vuestra Patria, acreedora del particular interés de la Santa Sede, y en donde la belleza se hace montaña y llanura, río y mar, brisa y viento que da ímpetu a un pueblo hospitalario y orgulloso de sus tradiciones; un pueblo que hace siglos acogió la semilla evangélica para ver cómo germinaba pujante en innumerables iniciativas educativas, sanitarias y de promoción humana. De este modo, los hijos de Vuestra Patria saben bien que, en Cristo, el Hijo de Dios, el hombre puede encontrar siempre la fuerza para luchar contra la pobreza, la violencia doméstica, el desempleo y la corrupción, procurando la justicia social, el bien común y el progreso integral de las personas. Nadie puede sentirse al margen de la consecución de esas altas metas. En este contexto, la Autoridad pública ha de ser la primera en buscar lo que a todos beneficia, obrando principalmente como una fuerza moral que potencie la libertad y el sentido de responsabilidad de cada uno. Y todo esto, sin menoscabar los valores fundamentales que vertebran la inviolable dignidad de la persona, comenzando por la firme salvaguarda de la vida humana. En este ámbito, me complace recordar que fue precisamente en Vuestro País donde se firmó el Pacto de San José, en el que se reconoce expresamente el valor de la vida humana desde su concepción. Así pues, es deseable que Costa Rica no viole los derechos del nasciturus con leyes que legitimen la fecundación in vitro y el aborto.

4. Recientemente, ha surgido el deseo de plasmar en un nuevo y solemne acuerdo jurídico la larga trayectoria de mutua colaboración, sana independencia y respeto recíproco entre la Santa Sede y Costa Rica, afianzando así aún más las proficuas relaciones existentes entre la Iglesia y el Estado en Vuestra Patria. Concretar las materias de interés común, fijando pormenorizadamente los derechos y obligaciones de las partes signatarias, servirá para seguir garantizando de manera estable y más conforme a las actuales circunstancias históricas su ya tradicional y fecundo entendimiento, con miras al mayor bien de la vida religiosa y civil de la Nación y en beneficio de aquellas personas objeto de los mismos desvelos.

5. Con ocasión de este encuentro, quisiera asegurarle, Señor Embajador, que, en estos días, he tenido un particular recuerdo en la oración por Costa Rica, con motivo de las dolorosas consecuencias que han causado las lluvias torrenciales que han afectado al País. He pedido también a Dios que Vuestra Patria no deje de roturar los caminos que la hacen ante la comunidad internacional un referente de paz. Para ello, es importante que los que están al frente de sus destinos no vacilen en rechazar con firmeza la impunidad, la delincuencia juvenil, el trabajo infantil, la injusticia y el narcotráfico, impulsando medidas tan importantes como la seguridad ciudadana, una adecuada formación de niños y jóvenes, la debida atención a los encarcelados, la eficaz asistencia sanitaria a todos, en particular a los más menesterosos y a los ancianos, así como los programas que lleven a la población a alcanzar una vivienda digna y un empleo decente. Es primordial, además, que las nuevas generaciones adquieran la convicción de que los conflictos no se vencen con la mera fuerza, sino convirtiendo los corazones al bien y la verdad, acabando con la miseria y el analfabetismo, robusteciendo el Estado de derecho y vigorizando la independencia y eficacia de los tribunales de justicia. Mucho contribuirá a dilatar este horizonte el afianzamiento en la sociedad de un pilar tan sustancial e irrenunciable como la estabilidad y unión de la familia, institución que está sufriendo, quizás como ninguna otra, la acometida de las transformaciones amplias y rápidas de la sociedad y de la cultura, y que, sin embargo, no puede perder su identidad genuina, pues está llamada a ser vivero de virtudes humanas y cristianas, en donde los hijos aprendan de sus padres de forma natural a respetarse y comprenderse, a madurar como personas, creyentes y ciudadanos ejemplares. Por consiguiente, nada de cuanto favorezca, tutele y apoye la familia fundada en el matrimonio entre un hombre y una mujer será baldío. En este sentido, la Iglesia no se cansará de alentar especialmente a los jóvenes, para que descubran la belleza y grandeza que entraña servir fiel y generosamente al amor matrimonial y a la transmisión de la vida.

6. La defensa de la paz se verá facilitada asimismo con el cuidado del entorno natural, pues son realidades íntimamente relacionadas entre sí. A este respecto, Costa Rica, abanderada de la amistad y el buen entendimiento entre las Naciones, se ha distinguido también en la preservación del medio ambiente y la búsqueda de un equilibrio entre el desarrollo humano y la conservación de los recursos. Esto conlleva la ponderación conjunta y responsable de esta cuestión tan esencial, en aras de "esa alianza entre ser humano y medio ambiente que ha de ser reflejo del amor creador de Dios, del cual procedemos y hacia el cual caminamos" (Mensaje para la Jornada Mundial de la Paz 2008, n. 7). Con este objetivo, animo a todos los costarricenses a continuar desarrollando lo que propicia un verdadero desarrollo humano, en armonía con la creación, evitando intereses espurios y faltos de clarividencia en un tema de tanta trascendencia.

7. Al concluir, quiero expresarle, Señor Embajador, mis mejores votos para la misión que comienza hoy. Tenga la seguridad de que en su ejercicio siempre encontrará la ayuda que precise de mis colaboradores. Con estos sentimientos, pongo bajo la mirada de Nuestra Señora de los Ángeles, tan venerada en vuestra tierra y en toda Centroamérica, a las Autoridades y al querido pueblo costarricense, suplicándole también que sostenga con su amor materno a todos los hijos de Vuestra Patria, para que, apoyándose en su rico patrimonio espiritual, puedan cooperar a una solidaridad cada vez mayor entre las personas y entre los pueblos. Y como prenda de copiosos dones divinos, imparto la Bendición apostólica a Vuestra Excelencia y su familia, así como al personal de esa Misión Diplomática.

S.E. il Signor Fernando Felipe Sánchez Campos,
Ambasciatore di Costa Rica presso la Santa Sede
È nato a San José il 13 gennaio 1974.
È sposato ed ha due figli.
Laureato in Scienze Politiche (Università di Costa Rica, San José, 1996), si è specializzato in Amministrazione di Imprese (Business School dell'Istituto Centroamericano di Amministrazione di Imprese INCAE, (Alajuela, 1999), ed in Scienze Politiche (St. Antony’s College, Oxford, 2004).
È stato: Assistente accademico e ricercatore in "Politica Comparata" presso la Scuola di Scienze Politiche (San José, 1995-1996); Ricercatore in "governabilità ed integrazione centroamericana" presso il Centro Latinoamericano per la Competitività e lo Sviluppo Sostenibile dell'INCAE (Alajuela, 1998-2000); Tutor del Dipartimento di Politiche e relazioni internazionali (Università di Oxford, 2002-2004); Consultore per l'elaborazione di documenti sui partiti politici in Centroamerica, presso l'istituto Interamericano di Diritti Umani (San José, 2004-2006); Deputato e Presidente di diverse Commissioni dell'Assemblea Legislativa di Costa Rica (2006-20 10). Parla l'inglese.
È autore di numerosi articoli e libri su politica e democrazia, nonché su imprese ed economia











TELEGRAMMA DI CORDOGLIO DEL SANTO PADRE PER LA MORTE DELL’EM.MO CARD. MICHELE GIORDANO

Pubblichiamo di seguito il telegramma di cordoglio per la morte, avvenuta questa notte, dell’Em.mo Card. Michele Giordano, Arcivescovo emerito di Napoli, inviato dal Santo Padre Benedetto XVI all’attuale Arcivescovo della Chiesa partenopea, Em.mo Card. Crescenzio Sepe:


TELEGRAMMA DEL SANTO PADRE

SIGNOR CARDINALE CRESCENZIO SEPE
ARCIVESCOVO DI NAPOLI
LARGO DONNAREGINA 22
80138 NAPOLI

APPRESA CON TRISTEZZA LA NOTIZIA DELLA MORTE DEL CARDINALE MICHELE GIORDANO ARCIVESCOVO EMERITO DI NAPOLI DESIDERO ESPRIMERE A VOSTRA EMINENZA E ALL’INTERA COMUNITÀ DIOCESANA COME PURE AI FAMILIARI DEL COMPIANTO PORPORATO LA MIA PROFONDA PARTECIPAZIONE AL LORO DOLORE PENSANDO CON AFFETTO A QUESTO CARO FRATELLO CHE HA SERVITO GENEROSAMENTE IL VANGELO E LA CHIESA (.) RICORDANDO CON GRATITUDINE AL SIGNORE L’INTENSA OPERA PASTORALE PROFUSA DAPPRIMA A TURSI-LAGONEGRO POI A MATERA-IRSINA E INFINE NELL’ARCIDIOCESI PARTENOPEA ELEVO FERVIDE PREGHIERE AL SIGNORE PERCHÉ LO ACCOLGA NELLA SUA PACE E DI CUORE IMPARTO QUANTI NE PIANGONO LA SCOMPARSA LA CONFORTATRICE BENEDIZIONE APOSTOLICA

BENEDICTUS PP. XVI









UDIENZA AI MEMBRI DELLA COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE

Alle ore 12.15 di oggi, nella Sala del Concistoro, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i Membri della Commissione Teologica Internazionale, a conclusione dei lavori della Sessione Plenaria della medesima Commissione.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge loro nel corso dell’Udienza:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signor Cardinale,
venerati Fratelli nell’Episcopato,
illustri Professori e cari Collaboratori!

È con gioia che vi accolgo, al termine dei lavori della vostra annuale Sessione Plenaria. Desidero anzitutto esprimere un sentito ringraziamento per le parole di omaggio che, a nome di tutti, Ella, Signor Cardinale, in qualità di Presidente della Commissione Teologica Internazionale, ha voluto rivolgermi. I lavori di questo ottavo "quinquennio" della Commissione, come Lei ha ricordato, affrontano i seguenti temi di grande peso: la teologia e la sua metodologia; la questione dell’unico Dio in rapporto alle tre religioni monoteistiche; l’integrazione della Dottrina sociale della Chiesa nel contesto più ampio della Dottrina cristiana.

"L’amore del Cristo infatti ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro" (2Cor 5,14-15). Come non sentire anche nostra questa bella reazione dell’apostolo Paolo al suo incontro col Cristo risorto? Proprio questa esperienza è alla radice dei tre importanti temi che avete approfondito nella vostra Sessione Plenaria appena conclusa.

Chi ha scoperto in Cristo l’amore di Dio, infuso dallo Spirito Santo nei nostri cuori, desidera conoscere meglio Colui da cui è amato e che ama. Conoscenza e amore si sostengono a vicenda. Come hanno affermato i Padri della Chiesa, chiunque ama Dio è spinto a diventare, in un certo senso, un teologo, uno che parla con Dio, che pensa di Dio e cerca di pensare con Dio; mentre il lavoro professionale di teologo è per alcuni una vocazione di grande responsabilità davanti a Cristo, davanti alla Chiesa. Poter professionalmente studiare Dio stesso e poterne parlare - contemplari et contemplata docere (S. Tommaso d’Aquino, Super Sent., lib. 3 d. 35 q. 1 a. 3 qc. 1 arg. 3) - è un grande privilegio. La vostra riflessione sulla visione cristiana di Dio potrà essere un contributo prezioso sia per la vita dei fedeli che per il nostro dialogo con i credenti di altre religioni ed anche con i non credenti. Di fatto la stessa parola "teo-logia" rivela questo aspetto comunicativo del vostro lavoro - nella teologia cerchiamo, attraverso il "logos", di comunicare ciò che "abbiamo veduto e udito" (1Gv 1,3). Ma sappiamo bene che la parola "logos" ha un significato molto più largo, che comprende anche il senso di "ratio", "ragione". E questo fatto ci conduce ad un secondo punto assai importante. Possiamo pensare a Dio e comunicare ciò che abbiamo pensato perché Egli ci ha dotati di una ragione in armonia con la sua natura. Non è per caso che il Vangelo di Giovanni comincia con l’affermazione "In principio era il Logos... e il Logos era Dio" (Gv 1,1). Accogliere questo Logos - questo pensiero divino - è infine anche un contributo alla pace nel mondo. Infatti conoscere Dio nella sua vera natura è anche il modo sicuro per assicurare la pace. Un Dio che non fosse percepito come fonte di perdono, di giustizia e di amore, non potrebbe essere luce sul sentiero della pace.

Siccome l’uomo tende sempre a collegare le sue conoscenze le une con le altre, anche la conoscenza di Dio si organizza in modo sistematico. Ma nessun sistema teologico può sussistere se non è permeato dall’amore del suo divino "Oggetto", che nella teologia necessariamente deve essere "Soggetto" che ci parla e con il quale siamo in relazione di amore. Così la teologia deve essere sempre nutrita dal dialogo con il Logos divino, Creatore e Redentore. Inoltre nessuna teologia è tale se non è integrata nella vita e riflessione della Chiesa attraverso il tempo e lo spazio. Sì, è vero che, per essere scientifica, la teologia deve argomentare in modo razionale, ma anche deve essere fedele alla natura della fede ecclesiale: centrata su Dio, radicata nella preghiera, in una comunione con gli altri discepoli del Signore garantita dalla comunione con il Successore di Pietro e tutto il Collegio episcopale.

Questa accoglienza e trasmissione del Logos ha anche come conseguenza che la stessa razionalità della teologia aiuta a purificare la ragione umana liberandola da certi pregiudizi ed idee che possono esercitare un forte influsso sul pensiero di ogni epoca. Occorre d’altra parte rilevare che la teologia vive sempre in continuità e in dialogo con i credenti e i teologi che sono venuti prima di noi; poiché la comunione ecclesiale è diacronica, lo è anche la teologia. Il teologo non incomincia mai da zero, ma considera come maestri i Padri e i teologi di tutta la tradizione cristiana. Radicata nella Sacra Scrittura, letta con i Padri e i Dottori, la teologia può essere scuola di santità, come ci ha testimoniato il beato John Henry Newman. Far scoprire il valore permanente della ricchezza trasmessa dal passato non è un contributo da poco della teologia al concerto delle scienze.

Cristo è morto per tutti, benché non tutti lo sappiano o lo accettino. Avendo ricevuto l’amore di Dio, come potremmo non amare quelli per i quali Cristo ha dato la propria vita? "Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli" (1 Gv 3,16). Tutto questo ci porta al servizio degli altri nel nome di Cristo; in altre parole, l’impegno sociale dei cristiani deriva necessariamente dalla manifestazione dell’amore divino. Contemplazione di Dio rivelato e carità per il prossimo non si possono separare, anche se si vivono secondo diversi carismi. In un mondo che spesso apprezza molti doni del Cristianesimo - come per esempio l’idea di uguaglianza democratica - senza capire la radice dei propri ideali, è particolarmente importante mostrare che i frutti muoiono se viene tagliata la radice dell’albero. Infatti non c’è giustizia senza verità, e la giustizia non si sviluppa pienamente se il suo orizzonte è limitato al mondo materiale. Per noi cristiani la solidarietà sociale ha sempre una prospettiva di eternità.

Cari amici teologi, il nostro odierno incontro manifesta in modo prezioso e singolare l’unità indispensabile che deve regnare fra teologi e Pastori. Non si può essere teologi nella solitudine: i teologi hanno bisogno del ministero dei Pastori della Chiesa, come il Magistero ha bisogno di teologi che compiono fino in fondo il loro servizio, con tutta l’ascesi che ciò implica. Attraverso la vostra Commissione, desidero perciò ringraziare tutti i teologi e incoraggiarli ad aver fede nel grande valore del loro impegno. Nel porgervi i miei auguri per il vostro lavoro, vi imparto con affetto la mia Benedizione.
+PetaloNero+
00sabato 4 dicembre 2010 00:36
Discorso del Papa al nuovo ambasciatore di Costa Rica
La difesa della pace passa per la tutela dell'ambiente



CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 3 dicembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo venerdì da Benedetto XVI nel ricevere in udienza il signor Fernando Felipe Sánchez Campos, ambasciatore di Costa Rica presso la Santa Sede, in occasione della presentazione dele Lettere credenziali.

* * *

Signor Ambasciatore,

1. Nel ricevere dalle sue mani le Lettere Credenziali che l'accreditano come Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario di Costa Rica presso la Santa Sede, la ringrazio vivamente per le sue cordiali parole, come pure per il gentile saluto che mi ha trasmesso da parte della Signora Presidente della Repubblica, la dottoressa Laura Chinchilla Miranda, che contraccambio con piacere e con i miglior auguri affinché porti a termine un fecondo servizio a capo di questa diletta Nazione, tanto unita alla Sede Apostolica da strette e cordiali relazioni, e anche dalla speciale devozione dei costaricani per il Successore di Pietro.

2. La sua presenza in questo atto solenne, Eccellenza, ravviva nel mio cuore i sentimenti di affetto e di benevolenza verso l'amatissimo popolo costaricano, che, lo scorso 2 agosto, ha commemorato con grande gioia i 375 anni del ritrovamento della venerata immagine di Nuestra Señora de los Ángeles, sua celeste patrona. Mentre mi unisco alla sua azione di rendimento di grazie all'Onnipotente in una così felice circostanza, non dubito che l'Anno Giubilare che si sta celebrando produrrà abbondanti frutti di vita cristiana, essendo anche un'opportunità singolare per ringraziare la Vergine per i favori ricevuti e per elevare una supplica per tutti i bisogni di questo nobile Paese, che desidera continuare a percorrere, sotto la protezione della Madre di Dio, le vie della reciproca intesa e della concordia, in un clima di autentica fraternità e di provvida solidarietà.

3. Non potrebbe essere diversamente nella sua Patria, meritevole del particolare interesse della Santa Sede, dove la bellezza si fa montagna e pianura, fiume e mare, brezza e vento che danno impeto a un popolo ospitale e orgoglioso delle sue tradizioni; un popolo che secoli fa accolse il seme evangelico e lo vide germinare vigoroso in innumerevoli iniziative educative, sanitarie e di promozione umana. Per questo i figli della sua Patria sanno bene che, in Cristo, il Figlio di Dio, l'uomo può trovare sempre la forza per lottare contro la povertà, la violenza domestica, la disoccupazione e la corruzione, ricercando la giustizia sociale, il bene comune e il progresso integrale delle persone. Nessuno si può sentire escluso dal conseguimento di queste alte mete. In tale contesto, l'Autorità pubblica deve essere la prima a cercare ciò che reca beneficio a tutti, operando principalmente come una forza morale capace di potenziare la libertà e il senso di responsabilità di ognuno. E tutto ciò, senza sminuire i valori fondamentali che strutturano l'inviolabile dignità della persona, a cominciare dalla ferma salvaguardia della vita umana. A tale proposito, sono lieto di ricordare che fu proprio nel suo Paese che fu firmato il Patto di San Giuseppe, nel quale si riconosce espressamente il valore della vita umana fin dal suo concepimento. È pertanto auspicabile che Costa Rica non violi i diritti del nasciturus con leggi che legittimano la fecondazione in vitro e l'aborto.

4. Recentemente è nato il desiderio di plasmare in un nuovo e solenne accordo giuridico la lunga traiettoria di reciproca collaborazione, di sana indipendenza e di rispetto reciproco fra la Santa Sede e Costa Rica, rafforzando così ancora di più le proficue relazioni esistenti fra la Chiesa e lo Stato nella sua Patria. Concretizzare le materie d'interesse comune, fissando dettagliatamente i diritti e gli obblighi delle parti firmatarie, servirà per continuare a garantire in modo stabile e più conforme alle attuali circostanze storiche la loro già tradizionale e feconda intesa, in vista del bene più grande della vita religiosa e civile della Nazione e a beneficio di quelle persone oggetto delle stesse preoccupazioni.

5. In occasione di questo incontro, vorrei assicurarle, Signor Ambasciatore che in questi giorni mi sono ricordato in modo particolare nella preghiera della Costa Rica, a motivo delle dolorose conseguenze delle piogge torrenziali che hanno colpito il Paese. Ho anche chiesto a Dio che la sua Patria non smetta di dissodare i cammini che la rendono agli occhi della comunità internazionale un punto di riferimento per la pace. Per questo, è importante che quanti sono a capo del suo destino non vacillino nel rifiutare con fermezza l'impunità, la delinquenza giovanile, il lavoro infantile, l'ingiustizia e il narcotraffico, promuovendo misure importanti per la sicurezza civile, l'adeguata formazione dei bambini e dei giovani, la dovuta attenzione ai detenuti, l'efficace assistenza sanitaria a tutti, in particolare ai più bisognosi e agli anziani, come pure programmi che permettano alla popolazione di ottenere un'abitazione degna e un impiego dignitoso. È inoltre fondamentale che le nuove generazioni si convincano che i conflitti non si vincono con la mera forza, bensì convertendo i cuori al bene e alla verità, ponendo fine alla miseria e all'analfabetismo, rafforzando lo Stato di diritto e rinvigorendo l'indipendenza e l'efficacia dei tribunali di giustizia. Ad ampliare questo orizzonte contribuirà in grande misura il rafforzamento nella società di quel pilastro fondamentale e irrinunciabile costituito dalla stabilità e dall'unione della famiglia, istituzione che sta subendo, forse più di qualunque altra, l'attacco delle trasformazioni ampie e rapide della società e della cultura, e che, tuttavia, non può perdere la sua vera identità, poiché è chiamata a essere vivaio di virtù umane e cristiane, dove i figli possano imparare dai loro genitori in modo naturale a rispettarsi e a comprendersi, a maturare come persone, credenti e cittadini esemplari. Di conseguenza, nulla di ciò che favorisce, tutela e sostiene la famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna risulterà vano. In tal senso, la Chiesa non si stancherà d'incoraggiare in modo particolare i giovani, affinché scoprano la bellezza e la grandezza che comporta il servire fedelmente e generosamente l'amore matrimoniale e la trasmissione della vita.

6. La difesa della pace sarà favorita anche dalla tutela dell'ambiente, poiché sono due realtà intimamente legate fra loro. A tale proposito, Costa Rica, portabandiera dell'amicizia e della buona intesa fra le Nazioni, si è distinta anche per la tutela dell'ambiente e per la ricerca di un equilibrio fra lo sviluppo umano e la conservazione delle risorse. Ciò implica una riflessione congiunta e responsabile su questo tema così importante, a favore di «quell'alleanza tra essere umano e ambiente, che deve essere specchio dell'amore creatore di Dio, dal quale proveniamo e verso il quale siamo in cammino» (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2008, n. 7). A tal fine incoraggio tutti i costaricani a continuare a potenziare tutto ciò che favorisce uno sviluppo umano autentico, in armonia con il creato, evitando interessi falsi e privi di lungimiranza in un tema così importante.

7. Nel concludere, desidero formularle, Signor Ambasciatore, i miei migliori voti per la missione che inizia oggi. Sia certo che nel suo esercizio troverà sempre da parte dei miei collaboratori l'aiuto di cui avrà bisogno. Con questi sentimenti, pongo sotto lo sguardo di Nuestra Señora de los Ángeles, tanto venerata nella sua terra e in tutto il Centroamerica, le Autorità e l'amato popolo costaricano, supplicandola anche di sostenere con il suo amore materno tutti i figli della sua Patria, affinché, fondandosi sul loro ricco patrimonio spirituale, possano contribuire a una solidarietà sempre più grande fra le persone e fra i popoli. Quale pegno di copiosi doni divini, imparto la Benedizione Apostolica a lei, Eccellenza, e alla sua famiglia, come pure al personale di questa Missione Diplomatica.


[L'OSSERVATORE ROMANO - Edizione quotidiana - del 4 dicembre 2010]



+PetaloNero+
00sabato 4 dicembre 2010 18:07
LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

Em.mo Card. Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi.

Em.mo Card. Franc Rodé, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica.

Dott. Olav Fykse Tveit, Segretario Generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, e Seguito.





RINUNCE E NOMINE




RINUNCIA DI AUSILIARE DI HILDESHEIM (GERMANIA) E NOMINA DI NUOVO AUSILIARE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha accettato la rinuncia all’ufficio di Vescovo Ausiliare della diocesi di Hildesheim (Germania), presentata da S.E. Mons. Hans-Georg Koitz, in conformità ai canoni 411 e 401 §1 del Codice di Diritto Canonico.

Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare di Hildesheim (Germania) il Rev.do Sac. Heinz-Günter Bongartz, del clero della medesima diocesi, Direttore del Dipartimento "Personale Pastorale" della Curia vescovile e Canonico del Capitolo Cattedrale di Hildesheim, assegnandogli la sede titolare vescovile di Bonusta.

Rev.do Sac. Heinz-Günter Bongartz
Il Rev.do Sac. Heinz-Günter Bongartz è nato il 5 marzo 1955 a Gütersloh. Ha compiuto gli studi filosofici e teologici all’Università di Münster e a quella di Würzburg.
È stato ordinato sacerdote il 5 giugno 1982 a Hildesheim.
Dal 1982 al 1988 ha svolto l’incarico di Vice-parroco nella parrocchia di S. Elisabetta a Hildesheim. Dal 1988 al 1993 è stato Parroco della parrocchia di S. Elisabetta a Hameln e dal 1993 al 2006 della parrocchia di S. Oliver a Laatzen. Dal 1992 è anche docente di omiletica al Seminario Maggiore di Hildesheim.
Nel 2006 è stato nominato Direttore del Dipartimento "Personale Pastorale" della Curia vescovile di Hildesheim e Canonico del Capitolo Cattedrale.



NOMINA DEL VESCOVO ORDINARIO MILITARE PER LA POLONIA

Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ordinario Militare per la Polonia S.E. Mons. Józef Guzdek, finora Vescovo titolare di Treba e Ausiliare dell’arcidiocesi di Kraków.

S.E. Mons. Józef Guzdek
S.E. Mons. Józef Guzdek è nato il 18 marzo 1956 a Chocznia, nei pressi di Wadowice, arcidiocesi di Kraków, da una famiglia di estrazione sociale contadina ed operaia, di sani principi morali e religiosi. Terminati gli studi superiori è stato ammesso al seminario Metropolitano di Cracovia.
È stato ordinato sacerdote il 17 maggio 1981 e incardinato nell’arcidiocesi di Kraków.
Ha ricoperto diversi uffici pastorali: Vicario della parrocchia dei SS. Pietro e Paolo a Trzebinia, della parrocchia di San Clemente a Wieliczka e a Sant’Anna a Cracovia. Dal 1994 al 1988 è stato Prefetto di disciplina nel Seminario di Kraków e nel 1988 Direttore dello Studio di Formazione permanente dei sacerdoti dell’arcidiocesi. Negli anni 2000-2001 è stato Direttore dell’Editrice diocesana "San Stanislao". Dal 2001 al 2004 è stato Rettore del Seminario Metropolitano di Kraków.
Eletto alla Chiesa titolare di Treba con l’ufficio di Ausiliare dell’arcidiocesi di Kraków il 14 agosto 2004, ha ricevuto la consacrazione episcopale il 15 settembre del medesimo anno.
Attualmente nella Conferenza Episcopale Polacca è Membro del Consiglio Episcopale per l’apostolato dei Laici; Delegato per il Movimento "Fede e Luce".




NOMINA DI CONSIGLIERI DELLA PENITENZIERIA APOSTOLICA

Il Santo Padre ha nominato Consiglieri della Penitenzieria Apostolica i Rev.di Sac. Enrique Colom Costa, della Prelatura Personale dell'Opus Dei, Professore Ordinario di Teologia Morale presso la Pontificia Università della Santa Croce, e Don Paolo Carlotti, S.D.B., Professore Ordinario di Teologia Morale Fondamentale presso la Pontificia Università Salesiana in Roma.
+PetaloNero+
00domenica 5 dicembre 2010 15:28
LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS



Alle ore 12 di oggi, seconda domenica di Avvento, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.

Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Il Vangelo di questa seconda domenica di Avvento (Mt 3,1-12) ci presenta la figura di san Giovanni il Battista, il quale, secondo una celebre profezia di Isaia (cfr 40,3), si ritirò nel deserto della Giudea e, con la sua predicazione, chiamò il popolo a convertirsi per essere pronto alla imminente venuta del Messia. San Gregorio Magno commenta che il Battista "predica la retta fede e le opere buone … affinché la forza della grazia penetri, la luce della verità risplenda, le strade verso Dio si raddrizzino e nascano nell’animo onesti pensieri dopo l’ascolto della Parola che guida al bene" (Hom. in Evangelia, XX, 3, CCL 141, 155). Il Precursore di Gesù, posto tra l’Antica e la Nuova Alleanza, è come una stella che precede il sorgere del Sole, di Cristo, di Colui, cioè, sul quale – secondo un’altra profezia di Isaia – "si poserà lo Spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore" (Is 11,2).

Nel Tempo dell’Avvento, anche noi siamo chiamati ad ascoltare la voce di Dio, che risuona nel deserto del mondo attraverso le Sacre Scritture, specialmente quando sono predicate con la forza dello Spirito Santo. La fede, infatti, si fortifica quanto più si lascia illuminare dalla Parola divina, da "tutto ciò che – come ci ricorda l’apostolo Paolo – è stato scritto prima di noi… per nostra istruzione, perché, in virtù della perseveranza e della consolazione che provengono dalle Scritture, teniamo viva la speranza" (Rm 15,4). Il modello dell’ascolto è la Vergine Maria: "contemplando nella Madre di Dio un’esistenza totalmente modellata dalla Parola, ci scopriamo anche noi chiamati ad entrare nel mistero della fede, mediante la quale Cristo viene a dimorare nella nostra vita. Ogni cristiano che crede, ci ricorda sant’Ambrogio, in un certo senso concepisce e genera il Verbo di Dio" (Esort. ap. postsin. Verbum Domini, 28).

Cari amici, "la nostra salvezza poggia su una venuta", ha scritto Romano Guardini (La santa notte. Dall’Avvento all’Epifania, Brescia 1994, p. 13). "Il Salvatore è venuto dalla libertà di Dio… Così la decisione della fede consiste… nell’accogliere Colui che si avvicina" (ivi, p. 14). "Il Redentore – aggiunge – viene presso ciascun uomo: nelle sue gioie e angosce, nelle sue conoscenze chiare, nelle sue perplessità e tentazioni, in tutto ciò che costituisce la sua natura e la sua vita" (ivi, p. 15).

Alla Vergine Maria, nel cui grembo ha dimorato il Figlio dell’Altissimo, e che mercoledì prossimo, 8 dicembre, celebreremo nella solennità dell’Immacolata Concezione, chiediamo di sostenerci in questo cammino spirituale, per accogliere con fede e con amore la venuta del Signore.



DOPO L’ANGELUS

In questo tempo di Avvento, in cui siamo chiamati ad alimentare la nostra attesa del Signore e ad accoglierlo in mezzo a noi, vi invito a pregare per tutte le situazioni di violenza, di intolleranza, di sofferenza che ci sono nel mondo, affinché la venuta di Gesù porti consolazione, riconciliazione e pace. Penso alle tante situazioni difficili, come i continui attentati che si verificano in Iraq contro cristiani e musulmani, agli scontri in Egitto in cui vi sono stati morti e feriti, alle vittime di trafficanti e di criminali, come il dramma degli ostaggi eritrei e di altre nazionalità, nel deserto del Sinai. Il rispetto dei diritti di tutti è il presupposto per la civile convivenza. La nostra preghiera al Signore e la nostra solidarietà possano portare speranza a coloro che si trovano nella sofferenza.

Je vous salue avec joie, chers pèlerins francophones ! Présentant la figure du prophète Jean-Baptiste, l’Évangile de ce jour nous enseigne à vivre l’humilité, la sobriété et la disponibilité à la grâce divine. C’est une invitation à ne pas laisser les préoccupations matérielles entraver notre marche vers Noël. Puisse l’Esprit Saint nous aider à purifier nos aspirations à un monde meilleur et nous fortifier dans notre quête d’une vie toujours plus chrétienne ! Bon dimanche à tous!

I am happy to greet all the English-speaking pilgrims and visitors present for this Angelus prayer. The liturgy of the Second Sunday in Advent invites us to prepare our hearts for the great mystery of the incarnation. May Jesus, born of the Virgin Mary, grant us his grace so that during this time of Advent we may grow ever more faithful to his unfailing love. I wish you all a pleasant stay in Rome, and a blessed Sunday!

Ganz herzlich heiße ich die Pilger und Besucher deutscher Sprache hier auf dem Petersplatz willkommen. Am Beginn des heutigen Evangeliums steht der Ruf des Täufers Johannes: „Kehrt um! Denn das Himmelreich ist nahe" (Mt 3,2). Umkehr bedeutet: Nicht aus uns selbst werden wir groß, sondern durch Gott, der sich zu uns niederbeugt. Er wartet auf uns, daß wir ihm und seiner Schöpfung unsere Liebe schenken. Der Ruf Johannes des Täufers lädt uns ein, aus dem Eigenen auszubrechen und das Licht des göttlichen Erbarmens in uns hineinzulassen und in der Welt zu verbreiten. Euch und euren Familien wünsche ich einen gesegneten Zweiten Adventsonntag.

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española que participan en esta oración del Ángelus, en particular al grupo de la parroquia de san Agustín, de Alcalá de Guadaira, en su cincuenta aniversario, así como a los feligreses de las parroquias de san Isidoro y de san Lorenzo, de Valencia, y de san Antonio de Padua, de sant Vicenç dels Horts, y de san Pedro del Masnou, de Barcelona. Invito a todos a preparar interiormente la Navidad mediante la conversión del corazón, que nos permita acoger la venida de Jesús con los sentimientos de gozo, disponibilidad y fe de María. Que Ella nos acompañe en este camino. Feliz domingo.

Pozdrawiam serdecznie wszystkich Polaków. We Mszy świętej Drugiej Niedzieli Adwentu słyszymy wezwanie do nawrócenia, które kieruje do nas Jan Chrzciciel, Prorok znad Jordanu: Przypomina wszystkim, że „Bliskie jest królestwo niebieskie!". Niech Adwent będzie dla nas wyzwaniem, by w sercu „Przygotować drogę Panu" (por. Mt 3, 2-3). Na realizację tego zadania z serca wam błogosławię.

[Saluto tutti i Polacchi. Nella Messa della seconda Domenica d’Avvento veniamo esortati alla conversione dei cuori, rivoltaci da Giovanni Battista, il Profeta della riva del Giordano. Egli ricorda a tutti che "il Regno dei cieli è vicino!". L’Avvento sia per noi occasione per "preparare nel cuore la via al Signore" (cfr. Mt 3, 2-3). La mia benedizione vi accompagni nella realizzazione di tale compito.]

Saluto infine con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli provenienti dalla provincia di Taranto e da Rocca di Papa. A tutti auguro una buona domenica e una buona settimana. Buona seconda domenica di Avvento!
+PetaloNero+
00lunedì 6 dicembre 2010 15:31
LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

S.E. il Sig. Viktor Orbán, Primo Ministro della Repubblica di Ungheria, con la Consorte, e Seguito;

Em.mo Card. Crescenzio Sepe, Arcivescovo di Napoli (Italia).

Il Papa riceve questa mattina in Udienza:

S.E. Mons. Hans-Josef Becker, Arcivescovo di Paderborn (Repubblica Federale di Germania);

Mons. Massimo Camisasca, Superiore Generale della Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo.









COMUNICATO DELLA SALA STAMPA: UDIENZA AL PRIMO MINISTRO DELLA REPUBBLICA DI UNGHERIA



Questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza Sua Eccellenza il Sig. Viktor Orbán, Primo Ministro della Repubblica di Ungheria, il quale ha successivamente incontrato Sua Eminenza il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, accompagnato da Sua Eccellenza Mons. Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati.

Nel corso dei cordiali colloqui, il Primo Ministro ha illustrato l’attuale situazione sociale, economica e politica del Paese. È stata sottolineata l’importanza della tradizione cristiana nella vita della Nazione ed il ruolo della Chiesa Cattolica per il suo rinnovamento. Ci si è poi intrattenuti sul prossimo semestre di Presidenza ungherese dell’Unione Europea, rilevando alcune convergenze di vedute tra l’Ungheria e la Santa Sede sui principali temi che interessano il continente europeo. Infine, sono stati passati in rassegna alcuni temi riguardanti le relazioni e la cooperazione nella regione.
+PetaloNero+
00martedì 7 dicembre 2010 15:34
RINUNCE E NOMINE


NOMINA DEL VESCOVO DI TABASCO (MESSICO)

Il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato Vescovo di Tabasco (Messico) S.E. Mons. Gerardo de Jesús Rojas López, finora Vescovo di Nuevo Casas Grandes.

S.E. Mons. Gerardo de Jesús Rojas López

S.E. Mons. Gerardo de Jesús Rojas López è nato a Teocalitiche, Jalisco, il 13 aprile 1957. Ha compiuto gli studi ecclesiastici nel Seminario diocesano di Agusascalientes. E’ stato ordinato sacerdote il 16 settembre 1983, incardinandosi nella diocesi di Ciudad Juárez. Ha ottenuto la licenza in Diritto Canonico.

Ha svolto l’incarico di parroco nelle parrocchie di Santa Cecilia, San Miguel Arcángel e El Señor de la Misericordia di Ciudad Juárez, e di Difensore del Vincolo e formatore e professore del Seminario diocesano. Dal 1994 al 2001 e stato Vicario Generale di Ciudad Juárez.

Il 22 maggio 2004 il Santo Padre Giovanni Paolo II lo ha nominato secondo Vescovo di Nuevo Casas Grandes ed ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 4 agosto successivo.

+PetaloNero+
00mercoledì 8 dicembre 2010 15:19
RINUNCE E NOMINE

RINUNCIA DEL PRELATO DI ITAITUBA (BRASILE) E NOMINA DEL SUCCESSORE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Prelatura di Itaituba (Brasile), presentata da S.E. Mons. Capistrano Francisco Heim, O.F.M., in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

Il Papa ha nominato Vescovo Prelato di Itaituba (Brasile) il Rev.do Padre Vilmar Santin, O. Carm., Vicario Parrocchiale della Parrocchia di "São Lázaro e Coração Imaculado de Maria", nell’arcidiocesi di Manaus.

Rev.do Padre Vilmar Santin, O. Carm.

Il Rev.do Padre Vilmar Santin, O. Carm., è nato il 21 ottobre 1952, a Paranavaí, Paraná. Proviene dall’Ordine dei Carmelitani, dove ha emesso i primi voti il 2 febbraio 1973. Ha studiato filosofia presso l’Università Federale del Paraná e teologia presso lo Studium Theologicum, a Curitiba. Ha conseguito anche la Licenza in Storia Ecclesiastica presso la Pontificia Università Gregoriana. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale l’8 dicembre 1971, a Nova Londrina, Paraná.

Nel corso del ministero sacerdotale ha svolto i seguenti incarichi pastorali: Vicario Parrocchiale della Parrocchia "Nossa Senhora da Conceição", a Curitiba (1980-1982 e anche 1990-1992); Parroco della Parrocchia "São Sebastião", a Paranavaí (1985-1988) e poi Vicario Parrocchiale (1989); Parroco della Parrocchia "Nossa Senhora da Conceição", a Curitiba (1993-1995 e anche 2003-2004); Vicario Parrocchiale della Parrocchia "São Lázaro e Coração Imaculado de Maria", a Manaus (dal marzo 2009 in poi).

Allo stesso tempo ha ricoperto importanti ruoli all’interno dell’Ordine Carmelitano: Consigliere del Commissariato provinciale del Paraná (1979-1989 e anche 2002-2005); Formatore degli studenti di Filosofia e Teologia, a São Paulo (1983-1984); Commissario Provinciale dei Padri Carmelitani del Paraná (1990-1995); Consigliere Generale (1995-2001); Formatore degli studenti di Filosofia, a Curitiba (2002); Membro della Commissione Economica Internazionale dell’Ordine Carmelitano (dal 2001 in poi); Priore del Collegio Internazionale "Sant’Alberto", a Roma (2005-2008).








LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS



Alle ore 12 di oggi, Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.

Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Oggi il nostro appuntamento per la preghiera dell’Angelus acquista una luce speciale, nel contesto della solennità dell’Immacolata Concezione di Maria. Nella Liturgia di questa festa viene proclamato il Vangelo dell’Annunciazione (Lc 1,26-38), che contiene appunto il dialogo tra l’angelo Gabriele e la Vergine. "Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te" – dice il messaggero di Dio, e in questo modo rivela l’identità più profonda di Maria, il "nome", per così dire, con cui Dio stesso la conosce: "piena di grazia". Questa espressione, che ci è tanto familiare fin dall’infanzia perché la pronunciamo ogni volta che recitiamo l’"Ave Maria", ci offre la spiegazione del mistero che oggi celebriamo. Infatti Maria, fin dal momento in cui fu concepita dai suoi genitori, è stata oggetto di una singolare predilezione da parte di Dio, il quale, nel suo disegno eterno, l’ha prescelta per essere madre del suo Figlio fatto uomo e, di conseguenza, preservata dal peccato originale. Perciò l’Angelo si rivolge a lei con questo nome, che implicitamente significa: "da sempre ricolma dell’amore di Dio", della sua grazia.

Il mistero dell’Immacolata Concezione è fonte di luce interiore, di speranza e di conforto. In mezzo alle prove della vita e specialmente alle contraddizioni che l’uomo sperimenta dentro di sé e intorno a sé, Maria, Madre di Cristo, ci dice che la Grazia è più grande del peccato, che la misericordia di Dio è più potente del male e sa trasformarlo in bene. Purtroppo ogni giorno noi facciamo esperienza del male, che si manifesta in molti modi nelle relazioni e negli avvenimenti, ma che ha la sua radice nel cuore dell’uomo, un cuore ferito, malato, e incapace di guarirsi da solo. La Sacra Scrittura ci rivela che all’origine di ogni male c’è la disobbedienza alla volontà di Dio, e che la morte ha preso dominio perché la libertà umana ha ceduto alla tentazione del Maligno. Ma Dio non viene meno al suo disegno d’amore e di vita: attraverso un lungo e paziente cammino di riconciliazione ha preparato l’alleanza nuova ed eterna, sigillata nel sangue del suo Figlio, che per offrire se stesso in espiazione è "nato da donna" (Gal 4,4). Questa donna, la Vergine Maria, ha beneficiato in anticipo della morte redentrice del suo Figlio e fin dal concepimento è stata preservata dal contagio della colpa. Perciò, con il suo cuore immacolato, Lei ci dice: affidatevi a Gesù, Lui vi salva.

Cari amici, oggi pomeriggio rinnoverò il tradizionale omaggio alla Vergine Immacolata, presso il monumento a lei dedicato in Piazza di Spagna. Con questo atto di devozione mi faccio interprete dell’amore dei fedeli di Roma e del mondo intero per la Madre che Cristo ci ha donato. Alla sua intercessione affido le necessità più urgenti della Chiesa e del mondo. Ella ci aiuti soprattutto ad avere fede in Dio, a credere nella sua Parola, a rigettare sempre il male e a scegliere il bene.



DOPO L’ANGELUS

Nella ricorrenza odierna, ho la gioia di salutare la Pontificia Accademia dell’Immacolata. Cari amici, invoco su ciascuno di voi la materna protezione della Vergine Maria e alla sua intercessione affido la vostra attività. Vi ringrazio per il generoso lavoro.

Rivolgo uno speciale pensiero anche all’Azione Cattolica Italiana che oggi, in molte parrocchie, rinnova il suo impegno nella Chiesa. Ricordando la grande festa vissuta insieme con i ragazzi e i giovani, qui in Piazza San Pietro, alla fine di ottobre, esprimo a tutti i soci il mio affetto e la mia vicinanza. Li incoraggio a camminare sulla via della santità, portando la luce del Vangelo nei luoghi della vita quotidiana.

La prière de l’Angelus me donne la joie de saluer les pèlerins francophones ! La Solennité de l’Immaculée Conception nous rappelle la coopération de Marie au Mystère de la Rédemption. Préfiguration de l’Église et prototype de l’humanité rachetée, Marie nous apprend à cultiver en nous la joie de ceux qui sont aimés, pardonnés et sauvés par Dieu. Puisse-t-elle nous aider à faire de nos cœurs et de nos corps des demeures dignes de son Fils ! Bonne fête à tous !

I greet all the English-speaking pilgrims and visitors present for this Angelus. Today the Church joyfully celebrates the Solemnity of the Immaculate Conception of the Blessed Virgin Mary. By her prayers, may our hearts and minds be kept free from sin, so that like Mary we may be spiritually prepared to welcome Christ. Let us turn to her, the Immaculate, who brought Christ to us, and ask her now to bring us to Him. Upon each of you and your loved ones at home, I invoke God’s abundant blessings!

