Discorsi, omelie, udienze, angelus e altri documenti

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Pagine: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, ..., 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, [22], 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, ..., 52, 53, 54, 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61
+PetaloNero+
00venerdì 18 dicembre 2009 21:41
Lettera di Benedetto XVI per i 75 anni del Cardinale Cordes


ROMA, venerdì, 18 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito una lettera inviata da Benedetto XVI al Cardinale Josef Cordes, Presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum” , e inserita in una pubblicazione celebrativa in suo onore dal titolo “Gott ist treu” (Sankt Ulrich Verlag).

* * *

Eminenza! Cordes, Caro Amico!

Nel volume di studi in Tuo onore, in occasione del Tuo 75° compleanno ho voluto essere presente almeno con una parola di ringraziamento e di benedizione. Non ricordo più quando ci siamo incontrati per la prima volta. Una idea di Te me la sono fatta per la prima volta negli anni Settanta attraverso i Tuoi contributi alla rivista “Communio” che allora era stata fondata da poco.

Quello che Tu allora scrivevi era sempre connesso a questioni attuali, urgenti e concrete del presente, ma era anche contrassegnato da uno sguardo rivolto all’essenziale, in modo da condurre il lettore alle giuste risposte seguendo la logica intima della cosa stessa. Per circa un anno abbiamo fatto parte insieme della Conferenza Episcopale Tedesca, poi sei stato chiamato a Roma al Pontificio Consiglio dei Laici. Poco tempo dopo, il Santo Padre mi ha messo a capo della Congregazione della fede e quindi ambedue abitiamo nella città eterna da più di un quarto di secolo.

Con coraggio e creatività al principio della Tua attività romana hai aperto nuove strade per condurre i giovani a Cristo. Dietro le case di Via della Conciliazione hai trovato la vecchia Chiesa di San Lorenzo in Piscibus che allora serviva da atrio di una scuola – un vecchio edificio sacro che hai fatto riportare alla sua pura bellezza e ne hai fatto un centro dell’incontro dei giovani con Cristo.

Anche alla genesi ed alla crescita delle Giornate Mondiali della Gioventù hai dato un contributo. Particolarmente caratteristico per il Tuo slancio pastorale è e rimane il Tuo impegno per i “movimenti”: il Movimento Carismatico, Comunione e Liberazione ed il Cammino Neocatecumenale hanno molti motivi di gratitudine nei Tuoi confronti. Mentre gli organizzatori e i pianificatori nella Chiesa al principio avevano molto riserve nei confronti dei movimenti, Tu hai subito fiutato la vita che lì erompeva – la forza dello Spirito Santo che dona vie nuove e in modo imprevedibile mantiene sempre giovane la Chiesa.

Hai riconosciuto il carattere pentecostale di questi movimenti e Ti sei impegnato appassionatamente per ottenere che fossero accolti dai pastori della Chiesa. Certo, per quello che riguarda l'organizzazione e la pianificazione c’erano spesso buoni motivi per scandalizzarsi perché erompevano cose nuove ed impreviste che non sempre si lasciavano ricondurre senza problemi nelle forme organizzative esistenti.

Tu hai visto che ciò che è organico è più importante di ciò che è organizzato, Tu hai visto che qui degli uomini erano stati toccati nel profondo dallo spirito di Dio e che in tal modo crescevano forme nuove di autentica vita cristiana e nuovi modi autentici di essere Chiesa. Certo, questi movimenti devono essere ordinati e ricondotti all’interno della totalità; devono imparare a riconoscere i loro limiti e a diventare parte della realtà comunitaria della Chiesa nella sua costituzione propria insieme con il Papa e con i Vescovi. Hanno pertanto bisogno di guida e anche di purificazione per poter raggiungere la forma della loro vera maturità.

Essi, tuttavia, sono doni dei quali bisogna essere grati. Non è più possibile pensare alla vita della Chiesa del nostro tempo senza ricomprendere in essa questi doni di Dio.

Infine sei diventato Presidente del Consiglio Pontificio “Cor Unum” e sei quindi responsabile dell’attività caritativa della Chiesa in tutto il mondo. Hai accolto questo compito con la Tua solita energia e con uno sguardo di fede rivolto all’essenziale ed a questo compito hai dato forma. Soprattutto Ti preoccupi che la Caritas non diventi una organizzazione di beneficenza come tutte le altre, che non venga deviata verso la politica, ma sempre rimanga espressione della fede, che nel suo intrinseco dinamismo deve diventare amore.

In questa occasione devo rivolgerTi un personale ringraziamento. Quando io, dopo la mia elezione a successore di Pietro, meditavo quale mai potesse essere il tema della mia prima enciclica mi venne in mente che Tu, già da lungo tempo, consigliavi la redazione di un documento sul tema dell’amore che avrebbe dovuto presentare non solo la Caritas come organizzazione, ma anche rendere evidente che l’amore è la realtà centrale della fede cristiana; è a partire da lì che si doveva anche prospettare nella giusta luce l’attività caritativa della Chiesa.

Devo pertanto ringraziarTi per intuizioni sul tema di questa enciclica che si sono formate nei dialoghi con Te.

Per tutto questo voglio ringraziarTi dal profondo del cuore. Che la benedizione di Nostro Signore possa accompagnarTi anche per il futuro in tutti i Tuoi passi.

Tuo
Benedetto PP XVI

Città del Vaticano - 10.12.2009

[© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana]
+PetaloNero+
00venerdì 18 dicembre 2009 21:42
Omelia del Papa celebrando i Vespri con gli universitari di Roma


CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 18 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo dell'omelia pronunciata da Benedetto XVI questo giovedì pomeriggio, presiedendo la celebrazione dei Vespri con gli universitari di Roma in preparazione al Natale.

* * *

Signori Cardinali,

venerati Fratelli nell'Episcopato,

illustri Signori e Signore,

cari fratelli e sorelle!

Quale sapienza nasce a Betlemme? Questa domanda vorrei porre a me e a voi in questo tradizionale incontro pre-natalizio con il mondo universitario romano. Oggi, invece della Santa Messa, celebriamo i Vespri, e la felice coincidenza con l'inizio della novena di Natale ci farà cantare tra poco la prima delle Antifone dette Maggiori:

"O Sapienza, che esci dalla bocca dell'Altissimo,

ti estendi ai confini del mondo,

e tutto disponi con soavità e con forza:

vieni, insegnaci la via della saggezza" (Liturgia delle Ore, Vespri del 17 dicembre).

Questa stupenda invocazione è rivolta alla "Sapienza", figura centrale nei libri dei Proverbi, della Sapienza e del Siracide che da essa sono detti appunto "sapienziali" e nei quali la tradizione cristiana scorge una prefigurazione del Cristo. Tale invocazione diventa davvero stimolante e, anzi, provocante, quando ci poniamo di fronte al Presepe, cioè al paradosso di una Sapienza che, uscita "dalla bocca dell'altissimo", giace avvolta in fasce dentro una mangiatoia (cfr Lc 2,7.12.16).

Possiamo già anticipare la risposta alla domanda iniziale: quella che nasce a Betlemme è la Sapienza di Dio. San Paolo, scrivendo ai Corinzi, usa questa espressione: "la sapienza di Dio, che è nel mistero" (1 Cor 2,7), cioè in un disegno divino, che è rimasto a lungo nascosto e che Dio stesso ha rivelato nella storia della salvezza. Nella pienezza dei tempi, questa Sapienza ha assunto un volto umano, il volto di Gesù, il quale - come recita il Simbolo apostolico - "fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto, discese agli inferi, il terzo giorno risuscitò da morte, salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente, di là verrà a giudicare i vivi e i morti". Il paradosso cristiano consiste proprio nell'identificazione della Sapienza divina, cioè il Logos eterno, con l'uomo Gesù di Nazaret e con la sua storia. Non c'è soluzione a questo paradosso se non nella parola "Amore", che in questo caso va scritta naturalmente con la "A" maiuscola, trattandosi di un Amore che supera infinitamente le dimensioni umane e storiche. Dunque, la Sapienza che questa sera invochiamo è il Figlio di Dio, la seconda persona della Santissima Trinità; è il Verbo, che, come leggiamo nel Prologo di Giovanni, "era in principio presso Dio", anzi, "era Dio", che con il Padre e lo Spirito Santo ha creato tutte le cose e che "si è fatto carne" per rivelarci quel Dio che nessuno può vedere (cfr Gv 1,2-3.14.18).

Cari amici, un professore cristiano, o un giovane studente cristiano, porta dentro di sé l'amore appassionato per questa Sapienza! Legge tutto alla sua luce; ne coglie le tracce nelle particelle elementari e nei versi dei poeti; nei codici giuridici e negli avvenimenti della storia; nelle opere artistiche e nelle espressioni matematiche. Senza di Lei niente è stato fatto di tutto ciò che esiste (cfr Gv 1,3) e dunque in ogni realtà creata se ne può intravedere un riflesso, evidentemente secondo gradi e modalità differenti. Tutto ciò che viene recepito dall'intelligenza umana può esserlo perché, in qualche modo e misura, partecipa della Sapienza creatrice. Qui, in ultima analisi, sta anche la possibilità stessa dello studio, della ricerca, del dialogo scientifico in ogni campo del sapere.

A questo punto non posso evitare una riflessione forse un po' scomoda ma utile per noi che siamo qui e che apparteniamo per lo più all'ambiente accademico. Domandiamoci: chi c'era - la notte di Natale - alla grotta di Betlemme? Chi ha accolto la Sapienza quando è nata? Chi è accorso per vederla, l'ha riconosciuta e adorata? Non dottori della legge, scribi o sapienti. C'erano Maria e Giuseppe, e poi i pastori. Che significa questo? Gesù un giorno dirà: "Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza" (Mt 11,26): hai rivelato il tuo mistero ai piccoli (cfr Mt 11,25). Ma allora non serve studiare? O addirittura è nocivo, controproducente per conoscere la verità? La storia di duemila anni di cristianesimo esclude quest'ultima ipotesi, e ci suggerisce quella giusta: si tratta di studiare, di approfondire le conoscenze mantenendo un animo da "piccoli", uno spirito umile e semplice, come quello di Maria, la "Sede della Sapienza". Quante volte abbiamo avuto paura di avvicinarci alla Grotta di Betlemme perché preoccupati che ciò fosse di ostacolo alla nostra criticità e alla nostra "modernità"! Invece, in quella Grotta, ciascuno di noi può scoprire la verità su Dio e quella sull'uomo. In quel Bambino, nato dalla Vergine, esse si sono incontrate: l'anelito dell'uomo alla vita eterna ha intenerito il cuore di Dio, che non si è vergognato di assumere la condizione umana.

Cari amici, aiutare gli altri a scoprire il vero volto di Dio è la prima forma di carità, che per voi assume la qualifica di carità intellettuale. Ho appreso con piacere che il cammino di quest'anno della pastorale universitaria diocesana avrà per tema: "Eucaristia e carità intellettuale". Una scelta impegnativa ma appropriata. Infatti, in ogni Celebrazione eucaristica Dio viene nella storia in Gesù Cristo, nella sua Parola e nel suo Corpo, donandoci quella carità che ci permette di servire l'uomo nella sua concreta esistenza. Il progetto "Una cultura per la città", poi, offre una promettente proposta di presenza cristiana nell'ambito culturale. Mentre auspico che sia fruttuoso tale vostro itinerario, non posso non invitare tutti gli Atenei ad essere luoghi di formazione di autentici operatori della carità intellettuale. Da essi dipende largamente il futuro della società, soprattutto nell'elaborazione di una nuova sintesi umanistica e di una nuova capacità progettuale (cfr Enc. Caritas in veritate, 21). Incoraggio tutti i responsabili delle istituzioni accademiche a proseguire insieme, collaborando alla costruzione di comunità in cui tutti i giovani possano formarsi ad essere uomini maturi e responsabili per realizzare la "civiltà dell'amore".

Al termine di questa Celebrazione, la delegazione universitaria australiana consegnerà a quella africana l'icona di Maria Sedes Sapientiae. Affidiamo alla Vergine Santa tutti gli universitari del continente africano e l'impegno di cooperazione che in questi mesi, dopo il Sinodo Speciale per l'Africa, si va sviluppando tra gli Atenei di Roma e quelli africani. Rinnovo il mio incoraggiamento a questa nuova prospettiva di cooperazione ed auguro che da essa possano nascere e crescere progetti culturali capaci di promuovere un vero sviluppo integrale dell'uomo. Possa, cari amici, il prossimo Natale portare gioia e speranza a voi, alle vostre famiglie e a tutto l'ambiente universitario, a Roma e nel mondo intero.

[© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana]
+PetaloNero+
00venerdì 18 dicembre 2009 21:42
UDIENZA AI PARTECIPANTI AL PELLEGRINAGGIO DAL BELGIO PER IL DONO DELL’ALBERO DI NATALE IN PIAZZA SAN PIETRO

Alle ore 12.15 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i partecipanti al Pellegrinaggio dal Belgio convenuti a Roma per il dono dell’albero di Natale in Piazza San Pietro, che quest’anno è offerto dalla regione belga della Vallonia.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai presenti:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Chers Frères et Sœurs,

Je vous souhaite à tous la bienvenue, vous qui êtes venus offrir le sapin de Noël qui, avec la crèche, orne la Place Saint-Pierre au cours des fêtes de la Nativité. J’adresse un salut particulier à Monsieur le Ministre de l’économie de la Région Wallonne et à Mgr Aloys Jousten, Évêque de Liège, et je les remercie des aimables paroles qu’ils m’ont adressées. Mes salutations cordiales vont aussi à Son Excellence Monsieur Franck De Coninck, Ambassadeur de Belgique près le Saint-Siège, ainsi qu’aux autorités politiques locales qui ont fait le voyage. Je salue également les choristes et les représentants de l’Agence wallonne à l’Exportation et aux Investissements étrangers qui sont à l’origine du projet. Ma gratitude s’étend à tous ceux qui ont offert leur collaboration à ce don et qui ne peuvent être présents aujourd’hui. Je remercie aussi les personnes qui ont assuré le transport délicat de cet arbre imposant.

Dans la forêt, les arbres se tiennent proches les uns des autres et chacun d’eux contribue à faire de la forêt un lieu ombragé, obscur parfois. Et voici que, choisi parmi une multitude, le sapin majestueux que vous offrez aujourd’hui est illuminé et couvert de décorations étincelantes qui sont comme autant de fruits merveilleux. Laissant sa robe sombre pour un éclat scintillant, il est transfiguré, il devient porteur d’une lumière qui n’est pas la sienne mais qui rend témoignage à la vraie Lumière qui vient en ce monde. La destinée de cet arbre est comparable à celle des bergers : veillant dans les ténèbres de la nuit, les voilà illuminés par le message des anges. Le sort de cet arbre est également comparable au nôtre, nous qui sommes appelés à porter de bons fruits pour manifester que le monde a véritablement été visité et racheté par le Seigneur. Dressé auprès de la crèche, ce sapin manifeste, à sa manière, la présence du grand mystère présent dans le lieu simple et pauvre de Bethléem. Aux habitants de Rome, à tous les pèlerins, à tous ceux qui se rendront sur la Place Saint-Pierre à travers les images des télévisions du monde entier, il proclame l’avènement du Fils de Dieu. À travers lui, c’est le sol de votre terre et la foi des communautés chrétiennes de votre Région qui saluent l’Enfant-Dieu, Lui qui est venu faire toute chose nouvelle et appeler toutes les créatures, des plus humbles aux plus élevées, à entrer dans le mystère de la Rédemption et à y être associées.

Je prie pour que les populations de votre région demeurent fidèles à la lumière de la foi. Portée il y a longtemps par des hommes qui se sont aventurés dans les vallons et les forêts des Ardennes, la lumière de l’Évangile est ensuite repartie de chez vous, portée par les très nombreux missionnaires qui ont quitté leur sol natal, pour l’emmener parfois jusqu’aux extrémités du monde. Puisse longtemps encore l’Église qui est en Belgique, et tout particulièrement le diocèse de Liège, être une terre où germe avec générosité la semence du Royaume que le Christ est venu jeter en terre.

Chers amis, encore une fois, je vous adresse un très grand merci pour ce beau cadeau. Je vous présente dès à présent mes vœux très cordiaux de belles et saintes Fêtes de Noël, vœux que je vous prie de transmettre à vos familles, à vos collaborateurs et à toutes les personnes qui vous sont chères.

Que le Seigneur vous bénisse, ainsi que votre Région et toute la Belgique !

Wir freuen uns, daß ein belgischer Baum hier in St. Peter in die Welt hinein leuchtet. Ich wünsche Ihnen allen, daß das Licht dieses Baumes Ihnen auch Freude ins Herz bringt und daß Sie mit großer innerer Freude Weihnachten feiern dürfen. Gottes Segen Ihnen allen! Gesegnete Weihnachten und ein gutes Neues Jahr!

+PetaloNero+
00sabato 19 dicembre 2009 21:39
LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

S.E. Mons. Angelo Amato, Arcivescovo tit. di Sila, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi;

S.E. Mons. Salvatore Fisichella, Arcivescovo tit. di Voghenza, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita; Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense.

Il Papa riceve questa mattina in Udienza:

On. Gianni Letta, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con la Famiglia;

Superiori e Officiali della Congregazione delle Cause dei Santi;

Ragazzi dell’Azione Cattolica Italiana (A.C.R.).

Il Santo Padre riceve questo pomeriggio in Udienza:

Em.mo Card. Giovanni Battista Re, Prefetto della Congregazione per i Vescovi.






RINUNCE E NOMINE


NOMINA DEL VESCOVO DI NAKURU (KENYA)

Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Nakuru (Kenya) il Rev.do Maurice Muhatia Makumba, del clero della diocesi di Kakamega, Rettore e Professore al Seminario Maggiore Nazionale di St. Thomas Aquinas di Nairobi.

Rev.do Maurice Muhatia Makumba

Il Rev.do Maurice Muhatia Makumba è nato il 19 maggio 1968, nel villaggio Lirhanda, Parrocchia di St. Joseph the Worker a Shubuyi , diocesi di Kakamega. Ha studiato la Filosofia nel Seminario Maggiore di St. Augustine e la Teologia nel Seminario Maggiore Nazionale di St. Thomas Aquinas. Ha ottenuto la Licenza e il Dottorato in Filosofia presso l’Università della Santa Croce, a Roma. È stato ordinato sacerdote il 15 ottobre 1994 ed incardinato nella diocesi di Kakamega.

Dopo l’ordinazione sacerdotale ha svolto i seguenti incarichi: 1994: Vicario parrocchiale di St. Joseph a Kakamega; 1995-1998: Vice Rettore e Docente al Seminario Minore di St. Peter a Makumu; 1998-2002: Studi per la Licenza e il Dottorato in Filosofia presso l’Università della Santa Croce, a Roma; 2002-2005: Vice Rettore e Docente al Seminario Maggiore di St. Augustine, Manga; dal 2003: Membro del Collegio dei Consultori; 2005-2007: Rettore ad interim e Docente al Seminario Maggiore di St. Mathias Mulumba a Tindinyo; dal 2007: Rettore al Seminario Maggiore Nazionale di St. Thomas Aquinas; dal 2008: Segretario esecutivo part-time della Commissione Episcopale per la Dottrina della Fede.
+PetaloNero+
00sabato 19 dicembre 2009 21:40
UDIENZA DEL SANTO PADRE ALLA CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI PER LA CELEBRAZIONE DEL 40mo ANNIVERSARIO DELL’ISTITUZIONE DEL DICASTERO

In tarda mattinata, nella Sala Clementina, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza Superiori, Officiali e Collaboratori della Congregazione delle Cause dei Santi in occasione della celebrazione del 40mo anniversario dell’istituzione del Dicastero.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai presenti:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

1. Cari fratelli e sorelle, desidero esprimere a tutti voi la gioia di incontrarvi!

Saluto con viva cordialità i Signori Cardinali, gli Arcivescovi e i Vescovi presenti. Rivolgo il mio particolare pensiero al Prefetto del Dicastero, l'Arcivescovo Angelo Amato, e lo ringrazio per le gentili e affettuose parole che, a nome di tutti, ha voluto indirizzarmi. Con lui saluto il Segretario della Congregazione, il Sotto-Segretario, i Sacerdoti, i Religiosi, i Consultori Storici e Teologi, i Postulatori, gli Officiali Laici e i Periti Medici, con i loro familiari, e tutti i collaboratori.

2. La speciale circostanza che vi vede riuniti intorno al Successore di Pietro è la celebrazione del 40.mo anniversario dell'istituzione della Congregazione delle Cause dei Santi, che ha conferito una forma più organica e moderna all’azione di discernimento che la Chiesa, fin dalle origini, ha messo in atto per riconoscere la santità di tanti suoi figli. La creazione del vostro Dicastero è stata preparata dagli interventi dei miei predecessori, specialmente Sisto V, Urbano VIII e Benedetto XIV, ed è stata realizzata nel 1969 dal Servo di Dio Paolo VI, grazie al quale un complesso di esperienze, di contributi scientifici, di norme procedurali si è andato configurando in una sintesi intelligente ed equilibrata, confluendo nell’erezione di un nuovo Dicastero.

Mi è ben nota l'attività che, in questo quarantennio, la Congregazione ha sviluppato, con competenza, a servizio dell’edificazione del Popolo di Dio, offrendo un significativo contributo all’opera di evangelizzazione. Infatti, quando la Chiesa venera un Santo, annunzia l’efficacia del Vangelo e scopre con gioia che la presenza di Cristo nel mondo, creduta e adorata nella fede, è capace di trasfigurare la vita dell’uomo e produrre frutti di salvezza per tutta l’umanità. Inoltre, ogni beatificazione e canonizzazione è, per i cristiani, un forte incoraggiamento a vivere con intensità ed entusiasmo la sequela di Cristo, camminando verso la pienezza dell’esistenza cristiana e la perfezione della carità (cfr Lumen gentium, 40). Alla luce di tali frutti, si comprende l'importanza del ruolo svolto dal Dicastero nell'accompagnare le singole tappe di un evento di così singolare profondità e bellezza, documentando con fedeltà il manifestarsi di quel sensus fidelium che è un fattore importante per il riconoscimento della santità.

3. I Santi, segno di quella radicale novità che il Figlio di Dio, con la sua incarnazione, morte e risurrezione, ha innestato nella natura umana e insigni testimoni della fede, non sono rappresentanti del passato, ma costituiscono il presente e il futuro della Chiesa e della società. Essi hanno realizzato in pienezza quella caritas in veritate che è il sommo valore della vita cristiana, e sono come le facce di un prisma, sulle quali, con diverse sfumature, si riflette l'unica luce che è Cristo.

La vita di queste straordinarie figure di credenti, appartenenti a tutte le Regioni della terra, presenta due significative costanti, che vorrei sottolineare.

Innanzitutto, il loro rapporto con il Signore, anche quando percorre strade tradizionali, non è mai stanco e ripetitivo, ma si esprime sempre in modalità autentiche, vive e originali e scaturisce da un dialogo con il Signore intenso e coinvolgente, che valorizza e arricchisce anche le forme esteriori.

Inoltre, nella vita di questi nostri fratelli risalta la continua ricerca della perfezione evangelica, il rifiuto della mediocrità e la tensione verso la totale appartenenza a Cristo. «Siate santi, perché io, il Signore vostro Dio, sono santo»: è l'esortazione, riportata nel libro del Levitico (19,2), che Dio rivolge a Mosè. Essa ci fa comprendere come la santità sia tendere costantemente alla misura alta della vita cristiana, conquista impegnativa, ricerca continua della comunione con Dio, che rende il credente impegnato a «corrispondere» con la massima generosità possibile al disegno d'amore che il Padre ha su di lui e sull’intera umanità.

4. Le principali tappe del riconoscimento della santità da parte della Chiesa, cioè la beatificazione e la canonizzazione, sono unite tra loro da un vincolo di grande coerenza. Ad esse vanno aggiunte, come indispensabile fase preparatoria, la dichiarazione dell'eroicità delle virtù o del martirio di un Servo di Dio e l'accertamento di qualche dono straordinario, il miracolo, che il Signore concede per intercessione di un suo Servo fedele.

Quanta sapienza pedagogica si manifesta in tale itinerario! In un primo momento, il Popolo di Dio è invitato a guardare a quei fratelli che, dopo un primo accurato discernimento, vengono proposti come modelli di vita cristiana; quindi, viene esortato a rivolgere loro un culto di venerazione e di invocazione circoscritto nell'ambito di Chiese locali o di Ordini religiosi; infine è chiamato ad esultare con l’intera comunità dei credenti per la certezza che, grazie alla solenne proclamazione pontificia, un suo figlio o una sua figlia ha raggiunto la gloria di Dio, dove partecipa alla perenne intercessione di Cristo in favore dei fratelli (cfr Ebr 7,25).