Zum heutigen Marienfest grüße ich gerne alle deutschsprachigen Pilger, besonders die Mitglieder und Freunde der Schönstattbewegung aus Deutschland. Gott hat Maria vor aller Sünde bewahrt, um seinem Sohn eine würdige Wohnung zu bereiten. In ihr setzt der Herr einen Neuanfang der Geschichte. Er zeigt uns, daß sein Heil größer ist als alle Unzulänglichkeit des Menschen. Die Erwählung Marias gibt uns Hoffnung und lädt uns ein, Mitarbeiter am Heilswerk Gottes zu werden. Bitten wir Maria um ihre Fürsprache, daß auch wir zu Gottes Willen ja sagen und auf dem Weg der Heiligkeit voranschreiten. Euch allen wünsche ich einen frohen und gesegneten Festtag.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, en particular a los profesores y alumnos del Colegio Claret, de Madrid. En este día en que la Iglesia celebra la fiesta de la Inmaculada Concepción de la Virgen María, nos dirigimos a la madre del Señor para que ilumine con su luz este tiempo de vigilante y confiada espera del Salvador, que es el Adviento. Para que, meditando con docilidad la palabra de Dios, sepamos acoger a Cristo en nuestra vida y llevarlo a los demás, con el testimonio de nuestra fe y caridad. Feliz fiesta de la Inmaculada.

Pozdrawiam wszystkich Polaków. Oddajemy dziś hołd Maryi, niepokalanie poczętej. Bóg zachował Ją od zmazy grzechu pierworodnego i obdarował pełnią łaski, aby Ją przygotować na godną Matkę Bożego Syna. Jej zawierzamy nasze adwentowe oczekiwanie na przyjście Pana. Niech Bóg wam błogosławi!

[Saluto tutti i polacchi. Oggi rendiamo omaggio a Maria Immacolata. Dio l’ha preservata dalla macchia del peccato originale e l’ha adornata della pienezza della grazia, perché diventasse degna Madre del Figlio di Dio. A Lei affidiamo la nostra attesa di Avvento della venuta del Signore. Dio vi benedica!]

Saluto infine i pellegrini di lingua italiana, in particolare il gruppo dell’Opera della Chiesa e l’associazione "Ancis Politeia". A tutti auguro una buona e serena festa dell’Immacolata Concezione.
+PetaloNero+
00giovedì 9 dicembre 2010 00:51
Il Papa per l'atto di venerazione all'Immacolata a piazza di Spagna


ROMA, mercoledì, 8 dicembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo mercoledì pomeriggio da Benedetto XVI per il tradizionale atto di venerazione all’Immacolata a Piazza di Spagna.


* * *

Cari fratelli e sorelle!

Anche quest’anno ci siamo dati appuntamento qui, in Piazza di Spagna, per rendere omaggio alla Vergine Immacolata, in occasione della sua festa solenne. A tutti voi, che siete venuti numerosi, come pure a quanti partecipano mediante la radio e la televisione, rivolgo il mio saluto cordiale. Siamo raccolti intorno a questo storico monumento, che oggi è tutto circondato da fiori, segno dell’amore e della devozione del popolo romano per la Madre di Gesù. E il dono più bello, e a Lei più gradito, che noi offriamo è la nostra preghiera, quella che portiamo nel cuore e che affidiamo alla sua intercessione. Sono invocazioni di ringraziamento e di supplica: ringraziamento per il dono della fede e per tutto il bene che quotidianamente riceviamo da Dio; e supplica per le diverse necessità, per la famiglia, la salute, il lavoro, per ogni difficoltà che la vita ci fa incontrare.

Ma quando noi veniamo qui, specialmente in questa ricorrenza dell’8 dicembre, è molto più importante quello che riceviamo da Maria, rispetto a ciò che le offriamo. Lei, infatti, ci dona un messaggio destinato a ciascuno di noi, alla città di Roma e al mondo intero. Anch’io, che sono il Vescovo di questa Città, vengo per mettermi in ascolto, non solo per me, ma per tutti. E che cosa ci dice Maria? Lei ci parla con la Parola di Dio, che si è fatta carne nel suo grembo. Il suo "messaggio" non è altro che Gesù, Lui che è tutta la sua vita. E’ grazie a Lui e per Lui che lei è l’Immacolata. E come il Figlio di Dio si è fatto uomo per noi, così anche lei, la Madre, è stata preservata dal peccato per noi, per tutti, quale anticipo della salvezza di Dio per ogni uomo. Così Maria ci dice che siamo tutti chiamati ad aprirci all’azione dello Spirito Santo per poter giungere, nel nostro destino finale, ad essere immacolati, pienamente e definitivamente liberi dal male. Ce lo dice con la sua stessa santità, con uno sguardo pieno di speranza e di compassione, che evoca parole come queste: "Non temere, figlio, Dio ti vuole bene; ti ama personalmente; ti ha pensato prima che tu venissi al mondo e ti ha chiamato all’esistenza per ricolmarti di amore e di vita; e per questo ti è venuto incontro, si è fatto come te, è diventato Gesù, Dio-Uomo, in tutto simile a te, ma senza il peccato; ha dato se stesso per te, fino a morire sulla croce, e così ti ha donato una vita nuova, libera, santa e immacolata" (cfr Ef 1,3-5).

Questo messaggio ci dona Maria, e quando vengo qui, in questa Festa, mi colpisce, perché lo sento rivolto a tutta la Città, a tutti gli uomini e le donne che vivono a Roma: anche a chi non ci pensa, a chi oggi non ricorda neppure che è la Festa dell’Immacolata; a chi si sente solo e abbandonato. Lo sguardo di Maria è lo sguardo di Dio su ciascuno. Lei ci guarda con l’amore stesso del Padre e ci benedice. Si comporta come nostra "avvocata" – e così la invochiamo nella Salve, Regina: "Advocata nostra". Anche se tutti parlassero male di noi, lei, la Madre, direbbe bene, perché il suo cuore immacolato è sintonizzato con la misericordia di Dio. Così lei vede la Città: non come un agglomerato anonimo, ma come una costellazione dove Dio conosce tutti personalmente per nome, ad uno ad uno, e ci chiama a risplendere della sua luce. E quelli che agli occhi del mondo sono i primi, per Dio sono gli ultimi; quelli che sono piccoli, per Dio sono grandi. La Madre guarda noi come Dio ha guardato lei, umile fanciulla di Nazareth, insignificante agli occhi del mondo, ma scelta e preziosa per Dio. Riconosce in ciascuno la somiglianza con il suo Figlio Gesù, anche se noi siamo così differenti! Ma chi più di lei conosce la potenza della Grazia divina? Chi meglio di lei sa che nulla è impossibile a Dio, capace addirittura di trarre il bene dal male?

Ecco, cari fratelli e sorelle, il messaggio che riceviamo qui, ai piedi di Maria Immacolata. E’ un messaggio di fiducia per ogni persona di questa Città e del mondo intero. Un messaggio di speranza non fatto di parole, ma della sua stessa storia: lei, una donna della nostra stirpe, che ha dato alla luce il Figlio di Dio e ha condiviso tutta la propria esistenza con Lui! E oggi ci dice: questo è anche il tuo destino, il vostro, il destino di tutti: essere santi come il nostro Padre, essere immacolati come il nostro Fratello Gesù Cristo, essere figli amati, tutti adottati per formare una grande famiglia, senza confini di nazionalità, di colore, di lingua, perché uno solo è Dio, Padre di ogni uomo.

Grazie, o Madre Immacolata, di essere sempre con noi! Veglia sempre sulla nostra Città: conforta i malati, incoraggia i giovani, sostieni le famiglie. Infondi la forza per rigettare il male, in ogni sua forma, e di scegliere il bene, anche quando costa e comporta l’andare contro-corrente. Donaci la gioia di sentirci amati da Dio, benedetti da Lui, predestinati ad essere suoi figli.

Vergine Immacolata, dolcissima Madre nostra, prega per noi!

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]
+PetaloNero+
00venerdì 10 dicembre 2010 15:34
LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

S.E. la Signora Dalia Grybauskaitė, Presidente della Repubblica di Lituania, e Seguito;

Em.mo Card. Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.

Il Papa riceve questa mattina in Udienza:

S.E. Mons. Joan-Enric Vives Sicília, Arcivescovo-Vescovo di Urgell (Spagna), e Co-Principe di Andorra, e Seguito;

S.E. il Sig. Antonio Zanardi Landi, Ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, con la Consorte, in visita di congedo;

il Sig. Ronald Lauder, Presidente del World Jewish Congress.

Il Santo Padre riceve questo pomeriggio in Udienza:

Em.mo Card. William Joseph Levada, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.






COMUNICATO DELLA SALA STAMPA: UDIENZA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI LITUANIA

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto oggi in udienza il Presidente della Repubblica di Lituania, Sua Eccellenza la Sig.ra Dalia Grybauskaitė, la quale ha poi incontrato l’Em.mo Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, accompagnato da Sua Eccellenza Mons. Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati.

Nel corso dei cordiali colloqui ci si è soffermati sulla presenza positiva della Chiesa Cattolica nella storia e nella vita del Paese ed è stata espressa la comune volontà di rafforzare le buone relazioni bilaterali esistenti. Inoltre, si è avuto un proficuo scambio di vedute sul ruolo della Lituania mentre si accinge ad assumere la presidenza dell’O.S.C.E., nonché sull’attuale congiuntura economica e sociale, con particolare attenzione alle famiglie ed ai giovani.













PROMULGAZIONE DI DECRETI DELLA CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI

Oggi, 10 dicembre 2010, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza privata Sua Eminenza Reverendissima il Card. Angelo Amato, S.D.B., Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Nel corso dell’Udienza il Sommo Pontefice ha autorizzato la Congregazione a promulgare i Decreti riguardanti:

- un miracolo, attribuito all'intercessione del Beato Guido Maria Conforti, Arcivescovo Vescovo di Parma e Fondatore della Pia Società di San Francesco Saverio per le Missioni Estere; nato a Ravadese (Italia) il 30 marzo 1865 e morto a Parma (Italia) il 5 novembre 1931;

- un miracolo, attribuito all'intercessione del Venerabile Servo di Dio Francesco Paleari, Sacerdote dell'Istituto Cottolengo; nato a Pogliano Milanese (Italia) il 22 ottobre 1863 e morto a Torino (Italia) il 7 maggio 1939;

- un miracolo, attribuito all'intercessione della Venerabile Serva di Dio Anna Maria Janer Anglarill, Fondatrice dell'Istituto delle Suore della Sacra Famiglia di Urgell; nata a Cervera (Spagna) il 18 dicembre 1800 e morta a Talarn (Spagna) l'11 gennaio 1885;

- un miracolo, attribuito all'intercessione della Venerabile Serva di Dio Maria Chiara di Gesù Bambino (al secolo: Libânia do Carmo Galvão Meixa De Moura Telles e Albuquerque), Fondatrice della Congregazione delle Suore Francescane Ospedaliere dell'Immacolata Concezione; nata ad Amadora (Portogallo) il 15 giugno 1843 e morta a Lisbona (Portogallo) il 1° dicembre 1899;

- un miracolo, attribuito all'intercessione della Venerabile Serva di Dio Dulce (al secolo: Maria Rita Lopes Pontes), Suora professa della Congregazione delle Suore Missionarie dell'Immacolata Concezione della Madre di Dio; nata a São Salvador de Bahia (Brasile) il 26 maggio 1914 ed ivi morta il 13 marzo 1992;

- il martirio del Servo di Dio Luigi Andritzki, Sacerdote diocesano; nato a Radibor (Germania) il 2 luglio 1914 e morto nel campo di concentramento di Dachau (Germania) il 3 febbraio 1943;

- il martirio dei Servi di Dio Giuseppe Nadal y Guiu, nato a Bell-lloc (Spagna) il 25 luglio 1911, e Giuseppe Jordán y Blecua, nato ad Azlor (Spagna) il 27 maggio 1906, Sacerdoti diocesani; uccisi ad Monzón, in odio alla Fede, durante la persecuzione religiosa in Spagna il 12 agosto 1936;

- il martirio dei Servi di Dio Antonio (al secolo: Michele Faúndez López), Sacerdote professo dell'Ordine dei Frati Minori, nato a La Hiniesta (Spagna) il 23 luglio 1907, e Bonaventura (al secolo: Baltasar Mariano Muñoz Martínez), Chierico dell'Ordine dei Frati Minori, nato nel distretto di Santa Cruz (Spagna) il 7 dicembre 1912, nonché Pietro Sanchez Barba, nato a Llano de Brujas (Spagna) il 1° luglio 1895, e Fulgenzio Martínez García, nato a Ribera de Molina il 14 agosto 1911, Sacerdoti del Terzo Ordine Secolare di San Francesco d'Assisi, Parroci, uccisi in odio alla Fede, durante la persecuzione religiosa in Spagna nel 1936;

- le virtù eroiche del Servo di Dio Antonio Palladino, Sacerdote diocesano e Fondatore della Congregazione delle Suore Domenicane del Ss.mo Sacramento; nato a Cerignola (Italia) il 10 novembre 1881 ed ivi morto il 15 maggio 1926;

- le virtù eroiche del Servo di Dio Béchara (al secolo: Sélim Abou-Mourad), Sacerdote professo dell'Ordine Basiliano del Ss.mo Salvatore dei Melchiti; nato a Zahlé (Libano) il 19 maggio 1853 e morto a Saïda (Libano) il 22 febbraio 1930;

- le virtù eroiche della Serva di Dio Maria Elisa Andreoli, Fondatrice della Congregazione delle Serve di Maria Riparatrici; nata ad Agugliaro (Italia) il 10 luglio 1861 e morta a Rovigo (Italia) il 1° dicembre 1935;

- le virtù eroiche della Serva di Dio Maria Pilar del Sacro Cuore (al secolo: Maria Pilar Solsona Lambán), Religiosa professa dell'Istituto delle Figlie di Maria Religiose delle Scuole Pie; nata a Zaragoza (Spagna) il 22 dicembre 1881 e morta a Logroño (Spagna) il 20 novembre 1966.
+PetaloNero+
00sabato 11 dicembre 2010 15:26
RINUNCE E NOMINE




RINUNCIA DEL VESCOVO DI VITERBO (ITALIA) E NOMINA DEL SUCCESSORE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Viterbo (Italia), presentata da S.E. Mons. Lorenzo Chiarinelli, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

Il Papa ha nominato Vescovo di Viterbo (Italia) S.E. Mons. Lino Fumagalli, finora Vescovo della diocesi suburbicaria di Sabina-Poggio Mirteto.

S.E. Mons. Lino Fumagalli

S.E. Mons. Lino Fumagalli è nato a Roma (La Storta) il 13 maggio 1947.

Ha compiuto gli studi liceali, filosofici e teologici presso il Pontificio Collegio Leoniano di Anagni. Ha poi conseguito la licenza in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana e la licenza in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Lateranense.

È stato ordinato sacerdote il 24 luglio 1971 per la diocesi di Porto-Santa Rufina.

Ha ricoperto quindi diversi incarichi pastorali, tra i quali: Vicario della parrocchia di Fatima alla Massimilla dal 1971 al 1972; Vicario della parrocchia di S. Giuseppe a Santa Marinella dal 1972 al 1977; Parroco di Santa Angela Merici a Santa Severa dal 1977 al 1984; Docente presso il Pontificio Collegio Leoniano di Anagni dal 1978 al 1999; Docente presso l’Istituto di Scienze Religiose della Pontificia Università Gregoriana di Roma dal 1981 al 1999. È stato, poi, Rettore del Pontificio Collegio Leoniano di Anagni dal 1984 al 1993; Direttore del Centro Regionale Vocazioni del Lazio dal 1984 al 1999; Vicario Episcopale per la Pastorale e per la Vita Religiosa di Porto-Santa Rufina dal 1989 al 1999; Canonico della Cattedrale di Porto-Santa Rufina dal 1990 al 1999 e nel 1996 è divenuto Parroco della stessa Cattedrale. Dal 1998 al 1999 è stato Segretario della Commissione Presbiterale Italiana.

Eletto alla sede vescovile di Sabina-Poggio Mirteto il 31 dicembre 1999, ha ricevuto la consacrazione episcopale il 20 febbraio del 2000.

Attualmente è Membro della Congregazione delle Cause dei Santi e Membro della Commissione Episcopale della CEI per l’educazione cattolica, la scuola e l’università.



NOMINA DI MEMBRI DELLA CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA

Il Santo Padre ha nominato Membri della Congregazione per l’Educazione Cattolica gli Em.mi Cardinali: Josip Bozanić, Arcivescovo di Zagreb; Laurent Monsengwo Pasinya, Arcivescovo di Kinshasa; Reinhard Marx, Arcivescovo di München und Freising; Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, delle Pontificie Commissioni per i Beni Culturali della Chiesa e di Archeologia Sacra e del Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie.











AVVISO DELL’UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE


L’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice comunica che il Santo Padre Benedetto XVI presiederà la preghiera dei Vespri con gli Universitari degli Atenei Romani, nella Basilica Vaticana, giovedì 16 dicembre 2010, alle ore 18.
+PetaloNero+
00domenica 12 dicembre 2010 15:19
VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SAN MASSIMILIANO KOLBE A VIA PRENESTINA

Alle ore 8.30 di oggi - III Domenica di Avvento - il Santo Padre Benedetto XVI si è recato in visita pastorale alla parrocchia di San Massimiliano Kolbe a via Prenestina (Torre Angela), nel settore est della diocesi di Roma.

Il Papa ha presieduto alle ore 9.30 la celebrazione della Santa Messa.

Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Santo Padre ha pronunciato nel corso della Celebrazione Eucaristica:


OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle della Parrocchia di San Massimiliano Kolbe! Vivete con impegno il cammino personale e comunitario nel seguire il Signore. L’Avvento è un forte invito per tutti a lasciare entrare sempre di più Dio nella nostra vita, nelle nostre case, nei nostri quartieri, nelle nostre comunità, per avere una luce in mezzo alle tante ombre, alle tante fatiche di ogni giorno. Cari amici! Sono molto contento di essere in mezzo a voi, oggi, per celebrare il Giorno del Signore, la terza domenica dell’Avvento, domenica della gioia. Saluto cordialmente il Cardinale Vicario, il Vescovo Ausiliare del Settore, il vostro Parroco, che ringrazio per le parole che mi ha rivolto a nome di tutti voi, e il Vicario parrocchiale. Saluto quanti sono attivi nell’ambito della Parrocchia: i catechisti, i membri dei vari gruppi, come pure i numerosi aderenti al Cammino Neocatecumenale. Apprezzo molto la scelta di dare spazio all’adorazione eucaristica, e vi ringrazio delle preghiere che mi riservate davanti al Santissimo Sacramento. Vorrei estendere il mio pensiero a tutti gli abitanti del quartiere, specialmente agli anziani, ai malati, alle persone sole e in difficoltà. Tutti e ciascuno ricordo in questa Messa.

Ammiro insieme con voi questa nuova chiesa e gli edifici parrocchiali e con la mia presenza desidero incoraggiarvi a realizzare sempre meglio quella Chiesa di pietre vive che siete voi stessi. Conosco le tante e significative opere di evangelizzazione che state attuando. Esorto tutti i fedeli a dare il proprio contributo per l’edificazione della comunità, in particolare nel campo della catechesi, della liturgia e della carità – pilastri della vita cristiana – in comunione con tutta la Diocesi di Roma. Nessuna comunità può vivere come una cellula isolata dal contesto diocesano; deve essere invece espressione viva della bellezza della Chiesa che, sotto la guida del Vescovo – e, nella Parrocchia, sotto la guida del Parroco che ne fa le veci –, cammina in comunione verso il Regno di Dio. Rivolgo uno speciale pensiero alle famiglie, accompagnandolo con l’augurio che esse possano pienamente realizzare la propria vocazione all’amore con generosità e perseveranza. Anche quando dovessero presentarsi difficoltà nella vita coniugale e nel rapporto con i figli, gli sposi non cessino mai di rimanere fedeli a quel fondamentale "sì" che hanno pronunciato davanti a Dio e vicendevolmente nel giorno del matrimonio, ricordando che la fedeltà alla propria vocazione esige coraggio, generosità e sacrificio.

La vostra comunità comprende al proprio interno molte famiglie venute dall’Italia centrale e meridionale in cerca di lavoro e di migliori condizioni di vita. Col passare del tempo, la comunità è cresciuta e si è in parte trasformata, con l’arrivo di numerose persone dai Paesi dell’Est europeo e da altri Paesi. Proprio a partire da questa situazione concreta della Parrocchia, sforzatevi di crescere sempre più nella comunione con tutti: è importante creare occasioni di dialogo e favorire la reciproca comprensione tra persone provenienti da culture, modelli di vita e condizioni sociali differenti. Ma occorre soprattutto cercare di coinvolgerle nella vita cristiana, mediante una pastorale attenta ai reali bisogni di ciascuno. Qui, come in ogni Parrocchia, occorre partire dai "vicini" per giungere fino ai "lontani", per portare una presenza evangelica negli ambienti di vita e di lavoro. Tutti devono poter trovare in Parrocchia cammini adeguati di formazione e fare esperienza di quella dimensione comunitaria che è una caratteristica fondamentale della vita cristiana. In tal modo saranno incoraggiati a riscoprire la bellezza di seguire Cristo e di fare parte della sua Chiesa.

Sappiate, dunque, fare comunità con tutti, uniti nell’ascolto della Parola di Dio e nella celebrazione dei Sacramenti, in particolare dell’Eucaristia. A questo proposito, la verifica pastorale diocesana in atto, sul tema "Eucaristia domenicale e testimonianza della carità", è un’occasione propizia per approfondire e vivere meglio queste due componenti fondamentali della vita e della missione della Chiesa e di ogni singolo credente, cioè l’Eucaristia della domenica e la pratica della carità. Riuniti attorno all’Eucaristia, sentiamo più facilmente come la missione di ogni comunità cristiana sia quella di portare il messaggio dell’amore di Dio a tutti gli uomini. Ecco perché è importante che l’Eucaristia sia sempre il cuore della vita dei fedeli. Vorrei anche dirigere una speciale parola di affetto e di amicizia a voi, cari ragazzi e giovani che mi ascoltate, e ai vostri coetanei che vivono in questa Parrocchia. La Chiesa si aspetta molto da voi, dal vostro entusiasmo, dalla vostra capacità di guardare avanti e dal vostro desiderio di radicalità nelle scelte di vita. Sentitevi veri protagonisti nella Parrocchia, mettendo le vostre fresche energie e tutta la vostra vita a servizio di Dio e dei fratelli.

Cari fratelli e sorelle, accanto all’invito alla gioia, la liturgia odierna – con le parole di san Giacomo che abbiamo sentito - ci rivolge anche quello ad essere costanti e pazienti nell’attesa del Signore che viene, e ad esserlo insieme, come comunità, evitando lamentele e giudizi (cfr Gc 5,7-10).

Abbiamo sentito nel Vangelo la domanda del Battista che si trova in carcere; il Battista, che aveva annunciato la venuta del Giudice che cambia il mondo, e adesso sente che il mondo rimane lo stesso. Fa chiedere, quindi, a Gesù: "Sei tu quello che deve venire? O dobbiamo aspettare un altro? Sei tu o dobbiamo aspettare un altro?". Negli ultimi due, tre secoli molti hanno chiesto: "Ma realmente sei tu? O il mondo deve essere cambiato in modo più radicale? Tu non lo fai?". E sono venuti tanti profeti, ideologi e dittatori, che hanno detto: "Non è lui! Non ha cambiato il mondo! Siamo noi!". Ed hanno creato i loro imperi, le loro dittature, il loro totalitarismo che avrebbe cambiato il mondo. E lo ha cambiato, ma in modo distruttivo. Oggi sappiamo che di queste grandi promesse non è rimasto che un grande vuoto e grande distruzione. Non erano loro.

E così dobbiamo di nuovo vedere Cristo e chiedere a Cristo: "Sei tu?". Il Signore, nel modo silenzioso che gli è proprio, risponde: "Vedete cosa ho fatto io. Non ho fatto una rivoluzione cruenta, non ho cambiato con forza il mondo, ma ho acceso tante luci che formano, nel frattempo, una grande strada di luce nei millenni".

Cominciamo qui, nella nostra Parrocchia: San Massimiliano Kolbe, che si offre di morire di fame per salvare un padre di famiglia. Che grande luce è divenuto lui! Quanta luce è venuta da questa figura ed ha incoraggiato altri a donarsi, ad essere vicini ai sofferenti, agli oppressi! Pensiamo al padre che era per i lebbrosi Damiano de Veuster, il quale è vissuto ed è morto con e per i lebbrosi, e così ha portato luce in questa comunità. Pensiamo a Madre Teresa, che ha dato tanta luce a persone, che, dopo una vita senza luce, sono morte con un sorriso, perché erano toccate dalla luce dell’amore di Dio.

E così potremmo continuare e vedremmo, come il Signore ha detto nella risposta a Giovanni, che non è la violenta rivoluzione del mondo, non sono le grandi promesse che cambiano il mondo, ma è la silenziosa luce della verità, della bontà di Dio che è il segno della Sua presenza e ci dà la certezza che siamo amati fino in fondo e che non siamo dimenticati, non siamo un prodotto del caso, ma di una volontà di amore.

Così possiamo vivere, possiamo sentire la vicinanza di Dio. "Dio è vicino", dice la Prima Lettura di oggi, è vicino, ma noi siamo spesso lontani. Avviciniamoci, andiamo alla presenza della Sua luce, preghiamo il Signore e nel contatto della preghiera diventiamo noi stessi luce per gli altri.

E questo è proprio anche il senso della Chiesa parrocchiale: entrare qui, entrare in colloquio, in contatto con Gesù, con il Figlio di Dio, così che noi stessi diventiamo una delle più piccole luci che Lui ha acceso e portiamo luce nel mondo che sente di essere redento.

Il nostro spirito deve aprirsi a questo invito e così camminiamo con gioia incontro al Natale, imitando la Vergine Maria, che ha atteso nella preghiera, con intima e gioiosa trepidazione, la nascita del Redentore. Amen!














LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS



Di ritorno dalla visita pastorale alla Parrocchia romana di San Massimiliano Kolbe a via Prenestina, alle ore 12 il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.

In questa III Domenica di Avvento sono presenti, tra gli altri, circa 2000 bambini, coordinati dal Centro Oratori Romani, per la benedizione dei "Bambinelli", le statuine di Gesù Bambino che i ragazzi metteranno nei presepi delle famiglie, delle scuole e delle parrocchie.

Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

In questa terza domenica di Avvento, la Liturgia propone un passo della Lettera di san Giacomo, che si apre con questa esortazione: "Siate costanti, fratelli miei, fino alla venuta del Signore" (Gc 5,7). Mi sembra quanto mai importante, ai nostri giorni, sottolineare il valore della costanza e della pazienza, una virtù che appartenevano al bagaglio normale dei nostri padri, ma che oggi sono meno popolari, in un mondo che esalta, piuttosto, il cambiamento e la capacità di adattarsi a sempre nuove e diverse situazioni. Senza nulla togliere a questi aspetti, che pure sono qualità dell’essere umano, l’Avvento ci chiama a potenziare quella tenacia interiore, quella resistenza dell’animo che ci permettono di non disperare nell’attesa di un bene che tarda a venire, ma di aspettarlo, anzi, di prepararne la venuta con fiducia operosa.

"Guardate l’agricoltore – scrive san Giacomo –: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge. Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina" (Gc 5,7-8). Il paragone con il contadino è molto espressivo: chi ha seminato nel campo, ha davanti a sé alcuni mesi di attesa paziente e costante, ma sa che il seme nel frattempo compie il suo ciclo, grazie alle piogge di autunno e di primavera. L’agricoltore non è fatalista, ma è modello di una mentalità che unisce in modo equilibrato la fede e la ragione, perché, da una parte, conosce le leggi della natura e compie bene il suo lavoro, e, dall’altra, confida nella Provvidenza, perché alcune cose fondamentali non sono nelle sue mani, ma nelle mani di Dio. La pazienza e la costanza sono proprio sintesi tra l’impegno umano e l’affidamento a Dio.

"Rinfrancate i vostri cuori", dice la Scrittura. Come possiamo fare questo? Come possiamo rendere più forti i nostri cuori, già di per sé piuttosto fragili, e resi ancora più instabili dalla cultura in cui siamo immersi? L’aiuto non ci manca: è la Parola di Dio. Infatti, mentre tutto passa e muta, la Parola del Signore non passa. Se le vicende della vita ci fanno sentire smarriti e ogni certezza sembra crollare, abbiamo una bussola per trovare l’orientamento, abbiamo un’ancora per non andare alla deriva. E qui il modello che ci viene offerto è quello dei profeti, cioè di quelle persone che Dio ha chiamato perché parlino in suo nome. Il profeta trova la sua gioia e la sua forza nella Parola del Signore, e, mentre gli uomini cercano spesso la felicità per strade che si rivelano sbagliate, egli annuncia la vera speranza, quella che non delude perché è fondata sulla fedeltà di Dio. Ogni cristiano, in forza del Battesimo, ha ricevuto la dignità profetica: possa ciascuno riscoprirla e alimentarla, con un assiduo ascolto della divina Parola. Ce lo ottenga la Vergine Maria, che il Vangelo chiama beata perché ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore (cfr Lc 1,45).



DOPO L’ANGELUS

Il primo saluto va oggi ai bambini e ai ragazzi di Roma, venuti per la tradizionale benedizione dei "Bambinelli" per i Presepi. Cari giovani amici, quando metterete il Bambinello nella grotta o nella capanna, dite una preghiera per il Papa e per le sue intenzioni. Grazie! Saluto anche i vostri genitori, insegnanti e catechisti; ringrazio il Centro Oratori Romani per l’iniziativa, come pure gli amici del Dispensario Pediatrico "Santa Marta".

Desidero poi ricordare che nel pomeriggio di giovedì prossimo, 16 dicembre, nella Basilica di San Pietro, celebrerò la Liturgia dei Vespri con gli universitari degli Atenei romani, in preparazione al Santo Natale.

Je salue cordialement les pèlerins francophones ! Ce 3ème dimanche de l’Avent est celui de la joie car le Seigneur est proche : il vient inaugurer une humanité nouvelle. Notre allégresse est appelée à anticiper la joie plénière que nous vivrons avec le Christ dans l’éternité. Puisse la Vierge Marie aider tous les peuples de la Terre et particulièrement les chrétiens, à ouvrir les portes au Christ et à son Évangile de paix et de joie, de fraternité et de justice ! Bon dimanche et bon pèlerinage à tous !

I welcome all the English-speaking pilgrims and visitors present for our Angelus prayer. The liturgy of this Third Sunday of Advent, marked by joyful expectation of the Lord’s coming, invites us to open our eyes to the many signs of Christ’s saving power in our midst. May these days of preparation for Christmas be for all of us a time of attentiveness to God’s word, genuine conversion and interior renewal. Upon you and your families I invoke joy and peace in Jesus our Saviour.

Ein herzliches „Grüß Gott" sage ich den Pilgern und Besuchern aus den Ländern deutscher Sprache. Im heutigen Evangelium offenbart sich Jesus Christus als der von den Propheten verheißene Messias. Er ist die Erfüllung der tiefsten Sehnsucht des Menschen. Dort, wo Jesus ist, bricht das Reich Gottes in unsere Welt herein: „Blinde sehen wieder, Lahme gehen, Aussätzige werden rein, und Taube hören; Tote stehen auf, und den Armen wird das Evangelium verkündet" (vgl. Mt 11,5). In der Gegenwart Jesu finden wir Heilung und Glück in Fülle. Diese Zuversicht schenkt uns Freude in der Erwartung des Herrn. Gott segne euch alle.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española presentes en esta oración mariana. En este tercer domingo de Adviento, la liturgia nos invita con insistencia a la alegría en el Señor. Que la intercesión amorosa de Santa María, que bajo la advocación de Nuestra Señora de Guadalupe, es invocada fervientemente como Madre por los hombres y mujeres del pueblo mexicano y de América Latina, aliente este tiempo de gozo y esperanza y fomente el ineludible ejercicio de la caridad con los más necesitados. Feliz domingo.

Saúdo com amizade os fiéis das paróquias de Barcarena e Milharado, no Patriarcado de Lisboa, e demais peregrinos de língua portuguesa. Agradecido pela presença orante, desejo que esta romagem confirme a vossa adesão a Cristo: confiai no seu poder, deixai agir a sua graça! Por modelo e protecção, tomai a Virgem Mãe.

Szeretettel köszöntöm a magyar híveket, a budapesti Szent Gellért és Kis Szent Teréz plébániák csoportjának tagjait. Látogatástok az apostolfejedelmek sírjainál erősítsen meg benneteket az új evangelizáció munkálásában.

[Un cordiale saluto ai fedeli ungheresi, membri dei gruppi delle Parrocchie di San Gerardo Sagredo e di Santa Teresa di Lisieux, da Budapest. La vostra visita alla tomba del Principe degli Apostoli vi fortifichi nell’opera della nuova evangelizzazione.]

Słowa pozdrowienia kieruję do Polaków. W dzisiejszej liturgii św. Jakub wzywa: „bądźcie cierpliwi i umacniajcie serca wasze, bo przyjście Pana jest już bliskie" (Jk 5, 8). To zapewnienie dodaje nam otuchy i pokoju, gdy w adwentowym czasie przygotowujemy się na spotkanie z Chrystusem, który przychodzi. Niech Jego błogosławieństwo stale wam towarzyszy!

[Alcune parole di saluto rivolgo ai polacchi. Nella liturgia odierna San Giacomo esorta: "Siate pazienti (...) rinfrancate i vostri cuori. Perché la venuta del Signore è vicina" (Gc 5, 8). Quest’affermazione ci incoraggia e colma di pace, quando nel tempo di avvento ci prepariamo all’incontro con il Cristo che viene. La sua benedizione vi accompagni sempre!]

Saluto infine i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli provenienti da Lerici, Taranto, Oria e Brindisi-Ostuni, la Scuola "Ravasco" di Pescara, i bambini di Urbino che hanno ricevuto la Prima Comunione, il personale dell’Ospedale San Giuseppe e Melorio di Santa Maria Capua Vetere, la Polizia Municipale di Agropoli e gruppi di preghiera mariana da varie regioni d’Italia. A tutti auguro una buona domenica.
+PetaloNero+
00lunedì 13 dicembre 2010 15:26
LE UDIENZE


Il Santo Padre Benedetto XVI riceve questo pomeriggio in Udienza:

Vescovi Giapponesi.
+PetaloNero+
00martedì 14 dicembre 2010 15:24
COMUNICATO: INIZIATIVE DEL SANTO PADRE NEL TEMPO NATALIZIO


Pranzo con le persone assistite dalle Missionarie della Carità

Domenica 26 Dicembre 2010, alle ore 13, nell’Atrio dell’Aula Paolo VI, il Santo Padre parteciperà a un pranzo da lui offerto alle persone assistite dalle diverse comunità romane delle Missionarie della Carità, in occasione del 100° anniversario della nascita della Beata Madre Teresa di Calcutta.

Visita ai bambini ricoverati al Policlinico Gemelli

Mercoledì 5 Gennaio 2011, vigilia dell’Epifania, alle ore 17, il Santo Padre visiterà i bambini ricoverati presso i reparti pediatrici del Policlinico Agostino Gemelli e benedirà un Centro per la cura dei bimbi con spina bifida, partecipando alla distribuzione di doni ai piccoli degenti.


+PetaloNero+
00mercoledì 15 dicembre 2010 15:28
RINUNCE E NOMINE




RINUNCIA DELL’ARCIVESCOVO METROPOLITA DI SANTIAGO DE CHILE (CILE) E NOMINA DEL SUCCESSORE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Santiago de Chile (Cile), presentata dall’Em.mo Card. Francisco Javier Errázuriz Ossa, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

Il Papa ha nominato Arcivescovo Metropolita di Santiago de Chile (Cile) S.E. Mons. Ricardo Ezzati Andrello, S.D.B., finora Arcivescovo di Concepción (Cile).

S.E. Mons. Ricardo Ezzati Andrello, S.D.B.
S.E. Mons. Ricardo Ezzati Andrello, S.D.B., è nato a Campiglia dei Berici, Vicenza (Italia), il 7 gennaio 1942. Giunto in Cile nel 1959, per il noviziato tra i Salesiani a Quilpué, Valparaíso, ha compiuto gli studi di filosofia presso l’Università Cattolica di Valparaíso e quelli di teologia presso la Pontificia Università Salesiana di Roma, ove ha ottenuto la Licenza. Ha emesso la professione perpetua il 30 dicembre 1966 ed ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 18 marzo 1970. Dopo la sua ordinazione sacerdotale ha ottenuto la Licenza in Scienze Religiose presso l’«Institut de Pastorale Catéchetique» di Strasburgo e il titolo di Insegnante di Religione e Filosofia presso l’Università Cattolica di Valparaíso.
Come religioso salesiano apparteneva alla provincia del Cile e vi ha ricoperto i seguenti incarichi: Responsabile per la Pastorale giovanile nella Scuola salesiana in Valdivia; Direttore della Comunità e Opera salesiana a Concepción; membro del Consiglio Provinciale in Cile; Direttore del Seminario salesiano a Santiago de Chile; Ispettore Provinciale dei Salesiani in Cile. È stato anche insegnante nella Facoltà di Teologia della Pontificia Università Cattolica del Cile e Vice Presidente della Conferenza dei Religiosi del Cile. Ha partecipato ai Capitoli Generali della Congregazione Salesiana nel 1984 e 1990. Nel 1991 è stato nominato Officiale della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica della Santa Sede.
Nominato Vescovo di Valdivia il 28 giugno 1996, ha ricevuto l’ordinazione episcopale l’8 settembre successivo.
Il 10 luglio 2001 è stato nominato Vescovo titolare di La Imperial e Ausiliare di Santiago de Chile.
Il 27 dicembre 2006 è stato nominato Arcivescovo Metropolita di Concepción.



RINUNCIA DEL VESCOVO DI DODGE CITY (U.S.A.) E NOMINA DEL SUCCESSORE

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Dodge City (U.S.A.), presentata da S.E. Mons. Ronald M. Gilmore, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

Il Papa ha nominato Vescovo di Dodge City (U.S.A.) il Rev.do John B. Brungardt, del clero della diocesi di Wichita, finora Cancelliere e Parroco della "Saint Mark Parish" a Saint Mark.

Rev.do John B. Brungardt
Il Rev.do John B. Brungardt è nato il 10 luglio 1958 a Salina, Kansas, nell’omonima diocesi. Dopo aver frequentato la scuola secondaria "Chapman High School" a Chapman, Kansas, ha ottenuto il "B.A." in Fisica presso il "Benedictine College" a Atchison, Kansas (1980), il "Masters" in Fisica presso l’"Iowa State University" (1983) ed il Dottorato in "Science Education" presso la "Kansas State University" (1993). Per diversi anni è stato Insegnante di Scienze nella "Collegiate High School" e la "Kapuan Mount Carmel High School" a Wichita, Kansas. Nel 1993 è entrato nel Pontificio Collegio "Josephinum" per gli studi ecclesiastici.
È stato ordinato sacerdote per la diocesi di Wichita il 23 maggio 1998.
Dopo l’ordinazione ha svolto gli incarichi seguenti: Cappellano e Insegnante di Religione della "Bishop Carroll High School" a Wichita (1998-2001); Parroco della "Sacred Heart Parish" a Arkansas City (2001-2005); Amministratore parrocchiale della "Our Lady of Guadalupe Parish" a Newton (2007-2008) e della "Christ the King Parish" a Wichita (2008-2009) e Parroco della medesima parrocchia (2009-2010). Dal 2005 è Cancelliere e Moderatore della pastorale per gli ispanici e dal 2010 è Parroco della "Saint Mark Parish" a Saint Mark.
Oltre l’inglese, conosce lo spagnolo.



EREZIONE DELLA DIOCESI DI CAMAÇARI (BRASILE) E NOMINA DEL PRIMO VESCOVO

Il Santo Padre ha eretto la diocesi di Camaçari (Brasile), con territorio dismembrato dall’arcidiocesi di São Salvador da Bahia, rendendola suffraganea della medesima Chiesa Metropolitana.

Il Papa ha nominato primo Vescovo della diocesi di Camaçari (Brasile) S.E. Mons. João Carlos Petrini, finora Vescovo titolare di Auguro ed Ausiliare di São Salvador da Bahia.

S.E. Mons. João Carlos Petrini
S.E. Mons. João Carlos Petrini è nato il 18 novembre 1945 a Fermo (Italia). Dopo i corsi fondamentali, ha frequentato, dal 1965 al 1970, gli studi di Scienze Politiche laureandosi presso l’Università di Perugia. Come appartenente al Movimento di Comunione e Liberazione è stato inviato, come missionario laico, in Brasile, nell’arcidiocesi di São Paulo.
In Brasile ha frequentato la Facoltà di Teologia "Nossa Senhora da Assunção". Dopo l’ordinazione si è laureato in Scienze Sociali presso la Pontificia Università Cattolica di São Paulo. È stato ordinato sacerdote il 28 giugno 1975 per l’arcidiocesi di Fermo e designato "fidei donum" per l’arcidiocesi di São Paulo e, dal 1988, per l’arcidiocesi di São Salvador da Bahia.
Dopo l’ordinazione sacerdotale ha esercitato i seguenti incarichi: a São Paulo è stato Assistente per la Pastorale Universitaria; a São Salvador da Bahia è stato Prefetto degli studi nel Seminario "São João Maria Vianney"; Membro del Consiglio Presbiterale, Vicario Foraneo, Assistente Ecclesiastico della Fraternità di Comunione e Liberazione a São Salvador, Assessore del Settore Famiglia e Vita della Conferenza Episcopale Nazionale, Professore dell’Istituto Teologico "São Bento" , Membro del Consiglio Editoriale della Rivista "Análise & Síntese" , Coordinatore del corso di specializzazione in Scienze della Famiglia presso l’Università Cattolica di Salvador e Direttore del Pontificio Istituto "João Paulo II" per gli studi su Matrimonio e Famiglia, a São Salvador da Bahia.
Il 12 gennaio 2005 è stato nominato Vescovo titolare di Auguro ed Ausiliare di São Salvador da Bahia e ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 10 marzo successivo.
Attualmente è Membro della Commissione Episcopale Nazionale della Pastorale per la Famiglia e per la Vita.

Dati statistici

I dati statistici della nuova diocesi di Camaçari sono i seguenti:

Superficie
2.382 km2

Popolazione
708.122 abitanti

Cattolici
481.523

Parrocchie
16

Sacerdoti
20

Seminaristi
15

Religiosi professi
8

Suore
47


I dati statistici dell’arcidiocesi-madre di São Salvador da Bahia dopo la dismembrazione sono i seguenti:

Superficie
2.718 km2

Popolazione
3.247.278

Cattolici
2.208.149

Parrocchie
106

Sacerdoti
175

Seminaristi
49

Religiosi professi
208

Suore
624


Elenco dei municipi che formano il territorio della nuova diocesi di Camaçari, nello Stato di Bahia (Brasile): Camaçari, Candeiais, Dias D’Avila, Madre de Deus, São Francisco do Conde, São Sebastião do Passe, Simões Filho e Terra Nova.



NOMINA DEL VESCOVO DI BARREIRAS (BRASILE)

Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Barreiras (Brasile) S.E. Mons. Josafá Menezes da Silva, finora Vescovo titolare di Gummi di Bizacena ed Ausiliare di São Salvador da Bahia.

S.E. Mons. Josafá Menezes da Silva
S.E. Mons. Josafá Menezes da Silva è nato il 2 gennaio 1959, nella città di Salinas da Margarida, nell’arcidiocesi di São Salvador da Bahia. Dopo gli studi primari e secondari nella sua città natale, come alunno del Seminario della Bahia, ha ottenuto il Baccellierato in Filosofia presso l’Università Cattolica di Salvador (1983) e quello in teologia presso la Pontificia Università Gregoriana (1987). Ha conseguito, poi, la Licenza in Teologia (1999) e la Laurea in Antropologia Teologica (2001) presso la Pontificia Università Lateranense.
È stato ordinato sacerdote il 14 maggio 1989, incardinandosi nel clero arcidiocesano di São Salvador da Bahia; quindi è stato Parroco della Parrocchia "São João Batista"(1990-1996); Vice-Rettore (1990-1996) e poi Rettore (2002-2005) del Seminario propedeutico "Santa Terezinha de Lisieux"(1990-1996); Vicario Foraneo della Forania "Rio Vermelho e Federação"(1992-1996); Economo aggiunto dell’arcidiocesi (1995-1996), Coordinatore della Commissione Teologica Arcidiocesana (2002-2005) e Professore del Corso di Teologia dell’Università Cattolica di Salvador (1989-2005), dell’Istituto Sociale di Bahia (1988-1996), del Corso di Specializzazione in Scienze della Famiglia nel Pontificio Istituto "João Paulo II" (2002-2005).
Il 12 gennaio 2005 è stato nominato Vescovo titolare di Gummi ed Ausiliare di São Salvador da Bahia e ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 10 marzo successivo.



NOMINA DEL VESCOVO DI MASSA MARITTIMA-PIOMBINO (ITALIA)

Il Papa ha nominato Vescovo di Massa Marittima-Piombino (Italia) il Rev.do Mons. Carlo Ciattini, del clero di San Miniato, finora Rettore del Seminario e Vicario Giudiziale.

Rev.do Mons. Carlo Ciattini
Il Rev.do Mons. Carlo Ciattini è nato a Cerreto Guidi, in provincia di Firenze e in diocesi di San Miniato, il 20 marzo 1951. Diplomato presso l'Istituto Commerciale, ha frequentato la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Statale. Ha inoltre intrapreso un’esperienza lavorativa di tipo imprenditoriale e commerciale. Concluso il cammino di formazione presso l’Almo Collegio Capranica di Roma, è stato ordinato sacerdote il 14 maggio 1989 per la diocesi di San Miniato. Ha frequentato a Roma la Pontificia Università Lateranense, conseguendo nel 2004 il Dottorato in Diritto Canonico.
Nel suo ministero ha svolto i seguenti incarichi: dal 1989 al 1995, ha frequentato a Roma la Pontificia Università Lateranense; dal 1995 è Parroco di San Pietro alle Fonti, a La Scala, e Amministratore parrocchiale di San Lorenzo a Nocicchio, a San Miniato; dal 1996 al 1999, è stato Segretario generale del XIII Sinodo Diocesano; dal 1999 è Vicario Giudiziale di San Miniato e Giudice presso il Tribunale Ecclesiastico Regionale Etrusco; dal 2000 è Vicario Episcopale per le Aggregazioni laicali; dal 2005 è Rettore del Seminario Diocesano di San Miniato e Delegato per la formazione dei diaconi permanenti; dal 2006 dirige il Centro Diocesano Vocazioni.
È autore di vari articoli su riviste, giornali locali e su l'Osservatore Romano. Inoltre, ha pubblicato la sua tesi di laurea: "Il presbitero e la dottrina sociale della Chiesa" (2006).



NOMINA DI AUSILIARE DI MORELIA (MESSICO)

Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare di Morelia (Messico) il Rev.do Juan Espinoza Jiménez, del clero della medesima arcidiocesi e formatore del Seminario Maggiore, assegnandogli la sede titolare di Arpi.

Rev.do Juan Espinoza Jiménez
Il Rev.do Juan Espinoza Jiménez è nato alla Piedad, Michoacán, arcidiocesi di Morelia, l’11 maggio 1965.
Ha frequentato i corsi di filosofia e teologia nel Seminario di Morelia.
È stato ordinato sacerdote il 31 gennaio 1993, ed incardinato nell’arcidiocesi di Morelia. In seguito è stato formatore nel Seminario minore di Morelia e Cappellano dell’Ospedale "Nuestra Señora de la Salud".
Nel 1996 ha continuato gli studi ecclesiastici nella Università Pontificia Salesiana dove ha conseguito la Licenza in Scienze dell’Educazione.
Dal 2001 al 2009 è stato addetto di segreteria presso la Congregazione per i Vescovi.
Rientrato in Messico è stato: Professore del Seminario Maggiore, Coordinatore della Commissione diocesana per il clero e Cappellano della casa di formazione delle Suore Passioniste a Morelia.




















L’UDIENZA GENERALE



L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato gruppi di pellegrini e di fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

Nel discorso in lingua italiana, il Papa si è soffermato sulla figura di Santa Veronica Giuliani, monaca clarissa cappuccina (1660-1727), della quale ricorre il 27 dicembre prossimo il 350° anniversario della nascita.

Dopo aver riassunto la Sua catechesi nelle diverse lingue, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.

L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.


CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Cari fratelli e sorelle,

Oggi vorrei presentare una mistica che non è dell’epoca medievale; si tratta di santa Veronica Giuliani, monaca clarissa cappuccina. Il motivo è che il 27 dicembre prossimo ricorre il 350° anniversario della Sua nascita. Città di Castello, luogo dove visse più a lungo e morì, come pure Mercatello - suo paese natale - e la diocesi di Urbino, vivono con gioia questo evento.

Veronica nasce appunto il 27 dicembre 1660 a Mercatello, nella valle del Metauro, da Francesco Giuliani e Benedetta Mancini; è l’ultima di sette sorelle, delle quali altre tre abbracceranno la vita monastica; le viene dato il nome di Orsola. All’età di sette anni, perde la madre, e il padre si trasferisce a Piacenza come soprintendente alle dogane del ducato di Parma. In questa città, Orsola sente crescere in sé il desiderio di dedicare la vita a Cristo. Il richiamo si fa sempre più pressante, tanto che, a 17 anni, entra nella stretta clausura del monastero delle Clarisse Cappuccine di Città di Castello, dove rimarrà per tutta la vita. Là riceve il nome di Veronica, che significa "vera immagine", e, in effetti, ella diventerà una vera immagine di Cristo Crocifisso. Un anno dopo emette la solenne professione religiosa: inizia per lei il cammino di configurazione a Cristo attraverso molte penitenze, grandi sofferenze e alcune esperienze mistiche legate alla Passione di Gesù: la coronazione di spine, lo sposalizio mistico, la ferita nel cuore e le stimmate. Nel 1716, a 56 anni, diventa badessa del monastero e verrà riconfermata in tale ruolo fino alla morte, avvenuta nel 1727, dopo una dolorosissima agonia di 33 giorni che culmina in una gioia profonda, tanto che le sue ultime parole furono: "Ho trovato l’Amore, l’Amore si è lasciato vedere! Questa è la causa del mio patire. Ditelo a tutte, ditelo a tutte!" (Summarium Beatificationis, 115-120). Il 9 luglio lascia la dimora terrena per l’incontro con Dio. Ha 67 anni, cinquanta dei quali trascorsi nel monastero di Città di Castello. Viene proclamata Santa il 26 maggio 1839 dal Papa Gregorio XVI.

Veronica Giuliani ha scritto molto: lettere, relazioni autobiografiche, poesie. La fonte principale per ricostruirne il pensiero è, tuttavia, il suo Diario, iniziato nel 1693: ben ventiduemila pagine manoscritte, che coprono un arco di trentaquattro anni di vita claustrale. La scrittura fluisce spontanea e continua, non vi sono cancellature o correzioni, né segni d’interpunzione o distribuzione della materia in capitoli o parti secondo un disegno prestabilito. Veronica non voleva comporre un’opera letteraria; anzi, fu obbligata a mettere per iscritto le sue esperienze dal Padre Girolamo Bastianelli, religioso dei Filippini, in accordo con il Vescovo diocesano Antonio Eustachi.

Santa Veronica ha una spiritualità marcatamente cristologico-sponsale: è l’esperienza di essere amata da Cristo, Sposo fedele e sincero, e di voler corrispondere con un amore sempre più coinvolto e appassionato. In lei tutto è interpretato in chiave d’amore, e questo le infonde una profonda serenità. Ogni cosa è vissuta in unione con Cristo, per amore suo, e con la gioia di poter dimostrare a Lui tutto l’amore di cui è capace una creatura.

Il Cristo a cui Veronica è profondamente unita è quello sofferente della passione, morte e risurrezione; è Gesù nell’atto di offrirsi al Padre per salvarci. Da questa esperienza deriva anche l’amore intenso e sofferente per la Chiesa, nella duplice forma della preghiera e dell’offerta. La Santa vive in quest’ottica: prega, soffre, cerca la "povertà santa", come "esproprio", perdita di sé (cfr ibid., III, 523), proprio per essere come Cristo, che ha donato tutto se stesso.

In ogni pagina dei suoi scritti Veronica raccomanda qualcuno al Signore, avvalorando le sue preghiere d’intercessione con l’offerta di se stessa in ogni sofferenza. Il suo cuore si dilata a tutti "i bisogni di Santa Chiesa", vivendo con ansia il desiderio della salvezza di "tutto l’universo mondo" (ibid., III-IV, passim). Veronica grida: "O peccatori, o peccatrici… tutti e tutte venite al cuore di Gesù; venite alla lavanda del suo preziosissimo sangue… Egli vi aspetta con le braccia aperte per abbracciarvi" (ibid., II, 16-17). Animata da un’ardente carità, dona alle sorelle del monastero attenzione, comprensione, perdono; offre le sue preghiere e i suoi sacrifici per il Papa, il suo vescovo, i sacerdoti e per tutte le persone bisognose, comprese le anime del purgatorio. Riassume la sua missione contemplativa in queste parole: "Noi non possiamo andare predicando per il mondo a convertire anime, ma siamo obbligate a pregare di continuo per tutte quelle anime che stanno in offesa di Dio… particolarmente con le nostre sofferenze, cioè con un principio di vita crocifissa" (ibid., IV, 877). La nostra Santa concepisce questa missione come uno "stare in mezzo" tra gli uomini e Dio, tra i peccatori e Cristo Crocifisso.

Veronica vive in modo profondo la partecipazione all’amore sofferente di Gesù, certa che il "soffrire con gioia" sia la "chiave dell’amore" (cfr ibid., I, 299.417; III, 330.303.871; IV, 192). Ella evidenzia che Gesù patisce per i peccati degli uomini, ma anche per le sofferenze che i suoi servi fedeli avrebbero dovuto sopportare lungo i secoli, nel tempo della Chiesa, proprio per la loro fede solida e coerente. Scrive: "L’eterno Suo Padre Gli fece vedere e sentire in quel punto tutti i patimenti che avevano da patire i suoi eletti, le anime Sue più care, cioè quelle che si sarebbero approfittate del Suo Sangue e di tutti i Suoi patimenti" (ibid., II, 170). Come dice di sé l’apostolo Paolo: "Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa" (Col 1,24). Veronica arriva a chiedere a Gesù di essere crocifissa con Lui: "In un istante – scrive -, io vidi uscire dalle Sue santissime piaghe cinque raggi risplendenti; e tutti vennero alla volta mia. Ed io vedevo questi raggi divenire come piccole fiamme. In quattro vi erano i chiodi; ed in una vi era la lancia, come d’oro, tutta infuocata: e mi passò il cuore, da banda a banda… e i chiodi passarono le mani e i piedi. Io sentii gran dolore; ma, nello stesso dolore, mi vedevo, mi sentivo tutta trasformata in Dio" (Diario, I, 897).

La Santa è convinta di partecipare già al Regno di Dio, ma contemporaneamente invoca tutti i Santi della Patria beata perché le vengano in aiuto nel cammino terreno della sua donazione, in attesa della beatitudine eterna; è questa la costante aspirazione della sua vita (cfr ibid., II, 909; V, 246). Rispetto alla predicazione dell’epoca, incentrata non raramente sul "salvarsi l’anima" in termini individuali, Veronica mostra un forte senso "solidale", di comunione con tutti i fratelli e le sorelle in cammino verso il Cielo, e vive, prega, soffre per tutti. Le cose penultime, terrene, invece, pur apprezzate in senso francescano come dono del Creatore, risultano sempre relative, del tutto subordinate al "gusto" di Dio e sotto il segno d’una povertà radicale. Nella communio sanctorum, ella chiarisce la sua donazione ecclesiale, nonché il rapporto tra la Chiesa peregrinante e la Chiesa celeste. "I Santi tutti - scrive - sono colassù mediante i meriti e la passione di Gesù; ma a tutto quello che ha fatto Nostro Signore, essi hanno cooperato, in modo che la loro vita è stata tutta ordinata, regolata dalle medesime opere (sue)" (ibid., III, 203).

Negli scritti di Veronica troviamo molte citazioni bibliche, a volte in modo indiretto, ma sempre puntuale: ella rivela familiarità col Testo sacro, del quale si nutre la sua esperienza spirituale. Va rilevato, inoltre, che i momenti forti dell’esperienza mistica di Veronica non sono mai separati dagli eventi salvifici celebrati nella liturgia, dove ha un posto particolare la proclamazione e l’ascolto della Parola di Dio. La Sacra Scrittura, dunque, illumina, purifica, conferma l’esperienza di Veronica, rendendola ecclesiale. D’altra parte, però, proprio la sua esperienza, ancorata alla Sacra Scrittura con una intensità non comune, guida ad una lettura più profonda e "spirituale" dello stesso Testo, entra nella profondità nascosta del testo. Ella non solo si esprime con le parole della Sacra Scrittura, ma realmente anche vive di queste parole, diventano vita in lei.

Ad esempio, la nostra Santa cita spesso l’espressione dell’apostolo Paolo: "Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?" (Rm 8,31; cfr Diario, I, 714; II, 116.1021; III, 48). In lei, l’assimilazione di questo testo paolino, questa sua fiducia grande e gioia profonda, diventa un fatto compiuto nella sua stessa persona: "L’anima mia – scrive - è stata legata colla divina volontà ed io mi sono stabilita davvero e fermata per sempre nella volontà di Dio. Parevami che mai più avessi da scostarmi da questo volere di Dio e tornai in me con queste precise parole: niente mi potrà separare dalla volontà di Dio, né angustie, né pene, né travagli, né disprezzi, né tentazioni, né creature, né demoni, né oscurità, e nemmeno la medesima morte, perché, in vita e in morte, voglio tutto, e in tutto, il volere di Dio" (Diario, IV, 272). Così siamo anche nella certezza che la morte non è l’ultima parola, siamo fissati nella volontà di Dio e così, realmente, nella vita per sempre.

Veronica si rivela, in particolare, una testimone coraggiosa della bellezza e della potenza dell’Amore divino, che la attira, la pervade, la infuoca. È l’Amore crocifisso che si è impresso nella sua carne, come in quella di san Francesco d’Assisi, con le stimmate di Gesù. "Mia sposa - mi sussurra il Cristo crocifisso - mi sono care le penitenze che fai per coloro che sono in mia disgrazia … Poi, staccando un braccio dalla croce, mi fece cenno che mi accostassi al Suo costato ... E mi trovai tra le braccia del Crocifisso. Quello che provai in quel punto non posso raccontarlo: avrei voluto star sempre nel Suo santissimo costato" (ibid., I, 37). E’ anche un’immagine del suo cammino spirituale, della sua vita interiore: stare nell’abbraccio del Crocifisso e così stare nell’amore di Cristo per gli altri. Anche con la Vergine Maria Veronica vive una relazione di profonda intimità, testimoniata dalle parole che si sente dire un giorno dalla Madonna e che riporta nel suo Diario: "Io ti feci riposare nel mio seno, avesti l’unione con l’anima mia, e da essa fosti come in volo portata davanti a Dio" (IV, 901).

Santa Veronica Giuliani ci invita a far crescere, nella nostra vita cristiana, l’unione con il Signore nell’essere per gli altri, abbandonandoci alla sua volontà con fiducia completa e totale, e l’unione con la Chiesa, Sposa di Cristo; ci invita a partecipare all’amore sofferente di Gesù Crocifisso per la salvezza di tutti i peccatori; ci invita a tenere lo sguardo fisso al Paradiso, meta del nostro cammino terreno, dove vivremo assieme a tanti fratelli e sorelle la gioia della comunione piena con Dio; ci invita a nutrirci quotidianamente della Parola di Dio per riscaldare il nostro cuore e orientare la nostra vita. Le ultime parole della Santa possono considerarsi la sintesi della sua appassionata esperienza mistica: "Ho trovato l’Amore, l’Amore si è lasciato vedere!". Grazie.



SINTESI DELLA CATECHESI NELLE DIVERSE LINGUE



○ Sintesi della catechesi in lingua francese

Chers Frères et Sœurs,

Véronique Giuliani fut une mystique passionnée du Christ. À 17 ans, elle répondit à son appel et passa toute sa vie au monastère des Clarisses Capucines de Città di Castello, en Italie, dont elle devint abbesse jusqu’à sa mort en 1727. Elle fit une telle expérience d’être aimée du Christ que tout en elle fut interprété en terme d‘amour. De là sa profonde sérénité et sa joie de pouvoir montrer au Christ tout l’amour dont est capable une créature. Dans l’ardent désir du salut du monde entier, Véronique comprend sa mission contemplative comme le fait de « se tenir au milieu » entre les hommes et Dieu, entre les pécheurs et le Christ crucifié, dans la prière et l’offrande de ses épreuves. Elle était convaincue que Jésus, dans sa Passion, avait aussi enduré des souffrances que ses serviteurs fidèles auraient dû supporter au long des siècles. Sa vie mystique ne fut jamais séparée des événements du Salut célébrés dans la Liturgie, ni de la Parole de Dieu. L’Écriture Sainte illuminait, purifiait, confirmait son expérience, la rendant ecclésiale. Aussi, non seulement sainte Véronique s’exprimait avec les paroles de l’Écriture sainte mais elle en vivait. Chers amis, son témoignage nous invite à faire grandir dans notre vie l’union avec le Seigneur, dans l’abandon confiant et total à sa volonté, ainsi que l’union avec l’Église, son Épouse. Puissions-nous être, nous aussi, des passionnés du Christ pour répandre son amour !

Je salue cordialement les pèlerins de langue française, particulièrement les lycéens de Toulon. Avec sainte Véronique, puissiez-vous dire de votre rencontre avec le Christ : « J’ai trouvé l’Amour, l’Amour s’est laissé voir » ! A tous je souhaite une bonne préparation aux fêtes de Noël.


○ Sintesi della catechesi in lingua inglese

Dear Brothers and Sisters,

Our catechesis today deals with Saint Veronica Giuliani, a Capuchin Poor Clare and mystic who was born three hundred and fifty years ago this month. Saint Veronica, true to the name she took in religion, became a "true image" of Christ crucified; her configuration to the Lord was accompanied by profound mystical experiences such as her crowning with thorns and the stigmata. Veronica’s spirituality, as revealed above all in her Diary, is Christ-centred and spousal: she saw all things in the light of Christ’s love, manifested in his Passion, and she united herself to his self-oblation to the Father for the salvation of souls. Her love of the Scriptures was deeply linked to her love of the Church and her strong sense of the communion of the saints. Veronica’s passionate mystical experience can be summed up in the words she spoke on her deathbed: "I have found Love". May the life and teaching of Saint Veronica Giuliani inspire us to grow in union with the Lord and his Church, and to share in Christ’s loving concern for the salvation of sinners.

I extend a warm welcome and prayerful good wishes to the priest alumni of the Pontifical North American College celebrating their fortieth anniversary of priestly ordination. Upon all the English-speaking visitors present at today’s Audience, especially those from Ireland and the United States of America, I cordially invoke God’s abundant blessings.


○ Sintesi della catechesi in lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern!

Der kommende 27. Dezember ist der 350. Jahrestag der Geburt der heiligen Veronica Giuliani. Aus diesem Grund möchte ich in der heutigen Katechese diese italienische Ordensfrau kurz vorstellen. Veronica, die mit Taufnamen Ursula hieß, wurde 1660 in Mercatello in den Marken als jüngste von sieben Schwestern geboren. Im Alter von 17 Jahren trat sie in das Kloster der Kapuziner-Klarissen in Città di Castello in Umbrien ein, wo sie zeit ihres Lebens blieb und 1727 auch verstarb. Wie ihr Ordensname Veronica – »wahres Bild« – besagt, wurde sie in der Tat ein wahres Bild des gekreuzigten Herrn, und es begann für sie ein Weg, Christus gleichgestaltet zu werden durch Buße, Leiden und mystische Erfahrungen. Veronica hatte eine ausgeprägte christologisch-bräutliche Spiritualität, durchdrungen von der Erfahrung, von Christus, dem treuen Bräutigam, geliebt zu sein und ihn immer mehr lieben zu wollen. Sie war besonders mit Christus in seinem Leiden und Sterben verbunden, der sich zu unserem Heil dem Vater aufopfert. Veronica selbst lebte diese Hingabe im Gebet und im Opfer, vor allem für die Kirche, für den Papst, die Bischöfe, die Priester und für alle Bedürftigen. Ihre Aufgabe sah sie darin, für die Sünder zu beten und für sie zu leiden. So nahm sie tief an der Erlöserliebe des Herrn teil, der nicht nur für die Sünden der Menschen leidet, sondern auch für alles, was seine Brüder und Schwestern zu allen Zeiten für den Glauben erdulden. Veronica ging es nicht so sehr um das individuelle Heil, sie hatte einen starken Sinn für die Solidarität und die Gemeinschaft mit allen Brüdern und Schwestern auf dem Weg zum Himmel. Wenn Jesus Christus durch sein »Für-Sein«, durch sein »Für-die-anderen-Sein« gekennzeichnet ist, so war dieses »Für« auch in ihr eigenes Leben tief eingeschrieben.

Gerne heiße ich die Pilger und Besucher deutscher Sprache willkommen. Wie die heilige Veronica Giuliani wollen wir danach streben, in der Verbundenheit mit Christus zu wachsen, ihn mehr kennenzulernen und uns so mit Vertrauen seinem Willen zu überlassen, füreinander zu beten und gemeinsam in der Kirche auf unserem Weg zu Gott voranzuschreiten. Gerade die heilige Adventszeit helfe uns allen dabei. Ich wünsche einen gesegneten Advent und so auch freudige Vorbereitung auf das heilige Weihnachtsfest!


○ Sintesi della catechesi in lingua spagnola

Queridos hermanos y hermanas:

Quisiera hoy recordar con vosotros la figura de Santa Verónica Giuliani, nacida en Mercatello, el veintisiete de diciembre de mil seiscientos sesenta. En el bautismo recibió el nombre de Úrsula. Tres hermanas suyas abrazaron la vida religiosa en el convento de Santa Clara de su pueblo natal. Aunque su padre quería que contrajera matrimonio, ella deseó ardientemente desde niña ser toda de Jesús. Marchó muy joven al monasterio de Clarisas Capuchinas de Città de Castello y tomó nombre de Verónica. No tuvo una vida fácil. Pero, nunca se vino abajo en las pruebas, sino que las afrontó por amor a Jesús, con una confianza total y ofreciendo todo por la Iglesia. Ansiaba padecer en unión con Cristo por la conversión de los pecadores. Tuvo numerosas visiones y experiencias místicas, que ella escribió en su Diario. Una apoplejía la llevó al lecho, falleciendo un mes después, el nueve de julio de mil setecientos veintisiete. Fue beatificada por Pío Séptimo y canonizada por Gregorio Dieciséis, en mil ochocientos treinta y nueve.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, en particular a los procedentes de España, Chile y otros países latinoamericanos. Y, de modo particular, a los miembros de la comunidad católica mejicana de Roma, así como a los artesanos venidos de Guanajuato, acompañados por el Gobernador de dicho Estado y el Señor Arzobispo de León, a quienes agradezco el obsequio de un artístico nacimiento. Que el ejemplo de Verónica Giuliani incremente nuestro amor a Cristo. Muchas gracias.


○ Sintesi della catechesi in lingua portoghese

Queridos irmãos e irmãs,

Completam-se nestes dias 350 anos do nascimento de Úrsula Juliani, que, aos 17, entrou no mosteiro das Clarissas Capuchinhas na «Città di Castello». Aqui ficará toda a vida, tomando o nome de Verónica, pelo qual é conhecida: Santa Verónica Juliani. A fonte principal para conhecermos a sua espiritualidade é o Diário: sente-se amada por Cristo, Esposo fiel e sincero, e quer corresponder com todo o amor de que é capaz uma criatura. Revela-se uma testemunha corajosa da beleza e da força do Amor divino, que a atrai, invade e abrasa. É o Amor crucificado que se imprimiu na sua carne – como na de São Francisco de Assis – com os estigmas de Jesus. As últimas palavras de Verónica podem considerar-se a síntese da sua apaixonada experiência mística: «Encontrei o Amor, o Amor deixou-Se contemplar!».

Amados peregrinos de língua portuguesa, a minha cordial saudação de boas-vindas para todos vós. Fortes na fé, possam os vossos corações estar sempre ao serviço dos irmãos por amor de Deus. Sobre vós e vossas famílias, invoco abundantes bênçãos do Céu, sendo a maior e o resumo de todas elas Jesus Cristo, Deus feito homem. A sua presença alegre a vossa vida, como sucedeu com a Virgem Mãe, que O concebeu por obra do Espírito Santo! Feliz Natal!



SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE



○ Saluto in lingua polacca

Serdecznie pozdrawiam pielgrzymów polskich. Prorok Adwentu, Izajasz, wzywa nas w liturgii tego okresu do ufności, męstwa, nadziei: „Odwagi! Nie bójcie się! Oto wasz Bóg. On sam przychodzi, aby was zbawić" (por. Iz 35, 4). Niech to orędzie obudzi w nas pragnienie odnowy ducha i trwania w bliskości z Chrystusem. „Radujcie się. ... Bo Pan jest blisko" (por. Flp 4, 4.5). Z serca wam wszystkim błogosławię.

[Saluto cordialmente i pellegrini polacchi. Isaia, il profeta dell’Avvento, attraverso la liturgia di questo periodo ci esorta alla fiducia, alla fortezza e alla speranza: "Coraggio! Non temete, ecco il vostro Dio! Egli viene a salvarvi" (cfr. Is 35, 4). Questo messaggio desti in noi il desiderio di rinnovamento dello spirito e perseverare nella vicinanza con Cristo. "Siate lieti. Il Signore è vicino" (cfr. Fil 4, 4.5). Voi tutti benedico di cuore.]


○ Saluto in lingua ceca

Srdečně vítám poutníky z České republiky v doprovodu plzeňského biskupa, delegaci Plzeňského kraje, města Plzně a města Domažlic. Milý pozdrav členům orchestru plzeňské konzervatoře a pěveckého sboru Čerchovan z Domažlic. Přeji vám, abyste se v tomto Adventu připravili na příchod Páně se srdcem podobným srdci Mariinu, aby Kristus skrze vás mohl přicházet i do dnešní společnosti. Rád vám všem žehnám! Chvála Kristu!

[Saluto cordialmente i pellegrini provenienti dalla Repubblica Ceca, accompagnati dal Vescovo di Plzeň, e la Delegazione della Regione di Plzeň e dei Comuni di Plzeň e Domažlice. Un benvenuto ai componenti dell´Orchestra del Conservatorio di Plzeň e del Coro Čerchovan di Domažlice! Vi auguro che in questo Avvento vi prepariate alla venuta del Signore con cuore simile a quello di Maria, così che Cristo possa venire anche oggi nella società, tramite voi. Volentieri vi benedico tutti. Sia lodato Gesù Cristo!]


○ Saluto in lingua slovacca

S láskou pozdravujem skupinu diakonov a kňazov zo Spišskej Kapituly. Bratia, prajem vám, aby ste prežívali vo vašich farnostiach toto Adventné obdobie podľa vzoru Panny Márie v intenzívnej modlitbe a v radostnom očakávaní Spasiteľa. Zo srdca žehnám vás i vašich drahých. Pochválený buď Ježiš Kristus!

[Saluto con affetto il gruppo di diaconi e sacerdoti provenienti da Spišská Kapitula. Fratelli, vi auguro di vivere nelle vostre parrocchie questo tempo di Avvento come la Vergine Maria nella intensa preghiera a nella gioiosa attesa del Salvatore. Di cuore benedico voi ed i vostri cari. Sia lodato Gesù Cristo!]


○ Saluto in lingua italiana

Cari fratelli e sorelle, rivolgo ora un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i fedeli della diocesi di Città di Castello, accompagnati dal loro Pastore Mons. Domenico Cancian, che si apprestano a dare inizio alle celebrazioni commemorative del 350° anniversario della nascita di Santa Veronica Giuliani, loro concittadina. Saluto la delegazione della città di Mileto, qui convenuta con il Vescovo Mons. Luigi Renzo. Saluto i partecipanti al Congresso internazionale della Pastorale per i circensi e i fieranti - grazie per la vostra presentazione - come pure le Suore Missionarie del Sacro Costato e di Maria Santissima Addolorata, che stanno celebrando il loro Capitolo Generale. Vi ringrazio tutti di cuore per la vostra partecipazione, invocando su ciascuno la continua protezione di Dio e della Vergine Santissima.

Un particolare saluto rivolgo infine ai giovani, malati e sposi novelli. A voi, cari giovani, specialmente a voi ragazzi dell’Azione Cattolica, auguro di disporre i vostri cuori ad accogliere Gesù, che viene a salvarci con la potenza del suo amore. A voi, cari malati, che nella vostra esperienza di malattia condividete con Cristo il peso della Croce, le prossime feste natalizie apportino serenità e conforto. Invito voi, cari sposi novelli, che da poco tempo avete fondato la vostra famiglia, a crescere sempre più in quell'amore che Gesù nel suo Natale ci ha donato.
+PetaloNero+
00giovedì 16 dicembre 2010 15:35
LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

Ecc.mi Ambasciatore di: Nepal, Zambia, Andorra, Seychelles, Mali, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali;

Em.mo Card. Ivan Dias, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

Il Papa riceve questa mattina in Udienza:

Padre José Rodríguez Carballo, Ministro Generale dell’Ordine Francescano dei Frati Minori;

il Rev.do Munib A. Younan, Presidente della Federazione Luterana Mondiale, e Seguito.






RINUNCE E NOMINE


RINUNCIA DELL’ARCIVESCOVO METROPOLITA DI OKLAHOMA CITY (U.S.A.) E NOMINA DEL SUCCESSORE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Oklahoma City (U.S.A.), presentata da S.E. Mons. Eusebius Joseph Beltran, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

Il Papa ha nominato Arcivescovo Metropolita di Oklahoma City (U.S.A.) S.E. Mons. Paul Stagg Coakley, finora Vescovo di Salina.

S.E. Mons. Paul Stagg Coakley

S.E. Mons. Paul Stagg Coakley è nato il 3 giugno 1955 a Norfolk (Virginia), nella diocesi di Richmond. Dopo aver frequentato la scuola secondaria Shawnee Mission West High School a Overland Park (Kansas), ha proseguito gli studi superiori presso l’Università del Kansas a Lawrence (Kansas). Nel 1978 è entrato nel Seminario Saint Pius X a Erlanger (Kentucky) e dal 1979 al 1983 ha seguito i corsi teologici al Seminario maggiore Mount Saint Mary’s a Emmitsburg (Maryland). È stato inviato poi come alunno del Pontificio Collegio Americano del Nord nella Casa Santa Maria a Roma, ed ha ottenuto la Licenza in Teologia Spirituale alla Pontificia Università Gregoriana (1985-1987).

È stato ordinato sacerdote per la diocesi di Wichita (Kansas), il 21 maggio 1983.

Dopo l’ordinazione sacerdotale ha ricoperto i seguenti incarichi: Cappellano della Saint Francis Medical Center a Wichita (1983); Vicario Parrocchiale della Saint Mary Parish a Derby (1983-1985); Cappellano del Kansas Newman College a Wichita (1987-1989); Direttore diocesano della pastorale giovanile (1987-1991); Parroco della Our Lady of Guadalupe Parish a Wichita (1989-1990); Membro dello Staff della Villa Christi (casa diocesana per esercizi spirituali) (1989-1990) e del Centro diocesano per la Vita Spirituale (1990-1995); Vicario Parrocchiale pro tempore della Saint Thomas Aquinas Parish a Wichita (1990-1995); Parroco della Church of the Resurrection a Wichita (1995-1998); Direttore della Formazione Spirituale al Seminario maggiore Mount Saint Mary’s a Emmitsburg (1998-2002); Direttore del Centro diocesano per la Vita Spirituale (2002-2004) e Vice-Cancelliere della Curia diocesana ed Amministratore della Church of the Magdalen a Wichita (2004).

Nominato Vescovo di Salina il 21 ottobre 2004, ha ricevuto la consacrazione episcopale il 28 dicembre successivo.

Nella Conferenza Episcopale, è Membro del Committee on Clergy, Consecrated Life and Vocations, del Committee on Evangelization and Catechesis e del Subcommittee on Catholic Home Missions.

Oltre l’inglese, conosce lo spagnolo e l’italiano.









UDIENZA AL PRESIDENTE DELLA FEDERAZIONE LUTERANA MONDIALE

Alle ore 12.15 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza il Rev.do Munib A. Younan, Presidente della Federazione Luterana Mondiale, accompagnato da una Delegazione, e rivolge loro il saluto che riportiamo di seguito:


SALUTO DEL SANTO PADRE

Dear Bishop Younan, dear Lutheran Friends,

I am happy to greet the representatives of the Lutheran World Federation on the occasion of your official visit to Rome. I offer my cordial best wishes to Bishop Munib Younan and the Reverend Martin Junge on their respective elections as President and General Secretary, together with my prayers for their term of service.

Five years ago, at the beginning of my pontificate, I had the joy of receiving your predecessors and expressing my hope that the close contacts and intensive dialogue which have characterized ecumenical relations between Catholics and Lutherans would continue to bear rich fruit. With gratitude we can take stock of the many significant fruits produced by these decades of bilateral discussions. With God’s help it has been possible slowly and patiently to remove barriers and to foster visible bonds of unity by means of theological dialogue and practical cooperation, especially at the level of local communities.

Last year marked the tenth anniversary of the signing of the Joint Declaration on the Doctrine of Justification, which has proved a significant step along the difficult path towards re-establishing full unity among Christians and a stimulus to further ecumenical discussion. In these years leading up to the five-hundredth anniversary of the events of fifteen seventeen, Catholics and Lutherans are called to reflect anew on where our journey towards unity has led us and to implore the Lord’s guidance and help for the future. I am pleased to note that, for the occasion, the International Lutheran – Roman Catholic Commission on Unity is preparing a joint text which will document what Lutherans and Catholics are able to say together at this point regarding our closer relations after almost five centuries of separation. In order to clarify further the understanding of the Church, which is the main focus of ecumenical dialogue today, the Commission is studying the theme: Baptism and Growing Church Communion. It is my hope that these ecumenical activities will provide fresh opportunities for Catholics and Lutherans to grow closer in their lives, their witness to the Gospel, and their efforts to bring the light of Christ to all dimensions of society.

In these days of joyful preparation for the celebration of Christmas, let us entrust one another, and our common quest for Christian unity to the Lord, who is himself the genuine newness which surpasses all our human expectations (cf. Irenaeus, Adv. Haer., IV, 34, 1).

May the peace and joy of this Christmas season be with you all!












LE LETTERE CREDENZIALI DEGLI AMBASCIATORI DI: NEPAL, ZAMBIA, ANDORRA, SEYCHELLES, MALI



Alle ore 11 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali, le Loro Eccellenze i Signori Ambasciatori di: Nepal, Zambia, Andorra, Seychelles e Mali.

Di seguito pubblichiamo i discorsi consegnati dal Papa agli Ambasciatori degli Stati sopra elencati, nonché i cenni biografici essenziali di ciascuno:


DISCORSO DEL SANTO PADRE ALL’AMBASCIATORE DEL NEPAL PRESSO LA SANTA SEDE, S.E. IL SIG. SURESH PRASAD PRADHAN

Mr Ambassador,

In welcoming you to the Vatican and accepting your Letters of Credence as Ambassador of the Federal Democratic Republic of Nepal to the Holy See, I wish to express my satisfaction at the cordial relations which we continue to enjoy. I am grateful to you for transmitting the courteous greeting of your President, Mr Ram Baran Yadav, and in return I would ask you kindly to convey my own good wishes to him and to all the people of the Federal Democratic Republic.

Recent years have seen much change in your nation as Nepal’s leaders have sought to chart a new political course for the benefit of her people. In this regard, among the most important tasks is the drafting of a new Constitution. Ensuring the legal guarantees of civil and political rights, as well as guaranteeing those of an economic, social and cultural nature, is surely one of the most delicate and demanding undertakings in any nation’s political life. For this reason, the Holy See is hopeful that once present difficulties are overcome, the Constituent Assembly will be able to complete its work and contribute in this way to ensuring a stable, harmonious and prosperous future.

The Holy See is pleased to note the expressions of commitment to democratic ideals and norms found in the interim political arrangements currently in force in your country. These include the wish to promote competitive multi-party democracy, civil liberties and fundamental human rights, adult enfranchisement, periodic elections, press freedom, an independent judiciary and the rule of law. It is acknowledged that much still needs to be done to consolidate these good intentions, but the public expression of such a commitment by Nepal’s leaders already bodes well.

As Your Excellency is aware, of the over one million Christians in your country, the Catholic Church numbers very few souls and yet, through her institutions, she has sought to make a significant contribution to the well-being of all your citizens. The Church’s charitable agency Caritas runs a variety of projects in poorer areas and takes care of refugees. Spurred by the love of Jesus Christ (cf. 2 Cor 5:14-15), the Church is always ready and willing to do whatever she can to help those in distress, irrespective of their race, colour or creed.

While the Catholic Church can trace her first contacts with Nepal back to the seventeenth and eighteenth centuries, over the past seventy years she has been particularly active in the service of the people through her hospitals, welfare organizations and schools. I am pleased to note the freedom in which these important institutions operate and the respect in which they are held. It is greatly to be hoped that your Government will continue to be supportive of the Church’s presence in health and education and ensure that human rights in general and religious freedom in particular are duly respected.

In contrast to the Nepalese people’s long tradition of tolerance, a few regrettable incidents of violence against the lives of Catholics have occurred in recent years, as well as damage to church property. Let me express the hope that a spirit of tolerance will prevail, and that cooperation for the general good and reconciliation through dialogue will be strengthened and will continue to mark the brotherly relations between Nepalese Catholics and their fellow citizens of other religions.

Finally, Mr Ambassador, I am confident that the cordial relations already existing between the Holy See and Nepal will do much to promote such fraternity, respect and dialogue. In offering my good wishes at the beginning of your mission as Ambassador to the Holy See, I assure you of the readiness of the Roman Curia to assist you in your high office. Upon you and upon all the people of Nepal I invoke an abundance of divine blessings.

S.E. il Signor Suresh Prasad PRADHAN
Ambasciatore del Nepal presso la Santa Sede
È nato a Tansen, Palpa, Lumbini Zone, il 3 settembre 1952.
È sposato ed ha due figli.
Laureato in Scienze dell'Educazione (1974), si è successivamente specializzato in Amministrazione Pubblica (1989) ed in Legge (1993) presso la Tribhuvan University, Katmandu.
Ha svolto le seguenti attività: Docente presso la High School di Tansen, Talpa (1972-1977); Supervisore della High School presso il Ministero dell'Educazione (1977); Supervisore della High School a Dhading, Gulmi, Rupandehi e Syangja (1977-1982); Officiale del Settore tecnico presso il Direttorio educativo regionale Pokhara (1982-1984); Officiale di Sezione presso il MAE (1984-1988); Primo Segretario (1988-1992) e successivamente Incaricato d'Affari a.i. dell'Ambasciata in Myanmar (1990-1992); Sotto Segretario presso il MAE (1995); Direttore di Dipartimento presso il MAE; Direttore del Segretariato della SAARC a Katmandu (1996-1999); Sotto-Segretario del Ministro degli Affari Esteri (1999-2000); Vice Capo del Protocollo (2000-2001) nonché Sotto Segretario e, successivamente Segretario aggiunto presso il MAE (2003); Ministro e Vice Capo Missione in Cina e successivamente incaricato d’Affari a.i. della medesima Missione Diplomatica (2003-2007); Segretario aggiunto presso il MAE e Portavoce del medesimo Ministero (2007-2009).
Attualmente è Ambasciatore nella Repubblica Federale di Germania, ove risiede.
Oltre il newari (madre lingua), parla inglese, nepali e hindi.



DISCORSO DEL SANTO PADRE ALL’AMBASCIATORE DI ZAMBIA PRESSO LA SANTA SEDE, S.E. IL SIGNOR ROYSON MABUKU MUKWENA

Your Excellency,

I am pleased to welcome you to the Vatican and to accept the Letters of Credence by which you are accredited Ambassador Extraordinary and Plenipotentiary of the Republic of Zambia to the Holy See. I thank you for the greetings which you have brought from President Rupiah Bwezani Banda, and I gladly reciprocate with my own good wishes and the assurance of my prayers for His Excellency and for all the beloved people of Zambia.

The Holy See values its diplomatic relations with your country as an important instrument for achieving mutual cooperation for the spiritual, moral and material good of all Zambians. Indeed, with the cooperation of men and women of good will throughout Africa, the Church works for the promotion of a moral, legal and social equilibrium among the members of the human family. Through her various social, developmental and charitable works, she fosters a balanced realization of the rights and duties of individuals and of society as a whole. She seeks to draw attention to the need for justice, solidarity and harmony, always with a special care for the poorer and weaker members of society. The Church is therefore proud of the example of Christian men and women who bring honour to their country and its institutions by selflessly pursuing the common good and teaching others to do the same, rising above local, regional or ethnic concerns.

It is a source of particular satisfaction that Zambia’s laws continue to respect and defend the dignity of every human life from conception. Powerful influences, many from beyond Africa, seek to place limitations on the right to life, seeing it as somehow restricting the freedom of others. Yet, for her part, the Church affirms that the right to life of the innocent is inviolable, and must take precedence over all other supposed rights. In doing so, she draws attention to an objective moral principle, rooted in the natural law, the content of which is accessible to right reason and is not dependent upon political choices or social consensus (cf. Address to Representatives of British Society, London, 17 September 2010). It is greatly to be hoped, Mr Ambassador, that Zambia will continue to foster due respect for the rights of every human being without exception, in harmony with the duty to protect life from conception to natural death in the manner of a truly Christian country.

Turning to the question of economic development, presently there appear to be encouraging signs of improvement in your country, particularly in the agricultural sector. With economic growth, funds have become available for important development projects, particularly in the extension of adequate sanitary conditions. The nation has been making significant progress in this area, as reflected in lower infant and maternal mortality rates and other areas related to health. Improvements too in infrastructure, the availability of suitable housing, the struggle against corruption and the extension of educational opportunities are indispensable for the economic, social and cultural progress of your country. Likewise, due attention must always be given to the needs of the less fortunate. It is to be hoped that a diversified economic structure will be encouraged, as well as an increase in the number of small enterprises since, "alongside macro-projects, there is a place for micro-projects and above all there is need for the active mobilization of all the subjects of civil society" (cf. Caritas in Veritate, 47).

I am pleased to note that the Church in your country has been contributing positively in the fields of education, development and health care, especially in the struggle against malaria and HIV/AIDS. Be assured that she will continue to be actively involved in promoting the health of the population with a strong emphasis on prevention through education. Long-lasting health improvements will be achieved through formation in moral responsibility and solidarity, and in particular through faithfulness in marriage. In this way, the Church works to encourage a greater sense of integrity on the part of individuals and the building of a society which truly cherishes life, the family and the wider community.

Allow me to conclude these welcoming remarks by reiterating my good wishes and prayers for Zambia and her people. As you begin your mission, Mr Ambassador, I assure you that the various departments of the Roman Curia will be happy to assist you. Upon you and your family and upon all Zambia’s citizens I cordially invoke Almighty God's abundant blessings.

S.E. il Signor Royson Mabuku MUKWENA

Ambasciatore di Zambia presso la Santa Sede

È nato il 29 febbraio 1960.

È sposato ed ha tre figli.

Laureato in Amministrazione Pubblica (Università di Zambia, 1983), ha ottenuto un master (Università di Zambia, 1988) ed una specializzazione nella stessa materia (Università di Manchester, UK, 1998).