In questo cammino la Chiesa accoglie con gioia e stupore i miracoli che Dio, nella sua infinita bontà, gratuitamente le dona, per confermare la predicazione evangelica (cfr Mc 16,20). Accoglie, altresì, la testimonianza dei martiri come la forma più limpida e intensa di configurazione a Cristo.

Questo progressivo manifestarsi della santità nei credenti corrisponde allo stile scelto da Dio nel rivelarsi agli uomini e, allo stesso tempo, è parte del cammino con cui il Popolo di Dio cresce nella fede e nella conoscenza della Verità.

Il graduale avvicinamento alla "pienezza della luce" emerge in modo singolare nel passaggio dalla beatificazione alla canonizzazione. In questo percorso, infatti, si compiono eventi di grande vitalità religiosa e culturale, nei quali invocazione liturgica, devozione popolare, imitazione delle virtù, studio storico e teologico, attenzione ai «segni dall'alto» si intrecciano e si arricchiscono reciprocamente. In questa circostanza si realizza una particolare modalità della promessa di Gesù ai discepoli di tutti i tempi: «Lo Spirito di verità vi guiderà alla verità tutta intera» (cfr Gv 16,13). La testimonianza dei santi, infatti, mette in luce e fa conoscere aspetti sempre nuovi del Messaggio evangelico.

Come è stato ben sottolineato dalle parole dell'Ecc.mo Prefetto, nell’itinerario per il riconoscimento della santità, emerge una ricchezza spirituale e pastorale che coinvolge tutta la comunità cristiana. La santità, cioè la trasfigurazione delle persone e delle realtà umane a immagine del Cristo risorto, rappresenta lo scopo ultimo del piano di salvezza divina, come ricorda l'apostolo Paolo: «Questa è la volontà di Dio: la vostra santificazione» (1 Ts 4,3).

5. Cari fratelli e sorelle, la solennità del Natale, alla quale ci stiamo preparando, fa risplendere in piena luce la dignità di ogni uomo, chiamato a diventare figlio di Dio. Nell'esperienza dei Santi questa dignità si realizza nella concretezza delle circostanze storiche, dei temperamenti personali, delle scelte libere e responsabili, dei carismi soprannaturali.

Confortati da un così gran numero di testimoni, affrettiamo dunque anche noi il passo verso il Signore che viene, innalzando la splendida invocazione nella quale culmina l'inno del Te Deum: «Aeterna fac cum sanctis tuis in gloria numerari»; nel tuo avvento glorioso, accoglici, o Verbo Incarnato, nell'assemblea dei tuoi Santi.

Con tali voti, volentieri formulo a ciascuno fervidi auguri per le imminenti Festività Natalizie e con affetto imparto la Benedizione Apostolica.
+PetaloNero+
00sabato 19 dicembre 2009 21:41
UDIENZA A UNA DELEGAZIONE DI RAGAZZI DELL’AZIONE CATTOLICA ITALIANA

A fine mattinata, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza una rappresentanza di ragazzi dell’Azione Cattolica Italiana (A.C.R.) e rivolge loro le parole di saluto che riportiamo di seguito:


PAROLE DEL SANTO PADRE

Cari Ragazzi dell’ACR,

vi saluto con grande affetto. E’ sempre bello per me incontrarvi in questo appuntamento pre-Natalizio, tanto atteso e desiderato da tutti voi. Saluto cordialmente il Presidente Nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, Dott. Franco Miano e l’Assistente Generale, Mons. Domenico Sigalini. Per loro tramite, ringrazio quanti si adoperano generosamente per la vostra educazione religiosa e umana, dedicando tempo e risorse personali alla vostra benemerita Associazione.

So che quest'anno vi state particolarmente impegnando sul tema "Siamo in onda" per mettervi in comunicazione con Gesù e con gli altri, avendo come riferimento l’immagine biblica di Zaccheo, colui che incontra il Signore e lo accoglie con gioia. Anche voi siete piccoli come Zaccheo, che è salito su un albero perché voleva vedere Gesù, ma il Signore, alzando lo sguardo, si è accorto subito di lui, in mezzo alla folla. Gesù vi vede e vi sente anche se siete piccoli, anche se a volte gli adulti non vi considerano come vorreste. Gesù non solo vi vede, ma si sintonizza sulla vostra onda, vuole fermarsi da voi, stare con voi, stabilire con ciascuno di voi una forte amicizia. Questo lo ha fatto nascendo a Betlemme e facendosi vicino ai ragazzi e agli uomini di ogni tempo, anche a ciascuno di noi.

Cari amici, di fronte a Gesù imitate sempre l’esempio di Zaccheo che è sceso subito dall'albero, lo ha accolto pieno di gioia nella sua casa e non ha più smesso dì fargli festa! Accoglietelo nella vostra vita tutti i giorni, tra i giochi e tra gli impegni, nelle preghiere, quando chiede la vostra amicizia e la vostra generosità, quando siete felici e quando avete paura. A Natale, ancora una volta, l’amico Gesù vi viene incontro e vi chiama! E’ il Figlio di Dio, è il Signore che vedete ogni giorno nelle immagini presenti nelle chiese, nelle strade, nelle case. Egli vi parla sempre dell’amore "più grande", capace di donarsi senza limiti, di portare pace e perdono.

Solo la presenza di Gesù nelle vostre vite dà la gioia piena, perché lui è capace di rendere sempre nuova e bella ogni cosa. Lui non vi dimentica mai. Se gli dite ogni giorno che "siete in onda", aspettatevi sicuramente che egli vi chiami per inviarvi un messaggio di amicizia e di affetto. Lo fa quando partecipate alla Santa Messa, quando vi dedicate allo studio, ai vostri impegni quotidiani e quando sapete compiere gesti di condivisione, di solidarietà, di generosità e di amore verso gli altri. Così potrete dire ai vostri amici, ai vostri genitori, ai vostri animatori, ai vostri educatori che siete riusciti a prendere la linea con Gesù nella vostra preghiera, nel compiere i vostri doveri e quando sarete capaci di stare accanto a tanti ragazzi e ragazze che soffrono, specialmente a coloro che vengono da Paesi lontani e spesso sono abbandonati, senza genitori e senza amici.

Cari ragazzi, con questi sentimenti vi auguro un felice e Santo Natale. Estendo i miei voti augurali alle vostre famiglie e all’intera Azione Cattolica e, affidandovi alla protezione della Madre di Gesù, di cuore tutti vi benedico.
+PetaloNero+
00domenica 20 dicembre 2009 21:56
LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS


Alle ore 12 di oggi, IV domenica di Avvento, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.

Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Con la IV Domenica di Avvento, il Natale del Signore è ormai dinanzi a noi. La liturgia, con le parole del profeta Michea, invita a guardare a Betlemme, la piccola città della Giudea testimone del grande evento: "E tu, Betlemme di Efrata, / così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, / da te uscirà per me / colui che deve essere il dominatore in Israele; / le sue origini sono dall’antichità, / dai giorni più remoti" (Mi 5,1). Mille anni prima di Cristo, Betlemme aveva dato i natali al grande re Davide, che le Scritture concordano nel presentare come antenato del Messia. Il Vangelo di Luca narra che Gesù nacque a Betlemme perché Giuseppe, lo sposo di Maria, essendo della "casa di Davide", dovette recarsi in quella cittadina per il censimento, e proprio in quei giorni Maria diede alla luce Gesù (cfr Lc 2,1-7). In effetti, la stessa profezia di Michea prosegue accennando proprio ad una misteriosa nascita: "Dio li metterà in potere altrui – dice – / fino a quando partorirà colei che deve partorire; / e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d’Israele" (Mi 5,2). C’è dunque un disegno divino che comprende e spiega i tempi e i luoghi della venuta del Figlio di Dio nel mondo. E’ un disegno di pace, come annuncia ancora il profeta parlando del Messia: "Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore, / con la maestà del nome del Signore, suo Dio. / Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande / fino agli estremi confini della terra. / Egli stesso sarà la pace!" (Mi 5,3).

Proprio quest’ultimo aspetto della profezia, quello della pace messianica, ci porta naturalmente a sottolineare che Betlemme è anche una città-simbolo della pace, in Terra Santa e nel mondo intero. Purtroppo, ai nostri giorni, essa non rappresenta una pace raggiunta e stabile, ma una pace faticosamente ricercata e attesa. Dio, però, non si rassegna mai a questo stato di cose, perciò anche quest’anno, a Betlemme e nel mondo intero, si rinnoverà nella Chiesa il mistero del Natale, profezia di pace per ogni uomo, che impegna i cristiani a calarsi nelle chiusure, nei drammi, spesso sconosciuti e nascosti, e nei conflitti del contesto in cui si vive, con i sentimenti di Gesù, per diventare ovunque strumenti e messaggeri di pace, per portare amore dove c’è odio, perdono dove c’è offesa, gioia dove c’è tristezza e verità dove c’è errore, secondo le belle espressioni di una nota preghiera francescana.

Oggi, come ai tempi di Gesù, il Natale non è una favola per bambini, ma la risposta di Dio al dramma dell’umanità in cerca della vera pace. "Egli stesso sarà la pace!" – dice il profeta riferendosi al Messia. A noi spetta aprire, spalancare le porte per accoglierlo. Impariamo da Maria e Giuseppe: mettiamoci con fede al servizio del disegno di Dio. Anche se non lo comprendiamo pienamente, affidiamoci alla sua sapienza e bontà. Cerchiamo prima di tutto il Regno di Dio, e la Provvidenza ci aiuterà. Buon Natale a tutti!



DOPO L’ANGELUS

Rivolgo un cordiale saluto al personale de L’Osservatore Romano che, nel periodo natalizio, ogni domenica e mercoledì colloca una postazione mobile in Piazza San Pietro, dove è possibile acquistare il giornale insieme con una piccola icona della Natività. Auguro ogni bene per questa iniziativa che, oltre a diffondere il quotidiano vaticano, si propone di sostenere la realizzazione di una scuola nella Repubblica Democratica del Congo.

Chers frères et sœurs de langue française, à quelques jours de la fête de Noël, la liturgie nous invite à reconnaître la présence de Dieu dans nos vies. A la suite de la Vierge Marie, prenons le temps de faire silence et d’écouter Dieu nous parler au plus profond de nous-mêmes ! Sachons faire confiance au Christ qui vient et rendons-nous disponibles pour nous abandonner librement à sa volonté ! Soyons déjà les porteurs de la Bonne Nouvelle de sa venue en notre monde ! Que Dieu comble tous les peuples de bonheur et de paix !

I greet all the English-speaking visitors and pilgrims here today. On this fourth Sunday of Advent, we are filled with joy because the Lord is at hand. We heard in today’s Gospel about Mary’s journey to visit her cousin Elizabeth. Just as Mary travelled through the hill country of Judah, to share with her kinswoman the joyful news of Christ’s coming, so too the Church is called to journey through history, proclaiming the wondrous message of salvation. As the great feast of Christmas draws near, I invoke God’s abundant blessings upon all of you, and upon your families and loved ones at home.

Von Herzen grüße ich alle deutschsprachigen Pilger und Teilnehmer am heutigen Angelusgebet. In diesen Tagen vor Weihnachten verdichtet sich die Erwartung zu freudiger Gewißheit: Der Herr ist nahe! Er kommt, um uns Menschen Heil und Rettung zu bringen. Wie Maria wollen wir Gottes Wort gläubig aufnehmen und weitertragen. Gott mache uns um so eifriger in seinem Dienst, je näher das Fest der Geburt seines Sohnes heranrückt (vgl. Schlußgebet vom IV. Adventssonntag). Euch allen wünsche ich einen guten vierten Advent und ein frohes, gnadenreiches Weihnachtsfest!

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española presentes en esta oración mariana y a todos los que se unen a ella a través de la radio y la televisión. La Virgen Santísima, llevando en su seno y en su corazón al Hijo de Dios, fue causa de alegría para su pariente Isabel. Os invito a que, acogiendo en vuestro interior la divina Palabra, dando un testimonio fiel y convencido de la fe y prodigándoos en obras de caridad, seáis también para los demás testigos y mensajeros de Cristo Jesús, fuente de gozo y esperanza para el mundo. Os animo igualmente, estando ya próximas las fiestas de la Navidad, a prepararos con fervor a la celebración del nacimiento del Verbo, hecho carne en las purísimas entrañas de María. Feliz domingo.

Serdecznie pozdrawiam Polaków. Od wczoraj Arcybiskup Gnieźnieński jest Prymasem Polski. Ten honorowy tytuł powraca do najstarszej metropolii na ziemiach polskich, związanej z kultem świętego Wojciecha, Patrona Polski. Kardynałowi Józefowi Glempowi dziękuję za jego prymasowską posługę w trudnym okresie przemian. Arcybiskupowi Henrykowi Muszyńskiemu życzę wielu łask Bożych. Całemu Kościołowi w Polsce z serca błogosławię.

[Saluto cordialmente i polacchi. Da ieri l’Arcivescovo di Gniezno è Primate della Polonia. Questo titolo onorario ritorna alla più antica Metropoli sulle terre polacche, legata al culto di San Adalberto, Patrono della Polonia. Ringrazio il cardinale Józef Glemp per aver svolto la sua missione primaziale nel difficile periodo di transizione. All’Arcivescovo Henryk Muszyński auguro abbondanti grazie di Dio. Benedico di cuore tutta la Chiesa in Polonia.]

Saluto infine con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare la rappresentanza del Presepe Vivente di Pereto (provincia di L’Aquila), giunto alla sua quarantesima edizione. Saluto inoltre i partecipanti all’iniziativa organizzata dalla "Federazione Cultura, Sport, Spettacolo, Solidarietà nel Mondo", in collaborazione con l’Opera Romana Pellegrinaggi. A tutti auguro una serena domenica e buone feste del santo Natale.
+PetaloNero+
00lunedì 21 dicembre 2009 22:39
RINUNCE E NOMINE



RINUNCIA DI AUSILIARE DI MONTERREY (MESSICO)

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’ufficio di Ausiliare dell’arcidiocesi di Monterrey (Messico), presentata da S.E. Mons. José Lizáres Estrada, in conformità ai canoni 411 e 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.



RINUNCIA E SUCCESSIONE DELL’ARCIVESCOVO DI CINCINNATI (U.S.A.)

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Cincinnati (U.S.A.), presentata da S.E. Mons. Daniel E. Pilarczyk, in conformità al can. 401 § 1 del codice di Diritto Canonico.

Gli succede S.E. Mons. Dennis M. Schnurr, finora Arcivescovo Coadiutore della medesima sede metropolitana.



NOMINA DEL VESCOVO DI SASKATOON (CANADA)

Il Papa ha nominato Vescovo di Saskatoon (Canada) il Rev.do Mons. Donald Bolen, finora Vicario Generale di Regina.

Rev.do Mons. Donald Bolen

Il Rev.do Mons. Donald Bolen è nato a Gravelbourg, allora sede vescovile, oggi nell’arcidiocesi di Regina, il 7 febbraio 1961. Dopo la formazione nel "Saint Paul Seminary" di Ottawa, è stato ordinato sacerdote il 12 ottobre 1991 per l’arcidiocesi di Regina. Ha quindi perfezionato gli studi teologici presso la Saint Paul University di Ottawa (1993-1994) e l’Università di Oxford (1994-1997).

Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha ricoperto i seguenti incarichi: Vicario parrocchiale nella parrocchia di Estevan (1991-1993); Docente di Teologia presso il "Campion College" dell’Università del Saskatchewan (1997-1999); Parroco della parrocchia "St Jean Baptiste" di Regina (1997-1998); Parroco delle parrocchie di Milestone e Lang (1998-1999); Officiale del Pontificio Consiglio per la promozione dell’Unità dei Cristiani (2000-2007).

Dal 2007 ad oggi è stato Vicario Generale dell’arcidiocesi di Regina.
+PetaloNero+
00lunedì 21 dicembre 2009 22:40
UDIENZA DEL SANTO PADRE ALLA CURIA ROMANA IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE DEGLI AUGURI NATALIZI


Alle ore 11 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i Cardinali con i membri della Curia Romana e del Governatorato per la presentazione degli auguri natalizi.

Nel corso dell’incontro, dopo l’indirizzo di omaggio al Santo Padre del Cardinale Angelo Sodano, Decano del Collegio Cardinalizio, il Papa rivolge ai presenti il discorso che riportiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,

Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato,

Cari Fratelli e Sorelle,

la Solennità del Santo Natale, come è stato appena sottolineato dal Cardinale Decano Angelo Sodano, è, per i cristiani, un’occasione del tutto particolare di incontro e di comunione. Quel Bambino che adoriamo a Betlemme ci invita a sentire l’amore immenso di Dio, quel Dio che è disceso dal cielo e si è fatto vicino a ciascuno di noi per renderci suoi figli, parte della sua stessa Famiglia. Anche questo tradizionale appuntamento natalizio del Successore di Pietro con i suoi più stretti collaboratori, è un incontro di famiglia, che rinsalda i vincoli di affetto e di comunione, per formare sempre più quel "Cenacolo permanente" consacrato alla diffusione del Regno di Dio, appena ricordato. Ringrazio il Cardinale Decano per le cordiali parole con cui si è fatto interprete dei sentimenti augurali del Collegio cardinalizio, dei Membri della Curia Romana e del Governatorato, come pure di tutti i Rappresentanti Pontifici che sono profondamente uniti a noi nel portare agli uomini del nostro tempo quella luce che è nata nella mangiatoia di Betlemme. Nell’accogliervi con grande gioia, desidero anche esprimere la mia gratitudine a tutti per il generoso e competente servizio che prestate al Vicario di Cristo e alla Chiesa.

Un altro anno ricco di avvenimenti importanti per la Chiesa e per il mondo volge al termine. Con uno sguardo retrospettivo pieno di gratitudine vorrei in quest’ora richiamare l’attenzione solo su alcuni punti-chiave per la vita ecclesiale. Dall’Anno Paolino si è passati all’Anno Sacerdotale. Dalla figura imponente dell’Apostolo delle Genti che, colpito dalla luce del Cristo risorto e dalla sua chiamata, ha portato il Vangelo ai popoli del mondo, siamo passati alla figura umile del Curato d’Ars, che per tutta la sua vita è rimasto nel piccolo paese che gli era stato affidato e che, tuttavia, proprio nell’umiltà del suo servizio ha reso ampiamente visibile nel mondo la bontà riconciliatrice di Dio. A partire da ambedue le figure si manifesta l’ampia portata del ministero sacerdotale e diventa evidente come è grande proprio ciò che è piccolo e come, attraverso il servizio apparentemente piccolo di un uomo, Dio possa operare cose grandi, purificare e rinnovare il mondo dal di dentro.

Per la Chiesa e per me personalmente, l’anno che si sta chiudendo è stato in gran parte nel segno dell’Africa. C’era innanzitutto il viaggio in Camerun ed Angola. Era commovente per me sperimentare la grande cordialità con cui il Successore di Pietro, il Vicarius Christi, veniva accolto. La gioia festosa e l’affetto cordiale, che mi venivano incontro su tutte le strade, non riguardavano, appunto, semplicemente un qualsiasi ospite casuale. Nell’incontro col Papa si rendeva sperimentabile la Chiesa universale, la comunità che abbraccia il mondo e che viene radunata da Dio mediante Cristo – la comunità che non è fondata su interessi umani, ma che ci è offerta dall’attenzione amorevole di Dio per noi. Tutti insieme siamo famiglia di Dio, fratelli e sorelle in virtù di un unico Padre: questa è stata l’esperienza vissuta. E si sperimentava che l’attenzione amorevole di Dio in Cristo per noi non è una cosa del passato e neppure cosa di teorie erudite, ma una realtà del tutto concreta qui ed ora. Proprio Lui è in mezzo a noi: questo abbiamo percepito attraverso il ministero del Successore di Pietro. Così eravamo elevati al di sopra della semplice quotidianità. Il cielo era aperto, e questo è ciò che fa di un giorno una festa. Ed è al contempo qualcosa di duraturo. Continua ad essere vero, anche nella vita quotidiana, che il cielo non è più chiuso; che Dio è vicino; che in Cristo tutti ci apparteniamo a vicenda.

In modo particolarmente profondo si è impresso nella mia memoria il ricordo delle Celebrazioni liturgiche. Le Celebrazioni della Santa Eucaristia erano vere feste della fede. Vorrei menzionare due elementi che mi sembrano particolarmente importanti. C’era innanzitutto una grande gioia condivisa, che si esprimeva anche mediante il corpo, ma in maniera disciplinata ed orientata dalla presenza del Dio vivente. Con ciò è già indicato il secondo elemento: il senso della sacralità, del mistero presente del Dio vivente plasmava, per così dire, ogni singolo gesto. Il Signore è presente – il Creatore, Colui al quale tutto appartiene, dal quale noi proveniamo e verso il quale siamo in cammino. In modo spontaneo mi venivano in mente le parole di san Cipriano, che nel suo commento al Padre Nostro scrive: "Ricordiamoci di essere sotto lo sguardo di Dio rivolto su di noi. Dobbiamo piacere agli occhi di Dio, sia con l’atteggiamento del nostro corpo che con l’uso della nostra voce" (De dom. or. 4 CSEL III 1 p 269). Sì, questa consapevolezza c’era: noi stiamo al cospetto di Dio. Da questo non deriva paura o inibizione, neppure un’obbedienza esteriore alle rubriche e ancor meno un mettersi in mostra gli uni davanti agli altri o un gridare in modo indisciplinato. C’era piuttosto ciò che i Padri chiamavano "sobria ebrietas": l’essere ricolmi di una gioia che comunque rimane sobria ed ordinata, che unisce le persone a partire dall’interno, conducendole nella lode comunitaria di Dio, una lode che al tempo stesso suscita l’amore del prossimo, la responsabilità vicendevole.

Naturalmente faceva parte del viaggio in Africa soprattutto l’incontro con i Fratelli nel ministero episcopale e l’inaugurazione del Sinodo dell’Africa mediante la consegna dell’Instrumentum laboris. Ciò avvenne nel contesto di un colloquio serale nella festa di san Giuseppe, un colloquio in cui i rappresentanti dei singoli episcopati esposero in maniera toccante le loro speranze e preoccupazioni. Io penso che il buon padrone di casa, san Giuseppe, che personalmente conosce bene che cosa significhi il ponderare, in atteggiamento di sollecitudine e di speranza, le vie future della famiglia, ci abbia ascoltato con amore e ci abbia accompagnato fin dentro il Sinodo stesso. Gettiamo solo un breve sguardo sul Sinodo. In occasione della mia visita in Africa si è resa evidente innanzitutto la forza teologica e pastorale del Primato Pontificio come punto di convergenza per l’unità della Famiglia di Dio. Lì, nel Sinodo, è emersa ancora più fortemente l’importanza della collegialità – dell’unità dei Vescovi, che ricevono il loro ministero proprio per il fatto che entrano nella comunità dei Successori degli Apostoli: ognuno è Vescovo, Successore degli Apostoli, solo in quanto partecipe della comunità di coloro nei quali continua il Collegium Apostolorum nell’unità con Pietro e col suo Successore. Come nelle liturgie in Africa e poi, di nuovo, in San Pietro a Roma, il rinnovamento liturgico del Vaticano II ha preso forma in modo esemplare, così nella comunione del Sinodo si è vissuto in modo molto pratico l’ecclesiologia del Concilio. Commoventi erano anche le testimonianze che potevamo sentire dai fedeli provenienti dall’Africa – testimonianze di sofferenza e di riconciliazione concrete nelle tragedie della storia recente del Continente.

Il Sinodo si era proposto il tema: La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. È questo un tema teologico e soprattutto pastorale di un’attualità scottante, ma poteva essere anche frainteso come un tema politico. Compito dei Vescovi era di trasformare la teologia in pastorale, cioè in un ministero pastorale molto concreto, in cui le grandi visioni della Sacra Scrittura e della Tradizione vengono applicate all’operare dei Vescovi e dei sacerdoti in un tempo e in un luogo determinati. Ma in questo non si doveva cedere alla tentazione di prendere personalmente in mano la politica e da pastori trasformarsi in guide politiche. In effetti, la questione molto concreta davanti alla quale i pastori si trovano continuamente è, appunto, questa: come possiamo essere realisti e pratici, senza arrogarci una competenza politica che non ci spetta? Potremmo anche dire: si trattava del problema di una laicità positiva, praticata ed interpretata in modo giusto. È questo anche un tema fondamentale dell’Enciclica, pubblicata nel giorno dei Santi Pietro e Paolo, "Caritas in veritate", che ha in tal modo ripreso ed ulteriormente sviluppato la questione circa la collocazione teologica e concreta della dottrina sociale della Chiesa.