È stato: Assistente universitario presso l'Università di Zambia (1983-1985); Direttore del Programma per il Management del personale presso l'Istituto Nazionale di Amministrazione Pubblica (1985-1986); Tutor part-time in Amministrazione Pubblica al Centro di Educazione permanente presso l'Università di Zambia (1986-1988); Responsabile del personale della Zambia Electricity Supply Corporation Ltd (1987-1988); Lettore in Management del personale ed in Amministrazione Pubblica presso il Dipartimento di Studi politici e amministrativi dell'Università di Zambia (1988-1992); Lettore part-time in Amministrazione Pubblica ed Analisi della sicurezza del Programma del Commonwealth per la Gioventù dell'Africa centrale presso l'Università di Zambia (1992-1993); Decano della Facoltà di Economia e Scienze del Management presso l’Università della Namibia (1993-1995) Tutor part-time in Amministrazione Pubblica presso l'Università di Manchester (1995-1996); Lettore in Amministrazione Pubblica e Metodologia della ricerca presso l'Università della Namibia (1998-2005); High Commissioner in Tanzania (2005-2009);

Dal settembre 2009 è anche High Commissioner nel Regno Unito ed Ambasciatore per l'Irlanda e l'Islanda, con residenza a Londra.

Ha partecipato a numerosi Seminari sulla Cooperazione regionale e la Decentralizzazione della democrazia, sullo Sviluppo della capacità di governo in Africa ed in Asia e sull'Informazione della società a livello locale e globale.

Parla l’inglese e lo swahili.



DISCORSO DEL SANTO PADRE ALL’AMBASCIATORE DI ANDORRA PRESSO LA SANTA SEDE, S.E. IL SIGNOR MIQUEL ÀNGEL CANTURRI MONTANYA

Monsieur l’Ambassadeur,

Je suis heureux de recevoir Votre Excellence et de l’accréditer en qualité d’Ambassadeur extraordinaire et plénipotentiaire de la Principauté d’Andorre près le Saint-Siège. Je vous remercie des paroles aimables que vous m’avez adressées et en retour, je souhaite transmettre par votre intermédiaire mes salutations cordiales aux deux Coprinces, l’Archevêque d’Urgell et le Président de la République française. A travers vous, je salue également le Gouvernement, les Autorités et la population andorranes.

La Principauté remontant à Charlemagne, est régie par le paréage. La Coseigneurie approuvée par le Saint-Siège en son temps, devenue Co-souveraineté, que vous avez évoquée dans votre discours, est l’heureux résultat d’une évolution historique prenant en compte les intérêts légitimes du peuple andorran et leur garantissant la souveraineté. Ce système original et unique en son genre permet à la population de vivre en paix, loin des conflits. Il est certain que la solution institutionnelle trouvée par votre pays ne peut pas être transposée ailleurs, mais néanmoins, il convient d’en tirer une leçon. L’harmonie est possible à l’intérieur des nations et entre les peuples. L’inventivité juridique et la bonne volonté permettent très souvent de résoudre de nombreux problèmes qui surgissent malheureusement entre les peuples, et elles favorisent la concorde internationale tant désirée.

Dans ce contexte, je désire souligner l’excellence des relations entre la Principauté et le Saint-Siège. Ces relations, qui se situent dans une continuité historique d’entente et d’appui - vous avez d’ailleurs signalé que le Saint-Siège a toujours soutenu Andorre lorsque sa souveraineté était en péril, se sont consolidées d’abord par l’établissement de relations diplomatiques - puis, il y a deux ans, par la signature d’un accord bilatéral. Cet accord est le résultat et l’expression d’une collaboration saine et loyale entre l’Eglise et l’Etat, qui tous deux, à titres divers, sont au service de la vocation personnelle et sociale des personnes humaines. Hier comme aujourd’hui, les relations cordiales entre l’Eglise et Andorre servent ces mêmes personnes de manière plus efficace pour l’avantage de tous. Un tel accord est une pierre supplémentaire apportée à la consolidation des relations entre la Principauté et l’Eglise.

Dans les paroles que vous m’avez adressées, vous avez mentionné, Monsieur l’Ambassadeur, la récente évolution démographique de votre pays. Elle montre l’attrait que celui-ci exerce sur les jeunes générations. Il s’agit surtout de jeunes andorrans qui reviennent au pays. Par ailleurs, votre nation accueille aussi de nouvelles populations. Cette ouverture entraîne une nécessaire prise de conscience et une responsabilisation de la part des institutions et de chacun. En effet, l’harmonie sociale qui pourrait être déséquilibrée, est liée non seulement à un cadre législatif juste et adapté, mais aussi à la qualité morale de chaque citoyen car « la solidarité se présente sous deux aspects complémentaires : celui de principe social et celui de vertu morale » (Compendium de la Doctrine sociale de l’Église, n.109).

La solidarité s’élève au rang de vertu sociale lorsqu’elle peut s’appuyer à la fois sur des structures de solidarité, mais aussi sur la détermination ferme et persévérante de chaque personne à travailler pour le bien commun, parce que tous nous sommes responsables de tous. La vertu morale, pour sa part, s’exprime à travers des décisions et des lois qui sont conformes aux principes éthiques. Ceux-ci consolident la démocratie et permettent aux andorrans de vivre selon les valeurs positives millénaires, imprégnées du christianisme, et de cultiver et préserver leur identité si marquée.

Pour susciter le sens durable de la solidarité, que je viens d’évoquer, l’éducation des jeunes est assurément la meilleure voie. Quel que soit son niveau de responsabilité, j’encourage chacun à faire preuve de créativité dans ce domaine, à investir les moyens nécessaires, et à semer généreusement pour le futur, dans le souci de lui donner les bases éthiques nécessaires. Avec l’éducation, il convient aussi d’apporter à la famille le soutien qu’elle mérite. Cellule de base de la société, la famille remplit sa mission lorsqu’elle est encouragée et promue par les pouvoirs publics comme premier lieu d’apprentissage de la vie en société. En accordant à tous les composants de la famille l’aide nécessaire, elle facilitera efficacement l’harmonie et la cohésion sociale. L’Église peut apporter une contribution positive à la consolidation de la famille, fragilisée par la culture contemporaine.

Lors de mon récent Voyage apostolique à Barcelone, j’ai été heureux de voir la présence d’une belle délégation de votre pays. Ces fidèles de tous âges, mais particulièrement des jeunes, sont venus manifester leur attachement au Successeur de Pierre. Je voudrais les remercier pour cette présence chaleureuse et leur donner rendez-vous, sans vouloir abuser de votre entremise, aux très prochaines Journées Mondiales de la Jeunesse.

Je saisis l’occasion de cette rencontre, Monsieur l’Ambassadeur, pour saluer chaleureusement, par votre intermédiaire, votre Archevêque et ses collaborateurs, ainsi que l’ensemble des fidèles catholiques qui vivent dans votre pays. Qu’ils gardent le souci de témoigner du Christ et, de concert avec tous les andorrans, de bâtir une vie sociale où chacun puisse trouver les voies d’un épanouissement personnel et collectif ! Ils témoigneront ainsi de la fécondité toujours actuelle de la Parole de Dieu.

Au moment où vous inaugurez votre noble mission de représentation auprès du Saint-Siège, je vous adresse, Monsieur l’Ambassadeur, mes vœux les meilleurs pour le bon accomplissement de votre mission. Soyez certain que vous trouverez toujours auprès de mes collaborateurs l’accueil et la compréhension dont vous pourrez avoir besoin. Le peuple d’Andorre a une vénération particulière pour la Vierge Marie, la Virgen de Meritxell, Patronne de la Co-Principauté dont la fête nationale se célèbre le 8 septembre, Solennité mariale. Je confie les Autorités de votre pays et l’ensemble de sa population à sa protection maternelle. Sur Votre Excellence, sur sa famille et sur ses collaborateurs, ainsi que sur tout le peuple andorran et ses dirigeants, j’invoque de grand cœur l’abondance des Bénédictions divines.

S.E. il Signor Miquel Àngel CANTURRI MONTANYA

Ambasciatore di Andorra presso la Santa Sede

È nato ad Andorra la Vella il 20 febbraio 1945.

È sposato ed ha quattro figlie.

Ha studiato Scienze Umanistiche e Filosofia net Seminario diocesano d'Urgell (1956-1963) ed ha ottenuto un diploma in Teologia alla Pontificia Università Gregoriana di Roma (1966).

Ha conseguito inoltre un diploma presso Institut d’Études Politiques di Parigi (1968), un altro diploma in Diritto all'Università di Parigi II (1970) ed un dottorato in Lettere, Storia e Geografia all'Università della Sorbona (1972), specializzandosi successivamente in Economia all'Ecole pratique des Hautes Études de Paris ed in Scienze sociali all'Institut d'études de Démographie dell'Università di Parigi.

È stato Presidente del Consiglio di Amministrazione dell'Ente Nazionale di Andorra per la Radiodiffusione e Consigliere delle Finanze presso il Consiglio esecutivo di Andorra, nonché Presidente dell'Ordine degli Avvocati (1982- 1984).

Dal 1971 fino al presente ha svolto la professione di Avvocato in Andorra, ove risiede.

Ha partecipato a numerosi seminari e congressi sul Diritto pubblico e privato e sulla Formazione permanente in Diritto, in Francia, in Spagna ed in Italia.

Oltre il catalano, parla lo spagnolo ed il francese.



DISCORSO DEL SANTO PADRE ALL’AMBASCIATORE DELLE SEYCHELLES PRESSO LA SANTA SEDE, S.E. LA SIGNORINA VIVIANNE FOCK TAVE

Madame l’Ambassadeur,

C’est avec plaisir que je vous accueille ce matin au moment où vous présentez les Lettres qui vous accréditent en qualité d'Ambassadeur extraordinaire et plénipotentiaire de la République des Seychelles près le Saint-Siège. Je vous remercie de m'avoir transmis les salutations de son Excellence Monsieur James Alix Michel, Président de la République, que j'ai eu l'honneur de recevoir au cours de sa récente visite au Saint-Siège. Je vous serais très reconnaissant de bien vouloir lui exprimer ma gratitude pour la cordialité manifestée lors de notre rencontre. A travers vous, je salue également les autorités, les différents responsables politiques et l’ensemble du peuple seychellois.

Votre Pays continue à progresser et à s’affermir sur la voie de la paix, de la prospérité et de la stabilité. Sans aucun doute, ceci est le résultat des efforts persistants et de la contribution généreuse de toutes les sphères politiques et sociales, des secteurs publics et privés. Je suis heureux de féliciter le Gouvernement et le peuple des Seychelles d'avoir surmonté le défi de la crise économique mondiale, constaté par une reprise du tourisme et des investissements étrangers directs, par une relance de l’économie nationale, en fournissant un espace budgétaire favorable pour la réduction de la dette et les dépenses prioritaires.

Cependant, la libéralisation de l’économie tout en préservant les acquis sociaux est une mutation qui ne va pas sans un bouleversement des mentalités : il s’agit donc d’accompagner cette évolution pour en anticiper des effets pas toujours maîtrisables dans le temps en donnant une base éthique nécessaire et en jouant la carte de la responsabilité. « Tous ont le droit de participer à la vie économique et le devoir de contribuer, selon leurs capacités, au progrès de leur pays et de la famille humaine tout entière » (Compendium de la Doctrine Sociale de l'Église, n. 333).

La programmation du développement économique doit aussi considérer attentivement la nécessité de respecter l'intégrité et les rythmes de la nature car les ressources naturelles sont limitées et certaines ne sont pas renouvelables. La solution du problème écologique exige que l'activité économique respecte davantage l’environnement, en en conciliant les exigences avec celles de la protection environnementale « en vue de renforcer l’alliance entre l’être humain et l’environnement » (Caritas in veritate n. 50). J’apprécie en particulier, dans ce domaine, l'initiative du Gouvernement pour restaurer et préserver la barrière de corail. Elle est la première ligne de défense en élevant le niveau de l'océan, et elle reste aussi un habitat important pour l'élevage des poissons - apport principal en protéine du Pays. Elle fournit aussi des revenus et des emplois dans les secteurs de la pêche et du tourisme. Il est donc nécessaire que les consommateurs et les agents d’activités industrielles développent une plus grande responsabilité dans leurs comportements.

Faire croître la responsabilité de tous entraine aussi une coopération active et efficace pour le respect et la protection de la dignité humaine face à toute tentative d'en proposer des images réductrices et déformées, ou à une instrumentalisation de chaque personne. Le tourisme international, facteur notable de développement économique et de croissance culturelle, peut se transformer en occasion d’exploitation et de déchéance morale (cf. Caritas in veritate n. 61). Seule la reconnaissance de la dignité humaine rend possible la croissance commune et personnelle de tous (Jc 2, 1-9).

Pour favoriser un tel développement humain intégral et renforcer aussi la solidarité intergénérationnelle, il est nécessaire de protéger la famille. Promue et soutenue par l'État et la société, la famille a un rôle tout à fait original et irremplaçable dans l'éducation des enfants. Avec la famille, votre Nation continuera de construire son avenir en donnant une formation appropriée à ses jeunes générations qui soit capable de transcender les limites dans lesquelles on voudrait parfois les enfermer et leur donne les moyens concrets de lutter contre les maux sociaux, particulièrement le chômage et la drogue. De ce point de vue, je souligne et j’encourage une nouvelle fois les efforts consentis depuis longtemps pour mettre en place un système éducatif de qualité. Il convient aussi de soutenir les plus défavorisés et de lutter contre la corruption en garantissant une égalité objective devant la loi entre les diverses classes sociales.

Pour sa part, l’Eglise locale désire continuer d’apporter à votre Nation une contribution spécifique, aussi bien soutenir la famille, l’éducation et la formation des jeunes que pour le développement humain intégral de chaque personne. Un tel développement englobe une croissance spirituelle et pas seulement matérielle, dont le critère d’orientation se trouve dans la force active de la charité dans la vérité (cf. Caritas in Veritate n. 76.77). La quête spirituelle qui habite le cœur des Seychellois trouve dans le Christ son sens et sa plénitude ; elle dynamise la société tout entière, avec la capacité d’insufler la force de la réconciliation pour promouvoir la justice, la fraternité et pour construire la prospérité et la paix. Dans ce but, j’encourage la poursuite d’une telle collaboration et je souhaite saluer chaleureusement, par votre intermédiaire, l’Évêque de Port-Victoria et ses collaborateurs, ainsi que l’ensemble des fidèles catholiques présents dans votre pays.

Au moment où vous inaugurez votre noble mission de représentation auprès du Saint-Siège, je souhaite renouveler l'expression de ma satisfaction pour les excellentes relations qu'entretiennent la République des Seychelles et le Saint-Siège, et je vous adresse, Madame l'Ambassadeur, mes vœux les meilleurs pour le bon accomplissement de votre mission. Soyez certaine que vous trouverez toujours auprès de mes collaborateurs l'accueil et la compréhension dont vous pourrez avoir besoin. Sur Votre Excellence, sur votre famille et sur vos collaborateurs, ainsi que sur le Peuple des Seychelles et sur ses Dirigeants, j'invoque de grand cœur l'abondance des Bénédictions divines.

S.E. la Sig.na Vivianne FOCK TAVE

Ambasciatore delle Seychelles presso la Santa Sede

È nata ad Anse Royal, Mahé, il 14 aprile 1966.

Laureata in Economia (Technische Universität Berlin, 1996), ha ricoperto i seguenti incarichi: Funzionario del Ministero degli Affari Esteri (1996-2000); Direttrice e, successivamente, Direttrice Generale degli Affari economici internazionali presso il Ministero degli Affari Esteri (2000-2005); Segretario Generale per la Pianificazione economica presso il Ministero degli Affari Esteri e dell'Impiego (2005-2006); Segretario Generale per la Cooperazione internazionale presso il Ministero degli Affari Esteri (2006-2007); Consigliere speciale del Ministro degli Affari Esteri (2007-2009).

Attualmente è Ambasciatore in Belgio, in Lussemburgo e nei Paesi Bassi nonché presso l'Unione Europea a Bruxelles, ove risiede.

Parla il creolo, l’inglese, il francese e il tedesco.



DISCORSO DEL SANTO PADRE ALL’AMBASCIATORE DEL MALI PRESSO LA SANTA SEDE, S.E. IL SIGNOR BOUBACAR SIDIKI TOURÉ

Monsieur l’Ambassadeur,

C’est bien volontiers que je reçois les Lettres qui vous accréditent comme Ambassadeur extraordinaire et plénipotentiaire auprès du Saint-Siège. En cette heureuse circonstance, il m’est agréable de vous souhaiter la bienvenue au Vatican et je vous remercie de vos aimables paroles, par lesquelles vous m’exprimez l’hommage respectueux du Président de la République et du peuple malien. Je vous saurais gré de bien vouloir transmettre en retour à Son Excellence Monsieur Amadou Toumani Touré, Chef de l’État, mes sentiments de gratitude et de respect, et l’assurance de mes prières pour sa personne et pour tous les Maliens.

Comme bon nombre de pays africains, le Mali a célébré cette année le cinquantenaire de son Indépendance. J’aimerais féliciter tous les Maliens pour les avancées considérables effectuées en ce demi-siècle. Comme vous le savez, Monsieur l’Ambassadeur, les progrès réalisés sont toujours accompagnés de défis à relever. Je cite entre autres la paix sociale, l’éducation et le droit à la nourriture. Pour l’édification d’une société paisible et stable, le Mali peut puiser dans son patrimoine culturel qui renferme des valeurs humaines, intellectuelles et religieuses. Je vous encourage à les conserver et à les transmettre aux nouvelles générations, car une société servie par des personnes dotées d’une profonde perspicacité morale, promeut toujours la justice et la paix. Les responsables d’une telle société savent transcender leurs propres intérêts pour être des gouvernants vertueux et totalement dédiés au bien commun. Ils savent aussi cultiver des rapports humains animés par la confiance et la solidarité, le respect réciproque et le dialogue sincère. J’encourage donc les différents responsables maliens à aider leurs compatriotes à se réconcilier entre eux après les conflits qui ont émaillé l’histoire récente du Mali. Je les invite aussi à lutter contre toute discrimination entre les ethnies et les religions. Il est légitime, en effet, que l’identité propre de chaque communauté ethnique ou religieuse puisse s’exprimer visiblement, dans le respect mutuel, favorisant une coexistence paisible à tous les échelons de la communauté nationale (cf. Discours aux Évêques du Mali, 18 mai 2007).

Regardant vers l’avenir, le Gouvernement malien a inscrit parmi ses priorités la formation de cadres capables d’assurer le développement de leur pays. Dans un monde caractérisé par l’interdépendance des peuples et par la diffusion rapide d’un mimétisme des comportements humains accompagné par un individualisme croissant, l’éducation constitue une nécessité vitale et existentielle. Toutefois, elle ne pourrait se réduire à une accumulation de connaissances intellectuelles ou de compétences techniques. Le savoir-faire devrait aller de pair avec le savoir-vivre et le savoir-être qui, fondés sur la sagesse humaine et sur les ressources spirituelles, reflètent davantage la vérité essentielle de l’existence humaine. C’est pourquoi, dans l’éducation de leurs enfants, que les familles maliennes ne se contentent pas des résultats scolaires à atteindre, en ignorant les vertus humaines, culturelles et religieuses. Qu’elles offrent à leurs enfants les repères qui les conduiront à la vérité sur la vie, sur le devoir de solidarité et de dialogue qui sont co-existentiels à la nature humaine. Il revient aussi à l’État de soutenir les familles dans leur tâche d’éducation, et de veiller à la qualité intellectuelle et humaine du personnel éducatif. Que les jeunes Maliens ne se laissent pas séduire par le gain facile qui pourrait les inciter à pactiser avec des réseaux qui poussent à la criminalité ou au trafic de la drogue !

Votre pays s’est engagé, Monsieur l’Ambassadeur, sur le chemin d’un développement harmonieux en élaborant des projets dont le nouveau Code des personnes et de la famille. Je nourris la grande espérance qu’il puisse aider à combler les inégalités entre les personnes et les groupes sociaux. Ce nouveau Code contribuera à la paix sociale, si les Responsables de votre pays travaillent aussi à assurer le droit à la nourriture. Saluant les efforts pour accroître la production du coton et du riz, j’encourage votre Gouvernement à affronter le problème de l’insécurité alimentaire « en éliminant les causes structurelles qui en sont à l’origine et en promouvant le développement agricole (…) à travers des investissements (…) susceptibles d’utiliser au mieux les ressources humaines, naturelles et socio-économiques les plus accessibles au niveau local (…). Tout cela doit être réalisé en impliquant les communautés locales dans les choix et les décisions relatives à l’usage des terres cultivables » (Caritas in Veritate, n° 27).

Comme vous pouvez le constater, Excellence, plusieurs cadres de votre pays ont été formés dans des écoles catholiques. L’engagement de l’Église dans la formation et dans l’éducation, ainsi que dans le domaine caritatif, sanitaire et social, démontre sa volonté de collaborer avec l’État, tout en préservant la nature particulière de ses structures. Je profite de la circonstance pour saluer la Convention sur les soins sanitaires, qui a été signée entre la Conférence Épiscopale et le Ministère de la Santé du Mali, ainsi que l’engagement de ce Ministère à octroyer des subventions aux structures sanitaires ecclésiales.

Pour terminer, je salue chaleureusement, par votre entremise, la communauté catholique du Mali avec ses pasteurs, et je l’invite à continuer son témoignage courageux et joyeux de la foi et de l’amour fraternel enseigné par le Christ. Je désire encourager également les efforts consentis par la Conférence épiscopale et par le Gouvernement, pour consolider les relations d’estime réciproque entre le Mali et le Saint-Siège.

Au moment où vous inaugurez votre mission, je vous offre, Monsieur l’Ambassadeur, mes vœux les meilleurs, vous assurant du soutien des divers services de la Curie romaine pour l’accomplissement de votre fonction. À cette fin, j’invoque bien volontiers sur vous et sur votre famille, ainsi que sur vos collaborateurs l’abondance des Bénédictions divines.

S.E. il Sig. Boubacar Sidiki TOURÉ

Ambasciatore del Mali presso la Santa Sede

È nato a Bamako il 12 settembre 1948.

È sposato ed ha tre figli.

Laureato in Scienze Economiche (Università Paris I - Panthéon Sorbonne, 1975), ha ottenuto il titolo di Ispettore delle imposte (Ecole Nazionale des Impôts, Clermont Ferrand, 1976) e si è specializzato in Economia (Università Paris X - Nanterre, 1979) ed in Scienze Economiche (Università Paris X - Nanterre. 1982), conseguendo anche un Diploma in Analisi e Programmazione Finanziaria, presso il Fondo Monetario Internazionale (Washington. 1993).

È stato: Ispettore delle Imposte presso la Direzione Nazionale delle Imposte (1977-1978); Ispettore incaricato del Controllo fiscale delle Grandi Imprese (1978-1984); Capo della Brigata nazionale per le Imposte presso la Direzione Nazionale delle Imposte (1984-1986); Capo della Divisione per le ricerche e la verifica della Direzione Nazionale delle Imposte (1986-1991); Capo della Divisione Informatica e Statistica presso la Direzione Nazionale delle Imposte (1991); Consigliere tecnico del Capo dello Stato (1991-1993); Consigliere tecnico alla Presidenza della Repubblica, responsabile delle finanze e del fisco (1993-1994); Incaricato di Missione alla Presidenza della Repubblica (1994-1995); Consulente presso l’Unione Economica Monetaria dell'Africa dell'Ovest (UEMOA), incaricato dei problemi del fisco e delle finanze pubbliche (1995-1996); Incaricato della Missione per la riforma del budget del Ministero delle Finanze (1996-1999); Consigliere tecnico del Ministero delle Finanze (1999-2000) e del Ministero dell'Economia e Finanze (2000-2002); Ministro degli Affari fondiari (2002-2004); Direttore della Cooperazione Internazionale Delegato al Fondo Europeo per lo Sviluppo (2004-2010).

È stato inoltre, tra l’altro: Membro del Consiglio d'Amministrazione dell'Azienda Nazionale del Tabacco e affini (SONATAM) (1991-1992), Membro del Consiglio d'Amministrazione dell'Ufficio del Niger (1999-2002); Membro del Consiglio d'Amministrazione dell'Ufficio del Mali per l'habitat (1999-2002) e Presidente del medesimo Consiglio (2002-2004); Membro del Consiglio d'Amministrazione della Società delle Telecomunicazioni del Mali (2004-2009).

Ha partecipato a numerosi Seminari su economia ed informatica ed a Missioni ufficiali all'estero.

Parla bambara e francese.








DISCORSO DEL SANTO PADRE AGLI AMBASCIATORI IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE COLLETTIVA DELLE LETTERE CREDENZIALI

Al termine dello scambio delle Lettere Credenziali con ciascun Ambasciatore, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto questa mattina agli Ecc.mi nuovi Ambasciatori presso la Santa Sede il discorso che pubblichiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Madame et Messieurs les Ambassadeurs,

Il m’est une joie de vous recevoir ce matin au Palais apostolique pour la présentation des Lettres qui vous accréditent comme Ambassadeurs extraordinaires et plénipotentiaires de vos pays respectifs auprès du Saint-Siège : le Népal, la Zambie, la Principauté d’Andorre, la République des Seychelles, et le Mali. Vous venez de m’adresser des paroles courtoises de la part de vos Chefs d’Etat respectifs et je vous en remercie. Je vous saurais gré de leur transmettre en retour mes salutations déférentes et mes vœux respectueux pour leurs personnes et pour la haute mission qu’ils accomplissent au service de leur pays et de leur peuple. Par votre intermédiaire, je désire également saluer toutes les autorités civiles et religieuses de vos nations, ainsi que l’ensemble de vos compatriotes. Mes prières et mes pensées vont naturellement aussi aux communautés catholiques présentes dans vos pays. Tout en vivant l’Evangile, elles sont soucieuses d’y témoigner un esprit de collaboration fraternelle.

Je voudrais, Excellences, vous entretenir de la fraternité humaine. Il lui a été fait appel de manière poignante toute cette année pour soulager Haïti, meurtrie d’abord par un tremblement de terre et puis par le choléra. D’autres tragédies ont malheureusement frappé d’autres pays au cours de cette année. Vos pays, la communauté internationale et le monde associatif ont répondu à des appels à l’aide particulièrement urgents, aide qu’il conviendrait naturellement de poursuivre et d’intensifier. Pour sa part, et à travers ses différentes institutions, l’Eglise apporte une contribution multiforme qu’elle prolongera dans le temps.

Le bel idéal de fraternité, qui se trouve dans la devise nationale de nombreux pays, a trouvé dans le développement de la pensée philosophique et politique une résonnance moindre par rapport à celle d’autres idéaux comme la liberté, l’égalité, le progrès ou l’unité. Il s’agit d’un principe demeuré en grande partie lettre morte dans les sociétés politiques modernes et contemporaines, surtout à cause de l’influence exercée par les idéologies individualistes ou collectivistes (cf. Compendium de la Doctrine sociale de l’Eglise, n. 390). La fraternité a, comme vous le savez, une signification particulière pour les chrétiens à cause du dessein d’amour fraternel de Dieu, de fraternité donc, révélé par le Christ. D’ailleurs, dans ma dernière encyclique Caritas in veritate, j’ai abordé largement ce thème indispensable pour une harmonieuse cohabitation humaine.

Pour vivre dignement, tout être humain a besoin de respect ; il a également besoin que justice lui soit rendue et que ses droits soient concrètement reconnus. Toutefois, ceci ne suffit pas pour mener une vie pleinement humaine : en effet, la personne a aussi besoin de fraternité. Cela est vrai non seulement dans les relations de proximité, mais également à l’échelle de la planète. Or, si le processus de mondialisation en cours rapproche les êtres humains les uns des autres, il n’en fait pas pour autant des frères. Il s’agit là d’une problématique majeure car, comme le relevait mon prédécesseur le Pape Paul VI « le sous-développement a pour cause profonde, le manque de fraternité » (cf. Populorum progressio, n. 66).

La raison humaine est à même de reconnaître l’égalité de tous les hommes et la nécessité de limiter les disparités excessives entre eux, mais elle s’avère incapable d’instituer la fraternité. Celle-ci est un don surnaturel. Pour sa part, l’Église voit la réalisation de la fraternité humaine sur la terre comme une vocation contenue dans le dessein créateur de Dieu dont elle veut devenir, toujours plus fidèlement, l’ouvrière à la fois sur le plan universel et sur le plan local comme elle l’est dans les pays que vous représentez près le Saint-Siège.

Si, en accompagnant la mission spécifiquement spirituelle que le Christ lui a confiée, l’Eglise suscite entre ses disciples une proximité particulière, elle n’en désire pas moins apporter sa contribution, sincère et forte, à la formation d’une communauté plus fraternelle entre tous les êtres humains. C’est pourquoi elle s’interdit d’agir à la manière d’un lobby, soucieux de ses seuls intérêts, mais elle œuvre, sous le regard de Celui qui est le Créateur de tous les hommes, en voulant honorer la dignité de tout un chacun. Elle s’efforce donc de mettre l’amour et la paix à la base des multiples liens humains qui relient les personnes les unes aux autres, comme Dieu l’a voulu dans sa sagesse créatrice.

Dans la vie quotidienne, la fraternité trouve une expression concrète dans la gratuité et le respect. Ceux-ci sont appelés à se manifester dans tous les espaces de l’activité humaine, y compris l’activité économique. L’identité profonde de l’homme, son être-en-relation, s’exprime aussi dans son activité économique qui est l’un des terrains de majeure coopération entre les hommes. À travers ma dernière Encyclique, j’ai souhaité mettre en évidence le fait que l’économie est un lieu où le don est lui aussi possible et même nécessaire (cf. Caritas in veritate, nn.34-39).

Toute forme de don est, en définitive, un signe de la présence de Dieu, car il conduit à la découverte fondamentale qu’à l’origine, tout est donné. Une telle prise de conscience ne rend pas les conquêtes de l’homme moins belles, mais elle le libère de la première de toutes les servitudes, celle de vouloir se créer soi-même. Au contraire, dans la reconnaissance de ce qui lui est donné, l’homme peut s’ouvrir à l’action de la grâce et comprendre qu’il est appelé à se développer, non contre ou à côté des autres, mais avec et en communion avec eux.

Néanmoins, si la fraternité vécue entre les hommes peut trouver un écho positif sur le plan de l’« efficacité sociale », il ne faut pas oublier qu’elle ne constitue pas un moyen, mais qu’elle est une fin en elle-même (cf. Caritas in veritate, n° 20). L’Eglise croit au Christ qui nous révèle que Dieu est amour (cf. Jn 4, 8). Elle est aussi convaincue que pour tous ceux qui croient en la charité divine, Dieu apporte la certitude que « la voie de l’amour est ouverte à tous les hommes et que l’effort qui tend à instaurer une fraternité universelle n’est pas vain » (Gaudium et Spes, 38).

Comme diplomates, vous vous intéressez, sans aucun doute, de façon particulière aux différents aspects de la vie politico-sociale que je viens de développer. Durant votre mission auprès du Siège Apostolique, vous aurez la possibilité, Excellences, de découvrir plus directement les actions et les préoccupations de l’Eglise sur tous les continents. Vous trouverez auprès de mes collaborateurs une attention courtoise. Sur vous-mêmes, sur vos familles, sur les membres de vos Missions diplomatiques et sur toutes les nations que vous représentez, j’invoque l’abondance des Bénédictions divines.


+PetaloNero+
00giovedì 16 dicembre 2010 15:36
Messaggio del Papa ai giovani dell'incontro di Taizé a Rotterdam


ROMA, giovedì, 16 dicembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo del messaggio che Benedetto XVI ha inviato ai giovani che parteciperanno al 33º Incontro europeo organizzato dalla Comunità di Taizé, che si terrà dal 28 dicembre 2010 al 1° gennaio 2011 a Rotterdam (Olanda).

* * *

Cari giovani,

Su voi tutti che vi riunite a Rotterdam, invitati dalla comunità di Taizé, Sua Santità Papa Benedetto XVI invoca la forza e la pace dello Spirito Santo, come anche sui pastori, sulle parrocchie e le famiglie che vi accolgono. Con i fratelli di Taizé che animano questo 33° incontro europeo di giovani, Dio vi conduca alle sorgenti della gioia!

Lo scoprirete in questi giorni: questa gioia non vi allontana da una solidarietà con le sofferenze dell’umanità, ma è profondamente legata alla fiducia in Dio. Vivendo di questa fiducia, accogliendola, permettete questo rinnovamento radicale dell’essere umano che Cristo è venuto a portare. Così sarete animati dal coraggio di andare contro corrente, quando questo è necessario. Resistendo al miraggio dell’individualismo, diventerete sempre di più uomini e donne di comunione, nel dono di voi stessi per gli altri.

E quando farete ritorno nei vostri paesi, lo Spirito Santo vi colmi di una compassione senza limiti, vi comunichi immaginazione e coraggio per scoprire in che modo trasformare le vostre comunità locali in luoghi di bontà del cuore e di fiducia. La pace che egli vi concede risplenderà così per gli altri e per il mondo.

Dandovi anche appuntamento il prossimo agosto a Madrid, per la Giornata Mondiale della Gioventù, il Santo Padre vi affida all’intercessione della Vergine Maria, Madre dei credenti, che a Cana è stata testimone della gioia che suo Figlio è venuto a portare nel mondo, e di gran cuore vi invia una affettuosa benedizione apostolica.








MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI PER LA CELEBRAZIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE (1° GENNAIO 2011)



LIBERTÀ RELIGIOSA, VIA PER LA PACE

1. All’inizio di un Nuovo Anno il mio augurio vuole giungere a tutti e a ciascuno; è un augurio di serenità e di prosperità, ma è soprattutto un augurio di pace. Anche l’anno che chiude le porte è stato segnato, purtroppo, dalla persecuzione, dalla discriminazione, da terribili atti di violenza e di intolleranza religiosa.

Il mio pensiero si rivolge in particolare alla cara terra dell'Iraq, che nel suo cammino verso l’auspicata stabilità e riconciliazione continua ad essere scenario di violenze e attentati. Vengono alla memoria le recenti sofferenze della comunità cristiana, e, in modo speciale, il vile attacco contro la Cattedrale siro-cattolica "Nostra Signora del Perpetuo Soccorso" a Baghdad, dove, il 31 ottobre scorso, sono stati uccisi due sacerdoti e più di cinquanta fedeli, mentre erano riuniti per la celebrazione della Santa Messa. Ad esso hanno fatto seguito, nei giorni successivi, altri attacchi, anche a case private, suscitando paura nella comunità cristiana ed il desiderio, da parte di molti dei suoi membri, di emigrare alla ricerca di migliori condizioni di vita. A loro manifesto la mia vicinanza e quella di tutta la Chiesa, sentimento che ha visto una concreta espressione nella recente Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi. Da tale Assise è giunto un incoraggiamento alle comunità cattoliche in Iraq e in tutto il Medio Oriente a vivere la comunione e a continuare ad offrire una coraggiosa testimonianza di fede in quelle terre.

Ringrazio vivamente i Governi che si adoperano per alleviare le sofferenze di questi fratelli in umanità e invito i Cattolici a pregare per i loro fratelli nella fede che soffrono violenze e intolleranze e ad essere solidali con loro. In tale contesto, ho sentito particolarmente viva l’opportunità di condividere con tutti voi alcune riflessioni sulla libertà religiosa, via per la pace. Infatti, risulta doloroso constatare che in alcune regioni del mondo non è possibile professare ed esprimere liberamente la propria religione, se non a rischio della vita e della libertà personale. In altre regioni vi sono forme più silenziose e sofisticate di pregiudizio e di opposizione verso i credenti e i simboli religiosi. I cristiani sono attualmente il gruppo religioso che soffre il maggior numero di persecuzioni a motivo della propria fede. Tanti subiscono quotidianamente offese e vivono spesso nella paura a causa della loro ricerca della verità, della loro fede in Gesù Cristo e del loro sincero appello perché sia riconosciuta la libertà religiosa. Tutto ciò non può essere accettato, perché costituisce un’offesa a Dio e alla dignità umana; inoltre, è una minaccia alla sicurezza e alla pace e impedisce la realizzazione di un autentico sviluppo umano integrale.1

Nella libertà religiosa, infatti, trova espressione la specificità della persona umana, che per essa può ordinare la propria vita personale e sociale a Dio, alla cui luce si comprendono pienamente l’identità, il senso e il fine della persona. Negare o limitare in maniera arbitraria tale libertà significa coltivare una visione riduttiva della persona umana; oscurare il ruolo pubblico della religione significa generare una società ingiusta, poiché non proporzionata alla vera natura della persona umana; ciò significa rendere impossibile l’affermazione di una pace autentica e duratura di tutta la famiglia umana.

Esorto, dunque, gli uomini e le donne di buona volontà a rinnovare l’impegno per la costruzione di un mondo dove tutti siano liberi di professare la propria religione o la propria fede, e di vivere il proprio amore per Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente (cfr Mt 22,37). Questo è il sentimento che ispira e guida il Messaggio per la XLIV Giornata Mondiale della Pace, dedicato al tema: Libertà religiosa, via per la pace.

Sacro diritto alla vita e ad una vita spirituale

2. Il diritto alla libertà religiosa è radicato nella stessa dignità della persona umana,2 la cui natura trascendente non deve essere ignorata o trascurata. Dio ha creato l’uomo e la donna a sua immagine e somiglianza (cfr Gen 1,27). Per questo ogni persona è titolare del sacro diritto ad una vita integra anche dal punto di vista spirituale. Senza il riconoscimento del proprio essere spirituale, senza l’apertura al trascendente, la persona umana si ripiega su se stessa, non riesce a trovare risposte agli interrogativi del suo cuore circa il senso della vita e a conquistare valori e principi etici duraturi, e non riesce nemmeno a sperimentare un’autentica libertà e a sviluppare una società giusta.3

La Sacra Scrittura, in sintonia con la nostra stessa esperienza, rivela il valore profondo della dignità umana: "Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi? Davvero l’hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato. Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi" (Sal 8, 4-7).

Dinanzi alla sublime realtà della natura umana, possiamo sperimentare lo stesso stupore espresso dal salmista. Essa si manifesta come apertura al Mistero, come capacità di interrogarsi a fondo su se stessi e sull’origine dell’universo, come intima risonanza dell’Amore supremo di Dio, principio e fine di tutte le cose, di ogni persona e dei popoli.4 La dignità trascendente della persona è un valore essenziale della sapienza giudaico-cristiana, ma, grazie alla ragione, può essere riconosciuta da tutti. Questa dignità, intesa come capacità di trascendere la propria materialità e di ricercare la verità, va riconosciuta come un bene universale, indispensabile per la costruzione di una società orientata alla realizzazione e alla pienezza dell’uomo. Il rispetto di elementi essenziali della dignità dell’uomo, quali il diritto alla vita e il diritto alla libertà religiosa, è una condizione della legittimità morale di ogni norma sociale e giuridica.

Libertà religiosa e rispetto reciproco

3. La libertà religiosa è all’origine della libertà morale. In effetti, l’apertura alla verità e al bene, l’apertura a Dio, radicata nella natura umana, conferisce piena dignità a ciascun uomo ed è garante del pieno rispetto reciproco tra le persone. Pertanto, la libertà religiosa va intesa non solo come immunità dalla coercizione, ma prima ancora come capacità di ordinare le proprie scelte secondo la verità.

Esiste un legame inscindibile tra libertà e rispetto; infatti, "nell’esercitare i propri diritti i singoli esseri umani e i gruppi sociali, in virtù della legge morale, sono tenuti ad avere riguardo tanto ai diritti altrui, quanto ai propri doveri verso gli altri e verso il bene comune".5

Una libertà nemica o indifferente verso Dio finisce col negare se stessa e non garantisce il pieno rispetto dell’altro. Una volontà che si crede radicalmente incapace di ricercare la verità e il bene non ha ragioni oggettive né motivi per agire, se non quelli imposti dai suoi interessi momentanei e contingenti, non ha una "identità" da custodire e costruire attraverso scelte veramente libere e consapevoli. Non può dunque reclamare il rispetto da parte di altre "volontà", anch’esse sganciate dal proprio essere più profondo, che quindi possono far valere altre "ragioni" o addirittura nessuna "ragione". L’illusione di trovare nel relativismo morale la chiave per una pacifica convivenza, è in realtà l’origine della divisione e della negazione della dignità degli esseri umani. Si comprende quindi la necessità di riconoscere una duplice dimensione nell’unità della persona umana: quella religiosa e quella sociale. Al riguardo, è inconcepibile che i credenti "debbano sopprimere una parte di se stessi - la loro fede - per essere cittadini attivi; non dovrebbe mai essere necessario rinnegare Dio per poter godere dei propri diritti".6

La famiglia, scuola di libertà e di pace

4. Se la libertà religiosa è via per la pace, l’educazione religiosa è strada privilegiata per abilitare le nuove generazioni a riconoscere nell’altro il proprio fratello e la propria sorella, con i quali camminare insieme e collaborare perché tutti si sentano membra vive di una stessa famiglia umana, dalla quale nessuno deve essere escluso.

La famiglia fondata sul matrimonio, espressione di unione intima e di complementarietà tra un uomo e una donna, si inserisce in questo contesto come la prima scuola di formazione e di crescita sociale, culturale, morale e spirituale dei figli, che dovrebbero sempre trovare nel padre e nella madre i primi testimoni di una vita orientata alla ricerca della verità e all’amore di Dio. Gli stessi genitori dovrebbero essere sempre liberi di trasmettere senza costrizioni e con responsabilità il proprio patrimonio di fede, di valori e di cultura ai figli. La famiglia, prima cellula della società umana, rimane l’ambito primario di formazione per relazioni armoniose a tutti i livelli di convivenza umana, nazionale e internazionale. Questa è la strada da percorrere sapientemente per la costruzione di un tessuto sociale solido e solidale, per preparare i giovani ad assumere le proprie responsabilità nella vita, in una società libera, in uno spirito di comprensione e di pace.

Un patrimonio comune

5. Si potrebbe dire che, tra i diritti e le libertà fondamentali radicati nella dignità della persona, la libertà religiosa gode di uno statuto speciale. Quando la libertà religiosa è riconosciuta, la dignità della persona umana è rispettata nella sua radice, e si rafforzano l’ethos e le istituzioni dei popoli. Viceversa, quando la libertà religiosa è negata, quando si tenta di impedire di professare la propria religione o la propria fede e di vivere conformemente ad esse, si offende la dignità umana e, insieme, si minacciano la giustizia e la pace, le quali si fondano su quel retto ordine sociale costruito alla luce del Sommo Vero e Sommo Bene.

La libertà religiosa è, in questo senso, anche un’acquisizione di civiltà politica e giuridica. Essa è un bene essenziale: ogni persona deve poter esercitare liberamente il diritto di professare e di manifestare, individualmente o comunitariamente, la propria religione o la propria fede, sia in pubblico che in privato, nell’insegnamento, nelle pratiche, nelle pubblicazioni, nel culto e nell’osservanza dei riti. Non dovrebbe incontrare ostacoli se volesse, eventualmente, aderire ad un’altra religione o non professarne alcuna. In questo ambito, l’ordinamento internazionale risulta emblematico ed è un riferimento essenziale per gli Stati, in quanto non consente alcuna deroga alla libertà religiosa, salvo la legittima esigenza dell’ordine pubblico informato a giustizia.7 L’ordinamento internazionale riconosce così ai diritti di natura religiosa lo stesso status del diritto alla vita e alla libertà personale, a riprova della loro appartenenza al nucleo essenziale dei diritti dell’uomo, a quei diritti universali e naturali che la legge umana non può mai negare.

La libertà religiosa non è patrimonio esclusivo dei credenti, ma dell’intera famiglia dei popoli della terra. È elemento imprescindibile di uno Stato di diritto; non la si può negare senza intaccare nel contempo tutti i diritti e le libertà fondamentali, essendone sintesi e vertice. Essa è "la cartina di tornasole per verificare il rispetto di tutti gli altri diritti umani".8 Mentre favorisce l’esercizio delle facoltà più specificamente umane, crea le premesse necessarie per la realizzazione di uno sviluppo integrale, che riguarda unitariamente la totalità della persona in ogni sua dimensione.9

La dimensione pubblica della religione

6. La libertà religiosa, come ogni libertà, pur muovendo dalla sfera personale, si realizza nella relazione con gli altri. Una libertà senza relazione non è libertà compiuta. Anche la libertà religiosa non si esaurisce nella sola dimensione individuale, ma si attua nella propria comunità e nella società, coerentemente con l’essere relazionale della persona e con la natura pubblica della religione.

La relazionalità è una componente decisiva della libertà religiosa, che spinge le comunità dei credenti a praticare la solidarietà per il bene comune. In questa dimensione comunitaria ciascuna persona resta unica e irripetibile e, al tempo stesso, si completa e si realizza pienamente.