Sono riusciti i Padri Sinodali a trovare la strada piuttosto stretta tra una semplice teoria teologica ed un’immediata azione politica, la strada del "pastore"? Nel mio breve discorso a conclusione del Sinodo ho risposto affermativamente, in modo consapevole ed esplicito, a questa domanda. Naturalmente, nell’elaborazione del documento postsinodale, dovremo fare attenzione a mantenere tale equilibrio ed offrire così quel contributo per la Chiesa e la società in Africa che è stato affidato alla Chiesa in virtù della sua missione. Vorrei cercare di spiegare questo brevemente a proposito di un singolo punto. Come già detto, il tema del Sinodo designa tre grandi parole fondamentali della responsabilità teologica e sociale: riconciliazione – giustizia – pace. Si potrebbe dire che riconciliazione e giustizia siano i due presupposti essenziali della pace e che quindi definiscano in una certa misura anche la sua natura. Limitiamoci alla parola "riconciliazione". Uno sguardo sulle sofferenze e pene della storia recente dell’Africa, ma anche in molte altre parti della terra, mostra che contrasti non risolti e profondamente radicati possono portare, in certe situazioni, ad esplosioni di violenza in cui ogni senso di umanità sembra smarrito. La pace può realizzarsi soltanto se si giunge ad una riconciliazione interiore. Possiamo considerare come esempio positivo di un processo di riconciliazione in via di riuscita la storia dell’Europa dopo la seconda guerra mondiale. Il fatto che dal 1945 nell’Europa occidentale e centrale non ci siano più state guerre si fonda sicuramente in misura determinante su strutture politiche ed economiche intelligenti ed eticamente orientate, ma queste potevano svilupparsi solo perché esistevano processi interiori di riconciliazione, che hanno reso possibile una nuova convivenza. Ogni società ha bisogno di riconciliazioni, perché possa esserci la pace. Riconciliazioni sono necessarie per una buona politica, ma non possono essere realizzate unicamente da essa. Sono processi pre-politici e devono scaturire da altre fonti.

Il Sinodo ha cercato di esaminare profondamente il concetto di riconciliazione come compito per la Chiesa di oggi, richiamando l’attenzione sulle sue diverse dimensioni. La chiamata che san Paolo ha rivolto ai Corinzi possiede proprio oggi una nuova attualità. "In nome di Cristo siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio!" (2 Cor 5, 20). Se l’uomo non è riconciliato con Dio, è in discordia anche con la creazione. Non è riconciliato con se stesso, vorrebbe essere un altro da quel che è ed è pertanto non riconciliato neppure con il prossimo. Fa inoltre parte della riconciliazione la capacità di riconoscere la colpa e di chiedere perdono – a Dio e all’altro. E infine appartiene al processo della riconciliazione la disponibilità alla penitenza, la disponibilità a soffrire fino in fondo per una colpa e a lasciarsi trasformare. E ne fa parte la gratuità, di cui l’Enciclica "Caritas in veritate" parla ripetutamente: la disponibilità ad andare oltre il necessario, a non fare conti, ma ad andare al di là di ciò che richiedono le semplici condizioni giuridiche. Ne fa parte quella generosità di cui Dio stesso ci ha dato l’esempio. Pensiamo alla parola di Gesù: "Se tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono" (Mt 5, 23s.). Dio che sapeva che non siamo riconciliati, che vedeva che abbiamo qualcosa contro di Lui, si è alzato e ci è venuto incontro, benché Egli solo fosse dalla parte della ragione. Ci è venuto incontro fino alla Croce, per riconciliarci. Questa è gratuità: la disponibilità a fare il primo passo. Per primi andare incontro all’altro, offrirgli la riconciliazione, assumersi la sofferenza che comporta la rinuncia al proprio aver ragione. Non cedere nella volontà di riconciliazione: di questo Dio ci ha dato l’esempio, ed è questo il modo per diventare simili a Lui, un atteggiamento di cui sempre di nuovo abbiamo bisogno nel mondo. Dobbiamo oggi apprendere nuovamente la capacità di riconoscere la colpa, dobbiamo scuoterci di dosso l’illusione di essere innocenti. Dobbiamo apprendere la capacità di far penitenza, di lasciarci trasformare; di andare incontro all’altro e di farci donare da Dio il coraggio e la forza per un tale rinnovamento. In questo nostro mondo di oggi dobbiamo riscoprire il Sacramento della penitenza e della riconciliazione. Il fatto che esso in gran parte sia scomparso dalle abitudini esistenziali dei cristiani è un sintomo di una perdita di veracità nei confronti di noi stessi e di Dio; una perdita, che mette in pericolo la nostra umanità e diminuisce la nostra capacità di pace. San Bonaventura era dell’opinione che il Sacramento della penitenza fosse un Sacramento dell’umanità in quanto tale, un Sacramento che Dio aveva istituito nella sua essenza già immediatamente dopo il peccato originale con la penitenza imposta ad Adamo, anche se ha potuto ottenere la sua forma completa solo in Cristo, che è personalmente la forza riconciliatrice di Dio e ha preso su di sé la nostra penitenza. In effetti, l’unità di colpa, penitenza e perdono è una delle condizioni fondamentali della vera umanità, condizioni che nel Sacramento ottengono la loro forma completa, ma che, a partire dalle loro radici, fanno parte dell’essere persone umane come tale. Il Sinodo dei Vescovi per l’Africa ha pertanto a ragione incluso nelle sue riflessioni anche rituali di riconciliazione della tradizione africana come luoghi di apprendimento e di preparazione per la grande riconciliazione che Dio dona nel Sacramento della penitenza. Questa riconciliazione, però, richiede l’ampio "atrio" del riconoscimento della colpa e dell’umiltà della penitenza. Riconciliazione è un concetto pre-politico e una realtà pre-politica, che proprio per questo è della massima importanza per il compito della stessa politica. Se non si crea nei cuori la forza della riconciliazione, manca all’impegno politico per la pace il presupposto interiore. Nel Sinodo i Pastori della Chiesa si sono impegnati per quella purificazione interiore dell’uomo che costituisce l’essenziale condizione preliminare per l’edificazione della giustizia e della pace. Ma tale purificazione e maturazione interiore verso una vera umanità non possono esistere senza Dio.

Riconciliazione – con questa parola-chiave mi torna alla mente il secondo grande viaggio dell’anno che si chiude: il pellegrinaggio in Giordania ed in Terra Santa. Al riguardo vorrei innanzitutto ringraziare cordialmente il Re di Giordania per la grande ospitalità con cui mi ha accolto ed accompagnato lungo tutto lo svolgimento del mio pellegrinaggio. La mia gratitudine riguarda in modo particolare anche la maniera esemplare con cui egli si impegna per la convivenza pacifica tra cristiani e musulmani, per il rispetto nei confronti della religione dell’altro e per la collaborazione nella comune responsabilità davanti a Dio. Ringrazio di cuore anche il governo d’Israele per tutto ciò che ha fatto affinché la visita potesse svolgersi pacificamente ed in sicurezza. Sono particolarmente grato per la possibilità concessami di celebrare due grandi liturgie pubbliche – a Gerusalemme e a Nazaret – in cui i cristiani hanno potuto presentarsi pubblicamente come comunità di fede in Terra Santa. Infine, il mio ringraziamento si rivolge all’Autorità palestinese che mi ha accolto, anch’essa, con grande cordialità; essa pure mi ha reso possibile una Celebrazione liturgica pubblica a Betlemme, e mi ha fatto conoscere le sofferenze come anche le speranze del suo Territorio. Tutto ciò che si può vedere in quei Paesi, invoca riconciliazione, giustizia, pace. La visita a Yad Vashem ha significato un incontro sconvolgente con la crudeltà della colpa umana, con l’odio di un’ideologia accecata che, senza alcuna giustificazione, ha consegnato milioni di persone umane alla morte e che con ciò, in ultima analisi, ha voluto cacciare dal mondo anche Dio, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe e il Dio di Gesù Cristo. Così questo è in primo luogo un monumento commemorativo contro l’odio, un richiamo accorato alla purificazione e al perdono, all’amore. Proprio questo monumento alla colpa umana ha reso poi tanto più importante la visita ai luoghi della memoria della fede e ha fatto percepire la loro inalterata attualità. In Giordania abbiamo visto il punto più basso della terra presso il fiume Giordano. Come si potrebbe non sentirsi richiamati alla parola della Lettera agli Efesini, secondo cui Cristo è "disceso nelle regioni più basse della terra" (Eph 4, 9). In Cristo Dio è disceso fin nell’ultima profondità dell’essere umano, fin nella notte dell’odio e dell’accecamento, fin nel buio della lontananza dell’uomo da Dio, per accendere lì la luce del suo amore. Egli è presente perfino nella notte più profonda: anche negli inferi, eccoti – questa parola del Salmo 139 [138], 8 è diventata realtà nella discesa di Gesù. Così l’incontro con i luoghi della salvezza nella chiesa dell’annunciazione a Nazaret, nella grotta della natività a Betlemme, nel luogo della crocifissione sul Calvario, davanti al sepolcro vuoto, testimonianza della risurrezione, è stato come un toccare la storia di Dio con noi. La fede non è un mito. È storia reale, le cui tracce possiamo toccare con mano. Questo realismo della fede ci fa particolarmente bene nei travagli del presente. Dio si è veramente mostrato. In Gesù Cristo Egli si è veramente fatto carne. Come Risorto Egli rimane vero Uomo, apre continuamente la nostra umanità a Dio ed è sempre il garante del fatto che Dio è un Dio vicino. Sì, Dio vive e sta in relazione con noi. In tutta la sua grandezza è tuttavia il Dio vicino, il Dio-con-noi, che continuamente ci chiama: Lasciatevi riconciliare con me e tra voi! Egli sempre pone nella nostra vita personale e comunitaria il compito della riconciliazione.

Infine vorrei ancora dire una parola di gratitudine e di gioia per il mio viaggio nella Repubblica Ceca. Prima di tale viaggio sono sempre stato avvertito che quello è un Paese con una maggioranza di agnostici e di atei, in cui i cristiani costituiscono ormai soltanto una minoranza. Tanto più gioiosa è stata la sorpresa nel costatare che dappertutto ero circondato da grande cordialità ed amicizia; che grandi liturgie venivano celebrate in un’atmosfera gioiosa di fede; che nell’ambito delle università e della cultura la mia parola trovava una viva attenzione; che le Autorità dello Stato mi hanno riservato una grande cortesia e hanno fatto tutto il possibile per contribuire al successo della visita. Sarei ora tentato di dire qualcosa sulla bellezza del Paese e sulle magnifiche testimonianze della cultura cristiana, le quali soltanto rendono tale bellezza perfetta. Ma considero importante soprattutto il fatto che anche le persone che si ritengono agnostiche o atee, devono stare a cuore a noi come credenti. Quando parliamo di una nuova evangelizzazione, queste persone forse si spaventano. Non vogliono vedere se stesse come oggetto di missione, né rinunciare alla loro libertà di pensiero e di volontà. Ma la questione circa Dio rimane tuttavia presente pure per loro, anche se non possono credere al carattere concreto della sua attenzione per noi. A Parigi ho parlato della ricerca di Dio come del motivo fondamentale dal quale è nato il monachesimo occidentale e, con esso, la cultura occidentale. Come primo passo dell’evangelizzazione dobbiamo cercare di tenere desta tale ricerca; dobbiamo preoccuparci che l’uomo non accantoni la questione su Dio come questione essenziale della sua esistenza. Preoccuparci perché egli accetti tale questione e la nostalgia che in essa si nasconde. Mi viene qui in mente la parola che Gesù cita dal profeta Isaia, che cioè il tempio dovrebbe essere una casa di preghiera per tutti i popoli (cfr Is 56, 7; Mc 11, 17). Egli pensava al cosiddetto cortile dei gentili, che sgomberò da affari esteriori perché ci fosse lo spazio libero per i gentili che lì volevano pregare l’unico Dio, anche se non potevano prendere parte al mistero, al cui servizio era riservato l’interno del tempio. Spazio di preghiera per tutti i popoli – si pensava con ciò a persone che conoscono Dio, per così dire, soltanto da lontano; che sono scontente con i loro dèi, riti, miti; che desiderano il Puro e il Grande, anche se Dio rimane per loro il "Dio ignoto" (cfr At 17, 23). Essi dovevano poter pregare il Dio ignoto e così tuttavia essere in relazione con il Dio vero, anche se in mezzo ad oscurità di vario genere. Io penso che la Chiesa dovrebbe anche oggi aprire una sorta di "cortile dei gentili" dove gli uomini possano in una qualche maniera agganciarsi a Dio, senza conoscerlo e prima che abbiano trovato l’accesso al suo mistero, al cui servizio sta la vita interna della Chiesa. Al dialogo con le religioni deve oggi aggiungersi soprattutto il dialogo con coloro per i quali la religione è una cosa estranea, ai quali Dio è sconosciuto e che, tuttavia, non vorrebbero rimanere semplicemente senza Dio, ma avvicinarlo almeno come Sconosciuto.

Alla fine, ancora una volta, una parola circa l’Anno Sacerdotale. Come sacerdoti siamo a disposizione di tutti: per coloro che conoscono Dio da vicino e per coloro per i quali Egli è lo Sconosciuto. Noi tutti dobbiamo conoscerlo sempre di nuovo e dobbiamo cercarlo continuamente per diventare veri amici di Dio. Come potremmo, in definitiva, arrivare a conoscere Dio, se non attraverso uomini che sono amici di Dio? Il nucleo più profondo del nostro ministero sacerdotale è quello di essere amici di Cristo (cfr Gv 15, 15), amici di Dio, per il cui tramite anche altre persone possano trovare la vicinanza a Dio. Così, insieme con il mio profondo ringraziamento per tutto l’aiuto resomi lungo l’intero anno, ecco il mio augurio per il Natale: che noi diventiamo sempre più amici di Cristo e quindi amici di Dio e che in questo modo possiamo essere sale della terra e luce del mondo. Un santo Natale e un buon Anno Nuovo!



INDIRIZZO DI OMAGGIO DEL DECANO DEL COLLEGIO CARDINALIZIO

Beatissimo Padre,

Il Natale è vicino e fra poco faremo nostro il canto degli Angeli sulla grotta di Betlemme: "Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà".

Intanto, in questi giorni d’attesa, cercheremo di accogliere l’invito della Liturgia, che ci chiama ad essere "vigilanti nella preghiera ed esultanti nella lode" (Prefazio II d’Avvento).

E’ poi noto che le Feste Natalizie costituiscono, per le nostre famiglie cristiane, una bella occasione per ritrovarsi insieme e per rinsaldare i loro vincoli di reciproco amore.

In tale circostanza, anche la Famiglia Pontificia vuole stringersi intorno a Lei, Padre Santo, per rinnovarLe i sentimenti di profonda comunione ecclesiale ed augurarLe liete e sante Feste Natalizie.

Sono i voti che, in primo luogo, Le pervengono dai 185 Membri del Collegio Cardinalizio, sia di quelli sparsi per il mondo, sia di quelli residenti nell’Urbe. Alcuni di noi sono già avanti negli anni, sperando però che l’Onnipotente ci conceda ciò che aveva promesso ai pii Israeliti, stando alle note parole del Salmo: "Nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno vegeti e rigogliosi" (Sal 92,15).

In secondo luogo, mi è caro presentare a Vostra Santità gli auguri di tutta la Curia Romana, che intende formare con il Successore di Pietro un "Cenacolo permanente", totalmente consacrato alla diffusione del Regno di Dio, per usare una frase cara al Servo di Dio Papa Paolo VI (Insegnamenti di Paolo VI, 1973, 257).

Ai voti dei presenti si uniscono pure quelli dei Nunzi Apostolici, che rappresentano Vostra Santità presso le Chiese particolari ed i Governi civili dei Vari Paesi ove essi sono stati destinati. A tali auguri si uniscono pure i Nunzi Apostolici emeriti, sempre vicini alle sollecitudini pastorali del Successore di Pietro.

Infine, sono lieto di presentare a Vostra santità anche i voti dei responsabili del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, impegnati a coadiuvarLa nel delicato settore della vita dello Stato, vero strumento di libertà per la Sede Apostolica e valido punto di sostegno per la sua missione internazionale.

Beatissimo Padre,

raccogliendo in un'unica "corbeille" tutti questi voti, sono molto lieto di presentarGlieli, a nome di tutti i Suoi Collaboratori. Da parte nostra, cercheremo di seguire l’invito che San Pietro rivolgeva alle prime comunità cristiane: "Ciascuno secondo il dono ricevuto, lo metta a servizio degli altri, come buoni amministratori della multiforme grazia di Dio" (cf 1 Pt, 4,10).

Con questi sentimenti noi intendiamo collaborare con Vostra Santità, per la diffusione del Regno di Dio nel mondo d’oggi.

Su questi nostri propositi imploriamo, Padre Santo, la Sua Apostolica Benedizione.

+PetaloNero+
00martedì 22 dicembre 2009 22:46
RINUNCE E NOMINE



NOMINA DEL VESCOVO DI JASHPUR (INDIA)

Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Jashpur (India), il Rev. Mons. Emmanuel Kerketta, attuale Amministratore diocesano di Jashpur.

Rev. Mons. Emmanuel Kerketta

Il Rev.do Mons. Emmanuel Kerketta, è nato il 16 marzo 1952, nel villaggio di Gotmahua, nella Diocesi di Jashpur. Dopo le scuole primarie e secondarie a Musgutry, ha frequentato la Loyola High School di Kunkuri, ed è poi entrato nel Seminario Minore di Ranchi. Ha completato un anno di "Spirituality and Probation" al St. Albert’s College, sempre a Ranchi. Ha frequentato successivamente per due anni il St. Joseph’s Seminary di Mangalore, e per oltre tre anni il St. Xavier’s College di Ranchi, prima di tornare nuovamente al St. Joseph’s Seminary per concludere gli studi di Teologia. Ha ricevuto l’Ordinazione sacerdotale il 5 maggio 1984, ed è stato incardinato nella Diocesi di Jashpur.

Dopo l’Ordinazione sacerdotale ha ricoperto i seguenti incarichi: 1984-1986: Vicario Parrocchiale di Portenga e Direttore delle scuole di Catholic Ashram, nella medesima zona; 1986-1988: Studi di Matematica all’Università Guru Gasidas a Bilaspur; 1988 - 1989: Studi in Scienze dell’Educazione all’Università Rani Durgawati a Jabalpur; 1989 - 1992: Presidente della

"Scuola Apostolica" di Gholeng; 1992 - 2006: Professore e poi Presidente del Deepak Janta H.S. Harradippa; 2006 - 2008: Vicario Generale di Jashpur; dal 2008: Amministratore diocesano.



NOMINA DEL VESCOVO COADIUTORE DI SHREWSBURY (INGHILTERRA)

Il Santo Padre ha nominato Vescovo Coadiutore di Shrewsbury (Inghilterra) il Rev.do Mons. Mark Davies, del clero della diocesi di Salford, finora Vicario Generale della medesima diocesi.

S.E. Mons. Mark Davies

S.E. Mons. Mark Davies è nato a Manchester il 12 maggio 1959. Ha compiuto gli studi presso la St. Ann's Secondary School di Manchester e, quelli filosofici e teologici, all' Ushaw College di County Durham ove ha conseguito il Baccellierato in Teologia. Successivamente ha ottenuto il Dottorato in Storia presso l'Università di Durham.

È stato ordinato sacerdote l'11 febbraio 1984 per la diocesi di Salford.

Dopo un primo periodo come Vicario parrocchiale a St. Mary's presso Swinton, nel 1989 è diventato Segretario particolare del Vescovo Mons. Kelly. Dal 1992 al 2003 è stato Parroco di St. John Bosco parish a Blackley, svolgendo contemporaneamente il ministero di Cappellano presso il Children's Hospital di Booth Hall.

Nel 2003 è stato nominato Vicario Generale della diocesi di Salford, Canonico del Capitolo della cattedrale e Prelato d'Onore.



NOMINA DI MEMBRI DELLA CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI

Il Papa ha nominato Membri della Congregazione delle Cause dei Santi Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Edmond Farhat, Arcivescovo titolare di Biblo, Nunzio Apostolico, e Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Raffaello Martinelli, Vescovo di Frascati.



NOMINA DI CONSULTORI DELLA SEGRETERIA GENERALE DEL SINODO DEI VESCOVI

Il Santo Padre ha nominato Consultori della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi i Reverendi Signori: Mons. Ermenegildo MANICARDI, Rettore dell'Almo Collegio Capranica; Markus GRAULICH, S.D.B., Promotore di Giustizia Sostituto presso il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica; Godfrey Igwebuike ONAH, Vice Rettore della Pontificia Università Urbaniana; i Reverendi Padri: Paul BÉRÉ, S.I., Professore di Antico Testamento e Lingue bibliche, presso "Institut de Théologie de la Compagnie de Jésus", "Université Catholique de l'Afrique de l'Ouest", Abidjan (Costa d'Avorio), e presso "Hekima College Jesuit School of Theology", Nairobi (Kenya); Juan Javier FLORES ARCAS, O.S.B., Rettore Magnifico del Pontificio Ateneo S. Anselmo; Paolo MARTINELLI, O.F.M. Cap., Preside dell'Istituto Francescano di Spiritualità presso la Pontificia Università "Antonianum", e Professore di Teologia Dogmatica e di Teologia Spirituale presso la Pontificia Università Gregoriana; Samir KHALIL SAMIR, S.I., Professore di Storia della Cultura Araba e di Islamologia presso l'Università "St Joseph" di Beyrouth (Libano).
+PetaloNero+
00mercoledì 23 dicembre 2009 22:52
RINUNCE E NOMINE


NOMINA DI MEMBRO DEL CONSIGLIO DIRETTIVO DELL’ "AGENZIA DELLA SANTA SEDE PER LA VALUTAZIONE E LA PROMOZIONE DELLA QUALITÀ DELLE UNIVERSITÀ E FACOLTÀ ECCLESIASTICHE" (AVEPRO)

Il Santo Padre ha nominato Membro del Consiglio direttivo dell’ "Agenzia della Santa Sede per la Valutazione e la Promozione della Qualità delle Università e Facoltà Ecclesiastiche " (AVEPRO) il Rev.do Sacerdote Christian Bock, del clero della diocesi di Erfurt (Germania).
+PetaloNero+
00mercoledì 23 dicembre 2009 22:53
L’UDIENZA GENERALE


L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

Nel discorso in lingua italiana, il Papa si è soffermato sul mistero del Natale ormai prossimo.

Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.

L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.


CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Cari fratelli e sorelle,

con la Novena di Natale, che stiamo celebrando in questi giorni, la Chiesa ci invita a vivere in modo intenso e profondo la preparazione alla Nascita del Salvatore, ormai imminente. Il desiderio, che tutti portiamo nel cuore, è che la prossima festa del Natale ci doni, in mezzo all’attività frenetica dei nostri giorni, serena e profonda gioia per farci toccare con mano la bontà del nostro Dio e infonderci nuovo coraggio.

Per comprendere meglio il significato del Natale del Signore vorrei fare un breve cenno all’origine storica di questa solennità. Infatti, l’Anno liturgico della Chiesa non si è sviluppato inizialmente partendo dalla nascita di Cristo, ma dalla fede nella sua risurrezione. Perciò la festa più antica della cristianità non è il Natale, ma è la Pasqua; la risurrezione di Cristo fonda la fede cristiana, è alla base dell’annuncio del Vangelo e fa nascere la Chiesa. Quindi essere cristiani significa vivere in maniera pasquale, facendoci coinvolgere nel dinamismo che è originato dal Battesimo e che porta a morire al peccato per vivere con Dio (cfr Rm 6,4).

Il primo ad affermare con chiarezza che Gesù nacque il 25 dicembre è stato Ippolito di Roma, nel suo commento al Libro del profeta Daniele, scritto verso il 204. Qualche esegeta nota, poi, che in quel giorno si celebrava la festa della Dedicazione del Tempio di Gerusalemme, istituita da Giuda Maccabeo nel 164 avanti Cristo. La coincidenza di date verrebbe allora a significare che con Gesù, apparso come luce di Dio nella notte, si realizza veramente la consacrazione del tempio, l’Avvento di Dio su questa terra.

Nella cristianità la festa del Natale ha assunto una forma definita nel IV secolo, quando essa prese il posto della festa romana del "Sol invictus", il sole invincibile; si mise così in evidenza che la nascita di Cristo è la vittoria della vera luce sulle tenebre del male e del peccato. Tuttavia, la particolare e intensa atmosfera spirituale che circonda il Natale si è sviluppata nel Medioevo, grazie a san Francesco d’Assisi, che era profondamente innamorato dell’uomo Gesù, del Dio-con-noi. Il suo primo biografo, Tommaso da Celano, nella Vita seconda racconta che san Francesco «Al di sopra di tutte le altre solennità celebrava con ineffabile premura il Natale del Bambino Gesù, e chiamava festa delle feste il giorno in cui Dio, fatto piccolo infante, aveva succhiato a un seno umano» (Fonti Francescane, n. 199, p. 492). Da questa particolare devozione al mistero dell’Incarnazione ebbe origine la famosa celebrazione del Natale a Greccio. Essa, probabilmente, fu ispirata a san Francesco dal suo pellegrinaggio in Terra Santa e dal presepe di Santa Maria Maggiore in Roma. Ciò che animava il Poverello di Assisi era il desiderio di sperimentare in maniera concreta, viva e attuale l’umile grandezza dell’evento della nascita del Bambino Gesù e di comunicarne la gioia a tutti.

Nella prima biografia, Tommaso da Celano parla della notte del presepe di Greccio in un modo vivo e toccante, offrendo un contributo decisivo alla diffusione della tradizione natalizia più bella, quella del presepe. La notte di Greccio, infatti, ha ridonato alla cristianità l’intensità e la bellezza della festa del Natale, e ha educato il Popolo di Dio a coglierne il messaggio più autentico, il particolare calore, e ad amare ed adorare l’umanità di Cristo. Tale particolare approccio al Natale ha offerto alla fede cristiana una nuova dimensione. La Pasqua aveva concentrato l’attenzione sulla potenza di Dio che vince la morte, inaugura la vita nuova e insegna a sperare nel mondo che verrà. Con san Francesco e il suo presepe venivano messi in evidenza l’amore inerme di Dio, la sua umiltà e la sua benignità, che nell’Incarnazione del Verbo si manifesta agli uomini per insegnare un nuovo modo di vivere e di amare.

Il Celano racconta che, in quella notte di Natale, fu concessa a Francesco la grazia di una visione meravigliosa. Vide giacere immobile nella mangiatoia un piccolo bambino, che fu risvegliato dal sonno proprio dalla vicinanza di Francesco. E aggiunge: «Né questa visione discordava dai fatti perché, a opera della sua grazia che agiva per mezzo del suo santo servo Francesco, il fanciullo Gesù fu risuscitato nel cuore di molti, che l’avevano dimenticato, e fu impresso profondamente nella loro memoria amorosa» (Vita prima, op. cit., n. 86, p. 307). Questo quadro descrive con molta precisione quanto la fede viva e l’amore di Francesco per l’umanità di Cristo hanno trasmesso alla festa cristiana del Natale: la scoperta che Dio si rivela nelle tenere membra del Bambino Gesù. Grazie a san Francesco, il popolo cristiano ha potuto percepire che a Natale Dio è davvero diventato l’"Emmanuele", il Dio-con-noi, dal quale non ci separa alcuna barriera e alcuna lontananza. In quel Bambino, Dio è diventato così prossimo a ciascuno di noi, così vicino, che possiamo dargli del tu e intrattenere con lui un rapporto confidenziale di profondo affetto, così come facciamo con un neonato.

In quel Bambino, infatti, si manifesta Dio-Amore: Dio viene senza armi, senza la forza, perché non intende conquistare, per così dire, dall’esterno, ma intende piuttosto essere accolto dall’uomo nella libertà; Dio si fa Bambino inerme per vincere la superbia, la violenza, la brama di possesso dell’uomo. In Gesù Dio ha assunto questa condizione povera e disarmante per vincerci con l’amore e condurci alla nostra vera identità. Non dobbiamo dimenticare che il titolo più grande di Gesù Cristo è proprio quello di "Figlio", Figlio di Dio; la dignità divina viene indicata con un termine, che prolunga il riferimento all’umile condizione della mangiatoia di Betlemme, pur corrispondendo in maniera unica alla sua divinità, che è la divinità del "Figlio".

La sua condizione di Bambino ci indica, inoltre, come possiamo incontrare Dio e godere della Sua presenza. E’ alla luce del Natale che possiamo comprendere le parole di Gesù: «Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 18,3). Chi non ha capito il mistero del Natale, non ha capito l’elemento decisivo dell’esistenza cristiana. Chi non accoglie Gesù con cuore di bambino, non può entrare nel regno dei cieli: questo è quanto Francesco ha voluto ricordare alla cristianità del suo tempo e di tutti tempi, fino ad oggi. Preghiamo il Padre perché conceda al nostro cuore quella semplicità che riconosce nel Bambino il Signore, proprio come fece Francesco a Greccio. Allora potrebbe succedere anche a noi quanto Tommaso da Celano – riferendosi all’esperienza dei pastori nella Notte Santa (cfr Lc 2,20) - racconta a proposito di quanti furono presenti all’evento di Greccio: "ciascuno se ne tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia" (Vita prima, op. cit., n. 86, p. 479).

E' questo l'augurio che formulo con affetto a tutti voi, alle vostre famiglie e a quanti vi sono cari. Buon Natale a voi tutti!



SINTESI DELLA CATECHESI NELLE DIVERSE LINGUE


○ Sintesi della catechesi in lingua francese

Chers Frères et Sœurs,

Que la fête de Noël nous donne une joie sereine et profonde pour nous faire toucher la bonté de notre Dieu et y trouver un nouveau courage. À Noël, Dieu est vraiment devenu l’Emmanuel, c’est-à-dire Dieu avec nous, dont rien ne pourra nous séparer. Il est devenu si proche de nous que nous pouvons entretenir avec lui une relation de confiance, de profonde affection, comme avec un nouveau-né. Il vient à nous sans armes, sans la force ; il n’entend pas conquérir l’homme de l’extérieur, mais être librement accueilli par lui. Dieu se fait enfant pour vaincre par l’amour l’orgueil, la violence, la soif de possession de l’homme.

Chers pèlerins de langue française, prions Dieu pour qu’il mette en nos cœurs la simplicité qui nous fera reconnaître le Seigneur dans l’Enfant de la crèche. à tous, je souhaite de belles et saintes fêtes de Noël.


○ Sintesi della catechesi in lingua inglese

Dear Brothers and Sisters,

In these last days before Christmas, the Church invites us to contemplate the mystery of Christ’s Birth and to experience the joy and hope which the newborn Saviour brings into our world. Gazing on the Christ Child lying in the manger, we contemplate the love of a God who humbly asks us to welcome him into our hearts and into our world. By coming among us as a helpless Child, God conquers our hearts not by force, but by love, and thus teaches us the way to authentic freedom, peace and fulfilment. This Christmas, may the Lord grant us simplicity of heart, so that we may recognize his presence and love in the lowly Babe of Bethlehem, and, like the shepherds, return to our homes filled with ineffable joy and gladness.

I offer a warm welcome to the English-speaking visitors present at today’s Audience, especially the groups from the Philippines and the United States. In these holy days, may you and your families draw ever closer to the Lord and experience his heavenly gifts of love, joy and peace. Merry Christmas!


○ Sintesi della catechesi in lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern!

Einen Tag vor dem Heiligen Abend möchte ich ein wenig über die Bedeutung von Weihnachten sprechen. Besonders der heilige Franz von Assisi gab dem Fest eine eigene geistliche Prägung, die uns den menschgewordenen Erlöser als den Gott-mit-uns konkret vor Augen führt. Hier ist vor allem die von Franziskus eingeführte Feier der Weihnacht von Greccio mit seiner „lebendigen Krippe" zu erwähnen. Den Heiligen leitete das Verlangen, auf anschauliche Weise die Bescheidenheit und die Größe der Geburt des Sohnes Gottes als kleines Kind zu erleben und die Freude daran mit anderen zu teilen. Die Krippe von Greccio führte die Gläubigen dazu, die Botschaft des göttlichen Erbarmens besser zu verstehen und die Menschennatur Christi zu lieben und anzubeten. Jeder von uns darf sich Gott mit Vertrauen und Herzlichkeit nahen.

Mit Freude grüße ich alle deutschsprachigen Pilger und Besucher. Mit dem heiligen Franziskus wollen wir den Vater um die Schlichtheit des Herzens bitten, die im Kind in der Krippe den Herrn des Lebens erkennt. Euch und euren Lieben wünsche ich eine gesegnete Weihnacht.


○ Sintesi della catechesi in lingua spagnola

Queridos hermanos y hermanas:

Al acercarse la Navidad, la Iglesia nos invita a disponernos con fervor y sencillez a la celebración del nacimiento del Salvador. La liturgia de esta fiesta fue afianzándose con el correr del tiempo. El primero que afirmó que Jesús nació el 25 de diciembre fue Hipólito de Roma, allá por el siglo tercero. Pero la atmósfera particular que se respira en esta celebración navideña fue favorecida sobre todo por san Francisco de Asís, debido al especial amor y devoción que este santo profesaba al misterio de la encarnación del Hijo de Dios. Tomás de Celano, el biógrafo de san Francisco, narra la intensidad con la que vivía y celebraba el pobrecillo de Asís la noche de Navidad, a partir de la experiencia maravillosa que tuvo ante el pesebre en Greccio.

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los jóvenes venidos de México, así como a los demás grupos procedentes de España, Puerto Rico y otros países latinoamericanos. Que tengáis una Navidad muy feliz en compañía de vuestros familiares y amigos, rogándoos al mismo tiempo que llevéis a todos la felicitación del Papa para estos días entrañables. Muchas gracias.


○ Sintesi della catechesi in lingua portoghese

Queridos irmãos e irmãs,

A tradição natalícia mais bela, que é o presépio, foi criada por São Francisco de Assis, para recordar a todos como Deus Se revela nos ternos braços dum Menino. A sua condição de criança indica-nos como podemos encontrar Deus e gozar da sua presença. É à luz do Natal que melhor se compreendem estas palavras do Senhor: «Se não vos converterdes e não vos tornardes como as crianças, não entrareis no reino dos Céus».

Amados peregrinos de língua portuguesa, a todos desejo um Santo Natal, portador das consolações e graças do Deus Menino, a quem vos encomendo ao dar-vos a minha Bênção.



SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE


Saluto in lingua polacca

Siostry i Bracia, drodzy Polacy! Raz jeszcze staniemy wkrótce wobec tajemnicy wigilijnej nocy i Bożego Narodzenia. Wraz z Maryją i Józefem będziemy adorowali Boże Dziecię leżące w żłobie. Wam tu obecnym, waszym Bliskim i waszym Rodakom życzę serdecznie radosnego przyjęcia Bożego Syna, który przychodzi, by przemienić nas w nowego człowieka i udzielić daru zbawienia. Niech Jezus opromieni Wasze życie swoim światłem, miłością, pokojem i nadzieją. Błogosławionych Świąt!

[Sorelle e fratelli, cari polacchi! Tra poco, ancora una volta ci troveremo dinanzi al mistero della Notte del Santo Natale. Insieme a Maria e Giuseppe adoreremo il Divino Bambino deposto nella mangiatoia. A voi qui presenti, ai vostri cari e ai vostri connazionali auguro di cuore di accogliere con gioia il Figlio di Dio che viene per trasformare ciascuno di noi in un uomo nuovo e per concedere il dono della salvezza. Gesù faccia risplendere la vostra vita della sua luce, del suo amore, della sua pace e speranza. Buone Feste.]


○ Saluto in lingua italiana

Rivolgo ora un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana e, con speciale pensiero ai fedeli di Boiano e ai ragazzi di Verbania-Pallanza. Esorto tutti ad essere ovunque gioiosi testimoni del Vangelo.

Desidero, poi, salutare i giovani, i malati e gli sposi novelli. A pochi giorni dalla solennità del Natale, possa l'amore, che Dio manifesta all'umanità nella nascita di Cristo, accrescere in voi, cari giovani, il desiderio di servire generosamente i fratelli. Sia per voi, cari malati, fonte di conforto e di serenità. Ispiri voi, cari sposi novelli, a consolidare la vostra promessa di amore e di reciproca fedeltà.
+PetaloNero+
00giovedì 24 dicembre 2009 23:03
RINUNCE E NOMINE


NOMINA DEL COADIUTORE DEL VICARIATO APOSTOLICO DI PHNOM- PENH (CAMBOGIA)

Il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato Vescovo Coadiutore del Vicariato Apostolico di Phnom-Penh (Cambogia) il Rev.do P. Olivier Schmitthaeusler, M.E.P., Vicario Generale di Phnom-Penh e Segretario della Conferenza Episcopale di Cambogia. Gli è stata assegnata la sede titolare vescovile di Catabum castra.

Rev.do P. Olivier Schmitthaeusler, M.E.P.

Il Rev.do P. Olivier Schmitthaeusler, M.E.P., è nato il 26 giugno 1970 a Strasbourg (Francia). Suo padre è diacono permanente dell’Arcidiocesi di Strasbourg.

Dopo aver concluso le scuole primarie, medie e superiori, è entrato nel Seminario Maggiore e ha completato gli studi filosofici e teologici all’Università cattolica di Strasbourg. Dal 1991 al 1994 è stato in Giappone per un progetto di collaborazione con l’Università di St. Thomas di Osaka. È stato ordinato sacerdote il 28 giugno 1998 ed appartiene alla Società delle "Missions Etrangères de Paris".

Dopo l’ordinazione sacerdotale ha ricoperto i seguenti incarichi: 1998-2002: Servizio pastorale nella zona di Kampot Takeo, Cambogia; 2003-2005: Docente di Storia della Chiesa al Seminario Maggiore di Phnom-Penh; dal 2004: Direttore della Commissione diocesana per l’Educazione; dal 2007: Vicario Generale (Vicario Delegato) di Phnom-Penh; dal 2008: Segretario della Conferenza Episcopale di Cambogia, Responsabile della Pastorale Giovanile e Vocazionale, Incaricato per lo sviluppo rurale.
+PetaloNero+
00venerdì 25 dicembre 2009 22:57
SANTA MESSA DI MEZZANOTTE

SOLENNITÀ DEL NATALE DEL SIGNORE

OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

Basilica Vaticana
Giovedì, 24 dicembre 2009





Cari fratelli e sorelle,

“Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio” (Is 9, 5). Ciò che Isaia, guardando da lontano verso il futuro, dice a Israele come consolazione nelle sue angustie ed oscurità, l’Angelo, dal quale emana una nube di luce, lo annuncia ai pastori come presente: “Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore” (Lc 2, 11). Il Signore è presente. Da questo momento, Dio è veramente un “Dio con noi”. Non è più il Dio distante, che, attraverso la creazione e mediante la coscienza, si può in qualche modo intuire da lontano. Egli è entrato nel mondo. È il Vicino. Il Cristo risorto lo ha detto ai suoi, a noi: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20). Per voi è nato il Salvatore: ciò che l’Angelo annunciò ai pastori, Dio ora lo richiama a noi per mezzo del Vangelo e dei suoi messaggeri. È questa una notizia che non può lasciarci indifferenti. Se è vera, tutto è cambiato. Se è vera, essa riguarda anche me. Allora, come i pastori, devo dire anch’io: Orsù, voglio andare a Betlemme e vedere la Parola che lì è accaduta. Il Vangelo non ci racconta senza scopo la storia dei pastori. Essi ci mostrano come rispondere in modo giusto a quel messaggio che è rivolto anche a noi. Che cosa ci dicono allora questi primi testimoni dell’incarnazione di Dio?

Dei pastori è detto anzitutto che essi erano persone vigilanti e che il messaggio poteva raggiungerli proprio perché erano svegli. Noi dobbiamo svegliarci, perché il messaggio arrivi fino a noi. Dobbiamo diventare persone veramente vigilanti. Che significa questo? La differenza tra uno che sogna e uno che sta sveglio consiste innanzitutto nel fatto che colui che sogna si trova in un mondo particolare. Con il suo io egli è rinchiuso in questo mondo del sogno che, appunto, è soltanto suo e non lo collega con gli altri. Svegliarsi significa uscire da tale mondo particolare dell’io ed entrare nella realtà comune, nella verità che, sola, ci unisce tutti. Il conflitto nel mondo, l’inconciliabilità reciproca, derivano dal fatto che siamo rinchiusi nei nostri propri interessi e nelle opinioni personali, nel nostro proprio minuscolo mondo privato. L’egoismo, quello del gruppo come quello del singolo, ci tiene prigionieri dei nostri interessi e desideri, che contrastano con la verità e ci dividono gli uni dagli altri. Svegliatevi, ci dice il Vangelo. Venite fuori per entrare nella grande verità comune, nella comunione dell’unico Dio. Svegliarsi significa così sviluppare la sensibilità per Dio; per i segnali silenziosi con cui Egli vuole guidarci; per i molteplici indizi della sua presenza. Ci sono persone che dicono di essere “religiosamente prive di orecchio musicale”. La capacità percettiva per Dio sembra quasi una dote che ad alcuni è rifiutata. E in effetti – la nostra maniera di pensare ed agire, la mentalità del mondo odierno, la gamma delle nostre varie esperienze sono adatte a ridurre la sensibilità per Dio, a renderci “privi di orecchio musicale” per Lui. E tuttavia in ogni anima è presente, in modo nascosto o aperto, l’attesa di Dio, la capacità di incontrarlo. Per ottenere questa vigilanza, questo svegliarsi all’essenziale, vogliamo pregare, per noi stessi e per gli altri, per quelli che sembrano essere “privi di questo orecchio musicale” e nei quali, tuttavia, è vivo il desiderio che Dio si manifesti. Il grande teologo Origene ha detto: se io avessi la grazia di vedere come ha visto Paolo, potrei adesso (durante la Liturgia) contemplare una grande schiera di Angeli (cfr in Lc 23, 9). Infatti – nella Sacra Liturgia, gli Angeli di Dio e i Santi ci circondano. Il Signore stesso è presente in mezzo a noi. Signore, apri gli occhi dei nostri cuori, affinché diventiamo vigilanti e veggenti e così possiamo portare la tua vicinanza anche ad altri!

Torniamo al Vangelo di Natale. Esso ci racconta che i pastori, dopo aver ascoltato il messaggio dell’Angelo, si dissero l’un l’altro: “'Andiamo fino a Betlemme' … Andarono, senza indugio” (Lc 2, 15s.). “Si affrettarono” dice letteralmente il testo greco. Ciò che era stato loro annunciato era così importante che dovevano andare immediatamente. In effetti, ciò che lì era stato detto loro andava totalmente al di là del consueto. Cambiava il mondo. È nato il Salvatore. L’atteso Figlio di Davide è venuto al mondo nella sua città. Che cosa poteva esserci di più importante? Certo, li spingeva anche la curiosità, ma soprattutto l’agitazione per la grande cosa che era stata comunicata proprio a loro, i piccoli e uomini apparentemente irrilevanti. Si affrettarono – senza indugio. Nella nostra vita ordinaria le cose non stanno così. La maggioranza degli uomini non considera prioritarie le cose di Dio, esse non ci incalzano in modo immediato. E così noi, nella stragrande maggioranza, siamo ben disposti a rimandarle. Prima di tutto si fa ciò che qui ed ora appare urgente. Nell’elenco delle priorità Dio si trova spesso quasi all’ultimo posto. Questo – si pensa – si potrà fare sempre. Il Vangelo ci dice: Dio ha la massima priorità. Se qualcosa nella nostra vita merita fretta senza indugio, ciò è, allora, soltanto la causa di Dio. Una massima della Regola di san Benedetto dice: “Non anteporre nulla all’opera di Dio (cioè all’ufficio divino)”. La Liturgia è per i monaci la prima priorità. Tutto il resto viene dopo. Nel suo nucleo, però, questa frase vale per ogni uomo. Dio è importante, la realtà più importante in assoluto nella nostra vita. Proprio questa priorità ci insegnano i pastori. Da loro vogliamo imparare a non lasciarci schiacciare da tutte le cose urgenti della vita quotidiana. Da loro vogliamo apprendere la libertà interiore di mettere in secondo piano altre occupazioni – per quanto importanti esse siano – per avviarci verso Dio, per lasciarlo entrare nella nostra vita e nel nostro tempo. Il tempo impegnato per Dio e, a partire da Lui, per il prossimo non è mai tempo perso. È il tempo in cui viviamo veramente, in cui viviamo lo stesso essere persone umane.

Alcuni commentatori fanno notare che per primi i pastori, le anime semplici, sono venuti da Gesù nella mangiatoia e hanno potuto incontrare il Redentore del mondo. I sapienti venuti dall’Oriente, i rappresentanti di coloro che hanno rango e nome, vennero molto più tardi. I commentatori aggiungono: questo è del tutto ovvio. I pastori, infatti, abitavano accanto. Essi non dovevano che “attraversare” (cfr Lc 2, 15) come si attraversa un breve spazio per andare dai vicini. I sapienti, invece, abitavano lontano. Essi dovevano percorrere una via lunga e difficile, per arrivare a Betlemme. E avevano bisogno di guida e di indicazione. Ebbene, anche oggi esistono anime semplici ed umili che abitano molto vicino al Signore. Essi sono, per così dire, i suoi vicini e possono facilmente andare da Lui. Ma la maggior parte di noi uomini moderni vive lontana da Gesù Cristo, da Colui che si è fatto uomo, dal Dio venuto in mezzo a noi. Viviamo in filosofie, in affari e occupazioni che ci riempiono totalmente e dai quali il cammino verso la mangiatoia è molto lungo. In molteplici modi Dio deve ripetutamente spingerci e darci una mano, affinché possiamo trovare l’uscita dal groviglio dei nostri pensieri e dei nostri impegni e trovare la via verso di Lui. Ma per tutti c’è una via. Per tutti il Signore dispone segnali adatti a ciascuno. Egli chiama tutti noi, perché anche noi si possa dire: Orsù, “attraversiamo”, andiamo a Betlemme – verso quel Dio, che ci è venuto incontro. Sì, Dio si è incamminato verso di noi. Da soli non potremmo giungere fino a Lui. La via supera le nostre forze. Ma Dio è disceso. Egli ci viene incontro. Egli ha percorso la parte più lunga del cammino. Ora ci chiede: Venite e vedete quanto vi amo. Venite e vedete che io sono qui. Transeamus usque Bethleem, dice la Bibbia latina. Andiamo di là! Oltrepassiamo noi stessi! Facciamoci viandanti verso Dio in molteplici modi: nell’essere interiormente in cammino verso di Lui. E tuttavia anche in cammini molto concreti – nella Liturgia della Chiesa, nel servizio al prossimo, in cui Cristo mi attende.

Ascoltiamo ancora una volta direttamente il Vangelo. I pastori si dicono l’un l’altro il motivo per cui si mettono in cammino: “Vediamo questo avvenimento”. Letteralmente il testo greco dice: “Vediamo questa Parola, che lì è accaduta”. Sì, tale è la novità di questa notte: la Parola può essere guardata. Poiché si è fatta carne. Quel Dio di cui non si deve fare alcuna immagine, perché ogni immagine potrebbe solo ridurlo, anzi travisarlo, quel Dio si è reso, Egli stesso, visibile in Colui che è la sua vera immagine, come dice Paolo (cfr 2 Cor 4, 4; Col 1, 15). Nella figura di Gesù Cristo, in tutto il suo vivere ed operare, nel suo morire e risorgere, possiamo guardare la Parola di Dio e quindi il mistero dello stesso Dio vivente. Dio è così. L’Angelo aveva detto ai pastori: “Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia” (Lc 2, 12; cfr 16). Il segno di Dio, il segno che viene dato ai pastori e a noi, non è un miracolo emozionante. Il segno di Dio è la sua umiltà. Il segno di Dio è che Egli si fa piccolo; diventa bambino; si lascia toccare e chiede il nostro amore. Quanto desidereremmo noi uomini un segno diverso, imponente, inconfutabile del potere di Dio e della sua grandezza. Ma il suo segno ci invita alla fede e all’amore, e pertanto ci dà speranza: così è Dio. Egli possiede il potere ed è la Bontà. Ci invita a diventare simili a Lui. Sì, diventiamo simili a Dio, se ci lasciamo plasmare da questo segno; se impariamo, noi stessi, l’umiltà e così la vera grandezza; se rinunciamo alla violenza ed usiamo solo le armi della verità e dell’amore. Origene, seguendo una parola di Giovanni Battista, ha visto espressa l’essenza del paganesimo nel simbolo delle pietre: paganesimo è mancanza di sensibilità, significa un cuore di pietra, che è incapace di amare e di percepire l’amore di Dio. Origene dice dei pagani: “Privi di sentimento e di ragione, si trasformano in pietre e in legno” (in Lc 22, 9). Cristo, però, vuole darci un cuore di carne. Quando vediamo Lui, il Dio che è diventato un bambino, ci si apre il cuore. Nella Liturgia della Notte Santa Dio viene a noi come uomo, affinché noi diventiamo veramente umani. Ascoltiamo ancora Origene: “In effetti, a che gioverebbe a te che Cristo una volta sia venuto nella carne, se Egli non giunge fin nella tua anima? Preghiamo che venga quotidianamente a noi e che possiamo dire: vivo, però non vivo più io, ma Cristo vive in me (Gal 2, 20)” (in Lc 22, 3).