E’ innegabile il contributo che le comunità religiose apportano alla società. Sono numerose le istituzioni caritative e culturali che attestano il ruolo costruttivo dei credenti per la vita sociale. Più importante ancora è il contributo etico della religione nell’ambito politico. Esso non dovrebbe essere marginalizzato o vietato, ma compreso come valido apporto alla promozione del bene comune. In questa prospettiva bisogna menzionare la dimensione religiosa della cultura, tessuta attraverso i secoli grazie ai contributi sociali e soprattutto etici della religione. Tale dimensione non costituisce in nessun modo una discriminazione di coloro che non ne condividono la credenza, ma rafforza, piuttosto, la coesione sociale, l’integrazione e la solidarietà.

Libertà religiosa, forza di libertà e di civiltà:
i pericoli della sua strumentalizzazione

7. La strumentalizzazione della libertà religiosa per mascherare interessi occulti, come ad esempio il sovvertimento dell’ordine costituito, l’accaparramento di risorse o il mantenimento del potere da parte di un gruppo, può provocare danni ingentissimi alle società. Il fanatismo, il fondamentalismo, le pratiche contrarie alla dignità umana, non possono essere mai giustificati e lo possono essere ancora di meno se compiuti in nome della religione. La professione di una religione non può essere strumentalizzata, né imposta con la forza. Bisogna, allora, che gli Stati e le varie comunità umane non dimentichino mai che la libertà religiosa è condizione per la ricerca della verità e la verità non si impone con la violenza ma con "la forza della verità stessa".10 In questo senso, la religione è una forza positiva e propulsiva per la costruzione della società civile e politica.

Come negare il contributo delle grandi religioni del mondo allo sviluppo della civiltà? La sincera ricerca di Dio ha portato ad un maggiore rispetto della dignità dell’uomo. Le comunità cristiane, con il loro patrimonio di valori e principi, hanno fortemente contribuito alla presa di coscienza delle persone e dei popoli circa la propria identità e dignità, nonché alla conquista di istituzioni democratiche e all’affermazione dei diritti dell’uomo e dei suoi corrispettivi doveri.

Anche oggi i cristiani, in una società sempre più globalizzata, sono chiamati, non solo con un responsabile impegno civile, economico e politico, ma anche con la testimonianza della propria carità e fede, ad offrire un contributo prezioso al faticoso ed esaltante impegno per la giustizia, per lo sviluppo umano integrale e per il retto ordinamento delle realtà umane. L’esclusione della religione dalla vita pubblica sottrae a questa uno spazio vitale che apre alla trascendenza. Senza quest’esperienza primaria risulta arduo orientare le società verso principi etici universali e diventa difficile stabilire ordinamenti nazionali e internazionali in cui i diritti e le libertà fondamentali possano essere pienamente riconosciuti e realizzati, come si propongono gli obiettivi - purtroppo ancora disattesi o contraddetti - della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 1948.

Una questione di giustizia e di civiltà:
il fondamentalismo e l’ostilità contro i credenti
pregiudicano la laicità positiva degli Stati

8. La stessa determinazione con la quale sono condannate tutte le forme di fanatismo e di fondamentalismo religioso, deve animare anche l’opposizione a tutte le forme di ostilità contro la religione, che limitano il ruolo pubblico dei credenti nella vita civile e politica.

Non si può dimenticare che il fondamentalismo religioso e il laicismo sono forme speculari ed estreme di rifiuto del legittimo pluralismo e del principio di laicità. Entrambe, infatti, assolutizzano una visione riduttiva e parziale della persona umana, favorendo, nel primo caso, forme di integralismo religioso e, nel secondo, di razionalismo. La società che vuole imporre o, al contrario, negare la religione con la violenza, è ingiusta nei confronti della persona e di Dio, ma anche di se stessa. Dio chiama a sé l’umanità con un disegno di amore che, mentre coinvolge tutta la persona nella sua dimensione naturale e spirituale, richiede di corrispondervi in termini di libertà e di responsabilità, con tutto il cuore e con tutto il proprio essere, individuale e comunitario. Anche la società, dunque, in quanto espressione della persona e dell’insieme delle sue dimensioni costitutive, deve vivere ed organizzarsi in modo da favorirne l’apertura alla trascendenza. Proprio per questo, le leggi e le istituzioni di una società non possono essere configurate ignorando la dimensione religiosa dei cittadini o in modo da prescinderne del tutto. Esse devono commisurarsi - attraverso l’opera democratica di cittadini coscienti della propria alta vocazione - all’essere della persona, per poterlo assecondare nella sua dimensione religiosa. Non essendo questa una creazione dello Stato, non può esserne manipolata, dovendo piuttosto riceverne riconoscimento e rispetto.

L’ordinamento giuridico a tutti i livelli, nazionale e internazionale, quando consente o tollera il fanatismo religioso o antireligioso, viene meno alla sua stessa missione, che consiste nel tutelare e nel promuovere la giustizia e il diritto di ciascuno. Tali realtà non possono essere poste in balia dell’arbitrio del legislatore o della maggioranza, perché, come insegnava già Cicerone, la giustizia consiste in qualcosa di più di un mero atto produttivo della legge e della sua applicazione. Essa implica il riconoscere a ciascuno la sua dignità,11 la quale, senza libertà religiosa, garantita e vissuta nella sua essenza, risulta mutilata e offesa, esposta al rischio di cadere nel predominio degli idoli, di beni relativi trasformati in assoluti. Tutto ciò espone la società al rischio di totalitarismi politici e ideologici, che enfatizzano il potere pubblico, mentre sono mortificate o coartate, quasi fossero concorrenziali, le libertà di coscienza, di pensiero e di religione.

Dialogo tra istituzioni civili e religiose

9. Il patrimonio di principi e di valori espressi da una religiosità autentica è una ricchezza per i popoli e i loro ethos. Esso parla direttamente alla coscienza e alla ragione degli uomini e delle donne, rammenta l’imperativo della conversione morale, motiva a coltivare la pratica delle virtù e ad avvicinarsi l’un l’altro con amore, nel segno della fraternità, come membri della grande famiglia umana.12

Nel rispetto della laicità positiva delle istituzioni statali, la dimensione pubblica della religione deve essere sempre riconosciuta. A tal fine è fondamentale un sano dialogo tra le istituzioni civili e quelle religiose per lo sviluppo integrale della persona umana e dell'armonia della società.

Vivere nell’amore e nella verità

10. Nel mondo globalizzato, caratterizzato da società sempre più multi-etniche e multi-confessionali, le grandi religioni possono costituire un importante fattore di unità e di pace per la famiglia umana. Sulla base delle proprie convinzioni religiose e della ricerca razionale del bene comune, i loro seguaci sono chiamati a vivere con responsabilità il proprio impegno in un contesto di libertà religiosa. Nelle svariate culture religiose, mentre dev’essere rigettato tutto quello che è contro la dignità dell’uomo e della donna, occorre invece fare tesoro di ciò che risulta positivo per la convivenza civile.

Lo spazio pubblico, che la comunità internazionale rende disponibile per le religioni e per la loro proposta di "vita buona", favorisce l’emergere di una misura condivisibile di verità e di bene, come anche un consenso morale, fondamentali per una convivenza giusta e pacifica. I leader delle grandi religioni, per il loro ruolo, la loro influenza e la loro autorità nelle proprie comunità, sono i primi ad essere chiamati al rispetto reciproco e al dialogo.

I cristiani, da parte loro, sono sollecitati dalla stessa fede in Dio, Padre del Signore Gesù Cristo, a vivere come fratelli che si incontrano nella Chiesa e collaborano all’edificazione di un mondo dove le persone e i popoli "non agiranno più iniquamente né saccheggeranno […], perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare" (Is 11, 9).

Dialogo come ricerca in comune

11. Per la Chiesa il dialogo tra i seguaci di diverse religioni costituisce uno strumento importante per collaborare con tutte le comunità religiose al bene comune. La Chiesa stessa nulla rigetta di quanto è vero e santo nelle varie religioni. "Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini".13

Quella indicata non è la strada del relativismo, o del sincretismo religioso. La Chiesa, infatti, "annuncia, ed è tenuta ad annunciare, il Cristo che è «via, verità e vita» (Gv 14,6), in cui gli uomini devono trovare la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato con se stesso tutte le cose".14 Ciò non esclude tuttavia il dialogo e la ricerca comune della verità in diversi ambiti vitali, poiché, come recita un’espressione usata spesso da san Tommaso d’Aquino, "ogni verità, da chiunque sia detta, proviene dallo Spirito Santo".15

Nel 2011 ricorre il 25° anniversario della Giornata mondiale di preghiera per la pace, convocata ad Assisi nel 1986 dal Venerabile Giovanni Paolo II. In quell’occasione i leader delle grandi religioni del mondo hanno testimoniato come la religione sia un fattore di unione e di pace, e non di divisione e di conflitto. Il ricordo di quell’esperienza è un motivo di speranza per un futuro in cui tutti i credenti si sentano e si rendano autenticamente operatori di giustizia e di pace.

Verità morale nella politica e nella diplomazia

12. La politica e la diplomazia dovrebbero guardare al patrimonio morale e spirituale offerto dalle grandi religioni del mondo per riconoscere e affermare verità, principi e valori universali che non possono essere negati senza negare con essi la dignità della persona umana. Ma che cosa significa, in termini pratici, promuovere la verità morale nel mondo della politica e della diplomazia? Vuol dire agire in maniera responsabile sulla base della conoscenza oggettiva e integrale dei fatti; vuol dire destrutturare ideologie politiche che finiscono per soppiantare la verità e la dignità umana e intendono promuovere pseudo-valori con il pretesto della pace, dello sviluppo e dei diritti umani; vuol dire favorire un impegno costante per fondare la legge positiva sui principi della legge naturale.16 Tutto ciò è necessario e coerente con il rispetto della dignità e del valore della persona umana, sancito dai Popoli della terra nella Carta dell’Organizzazione delle Nazioni Unite del 1945, che presenta valori e principi morali universali di riferimento per le norme, le istituzioni, i sistemi di convivenza a livello nazionale e internazionale.

Oltre l’odio e il pregiudizio

13. Nonostante gli insegnamenti della storia e l’impegno degli Stati, delle Organizzazioni internazionali a livello mondiale e locale, delle Organizzazioni non governative e di tutti gli uomini e le donne di buona volontà che ogni giorno si spendono per la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali, nel mondo ancora oggi si registrano persecuzioni, discriminazioni, atti di violenza e di intolleranza basati sulla religione. In particolare, in Asia e in Africa le principali vittime sono i membri delle minoranze religiose, ai quali viene impedito di professare liberamente la propria religione o di cambiarla, attraverso l’intimidazione e la violazione dei diritti, delle libertà fondamentali e dei beni essenziali, giungendo fino alla privazione della libertà personale o della stessa vita.

Vi sono poi - come ho già affermato - forme più sofisticate di ostilità contro la religione, che nei Paesi occidentali si esprimono talvolta col rinnegamento della storia e dei simboli religiosi nei quali si rispecchiano l’identità e la cultura della maggioranza dei cittadini. Esse fomentano spesso l’odio e il pregiudizio e non sono coerenti con una visione serena ed equilibrata del pluralismo e della laicità delle istituzioni, senza contare che le nuove generazioni rischiano di non entrare in contatto con il prezioso patrimonio spirituale dei loro Paesi.

La difesa della religione passa attraverso la difesa dei diritti e delle libertà delle comunità religiose. I leader delle grandi religioni del mondo e i responsabili delle Nazioni rinnovino, allora, l’impegno per la promozione e la tutela della libertà religiosa, in particolare per la difesa delle minoranze religiose, le quali non costituiscono una minaccia contro l’identità della maggioranza, ma sono al contrario un’opportunità per il dialogo e per il reciproco arricchimento culturale. La loro difesa rappresenta la maniera ideale per consolidare lo spirito di benevolenza, di apertura e di reciprocità con cui tutelare i diritti e le libertà fondamentali in tutte le aree e le regioni del mondo.

Libertà religiosa nel mondo

14. Mi rivolgo, infine, alle comunità cristiane che soffrono persecuzioni, discriminazioni, atti di violenza e intolleranza, in particolare in Asia, in Africa, nel Medio Oriente e specialmente nella Terra Santa, luogo prescelto e benedetto da Dio. Mentre rinnovo ad esse il mio affetto paterno e assicuro la mia preghiera, chiedo a tutti i responsabili di agire prontamente per porre fine ad ogni sopruso contro i cristiani, che abitano in quelle regioni. Possano i discepoli di Cristo, dinanzi alle presenti avversità, non perdersi d’animo, perché la testimonianza del Vangelo è e sarà sempre segno di contraddizione.

Meditiamo nel nostro cuore le parole del Signore Gesù: "Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati […]. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati [...]. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli" (Mt 5,4-12). Rinnoviamo allora "l’impegno da noi assunto all’indulgenza e al perdono, che invochiamo nel Pater noster da Dio, per aver noi stessi posta la condizione e la misura della desiderata misericordia. Infatti, preghiamo così: «Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori» (Mt 6,12)".17 La violenza non si supera con la violenza. Il nostro grido di dolore sia sempre accompagnato dalla fede, dalla speranza e dalla testimonianza dell’amore di Dio. Esprimo anche il mio auspicio affinché in Occidente, specie in Europa, cessino l’ostilità e i pregiudizi contro i cristiani per il fatto che essi intendono orientare la propria vita in modo coerente ai valori e ai principi espressi nel Vangelo. L’Europa, piuttosto, sappia riconciliarsi con le proprie radici cristiane, che sono fondamentali per comprendere il ruolo che ha avuto, che ha e che intende avere nella storia; saprà, così, sperimentare giustizia, concordia e pace, coltivando un sincero dialogo con tutti i popoli.

Libertà religiosa, via per la pace

15. Il mondo ha bisogno di Dio. Ha bisogno di valori etici e spirituali, universali e condivisi, e la religione può offrire un contributo prezioso nella loro ricerca, per la costruzione di un ordine sociale giusto e pacifico, a livello nazionale e internazionale.

La pace è un dono di Dio e al tempo stesso un progetto da realizzare, mai totalmente compiuto. Una società riconciliata con Dio è più vicina alla pace, che non è semplice assenza di guerra, non è mero frutto del predominio militare o economico, né tantomeno di astuzie ingannatrici o di abili manipolazioni. La pace invece è risultato di un processo di purificazione ed elevazione culturale, morale e spirituale di ogni persona e popolo, nel quale la dignità umana è pienamente rispettata. Invito tutti coloro che desiderano farsi operatori di pace, e soprattutto i giovani, a mettersi in ascolto della propria voce interiore, per trovare in Dio il riferimento stabile per la conquista di un’autentica libertà, la forza inesauribile per orientare il mondo con uno spirito nuovo, capace di non ripetere gli errori del passato. Come insegna il Servo di Dio Paolo VI, alla cui saggezza e lungimiranza si deve l’istituzione della Giornata Mondiale della Pace: "Occorre innanzi tutto dare alla Pace altre armi, che non quelle destinate ad uccidere e a sterminare l'umanità. Occorrono sopra tutto le armi morali, che danno forza e prestigio al diritto internazionale; quelle, per prime, dell’osservanza dei patti".18 La libertà religiosa è un’autentica arma della pace, con una missione storica e profetica. Essa infatti valorizza e mette a frutto le più profonde qualità e potenzialità della persona umana, capaci di cambiare e rendere migliore il mondo. Essa consente di nutrire la speranza verso un futuro di giustizia e di pace, anche dinanzi alle gravi ingiustizie e alle miserie materiali e morali. Che tutti gli uomini e le società ad ogni livello ed in ogni angolo della Terra possano presto sperimentare la libertà religiosa, via per la pace!

Dal Vaticano, 8 dicembre 2010

BENEDICTUS PP XVI

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1 Cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 29.55-57.

2 Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis humanae, 2.

3 Cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 78.

4 Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane Nostra aetate, 1.

5 Id., Dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis humanae, 7.

6 Benedetto XVI, Discorso all’Assemblea Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (18 aprile 2008): AAS 100 (2008), 337.

7 Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis humanae, 2

8 Giovanni Paolo II, Discorso ai Partecipanti all’Assemblea Parlamentare dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) (10 ottobre 2003), 1: AAS 96 (2004), 111.

9 Cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 11.

10 Cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 11.

11 Cfr Cicerone, De inventione, II, 160.

12 Cfr Benedetto xvi, Discorso ai Rappresentanti di altre Religioni del Regno Unito (17 settembre 2010): L’Osservatore Romano (18 settembre 2010), p. 12.

13 Conc. Ecum. Vat. II, Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane Nostra aetate, 2.

14 Ibidem.

15 Super evangelium Joannis, I, 3.

16 Cfr Benedetto xvi, Discorso alle Autorità civili e al Corpo diplomatico a Cipro (5 giugno 2010): L’Osservatore Romano (6 giugno 2010), p. 8; COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Alla ricerca di un’etica universale: uno sguardo sulla legge naturale, Città del Vaticano 2009.

17 Paolo VI, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1976: AAS 67 (1975), 671.

18 Ibid., p. 668.
+PetaloNero+
00venerdì 17 dicembre 2010 00:41
Discorso del Papa al presidente della Federazione Luterana Mondiale
Ricevendo una delegazione luterana questo giovedì in Vaticano



CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 16 dicembre 2010 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito il discorso che Papa Benedetto XVI ha rivolto questo giovedì a una delegazione della Federazione Luterana Mondiale, guidata dal suo presidente, Munib A. Younan.

* * *

Caro Vescovo Younan, cari amici luterani,

sono felice di salutare voi, rappresentanti della Federazione Luterana Mondiale, in occasione della vostra visita ufficiale a Roma. Porgo i miei cordiali migliori auspici al Vescovo Munib Younan e al Reverendo Martin Junge per le loro elezioni rispettivamente a Presidente e a Segretario Generale, insieme con le mie preghiere per il loro mandato.

Cinque anni fa, all'inizio del mio pontificato, ho avuto la gioia di ricevere i vostri predecessori e di esprimere la mia speranza che i contatti stretti e il dialogo intenso che hanno caratterizzato le relazioni ecumeniche fra cattolici e luterani continuino a recare frutti abbondanti. Con gratitudine possiamo valutare i frutti numerosi e significativi prodotti da questi decenni di dibattiti bilaterali. Con l'aiuto di Dio è stato possibile lentamente e con pazienza rimuovere le barriere e promuovere i vincoli visibili di unità per mezzo del dialogo teologico e della cooperazione pratica, in particolare a livello di comunità locali.

Lo scorso anno è stato celebrato il decimo anniversario della firma della Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, che si è dimostrata un passo importante lungo il difficile cammino verso il ripristino della piena unità fra cristiani e uno stimolo a un ulteriore dibattito ecumenico. In questi anni che portano al cinquecentesimo anniversario degli eventi del 1517, cattolici e luterani sono chiamati a riflettere di nuovo su dove il nostro cammino verso l'unità ci ha condotto e a implorare la guida e l'aiuto del Signore per il futuro. Sono lieto di osservare che, per l'occasione, la Commissione internazionale luterano-cattolica per l'unità sta preparando un testo congiunto che documenterà che cosa i luterani e i cattolici, a questo punto, sono in grado di affermare insieme a proposito delle loro relazioni più strette dopo quasi cinque secoli di separazione. Per spiegare ulteriormente l'idea di Chiesa, che è il punto focale del dialogo ecumenico oggi, la Commissione sta studiando il seguente tema: Battesimo e crescente comunione ecclesiale. Spero che queste attività ecumeniche offrano nuove occasioni ai cattolici e ai luterani di crescere avvicinandosi di più nella vita, nella testimonianza del Vangelo e nei loro sforzi per portare la luce di Cristo in tutte le dimensioni della società.

In questi giorni di gioiosa preparazione per la celebrazione del Natale, affidiamoci gli uni agli altri e affidiamo la nostra ricerca comune di unità al Signore, il quale è la novità autentica che supera tutte le nostre umane aspettative (cfr. Ireneo, Adv. Haer., iv, 34, 1).

Che la pace e la gioia di questo tempo di Natale sia con tutti voi.

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana, traduzione a cura de “L'Osservatore Romano”]








Il Papa al Card. Ravasi per la XV seduta pubblica delle Pontificie Accademie

CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 16 dicembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il testo del messaggio che Papa Benedetto XVI ha inviato al Cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e del Consiglio di Coordinamento tra Accademie Pontificie, in occasione della quindicesima seduta pubblica delle Pontificie Accademie, diffuso da “L'Osservatore Romano”.

* * *

Al Venerato Fratello il Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura

In occasione della xv Seduta Pubblica delle Pontificie Accademie sono lieto di farLe pervenire il mio cordiale saluto, che volentieri estendo ai Presidenti e agli Accademici, in particolare a Lei, Venerato Fratello, che presiede il Consiglio di Coordinamento. Rivolgo altresì il mio saluto ai Signori Cardinali, ai Vescovi, ai Sacerdoti, ai Religiosi e alle Religiose, ai Signori Ambasciatori e a tutti i partecipanti a questo appuntamento annuale.

Quindici anni or sono, il Venerabile Giovanni Paolo ii istituì il Consiglio di Coordinamento e il Premio delle Pontificie Accademie offrendo un significativo incoraggiamento e un consistente impulso allo sviluppo delle loro attività. Ora, valutando attentamente quanto è stato fatto, occorre sollecitare ulteriormente il cammino di rinnovamento di tutte e ciascuna le Pontificie Accademie, affinché, in modo sempre più efficace, possano offrire alla Sede Apostolica e a tutta la Chiesa il loro contributo. Chiedo pertanto a Lei, Venerato Fratello, di seguire con particolare cura il percorso di ciascuna Istituzione, promuovendo, al tempo stesso, un processo di reciproco sostegno e di crescente collaborazione.

La xv Seduta Pubblica è stata preparata dalla Pontificia Accademia Mariana Internazionale e dalla Pontificia Accademia dell'Immacolata, le quali molto opportunamente hanno voluto che in questa solenne adunanza fosse ricordato il 60° anniversario della Proclamazione del Dogma dell'Assunzione di Maria, proponendo il tema: «L'Assunzione di Maria, segno di consolazione e di sicura speranza». Il 1° novembre 1950, infatti, durante un memorabile Giubileo, il Venerabile Pio xii, promulgando la Costituzione Apostolica Munificentissimus Deus, proclamava solennemente, in Piazza San Pietro, tale Dogma. Qualche anno prima, nel 1946, Padre Carlo Bali{l-cacute}, o.f.m., aveva fondato l'Accademia Mariana Internazionale proprio per sostenere e coordinare il movimento assunzionista.

Nel difficile e delicato momento storico che seguì la conclusione della seconda guerra mondiale, Pio xii, con quel gesto solenne, volle additare non solo ai cattolici, ma a tutti gli uomini e le donne di buona volontà la singolare figura di Maria come modello e paradigma della nuova umanità redenta da Cristo: «Vi è da sperare — egli affermava — che tutti coloro che mediteranno i gloriosi esempi di Maria abbiano a persuadersi sempre meglio del valore della vita umana [...] e che sia posto dinanzi agli occhi di tutti in modo luminosissimo a quale eccelso fine le anime e i corpi siano destinati; che infine la fede nella corporea Assunzione di Maria al Cielo renda più ferma e più operosa la fede nella nostra risurrezione» (Munificentissimus Deus: AAS 42, 1950, 753-771). Ritengo quanto mai attuali questi auspici, e anch'io invito tutti voi a lasciarvi guidare da Maria per essere annunciatori e testimoni della speranza che scaturisce dalla contemplazione dei Misteri di Cristo, morto e risorto per la nostra salvezza.

Maria, infatti, come insegna il Concilio Vaticano ii nella Costituzione dogmatica Lumen gentium, è segno di speranza certa e di consolazione per il Popolo di Dio pellegrino nella storia: «La madre di Gesù, come in cielo, glorificata ormai nel corpo e nell'anima, è l'immagine e la primizia della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell'età futura, così sulla terra brilla come un segno di sicura speranza e di consolazione per il popolo di Dio in cammino, fino a quando non verrà il giorno del Signore (cfr. 2 Pt 3, 10)» (n. 68). Nella Lettera Enciclica Spe salvi, dedicata alla speranza cristiana, non potevo non richiamare il particolare ruolo di Maria nel sostenere e guidare il cammino dei credenti verso la patria del Cielo. Mi sono rivolto a lei, invocandola come Stella della speranza per la Chiesa e per tutta l'umanità (cfr. n. 49). Maria è la stella splendente di luce e di bellezza, che annuncia e anticipa il nostro futuro, la condizione definitiva a cui Dio, Padre ricco di misericordia, ci chiama.

I Padri e i Dottori della Chiesa, facendosi eco anche del comune sentire dei fedeli e riflettendo su ciò che la liturgia celebrava, hanno proclamato il singolare privilegio di Maria, hanno illustrato la sua luminosa bellezza, che sostiene e nutre la nostra speranza.

San Giovanni Damasceno, che dedicò all'Assunzione di Maria tre magnifici Sermoni, tenuti a Gerusalemme intorno all'anno 740 presso quella che la tradizione indica come la Tomba di Maria, così afferma: «La tua anima, infatti, non discese agli inferi; la tua carne non vide la corruzione. Il tuo corpo immacolato e totalmente bello non rimase nella terra, al contrario, tu siedi sul trono nel regno celeste come regina, signora, dominatrice, la Madre di Dio, la vera genitrice di Dio assunta» (Omelia i sulla Dormizione: PG 96, 719).

A questa voce della Chiesa d'Oriente fa eco, tra le tante dell'Occidente latino, quella del cantore di Maria, san Bernardo di Chiaravalle, il quale così evoca l'Assunzione: «La nostra Regina ci ha preceduto; ci ha preceduto ed è stata ricevuta così festosamente, che con fiducia i servi possono seguire la loro Signora dicendo: Portaci con te, correremo dietro l'odore dei tuoi profumi (Ct 1, 3). La nostra umanità pellegrina ha mandato innanzi la sua Avvocata che, essendo Madre del Giudice e Madre di misericordia, potrà trattare con devozione ed efficacia la causa della nostra salvezza. La nostra terra ha inviato oggi al cielo un prezioso regalo affinché, dando e ricevendo, si uniscano in un felice scambio di amicizia l'umano al divino, il terreno al celeste, l'infimo al sommo [...] È la Regina dei cieli, è misericordiosa, è la Madre del Figlio unigenito di Dio» (In assumptione B.M.V, Sermo i: PL 183, 415).

Percorrendo, allora, quella via pulchritudinis che il Servo di Dio Paolo vi indicò come fecondo itinerario di ricerca teologica e mariologica, vorrei notare la profonda sintonia tra il pensiero teologico e mistico, la liturgia, la devozione mariana e le opere d'arte, che, con lo splendore dei colori e delle forme, cantano il mistero dell'Assunzione di Maria e la sua gloria celeste accanto al Figlio. Tra quest'ultime, vi invito ad ammirarne due particolarmente significative in Roma: i mosaici absidali delle basiliche mariane di S. Maria Maggiore e di S. Maria in Trastevere.

Riflessione teologica e spirituale, liturgia, devozione mariana, rappresentazione artistica formano davvero un tutt'uno, un messaggio completo ed efficace, capace di suscitare la meraviglia degli occhi, di toccare il cuore e di provocare l'intelligenza ad una comprensione ancora più profonda del mistero di Maria, in cui vediamo chiaramente riflesso e annunziato il nostro destino, la nostra speranza.

Colgo, pertanto, questa occasione per invitare gli studiosi di Teologia e di Mariologia a percorrere la via pulchritudinis ed auspico che, anche ai nostri giorni, grazie a una maggiore collaborazione tra teologi, liturgisti e artisti, si possano offrire all'ammirazione e alla contemplazione di tutti, messaggi incisivi ed efficaci.

Per incoraggiare quanti vogliono offrire il proprio contributo alla promozione e alla realizzazione di un nuovo umanesimo cristiano, accogliendo la proposta formulata dal Consiglio di Coordinamento, sono lieto di assegnare ex aequo il Premio delle Pontificie Accademie Ecclesiastiche alla «Marian Academy of India», giovane e attiva società mariologica-mariana che ha sede a Bangalore, in India — rappresentata dal suo Presidente il Rev. Kulandaisamy Rayar —, e al Prof. Luís Alberto Esteves dos Santos Casimiro per la sua poderosa Dissertazione dottorale dal titolo A Anunciação do Senhor na pintura quinhentista portuguesa (1500-1550). Análise geométrica, iconográfica e significado iconológico.

Desidero, inoltre che, come segno di apprezzamento e di incoraggiamento, si offra la Medaglia del Pontificato al Gruppo «Gen Verde», espressione del Movimento dei Focolari, per il suo impegno artistico fortemente impregnato dei valori evangelici e aperto al dialogo tra i popoli e le culture.

Augurando, infine, a voi un impegno sempre più appassionato nei rispettivi campi di attività, affido ciascuno di voi e il vostro lavoro alla materna protezione della Vergine Maria, la Tota Pulchra, la Stella della Speranza, e di cuore imparto a Lei, Signor Cardinale, e a tutti i presenti una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano 15 dicembre 2010

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+PetaloNero+
00venerdì 17 dicembre 2010 15:39
Omelia di Benedetto XVI per i Vespri con gli universitari di Roma


CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 17 dicembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'omelia pronunciata questo giovedì da Benedetto XVI nel presiedere nella Basilica Vaticana la celebrazione dei Vespri con gli universitari di Roma in preparazione al Natale.


* * *

"Siate costanti, fratelli, fino alla venuta del Signore" (Gc 5,7).

Con queste parole l’apostolo Giacomo ci ha introdotto nel cammino di immediata preparazione al Santo Natale che, in questa Liturgia vespertina, ho la gioia di iniziare con voi, cari studenti e illustri docenti degli Atenei di Roma. A tutti rivolgo il mio saluto cordiale, in particolare al consistente gruppo di coloro che si preparano a ricevere la Cresima, ed esprimo il mio vivo apprezzamento per l’impegno che ponete nell’animazione cristiana della cultura della nostra Città. Ringrazio il Magnifico Rettore dell’Università di Roma Tor Vergata, Prof. Renato Lauro, per le parole augurali che a nome di tutti voi mi ha rivolto. Uno speciale e deferente saluto rivolgo al Cardinale Vicario e alle varie Autorità accademiche e istituzionali.

L’invito dell’Apostolo ci indica la strada che conduce a Betlemme liberando il nostro cuore da ogni fermento di insofferenza e di falsa attesa, che può sempre annidarsi in noi se dimentichiamo che Dio è già venuto, è già operante nella nostra storia personale e comunitaria e chiede di essere accolto. Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe si è rivelato, ha mostrato il suo volto e ha preso dimora nella nostra carne, in Gesù, figlio di Maria - vero Dio e vero uomo - che incontreremo ancora una volta nella Grotta di Betlemme. Tornare lì, in quel luogo umile e angusto, non è un semplice itinerario ideale: è il cammino che siamo chiamati a percorrere sperimentando nell’oggi la vicinanza di Dio e la sua azione che rinnova e sostiene la nostra esistenza. La pazienza e la costanza cristiana - di cui parla san Giacomo - non sono sinonimo di apatia o di rassegnazione, ma sono virtù di chi sa che può e deve costruire, non sulla sabbia, ma sulla roccia; virtù di chi sa rispettare i tempi e i modi della condizione umana e, perciò, evita di offuscare le attese più profonde dell’animo con speranze utopistiche o fugaci, che poi deludono.

"Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra" (Gc 5,7). Cari amici, a noi, immersi in una società sempre più dinamica, può suonare sorprendente questo invito che fa riferimento al mondo rurale, ritmato dai tempi della natura. Ma il paragone scelto dall’Apostolo ci chiama a volgere lo sguardo al vero ed unico "agricoltore", il Dio di Gesù Cristo, al suo mistero più profondo che si è rivelato nell’Incarnazione del Figlio. Infatti, il Creatore di tutte le cose non è un despota che ordina e interviene con potenza nella storia, ma piuttosto è come l’agricoltore che semina, fa crescere e fa portare frutto. Anche l’uomo può essere, con Lui, un buon agricoltore, che ama la storia e la costruisce in profondità, riconoscendo e contribuendo a far crescere i semi di bene che il Signore ha donato. Andiamo dunque anche noi verso Betlemme con lo sguardo rivolto al Dio paziente e fedele, che sa aspettare, che sa fermarsi, che sa rispettare i tempi della nostra esistenza. Quel Bambino che incontreremo è la manifestazione piena del mistero dell’amore di Dio che ama donando la vita, che ama in modo disinteressato, che ci insegna ad amare e che chiede solo di essere amato.

"Rinfrancate i vostri cuori". Il cammino verso la Grotta di Betlemme è un itinerario di liberazione interiore, un’esperienza di libertà profonda, perché ci spinge ad uscire da noi stessi e ad andare verso Dio che si è fatto a noi vicino, che rinfranca i nostri cuori con la sua presenza e con il suo amore gratuito, che ci precede e ci accompagna nelle nostre scelte quotidiane, che ci parla nel segreto del cuore e nelle Sacre Scritture. Egli vuole infondere coraggio alla nostra vita, specialmente nei momenti in cui ci sentiamo stanchi e affaticati e abbiamo bisogno di ritrovare la serenità del cammino e sentirci con gioia pellegrini verso l’eternità.

"La venuta del Signore è vicina". E’ l’annuncio che riempie di emozione e di stupore questa celebrazione, e che rende il nostro passo veloce e spedito verso la Grotta. Il Bambino che troveremo, tra Maria e Giuseppe, è il Logos-Amore, la Parola che può dare consistenza piena alla nostra vita. Dio ci ha aperto i tesori del suo profondo silenzio e con la sua Parola si è comunicato a noi. A Betlemme si incontrano l’oggi di Dio e l’oggi dell’uomo, per iniziare insieme un cammino di dialogo e di intensa comunione di vita.

Cari amici delle Università di Roma, a voi, che percorrete il cammino affascinante ed impegnativo della ricerca e della elaborazione culturale, il Verbo Incarnato domanda di condividere con Lui la pazienza del "costruire". Costruire la propria esistenza, costruire la società, non è opera che possa essere realizzata da menti e cuori distratti e superficiali. Occorrono una profonda azione educativa e un continuo discernimento, che devono coinvolgere tutta la comunità accademica, favorendo quella sintesi tra formazione intellettuale, disciplina morale e impegno religioso che il beato John Henry Newman aveva proposto nella sua "Idea di Università". Nei nostri tempi si avverte il bisogno di una nuova classe di intellettuali capaci di interpretare le dinamiche sociali e culturali offrendo soluzioni non astratte, ma concrete e realistiche. L’Università è chiamata a svolgere questo ruolo insostituibile e la Chiesa se ne fa convinta e fattiva sostenitrice. La Chiesa di Roma, in particolare, è da molti anni impegnata nel sostenere la vocazione dell’Università e a servirla con il contributo semplice e discreto di tanti sacerdoti che operano nelle cappellanie e nelle realtà ecclesiali. Ancora una volta esprimo il mio apprezzamento al Cardinale Vicario e ai suoi collaboratori per il programma di pastorale universitaria che, quest’anno, in sintonia con il progetto diocesano, è ben sintetizzato dal tema: "Ite, missa est… nel cortile dei gentili". Il saluto al termine della celebrazione eucaristica – "Ite, missa est" – invita tutti ad essere testimoni di quella carità che trasforma la vita dell’uomo e così innesta nella società il germe della civiltà dell’amore. Il vostro programma di offrire alla città di Roma una cultura a servizio dello sviluppo integrale della persona umana, come ho indicato nell’Enciclica Caritas in veritate, è un concreto esempio del vostro impegno a promuovere comunità accademiche nelle quali si matura e si esercita quella che Giovanni Battista Montini, Assistente della FUCI, chiamava "la carità intellettuale".

La comunità universitaria romana, con la sua ricchezza di istituzioni statali, private, cattoliche e pontificie, è chiamata ad un compito storico notevole: quello di superare precomprensioni e pregiudizi che talvolta impediscono lo sviluppo di una cultura autentica. Lavorando in sinergia, in particolare con le Facoltà teologiche, le Università romane possono indicare che è possibile un nuovo dialogo e una nuova collaborazione tra la fede cristiana e i diversi saperi, senza confusione e senza separazione, ma condividendo la medesima aspirazione a servire l’uomo nella sua pienezza. Auspico che il prossimo Simposio internazionale sul tema "L’Università e la sfida dei saperi: verso quale futuro?", possa costituire una significativa tappa in questo rinnovato cammino di ricerca e di impegno. In tale prospettiva desidero incoraggiare anche le iniziative promosse dalla Direzione generale della Cooperazione allo sviluppo del Ministero per gli Affari Esteri, che ha coinvolto Università di tutti i continenti, da ultimo anche quelle del Medio Oriente, qui rappresentate da alcuni Rettori.

Cari giovani universitari, è risuonato in questa assemblea il ricordo della Croce delle Giornate Mondiali della Gioventù. Al termine della celebrazione, la delegazione universitaria africana consegnerà l’Icona di Maria Sedes Sapientiae alla delegazione universitaria spagnola. Inizierà così il pellegrinaggio di questa effigie mariana in tutte le Università di Spagna, un segno che ci orienta verso l’incontro del prossimo mese di agosto a Madrid. E’ molto importante la presenza di giovani universitari preparati e desiderosi di comunicare ai propri coetanei la fecondità della fede cristiana non solo in Europa, ma in tutto il mondo. Con Maria che ci precede nel nostro cammino di preparazione, vi do appuntamento a Madrid e confido molto sul vostro generoso e creativo impegno. A lei, Sedes Sapientiae, affido l’intera comunità universitaria romana. Con lei apprestiamoci ad incontrare il Bambino nella Grotta di Betlemme: è il Signore che viene per noi! Amen.

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]








Messaggio di Benedetto XVI per l'apertura del Giubileo di Napoli

CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 17 dicembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il messaggio che Benedetto XVI ha inviato al Cardinale Crescenzio Sepe, Arcivescovo di Napoli, in occasione dell'apertura il 16 dicembre dello speciale anno giubilare indetto dall'arcidiocesi partenopea.


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Al Venerato Fratello Cardinale Crescenzio Sepe

Arcivescovo Metropolita di Napoli

Desidero esprimerLe, venerato Fratello, il mio compiacimento per la sollecitudine da Lei manifestata in molti modi verso l'amata Chiesa di Napoli, la cui storia si arricchisce ora di un ulteriore significativo capitolo con l'apertura di uno speciale Anno Giubilare, a dieci anni dal Grande Giubileo dell'Anno Duemila.

Serbo ancora caro nel mio cuore il vivo ricordo della Visita Pastorale del 21 novembre 2007, sempre grato al popolo napoletano per l'abbraccio affettuoso con il quale mi ha accolto. Codesta Comunità diocesana ha un patrimonio religioso prezioso, che esige la coerenza della fedeltà e il coraggio della testimonianza. Nel solco di questa ricca tradizione è fiorita abbondante la santità cristiana, esprimendosi in figure celebri che hanno lasciato una traccia profonda nella Chiesa e nella società. Da questi fulgidi esempi deriva la consegna a continuare in questa vostra Terra tale storia di fede e di carità, operando con pari vigore e slancio apostolico. Certo, il contesto socio-culturale è oggi assai diverso rispetto al passato e, se è dato di gioire nel Signore per la fede genuina e perseverante di tanti cristiani, è doloroso constatare il diffondersi di una visione secolaristica della vita e l'irruenza di mali che affliggono il consorzio civile, insidiato dall'individualismo.

In questa atmosfera si verifica anche l'influsso di modelli negativi e devianti, che incidono fortemente sulla vita familiare e sociale, in particolare, sulle nuove generazioni. Desidero ribadire, pertanto, l'urgenza della formazione umana e cristiana dei ragazzi e dei giovani, perché essi sono gravemente esposti ai rischi della devianza. Occorre formare uomini e donne di forte personalità, di solida fede e di coerente vita cristiana. Esorto i genitori a far conoscere Gesù e il suo messaggio ai figli, fin da piccoli, con i segni e le parole che la comunità cristiana ha da sempre suggerito e praticato. Il futuro dipende in gran parte dalla riuscita di questo impegno formativo integrale.

Nei diversi ambienti di vita, i cristiani sono chiamati ad essere operatori di verità e testimoni coraggiosi del Vangelo; ciascuno può e deve adoperarsi a far sì che i valori spirituali ed etici, tradotti in stile di vita, offrano un contributo determinante all'edificazione di una società più giusta e fraterna. Occorrerà allora impegnarsi per assicurare, con l'ispirazione e la forza che vengono da Dio, rapporti di autentica carità, che si esprimano in forme concrete di solidarietà e di servizio, in modo da mostrare esempi di vita alternativi, accessibili a tutti e, nello stesso tempo, emblematici. Così si potrà rafforzare la consapevolezza che anche oggi, come sempre, il seme del Regno di Dio è presente ed è attivo: un seme carico di avvenire, capace, se accolto in modo personale e generoso, di trasformare anche le situazioni più difficili e di rinnovare il cuore ed il volto di Napoli.

Venerato Fratello, affido i buoni propositi di questo Anno Giubilare diocesano alla Madonna del Carmine, protettrice della Città partenopea. La Vergine Maria, Madre della Santa Speranza, e il venerato Vescovo e Martire san Gennaro, incoraggino e sostengano gli sforzi comuni, affinché Napoli ritrovi lo splendore dei suoi tempi migliori. Con questi voti, imparto di cuore a Lei ed all'intera comunità diocesana e cittadina una speciale Benedizione Apostolica, propiziatrice di pace e di spirituale fervore.

Dal Vaticano, 14 dicembre 2010

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LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

S.E. il Sig. Francesco Maria Greco, Ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali;

il Prof. Carl A. Anderson, Cavaliere Supremo dei Cavalieri di Colombo, con:

S.E. Mons. William Edward Lori, Vescovo di Bridgeport (Stati Uniti d’America);

Em.mo Card. Agostino Vallini, Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma.

Il Papa riceve questa mattina in Udienza:

Delegazione del Sud Tirolo, per il dono dell’albero di Natale in Piazza San Pietro.

Il Santo Padre riceve questo pomeriggio in Udienza:

Em.mo Card. Marc Ouellet, P.S.S., Prefetto della Congregazione per i Vescovi.







RINUNCE E NOMINE

NOMINA DEL VESCOVO DI DAMONGO (GHANA)

Il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato Vescovo di Damongo (Ghana) il Rev.do Mons. Peter Paul Angkyier, già Vicario generale e Consultore diocesano di Damongo.

Rev.do Mons. Peter Paul Angkyier

Il Rev.do Mons. Peter Paul Angkyier è nato il 26 novembre 1961 a Nandon, nel distretto di Wa dell’Upper West Region, diocesi di Wa. Ha frequentato il Seminario Minore St. Charles di Tamale (1977-1984), e successivamente ha completato gli studi di Filosofia e Teologia presso il Seminario Maggiore St. Victor di Tamale.

È stato ordinato sacerdote il 15 agosto 1992 ed incardinato nell’arcidiocesi di Tamale, prima di passare alla diocesi di Damongo al momento della sua creazione (1995).

Dopo l’ordinazione sacerdotale ha svolto i seguenti incarichi: 1992-1993: Vicario parrocchiale nella parrocchia dei "Martyrs of Uganda" a Bole; 1993-1994: Parroco della parrocchia di St. Anne; 1994-1996: Cappellano degli studenti africani presso l’Arcidiocesi di Vienna, in Austria; 1996-2000: Studi per la Licenza in Psicologia Religiosa presso l’Università Gregoriana a Roma; 2000-2003: Insegnante e Direttore spirituale presso il Seminario Maggiore St. Augustine di Tamale; 2002-2009: Vicario generale di Damongo e professore al Seminario Maggiore di St. Augustine.