Sì, per questo vogliamo pregare in questa Notte Santa. Signore Gesù Cristo, tu che sei nato a Betlemme, vieni a noi! Entra in me, nella mia anima. Trasformami. Rinnovami. Fa’ che io e tutti noi da pietra e legno diventiamo persone viventi, nelle quali il tuo amore si rende presente e il mondo viene trasformato. Amen.




© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana
+PetaloNero+
00venerdì 25 dicembre 2009 22:58
MESSAGGIO NATALIZIO DEL SANTO PADRE E BENEDIZIONE URBI ET ORBI


Alle ore 12 di oggi, Solennità del Natale del Signore, dalla Loggia della Benedizione il Santo Padre Benedetto XVI rivolge il tradizionale Messaggio natalizio ai fedeli presenti in Piazza San Pietro e a quanti lo ascoltano attraverso la radio e la televisione.

Questo il testo del Messaggio del Santo Padre per il Natale 2009:


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero,

e voi tutti, uomini e donne amati dal Signore!

"Lux fulgebit hodie super nos,

quia natus est nobis Dominus.

- Oggi su di noi splenderà la luce,

Perché è nato per noi il Signore"

(Messale Romano, Natale del Signore, Messa dell’Aurora, Antifona d’ingresso).

La liturgia della Messa dell’Aurora ci ha ricordato che ormai la notte è passata, il giorno è avanzato; la luce che promana dalla grotta di Betlemme risplende su di noi.

Tuttavia, la Bibbia e la Liturgia non ci parlano della luce naturale, ma di una luce diversa, speciale, in qualche modo mirata e orientata verso un "noi", lo stesso "noi" per cui il Bambino di Betlemme "è nato". Questo "noi" è la Chiesa, la grande famiglia universale dei credenti in Cristo, che hanno atteso con speranza la nuova nascita del Salvatore ed oggi celebrano nel mistero la perenne attualità di questo evento.

All’inizio, attorno alla mangiatoia di Betlemme, quel "noi" era quasi invisibile agli occhi degli uomini. Come ci riferisce il Vangelo di san Luca, comprendeva, oltre a Maria e a Giuseppe, pochi umili pastori, che giunsero alla grotta avvertiti dagli Angeli. La luce del primo Natale fu come un fuoco acceso nella notte. Tutt’intorno era buio, mentre nella grotta risplendeva la luce vera "che illumina ogni uomo" (Gv 1,9). Eppure tutto avviene nella semplicità e nel nascondimento, secondo lo stile con il quale Dio opera nell’intera storia della salvezza. Dio ama accendere luci circoscritte, per rischiarare poi a largo raggio. La Verità, come l’Amore, che ne sono il contenuto, si accendono là dove la luce viene accolta, diffondendosi poi a cerchi concentrici, quasi per contatto, nei cuori e nelle menti di quanti, aprendosi liberamente al suo splendore, diventano a loro volta sorgenti di luce. È la storia della Chiesa che inizia il suo cammino nella povera grotta di Betlemme, e attraverso i secoli diventa Popolo e fonte di luce per l’umanità. Anche oggi, mediante coloro che vanno incontro al Bambino, Dio accende ancora fuochi nella notte del mondo per chiamare gli uomini a riconoscere in Gesù il "segno" della sua presenza salvatrice e liberatrice e allargare il "noi" dei credenti in Cristo all’intera umanità.

Dovunque c’è un "noi" che accoglie l’amore di Dio, là risplende la luce di Cristo, anche nelle situazioni più difficili. La Chiesa, come la Vergine Maria, offre al mondo Gesù, il Figlio, che Lei stessa ha ricevuto in dono, e che è venuto a liberare l’uomo dalla schiavitù del peccato. Come Maria, la Chiesa non ha paura, perché quel Bambino è la sua forza. Ma lei non lo tiene per sé: lo offre a quanti lo cercano con cuore sincero, agli umili della terra e agli afflitti, alle vittime della violenza, a quanti bramano il bene della pace. Anche oggi, per la famiglia umana profondamente segnata da una grave crisi economica, ma prima ancora morale, e dalle dolorose ferite di guerre e conflitti, con lo stile della condivisione e della fedeltà all’uomo, la Chiesa ripete con i pastori: "Andiamo fino a Betlemme" (Lc 2,15), lì troveremo la nostra speranza.

Il "noi" della Chiesa vive là dove Gesù è nato, in Terra Santa, per invitare i suoi abitanti ad abbandonare ogni logica di violenza e di vendetta e ad impegnarsi con rinnovato vigore e generosità nel cammino verso una convivenza pacifica. Il "noi" della Chiesa è presente negli altri Paesi del Medio Oriente. Come non pensare alla tribolata situazione in Iraq e a quel piccolo gregge di cristiani che vive nella Regione? Esso talvolta soffre violenze e ingiustizie ma è sempre proteso a dare il proprio contributo all’edificazione della convivenza civile contraria alla logica dello scontro e del rifiuto del vicino. Il "noi" della Chiesa opera in Sri Lanka, nella Penisola coreana e nelle Filippine, come pure in altre terre asiatiche, quale lievito di riconciliazione e di pace. Nel Continente africano non cessa di alzare la voce verso Dio per implorare la fine di ogni sopruso nella Repubblica Democratica del Congo; invita i cittadini della Guinea e del Niger al rispetto dei diritti di ogni persona ed al dialogo; a quelli del Madagascar chiede di superare le divisioni interne e di accogliersi reciprocamente; a tutti ricorda che sono chiamati alla speranza, nonostante i drammi, le prove e le difficoltà che continuano ad affliggerli. In Europa e in America settentrionale, il "noi" della Chiesa sprona a superare la mentalità egoista e tecnicista, a promuovere il bene comune ed a rispettare le persone più deboli, a cominciare da quelle non ancora nate. In Honduras aiuta a riprendere il cammino istituzionale; in tutta l’America Latina il "noi" della Chiesa è fattore identitario, pienezza di verità e di carità che nessuna ideologia può sostituire, appello al rispetto dei diritti inalienabili di ogni persona ed al suo sviluppo integrale, annuncio di giustizia e di fraternità, fonte di unità.

Fedele al mandato del suo Fondatore, la Chiesa è solidale con coloro che sono colpiti dalle calamità naturali e dalla povertà, anche nelle società opulente. Davanti all’esodo di quanti migrano dalla loro terra e sono spinti lontano dalla fame, dall’intolleranza o dal degrado ambientale, la Chiesa è una presenza che chiama all’accoglienza. In una parola, la Chiesa annuncia ovunque il Vangelo di Cristo nonostante le persecuzioni, le discriminazioni, gli attacchi e l’indifferenza, talvolta ostile, che – anzi – le consentono di condividere la sorte del suo Maestro e Signore.

Cari fratelli e sorelle, quale grande dono far parte di una comunione che è per tutti ! È la comunione della Santissima Trinità, dal cui cuore è disceso nel mondo l’Emmanuele, Gesù, Dio-con-noi. Come i pastori di Betlemme, contempliamo pieni di meraviglia e di gratitudine questo mistero d’amore e di luce! Buon Natale a tutti!



TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE

Chers frères et sœurs de Rome et du monde entier,

et vous tous, hommes et femmes aimés du Seigneur !

« Lux fulgebit hodie super nos,

Quia natus est nobis Dominus.

- Aujourd’hui, sur nous, la lumière va resplendir,

car le Seigneur nous est né ».

(Missel romain, Nativité du Seigneur – Messe de l’Aurore, Antienne d’ouverture).

La liturgie de la Messe de l’Aurore nous a rappelé que, désormais, la nuit est passée, le jour est avancé ; la lumière qui émane de la grotte de Bethléem resplendit sur nous.

Toutefois la Bible et la Liturgie ne nous parlent pas de la lumière naturelle, mais d’une autre lumière, spéciale, de quelque façon dirigée et orientée vers un « nous », le même « nous » pour lequel l’Enfant de Bethléem « est né ». Ce « nous » c’est l’Église, la grande famille universelle des croyants dans le Christ, qui ont attendu avec espérance la nouvelle naissance du Sauveur et qui, aujourd’hui, célèbrent dans ce mystère l’actualité permanente de cet événement.

Au début, autour de la crèche de Bethléem, ce « nous » était presque invisible aux yeux des hommes. Comme nous le rapporte l’Évangile de saint Luc, il comprenait, en plus de Marie et de Joseph, quelques humbles bergers qui arrivèrent à la grotte, après avoir été avertis par les anges. La lumière du premier Noël fut comme un feu allumé dans la nuit. Autour tout était sombre, tandis que dans la grotte resplendissait « la vraie Lumière, qui éclaire tout homme » (Jn 1, 9). Toutefois tout se passa dans la simplicité et dans la discrétion, selon le style par lequel Dieu opère dans toute l’histoire du salut. Dieu aime allumer des lumières circonscrites, pour éclairer ensuite sur un vaste rayon. La Vérité, comme l’Amour, qui en sont le contenu, s’allument là où la lumière est accueillie, se répandant ensuite en cercles concentriques, presque par contact, dans les cœurs et dans les esprits de ceux qui, s’ouvrant librement à sa splendeur, deviennent à leur tour sources de lumière. C’est l’histoire de l’Église qui commence son cheminement dans la pauvre grotte de Bethléem, et qui, à travers les siècles, devient Peuple et source de lumière pour l’humanité. Aujourd’hui aussi, à travers ceux qui vont à la rencontre de l’Enfant, Dieu allume encore des feux dans la nuit du monde pour appeler les hommes à reconnaître en Jésus le « signe » de sa présence salvatrice et libératrice et élargir le « nous » des croyants dans le Christ à l’humanité tout entière.

Partout où il y a un « nous » qui accueille l’amour de Dieu, là resplendit la lumière du Christ, même dans les situations les plus difficiles. L’Église, comme la Vierge Marie, offre au monde Jésus, le Fils qu’elle-même a reçu en don, et qui est venu libérer l’homme de l’esclavage du péché. Comme Marie, l’Église n’a pas peur, car cet Enfant est sa force. Mais elle ne le garde pas pour elle : elle l’offre à tous ceux qui le cherchent d’un cœur sincère, aux humbles de la terre et aux affligés, aux victimes de la violence, à ceux qui désirent ardemment le bien de la paix. Aujourd’hui aussi, pour la famille humaine profondément marquée par une grave crise économique, mais d’abord encore morale, et par les douloureuses blessures de guerres et de conflits, sous la forme du partage et de la fidélité à l’homme, l’Église répète avec les bergers : « Allons jusqu’à Bethléem » (Lc 2, 15), là nous trouverons notre espérance.

Le « nous » de l’Église vit là où Jésus est né, en Terre Sainte, pour inviter ses habitants à abandonner toute logique de violence et de vengeance et à s’engager avec une vigueur renouvelée et avec générosité sur le chemin d’une coexistence pacifique. Le « nous » de l’Église est présent dans les autres Pays du Moyen Orient. Comment ne pas penser à la situation tourmentée en Irak et à ce petit troupeau de chrétiens qui vit dans la Région ? Il souffre parfois de violences et d’injustices mais il est toujours disposé à donner sa propre contribution à l’édification de la cohabitation civile contraire à la logique du conflit et du refus du voisin. Le « nous » de l’Église opère au Sri Lanka, dans la Péninsule coréenne et aux Philippines, comme aussi en d’autres terres asiatiques, comme levain de réconciliation et de paix. Sur le continent africain, il ne cesse d’élever sa voix vers Dieu pour implorer la fin de toutes les exactions en République Démocratique du Congo. Il invite les habitants de la Guinée et du Niger au respect des droits de toute personne et au dialogue. À ceux de Madagascar, il demande de dépasser les divisions internes et de s’accueillir réciproquement. À tous, il rappelle qu’ils sont appelés à l’espérance, malgré les drames, les épreuves et les difficultés qui continuent de les affliger. En Europe et en Amérique septentrionale, le « nous » de l’Église incite à dépasser la mentalité égoïste et techniciste, à promouvoir le bien commun et à respecter les personnes plus faibles, à commencer par celles qui ne sont pas encore nées. Au Honduras, il aide à reprendre le chemin institutionnel. Dans toute l’Amérique Latine, le « nous » de l’Église est facteur identitaire, plénitude de vérité et de charité qu’aucune idéologie ne peut remplacer, appel au respect des droits inaliénables de toute personne et à son développement intégral, annonce de justice et de fraternité, source d’unité.

Fidèle au mandat de son Fondateur, l’Église est solidaire de ceux qui sont frappés par les calamités naturelles et par la pauvreté, également dans les sociétés opulentes. Face à l’exode de ceux qui émigrent de leur terre et qui sont poussés au loin par la faim, par l’intolérance ou par la dégradation environnementale, l’Église est une présence qui appelle à l’accueil. En un mot, l’Église annonce partout l’Évangile du Christ malgré les persécutions, les discriminations, les attaques et l’indifférence, parfois hostile, qui – quoi qu’il en soit – lui permettent de partager le sort de son Maître et Seigneur.

Chers frères et sœurs, quel grand don de faire partie d’une communion qui est pour tous ! C’est la communion de la Sainte Trinité, du cœur de laquelle l’Emmanuel, Jésus, Dieu-avec-nous, est descendu dans le monde. Comme les bergers de Bethléem, contemplons pleins d’émerveillement et de gratitude ce mystère d’amour et de lumière ! Joyeux Noël à tous !



TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

Dear Brothers and Sisters in Rome and throughout the world,

and all men and women, whom the Lord loves!

"Lux fulgebit hodie super nos,

quia natus est nobis Dominus.

A light will shine on us this day,

the Lord is born for us"

(Roman Missal, Christmas, Entrance Antiphon for the Mass at Dawn)

The liturgy of the Mass at Dawn reminded us that the night is now past, the day has begun; the light radiating from the cave of Bethlehem shines upon us.

The Bible and the Liturgy do not, however, speak to us about a natural light, but a different, special light, which is somehow directed to and focused upon "us", the same "us" for whom the Child of Bethlehem "is born". This "us" is the Church, the great universal family of those who believe in Christ, who have awaited in hope the new birth of the Saviour, and who today celebrate in mystery the perennial significance of this event.

At first, beside the manger in Bethlehem, that "us" was almost imperceptible to human eyes. As the Gospel of Saint Luke recounts, it included, in addition to Mary and Joseph, a few lowly shepherds who came to the cave after hearing the message of the Angels. The light of that first Christmas was like a fire kindled in the night. All about there was darkness, while in the cave there shone the true light "that enlightens every man" (Jn 1:9). And yet all this took place in simplicity and hiddenness, in the way that God works in all of salvation history. God loves to light little lights, so as then to illuminate vast spaces. Truth, and Love, which are its content, are kindled wherever the light is welcomed; they then radiate in concentric circles, as if by contact, in the hearts and minds of all those who, by opening themselves freely to its splendour, themselves become sources of light. Such is the history of the Church: she began her journey in the lowly cave of Bethlehem, and down the centuries she has become a People and a source of light for humanity. Today too, in those who encounter that Child, God still kindles fires in the night of the world, calling men and women everywhere to acknowledge in Jesus the "sign" of his saving and liberating presence and to extend the "us" of those who believe in Christ to the whole of mankind.

Wherever there is an "us" which welcomes God’s love, there the light of Christ shines forth, even in the most difficult situations. The Church, like the Virgin Mary, offers the world Jesus, the Son, whom she herself has received as a gift, the One who came to set mankind free from the slavery of sin. Like Mary, the Church does not fear, for that Child is her strength. But she does not keep him for herself: she offers him to all those who seek him with a sincere heart, to the earth’s lowly and afflicted, to the victims of violence, and to all who yearn for peace. Today too, on behalf of a human family profoundly affected by a grave financial crisis, yet even more by a moral crisis, and by the painful wounds of wars and conflicts, the Church, in faithful solidarity with mankind, repeats with the shepherds: "Let us go to Bethlehem" (Lk 2:15), for there we shall find our hope.

The "us" of the Church is alive in the place where Jesus was born, in the Holy Land, inviting its people to abandon every logic of violence and vengeance, and to engage with renewed vigour and generosity in the process which leads to peaceful coexistence. The "us" of the Church is present in the other countries of the Middle East. How can we forget the troubled situation in Iraq and the "little flock" of Christians which lives in the region? At times it is subject to violence and injustice, but it remains determined to make its own contribution to the building of a society opposed to the logic of conflict and the rejection of one’s neighbour. The "us" of the Church is active in Sri Lanka, in the Korean peninsula and in the Philippines, as well as in the other countries of Asia, as a leaven of reconciliation and peace. On the continent of Africa she does not cease to lift her voice to God, imploring an end to every injustice in the Democratic Republic of Congo; she invites the citizens of Guinea and Niger to respect for the rights of every person and to dialogue; she begs those of Madagascar to overcome their internal divisions and to be mutually accepting; and she reminds all men and women that they are called to hope, despite the tragedies, trials and difficulties which still afflict them. In Europe and North America, the "us" of the Church urges people to leave behind the selfish and technicist mentality, to advance the common good and to show respect for the persons who are most defenceless, starting with the unborn. In Honduras she is assisting in process of rebuilding institutions; throughout Latin America, the "us" of the Church is a source of identity, a fullness of truth and of charity which no ideology can replace, a summons to respect for the inalienable rights of each person and his or her integral development, a proclamation of justice and fraternity, a source of unity.

In fidelity to the mandate of her Founder, the Church shows solidarity with the victims of natural disasters and poverty, even within opulent societies. In the face of the exodus of all those who migrate from their homelands and are driven away by hunger, intolerance or environmental degradation, the Church is a presence calling others to an attitude of acceptance and welcome. In a word, the Church everywhere proclaims the Gospel of Christ, despite persecutions, discriminations, attacks and at times hostile indifference. These, in fact, enable her to share the lot of her Master and Lord.

Dear Brothers and Sisters, how great a gift it is to be part of a communion which is open to everyone! It is the communion of the Most Holy Trinity, from whose heart Emmanuel, Jesus, "God with us", came into the world. Like the shepherds of Bethlehem, let us contemplate, filled with wonder and gratitude, this mystery of love and light! Happy Christmas to all!



TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA

Liebe Brüder und Schwestern in Rom und auf der ganzen Welt

und ihr alle vom Herrn geliebten Männer und Frauen!

„Lux fulgebit hodie super nos,

quia natus est nobis Dominus. –

Ein Licht strahlt heute über uns auf,

denn geboren ist uns der Herr."

(Römisches Meßbuch, Weihnachten – Messe am Morgen, Eröffnungsvers).

Die Liturgie der Messe am Morgen hat uns daran erinnert: Die Nacht ist vorüber, der Tag ist angebrochen; das Licht, das von der Grotte in Bethlehem ausgeht, strahlt über uns auf.

Die Bibel und die Liturgie erzählen uns jedoch nicht vom natürlichen Licht, sondern von einem anderen, besonderen Licht, das in gewisser Weise ein „Wir" beleuchtet und darauf hinstrahlt, ein „Wir", für das das Kind von Bethlehem „geboren ist". Dieses „Wir" ist die Kirche, die große weltweite Familie der an Christus Glaubenden, die voll Hoffnung die neue Geburt des Heilands erwartet haben und heute im Geheimnis die immerwährende Aktualität dieses Ereignisses feiern.

Am Anfang, bei der Krippe von Bethlehem, war dieses „Wir" für die Augen der Menschen fast unsichtbar. Wie uns das Lukasevangelium berichtet, umfaßte es außer Maria und Josef wenige einfache Hirten, die auf die Nachricht des Engels hin zur Grotte kamen. Das Licht der ersten Weihnacht war wie ein in der Nacht entfachtes Feuer. Alles ringsum war dunkel, während in der Grotte das wahre Licht aufstrahlte, „das jeden Menschen erleuchtet" (Joh 1,9). Und doch geschieht alles in Schlichtheit und im Verborgenen, so wie Gott in der gesamten Heilsgeschichte wirkt. Gott entzündet gern kleine Lichter, um es dann in weitem Umkreis hell werden zu lassen. Wo das Licht aufgenommen wird, dort werden die Wahrheit sowie die Liebe entfacht, die es in sich trägt, und es breitet sich dann – gleichsam durch Berührung – in konzentrischen Kreisen in den Herzen und Gedanken derer aus, die sich frei seinem Glanz öffnen und ihrerseits zu Quellen des Lichts werden. In der armen Grotte von Bethlehem nimmt der Weg der Kirche ihren Anfang und durch die Jahrhunderte wird sie zum Volk und zum Licht für die Menschheit. Auch heute entfacht Gott durch diejenigen, die dem Kind begegnen, Feuer in der Nacht der Welt, um die Menschen zu rufen, daß sie in Jesus das „Zeichen" seiner heil- und freimachenden Gegenwart erkennen und das „Wir" der Gläubigen auf die ganze Menschheit ausweiten.

Wo immer es ein „Wir" gibt, das die Liebe Gottes aufnimmt, dort erstrahlt das Licht Christi auch in noch so schwierigen Situationen. Wie die Jungfrau Maria gibt die Kirche der Welt Jesus, den Maria selbst als Geschenk empfangen hat und der gekommen ist, den Menschen von der Knechtschaft der Sünde zu befreien. Wie Maria hat die Kirche keine Angst, denn dieses Kind ist ihre Stärke. Aber sie behält es nicht für sich: Sie gibt das Kind allen, die es mit aufrichtigem Herzen suchen, den einfachen Menschen der Erde und den Notleidenden, den Opfern von Gewalt und allen, die sich nach dem Gut des Friedens sehnen. Der Menschheitsfamilie, die tief von einer schweren wirtschaftlichen, aber noch mehr von einer moralischen Krise und den schmerzlichen Wunden von Kriegen und Konflikten gezeichnet ist, wiederholt die Kirche in Anteilnahme und Treue zum Menschen auch heute mit den Hirten: „Kommt, gehen wir nach Bethlehem" (Lk 2,15), dort werden wir unsere Hoffnung finden.

Das „Wir" der Kirche lebt da, wo Jesus geboren ist, im Heiligen Land, um seine Bewohner einzuladen, jegliche Logik der Gewalt und der Rache aufzugeben und sich mit erneuerter Kraft und mit Großmut für den Weg zu einem friedlichen Zusammenleben einzusetzen. Das „Wir" der Kirche ist in den anderen Ländern des Nahen Ostens zugegen. Wie könnte man die bedrängte Situation im Irak und jener kleinen Herde von Christen in dieser Region vergessen? Sie ist zuweilen Gewalt und Ungerechtigkeiten ausgesetzt, und doch strebt sie immer danach, ihren Beitrag zum Aufbau eines zivilisierten Zusammenlebens gegen die Logik der Konfrontation und der Ablehnung des Nächsten zu leisten. Das „Wir" der Kirche wirkt in Sri Lanka, auf der koreanischen Halbinsel und auf den Philippinen, wie auch in anderen asiatischen Ländern als ein Sauerteig der Versöhnung und des Friedens. Auf dem afrikanischen Kontinent hört die Kirche nicht auf, ihre Stimme zu Gott zu erheben, um ihn um das Ende aller gewaltsamen Übergriffe in der Demokratischen Republik Kongo zu bitten. Sie lädt die Bürger Guineas und des Niger zur Achtung der Rechte jedes Menschen und zum Dialog ein. Die Einwohner Madagaskars ruft sie auf, die inneren Spaltungen zu überwinden und sich gegenseitig anzunehmen. Sie erinnert alle daran, daß sie trotz der Tragödien, der Prüfungen und der Schwierigkeiten, die sie weiter plagen, zur Hoffnung berufen sind. In Europa und in Nordamerika spornt das „Wir" der Kirche dazu an, eine egoistische und technokratische Mentalität zu überwinden, das Gemeinwohl zu fördern und die schwächsten Personen, beginnend mit den noch nicht Geborenen, zu achten. In Honduras hilft es mit, den Prozeß der Demokratisierung wieder aufzunehmen. In ganz Lateinamerika ist das „Wir" der Kirche ein Identitätsfaktor, ein Vollmaß an Wahrheit und Liebe, das durch keine Ideologie ersetzt werden kann, ein Aufruf zur Achtung der unveräußerlichen Rechte jedes Menschen und zu seiner ganzheitlichen Entwicklung, eine Botschaft der Gerechtigkeit und Brüderlichkeit, eine Quelle der Einheit.

Dem Auftrag ihres Gründers verpflichtet, ist die Kirche mit denen solidarisch, die von den Naturkatastrophen und der Armut getroffen sind, auch in den Überflußgesellschaften. Angesichts des Exodus vieler, die aus ihrem Land wegziehen und durch Hunger, Intoleranz und Umweltschäden in die Ferne getrieben werden, ist die Kirche eine Gegenwart, die dazu aufruft, sich dieser Menschen anzunehmen. In einem Wort: Die Kirche verkündet die Frohbotschaft Christi trotz der Verfolgungen, der Diskriminierungen, der Angriffe und der zuweilen feindlichen Gleichgültigkeit. Gerade diese erlauben ihr, das Los ihres Herrn und Meisters zu teilen.

Liebe Brüder und Schwestern, was für ein großes Geschenk ist es, zu einer Gemeinschaft zu gehören, die für alle da ist! Es ist die Gemeinschaft der Heiligsten Dreifaltigkeit, aus deren Mitte der Emmanuel, Jesus, der Gott-mit-uns, auf die Erde herabgestiegen ist. Laßt uns wie die Hirten von Bethlehem voll Erstaunen und Dankbarkeit dieses Geheimnis der Liebe und des Lichtes betrachten! Frohe Weihnachten euch allen!



TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA

Queridos hermanos y hermanas de Roma y del mundo entero,

y a todos vosotros, hombres y mujeres a quien Dios ama

«Lux fulgebit hodie super nos,

quia natus est nobis Dominus.

Hoy brillará una luz sobre nosotros,

porque nos ha nacido el Señor»

(Misal Romano, Natividad del Señor, Misa de la aurora, Antífona de entrada).

La liturgia de la Misa de la aurora nos ha recordado que la noche ya pasó, el día está avanzado; la luz que proviene de la gruta de Belén resplandece sobre nosotros.

Pero la Biblia y la Liturgia no nos hablan de la luz natural, sino de una luz diferente, especial, de algún modo proyectada y orientada hacia un «nosotros», el mismo «nosotros» por el que el Niño de Belén «ha nacido». Este «nosotros» es la Iglesia, la gran familia universal de los creyentes en Cristo, que han aguardado con esperanza el nuevo nacimiento del Salvador, y hoy celebran en el misterio la perenne actualidad de este acontecimiento.

Al principio, en torno al pesebre de Belén, ese «nosotros» era casi invisible a los ojos de los hombres. Como nos dice el Evangelio de san Lucas, incluía, además de a María y José, a unos pocos sencillos pastores, que llegaron a la gruta avisados por los Ángeles. La luz de la primera Navidad fue como un fuego encendido en la noche. Todo alrededor estaba oscuro, mientras en la gruta resplandecía la luz verdadera «que alumbra a todo hombre» (Jn 1,9). Y, no obstante, todo sucede con sencillez y en lo escondido, según el estilo con el que Dios actúa en toda la historia de la salvación. Dios quiere ir poniendo focos de luz concretos, para dar luego claridad hasta el horizonte. La Verdad, como el Amor, que ella contiene, se enciende allí donde la luz es acogida, difundiéndose después en círculos concéntricos, casi por contacto, en los corazones y en las mentes de los que, abriéndose libremente a su resplandor, se convierten a su vez en fuentes de luz. Es la historia de la Iglesia que comienza su camino en la gruta pobre de Belén, y a través de los siglos se convierte en Pueblo y fuente de luz para la humanidad. También hoy, por medio de quienes van al encuentro del Niño Jesús, Dios sigue encendiendo fuegos en la noche del mundo, para llamar a los hombres a que reconozcan en Él el «signo» de su presencia salvadora y liberadora, extendiendo el «nosotros» de los creyentes en Cristo a toda la humanidad.

Dondequiera que haya un «nosotros» que acoge el amor de Dios, allí resplandece la luz de Cristo, incluso en las situaciones más difíciles. La Iglesia, como la Virgen María, ofrece al mundo a Jesús, el Hijo que ella misma ha recibido como un don, y que ha venido para liberar al hombre de la esclavitud del pecado. Como María, la Iglesia no tiene miedo, porque aquel Niño es su fuerza. Pero no se lo guarda para sí: lo ofrece a cuantos lo buscan con corazón sincero, a los humildes de la tierra y a los afligidos, a las víctimas de la violencia, a todos los que desean ardientemente el bien de la paz. También hoy, dirigiéndose a la familia humana profundamente marcada por una grave crisis económica, pero antes de nada de carácter moral, y por las dolorosas heridas de guerras y conflictos, la Iglesia repite con los pastores, queriendo compartir y ser fiel al hombre: «Vamos derechos a Belén» (Lc 2,15), allí encontraremos nuestra esperanza.

El «nosotros» de la Iglesia vive donde nació Jesús, en Tierra Santa, para invitar a sus habitantes a que abandonen toda lógica de violencia y venganza, y se comprometan con renovado vigor y generosidad en el camino hacia una convivencia pacífica. El «nosotros» de la Iglesia está presente en los demás Países del Medio Oriente. ¿Cómo no pensar en la borrascosa situación en Irak y en el aquel pequeño rebaño de cristianos que vive en aquella Región. Sufre a veces violencias e injusticias, pero está siempre dispuesto a dar su propia contribución a la edificación de la convivencia civil, opuesta a la lógica del enfrentamiento y del rechazo de quien está al lado. El «nosotros» de la Iglesia está activo en Sri Lanka, en la Península coreana y en Filipinas, como también en otras tierras asiáticas, como fermento de reconciliación y de paz. En el continente africano, no cesa de elevar su voz a Dios para implorar el fin de todo abuso en la República Democrática del Congo; invita a los ciudadanos de Guinea y del Níger al respeto de los derechos de toda persona y al diálogo; pide a los de Madagascar que superen las divisiones internas y se acojan mutuamente; recuerda a todos que están llamados a la esperanza, a pesar de los dramas, las pruebas y las dificultades que los siguen afligiendo. En Europa y en América septentrional, el «nosotros» de la Iglesia impulsa a superar la mentalidad egoísta y tecnicista, a promover el bien común y a respetar a los más débiles, comenzando por los que aún no han nacido. En Honduras, ayuda a retomar el camino institucional; en toda Latinoamérica, el «nosotros» de la Iglesia es factor de identidad, plenitud de verdad y caridad que no puede ser reemplazado por ninguna ideología, un llamamiento al respeto de los derechos inalienables de cada persona y a su desarrollo integral, anuncio de justicia y hermandad, fuente de unidad.

Fiel al mandato de su Fundador, la Iglesia es solidaria con los afectados por las calamidades naturales y por la pobreza, también en las sociedades opulentas. Ante el éxodo de quienes emigran de su tierra y a causa del hambre, la intolerancia o el deterioro ambiental se ven forzados a marchar lejos, la Iglesia es una presencia que llama a la acogida. En una palabra, la Iglesia anuncia por doquier el Evangelio de Cristo, no obstante las persecuciones, las discriminaciones, los ataques y la indiferencia, a veces hostil, que más bien le permiten compartir la suerte de su Maestro y Señor.

Queridos hermanos y hermanas, qué gran don es formar parte de una comunión que es para todos. Es la comunión de la Santísima Trinidad, de cuyo corazón ha descendido al mundo el Enmanuel, Jesús, Dios-con-nosotros. Como los pastores de Belén, contemplemos embargados de maravilla y gratitud este misterio de amor y luz. Feliz Navidad a todos.



TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE

Queridos irmãos e irmãs de Roma e do mundo inteiro,

e vós todos, homens e mulheres amados pelo Senhor!

«Lux fulgebit hodie super nos,

quia natus est nobis Dominus.

- Hoje sobre nós resplandecerá uma luz

porque nasceu para nós o Senhor»

(Missal Romano: Antífona de Entrada, da Missa da Aurora no Natal do Senhor).

A liturgia da Missa da Aurora lembrou-nos que a noite já passou, o dia vai alto; a luz que provém da gruta de Belém resplandece sobre nós.

Todavia a Bíblia e a Liturgia não nos falam da luz natural, mas de uma luz diversa, especial, de algum modo apontada e orientada para um «nós», o mesmo «nós» para quem o Menino de Belém «nasceu». Este «nós» é a Igreja, a grande família universal dos que acreditam em Cristo, que aguardaram com esperança o novo nascimento do Salvador e hoje celebram no mistério a perene actualidade deste acontecimento.

Ao princípio, ao redor da manjedoura de Belém, aquele «nós» era quase invisível aos olhos dos homens. Como nos diz o Evangelho de São Lucas, englobava, para além de Maria e José, poucos e humildes pastores que acorreram à gruta avisados pelos Anjos. A luz do primeiro Natal foi como um fogo aceso na noite. À volta tudo estava escuro, enquanto na gruta resplandecia a luz verdadeira «que ilumina todo o homem» (Jo 1, 9). E no entanto tudo acontece na simplicidade e ocultamente, segundo o estilo com que Deus actua em toda a história da salvação. Deus gosta de acender luzes circunscritas, para iluminarem depois ao longe e ao largo. A Verdade e também o Amor, que são o seu conteúdo, acendem-se onde a luz é acolhida, difundindo-se depois em círculos concêntricos, quase por contacto, nos corações e mentes de quantos, abrindo-se livremente ao seu esplendor, se tornam por sua vez fontes de luz. É a história da Igreja que inicia o seu caminho na pobre gruta de Belém e, através dos séculos, se torna Povo e fonte de luz para a humanidade. Também hoje, por meio daqueles que vão ao encontro do Menino, Deus ainda acende fogueiras na noite do mundo para convidar os homens a reconhecerem em Jesus o «sinal» da sua presença salvífica e libertadora e estender o «nós» dos crentes em Cristo à humanidade inteira.

Onde quer que haja um «nós» que acolhe o amor de Deus, aí resplandece a luz de Cristo, mesmo nas situações mais difíceis. A Igreja, como a Virgem Maria, oferece ao mundo Jesus, o Filho, que Ela própria recebeu em dom e que veio para libertar o homem da escravidão do pecado. Como Maria, a Igreja não tem medo, porque aquele Menino é a sua força. Mas, não O guarda para si: oferece-O a quantos O procuram de coração sincero, aos humildes da terra e aos aflitos, às vítimas da violência, a quantos suspiram pelo bem da paz. Também hoje, à família humana profundamente marcada por uma grave crise, certamente económica mas antes ainda moral, e por dolorosas feridas de guerras e conflitos, a Igreja, com o estilo da partilha e da fidelidade ao homem, repete com os pastores: «Vamos até Belém» (Lc 2, 15), lá encontraremos a nossa esperança.

O «nós» da Igreja vive no território onde Jesus nasceu, na Terra Santa, para convidar os seus habitantes a abandonarem toda a lógica de violência e represália e a comprometerem-se com renovado vigor e generosidade no caminho para uma convivência pacífica. O «nós» da Igreja está presente nos outros países do Médio Oriente. Como não pensar na atribulada situação do Iraque e no «pequenino rebanho» de cristãos que vive na região? Às vezes sofre violências e injustiças, mas está sempre disposto a oferecer a sua própria contribuição para a edificação da convivência civil contrária à lógica do conflito e rejeição do vizinho. O «nós» da Igreja actua no Sri Lanka, na Península Coreana e nas Filipinas, e ainda noutras terras asiáticas, como fermento de reconciliação e de paz. No continente africano, não cessa de erguer a voz até Deus para implorar o fim de toda a prepotência na República Democrática do Congo; convida os cidadãos da Guiné e do Níger ao respeito dos direitos de cada pessoa e ao diálogo; aos de Madagáscar pede para superarem as divisões internas e acolherem-se reciprocamente; a todos lembra que são chamados à esperança, não obstante os dramas, provações e dificuldades que continuam a afligi-los. Na Europa e na América do Norte, o «nós» da Igreja incita a superar a mentalidade egoísta e tecnicista, a promover o bem comum e a respeitar as pessoas mais débeis, a começar daquelas ainda por nascer. Nas Honduras, ajuda a retomar o caminho institucional; em toda a América Latina, o «nós» da Igreja é factor de identidade, plenitude de verdade e caridade que nenhuma ideologia pode substituir, apelo ao respeito dos direitos inalienáveis de cada pessoa e ao seu desenvolvimento integral, anúncio de justiça e fraternidade, fonte de unidade.

Fiel ao mandato do seu Fundador, a Igreja é solidária com aqueles que são atingidos pelas calamidades naturais e pela pobreza, mesmo nas sociedades opulentas. Frente ao êxodo de quantos emigram da sua terra e são arremessados para longe pela fome, a intolerância ou a degradação ambiental, a Igreja é uma presença que chama ao acolhimento. Numa palavra, a Igreja anuncia por toda a parte o Evangelho de Cristo, apesar das perseguições, as discriminações, os ataques e a indiferença, por vezes hostil, mas que lhe consentem de partilhar a sorte do seu Mestre e Senhor.

Queridos irmãos e irmãs, que grande dom é fazer parte de uma comunhão que é para todos! É a comunhão da Santíssima Trindade, de cujo seio desceu ao mundo o Emanuel, Jesus, Deus-connosco. Como os pastores de Belém, contemplamos cheios de maravilha e gratidão este mistério de amor e de luz! Boas-festas de Natal para todos!










AUGURI DEL SANTO PADRE AI POPOLI E ALLE NAZIONI IN OCCASIONE DEL SANTO NATALE

Ai fedeli radunati in Piazza San Pietro e a quanti lo ascoltano attraverso la radio e la televisione, dopo il Messaggio natalizio "Urbi et Orbi" dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana, il Santo Padre Benedetto XVI invia l’augurio natalizio in 65 lingue:

A quanti mi ascoltano, rivolgo un cordiale augurio nelle diverse espressioni linguistiche:

italiano:
Buon Natale agli abitanti di Roma e dell’intera Italia! La nascita di Cristo rechi in ciascuno nuova speranza e susciti generoso impegno per la concorde costruzione di una società più giusta e solidale. Contemplando la povera e umile grotta di Betlemme, le famiglie e le comunità imparino uno stile di vita semplice, trasparente e accogliente, ricco di gesti di amore e di perdono.

francese:
Heureuse et sainte fête de Noël ! Que le Christ Sauveur vous garde dans l’espérance et qu’il vous fasse le don de la paix profonde !

inglese:
May the birth of the Prince of Peace remind the world where its true happiness lies; and may your hearts be filled with hope and joy, for the Saviour has been born for us.

tedesco:
Die Geburt Jesu Christi, des Erlösers der Menschen, erfülle Euer Leben mit tiefer Freude und reicher Gnade; sein Friede möge in Euren Herzen wohnen. Gesegnete und frohe Weihnachten!

spagnolo:
¡Feliz Navidad! Que la Paz de Cristo reine en vuestros corazones, en la familias y en todos los pueblos.

portoghese:
Feliz Natal para todos, e que a Luz de Cristo Salvador ilumine os vossos corações de paz e de esperança!

neerlandese:
Zalig en gelukkig Kerstmis.

lussemburghese:
Schéin Chreschtdag.

greco:
5"8 5D4FJ@L(¨<<"

albanese:
Per shum vjet Krishtlindjen.

romeno:
Sărbători Fericite de Crăciun si Anul Nou.

ungherese:
Àldott Karácsonyt.

polacco:
Błogosławionych świąt Bożego Narodzenia.

ceco:
Narodil se vám Spasitel. Radujte se!

slovacco:
Milostiplné a radostné Viacočné Sviatky.

croato:
Sretan Božić, Isusovo Porođenje!

sloveno:
Božje Dete, naj vam podeli svoj blagoslov.

serbo:
Среħан Божиħ - Христос се роди!

serbo-lusazio:
Zohnowane hody! A zbožowne Nowe lěto!

bulgaro:
Честито Рождество Христово

macedone:
Нека ви е честит Божиу н Нова Година

bielorusso:
Viasíòłych kalàdnych Sviàtaû!

russo:
Сердечно поздравляю всех с Праздником
Рождества Христова

mongolo:


kazako:
Родecтвo мepeкeci ктты болсын!

ucraino:
Веселих Свят з Різдвом
Христовим і Новим Роком!

lituano:
Linksmų šwentų Kaledų.

lettone:
Priecīgus Ziemsvētkus!

estone:
Häid joulupühi.

finlandese:
Hyvää Joulua.

svedese:
God Jul, Gott Nytt Àr.

islandese:
Gleðileg jól!

irlandese:
Nollaig shona dhaoibh go léir.

romanès:
Baxtalò Krečùno! Thaj Nevo berš!

maltese:
Il-Milied it tajjeb lill-poplu kollu ta' Malta u ta' Għawdex.

georgiano:


turco:
Noel bayramı kutlu olsun.

arabo:


etiopico-eritreo:


ebraico:


aramaico:


armeno:


suahili:
Heri kwa noeli na baraka nyingi kwa mwaka mpya.

kirundi e kinyarwanda:
Gumya umutima mu mahoro! Noeli nziza!

malgascio:
Arahaba tratrin'i Noely.

hindi:


tamil:


malayalam:


bengalese:


birmano:


urdu (Pakistan):


cinese:


giapponese:


coreano:


vietnamita:
Chúc mùng giáng sinh.

singalese:


tailandese:


indonesiano:
Selamat Hari Natal.

cambogiano:



filippino:
Malygayang pasko at manigong bagong taon.

maori:
Meri Kirihimete.

samoano:
Ia manuia le Kirisimasi.

esperanto:
Dibenitan Kristnaskon kaj prosperan novjaron.

guaraní:
Ko navidad árape che maitei ame'ê peême.

latino:
Lux fulgebit hodie super nos, quia natus est nobis Dominus.
+PetaloNero+
00sabato 26 dicembre 2009 22:53
LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS


Alle ore 12 di oggi, festa di Santo Stefano, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.

Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

con l’animo ancora colmo di stupore e inondato dalla luce che promana dalla Grotta di Betlemme, dove con Maria Giuseppe e i pastori abbiamo adorato il nostro Salvatore, oggi facciamo memoria del diacono Santo Stefano, il primo martire cristiano. Il suo esempio ci aiuta a penetrare maggiormente il mistero del Natale e ci testimonia la meravigliosa grandezza della nascita di quel Bambino nel quale si manifesta la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per gli uomini (cfr Tt 2,11). Colui che vagisce nella mangiatoia, infatti, è il Figlio di Dio fatto uomo, che ci chiede di testimoniare con coraggio il suo Vangelo, come ha fatto Santo Stefano il quale, pieno di Spirito Santo, non ha esitato a dare la vita per amore del suo Signore. Egli, come il suo Maestro, muore perdonando i propri persecutori e ci fa comprendere come l’ingresso del Figlio di Dio nel mondo dia origine ad una nuova civiltà, la civiltà dell’amore, che non si arrende di fronte al male e alla violenza e abbatte le barriere tra gli uomini, rendendoli fratelli nella grande famiglia dei figli di Dio.

Stefano è anche il primo diacono della Chiesa, che facendosi servo dei poveri per amore di Cristo, entra progressivamente in piena sintonia con Lui e lo segue fino al dono supremo di sé. La testimonianza di Stefano, come quella dei martiri cristiani, indica ai nostri contemporanei spesso distratti e disorientati, su chi debbano porre la propria fiducia per dar senso alla vita. Il martire, infatti, è colui che muore con la certezza di sapersi amato da Dio e, nulla anteponendo all’amore di Cristo, sa di aver scelto la parte migliore. Configurandosi pienamente alla morte di Cristo, è consapevole di essere germe fecondo di vita e di aprire nel mondo sentieri di pace e di speranza. Oggi, presentandoci il diacono Santo Stefano come modello, la Chiesa ci indica, altresì, nell’accoglienza e nell’amore verso i poveri, una delle vie privilegiate per vivere il Vangelo e testimoniare agli uomini in modo credibile il Regno di Dio che viene.

La Festa di santo Stefano ci ricorda anche i tanti credenti, che in varie parti del mondo, sono sottoposti a prove e sofferenze a causa della loro fede. Affidandoli alla sua celeste protezione, impegniamoci a sostenerli con la preghiera e a non venir mai meno alla nostra vocazione cristiana, ponendo sempre al centro della nostra vita Gesù Cristo, che in questi giorni contempliamo nella semplicità e nell’umiltà del presepe. Invochiamo per questo l'intercessione di Maria, Madre del Redentore e Regina dei Martiri, con la preghiera dell'Angelus.



DOPO L’ANGELUS

En ce lendemain de la solennité de Noël, je suis heureux d’accueillir les pèlerins rassemblés pour la prière de l’Angélus. Aujourd’hui l’Église nous présente la figure de Saint-Étienne, le premier des martyrs, modèle du témoin qui a donné sa vie pour le Christ. Comme lui, aujourd’hui encore à travers le monde, nombreux sont les hommes et les femmes qui acceptent de servir le Christ et son Évangile avec générosité, parfois jusqu’au don de leur vie. Que la Vierge Marie, Reine des martyrs, conforte les disciples de Jésus dans la foi et dans la fidélité ! Avec ma Bénédiction Apostolique !

As we continue our celebration of this joyful Christmas season, I warmly greet all the English-speaking visitors and pilgrims gathered here in Saint Peter’s Square. Together with Christians across the globe, we rejoice at the birth of our Saviour, Prince of Peace and light of the world. Today we honour the Church’s first martyr, Saint Stephen, who was fearless in bearing witness to Christ and who shed his blood for love of him. We pray for those Christians who suffer persecution today. And we commend to the intercession of their heavenly patron, Saint Stephen, all deacons and altar servers. May God bless all of you!

Am Fest des heiligen Märtyrers Stephanus grüße ich von Herzen alle Pilger und Besucher deutscher Sprache. Jesus „kam in sein Eigentum, doch die Seinen nahmen ihn nicht auf" (Joh 1,11), haben wir im Evangelium des Weihnachtstags gelesen. Der Märtyrer Stephanus teilt das Schicksal seines Herrn: Bedrängnis und Not gehören seit der ersten Stunde zum Leben der Christen. Bitten wir Maria, die Mutter Jesu und die Mutter der Kirche, daß sie all jenen beistehe, die auch heute unter schwersten Bedingungen Zeugnis für ihren Glauben ablegen. – Euch allen wünsche ich eine gesegnete Weihnachtszeit!

Saludo con afecto a los fieles de lengua española presentes en esta oración mariana. En esta fiesta de San Esteban, que no vaciló en derramar su sangre para confesar su fe y amor a Cristo Jesús, nacido en Belén, supliquemos fervientemente en nuestra oración que nunca falten en la Iglesia hombres y mujeres sabios, audaces y sencillos, que den testimonio del Evangelio de la salvación allá donde se encuentren, para que, con la fuerza de la caridad y la luz de la verdad, se construya una sociedad cada vez más fraterna, justa y en paz. Santa y feliz Navidad a todos. Muchas gracias.

Serdecznie pozdrawiam Polaków. Dziś wspominamy świętego Szczepana, pierwszego męczennika. Mądrość płynąca z wiary i odwaga, jaka rodzi się z miłości Chrystusa, zaprowadziły go na śmierć. Jednak wizja otwartego nieba już wtedy zwiastowała mu chwałę zmartwychwstania. Oby i nam w codziennym życiu nie brakowało mądrości i odwagi, wiary i miłości, które znajdują swoje zwieńczenie w chwale Pana. Wszystkim z serca błogosławię.

[Saluto cordialmente i polacchi. Oggi commemoriamo santo Stefano, il primo martire. La saggezza che scaturisce dalla fede e il coraggio che nasce dall’amore di Cristo lo hanno condotto alla morte. La visione del cielo aperto, tuttavia, già allora gli ha preannunciato la gloria della risurrezione. Anche a noi non manchi nella vita quotidiana la saggezza e il coraggio, la fede e l’amore, che trovano il loro compimento nella gloria del Signore. Tutti benedico di cuore.]