LE LETTERE CREDENZIALI DELL’AMBASCIATORE D’ITALIA PRESSO LA SANTA SEDE

Alle ore 11 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza S.E. il Signor Francesco Maria Greco, Ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto al nuovo ambasciatore, nonché i cenni biografici essenziali di S.E. il Signor Francesco Maria Greco:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signor Ambasciatore,

sono lieto di accogliere le Lettere con le quali il Presidente della Repubblica Italiana La accredita Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario presso la Santa Sede. Nel ringraziarLa per le nobili espressioni che mi ha indirizzato, il mio pensiero si estende al Capo dello Stato, alle altre Autorità e a tutto il caro Popolo italiano. Continuamente ho l’occasione di constatare come sia forte la consapevolezza dei particolari vincoli fra la Sede di Pietro e l’Italia, che trovano significativa espressione sia nell’attenzione che le Autorità civili hanno per il Successore del Principe degli Apostoli e per la Santa Sede, sia nell’affetto che la gente d’Italia mi dimostra con tanto entusiasmo qui a Roma e durante i viaggi che compio nel Paese, come è avvenuto anche di recente in occasione della mia visita a Palermo. Vorrei assicurare che la mia preghiera accompagna da vicino le vicende liete e tristi dell’Italia, per la quale chiedo al Datore di ogni bene di conservarle il tesoro prezioso della fede cristiana e di concederle i doni della concordia e della prosperità.

In questa felice circostanza Le porgo, col mio cordiale benvenuto, un fervido augurio per l’impegnativa missione che Ella oggi ufficialmente assume. Infatti, l’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede - la cui prestigiosa sede, legata anche alla memoria di san Carlo Borromeo, ho potuto visitare due anni or sono - costituisce un importante punto di raccordo per i rapporti di intensa collaborazione che intercorrono fra la Santa Sede e l’Italia, non solo dal punto di vista bilaterale, ma anche nel più ampio contesto della vita internazionale. Inoltre, la Rappresentanza diplomatica, di cui Ella assume la guida, offre un valido contributo allo sviluppo di armoniosi rapporti fra la comunità civile e quella ecclesiale nel Paese, e presta pure preziosi servizi al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Sono certo che sotto la Sua guida questa intensa attività proseguirà con rinnovato slancio, e già da ora esprimo a Lei e ai Suoi collaboratori la mia viva riconoscenza.

Come Ella ha ricordato, hanno preso avvio le celebrazioni per il 150° anniversario dell’unità d’Italia, occasione per una riflessione non solo di tipo commemorativo, ma anche di carattere progettuale, assai opportuna nella difficile fase storica attuale, nazionale ed internazionale. Sono lieto che anche i Pastori e le varie componenti della Comunità ecclesiale siano attivamente coinvolti nella rievocazione del processo di unificazione della Nazione iniziato nel 1861.

Ora, uno degli aspetti più rilevanti di quel lungo, a volte faticoso e contrastato, cammino, che ha condotto all’odierna fisionomia dello Stato italiano, è costituito dalla ricerca di una corretta distinzione e di giuste forme di collaborazione fra la comunità civile e quella religiosa, esigenza tanto più sentita in un Paese come l’Italia, la cui storia e cultura sono così profondamente segnate dalla Chiesa cattolica e nella cui capitale ha la sua sede episcopale il Capo visibile di tale Comunità, diffusa in tutto il mondo. Queste caratteristiche, che da secoli fanno parte del patrimonio storico e culturale dell’Italia, non possono essere negate, dimenticate o emarginate; l’esperienza di questi 150 anni insegna che quando si è cercato di farlo, si sono causati pericolosi squilibri e dolorose fratture nella vita sociale del Paese.

A questo riguardo, Vostra Eccellenza ha opportunamente richiamato l’importanza dei Patti del Laterano e dell’Accordo di Villa Madama, che fissano le coordinate di un giusto equilibrio di rapporti, del quale si avvantaggiano la Sede Apostolica così come lo Stato e la Chiesa in Italia. Infatti, il Trattato Lateranense, configurando lo Stato della Città del Vaticano e prevedendo una serie di immunità personali e reali, ha posto le condizioni per assicurare al Pontefice e alla Santa Sede piena sovranità e indipendenza, a tutela della sua missione universale. A sua volta, l’Accordo di modifica del Concordato mira fondamentalmente a garantire il pieno esercizio della libertà religiosa, di quel diritto cioè, che è storicamente e oggettivamente il primo tra quelli fondamentali della persona umana. E’ perciò di grande importanza osservare e, allo stesso tempo, sviluppare la lettera e lo spirito di quegli Accordi e di quelli che ne sono derivati, ricordando che essi hanno garantito e possono ancora garantire una serena convivenza della società italiana.

Quei patti internazionali non sono espressione di una volontà della Chiesa o della Santa Sede di ottenere potere, privilegi o posizioni di vantaggio economico e sociale, né con essi si intende sconfinare dall’ambito che è proprio della missione assegnata dal Divino Fondatore alla Sua comunità in terra. Al contrario, tali accordi hanno il loro fondamento nella giusta volontà da parte dello Stato di garantire ai singoli e alla Chiesa il pieno esercizio della libertà religiosa, diritto che ha una dimensione non solo personale, perché "la stessa natura sociale dell'essere umano esige che egli esprima esternamente gli atti interni di religione, comunichi con altri in materia religiosa e professi la propria religione in modo comunitario" (CONC. VAT. II, Dich. Dignitatis humanae, 3). La libertà religiosa è, quindi, un diritto, oltre che del singolo, della famiglia, dei gruppi religiosi e della Chiesa (cfr ibid., 4-5.13), e lo Stato è chiamato a tutelare non solo i diritti dei credenti alla libertà di coscienza e di religione, ma anche il ruolo legittimo della religione e delle comunità religiose nella sfera pubblica.

Il retto esercizio e il corrispettivo riconoscimento di questo diritto consentono alla società di avvalersi delle risorse morali e della generosa attività dei credenti. Per questo non si può pensare di conseguire l’autentico progresso sociale, percorrendo la via dell’emarginazione o perfino del rifiuto esplicito del fattore religioso, come ai nostri tempi si tende a fare con varie modalità. Una di queste è, ad esempio, il tentativo di eliminare dai luoghi pubblici l’esposizione dei simboli religiosi, primo fra tutti il Crocifisso, che è certamente l’emblema per eccellenza della fede cristiana, ma che, allo stesso tempo, parla a tutti gli uomini di buona volontà e, come tale, non è fattore che discrimina. Desidero esprimere il mio apprezzamento al Governo italiano che a questo riguardo si è mosso in conformità a una corretta visione della laicità e alla luce della sua storia, cultura e tradizione, trovando in ciò il positivo sostegno anche di altre Nazioni europee.

Mentre in alcune società vi sono tentativi di emarginare la dimensione religiosa, le cronache recenti ci testimoniano come ai nostri giorni vengano compiute anche delle aperte violazioni della libertà religiosa. Di fronte a questa dolorosa realtà, la società italiana e le sue Autorità hanno dimostrato una particolare sensibilità per la sorte di quelle minoranze cristiane, che, a motivo della loro fede, subiscono violenze, vengono discriminate o sono costrette ad una forzata emigrazione dalla loro patria. Auspico che possa crescere ovunque la consapevolezza di questa problematica e, conseguentemente, vengano intensificati gli sforzi per vedere realizzato, ovunque e per tutti, il pieno rispetto della libertà religiosa. Sono certo che all’impegno in tal senso da parte della Santa Sede non mancherà l’appoggio dell’Italia in ambito internazionale.

Signor Ambasciatore, concludendo le mie riflessioni, desidero assicurarLe che, nel compimento dell’alta missione a Lei affidata, Ella potrà contare sul sostegno mio e dei miei collaboratori. Soprattutto invoco su questi inizi la protezione della Madre di Dio, così amata e venerata in tutta la Penisola, e dei Patroni della Nazione, i santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena, e imparto di cuore a Lei, alla Sua famiglia, ai Suoi collaboratori e al caro Popolo italiano la Benedizione Apostolica.

S.E. il Signor Francesco Maria Greco

Ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede

È nato a Siracusa il 12 agosto 1950.

È sposato ed ha due figlie.

Laureato in Scienze Politiche (Università di Napoli, 1972), ha intrapreso la carriera diplomatica nel 1974 ed ha ricoperto i seguenti incarichi: Funzionario e Segretario di Legazione presso il Ministero degli Affari Esteri (1974-1977); Primo Segretario di Ambasciata a Belgrado (1978-1980); Console a Bruxelles (1981-1983); Consigliere di Ambasciata a Bangkok (1983-1986); Consigliere presso il Ministero degli Affari Esteri (1987-1989); Consigliere e successivamente Primo Consigliere di Ambasciata a Madrid (1989-1992); Primo Consigliere alla Rappresentanza permanente d'Italia presso la NATO a Bruxelles (1993-1996); Capo Ufficio presso il Ministero degli Affari Esteri (1997-2000); Consigliere per gli Affari internazionali del Ministero della Difesa (2000-2002); Ambasciatore a Jakarta (2002-2006); Vice Ispettore Generale del Ministero degli Affari Esteri e degli Uffici all'estero (2007-2008); Direttore Generale per la Promozione e la Cooperazione Culturale presso il Ministero degli Affari Esteri (2009-2010).
+PetaloNero+
00sabato 18 dicembre 2010 00:52
Il Papa ai fedeli di Bolzano-Bressanone per il dono dell'albero di Natale

ROMA, venerdì, 17 dicembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo venerdì da Benedetto XVI nel ricevere in Vaticano i pellegrini della diocesi di Bolzano-Bressanone, in occasione del dono dell'albero di Natale per piazza San Pietro.

* * *

Cari fratelli e sorelle!

Cari amici!

Con gioia porgo il benvenuto a tutti voi che mi fate dono del vostro bell'albero di Natale proveniente da Luson. Di tutto cuore saluto voi tutti, a cominciare dal vescovo Karl Golser, che ringrazio per le affettuose parole che mi ha rivolto. Con lui saluto i sacerdoti, i religiosi, i consigli parrocchiali e tutti i fedeli delle cittadine, dei luoghi e delle valli della vostra bella terra, che è profondamente plasmata dalla fede. Saluto il presidente della provincia che comprende il Sudtirolo e il sindaco della città di Bressanone. Li ringrazio per le belle parole che mi hanno rivolto e che mi hanno trasmesso veramente la sensazione di essere a casa in Sudtirolo e di essere avvolto e accompagnato dalla loro amicizia.

Rivolgo un saluto anche ai rappresentanti della città di Bressanone e del comune di Luson, del circolo degli Schützen di Bressanone e della comunità distrettuale di Valle Isarco. Rivolgo un particolare «Grüß Gott» al sindaco di Natz-Schabs, che mi conferirà la cittadinanza onoraria, in ricordo della mia amata nonna da parte di madre, che nacque a Raas, una frazione di questo comune. Rivolgo un cordiale «Vergelt's Gott» per questo gradito segno del vostro affetto! Nel mio saluto includo anche tutti gli altri rappresentanti della vita pubblica nonché voi tutti che con i costumi tradizionali, la musica suggestiva e le specialità regionali siete venuti qui a Roma per far conoscere le tradizioni della vostra splendida terra.

So che questo particolare avvenimento ha risvegliato interesse e ha coinvolto tutta la popolazione della regione. Soprattutto, come ho appreso, le donne di Bressanone si sono impegnate nella preparazione delle stelle di paglia che sono decorazioni natalizie tipiche dell'area di lingua tedesca. Ringrazio voi tutti per il dono particolare di questo bell'abete rosso nonché per tutti gli altri alberi di Natale, che decoreranno il Palazzo Apostolico e l'area del Vaticano e che mi fanno anche sentire della presenza del Sudtirolo nel mio appartamento. Che questa iniziativa generosa esorti tutti gli abitanti del Sudtirolo a testimoniare nel proprio ambiente i valori della vita, dell'amore e della pace, che il Natale ogni anno ci raccomanda.

Quest'anno l'abete a piazza San Pietro proviene dalla pittoresca Luson non lontana dal Sass de Putia, sulle immense Dolomiti. La bellezza straordinaria di questo paesaggio ci invita a riconoscere la grandezza del nostro Creatore, il cui amore risplende in modo incessante nella sua opera meravigliosa della natura, per illuminare anche il cuore dell'uomo e colmarlo di pace e di gioia.

Questa sera, al termine della cerimonia di consegna ufficiale, alla presenza del Cardinale Giovanni Lajolo, Presidente del Governatorato, verranno accese le luci che ornano l'abete. Esso, raccolto a un'altitudine di circa 1.500 metri e tagliato senza recare danno alla vita del bosco, resterà accanto al presepe fino al termine delle festività natalizie e sarà ammirato dai numerosi pellegrini e turisti provenienti da ogni parte del mondo, quale significativo simbolo della luce che Cristo, con la sua nascita, ha recato all'umanità. Egli, il Messia, si è fatto uomo ed è venuto in mezzo a noi, per dissipare le tenebre dell'errore e del peccato, compiendo «in modo insuperabile la condiscendenza di Dio» (Esort. Ap. Verbum Domini, 11). Avere fede in Lui significa accogliere in sé stessi la luce che è Cristo Gesù.

L'albero di Natale arricchisce il valore simbolico del presepe, che è un messaggio di fraternità e di amicizia; un invito all'unità e alla pace; un invito a far posto, nella nostra vita e nella società, a Dio, il quale ci offre il suo amore onnipotente attraverso la fragile figura di un Bimbo, perché vuole che al suo amore rispondiamo liberamente con il nostro amore. Il presepe e l'albero portano quindi un messaggio di speranza e di amore, e aiutano a creare il clima propizio per vivere nella giusta dimensione spirituale e religiosa il mistero della Nascita del Redentore.

Cari amici, di cuore auguro a tutti i presenti e ai vostri corregionali un Natale di raccoglimento e di spensieratezza. Vi assicuro che presso il Presepe pregherò per voi, per le vostre famiglie e per tutte le persone nella vostra regione e imparto a tutti voi la benedizione apostolica.

A tutti un Santo Natale!

[L'OSSERVATORE ROMANO - Edizione quotidiana - del 18 dicembre 2010]

+PetaloNero+
00sabato 18 dicembre 2010 15:44
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE IN OCCASIONE DELLA XIX GIORNATA MONDIALE DEL MALATO (11 FEBBRAIO 2011)

Pubblichiamo di seguito il Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI in occasione della XIX Giornata Mondiale del Malato, che come di consueto si celebra l’11 febbraio, nella ricorrenza della memoria della Beata Vergine di Lourdes:


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

"Dalle sue piaghe siete stati guariti" (1Pt 2,24)

Cari fratelli e sorelle!

Ogni anno, nella ricorrenza della memoria della Beata Vergine di Lourdes, che si celebra l’11 febbraio, la Chiesa propone la Giornata Mondiale del Malato. Tale circostanza, come ha voluto il venerabile Giovanni Paolo II, diventa occasione propizia per riflettere sul mistero della sofferenza e, soprattutto, per rendere più sensibili le nostre comunità e la società civile verso i fratelli e le sorelle malati. Se ogni uomo è nostro fratello, tanto più il debole, il sofferente e il bisognoso di cura devono essere al centro della nostra attenzione, perché nessuno di loro si senta dimenticato o emarginato; infatti "la misura dell'umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Questo vale per il singolo come per la società. Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la compassione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana" (Lett. enc. Spe salvi, 38). Le iniziative che saranno promosse nelle singole Diocesi in occasione di questa Giornata, siano di stimolo a rendere sempre più efficace la cura verso i sofferenti, nella prospettiva anche della celebrazione in modo solenne, che avrà luogo, nel 2013, al Santuario mariano di Altötting, in Germania.

1. Ho ancora nel cuore il momento in cui, nel corso della visita pastorale a Torino, ho potuto sostare in riflessione e preghiera davanti alla Sacra Sindone, davanti a quel volto sofferente, che ci invita a meditare su Colui che ha portato su di sé la passione dell'uomo di ogni tempo e di ogni luogo, anche le nostre sofferenze, le nostre difficoltà, i nostri peccati. Quanti fedeli, nel corso della storia, sono passati davanti a quel telo sepolcrale, che ha avvolto il corpo di un uomo crocifisso, che in tutto corrisponde a ciò che i Vangeli ci trasmettono sulla passione e morte di Gesù! Contemplarlo è un invito a riflettere su quanto scrive san Pietro: "dalle sue piaghe siete stati guariti" (1Pt 2,24). Il Figlio di Dio ha sofferto, è morto, ma è risorto, e proprio per questo quelle piaghe diventano il segno della nostra redenzione, del perdono e della riconciliazione con il Padre; diventano, però, anche un banco di prova per la fede dei discepoli e per la nostra fede: ogni volta che il Signore parla della sua passione e morte, essi non comprendono, rifiutano, si oppongono. Per loro, come per noi, la sofferenza rimane sempre carica di mistero, difficile da accettare e da portare. I due discepoli di Emmaus camminano tristi per gli avvenimenti accaduti in quei giorni a Gerusalemme, e solo quando il Risorto percorre la strada con loro, si aprono ad una visione nuova (cfr Lc 24,13-31). Anche l’apostolo Tommaso mostra la fatica di credere alla via della passione redentrice: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo" (Gv 20,25). Ma di fronte a Cristo che mostra le sue piaghe, la sua risposta si trasforma in una commovente professione di fede: "Mio Signore e mio Dio!" (Gv 20,28). Ciò che prima era un ostacolo insormontabile, perché segno dell'apparente fallimento di Gesù, diventa, nell'incontro con il Risorto, la prova di un amore vittorioso: "Solo un Dio che ci ama fino a prendere su di sé le nostre ferite e il nostro dolore, soprattutto quello innocente, è degno di fede" (Messaggio Urbi et Orbi, Pasqua 2007).

2. Cari ammalati e sofferenti, è proprio attraverso le piaghe del Cristo che noi possiamo vedere, con occhi di speranza, tutti i mali che affliggono l'umanità. Risorgendo, il Signore non ha tolto la sofferenza e il male dal mondo, ma li ha vinti alla radice. Alla prepotenza del Male ha opposto l'onnipotenza del suo Amore. Ci ha indicato, allora, che la via della pace e della gioia è l'Amore: "Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri" (Gv 13,34). Cristo, vincitore della morte, è vivo in mezzo a noi. E mentre con san Tommaso diciamo anche noi: "Mio Signore e mio Dio!", seguiamo il nostro Maestro nella disponibilità a spendere la vita per i nostri fratelli (cfr 1 Gv 3,16), diventando messaggeri di una gioia che non teme il dolore, la gioia della Risurrezione.

San Bernardo afferma: "Dio non può patire, ma può compatire". Dio, la Verità e l'Amore in persona, ha voluto soffrire per noi e con noi; si è fatto uomo per poter com-patire con l'uomo, in modo reale, in carne e sangue. In ogni sofferenza umana, allora, è entrato Uno che condivide la sofferenza e la sopportazione; in ogni sofferenza si diffonde la con-solatio, la consolazione dell'amore partecipe di Dio per far sorgere la stella della speranza (cfr Lett. enc. Spe salvi, 39).

A voi, cari fratelli e sorelle, ripeto questo messaggio, perché ne siate testimoni attraverso la vostra sofferenza, la vostra vita e la vostra fede.

3. Guardando all’appuntamento di Madrid, nel prossimo agosto 2011, per la Giornata Mondiale della Gioventù, vorrei rivolgere anche un particolare pensiero ai giovani, specialmente a coloro che vivono l’esperienza della malattia. Spesso la Passione, la Croce di Gesù fanno paura, perché sembrano essere la negazione della vita. In realtà, è esattamente il contrario! La Croce è il "sì" di Dio all'uomo, l’espressione più alta e più intensa del suo amore e la sorgente da cui sgorga la vita eterna. Dal cuore trafitto di Gesù è sgorgata questa vita divina. Solo Lui è capace di liberare il mondo dal male e di far crescere il suo Regno di giustizia, di pace e di amore al quale tutti aspiriamo (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù 2011, 3). Cari giovani, imparate a "vedere" e a "incontrare" Gesù nell'Eucaristia, dove è presente in modo reale per noi, fino a farsi cibo per il cammino, ma sappiatelo riconoscere e servire anche nei poveri, nei malati, nei fratelli sofferenti e in difficoltà, che hanno bisogno del vostro aiuto (cfr ibid., 4). A tutti voi giovani, malati e sani, ripeto l'invito a creare ponti di amore e solidarietà, perché nessuno si senta solo, ma vicino a Dio e parte della grande famiglia dei suoi figli (cfr Udienza generale, 15 novembre 2006).

4. Contemplando le piaghe di Gesù il nostro sguardo si rivolge al suo Cuore sacratissimo, in cui si manifesta in sommo grado l'amore di Dio. Il Sacro Cuore è Cristo crocifisso, con il costato aperto dalla lancia dal quale scaturiscono sangue ed acqua (cfr Gv 19,34), "simbolo dei sacramenti della Chiesa, perché tutti gli uomini, attirati al Cuore del Salvatore, attingano con gioia alla fonte perenne della salvezza" (Messale Romano, Prefazio della Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù). Specialmente voi, cari malati, sentite la vicinanza di questo Cuore carico di amore e attingete con fede e con gioia a tale fonte, pregando: "Acqua del costato di Cristo, lavami. Passione di Cristo, fortificami. Oh buon Gesù, esaudiscimi. Nelle tue piaghe, nascondimi" (Preghiera di S. Ignazio di Loyola).

5. Al termine di questo mio Messaggio per la prossima Giornata Mondiale del Malato, desidero esprimere il mio affetto a tutti e a ciascuno, sentendomi partecipe delle sofferenze e delle speranze che vivete quotidianamente in unione a Cristo crocifisso e risorto, perché vi doni la pace e la guarigione del cuore. Insieme a Lui vegli accanto a voi la Vergine Maria, che invochiamo con fiducia Salute degli infermi e Consolatrice dei sofferenti. Ai piedi della Croce si realizza per lei la profezia di Simeone: il suo cuore di Madre è trafitto (cfr Lc 2,35). Dall'abisso del suo dolore, partecipazione a quello del Figlio, Maria è resa capace di accogliere la nuova missione: diventare la Madre di Cristo nelle sue membra. Nell’ora della Croce, Gesù le presenta ciascuno dei suoi discepoli dicendole: "Ecco tuo figlio" (cfr Gv 19,26-27). La compassione materna verso il Figlio, diventa compassione materna verso ciascuno di noi nelle nostre quotidiane sofferenze (cfr Omelia a Lourdes, 15 settembre 2008).

Cari fratelli e sorelle, in questa Giornata Mondiale del malato, invito anche le Autorità affinché investano sempre più energie in strutture sanitarie che siano di aiuto e di sostegno ai sofferenti, soprattutto i più poveri e bisognosi, e, rivolgendo il mio pensiero a tutte le Diocesi, invio un affettuoso saluto ai Vescovi, ai sacerdoti, alle persone consacrate, ai seminaristi, agli operatori sanitari, ai volontari e a tutti coloro che si dedicano con amore a curare e alleviare le piaghe di ogni fratello o sorella ammalati, negli ospedali o Case di Cura, nelle famiglie: nei volti dei malati sappiate vedere sempre il Volto dei volti: quello di Cristo.

A tutti assicuro il mio ricordo nella preghiera, mentre imparto a ciascuno una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 21 Novembre 2010, Festa di Cristo Re dell'Universo.

BENEDICTUS PP XVI













RINUNCE E NOMINE




NOMINA DEL VESCOVO DI KOTTAPURAM (INDIA)

Il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato Vescovo di Kottapuram (India) S.E. Mons. Joseph Karikkassery, finora Vescovo tit. di Capo della Foresta ed Ausiliare di Verapoly.



NOMINA DELL’AUSILIARE DI SEVILLA (SPAGNA)

Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare di Sevilla (Spagna) il Rev.do Santiago Gómez Sierra, finora Decano del Capitolo Cattedrale di Córdoba, assegnandogli la sede titolare di Vergi.

Rev.do Santiago Gómez Sierra

Il Rev.do Santiago Gómez Sierra è nato a Madridejos, provincia e arcidiocesi di Toledo, il 24 novembre 1957. Ha compiuto gli studi filosofico-teologici presso il Seminario di Córdoba, ha conseguito la Licenza in Filosofia e Scienze della Comunicazione (sezione di Filosofia) presso l’Università Complutense di Madrid e la Licenza in Teologia (specialità Dogmatica e Fondamentale) presso la Pontificia Università di Comillas di Madrid. Ha pubblicato la tesi di Licenza Fe y Culturas en Juan Pablo II.

Il 18 settembre 1982 è stato ordinato sacerdote e quindi ha ricoperto i seguenti incarichi: Formatore, Vice Rettore e Prefetto degli studi del Seminario Maggiore San Pelagio di Córdoba (1982-1993); Parroco di N.S. de los Ángeles, de Alcolea (1983-1991); Arciprete dell’Alto Guadalquivir (1989-1991); Incaricato di Pastorale Vocazionale (1991-1993); Parroco di San Juan y Todos los Santos in Córdoba (1993-2005); Vice-Presidente della Giunta di Governo e Presidente della Commissione Esecutiva dell’Opera Pia Santísima Trinidad in Córdoba (1993-2006); Vicario generale (1997-2001); Vicario generale e Moderatore della Curia (2004-2007).

Attualmente in Córdoba è Decano del Capitolo Cattedrale (dal 2005); Presidente della Cassa di Risparmio CajaSur e Cappellano delle Esclavas del Sagrado Corazón (dal 2007); Professore del Seminario Maggiore San Pelagio (dal 1982).



NOMINA DEL NUNZIO APOSTOLICO IN GRAN BRETAGNA

Il Santo Padre ha nominato Nunzio Apostolico in Gran Bretagna S.E. Mons. Antonio Mennini, Arcivescovo titolare di Ferento, finora Nunzio Apostolico nella Federazione Russa e in Uzbekistan.



NOMINA DELL’INVIATO SPECIALE ALLE CELEBRAZIONI DI CHIUSURA DELL’ANNO GIUBILARE DELLA CHIESA IN VIÊT NAM (SANTUARIO MARIANO DI LA VANG, 4-6 GENNAIO 2011)

Il Papa ha nominato l'Em.mo Cardinale Ivan Dias, Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, Suo Inviato Speciale alle celebrazioni di chiusura dell'Anno Giubilare della Chiesa in Viêt Nam (nel 350° anniversario della creazione dei due primi Vicariati Apostolici e nel 50° anniversario dell'istituzione della gerarchia cattolica), in programma presso il Santuario Mariano di La Vang nei giorni 4-6 gennaio 2011.












VISITA DEL SANTO PADRE ALLA BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA

Alle ore 11 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI si è recato in visita alla Biblioteca Apostolica Vaticana, in occasione della riapertura dopo la ristrutturazione dei locali.
+PetaloNero+
00domenica 19 dicembre 2010 15:27
LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS



Alle ore 12 di oggi, IV domenica di Avvento, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.

Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

In questa quarta domenica di Avvento il Vangelo di san Matteo narra come avvenne la nascita di Gesù ponendosi dal punto di vista di san Giuseppe. Egli era il promesso sposo di Maria, la quale, "prima che andassero a vivere insieme, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo" (Mt 1,18). Il Figlio di Dio, realizzando un’antica profezia (cfr Is 7,14), diventa uomo nel grembo di una vergine, e tale mistero manifesta insieme l’amore, la sapienza e la potenza di Dio in favore dell’umanità ferita dal peccato. San Giuseppe viene presentato come "uomo giusto" (Mt 1,19), fedele alla legge di Dio, disponibile a compiere la sua volontà. Per questo entra nel mistero dell’Incarnazione dopo che un angelo del Signore, apparsogli in sogno, gli annuncia: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati" (Mt 1,20-21). Abbandonato il pensiero di ripudiare in segreto Maria, egli la prende con sé, perché ora i suoi occhi vedono in lei l’opera di Dio.

Sant’Ambrogio commenta che "in Giuseppe ci fu l’amabilità e la figura del giusto, per rendere più degna la sua qualità di testimone" (Exp. Ev. sec. Lucam II, 5: CCL 14,32-33). Egli – prosegue Ambrogio – "non avrebbe potuto contaminare il tempio dello Spirito Santo, la Madre del Signore, il grembo fecondato dal mistero" (ibid., II, 6: CCL 14,33). Pur avendo provato turbamento, Giuseppe agisce "come gli aveva ordinato l’angelo del Signore", certo di compiere la cosa giusta. Anche mettendo il nome di "Gesù" a quel Bambino che regge tutto l’universo, egli si colloca nella schiera dei servitori umili e fedeli, simile agli angeli e ai profeti, simile ai martiri e agli apostoli – come cantano antichi inni orientali. San Giuseppe annuncia i prodigi del Signore, testimoniando la verginità di Maria, l’azione gratuita di Dio, e custodendo la vita terrena del Messia. Veneriamo dunque il padre legale di Gesù (cfr CCC, 532), perché in lui si profila l’uomo nuovo, che guarda con fiducia e coraggio al futuro, non segue il proprio progetto, ma si affida totalmente all’infinita misericordia di Colui che avvera le profezie e apre il tempo della salvezza.

Cari amici, a san Giuseppe, patrono universale della Chiesa, desidero affidare tutti i Pastori, esortandoli ad offrire "ai fedeli cristiani e al mondo intero l’umile e quotidiana proposta delle parole e dei gesti di Cristo" (Lettera Indizione Anno Sacerdotale). Possa la nostra vita aderire sempre più alla Persona di Gesù, proprio perché "Colui che è il Verbo assume Egli stesso un corpo, viene da Dio come uomo e attira a sé l’intera esistenza umana, la porta dentro la parola di Dio" (Gesù di Nazaret, Milano 2007, 383). Invochiamo con fiducia la Vergine Maria, la piena di grazia "adornata di Dio", affinché, nel Natale ormai prossimo, i nostri occhi si aprano e vedano Gesù, e il cuore gioisca in questo mirabile incontro d’amore.



DOPO L’ANGELUS

Je vous salue avec joie, chers pèlerins francophones ! En cette dernière semaine de l’Avent, notre préparation à Noël se fait plus intense. Comme Joseph et Marie, son épouse, puissions-nous offrir l’hospitalité à Dieu qui vient chez nous sous la figure d’un enfant humble et fragile, plein d’amour et de tendresse pour tous les hommes! Bonne préparation aux fêtes de la Nativité !

I greet all the English-speaking visitors and pilgrims here today. On this fourth Sunday of Advent, we are filled with joy because the Lord is at hand. We heard in today’s Gospel about the promise made to Joseph, that his wife Mary was to bear a child who would save his people from their sins. This child would be called Emmanuel, meaning that from now on, God is truly with us, he lives among us and shares our joys and sorrows, our hopes and our fears. As the great feast of Christmas draws near, I invoke God’s abundant blessings upon all of you, and upon your families and loved ones at home.

Gerne heiße ich alle Brüder und Schwestern deutscher Sprache willkommen. Die Lesungen des heutigen vierten Adventssonntags zeigen uns noch einmal deutlich, wer uns verheißen ist. Wir erwarten den Immanuel, den „Gott mit uns". Ja, Gott ist nicht fern; er tritt ein in die Geschichte der Menschen und wird selbst Mensch. In seinem Sohn Jesus Christus bekundet er der ganzen Menschheit seine erbarmende Liebe, die niemals aufhört. So dürfen auch wir erfahren: Der Herr ist uns nahe, er ist wirklich der „Gott mit uns" und „für uns". Euch allen wünsche ich eine gute geistliche Vorbereitung für ein frohes und gesegnetes Weihnachtsfest.

Saludo con afecto a los fieles de lengua española aquí presentes y a cuantos participan en esta oración mariana a través de los diversos medios de comunicación. En la proximidad de la Navidad, os invito a dirigir vuestra oración humilde y confiada al Niño Jesús, nacido de la Santísima Virgen, para que su luz oriente vuestras vidas y os llene de su amor y paz. Que impulsados por la docilidad de nuestra Madre del Cielo estemos siempre dispuestos a realizar en todo la voluntad del Señor, que nos llama y cuenta con cada uno de nosotros. Feliz domingo.

Moje pozdrowienie kieruję do wszystkich Polaków. Orędzie IV Niedzieli Adwentu, to słowa Proroka Izajasza: „Pan sam da wam znak: Oto Panna pocznie i porodzi Syna i nazwie Go imieniem Emmanuel" (Iz 7, 14). Ten znak, to Jezus, Syn Boży, nadzieja naszego zbawienia, którego narodzin oczekuje Maryja, Dziewicza Matka. Otwórzmy serca, by wraz z Nią przyjąć Go z miłością i pokorą, by jak święty Józef odczytywać Boże znaki w codziennym życiu. Z serca wam błogosławię.

[Rivolgo il mio saluto a tutti i polacchi. Il messaggio della quarta domenica d’Avvento è riassunto nelle parole del Profeta Isaia: «Il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (Is 7,14). Questo segno è Gesù, il Figlio di Dio, la speranza del nostro popolo, la cui nascita è attesa da Maria, Vergine Madre. Apriamo i nostri cuori affinché, insieme con Lei, possiamo accoglierLo con amore e umiltà, e come San Giuseppe sappiamo leggere nella vita quotidiana i segni della Provvidenza. Con tutto il cuore, vi benedico.]

Saluto infine con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli provenienti dalle diocesi di Ozieri, Sassari e Nuoro, come pure i ragazzi e i giovani della parrocchia di San Luigi Gonzaga in Roma. A tutti auguro una buona domenica e un sereno Natale nella luce e nella pace del Signore.
+PetaloNero+
00lunedì 20 dicembre 2010 00:44
Messaggio del Papa per la XIX Giornata Mondiale del Malato






CITTA' DEL VATICANO, domenica, 19 dicembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il Messaggio di Papa Benedetto XVI in occasione della XIX Giornata Mondiale del Malato, che si celebrerà l’11 febbraio 2011, nella ricorrenza della memoria della Beata Vergine di Lourdes.
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"Dalle sue piaghe siete stati guariti" (1Pt 2,24)

Cari fratelli e sorelle!

Ogni anno, nella ricorrenza della memoria della Beata Vergine di Lourdes, che si celebra l’11 febbraio, la Chiesa propone la Giornata Mondiale del Malato. Tale circostanza, come ha voluto il venerabile Giovanni Paolo II, diventa occasione propizia per riflettere sul mistero della sofferenza e, soprattutto, per rendere più sensibili le nostre comunità e la società civile verso i fratelli e le sorelle malati. Se ogni uomo è nostro fratello, tanto più il debole, il sofferente e il bisognoso di cura devono essere al centro della nostra attenzione, perché nessuno di loro si senta dimenticato o emarginato; infatti "la misura dell'umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Questo vale per il singolo come per la società. Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la compassione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana" (Lett. enc. Spe salvi, 38). Le iniziative che saranno promosse nelle singole Diocesi in occasione di questa Giornata, siano di stimolo a rendere sempre più efficace la cura verso i sofferenti, nella prospettiva anche della celebrazione in modo solenne, che avrà luogo, nel 2013, al Santuario mariano di Altötting, in Germania.

1. Ho ancora nel cuore il momento in cui, nel corso della visita pastorale a Torino, ho potuto sostare in riflessione e preghiera davanti alla Sacra Sindone, davanti a quel volto sofferente, che ci invita a meditare su Colui che ha portato su di sé la passione dell'uomo di ogni tempo e di ogni luogo, anche le nostre sofferenze, le nostre difficoltà, i nostri peccati. Quanti fedeli, nel corso della storia, sono passati davanti a quel telo sepolcrale, che ha avvolto il corpo di un uomo crocifisso, che in tutto corrisponde a ciò che i Vangeli ci trasmettono sulla passione e morte di Gesù! Contemplarlo è un invito a riflettere su quanto scrive san Pietro: "dalle sue piaghe siete stati guariti" (1Pt 2,24). Il Figlio di Dio ha sofferto, è morto, ma è risorto, e proprio per questo quelle piaghe diventano il segno della nostra redenzione, del perdono e della riconciliazione con il Padre; diventano, però, anche un banco di prova per la fede dei discepoli e per la nostra fede: ogni volta che il Signore parla della sua passione e morte, essi non comprendono, rifiutano, si oppongono. Per loro, come per noi, la sofferenza rimane sempre carica di mistero, difficile da accettare e da portare. I due discepoli di Emmaus camminano tristi per gli avvenimenti accaduti in quei giorni a Gerusalemme, e solo quando il Risorto percorre la strada con loro, si aprono ad una visione nuova (cfr Lc 24,13-31). Anche l’apostolo Tommaso mostra la fatica di credere alla via della passione redentrice: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo" (Gv 20,25). Ma di fronte a Cristo che mostra le sue piaghe, la sua risposta si trasforma in una commovente professione di fede: "Mio Signore e mio Dio!" (Gv 20,28). Ciò che prima era un ostacolo insormontabile, perché segno dell'apparente fallimento di Gesù, diventa, nell'incontro con il Risorto, la prova di un amore vittorioso: "Solo un Dio che ci ama fino a prendere su di sé le nostre ferite e il nostro dolore, soprattutto quello innocente, è degno di fede" (Messaggio Urbi et Orbi, Pasqua 2007).

2. Cari ammalati e sofferenti, è proprio attraverso le piaghe del Cristo che noi possiamo vedere, con occhi di speranza, tutti i mali che affliggono l'umanità. Risorgendo, il Signore non ha tolto la sofferenza e il male dal mondo, ma li ha vinti alla radice. Alla prepotenza del Male ha opposto l'onnipotenza del suo Amore. Ci ha indicato, allora, che la via della pace e della gioia è l'Amore: "Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri" (Gv 13,34). Cristo, vincitore della morte, è vivo in mezzo a noi. E mentre con san Tommaso diciamo anche noi: "Mio Signore e mio Dio!", seguiamo il nostro Maestro nella disponibilità a spendere la vita per i nostri fratelli (cfr 1 Gv 3,16), diventando messaggeri di una gioia che non teme il dolore, la gioia della Risurrezione.

San Bernardo afferma: "Dio non può patire, ma può compatire". Dio, la Verità e l'Amore in persona, ha voluto soffrire per noi e con noi; si è fatto uomo per poter com-patire con l'uomo, in modo reale, in carne e sangue. In ogni sofferenza umana, allora, è entrato Uno che condivide la sofferenza e la sopportazione; in ogni sofferenza si diffonde la con-solatio, la consolazione dell'amore partecipe di Dio per far sorgere la stella della speranza (cfr Lett. enc. Spe salvi, 39).

A voi, cari fratelli e sorelle, ripeto questo messaggio, perché ne siate testimoni attraverso la vostra sofferenza, la vostra vita e la vostra fede.

3. Guardando all’appuntamento di Madrid, nel prossimo agosto 2011, per la Giornata Mondiale della Gioventù, vorrei rivolgere anche un particolare pensiero ai giovani, specialmente a coloro che vivono l’esperienza della malattia. Spesso la Passione, la Croce di Gesù fanno paura, perché sembrano essere la negazione della vita. In realtà, è esattamente il contrario! La Croce è il "sì" di Dio all'uomo, l’espressione più alta e più intensa del suo amore e la sorgente da cui sgorga la vita eterna. Dal cuore trafitto di Gesù è sgorgata questa vita divina. Solo Lui è capace di liberare il mondo dal male e di far crescere il suo Regno di giustizia, di pace e di amore al quale tutti aspiriamo (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù 2011, 3). Cari giovani, imparate a "vedere" e a "incontrare" Gesù nell'Eucaristia, dove è presente in modo reale per noi, fino a farsi cibo per il cammino, ma sappiatelo riconoscere e servire anche nei poveri, nei malati, nei fratelli sofferenti e in difficoltà, che hanno bisogno del vostro aiuto (cfr ibid., 4). A tutti voi giovani, malati e sani, ripeto l'invito a creare ponti di amore e solidarietà, perché nessuno si senta solo, ma vicino a Dio e parte della grande famiglia dei suoi figli (cfr Udienza generale, 15 novembre 2006).

4. Contemplando le piaghe di Gesù il nostro sguardo si rivolge al suo Cuore sacratissimo, in cui si manifesta in sommo grado l'amore di Dio. Il Sacro Cuore è Cristo crocifisso, con il costato aperto dalla lancia dal quale scaturiscono sangue ed acqua (cfr Gv 19,34), "simbolo dei sacramenti della Chiesa, perché tutti gli uomini, attirati al Cuore del Salvatore, attingano con gioia alla fonte perenne della salvezza" (Messale Romano, Prefazio della Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù). Specialmente voi, cari malati, sentite la vicinanza di questo Cuore carico di amore e attingete con fede e con gioia a tale fonte, pregando: "Acqua del costato di Cristo, lavami. Passione di Cristo, fortificami. Oh buon Gesù, esaudiscimi. Nelle tue piaghe, nascondimi" (Preghiera di S. Ignazio di Loyola).

5. Al termine di questo mio Messaggio per la prossima Giornata Mondiale del Malato, desidero esprimere il mio affetto a tutti e a ciascuno, sentendomi partecipe delle sofferenze e delle speranze che vivete quotidianamente in unione a Cristo crocifisso e risorto, perché vi doni la pace e la guarigione del cuore. Insieme a Lui vegli accanto a voi la Vergine Maria, che invochiamo con fiducia Salute degli infermi e Consolatrice dei sofferenti. Ai piedi della Croce si realizza per lei la profezia di Simeone: il suo cuore di Madre è trafitto (cfr Lc 2,35). Dall'abisso del suo dolore, partecipazione a quello del Figlio, Maria è resa capace di accogliere la nuova missione: diventare la Madre di Cristo nelle sue membra. Nell’ora della Croce, Gesù le presenta ciascuno dei suoi discepoli dicendole: "Ecco tuo figlio" (cfr Gv 19,26-27). La compassione materna verso il Figlio, diventa compassione materna verso ciascuno di noi nelle nostre quotidiane sofferenze (cfr Omelia a Lourdes, 15 settembre 2008).

Cari fratelli e sorelle, in questa Giornata Mondiale del malato, invito anche le Autorità affinché investano sempre più energie in strutture sanitarie che siano di aiuto e di sostegno ai sofferenti, soprattutto i più poveri e bisognosi, e, rivolgendo il mio pensiero a tutte le Diocesi, invio un affettuoso saluto ai Vescovi, ai sacerdoti, alle persone consacrate, ai seminaristi, agli operatori sanitari, ai volontari e a tutti coloro che si dedicano con amore a curare e alleviare le piaghe di ogni fratello o sorella ammalati, negli ospedali o Case di Cura, nelle famiglie: nei volti dei malati sappiate vedere sempre il Volto dei volti: quello di Cristo.

A tutti assicuro il mio ricordo nella preghiera, mentre imparto a ciascuno una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 21 Novembre 2010, Festa di Cristo Re dell'Universo.

BENEDICTUS PP XVI

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]















+PetaloNero+
00lunedì 20 dicembre 2010 15:33
UDIENZA DEL SANTO PADRE ALLA CURIA ROMANA IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE DEGLI AUGURI NATALIZI



Alle ore 11 di questa mattina, nella Sala Regia del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i Cardinali con i membri della Curia Romana e del Governatorato per la presentazione degli auguri natalizi.

Nel corso dell’incontro, dopo l’indirizzo di omaggio al Santo Padre del Cardinale Angelo Sodano, Decano del Collegio Cardinalizio, il Papa rivolge ai presenti il discorso che riportiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,

venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato,

cari fratelli e sorelle!

È con vivo piacere che vi incontro, cari Membri del Collegio Cardinalizio, Rappresentanti della Curia Romana e del Governatorato, per questo appuntamento tradizionale. Rivolgo a ciascuno un cordiale saluto, ad iniziare dal Cardinale Angelo Sodano, che ringrazio per le espressioni di devozione e di comunione, e per i fervidi auguri che mi ha rivolto a nome di tutti. Prope est jam Dominus, venite, adoremus! Contempliamo come un’unica famiglia il mistero dell’Emmanuele, del Dio-con-noi, come ha detto il Cardinale Decano. Ricambio volentieri i voti augurali e desidero ringraziare vivamente tutti, compresi i Rappresentanti Pontifici sparsi per il mondo, per l’apporto competente e generoso che ciascuno presta al Vicario di Cristo e alla Chiesa.

"Excita, Domine, potentiam tuam, et veni" – con queste e con simili parole la liturgia della Chiesa prega ripetutamente nei giorni dell’Avvento. Sono invocazioni formulate probabilmente nel periodo del tramonto dell’Impero Romano. Il disfacimento degli ordinamenti portanti del diritto e degli atteggiamenti morali di fondo, che ad essi davano forza, causavano la rottura degli argini che fino a quel momento avevano protetto la convivenza pacifica tra gli uomini. Un mondo stava tramontando. Frequenti cataclismi naturali aumentavano ancora questa esperienza di insicurezza. Non si vedeva alcuna forza che potesse porre un freno a tale declino. Tanto più insistente era l’invocazione della potenza propria di Dio: che Egli venisse e proteggesse gli uomini da tutte queste minacce.

"Excita, Domine, potentiam tuam, et veni". Anche oggi abbiamo motivi molteplici per associarci a questa preghiera di Avvento della Chiesa. Il mondo con tutte le sue nuove speranze e possibilità è, al tempo stesso, angustiato dall’impressione che il consenso morale si stia dissolvendo, un consenso senza il quale le strutture giuridiche e politiche non funzionano; di conseguenza, le forze mobilitate per la difesa di tali strutture sembrano essere destinate all’insuccesso.

Excita – la preghiera ricorda il grido rivolto al Signore, che stava dormendo nella barca dei discepoli sbattuta dalla tempesta e vicina ad affondare. Quando la sua parola potente ebbe placato la tempesta, Egli rimproverò i discepoli per la loro poca fede (cfr Mt 8,26 e par.). Voleva dire: in voi stessi la fede ha dormito. La stessa cosa vuole dire anche a noi. Anche in noi tanto spesso la fede dorme. PreghiamoLo dunque di svegliarci dal sonno di una fede divenuta stanca e di ridare alla fede il potere di spostare i monti – cioè di dare l’ordine giusto alle cose del mondo.

"Excita, Domine, potentiam tuam, et veni": nelle grandi angustie, alle quali siamo stati esposti in quest’anno, tale preghiera di Avvento mi è sempre tornata di nuovo alla mente e sulle labbra. Con grande gioia avevamo iniziato l’Anno sacerdotale e, grazie a Dio, abbiamo potuto concluderlo anche con grande gratitudine, nonostante si sia svolto così diversamente da come ce l’eravamo aspettato. In noi sacerdoti e nei laici, proprio anche nei giovani, si è rinnovata la consapevolezza di quale dono rappresenti il sacerdozio della Chiesa Cattolica, che ci è stato affidato dal Signore. Ci siamo nuovamente resi conto di quanto sia bello che esseri umani siano autorizzati a pronunciare in nome di Dio e con pieno potere la parola del perdono, e così siano in grado di cambiare il mondo, la vita; quanto sia bello che esseri umani siano autorizzati a pronunciare le parole della consacrazione, con cui il Signore attira dentro di sé un pezzo di mondo, e così in un certo luogo lo trasforma nella sua stessa sostanza; quanto sia bello poter essere, con la forza del Signore, vicino agli uomini nelle loro gioie e sofferenze, nelle ore importanti come in quelle buie dell’esistenza; quanto sia bello avere nella vita come compito non questo o quell’altro, ma semplicemente l’essere stesso dell’uomo – per aiutare che si apra a Dio e sia vissuto a partire da Dio. Tanto più siamo stati sconvolti quando, proprio in quest’anno e in una dimensione per noi inimmaginabile, siamo venuti a conoscenza di abusi contro i minori commessi da sacerdoti, che stravolgono il Sacramento nel suo contrario: sotto il manto del sacro feriscono profondamente la persona umana nella sua infanzia e le recano un danno per tutta la vita.

In questo contesto, mi è venuta in mente una visione di sant’Ildegarda di Bingen che descrive in modo sconvolgente ciò che abbiamo vissuto in quest’anno. "Nell’anno 1170 dopo la nascita di Cristo ero per un lungo tempo malata a letto. Allora, fisicamente e mentalmente sveglia, vidi una donna di una bellezza tale che la mente umana non è in grado di comprendere. La sua figura si ergeva dalla terra fino al cielo. Il suo volto brillava di uno splendore sublime. Il suo occhio era rivolto al cielo. Era vestita di una veste luminosa e raggiante di seta bianca e di un mantello guarnito di pietre preziose. Ai piedi calzava scarpe di onice. Ma il suo volto era cosparso di polvere, il suo vestito, dal lato destro, era strappato. Anche il mantello aveva perso la sua bellezza singolare e le sue scarpe erano insudiciate dal di sopra. Con voce alta e lamentosa, la donna gridò verso il cielo: ‘Ascolta, o cielo: il mio volto è imbrattato! Affliggiti, o terra: il mio vestito è strappato! Trema, o abisso: le mie scarpe sono insudiciate!’

E proseguì: ‘Ero nascosta nel cuore del Padre, finché il Figlio dell’uomo, concepito e partorito nella verginità, sparse il suo sangue. Con questo sangue, quale sua dote, mi ha preso come sua sposa.

Le stimmate del mio sposo rimangono fresche e aperte, finché sono aperte le ferite dei peccati degli uomini. Proprio questo restare aperte delle ferite di Cristo è la colpa dei sacerdoti. Essi stracciano la mia veste poiché sono trasgressori della Legge, del Vangelo e del loro dovere sacerdotale. Tolgono lo splendore al mio mantello, perché trascurano totalmente i precetti loro imposti. Insudiciano le mie scarpe, perché non camminano sulle vie dritte, cioè su quelle dure e severe della giustizia, e anche non danno un buon esempio ai loro sudditi. Tuttavia trovo in alcuni lo splendore della verità’.

E sentii una voce dal cielo che diceva: ‘Questa immagine rappresenta la Chiesa. Per questo, o essere umano che vedi tutto ciò e che ascolti le parole di lamento, annuncialo ai sacerdoti che sono destinati alla guida e all’istruzione del popolo di Dio e ai quali, come agli apostoli, è stato detto: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura»’ (Mc 16,15)" (Lettera a Werner von Kirchheim e alla sua comunità sacerdotale: PL 197, 269ss).

Nella visione di sant’Ildegarda, il volto della Chiesa è coperto di polvere, ed è così che noi l’abbiamo visto. Il suo vestito è strappato – per la colpa dei sacerdoti. Così come lei l’ha visto ed espresso, l’abbiamo vissuto in quest’anno. Dobbiamo accogliere questa umiliazione come un’esortazione alla verità e una chiamata al rinnovamento. Solo la verità salva. Dobbiamo interrogarci su che cosa possiamo fare per riparare il più possibile l’ingiustizia avvenuta. Dobbiamo chiederci che cosa era sbagliato nel nostro annuncio, nell’intero nostro modo di configurare l’essere cristiano, così che una tale cosa potesse accadere. Dobbiamo trovare una nuova risolutezza nella fede e nel bene. Dobbiamo essere capaci di penitenza. Dobbiamo sforzarci di tentare tutto il possibile, nella preparazione al sacerdozio, perché una tale cosa non possa più succedere. È questo anche il luogo per ringraziare di cuore tutti coloro che si impegnano per aiutare le vittime e per ridare loro la fiducia nella Chiesa, la capacità di credere al suo messaggio. Nei miei incontri con le vittime di questo peccato, ho sempre trovato anche persone che, con grande dedizione, stanno a fianco di chi soffre e ha subito danno. È questa l’occasione per ringraziare anche i tanti buoni sacerdoti che trasmettono in umiltà e fedeltà la bontà del Signore e, in mezzo alle devastazioni, sono testimoni della bellezza non perduta del sacerdozio.

Siamo consapevoli della particolare gravità di questo peccato commesso da sacerdoti e della nostra corrispondente responsabilità. Ma non possiamo neppure tacere circa il contesto del nostro tempo in cui è dato vedere questi avvenimenti. Esiste un mercato della pornografia concernente i bambini, che in qualche modo sembra essere considerato sempre più dalla società come una cosa normale. La devastazione psicologica di bambini, in cui persone umane sono ridotte ad articolo di mercato, è uno spaventoso segno dei tempi. Da Vescovi di Paesi del Terzo Mondo sento sempre di nuovo come il turismo sessuale minacci un’intera generazione e la danneggi nella sua libertà e nella sua dignità umana. L’Apocalisse di san Giovanni annovera tra i grandi peccati di Babilonia – simbolo delle grandi città irreligiose del mondo – il fatto di esercitare il commercio dei corpi e delle anime e di farne una merce (cfr Ap 18,13). In questo contesto, si pone anche il problema della droga, che con forza crescente stende i suoi tentacoli di polipo intorno all’intero globo terrestre – espressione eloquente della dittatura di mammona che perverte l’uomo. Ogni piacere diventa insufficiente e l’eccesso nell’inganno dell’ebbrezza diventa una violenza che dilania intere regioni, e questo in nome di un fatale fraintendimento della libertà, in cui proprio la libertà dell’uomo viene minata e alla fine annullata del tutto.

Per opporci a queste forze dobbiamo gettare uno sguardo sui loro fondamenti ideologici. Negli anni Settanta, la pedofilia venne teorizzata come una cosa del tutto conforme all’uomo e anche al bambino. Questo, però, faceva parte di una perversione di fondo del concetto di ethos. Si asseriva – persino nell’ambito della teologia cattolica – che non esisterebbero né il male in sé, né il bene in sé. Esisterebbe soltanto un "meglio di" e un "peggio di". Niente sarebbe in se stesso bene o male. Tutto dipenderebbe dalle circostanze e dal fine inteso. A seconda degli scopi e delle circostanze, tutto potrebbe essere bene o anche male. La morale viene sostituita da un calcolo delle conseguenze e con ciò cessa di esistere. Gli effetti di tali teorie sono oggi evidenti. Contro di esse Papa Giovanni Paolo II, nella sua Enciclica Veritatis splendor del 1993, indicò con forza profetica nella grande tradizione razionale dell’ethos cristiano le basi essenziali e permanenti dell’agire morale. Questo testo oggi deve essere messo nuovamente al centro come cammino nella formazione della coscienza. È nostra responsabilità rendere nuovamente udibili e comprensibili tra gli uomini questi criteri come vie della vera umanità, nel contesto della preoccupazione per l’uomo, nella quale siamo immersi.

Come secondo punto vorrei dire una parola sul Sinodo delle Chiese del Medio Oriente. Esso ebbe inizio con il mio viaggio a Cipro dove potei consegnare l’Instrumentum laboris per il Sinodo ai Vescovi di quei Paesi lì convenuti. Rimane indimenticabile l’ospitalità della Chiesa ortodossa che abbiamo potuto sperimentare con grande gratitudine. Anche se la piena comunione non ci è ancora donata, abbiamo tuttavia constatato con gioia che la forma basilare della Chiesa antica ci unisce profondamente gli uni con gli altri: il ministero sacramentale dei Vescovi come portatore della tradizione apostolica, la lettura della Scrittura secondo l’ermeneutica della Regula fidei, la comprensione della Scrittura nell’unità multiforme incentrata su Cristo sviluppatasi grazie all’ispirazione di Dio e, infine, la fede nella centralità dell’Eucaristia nella vita della Chiesa. Così abbiamo incontrato in modo vivo la ricchezza dei riti della Chiesa antica anche all’interno della Chiesa Cattolica. Abbiamo avuto liturgie con Maroniti e con Melchiti, abbiamo celebrato in rito latino e abbiamo avuto momenti di preghiera ecumenica con gli Ortodossi, e, in manifestazioni imponenti, abbiamo potuto vedere la ricca cultura cristiana dell’Oriente cristiano. Ma abbiamo visto anche il problema del Paese diviso. Si rendevano visibili colpe del passato e profonde ferite, ma anche il desiderio di pace e di comunione quali erano esistite prima. Tutti sono consapevoli del fatto che la violenza non porta alcun progresso – essa, infatti, ha creato la situazione attuale. Solo nel compromesso e nella comprensione vicendevole può essere ristabilita l’unità. Preparare la gente per questo atteggiamento di pace è un compito essenziale della pastorale.

Nel Sinodo lo sguardo si è poi allargato sull’intero Medio Oriente, dove convivono fedeli appartenenti a religioni diverse ed anche a molteplici tradizioni e riti distinti. Per quanto riguarda i cristiani, ci sono le Chiese pre-calcedonesi e quelle calcedonesi; Chiese in comunione con Roma ed altre che stanno fuori di tale comunione ed in entrambe esistono, uno accanto all’altro, molteplici riti. Negli sconvolgimenti degli ultimi anni è stata scossa la storia di condivisione, le tensioni e le divisioni sono cresciute, così che sempre di nuovo con spavento siamo testimoni di atti di violenza nei quali non si rispetta più ciò che per l’altro è sacro, nei quali anzi crollano le regole più elementari dell’umanità. Nella situazione attuale, i cristiani sono la minoranza più oppressa e tormentata. Per secoli sono vissuti pacificamente insieme con i loro vicini ebrei e musulmani. Nel Sinodo abbiamo ascoltato parole sagge del Consigliere del Mufti della Repubblica del Libano contro gli atti di violenza nei confronti dei cristiani. Egli diceva: con il ferimento dei cristiani veniamo feriti noi stessi. Purtroppo, però, questa e analoghe voci della ragione, per le quali siamo profondamente grati, sono troppo deboli. Anche qui l’ostacolo è il collegamento tra avidità di lucro ed accecamento ideologico. Sulla base dello spirito della fede e della sua ragionevolezza, il Sinodo ha sviluppato un grande concetto del dialogo, del perdono e dell’accoglienza vicendevole, un concetto che ora vogliamo gridare al mondo. L’essere umano è uno solo e l’umanità è una sola. Ciò che in qualsiasi luogo viene fatto contro l’uomo alla fine ferisce tutti. Così le parole e i pensieri del Sinodo devono essere un forte grido rivolto a tutte le persone con responsabilità politica o religiosa perché fermino la cristianofobia; perché si alzino a difendere i profughi e i sofferenti e a rivitalizzare lo spirito della riconciliazione. In ultima analisi, il risanamento può venire soltanto da una fede profonda nell’amore riconciliatore di Dio. Dare forza a questa fede, nutrirla e farla risplendere è il compito principale della Chiesa in quest’ora.

Mi piacerebbe parlare dettagliatamente dell’indimenticabile viaggio nel Regno Unito, voglio però limitarmi a due punti che sono correlati con il tema della responsabilità dei cristiani in questo tempo e con il compito della Chiesa di annunciare il Vangelo. Il pensiero va innanzitutto all’incontro con il mondo della cultura nella Westminster Hall, un incontro in cui la consapevolezza della responsabilità comune in questo momento storico creò una grande attenzione, che, in ultima analisi, si rivolse alla questione circa la verità e la stessa fede. Che in questo dibattito la Chiesa debba recare il proprio contributo, era evidente per tutti. Alexis de Tocqueville, a suo tempo, aveva osservato che in America la democrazia era diventata possibile e aveva funzionato, perché esisteva un consenso morale di base che, andando al di là delle singole denominazioni, univa tutti. Solo se esiste un tale consenso sull’essenziale, le costituzioni e il diritto possono funzionare. Questo consenso di fondo proveniente dal patrimonio cristiano è in pericolo là dove al suo posto, al posto della ragione morale, subentra la mera razionalità finalistica di cui ho parlato poco fa. Questo è in realtà un accecamento della ragione per ciò che è essenziale. Combattere contro questo accecamento della ragione e conservarle la capacità di vedere l’essenziale, di vedere Dio e l’uomo, ciò che è buono e ciò che è vero, è l’interesse comune che deve unire tutti gli uomini di buona volontà. È in gioco il futuro del mondo.

Infine, vorrei ancora ricordare la beatificazione del Cardinale John Henry Newman. Perché è stato beatificato? Che cosa ha da dirci? A queste domande si possono dare molte risposte, che nel contesto della beatificazione sono state sviluppate. Vorrei rilevare soltanto due aspetti che vanno insieme e, in fin dei conti, esprimono la stessa cosa. Il primo è che dobbiamo imparare dalle tre conversioni di Newman, perché sono passi di un cammino spirituale che ci interessa tutti. Vorrei qui mettere in risalto solo la prima conversione: quella alla fede nel Dio vivente. Fino a quel momento, Newman pensava come la media degli uomini del suo tempo e come la media degli uomini anche di oggi, che non escludono semplicemente l’esistenza di Dio, ma la considerano comunque come qualcosa di insicuro, che non ha alcun ruolo essenziale nella propria vita. Veramente reale appariva a lui, come agli uomini del suo e del nostro tempo, l’empirico, ciò che è materialmente afferrabile. È questa la "realtà" secondo cui ci si orienta. Il "reale" è ciò che è afferrabile, sono le cose che si possono calcolare e prendere in mano. Nella sua conversione Newman riconosce che le cose stanno proprio al contrario: che Dio e l’anima, l’essere se stesso dell’uomo a livello spirituale, costituiscono ciò che è veramente reale, ciò che conta. Sono molto più reali degli oggetti afferrabili. Questa conversione significa una svolta copernicana. Ciò che fino ad allora era apparso irreale e secondario si rivela come la cosa veramente decisiva. Dove avviene una tale conversione, non cambia semplicemente una teoria, cambia la forma fondamentale della vita. Di tale conversione noi tutti abbiamo sempre di nuovo bisogno: allora siamo sulla via retta.

La forza motrice che spingeva sul cammino della conversione era in Newman la coscienza. Ma che cosa si intende con ciò? Nel pensiero moderno, la parola "coscienza" significa che in materia di morale e di religione, la dimensione soggettiva, l’individuo, costituisce l’ultima istanza della decisione. Il mondo viene diviso negli ambiti dell’oggettivo e del soggettivo. All’oggettivo appartengono le cose che si possono calcolare e verificare mediante l’esperimento. La religione e la morale sono sottratte a questi metodi e perciò sono considerate come ambito del soggettivo. Qui non esisterebbero, in ultima analisi, dei criteri oggettivi. L’ultima istanza che qui può decidere sarebbe pertanto solo il soggetto, e con la parola "coscienza" si esprime, appunto, questo: in questo ambito può decidere solo il singolo, l’individuo con le sue intuizioni ed esperienze. La concezione che Newman ha della coscienza è diametralmente opposta. Per lui "coscienza" significa la capacità di verità dell’uomo: la capacità di riconoscere proprio negli ambiti decisivi della sua esistenza – religione e morale – una verità, la verità. La coscienza, la capacità dell’uomo di riconoscere la verità, gli impone con ciò, al tempo stesso, il dovere di incamminarsi verso la verità, di cercarla e di sottomettersi ad essa laddove la incontra. Coscienza è capacità di verità e obbedienza nei confronti della verità, che si mostra all’uomo che cerca col cuore aperto. Il cammino delle conversioni di Newman è un cammino della coscienza – un cammino non della soggettività che si afferma, ma, proprio al contrario, dell’obbedienza verso la verità che passo passo si apriva a lui. La sua terza conversione, quella al Cattolicesimo, esigeva da lui di abbandonare quasi tutto ciò che gli era caro e prezioso: i suoi averi e la sua professione, il suo grado accademico, i legami familiari e molti amici. La rinuncia che l’obbedienza verso la verità, la sua coscienza, gli chiedeva, andava ancora oltre. Newman era sempre stato consapevole di avere una missione per l’Inghilterra. Ma nella teologia cattolica del suo tempo, la sua voce a stento poteva essere udita. Era troppo aliena rispetto alla forma dominante del pensiero teologico e anche della pietà. Nel gennaio del 1863 scrisse nel suo diario queste frasi sconvolgenti: "Come protestante, la mia religione mi sembrava misera, non però la mia vita. E ora, da cattolico, la mia vita è misera, non però la mia religione". Non era ancora arrivata l’ora della sua efficacia. Nell’umiltà e nel buio dell’obbedienza, egli dovette aspettare fino a che il suo messaggio fosse utilizzato e compreso. Per poter asserire l’identità tra il concetto che Newman aveva della coscienza e la moderna comprensione soggettiva della coscienza, si ama far riferimento alla sua parola secondo cui egli – nel caso avesse dovuto fare un brindisi – avrebbe brindato prima alla coscienza e poi al Papa. Ma in questa affermazione, "coscienza" non significa l’ultima obbligatorietà dell’intuizione soggettiva. È espressione dell’accessibilità e della forza vincolante della verità: in ciò si fonda il suo primato. Al Papa può essere dedicato il secondo brindisi, perché è compito suo esigere l’obbedienza nei confronti della verità.

Devo rinunciare a parlare dei viaggi così significativi a Malta, in Portogallo e in Spagna. In essi si è reso nuovamente visibile che la fede non è una cosa del passato, ma un incontro con il Dio che vive ed agisce adesso. Egli ci chiama in causa e si oppone alla nostra pigrizia, ma proprio così ci apre la strada verso la gioia vera.

"Excita, Domine, potentiam tuam, et veni!". Siamo partiti dall’invocazione della presenza della potenza di Dio nel nostro tempo e dall’esperienza della sua apparente assenza. Se apriamo i nostri occhi, proprio nella retrospettiva sull’anno che volge al termine, può rendersi visibile che la potenza e la bontà di Dio sono presenti in maniera molteplice anche oggi. Così tutti noi abbiamo motivo per ringraziarLo. Con il ringraziamento al Signore rinnovo il mio ringraziamento a tutti i collaboratori. Voglia Dio donare a tutti noi un Santo Natale ed accompagnarci con la sua bontà nel prossimo anno.

Affido questi voti all’intercessione della Vergine Santa, Madre del Redentore, e a voi tutti e alla grande famiglia della Curia Romana imparto di cuore la Benedizione Apostolica. Buon Natale!
+PetaloNero+
00martedì 21 dicembre 2010 15:27
RINUNCE E NOMINE

RINUNCIA DEL VESCOVO DI PASIG (FILIPPINE)

Il Santo Padre Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Pasig (Filippine), presentata da S.E. Mons. Francisco C. San Diego, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.
+PetaloNero+
00mercoledì 22 dicembre 2010 15:29
RINUNCE E NOMINE




NOMINA DEL VESCOVO DI JOAÇABA (BRASILE)

Il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato Vescovo di Joacaba (Brasile) S.E. Mons. Mário Marquez, O.F.M. Cap., finora Vescovo titolare di Nasai ed Ausiliare di Vitória.

S.E. Mons. Mário Marquez, O.F.M. Cap.
S.E. Mons. Mário Marquez, O.F.M. Cap., è nato il 23 novembre 1952 a Luzerna, nella diocesi di Joaçaba, Stato di Santa Catarina. Entrato nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, presso i quali ha frequentato il liceo nel Seminario Santa Maria a Engenheiro Gutierrez e ha compiuto gli studi di Filosofia nel Convento CappuccinoBom Jesus a Ponta Grossa, ha studiato Teologia nell’ITESC – Istituto Teológico de Santa Catarina a Florianópolis.
Ha emesso la sua prima professione come Francescano Cappuccino il 22 febbraio 1976 e quella perpetua il 6 ottobre 1979. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 22 novembre 1980.
Come Religioso appartenente alla Provincia Cappuccina di Paraná e Santa Catarina ha svolto gli incarichi seguenti: Parroco della Parrocchia São Pedro a Rancho Alegre e della Parrocchia di Nossa Senhora Aparecida a Uraí (1980 - 1982); Cappellano Militare della Forza Aerea, Cappellano della Base Aerea di Curitiba (1983 - 1984); Vicario delle Parrocchie di Nossa Senhora das Mercês e di Nossa Senhora da Luz a Curitiba (1992-– 1993); Cappellano del II Comando Aereo Regionale di Recife (1994 - 1996); Parroco della Cattedrale Rainha da Paz dell’Ordinariato Militare del Brasile, a Brasília (1996 - 2006).
Il 31 maggio 2006 è stato nominato Vescovo titolare di Nasai ed Ausiliare dell’arcidiocesi di Vitória, nello Stato di Espírito Santo. Ha ricevuto la consacrazione episcopale il 6 agosto dello stesso anno.



NOMINA DI AUSILIARE DI PORTO ALEGRE (BRASILE)

Il Papa ha nominato Ausiliare dell’arcidiocesi di Porto Alegre (Brasile) il Rev.do P Agenor Girardi, M.S.C., finora Parroco della Parrocchia São José nella diocesi di Palmas-Francisco Beltrão, assegnandogli la sede titolare vescovile di Fornos maggiore.

Rev.do P Agenor Girardi, M.S.C.
Il Rev.do P Agenor Girardi, M.S.C., è nato il 2 febbraio 1952 nella città di Orleans, nello Stato di Santa Catarina, nella diocesi di Tubarão. Ha emesso la professione religiosa nella Congregazione dei Missionari del Sacro Cuore il 1° febbraio 1982 ed è stato ordinato sacerdote il 5 settembre successivo.
Dopo gli studi preparatori nel Seminario Minore São José a Francisco Beltrão (1966 - 1975), ha studiato Filosofia presso la Pontificia Università Cattolica di Campinas (1975 - 1977) e Teologia nella Facoltà di Teologia Nossa Senhora da Assunção a São Paulo. Ha ottenuto la Licenza in Teologia Spirituale presso la Pontificia Università Gregoriana a Roma.
Ha svolto gli incarichi seguenti: Vicario Parrocchiale della Parrocchia Santa Rita de Cássia a Marmeleiro (1982); Parroco e Rettore del Santuario Nossa Senhora do Sagrado Coração a Curitiba (1999 - 2001); Vicario Parrocchiale e poi Parroco della Parrocchia São José a Francisco Beltrão (dal 2002); Membro del Consiglio Presbiterale della diocesi di Palmas-Francisco Beltrão (dal 2007). Nell’ambito della Congregazione dei Missionari del Sacro Cuore ha ricoperto gli incarichi di: Direttore del Seminario São José a Francisco Beltrão (1984 - 1988); Maestro dei Novizi a Pirassununga (1991 - 1995); Rettore della Casa di Teologia a Curitiba (2001 - 2002); Consulente della Conferenza dei Religiosi Brasiliani per gli orientamenti di esercizi spirituali e formazione sulla Vita Consacrata.



NOMINA DI AUSILIARE DI SÃO LUÍS DO MARANHÃO (BRASILE)

Il Santo Padre ha nominato Ausiliare dell’arcidiocesi di São Luís do Maranhão (Brasile) il Rev.do P. José Carlos Chacorowski, C.M., finora Direttore delle Figlie della Carità della Provincia di Amazzonia, nell’arcidiocesi di Belém do Pará, assegnandogli la sede titolare vescovile di Case nere.

Rev.do P. José Carlos Chacorowski, C.M.
Il Rev.do P. José Carlos Chacorowski, C.M., è nato il 26 dicembre 1956 a Curitiba, Stato di Paraná. Il 15 gennaio 1977 ha fatto l’ingresso nella Congregazione della Missione (Lazzaristi), nella quale ha emesso i voti religiosi il 16 aprile 1980.
Ha ricevuto l’ordinazione sacerdote il 2 luglio 1980, dal Papa Giovanni Paolo II, a Rio de Janeiro.
Ha compiuto gli studi superiori e quelli di Filosofia nel Seminário São Vicente de Paulo ad Araucária. Ha ottenuto il baccalaureato in Teologia presso lo Studium Theologicum a Curitiba. Ha, poi, completato alcuni corsi di Criatividade, Técnica vocal, Leitura dinâmica, Oratória básica e Relações humanas, oltre un corso di lingua francese a Bruxelles e un corso al Centro Internazionale di Formazione a Parigi.
Dopo l’ordinazione sacerdotale ha svolto i seguenti incarichi: Formatore nel Seminario diocesano di Palmas-Francisco Beltrão (1980 - 1982); Missionario nella Repubblica Democratica del Congo (1982 - 1987); Incaricato della Pastorale degli itineranti (1987 - 1996); Assessore nazionale della Juventude Marial Vicentina e Direttore delle Figlie della Carità della Provincia di Curitiba (1996 - 2005); Parroco della Parrocchia Senhor Bom Jesus dos Perdões di Guaraqueçaba, nella diocesi di Paranaguá (2005 - 2009).
Attualmente è Direttore delle Figlie della Carità della Provincia di Amazzonia, nell’arcidiocesi di Belém do Pará.
















CALENDARIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE DEL TEMPO DI NATALE 2010-2011 PRESIEDUTE DAL SANTO PADRE BENEDETTO XVI


Venerdì 24 dicembre 2010
SOLENNITÀ DEL NATALE DEL SIGNORE

Cappella Papale
Basilica Vaticana, ore 22

Il Santo Padre Benedetto XVI celebrerà la Santa Messa della Notte nella Solennità del Natale del Signore.

Sabato 25 dicembre 2010
SOLENNITÀ DEL NATALE DEL SIGNORE

Loggia Centrale della Basilica Vaticana, ore 12

Il Santo Padre Benedetto XVI rivolgerà il Suo messaggio natalizio al mondo e impartirà la Benedizione «Urbi et Orbi».

Venerdì 31 dicembre 2010
SOLENNITÀ DI MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO

Basilica Vaticana, ore 18

Il Santo Padre Benedetto XVI presiederà i Primi Vespri della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio a cui faranno seguito l’esposizione del Santissimo Sacramento, il canto del tradizionale inno «Te Deum», a conclusione dell’anno civile, e la benedizione eucaristica.

Sabato 1° gennaio 2011
SOLENNITÀ DI MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO
GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

Cappella Papale
Basilica Vaticana, ore 10

Il Santo Padre Benedetto XVI presiederà la Celebrazione della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio nell’ottava di Natale in occasione della XLIV Giornata Mondiale della Pace sul tema: « Libertà religiosa, via per la pace» e per il XXXVI Congresso Internazionale dei Pueri Cantores.

Concelebreranno con il Santo Padre il Card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, il Card. Peter Kodwo Appiah Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Mons. Fernando Filoni, Arcivescovo tit. di Volturno, Sostituto della Segreteria di Stato, Mons. Dominique Mamberti, Arcivescovo tit. di Sagona, Segretario per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato, e Mons. Mario Toso, S.D.B., Vescovo tit. di Bisarcio, Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.

Giovedì 6 gennaio 2011
SOLENNITÀ DELL’EPIFANIA DEL SIGNORE

Cappella Papale
Basilica Vaticana, ore 10

Il Santo Padre Benedetto XVI celebrerà la Santa Messa nella Solennità dell’Epifania del Signore.

Domenica 9 gennaio 2011
FESTA DEL BATTESIMO DEL SIGNORE

Cappella Sistina, ore 10

Il Santo Padre Benedetto XVI presiederà la Celebrazione Eucaristica nel corso della quale amministrerà il Sacramento del Battesimo ad alcuni bambini.















L’UDIENZA GENERALE



L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

Nel discorso in lingua italiana, il Papa si è soffermato sul mistero del Natale ormai prossimo.

Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.

L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.


CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Cari fratelli e sorelle!

Con quest’ultima Udienza prima delle Festività Natalizie, ci avviciniamo, trepidanti e pieni di stupore, al "luogo" dove per noi e per la nostra salvezza tutto ha avuto inizio, dove tutto ha trovato un compimento, là dove si sono incontrate e incrociate le attese del mondo e del cuore umano con la presenza di Dio. Possiamo già ora pregustare la gioia per quella piccola luce che si intravede, che dalla grotta di Betlemme comincia ad irradiarsi sul mondo. Nel cammino dell’Avvento, che la liturgia ci ha invitato a vivere, siamo stati accompagnati ad accogliere con disponibilità e riconoscenza il grande Avvenimento della venuta del Salvatore e a contemplare pieni di meraviglia il suo ingresso nel mondo.

L’attesa gioiosa, caratteristica dei giorni che precedono il Santo Natale, è certamente l’atteggiamento fondamentale del cristiano che desidera vivere con frutto il rinnovato incontro con Colui che viene ad abitare in mezzo a noi: Cristo Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo. Ritroviamo questa disposizione del cuore, e la facciamo nostra, in coloro che per primi accolsero la venuta del Messia: Zaccaria ed Elisabetta, i pastori, il popolo semplice, e specialmente Maria e Giuseppe, i quali in prima persona hanno provato la trepidazione, ma soprattutto la gioia per il mistero di questa nascita. Tutto l’Antico Testamento costituisce un’unica grande promessa, che doveva compiersi con la venuta di un salvatore potente. Ce ne dà testimonianza in particolare il libro del profeta Isaia, il quale ci parla del travaglio della storia e dell’intera creazione per una redenzione destinata a ridonare nuove energie e nuovo orientamento al mondo intero. Così, accanto all’attesa dei personaggi delle Sacre Scritture, trova spazio e significato, attraverso i secoli, anche la nostra attesa, quella che in questi giorni stiamo sperimentando e quella che ci mantiene desti per l’intero cammino della nostra vita. Tutta l’esistenza umana, infatti, è animata da questo profondo sentimento, dal desiderio che quanto di più vero, di più bello e di più grande abbiamo intravisto e intuito con la mente ed il cuore, possa venirci incontro e davanti ai nostri occhi diventi concreto e ci risollevi.

"Ecco viene il Signore onnipotente: sarà chiamato Emmanuele, Dio-con-noi" (Antifona d’ingresso, S. Messa del 21 dicembre). Frequentemente, in questi giorni, ripetiamo queste parole. Nel tempo della liturgia, che riattualizza il Mistero, è ormai alle porte Colui che viene a salvarci dal peccato e dalla morte, Colui che, dopo la disobbedienza di Adamo ed Eva, ci riabbraccia e spalanca per noi l’accesso alla vita vera. Lo spiega sant’Ireneo, nel suo trattato "Contro le eresie", quando afferma: "Il Figlio stesso di Dio scese «in una carne simile a quella del peccato» (Rm 8,3) per condannare il peccato, e, dopo averlo condannato, escluderlo completamente dal genere umano. Chiamò l’uomo alla somiglianza con se stesso, lo fece imitatore di Dio, lo avviò sulla strada indicata dal Padre perché potesse vedere Dio, e gli diede in dono lo stesso Padre" (III, 20, 2-3).

Ci appaiono alcune idee preferite di sant’Ireneo, che Dio con il Bambino Gesù ci richiama alla somiglianza con se stesso. Vediamo com’è Dio. E così ci ricorda che noi dovremmo essere simili a Dio. E dobbiamo imitarlo. Dio si è donato, Dio si è donato nelle nostre mani. Dobbiamo imitare Dio. E infine l’idea che così possiamo vedere Dio. Un’idea centrale di sant’Ireneo: l’uomo non vede Dio, non può vederlo, e così è nel buio sulla verità, su se stesso. Ma l’uomo che non può vedere Dio, può vedere Gesù. E così vede Dio, così comincia a vedere la verità, così comincia a vivere.

Il Salvatore, dunque, viene per ridurre all’impotenza l’opera del male e tutto ciò che ancora può tenerci lontani da Dio, per restituirci all’antico splendore e alla primitiva paternità. Con la sua venuta tra noi, Dio ci indica e ci assegna anche un compito: proprio quello di essere somiglianti a Lui e di tendere alla vera vita, di arrivare alla visione di Dio nel volto di Cristo. Ancora sant’Ireneo afferma: "Il Verbo di Dio pose la sua abitazione tra gli uomini e si fece Figlio dell’uomo, per abituare l’uomo a percepire Dio e per abituare Dio a mettere la sua dimora nell’uomo secondo la volontà del Padre. Per questo, Dio ci ha dato come «segno» della nostra salvezza colui che, nato dalla Vergine, è l’Emmanuele" (ibidem). Anche qui c’è un’idea centrale molto bella di sant’Ireneo: dobbiamo abituarci a percepire Dio. Dio è normalmente lontano dalla nostra vita, dalle nostre idee, dal nostro agire. È venuto vicino a noi e dobbiamo abituarci a essere con Dio. E audacemente Ireneo osa dire che anche Dio deve abituarsi a essere con noi e in noi. E che Dio forse dovrebbe accompagnarci a Natale, abituarci a Dio, come Dio si deve abituare a noi, alla nostra povertà e fragilità. La venuta del Signore, perciò, non può avere altro scopo che quello di insegnarci a vedere e ad amare gli avvenimenti, il mondo e tutto ciò che ci circonda, con gli occhi stessi di Dio. Il Verbo fatto bambino ci aiuta a comprendere il modo di agire di Dio, affinché siamo capaci di lasciarci sempre più trasformare dalla sua bontà e dalla sua infinita misericordia.

Nella notte del mondo, lasciamoci ancora sorprendere e illuminare da questo atto di Dio, che è totalmente inaspettato: Dio si fa Bambino. Lasciamoci sorprendere, illuminare dalla Stella che ha inondato di gioia l’universo. Gesù Bambino, giungendo a noi, non ci trovi impreparati, impegnati soltanto a rendere più bella la realtà esteriore. La cura che poniamo per rendere più splendenti le nostre strade e le nostre case ci spinga ancora di più a predisporre il nostro animo ad incontrare Colui che verrà a visitarci, che è la vera bellezza e la vera luce. Purifichiamo quindi la nostra coscienza e la nostra vita da ciò che è contrario a questa venuta: pensieri, parole, atteggiamenti e azioni, spronandoci a compiere il bene e a contribuire a realizzare in questo nostro mondo la pace e la giustizia per ogni uomo e a camminare così incontro al Signore.

Segno caratteristico del tempo natalizio è il presepe. Anche in Piazza San Pietro, secondo la consuetudine, è quasi pronto e idealmente si affaccia su Roma e sul mondo intero, rappresentando la bellezza del Mistero del Dio che si è fatto uomo e ha posto la sua tenda in mezzo a noi (cfr Gv 1,14). Il presepe è espressione della nostra attesa, che Dio si avvicina a noi, che Gesù si avvicina a noi, ma è anche espressione del rendimento di grazie a Colui che ha deciso di condividere la nostra condizione umana, nella povertà e nella semplicità. Mi rallegro perché rimane viva e, anzi, si riscopre la tradizione di preparare il presepe nelle case, nei posti di lavoro, nei luoghi di ritrovo. Questa genuina testimonianza di fede cristiana possa offrire anche oggi per tutti gli uomini di buona volontà una suggestiva icona dell’amore infinito del Padre verso noi tutti. I cuori dei bambini e degli adulti possano ancora sorprendersi di fronte ad essa.

Cari fratelli e sorelle, la Vergine Maria e san Giuseppe ci aiutino a vivere il Mistero del Natale con rinnovata gratitudine al Signore. In mezzo all’attività frenetica dei nostri giorni, questo tempo ci doni un po’ di calma e di gioia e ci faccia toccare con mano la bontà del nostro Dio, che si fa Bambino per salvarci e dare nuovo coraggio e nuova luce al nostro cammino. E’ questo il mio augurio per un santo e felice Natale: lo rivolgo con affetto a voi qui presenti, ai vostri familiari, in particolare ai malati e ai sofferenti, come pure alle vostre comunità e a quanti vi sono cari.



SINTESI DELLA CATECHESI NELLE DIVERSE LINGUE



○ Sintesi della catechesi in lingua francese

Chers Frères et Sœurs,

L’attente joyeuse qui caractérise le temps de l’Avent est l’attitude fondamentale du chrétien qui désire rencontrer ‘l’Emmanuel’ : le ‘Dieu-avec-nous’. Alors que s’achève ce temps, remplis d’étonnement, nous nous approchons du « lieu » où, dans la nuit du monde, pour nous et pour notre salut, tout a commencé. Puissions-nous avoir devant cette lumière de Bethléem qui commence à s’irradier sur le monde, un avant-goût de la joie éprouvée par Zacharie et Elisabeth. Il est proche Celui qui nous donne accès à la vraie vie et nous rend à la splendeur des origines. Il nous appelle à lui ressembler. Il nous apprend à regarder et à aimer les événements et le monde avec les yeux mêmes de Dieu. Puisse la crèche, signe émouvant et caractéristique de la beauté du Mystère de l’Incarnation, offrir à tous les hommes de bonne volonté une icône de l’amour infini de Dieu. Chers frères et sœurs, que la Vierge Marie et Saint Joseph nous aident à vivre ce Mystère avec une gratitude renouvelée au Seigneur ! Puisse le temps de Noël nous apporter une joie profonde et nous faire toucher du doigt la bonté de notre Dieu ! Ce sont les vœux que j’offre à tous, notamment aux malades et à ceux qui souffrent, ainsi qu’à vos communautés, à vos familles et aux personnes qui vous sont proches.

Je salue cordialement les pèlerins francophones, en particulier les étudiants de l’enseignement catholique de la région de Lyon, ainsi que la délégation de la Croix-Rouge française et les missionnaires de la divine Miséricorde accompagnés de Mgr Rey, Évêque de Fréjus-Toulon. Que votre préparation aux fêtes qui approchent ne soit pas seulement matérielle, mais qu’elle soit aussi l’occasion de purifier vos cœurs de tout ce qui les empêche d’accueillir le Sauveur qui vient. Joyeux Noël à tous !


○ Sintesi della catechesi in lingua inglese

Dear Brothers and Sisters,

In these last days before Christmas, the Church invites us to contemplate the mystery of Christ’s Birth and to receive the gift of his presence, which is the fulfilment of humanity’s deepest hopes and expectations. We share in the quiet joy which filled the hearts of Mary and Joseph, and all those who first welcomed the promised Saviour, who is Emmanuel, God-with-us. By taking our flesh, the Lord saved us from the sin of our first parents; now he bids us to become like him, to see the world through his eyes and to let our hearts be transformed by his infinite goodness and mercy. This Christmas, may the Christ Child find all of us spiritually prepared for his coming. The traditional Christmas crib, which families prepare in these days, is an eloquent sign of our expectation of the Lord who comes. May the wonderment that the crib evokes in children and adults alike bring us closer to the mystery of God’s love revealed in the incarnation of his beloved Son. Let us ask the Virgin Mary and Saint Joseph to help us contemplate this great mystery with renewed joy and gratitude.

I offer a warm welcome to the English-speaking pilgrims and visitors present at today’s Audience. To all of you, and especially the children, I offer my heartfelt good wishes for a serene and joy-filled Christmas!


○ Sintesi della catechesi in lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern!

Mit dieser Audienz unmittelbar vor Weihnachten wollen wir uns ein wenig einstimmen auf das Geheimnis der Heiligen Nacht. Wir schauen schon jetzt auf den Ort – auf Betlehem und die Krippe –, wo für uns und zu unserem Heil alles begonnen hat und wo die Erwartungen der Welt und die Hoffnungen unseres Herzens sich mit der Antwort Gottes begegnen. Freudige Erwartung kennzeichnet die Tage vor Weihnachten. Davon kündet auf seine Art schon der Prophet Jesaja, der in vielfältiger Weise die Erwartung der Geschichte, die Erwartung Israels auf eine erneuerte Welt, auf Freiheit und Friede von Gott her ausgesprochen hat, eine Welt, in der Gott selbst Orientierung schenkt. Die Hoffnung Israels, die vor allem in den prophetischen Büchern aufklingt, ist aber konkrete Gestaltung einer Hoffnung, die in jedem Menschen lebt. Denn alle Menschen erwarten irgendwie eine andere Welt, das Große, das Neue, das Schöne, das Wahre, das Gute, den Frieden und die Liebe aller Menschen in der Welt. Gottes Antwort auf unsere Hoffnungen, auf die Verheißungen, die er uns gibt, ist oft überraschend, ganz anders, als wir sie uns vorstellen: Gott schenkt sich als Kind. Darüber können wir uns zuerst nur staunend wundern. Es ist die größte Überraschung, die wir uns vorstellen konnten: Gott wird Kind und gibt sich in unsere Hände. Er bettelt gleichsam um unsere Liebe und macht sich abhängig von uns. Dafür sollen wir still werden, froh werden und uns von dieser Überraschung Gottes berühren, uns von ihm anrühren und verändern lassen, um uns so wieder selbst zur Ähnlichkeit mit Gott zurückzurufen; denn in dieser Gebärde, im ganzen Leben Jesu sehen wir, wie Gott ist, wie das Abbild Gottes sein müßte, wie wir sein müßten. Und so hilft er uns auch, Gott zu sehen, den wir nicht wahrnehmen in dieser Welt, den wir aber im Gesicht Jesu Christi, in seiner Gestalt sehen können, so daß wir zu ihm hin leben können. So stellt uns der Erlöser mit dem Geschenk seiner selbst die Aufgabe, ihm ähnlicher zu werden, um tiefer zu erkennen, wie er die Welt liebt und in seiner Liebe mitzulieben. Das Ewige Wort Gottes, das zum Kind geworden ist, helfe uns, das Handeln Gottes, sein Sein zu verstehen, um uns mehr und mehr von seiner Güte und Liebe formen zu lassen.

Ganz herzlich grüße ich die Pilger und Besucher aus den Ländern deutscher Sprache. Wir freuen uns über den weihnachtlichen Schmuck in unseren Städten und Häusern. Aber lassen wir das nicht Äußerlichkeit sein, die veräußerlicht, sondern bereiten wir uns inwendig für die Schönheit Gottes, versuchen wir inwendig uns zu reinigen, so daß Gott in uns Platz finden kann. Der Herr segne euch alle und schenke euch allen ein gnadenreiches Weihnachtsfest.