Rivolgo infine il mio cordiale saluto a voi, pellegrini di lingua italiana, ed auguro che la sosta di questi giorni presso il presepio per ammirare Maria e Giuseppe accanto al Bambino, possa suscitare in tutti un rinnovato impegno di amore vicendevole e di reciproca comprensione, affinchè all’interno delle famiglie e dell’intera Nazione si viva quel clima di intesa e di comunione che tanto giova al bene comune.
+PetaloNero+
00domenica 27 dicembre 2009 22:50
LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS


Alle ore 12 di oggi, Festa della Santa Famiglia, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.

Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Ricorre oggi la domenica della Santa Famiglia. Possiamo ancora immedesimarci nei pastori di Betlemme che, appena ricevuto l’annuncio dall’angelo, accorsero in fretta alla grotta e trovarono "Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia" (Lc 2,16). Fermiamoci anche noi a contemplare questa scena, e riflettiamo sul suo significato. I primi testimoni della nascita del Cristo, i pastori, si trovarono di fronte non solo il Bambino Gesù, ma una piccola famiglia: mamma, papà e figlio appena nato. Dio ha voluto rivelarsi nascendo in una famiglia umana, e perciò la famiglia umana è diventata icona di Dio! Dio è Trinità, è comunione d’amore, e la famiglia ne è, in tutta la differenza esistente tra il Mistero di Dio e la sua creatura umana, un’espressione che riflette il Mistero insondabile del Dio amore. L’uomo e la donna, creati ad immagine di Dio, diventano nel matrimonio "un’unica carne" (Gen 2,24), cioè una comunione di amore che genera nuova vita. La famiglia umana, in un certo senso, è icona della Trinità per l’amore interpersonale e per la fecondità dell’amore.

La liturgia odierna propone il celebre episodio evangelico di Gesù dodicenne che rimane nel Tempio, a Gerusalemme, all’insaputa dei suoi genitori, i quali, stupiti e preoccupati, ve lo ritrovano dopo tre giorni mentre discute con i dottori. Alla madre che gli chiede spiegazioni, Gesù risponde che deve "essere nella proprietà", nella casa del suo Padre, cioè di Dio (cfr Lc 2,49). In questo episodio il ragazzo Gesù ci appare pieno di zelo per Dio e per il Tempio. Domandiamoci: da chi aveva appreso Gesù l’amore per le "cose" del Padre suo? Certamente come figlio ha avuto un’intima conoscenza del Padre suo, di Dio, una profonda relazione personale permanente con Lui, ma, nella sua cultura concreta, ha certamente imparato le preghiere, l’amore verso il Tempio e le Istituzioni di Israele dai propri genitori. Dunque, possiamo affermare che la decisione di Gesù di rimanere nel Tempio era soprattutto frutto della sua intima relazione col Padre, ma anche frutto dell’educazione ricevuta da Maria e da Giuseppe. Qui possiamo intravedere il senso autentico dell’educazione cristiana: essa è il frutto di una collaborazione sempre da ricercare tra gli educatori e Dio. La famiglia cristiana è consapevole che i figli sono dono e progetto di Dio. Pertanto, non li può considerare come proprio possesso, ma, servendo in essi il disegno di Dio, è chiamata ad educarli alla libertà più grande, che è proprio quella di dire "sì" a Dio per fare la sua volontà. Di questo "sì" la Vergine Maria è l’esempio perfetto. A lei affidiamo tutte le famiglie, pregando in particolare per la loro preziosa missione educativa.

Ed ora mi rivolgo, in lingua spagnola, a quanti prendono parte alla festa della Santa Famiglia a Madrid.

Saludo cordialmente a los pastores y fieles congregados en Madrid para celebrar con gozo la Sagrada Familia de Nazaret. ¿Cómo no recordar el verdadero significado de esta fiesta? Dios, habiendo venido al mundo en el seno de una familia, manifiesta que esta institución es camino seguro para encontrarlo y conocerlo, así como un llamamiento permanente a trabajar por la unidad de todos en torno al amor. De ahí que uno de los mayores servicios que los cristianos podemos prestar a nuestros semejantes es ofrecerles nuestro testimonio sereno y firme de la familia fundada en el matrimonio entre un hombre y una mujer, salvaguardándola y promoviéndola, pues ella es de suma importancia para el presente y el futuro de la humanidad. En efecto, la familia es la mejor escuela donde se aprende a vivir aquellos valores que dignifican a la persona y hacen grandes a los pueblos. También en ella se comparten las penas y las alegrías, sintiéndose todos arropados por el cariño que reina en casa por el mero hecho de ser miembros de la misma familia. Pido a Dios que en vuestros hogares se respire siempre ese amor de total entrega y fidelidad que Jesús trajo al mundo con su nacimiento, alimentándolo y fortaleciéndolo con la oración cotidiana, la práctica constante de las virtudes, la recíproca comprensión y el respeto mutuo. Os animo, pues, a que, confiando en la materna intercesión de María Santísima, Reina de las Familias, y en la poderosa protección de San José, su esposo, os dediquéis sin descanso a esta hermosa misión que el Señor ha puesto en vuestras manos. Contad además con mi cercanía y afecto, y os ruego que llevéis un saludo muy especial del Papa a vuestros seres queridos más necesitados o que se encuentran en dificultad. Os bendigo a todos de corazón.



DOPO L’ANGELUS

Chers pèlerins francophones, en cette fête de la Sainte-Famille de Jésus, Marie et Joseph, je suis heureux de saluer toutes vos familles et ma prière rejoint particulièrement celles qui connaissent des difficultés. Avec vous, je rends grâce à Dieu pour la Sainte-Famille de Nazareth : Marie et Joseph n’ont pas seulement procuré à l’Enfant-Jésus le pain de la terre ; ils lui ont donné un authentique témoignage de foi et d’amour. Que leur exemple guide toutes les familles et soit pour elles une source intarissable de joie et de bonheur ! A tous je souhaite une fin d’année sereine !

I am happy to greet all the English-speaking visitors present at this Angelus prayer. Today we celebrate with joy the Feast of the Holy Family, who shared with us this fundamental human experience. I pray that the Lord may bless all Christian families and assist them in living their daily life in mutual love and in generosity to others, after the example of Jesus, Mary and Joseph. May Almighty God continue to bless you all with peace and joy during this Christmas Season!

In weihnachtlicher Freude heiße ich alle deutschsprachigen Pilger und Besucher willkommen. Am heutigen Sonntag feiern wir das Fest der Heiligen Familie. Wir blicken dabei auf die Familie von Nazaret, die wie alle Familien Sorgen und Nöte erlebt. Maria und Josef, so berichtet das Evangelium, verstehen zunächst nicht, warum ihr Sohn nicht mit ihnen gegangen, sondern im Tempel zurückgeblieben ist. Doch die Worte Jesu, daß er „im Hause seines Vaters sein muß" (Lk 2, 49), lassen sie und uns erkennen, daß die lebendige Beziehung zu Gott auch die Liebe untereinander stärkt. Euch und euren Familien wünsche ich eine frohe Weihnachtszeit.

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española que participan en esta oración mariana. En este domingo de la Sagrada Familia, invito a todos a poner los ojos en el hogar de Nazaret, escuela incomparable de virtudes humanas y cristianas, para aprender de Jesús, José y María a vivirlas personalmente y dar ejemplo de ellas ante los que os rodean con humildad y convicción. De nuevo os deseo que, en estas fiestas de Navidad, la alegría del Señor Jesús, nacido en Belén, sea vuestra fortaleza. En su Nombre os bendigo con gran afecto.

Serdeczne pozdrowienie kieruję do Polaków. Dziś niedziela świętej rodziny. Miłość, która jednoczyła Maryję i Józefa, i otaczała Boże Dziecię, niech jednoczy chrześcijańskie rodziny. Niech rodzi się z niej wzajemny szacunek między małżonkami, troska o każde nowe życie i o szczęśliwy rozwój przyszłych pokoleń. Wszystkie polskie rodziny polecam opiece Maryi i Józefa, i wypraszam dla nich Boże błogosławieństwo.

[Un cordiale saluto rivolgo ai polacchi. Oggi è la domenica della Santa Famiglia. L’amore che ha unito Maria e Giuseppe, e ha avvolto il Bambino Gesù, unisca tutte le famiglie cristiane. Nasca da esso il reciproco rispetto tra gli sposi, la premura per ogni nuova vita e per il felice sviluppo delle generazioni future. Affido tutte le famiglie polacche alla cura di Maria e di Giuseppe, e imploro per loro la Divina Benedizione.]

Saluto i pellegrini di lingua italiana, in particolare il gruppo di fedeli venuti da Atri. In questa domenica della Santa Famiglia rivolgo un caloroso saluto a tutte le famiglie di Roma e d’Italia, con una preghiera speciale per quelle che attraversano maggiori difficoltà. Il Signore vi benedica! Auguri a tutti!
+PetaloNero+
00domenica 27 dicembre 2009 22:51
PRANZO CON I POVERI ASSISTITI DALLA COMUNITÀ DI SANT’EGIDIO NELLA SEDE ROMANA DI TRASTEVERE

Alle ore 13 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si reca presso la Comunità di San’Egidio a Roma, nella sede di via Dandolo, per pranzare con i poveri assistiti dalla Comunità in Trastevere.

Al suo arrivo, il Papa è accolto dai membri della Comunità di Sant’Egidio e ricevuto dal fondatore, Prof. Andrea Riccardi; da S.E. Mons. Luigi Moretti, Vicegerente della Diocesi di Roma e da S.E. Mons. Vincenzo Paglia, Vescovo di Terni-Narni-Amelia.

Nella sala da pranzo, recitata la preghiera di benedizione, il Papa riceve il saluto del Prof. Riccardi e siede a tavola con alcuni poveri. Al termine del pranzo, prima di offrire la torta a tutti gli invitati, il Santo Padre rivolge ai presenti alcune parole. I bimbini presenti intonano un inno natalizio e il Papa li saluta donando loro dei giocattoli.

Infine il Santo Padre incontra, in una sala attigua, un gruppo di trenta stranieri che studiano italiano presso la Comunità di Sant’Egidio e - prima di rientrare in Vaticano - saluta i Membri della Comunità.
+PetaloNero+
00mercoledì 30 dicembre 2009 23:05
RINUNCE E NOMINE



NOMINA DELL’ARCIVESCOVO METROPOLITA DI BELÉM DO PARÁ (BRASILE)

Il Santo Padre ha nominato Arcivescovo Metropolita di Belém do Pará (Brasile) S.E. Mons. Alberto Taveira Corrêa, finora Arcivescovo di Palmas.

S.E. Mons. Alberto Taveira Corrêa
S.E. Mons. Alberto Taveira Corrêa è nato a Nova Lima, arcidiocesi di Belo Horizonte, il 26 maggio 1950. Ha frequentato il ginnasio e il liceo nel Seminario minore arcidiocesano e la teologia e filosofia nel Seminario maggiore di Belo Horizonte.
È stato ordinato sacerdote il 15 agosto 1973.
Dopo l'ordinazione sacerdotale è stato Parroco di Nossa Senhora do Pilar in Nova Lima, Cappellano dell'ospedale locale; dal 1978 al 1984 Rettore del Seminario maggiore e contemporaneamente Coordinatore della pastorale vocazionale, membro del Consiglio Presbiterale e del Collegio dei Consultori; successivamente Parroco di São Geraldo; quindi Parroco di Senhor Bom Jesus in Bonfim e di Santo Antônio a Vargem Alegre; Vicario Foraneo della Forania São Caetano.
Nominato Vescovo titolare di Sinnipsa e Ausiliare di Brasília il 24 aprile 1991, ha ricevuto l'ordinazione episcopale il 6 luglio dello stesso anno.
Il 27 marzo 1996 è stato nominato Arcivescovo di Palmas.
Incarichi svolti come Vescovo: Vice-Presidente del Consiglio Amministrativo della Fondazione Populorum Progressio dal 1998; Assistente Nazionale del R.C.C. – Movimento Rinnovamento dello Spirito (1995-2000); Membro della Commissione Episcopale del D.E.V.Y.M. (Departamento Vocaciones y Ministerios) del C.E.L.A.M (Consejo Episcopal Latinoamericano) (1995-1999); Membro effettivo della Commissione di Testi Liturgici della CNBB (Conferenza Episcopale Nazionale Brasiliana); Membro del Consiglio Permanente della CNBB; Presidente del Regionale Centro Ovest (2003-2007); Delegato alla V Conferenza Generale del CELAM (2007).



NOMINA DEL VESCOVO DI FRANCA (BRASILE)

Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Franca (Brasile) S.E. Mons. Pedro Luiz Stringhini, finora Vescovo titolare di Ita ed Ausiliare di São Paulo.

S.E. Mons. Pedro Luiz Stringhini
S.E. Mons. Pedro Luiz Stringhini è nato il 17 agosto 1953 a Laranjal Paulista, nell’arcidiocesi di Botucatu. Ha compiuto gli studi di filosofia presso la Facoltà Nossa Senhora Medianeira e quelli di teologia presso la Pontificia Faculdade Nossa Senhora da Assunção. Ha ottenuto il Baccalaureato in Lettere presso la Faculdade Anchieta in São Paulo (1972-1974) e la Licenza in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico a Roma (1986-1990).
Il 9 agosto 1980 ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale ed è stato incardinato nel clero dell’arcidiocesi di São Paulo, nella quale ha svolto gli incarichi seguenti: Vicario parrocchiale e Parroco della Parrocchia São Mateus (1980-1983), Coordinatore del settore São Mateus della Regione Episcopale Belém (1980-1983), Rettore del Seminario arcidiocesano di Filosofia (1984-1986), Professore di Sacra Scrittura nella Pontificia Facoltà Nossa Senhora da Assunção e Parroco della Parrocchia Nossa Senhora da Conceição (1998-2001).
Il 3 gennaio 2001 è stato nominato Vescovo titolare di Ita ed Ausiliare di São Paulo e il 10 marzo successivo ha ricevuto l’ordinazione episcopale.
Dal 2001 è stato Vicario Episcopale per la Regione Belém dell’arcidiocesi di São Paulo e dal 2007 è Presidente della Commissione Episcopale di Servizio della Carità, Giustizia e Pace e Membro del Consiglio Permanente di Pastorale della Conferenza Episcopale Nazionale Brasiliana.



NOMINA DEL VESCOVO DI JUNDIAÍ (BRASILE)

Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Jundiaí (Brasile) S.E. Mons. Vicente Costa, finora Vescovo di Umuarama.

S.E. Mons. Vicente Costa
S.E. Mons. Vicente Costa è nato a Birkirkara, arcidiocesi di Malta, il 1° gennaio 1947. Dopo gli studi liceali, ha frequentato i corsi di filosofia nel Seminario Maggiore di Malta. Quindi è andato in Brasile, dove ha frequentato i corsi di teologia presso l'Istituto Teologico di Curitiba, come alunno del Seminario Maggiore Rainha dos Apóstolos. In seguito ha ottenuto a Roma la licenza e il dottorato in teologia presso la Pontificia Università Gregoriana, come alunno del Pontificio Collegio Pio Brasiliano.Il 17 dicembre 1972 ha ricevuto l'ordinazione sacerdotale a Malta. Nel 1973 è tornato in Brasile, a servizio dell'arcidiocesi di Maringá, dove ha svolto gli uffici seguenti: Vicario parrocchiale della Cattedrale Nossa Senhora da Glória, di Maringá; Parroco della parrocchia di São Jorge do Ivaí; Parroco in Sarandi; Coordinatore della pastorale arcidiocesana; Docente di teologia presso l'Istituto ‘Paolo VI’, di Londrina e presso il Centro Interdiocesano di Teologia di Cascavel; Cooperatore pastorale della Cattedrale di Maringá.
Il 1° luglio 1998 è stato nominato Vescovo titolare di Acque Flavie e Ausiliare di Londrina ed ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 19 settembre successivo.
Il 9 ottobre 2002 è stato nominato Vescovo di Umuarama.



NOMINA DELL’AUSILIARE DI GOIÂNIA (BRASILE)

Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare di Goiânia (Brasile), il Rev.do Sacerdote Waldemar Passini Dalbello, del clero dell’arcidiocesi di Brasília (Brasile), Rettore del Seminario interdiocesano di Goiânia, assegnandogli la sede titolare vescovile di Membressa.

Rev.do Sacerdote Waldemar Passini Dalbello
Il Rev.do Sacerdote Waldemar Passini Dalbello è nato il 6 giugno 1966, ad Anápolis.
Ha frequentato il Colégio Estadual Virgílio Santillo e il Colégio São Francisco de Assis a Anápolis; filosofia e teologia nel Seminario Maggiore di Brasília Nossa Senhora de Fátima. Ha conseguito la Laurea di ingegnere elettronico presso l’Università Federale di Goiás a Goiânia e, dopo l’ordinazione sacerdotale, ha anche ottenuto la Licenza in Scienze Bibliche al Pontificio Istituto Biblico in Roma.
È stato ordinato sacerdote per il clero dell’arcidiocesi di Brasília il 3 dicembre 1994.
È stato Vicario Parrocchiale a Sobradinho e nella Cattedrale di Brasília, Formatore nel Seminario Maggiore di Brasília, Direttore Spirituale e Professore di Sacra Scrittura anche nel Corso Superiore di Teologia per Laici, Direttore Spirituale della Commissione della Nuova Evangelizzazione, Economo del Seminario Maggiore; dal 2003 al 2005 Collaboratore locale nella Nunziatura Apostolica in Brasile.
Dal 2006 ad oggi è Rettore del Seminario Interdiocesano São João Maria Vianney e professore di Sacra Scrittura nell’Istituto di Filosofia e Teologia Santa Cruz a Goiânia.



NOMINA DI AUSILIARE DELL’ARCIDIOCESI DI SÃO PAULO (BRASILE)

Il Santo Padre ha nominato Ausiliare dell’arcidiocesi di São Paulo (Brasile) il Rev.do Sacerdote Edmar Peron, del clero di Maringá, finora Rettore del Seminario arcidiocesano Santíssima Trindade, assegnandogli la sede titolare vescovile di Mattiana.

Rev.do Sacerdote Edmar Peron
Il Rev.do Sacerdote Edmar Peron è nato il 4 marzo 1965 a Maringá, nell’omonima arcidiocesi. Ha compiuto gli studi di Filosofia nel Seminario Nossa Senhora da Glória a Maringá e quelli di Teologia presso l’Istituto di Teologia "Paulo VI" a Londrina. Ha ottenuto la Licenza in Teologia Sacramentaria presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo a Roma.
Il 21 gennaio 1990 è stato ordinato sacerdote e si è incardinato nell’arcidiocesi di Maringá, nella quale ha svolto i seguenti incarichi: Vicario Parrocchiale della Parrocchia Santo Antônio de Pádua (1990-1991) e della Parrocchia Nossa Senhora do Rosário in Floresta (1991-1997), Vicario Parrocchiale e poi Parroco della Parrocchia Santa Rosa de Lima in Iguatemi (1991-1998), Parroco della Parrocchia Sagrado Coração de Jesus in Nova Esperança (1998-1999), Direttore Spirituale del Seminario arcidiocesano, Professore di Teologia della Pontificia Università Cattolica, Coordinatore della Commissione arcidiocesana di Liturgia e Canto, Membro del Collegio dei Consultori e dei Consigli Presbiterale e Pastorale arcidiocesani.
Dal 2007 è Rettore del Seminario Arcidiocesano Santíssima Trindade.

+PetaloNero+
00mercoledì 30 dicembre 2009 23:06
L’UDIENZA GENERALE


L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa, continuando la catechesi sulla cultura cristiana nel Medioevo, si è soffermato sul teologo Pietro Lombardo, vissuto nel XII secolo.
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.


CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Cari fratelli e sorelle,

in questa ultima udienza dell’anno vorrei parlarvi di Pietro Lombardo: un teologo vissuto nel XII secolo, che ha goduto di grande notorietà, perché una sua opera, intitolata Sentenze, fu adottata come manuale di teologia per molti secoli.

Chi era dunque Pietro Lombardo? Anche se le notizie sulla vita sono scarse, possiamo tuttavia ricostruire le linee essenziali della sua biografia. Nacque tra l’undicesimo e il dodicesimo secolo, nei pressi di Novara, nel Nord dell’Italia, in un territorio un tempo appartenente ai Longobardi: proprio per questo gli fu applicato l’appellativo "Lombardo". Egli apparteneva a una famiglia di modeste condizioni, come possiamo dedurre dalla lettera di presentazione che Bernardo di Chiaravalle scrisse a Gilduino, superiore dell’abbazia di San Vittore a Parigi, per chiedergli di ospitare gratuitamente Pietro, che voleva recarsi in quella città per motivi di studio. In effetti, anche nel Medioevo non solo i nobili o i ricchi potevano studiare e acquisire ruoli importanti nella vita ecclesiale e sociale, ma anche persone di origini umili, come ad esempio Gregorio VII, il Papa che tenne testa all’Imperatore Enrico IV, o Maurizio di Sully, l’Arcivescovo di Parigi che fece costruire Notre-Dame e che era figlio di un povero contadino.

Pietro Lombardo iniziò i suoi studi a Bologna, poi si recò a Reims, e infine a Parigi. Dal 1140 insegnò nella prestigiosa scuola di Notre-Dame. Stimato e apprezzato come teologo, otto anni dopo fu incaricato dal Papa Eugenio III di esaminare le dottrine di Gilberto Porretano, che suscitavano molte discussioni, perché ritenute non del tutto ortodosse. Divenuto sacerdote, fu nominato Vescovo di Parigi nel 1159, un anno prima della sua morte, avvenuta nel 1160.

Come tutti i maestri di teologia del suo tempo, anche Pietro scrisse discorsi e testi di commento alla Sacra Scrittura. Il suo capolavoro però è costituito dai quattro libri delle Sentenze. Si tratta di un testo nato e finalizzato all’insegnamento. Secondo il metodo teologico in uso a quei tempi, occorreva anzitutto conoscere, studiare e commentare il pensiero dei Padri della Chiesa e di altri scrittori ritenuti autorevoli. Pietro raccolse perciò una documentazione molto vasta, costituita principalmente dall’insegnamento dei grandi Padri latini, soprattutto di sant’Agostino, e aperta al contributo di teologi a lui contemporanei. Fra l’altro, egli utilizzò anche un’opera enciclopedica di teologia greca, da poco tempo conosciuta in Occidente: La fede ortodossa, composta da san Giovanni Damasceno. Il grande merito di Pietro Lombardo è di aver ordinato tutto il materiale, che aveva raccolto e selezionato con cura, in un quadro sistematico e armonioso. Infatti, una delle caratteristiche della teologia è organizzare in modo unitario e ordinato il patrimonio della fede. Egli distribuì pertanto le sentenze, cioè le fonti patristiche sui vari argomenti, in quattro libri. Nel primo libro si tratta di Dio e del mistero trinitario; nel secondo, dell’opera della creazione, del peccato e della Grazia; nel terzo, del Mistero dell’Incarnazione e dell’opera della Redenzione, con un’ampia esposizione sulle virtù. Il quarto libro è dedicato ai sacramenti e alle realtà ultime, quelle della vita eterna, o Novissimi. La visione d’insieme che se ne ricava include quasi tutte le verità della fede cattolica. Questo sguardo sintetico e la presentazione chiara, ordinata, schematica e sempre coerente, spiegano il successo straordinario delle Sentenze di Pietro Lombardo. Esse consentivano un apprendimento sicuro da parte degli studenti, e un ampio spazio di approfondimento per i maestri, gli insegnanti che se ne servivano. Un teologo francescano, Alessandro di Hales, vissuto una generazione dopo quella di Pietro, introdusse nelle Sentenze una suddivisione, che ne rese più facile la consultazione e lo studio. Anche i più grandi teologi del tredicesimo secolo, Alberto Magno, Bonaventura da Bagnoregio e Tommaso d’Aquino, iniziarono la loro attività accademica commentando i quattro libri delle Sentenze di Pietro Lombardo, arricchendole con le loro riflessioni. Il testo del Lombardo fu il libro in uso in tutte le scuole di teologia, fino al secolo XVI.