○ Sintesi della catechesi in lingua spagnola

Queridos hermanos y hermanas:

En la espera gozosa que caracteriza los días que preceden a la Navidad, nos acercamos al "lugar" donde ha iniciado nuestra salvación, donde todo encuentra cumplimiento y se cruza la espera del mundo y el corazón humano. Nos alegramos por la pequeña luz que se vislumbra en la gruta de Belén y que se irradia sobre el mundo. En el camino del Adviento, se nos invita a acoger con disponibilidad y a contemplar con admiración el gran acontecimiento de la venida del Salvador, como ora la Iglesia en su liturgia: Muy pronto vendrá el Señor, que domina los pueblos, y se llamará Emmanuel, porque tendremos a Dios-con-nosotros. El Verbo hecho Niño ayuda a comprender el modo de actuar de Dios, transforma al hombre por su bondad y misericordia, purifica la conciencia y la vida de todo lo que es contrario a su venida: pensamientos, palabras, actitudes y acciones. La tradición de preparar el pesebre en las casas, en los lugares de trabajo, en los sitios de encuentro, ha de ser cada vez más un signo auténtico del tiempo de Navidad, mostrándose como expresión de nuestra espera y acción de gracias a Aquel que ha decidido compartir nuestra condición humana, en la pobreza y en la sencillez. El pesebre, como genuino testimonio de fe cristiana, puede ofrecer aún hoy a los hombres de buena voluntad una sugestiva imagen del amor infinito del Padre.

Saludo a los grupos de lengua española, en particular a los peregrinos de Alange y Córdoba, así como a los demás fieles provenientes de España, México y otros países latinoamericanos. Deseo a todos una feliz Navidad y os invito a preparar vuestro corazón para recibir al Niño Jesús. Que la Virgen María y San José nos ayuden a vivir el Misterio de este tiempo santo con renovada gratitud al Señor, ofreciendo a los demás paz y alegría. Muchas gracias.


○ Sintesi della catechesi in lingua portoghese

Queridos irmãos e irmãs,

No tempo próprio da Liturgia, que actualiza o mistério, está para chegar o Deus Menino, nosso Salvador: Aquele que, depois da desobediência de Adão e Eva, nos abraça de novo e abre o acesso à vida verdadeira. Ele vem para reduzir à impotência a obra do maligno e tudo aquilo que nos faz andar longe de Deus. O Verbo feito menino ajuda-nos a compreender o modo de agir de Deus, para sermos capazes de nos deixar transformar pela sua bondade e misericórdia infinita. A sua vinda serve para nos ensinar a ver e a amar os acontecimentos da vida, o mundo e tudo aquilo que nos rodeia com os próprios olhos de Deus. No meio da actividade frenética dos nossos dias, possa este tempo natalício trazer-nos um pouco de calma e tanta alegria, fazendo-nos sentir a bondade do nosso Deus que Se faz menino para nos salvar e dar nova coragem e nova luz ao nosso caminho.

Amados peregrinos de língua portuguesa, a minha cordial saudação de boas vindas para todos, com votos de um santo Natal, portador das consolações e graças do Deus Menino: nos vossos corações, famílias e comunidades, resplandeça a luz do Salvador, que nos revela o rosto terno e misericordioso do Pai do Céu. Em seu Nome, eu vos abençoo, pedindo a Deus um Ano Novo sereno e feliz para todos.



SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE


○ Saluto in lingua polacca

Serdeczne pozdrowienie kieruję do Polaków.

„W tym objawiła się miłość Boga ku nam, że zesłał Syna swego Jednorodzonego na świat, abyśmy życie mieli dzięki Niemu" (1J 4, 9). Życzę wszystkim głębokiego przeżycia świąt Bożego Narodzenia. Osobiste, pełne wiary spotkanie z Chrystusem, wcieloną Miłością Boga, niech budzi nadzieję, daje pokój i radość; niech otwiera serca na światło Ducha Świętego, aby przewodziło w drodze do szczęścia. Niech Bóg wam błogosławi!

[Un cordiale saluto rivolgo ai polacchi.

„In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui" (1Gv 4, 9). Auguro a tutti una profonda partecipazione alla solennità del Natale. L’incontro personale e pieno di fede con Cristo, l’amore Incarnato, risvegli la speranza, doni la pace e la gioia; apra i cuori alla luce dello Spirito Santo, affinché ci guidi sulle vie della felicità. Dio vi benedica!]


○ Saluto in lingua italiana

Rivolgo ora un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, ricordando, in modo speciale, gli Zampognari di Bojano e la delegazione del Comune di Bolsena.

Desidero, poi, salutare i giovani, i malati e gli sposi novelli. A pochi giorni dalla solennità del Natale, possa l'amore, che Dio manifesta all'umanità nella nascita di Cristo, accrescere in voi, cari giovani, il desiderio di servire generosamente i fratelli. Sia per voi, cari malati, fonte di conforto e di serenità, perché il Signore viene a visitarci, recando consolazione e speranza. Ispiri voi, cari sposi novelli, a consolidare la vostra promessa di amore e di reciproca fedeltà.
+PetaloNero+
00giovedì 23 dicembre 2010 15:29
RINUNCE E NOMINE




NOMINA DELL’ARCIVESCOVO METROPOLITA DI PRETORIA E ORDINARIO MILITARE PER IL SUD AFRICA

Il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato Arcivescovo Metropolita di Pretoria e Ordinario Militare per il Sud Africa S.E. Mons. William Slattery, O.F.M., finora Vescovo di Kokstad.



NOMINA DEL VESCOVO DI KIMBERLEY (SUD AFRICA)

Il Papa ha nominato Vescovo di Kimberley (Sud Africa) il Rev.do Mons. Abel Gabuza, Amministratore Apostolico dell’arcidiocesi di Pretoria.

Rev.do Mons. Abel Gabuza
Il Rev.do Mons. Abel Gabuza è nato il 23 marzo 1955 ad Alexandra, nell’arcidiocesi di Johannesburg. Dopo aver completato gli studi secondari nel Seminario Minore St. Paul ad Hammanskraal, è entrato al Seminario Maggiore St. Peter, sempre ad Hammanskraal, dove ha svolto gli studi di Filosofia, prima di trasferirsi al Seminario Maggiore Nazionale di St. John Vianney, per completare gli studi teologici.
È stato ordinato sacerdote il 15 dicembre 1984, nella Cattedrale del Sacro Cuore di Pretoria, ed incardinato nella medesima arcidiocesi.
Dopo l’ordinazione sacerdotale ha ricoperto i seguenti ministeri: 1985-1987: Assistente parrocchiale nella Parrocchia di St. Oliver, a Tweefontein, allora Ndebele Homeland, e in quella di St. Charles Lwanga, a Soshanguve; 1987-1988: inviato a proseguire gli studi teologici presso la Jesuit School of Theology, Università di Berkeley, California (U.S.A.), conseguendo un Master in Teologia; 1989-1990: Professore al Seminario Propedeutico St. Paul, a Hammanskraal; 1991-1994: Rettore del medesimo Seminario Propedeutico, che è stato poi trasferito a Cape Town e ha cambiato nome in St. Francis Xavier; 1995-1996: nuovamente Parroco di St. Charles Lwanga, a Soshanguve; 1996-1999: Parroco di Maria Regina a Lyttleton; 1999-2001: Vicario Generale dell’Arcidiocesi di Pretoria; 2001-2009: Parroco di St. Thomas Moore, a Monavoni.
Dal 2009 è Amministratore Apostolico di Pretoria.



NOMINA DEL SEGRETARIO DELLA CONGREGAZIONE PER L’EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI

Il Santo Padre ha nominato Segretario della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli il Rev.do Don Savio Hon Tai-Fai, S.D.B., Professore di Teologia nel Seminario di Hong Kong, Membro della Commissione Teologica Internazionale ed Accademico ordinario della Pontificia Accademia di Teologia, elevandolo in pari tempo alla sede titolare di Sila, con dignità di Arcivescovo.

Rev.do Don Savio Hon Tai-Fai, S.D.B.

Il Rev.do Don Savio Hon Tai-Fai, S.D.B., è nato a Hong Kong il 21 ottobre 1950.

Compiuti gli studi negli Studentati Salesiani, ha emesso la prima Professione religiosa il 15 agosto 1969, quella perpetua il 15 agosto 1975 ed è stato ordinato Sacerdote a Hong Kong il 17 luglio 1982.

Ha conseguito il baccalaureato in Filosofia presso l'Università di Londra ed il dottorato in Teologia presso la Pontificia Università Salesiana di Roma.

Ha ricoperto diversi incarichi all'interno del suo Istituto, tra cui: Segretario provinciale, Rettore della Casa provincializia, Delegato provinciale delle comunicazioni sociali, Moderatore e Presidente in più Capitoli provinciali, Vice-Provinciale, Provinciale, Delegato in più Capitoli generali, Moderatore del Capitolo generale del 2002.

Ha svolto attività di insegnamento come Professore invitato in vari Seminari della Cina.

L'attività scientifica si è manifestata in diverse pubblicazioni, soprattutto di Teologia. Inoltre è stato responsabile della traduzione in cinese del Catechismo della Chiesa Cattolica.

Appartiene alla Provincia Salesiana della Cina (Cina, Hong Kong, Macao, Taiwan).

È Accademico ordinario della Pontificia Accademia di Teologia dal 1999.

È Membro della Commissione Teologica Internazionale dal 2004.

È Professore di Teologia nel Seminario di Hong Kong.



NOMINA DI MEMBRO DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

Il Papa ha nominato Membro della Congregazione per la Dottrina della Fede S.E. Mons. Francesco Coccopalmerio, Presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi.
+PetaloNero+
00venerdì 24 dicembre 2010 17:20
MESSAGGIO NATALIZIO DEL SANTO PADRE REGISTRATO PER IL PROGRAMMA "THOUGHT FOR THE DAY" DELLA BBC


Questa mattina la BBC di Londra ha trasmesso un radiomessaggio, registrato mercoledì scorso dal Santo Padre Benedetto XVI per il programma "Thought for the Day", con il quale - nel ricordo della visita compiuta nello scorso mese di settembre - il Papa invia gli auguri di Natale agli abitanti del Regno Unito ed a tutti gli ascoltatori.
Riportiamo di seguito la trascrizione del radiomessaggio del Santo Padre:


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

Recalling with great fondness my four-day visit to the United Kingdom last September, I am glad to have the opportunity to greet you once again, and indeed to greet listeners everywhere as we prepare to celebrate the birth of Christ. Our thoughts turn back to a moment in history when God's chosen people, the children of Israel, were living in intense expectation. They were waiting for the Messiah that God had promised to send, and they pictured him as a great leader who would rescue them from foreign domination and restore their freedom.

God is always faithful to his promises, but he often surprises us in the way he fulfils them. The child that was born in Bethlehem did indeed bring liberation, but not only for the people of that time and place - he was to be the Saviour of all people throughout the world and throughout history. And it was not a political liberation that he brought, achieved through military means: rather, Christ destroyed death for ever and restored life by means of his shameful death on the Cross. And while he was born in poverty and obscurity, far from the centres of earthly power, he was none other than the Son of God. Out of love for us he took upon himself our human condition, our fragility, our vulnerability, and he opened up for us the path that leads to the fullness of life, to a share in the life of God himself. As we ponder this great mystery in our hearts this Christmas, let us give thanks to God for his goodness to us, and let us joyfully proclaim to those around us the good news that God offers us freedom from whatever weighs us down: he gives us hope, he brings us life.

Dear Friends from Scotland, England, Wales, and indeed every part of the English-speaking world, I want you to know that I keep all of you very much in my prayers during this Holy Season. I pray for your families, for your children, for those who are sick, and for those who are going through any form of hardship at this time. I pray especially for the elderly and for those who are approaching the end of their days. I ask Christ, the light of the nations, to dispel whatever darkness there may be in your lives and to grant to every one of you the grace of a peaceful and joyful Christmas. May God bless all of you!



TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA

Ricordando con grande tenerezza la mia visita di quattro giorni nel Regno Unito nel settembre scorso, sono lieto di avere l’opportunità di rivolgere nuovamente a voi il mio saluto, e anzi di rivolgere i miei auguri agli ascoltatori dovunque si trovino, mentre ci prepariamo a celebrare la nascita di Cristo. I nostri pensieri ritornano a un momento della storia in cui il popolo scelto da Dio, i figli di Israele, vivevano un’attesa intensa. Aspettavano il Messia che Dio aveva promesso di inviare, e lo descrivevano come un grande leader che li avrebbe riscattati dal dominio straniero e avrebbe restaurato la loro libertà.

Dio è sempre fedele alle sue promesse, ma spesso ci sorprende nel modo di compierle. Il bimbo nato a Betlemme ha portato sì la liberazione, ma non solo per le persone di quel tempo e di quel luogo – egli sarebbe stato il Salvatore di tutti, in ogni luogo del mondo e in ogni tempo della storia. E la liberazione che egli ha portato non era politica, attuata con mezzi militari: al contrario, Cristo ha distrutto la morte per sempre e rinnovato la vita per mezzo della sua morte obbrobriosa sulla croce. E benché sia nato nella povertà e nel nascondimento, lontano dai centri del potere terreno, egli era lo stesso Figlio di Dio. Per amore nostro egli ha preso su di sé la nostra condizione umana, la nostra fragilità, la nostra vulnerabilità, e ha aperto per noi la via che porta alla pienezza della vita, alla partecipazione alla vita stessa di Dio. Mentre meditiamo nei nostri cuori su questo grande mistero in questo Natale, ringraziamo Dio per la sua bontà verso di noi, e annunciamo con gioia a chi è intorno a noi la buona notizia che Dio ci offre la libertà da tutto ciò che ci opprime: ci dona speranza, ci porta vita.

Cari amici della Scozia, dell’Inghilterra, del Galles, e di ogni parte del mondo di lingua inglese, desidero che sappiate che vi tengo tutti molto presenti nelle mie preghiere in questo tempo santo. Prego per le vostre famiglie, per i vostri figli, per i malati, per tutti coloro che soffrono per qualsiasi difficoltà in questo tempo. Prego specialmente per gli anziani e coloro che si avvicinano alla fine dei loro giorni. Chiedo a Cristo, luce delle nazioni, di allontanare ogni oscurità dalle vostre vite e di donare a ognuno di voi la grazia di un Natale di pace e di gioia. Il Signore vi benedica tutti.


+PetaloNero+
00sabato 25 dicembre 2010 15:29
SOLENNITÀ DEL NATALE DEL SIGNORE

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI



Basilica Vaticana
Venerdì, 24 dicembre 2010



Cari fratelli e sorelle!

„Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato“ – con questa parola del Salmo secondo, la Chiesa inizia la liturgia della Notte Santa. Essa sa che questa parola originariamente apparteneva al rituale dell’incoronazione dei re d’Israele. Il re, che di per sé è un essere umano come gli altri uomini, diventa “figlio di Dio” mediante la chiamata e l’insediamento nel suo ufficio: è una specie di adozione da parte di Dio, un atto di decisione, mediante il quale Egli dona a quell’uomo una nuova esistenza, lo attrae nel suo proprio essere. In modo ancora più chiaro la lettura tratta dal profeta Isaia, che abbiamo appena ascoltato, presenta lo stesso processo in una situazione di travaglio e di minaccia per Israele: “Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere” (9,5). L’insediamento nell’ufficio del re è come una nuova nascita. Proprio come nuovo nato dalla decisione personale di Dio, come bambino proveniente da Dio, il re costituisce una speranza. Sulle sue spalle poggia il futuro. Egli è il detentore della promessa di pace. Nella notte di Betlemme, questa parola profetica è diventata realtà in un modo che al tempo di Isaia sarebbe stato ancora inimmaginabile. Sì, ora è veramente un bambino Colui sulle cui spalle è il potere. In Lui appare la nuova regalità che Dio istituisce nel mondo. Questo bambino è veramente nato da Dio. È la Parola eterna di Dio, che unisce l’una all’altra umanità e divinità. Per questo bambino valgono i titoli di dignità che il cantico d’incoronazione di Isaia gli attribuisce: Consigliere mirabile – Dio potente – Padre per sempre – Principe della pace (9,5). Sì, questo re non ha bisogno di consiglieri appartenenti ai sapienti del mondo. Egli porta in se stesso la sapienza e il consiglio di Dio. Proprio nella debolezza dell’essere bambino Egli è il Dio forte e ci mostra così, di fronte ai poteri millantatori del mondo, la fortezza propria di Dio.

Le parole del rituale dell’incoronazione in Israele, in verità, erano sempre soltanto rituali di speranza, che prevedevano da lontano un futuro che sarebbe stato donato da Dio. Nessuno dei re salutati in questo modo corrispondeva alla sublimità di tali parole. In loro, tutte le parole sulla figliolanza di Dio, sull’insediamento nell’eredità delle genti, sul dominio delle terre lontane (Sal 2,8) restavano solo rimando a un avvenire – quasi cartelli segnaletici della speranza, indicazioni che conducevano verso un futuro che in quel momento era ancora inconcepibile. Così l’adempimento della parola che inizia nella notte di Betlemme è al contempo immensamente più grande e – dal punto di vista del mondo – più umile di ciò che la parola profetica lasciava intuire. È più grande, perché questo bambino è veramente Figlio di Dio, veramente “Dio da Dio, Luce da Luce, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre”. L’infinita distanza tra Dio e l’uomo è superata. Dio non si è soltanto chinato verso il basso, come dicono i Salmi; Egli è veramente “disceso”, entrato nel mondo, diventato uno di noi per attrarci tutti a sé. Questo bambino è veramente l’Emmanuele – il Dio-con-noi. Il suo regno si estende veramente fino ai confini della terra. Nella vastità universale della santa Eucaristia, Egli ha veramente eretto isole di pace. Ovunque essa viene celebrata si ha un’isola di pace, di quella pace che è propria di Dio. Questo bambino ha acceso negli uomini la luce della bontà e ha dato loro la forza di resistere alla tirannia del potere. In ogni generazione Egli costruisce il suo regno dal di dentro, a partire dal cuore. Ma è anche vero che “il bastone dell’aguzzino” non è stato spezzato. Anche oggi marciano rimbombanti i calzari dei soldati e sempre ancora e sempre di nuovo c’è il “mantello intriso di sangue” (Is 9,3s). Così fa parte di questa notte la gioia per la vicinanza di Dio. Ringraziamo perché Dio, come bambino, si dà nelle nostre mani, mendica, per così dire, il nostro amore, infonde la sua pace nel nostro cuore. Questa gioia, tuttavia, è anche una preghiera: Signore, realizza totalmente la tua promessa. Spezza i bastoni degli aguzzini. Brucia i calzari rimbombanti. Fa che finisca il tempo dei mantelli intrisi di sangue. Realizza la promessa: “La pace non avrà fine” (Is 9,6). Ti ringraziamo per la tua bontà, ma ti preghiamo anche: mostra la tua potenza. Erigi nel mondo il dominio della tua verità, del tuo amore – il “regno della giustizia, dell’amore e della pace”.

“Maria diede alla luce il suo figlio primogenito” (Lc 2,7). Con questa frase, san Luca racconta, in modo assolutamente privo di pathos, il grande evento che le parole profetiche nella storia di Israele avevano intravisto in anticipo. Luca qualifica il bambino come “primogenito”. Nel linguaggio formatosi nella Sacra Scrittura dell’Antica Alleanza, “primogenito” non significa il primo di una serie di altri figli. La parola “primogenito” è un titolo d’onore, indipendentemente dalla questione se poi seguono altri fratelli e sorelle o no. Così, nel Libro dell’Esodo (Es 4,22), Israele viene chiamato da Dio “il mio figlio primogenito”, e con ciò si esprime la sua elezione, la sua dignità unica, l’amore particolare di Dio Padre. La Chiesa nascente sapeva che in Gesù questa parola aveva ricevuto una nuova profondità; che in Lui sono riassunte le promesse fatte ad Israele. Così la Lettera agli Ebrei chiama Gesù “il primogenito” semplicemente per qualificarLo, dopo le preparazioni nell’Antico Testamento, come il Figlio che Dio manda nel mondo (cfr Eb 1,5-7). Il primogenito appartiene in modo particolare a Dio, e per questo egli – come in molte religioni – doveva essere in modo particolare consegnato a Dio ed essere riscattato mediante un sacrificio sostitutivo, come san Luca racconta nell’episodio della presentazione di Gesù al tempio. Il primogenito appartiene a Dio in modo particolare, è, per così dire, destinato al sacrificio. Nel sacrificio di Gesù sulla croce, la destinazione del primogenito si compie in modo unico. In se stesso, Egli offre l’umanità a Dio e unisce uomo e Dio in modo tale che Dio sia tutto in tutti. San Paolo, nelle Lettere ai Colossesi e agli Efesini, ha ampliato ed approfondito l’idea di Gesù come primogenito: Gesù, ci dicono tali Lettere, è il Primogenito della creazione – il vero archetipo dell’uomo secondo cui Dio ha formato la creatura uomo. L’uomo può essere immagine di Dio, perché Gesù è Dio e Uomo, la vera immagine di Dio e dell’uomo. Egli è il primogenito dei morti, ci dicono inoltre queste Lettere. Nella Risurrezione, Egli ha sfondato il muro della morte per tutti noi. Ha aperto all’uomo la dimensione della vita eterna nella comunione con Dio. Infine, ci viene detto: Egli è il primogenito di molti fratelli. Sì, ora Egli è tuttavia il primo di una serie di fratelli, il primo, cioè, che inaugura per noi l’essere in comunione con Dio. Egli crea la vera fratellanza – non la fratellanza, deturpata dal peccato, di Caino ed Abele, di Romolo e Remo, ma la fratellanza nuova in cui siamo la famiglia stessa di Dio. Questa nuova famiglia di Dio inizia nel momento in cui Maria avvolge il “primogenito” in fasce e lo pone nella mangiatoia. Preghiamolo: Signore Gesù, tu che hai voluto nascere come primo di molti fratelli, donaci la vera fratellanza. Aiutaci perché diventiamo simili a te. Aiutaci a riconoscere nell’altro che ha bisogno di me, in coloro che soffrono o che sono abbandonati, in tutti gli uomini, il tuo volto, ed a vivere insieme con te come fratelli e sorelle per diventare una famiglia, la tua famiglia.

Il Vangelo di Natale ci racconta, alla fine, che una moltitudine di angeli dell’esercito celeste lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama.” (Lc 2,14). La Chiesa ha amplificato, nel Gloria, questa lode, che gli angeli hanno intonato di fronte all’evento della Notte Santa, facendone un inno di gioia sulla gloria di Dio. “Ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa”. Ti rendiamo grazie per la bellezza, per la grandezza, per la tua bontà, che in questa notte diventano visibili a noi. L’apparire della bellezza, del bello, ci rende lieti senza che dobbiamo interrogarci sulla sua utilità. La gloria di Dio, dalla quale proviene ogni bellezza, fa esplodere in noi lo stupore e la gioia. Chi intravede Dio prova gioia, e in questa notte vediamo qualcosa della sua luce. Ma anche degli uomini parla il messaggio degli angeli nella Notte Santa: “Pace agli uomini che egli ama”. La traduzione latina di tale parola, che usiamo nella liturgia e che risale a Girolamo, suona diversamente: “Pace agli uomini di buona volontà”. L’espressione “gli uomini di buona volontà” proprio negli ultimi decenni è entrata in modo particolare nel vocabolario della Chiesa. Ma quale traduzione è giusta? Dobbiamo leggere ambedue i testi insieme; solo così comprendiamo la parola degli angeli in modo giusto. Sarebbe sbagliata un’interpretazione che riconoscesse soltanto l’operare esclusivo di Dio, come se Egli non avesse chiamato l’uomo ad una risposta libera di amore. Sarebbe sbagliata, però, anche un’interpretazione moralizzante, secondo cui l’uomo con la sua buona volontà potrebbe, per così dire, redimere se stesso. Ambedue le cose vanno insieme: grazia e libertà; l’amore di Dio, che ci previene e senza il quale non potremmo amarLo, e la nostra risposta, che Egli attende e per la quale, nella nascita del suo Figlio, addirittura ci prega. L’intreccio di grazia e libertà, l’intreccio di chiamata e risposta non lo possiamo scindere in parti separate l’una dall’altra. Ambedue sono inscindibilmente intessute tra loro. Così questa parola è insieme promessa e chiamata. Dio ci ha prevenuto con il dono del suo Figlio. Sempre di nuovo Dio ci previene in modo inatteso. Non cessa di cercarci, di sollevarci ogniqualvolta ne abbiamo bisogno. Non abbandona la pecora smarrita nel deserto in cui si è persa. Dio non si lascia confondere dal nostro peccato. Egli ricomincia sempre nuovamente con noi. Tuttavia aspetta il nostro amare insieme con Lui. Egli ci ama affinché noi possiamo diventare persone che amano insieme con Lui e così possa esservi pace sulla terra.

Luca non ha detto che gli angeli hanno cantato. Egli scrive molto sobriamente: l’esercito celeste lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli…” (Lc 2,13s). Ma da sempre gli uomini sapevano che il parlare degli angeli è diverso da quello degli uomini; che proprio in questa notte del lieto messaggio esso è stato un canto in cui la gloria sublime di Dio ha brillato. Così questo canto degli angeli è stato percepito fin dall’inizio come musica proveniente da Dio, anzi, come invito ad unirsi nel canto, nella gioia del cuore per l’essere amati da Dio. Cantare amantis est, dice sant'Agostino: cantare è cosa di chi ama. Così, lungo i secoli, il canto degli angeli è diventato sempre nuovamente un canto di amore e di gioia, un canto di coloro che amano. In quest’ora noi ci associamo pieni di gratitudine a questo cantare di tutti i secoli, che unisce cielo e terra, angeli e uomini. Sì, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa. Ti ringraziamo per il tuo amore. Fa che diventiamo sempre di più persone che amano insieme con te e quindi persone di pace. Amen.




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MESSAGGIO NATALIZIO DEL SANTO PADRE E BENEDIZIONE URBI ET ORBI



Alle ore 12 di oggi, Solennità del Natale del Signore, dalla Loggia della Benedizione il Santo Padre Benedetto XVI rivolge il tradizionale Messaggio natalizio ai fedeli presenti in Piazza San Pietro e a quanti lo ascoltano attraverso la radio e la televisione.
Questo il testo del Messaggio del Santo Padre per il Natale 2010:


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

"Verbum caro factum est" - "Il Verbo si fece carne" (Gv 1,14).

Cari fratelli e sorelle, che mi ascoltate da Roma e dal mondo intero, con gioia vi annuncio il messaggio del Natale: Dio si è fatto uomo, è venuto ad abitare in mezzo a noi. Dio non è lontano: è vicino, anzi, è l’"Emmanuele", Dio-con-noi. Non è uno sconosciuto: ha un volto, quello di Gesù.

E’ un messaggio sempre nuovo, sempre sorprendente, perché oltrepassa ogni nostra più audace speranza. Soprattutto perché non è solo un annuncio: è un avvenimento, un accadimento, che testimoni credibili hanno veduto, udito, toccato nella Persona di Gesù di Nazareth! Stando con Lui, osservando i suoi atti e ascoltando le sue parole, hanno riconosciuto in Gesù il Messia; e vedendolo risorto, dopo che era stato crocifisso, hanno avuto la certezza che Lui, vero uomo, era al tempo stesso vero Dio, il Figlio unigenito venuto dal Padre, pieno di grazia e di verità (cfr Gv 1,14).

"Il Verbo si fece carne". Di fronte a questa rivelazione, riemerge ancora una volta in noi la domanda: come è possibile? Il Verbo e la carne sono realtà tra loro opposte; come può la Parola eterna e onnipotente diventare un uomo fragile e mortale? Non c’è che una risposta: l’Amore. Chi ama vuole condividere con l’amato, vuole essere unito a lui, e la Sacra Scrittura ci presenta proprio la grande storia dell’amore di Dio per il suo popolo, culminata in Gesù Cristo.

In realtà, Dio non cambia: Egli è fedele a Se stesso. Colui che ha creato il mondo è lo stesso che ha chiamato Abramo e che ha rivelato il proprio Nome a Mosè: Io sono colui che sono … il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe … Dio misericordioso e pietoso, ricco di amore e di fedeltà (cfr Es 3,14-15; 34,6). Dio non muta, Egli è Amore da sempre e per sempre. E’ in Se stesso Comunione, Unità nella Trinità, ed ogni sua opera e parola mira alla comunione. L’incarnazione è il culmine della creazione. Quando nel grembo di Maria, per la volontà del Padre e l’azione dello Spirito Santo, si formò Gesù, Figlio di Dio fatto uomo, il creato raggiunse il suo vertice. Il principio ordinatore dell’universo, il Logos, incominciava ad esistere nel mondo, in un tempo e in uno spazio.

"Il Verbo si fece carne". La luce di questa verità si manifesta a chi la accoglie con fede, perché è un mistero d’amore. Solo quanti si aprono all’amore sono avvolti dalla luce del Natale. Così fu nella notte di Betlemme, e così è anche oggi. L’incarnazione del Figlio di Dio è un avvenimento che è accaduto nella storia, ma nello stesso tempo la oltrepassa. Nella notte del mondo si accende una luce nuova, che si lascia vedere dagli occhi semplici della fede, dal cuore mite e umile di chi attende il Salvatore. Se la verità fosse solo una formula matematica, in un certo senso si imporrebbe da sé. Se invece la Verità è Amore, domanda la fede, il "sì" del nostro cuore.

E che cosa cerca, in effetti, il nostro cuore, se non una Verità che sia Amore? La cerca il bambino, con le sue domande, così disarmanti e stimolanti; la cerca il giovane, bisognoso di trovare il senso profondo della propria vita; la cercano l’uomo e la donna nella loro maturità, per guidare e sostenere l’impegno nella famiglia e nel lavoro; la cerca la persona anziana, per dare compimento all’esistenza terrena.

"Il Verbo si fece carne". L’annuncio del Natale è luce anche per i popoli, per il cammino collettivo dell’umanità. L’"Emmanuele", Dio-con-noi, è venuto come Re di giustizia e di pace. Il suo Regno – lo sappiamo – non è di questo mondo, eppure è più importante di tutti i regni di questo mondo. E’ come il lievito dell’umanità: se mancasse, verrebbe meno la forza che manda avanti il vero sviluppo: la spinta a collaborare per il bene comune, al servizio disinteressato del prossimo, alla lotta pacifica per la giustizia. Credere nel Dio che ha voluto condividere la nostra storia è un costante incoraggiamento ad impegnarsi in essa, anche in mezzo alle sue contraddizioni. E’ motivo di speranza per tutti coloro la cui dignità è offesa e violata, perché Colui che è nato a Betlemme è venuto a liberare l’uomo dalla radice di ogni schiavitù.

La luce del Natale risplenda nuovamente in quella Terra dove Gesù è nato e ispiri Israeliani e Palestinesi nel ricercare una convivenza giusta e pacifica. L’annuncio consolante della venuta dell’Emmanuele lenisca il dolore e consoli nelle prove le care comunità cristiane in Iraq e in tutto il Medio Oriente, donando loro conforto e speranza per il futuro ed animando i Responsabili delle Nazioni ad una fattiva solidarietà verso di esse. Ciò avvenga anche in favore di coloro che ad Haiti soffrono ancora per le conseguenze del devastante terremoto e della recente epidemia di colera. Così pure non vengano dimenticati coloro che in Colombia ed in Venezuela, ma anche in Guatemala e in Costa Rica, hanno subito le recenti calamità naturali.

La nascita del Salvatore apra prospettive di pace duratura e di autentico progresso alle popolazioni della Somalia, del Darfur e della Costa d’Avorio; promuova la stabilità politica e sociale del Madagascar; porti sicurezza e rispetto dei diritti umani in Afghanistan e in Pakistan; incoraggi il dialogo fra Nicaragua e Costa Rica; favorisca la riconciliazione nella Penisola Coreana.

La celebrazione della nascita del Redentore rafforzi lo spirito di fede, di pazienza e di coraggio nei fedeli della Chiesa nella Cina continentale, affinché non si perdano d’animo per le limitazioni alla loro libertà di religione e di coscienza e, perseverando nella fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa, mantengano viva la fiamma della speranza. L’amore del "Dio con noi" doni perseveranza a tutte le comunità cristiane che soffrono discriminazione e persecuzione, ed ispiri i leader politici e religiosi ad impegnarsi per il pieno rispetto della libertà religiosa di tutti. Cari fratelli e sorelle, "il Verbo si fece carne", è venuto ad abitare in mezzo a noi, è l’Emmanuele, il Dio che si è fatto a noi vicino. Contempliamo insieme questo grande mistero di amore, lasciamoci illuminare il cuore dalla luce che brilla nella grotta di Betlemme! Buon Natale a tutti!














AUGURI DEL SANTO PADRE AI POPOLI E ALLE NAZIONI IN OCCASIONE DEL SANTO NATALE


Ai fedeli radunati in Piazza San Pietro e a quanti lo ascoltano attraverso la radio e la televisione, dopo il Messaggio natalizio "Urbi et Orbi" dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana, il Santo Padre Benedetto XVI invia l’augurio natalizio in 65 lingue:

A quanti mi ascoltano, rivolgo un cordiale augurio nelle diverse espressioni linguistiche:

italiano:
Buon Natale ai romani e agli italiani! In questo giorno, illuminato dalla speranza evangelica che proviene dall’umile grotta di Betlemme, auspico di cuore il dono natalizio della gioia e della pace per ogni abitante dell'amata Italia: per i bambini e gli anziani, per i giovani e le famiglie. Il Cristo, nato per noi, ispiri i responsabili, perché ogni loro scelta e decisione sia sempre per il bene comune; conforti quanti sono provati dalla malattia e dalla sofferenza; sostenga coloro che si dedicano al servizio dei fratelli più bisognosi.

francese:
Heureuse et sainte fête de Noël ! Que le Christ Sauveur vous garde dans l’espérance et qu’il vous fasse le don de la paix profonde !

inglese:
May the birth of the Prince of Peace remind the world where its true happiness lies; and may your hearts be filled with hope and joy, for the Saviour has been born for us.

tedesco:
Die Geburt Jesu Christi, des Erlösers der Menschen, erfülle Euer Leben mit tiefer Freude und reicher Gnade; sein Friede möge in Euren Herzen wohnen. Gesegnete und frohe Weihnachten!

spagnolo:
¡Feliz Navidad! Que la Paz de Cristo reine en vuestros corazones, en la familias y en todos los pueblos.

portoghese:
Feliz Natal para todos, e que a Luz de Cristo Salvador ilumine os vossos corações de paz e de esperança!

neerlandese:
Zalig en gelukkig Kerstmis.

lussemburghese:
Schéin Chreschtdag.

greco:
5"8 5D4FJ@L(¨<<"

albanese:
Per shum vjet Krishtlindjen.

romeno:
Sărbători Fericite de Crăciun si Anul Nou.

ungherese:
Àldott Karácsonyt.

polacco:
Błogosławionych świąt Bożego Narodzenia.

ceco:
Narodil se vám Spasitel. Radujte se!

slovacco:
Milostiplné a radostné Viacočné Sviatky.

croato:
Sretan Božić, Isusovo Porođenje!

sloveno:
Božje Dete, naj vam podeli svoj blagoslov.

serbo:
Среħан Божиħ - Христос се роди!

serbo-lusazio:
Zohnowane hody! A zbožowne Nowe lěto!

bulgaro:
Честито Рождество Христово

macedone:
Нека ви е честит Божиу н Нова Година

bielorusso:
Viasíòłych kalàdnych Sviàtaû!

russo:
Сердечно поздравляю всех с Праздником
Рождества Христова

mongolo:


kazako:
Родecтвo мepeкeci ктты болсын!

ucraino:
Веселих Свят з Різдвом
Христовим і Новим Роком!

lituano:
Linksmų šwentų Kaledų.

lettone:
Priecīgus Ziemsvētkus!

estone:
Häid joulupühi.

finlandese:
Hyvää Joulua.

svedese:
God Jul, Gott Nytt Àr.

islandese:
Gleðileg jól!

irlandese:
Nollaig shona dhaoibh go léir.

romanès:
Baxtalò Krečùno! Thaj Nevo berš!

maltese:
Il-Milied it tajjeb lill-poplu kollu ta' Malta u ta' Għawdex.

georgiano:


turco:
Noel bayramı kutlu olsun.

arabo:


etiopico-eritreo:


ebraico:


aramaico:


armeno:


suahili:
Heri kwa noeli na baraka nyingi kwa mwaka mpya.

kirundi e kinyarwanda:
Gumya umutima mu mahoro! Noeli nziza!

malgascio:
Arahaba tratrin'i Noely.

hindi:


tamil:


malayalam:


bengalese:


birmano:


urdu (Pakistan):


cinese:


giapponese:


coreano:


vietnamita:
Chúc mùng giáng sinh.

singalese:


tailandese:


indonesiano:
Selamat Hari Natal.

cambogiano:



filippino:
Malygayang pasko at manigong bagong taon.

maori:
Meri Kirihimete.

samoano:
Ia manuia le Kirisimasi.

esperanto:
Dibenitan Kristnaskon kaj prosperan novjaron.

guaraní:
Ko navidad árape che maitei ame'ê peême.

latino:
Verbum caro factum est.
+PetaloNero+
00domenica 26 dicembre 2010 15:29
LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS


Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.

Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


PRIMA DELL’ANGELUS PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Il Vangelo secondo Luca racconta che i pastori di Betlemme, dopo aver ricevuto dall’angelo l’annuncio della nascita del Messia, "andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia" (2,16). Ai primi testimoni oculari della nascita di Gesù si presentò, dunque, la scena di una famiglia: madre, padre e figlio neonato. Per questo la Liturgia ci fa celebrare, nella prima domenica dopo il Natale, la festa della santa Famiglia. Quest’anno essa ricorre proprio all’indomani del Natale e, prevalendo su quella di santo Stefano, ci invita a contemplare questa "icona" in cui il piccolo Gesù appare al centro dell’affetto e delle premure dei suoi genitori. Nella povera grotta di Betlemme – scrivono i Padri della Chiesa – rifulge una luce vivissima, riflesso del profondo mistero che avvolge quel Bambino, e che Maria e Giuseppe custodiscono nei loro cuori e lasciano trasparire nei loro sguardi, nei gesti, soprattutto nei loro silenzi. Essi, infatti, conservano nell’intimo le parole dell’annuncio dell’angelo a Maria: "colui che nascerà sarà chiamato Figlio di Dio" (Lc 1,35).

Eppure, la nascita di ogni bambino porta con sé qualcosa di questo mistero! Lo sanno bene i genitori che lo ricevono come un dono e che, spesso, così ne parlano. A tutti noi è capitato di sentir dire a un papà e a una mamma: "Questo bambino è un dono, un miracolo!". In effetti, gli esseri umani vivono la procreazione non come mero atto riproduttivo, ma ne percepiscono la ricchezza, intuiscono che ogni creatura umana che si affaccia sulla terra è il "segno" per eccellenza del Creatore e Padre che è nei cieli. Quant’è importante, allora, che ogni bambino, venendo al mondo, sia accolto dal calore di una famiglia! Non importano le comodità esteriori: Gesù è nato in una stalla e come prima culla ha avuto una mangiatoia, ma l’amore di Maria e di Giuseppe gli ha fatto sentire la tenerezza e la bellezza di essere amati. Di questo hanno bisogno i bambini: dell’amore del padre e della madre. E’ questo che dà loro sicurezza e che, nella crescita, permette la scoperta del senso della vita. La santa Famiglia di Nazareth ha attraversato molte prove, come quella – ricordata nel Vangelo secondo Matteo – della "strage degli innocenti", che costrinse Giuseppe e Maria ed emigrare in Egitto (cfr 2,13-23). Ma, confidando nella divina Provvidenza, essi trovarono la loro stabilità e assicurarono a Gesù un’infanzia serena e una solida educazione.

Cari amici, la santa Famiglia è certamente singolare e irripetibile, ma al tempo stesso è "modello di vita" per ogni famiglia, perché Gesù, vero uomo, ha voluto nascere in una famiglia umana, e così facendo l’ha benedetta e consacrata. Affidiamo pertanto alla Madonna e a san Giuseppe tutte le famiglie, affinché non si scoraggino di fronte alle prove e alle difficoltà, ma coltivino sempre l’amore coniugale e si dedichino con fiducia al servizio della vita e dell’educazione.



DOPO L’ANGELUS DOPO L’ANGELUS

In questo tempo del Santo Natale, il desiderio e l’invocazione del dono della pace si sono fatti ancora più intensi. Ma il nostro mondo continua ad essere segnato dalla violenza, specialmente contro i discepoli di Cristo. Ho appreso con grande tristezza l’attentato in una chiesa cattolica nelle Filippine, mentre si celebravano i riti del giorno di Natale, come pure l’attacco a chiese cristiane in Nigeria. La terra si è macchiata ancora di sangue in altre parti del mondo come in Pakistan. Desidero esprimere il mio sentito cordoglio per le vittime di queste assurde violenze, e ripeto ancora una volta l’appello ad abbandonare la via dell’odio per trovare soluzioni pacifiche dei conflitti e donare alle care popolazioni sicurezza e serenità. In questo giorno in cui celebriamo la Santa Famiglia, che visse la drammatica esperienza di dover fuggire in Egitto per la furia omicida di Erode, ricordiamo anche tutti coloro – in particolare le famiglie - che sono costretti ad abbandonare le proprie case a causa della guerra, della violenza e dell’intolleranza. Vi invito, quindi, ad unirvi a me nella preghiera per chiedere con forza al Signore che tocchi il cuore degli uomini e porti speranza, riconciliazione e pace.

Je salue cordialement les pèlerins de langue française ! Célébrant aujourd’hui la fête de la Sainte Famille, nous nous rappelons que chaque famille humaine doit être le reflet de la beauté de l’amour divin et au fondement d’une civilisation de l’amour. Rendons grâce à Dieu pour nos familles, demandons-Lui de les bénir et de les garder toujours unies par les liens de son amour ! Bonne fête à tous !

I am pleased to greet all the English-speaking pilgrims and visitors present for this Angelus prayer on the Feast of the Holy Family. Reflecting on the love of Jesus, Mary and Joseph for one another, we see that Nazareth is a kind of school where we may begin to discover the life of Christ and to understand his Gospel. May the peace of the Holy Family always be in your homes and fill you with gladness. Upon you and your loved ones, I invoke God’s abundant blessings!

Einen weihnachtlichen Gruß richte ich an die Pilger und Besucher deutscher Sprache. Heute feiert die Kirche das Fest der Heiligen Familie. Das Wort Gottes ist Mensch geworden und in einer Familie aufgewachsen, die ihm in den Stürmen der Zeit Schutz und Heimat gegeben hat. Jesus Christus segne auch unsere Familien und lasse den Glanz seiner göttlichen Liebe in ihnen aufscheinen. Euch und euern Lieben wünsche ich eine gnadenreiche Weihnachtszeit.

Saludo cordialmente a los fieles de lengua española que participan en esta oración mariana. En la fiesta de la Sagrada Familia, contemplamos el misterio del Hijo de Dios que vino al mundo rodeado del afecto de María y de José. Invito a las familias cristianas a mirar con confianza el hogar de Nazaret, cuyo ejemplo de vida y comunión nos alienta a afrontar las preocupaciones y necesidades domésticas con profundo amor y recíproca comprensión. A vosotros y a vuestras familias os reitero mi cordial felicitación en estas fiestas de Navidad. Que Dios os bendiga siempre.

Pozdrawiam Polaków. Dziś, w niedzielę Świętej Rodziny, proszę Boga, aby wiara, nadzieja i miłość były fundamentem stałości polskich rodzin. Małżeńska miłość mężczyzny i kobiety niech owocuje nowym życiem i duchowym wzrastaniem przyszłych pokoleń. Niech Bóg wam błogosławi!

[Saluto i polacchi. Oggi, nella domenica della Santa Famiglia, chiedo a Dio che la fede, la speranza e l’amore siano il fondamento della saldezza delle famiglie polacche. L’amore coniugale dell’uomo e della donna fruttifichi di nuova vita e di crescita spirituale nelle future generazioni. Dio vi benedica!]

Rivolgo infine un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. Auguro a tutti di vivere in serenità e armonia questi giorni, condividendo la gioia profonda che scaturisce dalla Nascita di Cristo. Buona domenica!
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