Desidero sottolineare come la presentazione organica della fede sia un’esigenza irrinunciabile. Infatti, le singole verità della fede si illuminano a vicenda e, in una loro visione totale e unitaria, appare l’armonia del piano di salvezza di Dio e la centralità del Mistero di Cristo. Sull’esempio di Pietro Lombardo, invito tutti i teologi e i sacerdoti a tenere sempre presente l’intera visione della dottrina cristiana contro gli odierni rischi di frammentazione e di svalutazione di singole verità. Il Catechismo della Chiesa Cattolica, come pure il Compendio del medesimo Catechismo, ci offrono proprio questo quadro completo della Rivelazione cristiana, da accogliere con fede e con gratitudine. Vorrei incoraggiare perciò anche i singoli fedeli e le comunità cristiane ad approfittare di questi strumenti per conoscere e approfondire i contenuti della nostra fede. Essa ci apparirà così una meravigliosa sinfonia, che ci parla di Dio e del suo amore e che sollecita la nostra ferma adesione e la nostra operosa risposta.

Per avere un’idea dell’interesse che ancor oggi può suscitare la lettura delle Sentenze di Pietro Lombardo, propongo due esempi. Ispirandosi al commento di sant’Agostino al libro della Genesi, Pietro si domanda il motivo per cui la creazione della donna avvenne dalla costola di Adamo e non dalla sua testa o dai suoi piedi. E spiega: "Veniva formata non una dominatrice e neppure una schiava dell’uomo, ma una sua compagna" (Sentenze 3, 18, 3). Poi, sempre sulla base dell’insegnamento patristico, aggiunge: "In questa azione è rappresentato il mistero di Cristo e della Chiesa. Come infatti la donna è stata formata dalla costola di Adamo mentre questi dormiva, così la Chiesa è nata dai sacramenti che iniziarono a scorrere dal costato di Cristo che dormiva sulla Croce, cioè dal sangue e dall’acqua, con cui siamo redenti dalla pena e purificati dalla colpa" (Sentenze 3, 18, 4). Sono riflessioni profonde e valide ancora oggi quando la teologia e la spiritualità del matrimonio cristiano hanno approfondito molto l’analogia con la relazione sponsale tra Cristo e la sua Chiesa.

In un altro passaggio della sua opera principale, Pietro Lombardo, trattando dei meriti di Cristo, si domanda: "Per quale ragione, allora, [Cristo] volle patire e morire, se le sue virtù erano già sufficienti ad ottenergli tutti i meriti?". La sua risposta è incisiva ed efficace: "Per te, non per se stesso!". Poi continua con un’altra domanda e un’altra risposta, che sembrano riprodurre le discussioni che si tenevano durante le lezioni dei maestri di teologia del Medioevo: "E in che senso egli soffrì e morì per me? Affinché la sua passione e la sua morte fossero per te esempio e causa. Esempio di virtù e di umiltà, causa di gloria e di libertà; esempio dato da Dio obbediente fino alla morte; causa della tua liberazione e della tua beatitudine" (Sentenze 3, 18, 5).

Tra i contributi più importanti offerti da Pietro Lombardo alla storia della teologia, vorrei ricordare la sua trattazione sui sacramenti, dei quali ha dato una definizione direi definitiva: "E’ detto sacramento in senso proprio ciò che è segno della grazia di Dio e forma visibile della grazia invisibile, in modo tale da portarne l’immagine ed esserne causa" (4, 1, 4). Con questa definizione Pietro Lombardo coglie l’essenza dei sacramenti: essi sono causa della grazia, hanno la capacità di comunicare realmente la vita divina. I teologi successivi non abbandoneranno più questa visione e utilizzeranno anche la distinzione tra elemento materiale ed elemento formale, introdotta dal "Maestro delle Sentenze", come venne chiamato Pietro Lombardo. L’elemento materiale è la realtà sensibile e visibile, quello formale sono le parole pronunciate dal ministro. Entrambi sono essenziali per una celebrazione completa e valida dei sacramenti: la materia, la realtà con la quale il Signore ci tocca visibilmente e la parola che dà il significato spirituale. Nel Battesimo, ad esempio, l’elemento materiale è l’acqua che si versa sul capo del bambino e l’elemento formale sono le parole "Io ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo". Il Lombardo, inoltre, chiarì che solo i sacramenti trasmettono oggettivamente la grazia divina e che sono sette: il Battesimo, la Confermazione, l’Eucaristia, la Penitenza, l’Unzione degli Infermi, l’Ordine e il Matrimonio (cfr Sentenze 4, 2, 1).

Cari fratelli e sorelle, è importante riconoscere quanto sia preziosa e indispensabile per ogni cristiano la vita sacramentale, nella quale il Signore tramite questa materia, nella comunità della Chiesa, ci tocca e ci trasforma. Come recita il Catechismo della Chiesa Cattolica, i sacramenti sono "forze che escono dal Corpo di Cristo, sempre vivo e vivificante, azioni dello Spirito Santo" (n. 1116). In quest’Anno Sacerdotale, che stiamo celebrando, esorto i sacerdoti, soprattutto i ministri in cura d’anime, ad avere loro stessi, per primi, un’intensa vita sacramentale per essere di aiuto ai fedeli. La celebrazione dei sacramenti sia improntata a dignità e decoro, favorisca il raccoglimento personale e la partecipazione comunitaria, il senso della presenza di Dio e l’ardore missionario. I sacramenti sono il grande tesoro della Chiesa e a ciascuno di noi spetta il compito di celebrarli con frutto spirituale. In essi, un evento sempre sorprendente tocca la nostra vita: Cristo, attraverso i segni visibili, ci viene incontro, ci purifica, ci trasforma e ci rende partecipi della sua divina amicizia.

Cari amici siamo giunti alla fine di questo anno e alle porte dell’anno nuovo. Vi auguro che l’amicizia di Nostro Signore Gesù Cristo vi accompagni ogni giorno di questo anno che sta per iniziare. Possa questa amicizia di Cristo essere nostra luce e guida, aiutandoci ad essere uomini di pace, della sua pace. Buon anno a tutti voi!



SINTESI DELLA CATECHESI NELLE DIVERSE LINGUE


○ Sintesi della catechesi in lingua francese

Chers Frères et Sœurs,

Pierre Lombard est un théologien du 12ème siècle qui a eu une grande notoriété. Né dans le nord de l’Italie, il étudia à Bologne, puis à Reims et enfin à Paris. À partir de 1140, il enseigna à l’école de Notre-Dame, et en 1159, un an avant sa mort, il fut nommé évêque de Paris. Une de ses œuvres, les Sentences, a été adoptée comme manuel de théologie pendant plusieurs siècles. À la suite de Pierre Lombard, dont la pensée demeure très actuelle, j’invite les théologiens et les prêtres à garder toujours une vision totale et unitaire de la doctrine chrétienne, face aux risques de morcellement et de dévalorisation de chaque vérité. Le Catéchisme de l’Église catholique et son Compendium nous offrent ce cadre complet de la Révélation chrétienne. J’encourage les fidèles et les communautés chrétiennes à profiter de ces instruments pour connaître et approfondir le contenu de notre foi. Celle-ci nous apparaîtra alors comme une merveilleuse symphonie qui nous parle de Dieu et de son amour et qui sollicite notre ferme adhésion et notre réponse active. Suivant l’enseignement de Pierre Lombard, je vous invite aussi à reconnaître l’importance des sacrements dans votre vie chrétienne. Ils sont le trésor de l’Église !

Je suis heureux d’accueillir ce matin les pèlerins de France, de Belgique et des pays francophones. Je salue la paroisse de Belloy-en-France et le Chœur ‘Cantate Domino’, de Aalst. Merci pour votre présentation de cette belle musique. À tous je souhaite une bonne et sainte Année ! Qu’elle vous permette d’aller à la rencontre de Dieu et de vos frères ! Que Dieu vous bénisse !


○ Sintesi della catechesi in lingua inglese

Dear Brothers and Sisters,

In our catechesis on the Christian culture of the Middle Ages, we now turn to Peter Lombard, an outstanding theologian of the twelfth century. Peter taught at the celebrated school of Notre Dame, and died as Bishop of Paris. His best-known work, the Sentences, is a collection in four books of patristic texts, carefully selected and ordered for use in the teaching of theology. The Sentences became the standard introduction to theology for centuries, influencing the thought of scholars such as Saints Albert the Great, Bonaventure and Thomas Aquinas. The Church requires such organic presentations of the Catholic faith, in which each individual article of faith reflects the unity of God’s revealed truth and the majesty of his saving plan. Peter Lombard’s work thus served a need which, in our day, is also met by the Catechism of the Catholic Church. Among the most enduring contributions of the Sentences is Peter’s definition of a sacrament as an outward sign and cause of grace, and his teaching on the sevenfold number of the sacraments. During this Year for Priests, I encourage priests, as ministers of the sacraments, and all the faithful, to grow in appreciation of the beauty and harmony of our faith, to cultivate the sacramental life, and thus to grow in union with Christ and his Church.

I am pleased to greet the pilgrimage groups from Ireland, Switzerland and the United States of America, and I thank the choirs for their praise of God in song. Upon all the English-speaking visitors present at today’s Audience, I invoke the joy and peace of Jesus Christ, our Newborn Saviour!


○ Sintesi della catechesi in lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern!

In der letzten Audienz dieses Jahres möchte ich den Theologen Petrus Lombardus vorstellen. Er wurde um das Jahr 1100 in der norditalienischen Lombardei geboren und stammt aus einfachen Verhältnissen. In verschiedenen Klöstern konnte er jedoch kostenlos studieren und wurde Theologieprofessor an der bedeutenden Schule von Notre Dame und schließlich 1159, ein Jahr vor seinem Tod, sogar Bischof von Paris. Seine berühmten „Sentenzen" sammeln in vier Bänden nach Themen geordnet die Hauptaussagen bedeutender Kirchenväter und wichtiger Theologen. Diese organische Zusammenstellung der Glaubenswahrheiten zeigt die Harmonie des göttlichen Heilsplans und die Zentralität Christi. Sie diente den Studenten und Lehrern der nächsten vier Jahrhunderte als wichtigstes Lehrbuch und als Anstoß für die eigene theologische Forschung und Vertiefung. Das zeigen zum Beispiel die Ausführungen über das Verhältnis zwischen Mann und Frau. Inspiriert von Augustinus erklärt Petrus Lombardus die Erschaffung Evas aus einer Rippe Adams wie folgt: „Hier wurde nicht eine Herrin und auch keine Sklavin des Mannes, sondern eine Gefährtin geformt" (Sent. 3,18,3). Dann nimmt er einen Vergleich der Väter auf, nach dem die geöffnete Seite Christi am Kreuz, aus der Blut und Wasser hervorkamen, ein Sinnbild für die Sakramente und die Kirche, die Braut Christi ist. All das bietet auch uns eine Grundlage für Reflexionen, die unser Leben bereichern können.

Ganz herzlich grüße ich die deutschsprachigen Pilger und unter ihnen besonders eine Gruppe Sternsinger, die in diesen Tagen von Haus zu Haus die Freude über die Geburt Jesu verkünden und zur Solidarität mit armen Kindern aufrufen. Petrus Lombardus lädt uns ein, unseren Glauben in seiner Weite und Fülle kennen zulernen und zu leben. Die aufmerksame Lektüre des Katechismus der Katholischen Kirche und der regelmäßige Empfang der Sakramente begleiten und stärken und auf diesem Weg. Der Herr schenke euch allen ein gesegnetes Neues Jahr.


○ Sintesi della catechesi in lingua spagnola

Queridos hermanos y hermanas:

Hoy quisiera hablar de Pedro Lombardo, un teólogo del siglo doce de gran notoriedad, pues una de sus obras, las Sentencias, fue adoptada como manual en todas las escuelas de teología durante muchos siglos. Se le llama Lombardo porque nació en una región del norte de Italia, ocupada entonces por los longobardos. De familia modesta, estudió en Bolonia, Reims y París, donde fue profesor y, casi al final de su vida, nombrado Obispo. Su gran aportación fue el haber recogido, además del texto bíblico, el pensamiento de los grandes Padres de la Iglesia y de otros notables pensadores cristianos, disponiendo todo en un cuadro sistemático y bien trabado. En efecto, una de las características de la teología es organizar de manera unitaria el patrimonio de la fe, presentándola de modo claro y coherente en todas sus partes, pues las diversas verdades que contiene se iluminan recíprocamente, ofreciendo así una visión de la riqueza y armonía del plan salvador de Dios. Ante el riesgo de fragmentación en la verdad de nuestros días, el testimonio de Pedro Lombardo es una llamada al estudio y a la enseñanza íntegra, sugerente y orgánica del mensaje de Cristo.

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, venidos de España, México y otros países latinoamericanos. Invito a todos a afianzar e iluminar la fe mediante una lectura pausada y atenta del mensaje cristiano, como se ofrece en el Catecismo de la Iglesia Católica. Muchas gracias.


○ Sintesi della catechesi in lingua portoghese

Queridos irmãos e irmãs,

Pedro Lombardo ensinou na prestigiosa escola de Notre-Dame; magistério este, que motivou e modelou a obra-prima que nos deixou: Sentenças. Composto no século XII, seria o livro usado em todas as escolas de teologia até ao século XVI. O método teológico consistia em dar a conhecer, estudar e comentar o pensamento dos Padres da Igreja. Ele, depois de ter cuidadosamente recolhido as sentenças – isto é, as fontes patrísticas –, distribuiu-as num quadro sistemático e harmonioso, que inclui quase todas as verdades da fé católica. Face aos riscos actuais de fragmentação e desvalorização de algumas verdades, desejo sublinhar como seja uma exigência irrenunciável a apresentação orgânica da fé. Pois as diversas verdades iluminam-se mutuamente, aparecendo, na sua visão total e unitária, a harmonia do plano de salvação e a centralidade do mistério de Cristo.

Amados peregrinos de língua portuguesa, agradecido pelos votos, preces e sinais de amizade que tivestes para comigo nestes dias de festa em honra do Deus-Menino, de coração desejo a todos um Ano Novo feliz, colocando vossa vida e família sob a protecção da Virgem Maria, para serdes autênticos amigos do seu Filho Jesus e corajosos construtores do seu Reino no mundo. Assim Deus vos abençoe!



SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE


○ Saluto in lingua polacca

Serdecznie witam polskich pielgrzymów. Gdy ten rok zbliża się ku końcowi, dziękuję Bogu za wszelkie dobro, jakie z Jego łaski dokonało się w Kościele, w świecie i w życiu każdego i każdej z nas. Jednoczę się z tymi, którym mijający rok przyniósł cierpienie i smutek. Dla wszystkich wypraszam dary pokoju, radości i szczęścia na każdy następny dzień. Niech Bóg wam błogosławi.

[Do un cordiale benvenuto ai pellegrini polacchi. Mentre si avvicina la fine di quest’anno, ringrazio Dio per ogni bene che per la sua grazia si è compiuto nella Chiesa, nel mondo e nella vita di ognuno e ognuna di noi. Mi unisco a coloro, a cui l’anno che passa ha recato sofferenza e tristezza. Chiedo per tutti i doni di pace, di gioia e di felicità per ogni giorno seguente. Dio vi benedica.]


○ Saluto in lingua slovena

Lepo pozdravljam romarje iz Prevalj v Sloveniji! Jezus, ki je prišel rešit svet, naj prebiva tudi v vaših srcih, da boste ostali Njegovi zvesti prijatelji in pričevalci. Naj bo z vami moj blagoslov!

[Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini provenienti dalla Parrocchia di Prevalje in Slovenia! Gesù che è venuto a salvare il mondo dimori anche nei vostri cuori affinché restiate Suoi fedeli amici e testimoni. Vi accompagni la mia benedizione!]


○ Saluto in lingua italiana

Saluto ora i pellegrini di lingua italiana e, in particolare, i giovani, gli ammalati e le coppie di sposi novelli, augurando a tutti che il Nuovo Anno sia sereno e ricco di ogni desiderato bene.

Cari, giovani, in particolare voi Scout provenienti da Soviore, vivete il nuovo anno come un dono prezioso, impegnandovi a costruire la vostra vita alla luce della verità, che risplende nella santa grotta di Betlemme. Voi, ammalati, siate annunciatori delle ricchezze nascoste nel mistero del dolore, che in Cristo è divenuto evento di Redenzione. Voi, sposi novelli, sappiate edificare una famiglia che sia veramente piccola Chiesa, capace di annunciare sempre con la parola e l’esempio la buona Novella recata dagli Angeli agli uomini amati da Dio.
+PetaloNero+
00mercoledì 30 dicembre 2009 23:07
TELEGRAMMA DI CORDOGLIO DEL SANTO PADRE PER LA MORTE DEL CARDINALE PETER SEIICHI SHIRAYANAGI

È deceduto alle ore 6.45 di oggi (ora di Tokyo) il Card. Peter Seiichi Shirayanagi, del Titolo di Santa Emerenziana a Tor Fiorenza, Arcivescovo emerito di Tōkyō (Giappone). Le esequie del Porporato si terranno martedì 5 gennaio.
Pubblichiamo di seguito il telegramma di cordoglio per la morte del Card. Peter Seiichi Shirayanagi, inviato dal Santo Padre Benedetto XVI all’attuale Arcivescovo di Tōkyō, S.E. Mons. Peter Takeo Okada:


TELEGRAMMA DEL SANTO PADRE

TO THE MOST REVEREND
PETER TAKEO OKADA
ARCHBISHOP OF TOKYO

DEEPLY SADDENED TO LEARN OF THE DEATH OF CARDINAL PETER SEIICHI SHIRAYANAGI, I OFFER HEARTFELT CONDOLENCES TO YOU, THE CLERGY, RELIGIOUS AND LAITY OF THE ARCHDIOCESE OF TOKYO. I RECALL WITH GRATITUDE CARDINAL SHIRAYANAGI’S UNFAILING COMMITMENT TO THE SPREAD OF THE GOSPEL IN JAPAN IN HIS MANY YEARS AS PRIEST AND BISHOP, HIS WORK FOR THE PROMOTION OF JUSTICE AND PEACE, AND HIS TIRELESS EFFORTS ON BEHALF OF REFUGEES. WITH YOU, I PRAY THAT GOD THE FATHER OF MERCIES MAY GRANT CARDINAL SHIRAYANAGI THE REWARD OF HIS LABORS AND WELCOME HIS NOBLE SOUL INTO THE LIGHT AND PEACE OF HEAVEN. TO ALL ASSEMBLED FOR THE SOLEMN MASS OF CHRISTIAN BURIAL, I CORDIALLY IMPART MY APOSTOLIC BLESSING AS A PLEDGE OF CONSOLATION AND STRENGTH IN THE LORD.

BENEDICTUS PP. XVI
+PetaloNero+
00mercoledì 30 dicembre 2009 23:09
Il cordoglio del Pontefice
per la morte del cardinale Shirayanagi



Il cardinale ottantunenne giapponese Peter Seiichi Shirayanagi, arcivescovo emerito di Tokyo, è morto mercoledì 30 dicembre. Il Papa, appresa la notizia, ha provveduto a far pervenire un telegramma all'attuale arcivescovo di Tokyo, monsignor Peter Takeo Okada. Questa la traduzione dall'inglese del telegramma.



Profondamente rattristato nell'apprendere della morte del cardinale Peter Seiichi Shirayanagi, porgo sentite condoglianze a Lei, al clero e ai laici dell'arcidiocesi di Tokyo. Ricordo con gratitudine l'impegno costante del cardinale Shirayanagi per la diffusione del Vangelo in Giappone nei suoi numerosi anni come sacerdote e come vescovo, la sua opera per la promozione della giustizia e della pace e i suoi sforzi instancabili per i rifugiati. Con Lei, prego affinché Dio, Padre di misericordia, possa concedere al cardinale Shirayanagi la ricompensa per le sue fatiche e accogliere la sua nobile anima nella luce e nella pace dei cieli. A tutti coloro che sono riuniti per la messa solenne di esequie cristiane, imparto di tutto cuore la mia benedizione apostolica quale pegno di consolazione e forza nel Signore.


BENEDETTO PP. XVI

Analogo telegramma di cordoglio lo ha inviato il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone.



(©L'Osservatore Romano - 31 dicembre 2009)
+PetaloNero+
00giovedì 31 dicembre 2009 23:45
RINUNCE E NOMINE


NOMINA DEL COADIUTORE DI QUY NHON (VIÊT NAM)

Il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato Vescovo Coadiutore della diocesi di Quy Nhon (Viêt Nam), il Rev.do Matthieu Nguyên Van Khôi, Parroco della Cattedrale di Quy Nhon e Professore del Seminario Maris Stella di Nha Trang.

Rev.do Matthieu Nguyên Van Khôi
Il Rev.do do Matthieu Nguyên Van Khôi, è nato il 13 ottobre 1951 a Phuoc Son, Tuy Phuoc, Bình Đinh, diocesi di Quy Nhon. Ha compiuto gli studi secondari al Seminario Minore di Quy Nhon, la Filosofia e la Teologia al Pontificio Collegio di Đà Lat (1970-1977), frequentando anche la Facoltà di Lettere presso l’Università Cattolica di Đà Lat.
È stato ordinato sacerdote il 10 maggio 1989, incardinato nella diocesi di Quy Nhon.
Dopo l’ordinazione è stato parroco della parrocchia di Bình Đinh (1989-2000), Insegnante al Seminario Maggiore Maris Stella di Nha Trang (1994-2000), studente presso la Pontificia Università Urbaniana di Roma, dove ha conseguito il dottorato in Teologia Morale (2000-2005).
Dal 2005, è parroco della Cattedrale di Quy Nhon, Vicario foraneo della regione di Bình Đinh, membro del Collegio dei consultori, membro del Corpo insegnante della formazione permanente per i sacerdoti della diocesi, Professore di Teologia Morale al suddetto Seminario.
+PetaloNero+
00venerdì 1 gennaio 2010 23:49
SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DI MARIA SS.MA MADRE DI DIO E NELLA 43a GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

Alle ore 10 di questa mattina, nella Basilica Vaticana, il Santo Padre Benedetto XVI presiede la Celebrazione della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio nell’ottava di Natale in occasione della 43a Giornata Mondiale della Pace sul tema: Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato.
Concelebrano con il Papa il Card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, il Card. Renato Raffaele Martino, Presidente emerito del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, S.E. Mons. Fernando Filoni, Arcivescovo tit. di Volturno, Sostituto della Segreteria di Stato, S.E. Mons. Dominique Mamberti, Arcivescovo tit. di Sagona, Segretario per i Rapporti con gli Stati, S.E. Mons. Mario Toso, S.D.B., Vescovo tit. di Bisarcio, Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.
Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa pronuncia nel corso della Santa Messa:


OMELIA DEL SANTO PADRE

Venerati Fratelli,

illustri Signori e Signore,

cari fratelli e sorelle!

Nel primo giorno del nuovo anno abbiamo la gioia e la grazia di celebrare la Santissima Madre di Dio e, al tempo stesso, la Giornata Mondiale della Pace. In entrambe le ricorrenze celebriamo Cristo, Figlio di Dio, nato da Maria Vergine e nostra vera pace! A tutti voi, che siete qui convenuti: Rappresentanti dei popoli del mondo, della Chiesa romana e universale, sacerdoti e fedeli; e a quanti sono collegati mediante la radio e la televisione, ripeto le parole dell’antica benedizione: il Signore rivolga a voi il suo volto e vi conceda pace (cfr Nm 6,26). Proprio il tema del Volto e dei volti vorrei sviluppare oggi, alla luce della Parola di Dio - Volto di Dio e volti degli uomini - un tema che ci offre anche una chiave di lettura del problema della pace nel mondo.

Abbiamo ascoltato, sia nella prima lettura – tratta dal Libro dei Numeri – sia nel Salmo responsoriale, alcune espressioni che contengono la metafora del volto riferita a Dio: "Il Signore faccia risplendere per te il suo volto / e ti faccia grazia" (Nm 6,25); "Dio abbia pietà di noi e ci benedica, / su di noi faccia splendere il suo volto; / perché si conosca sulla terra la tua via, / la tua salvezza fra tutte le genti" (Sal 66/67,2-3). Il volto è l’espressione per eccellenza della persona, ciò che la rende riconoscibile e da cui traspaiono sentimenti, pensieri, intenzioni del cuore. Dio, per sua natura, è invisibile, tuttavia la Bibbia applica anche a Lui questa immagine. Mostrare il volto è espressione della sua benevolenza, mentre il nasconderlo ne indica l’ira e lo sdegno. Il Libro dell’Esodo dice che "il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come uno parla con il proprio amico" (Es 33,11), e sempre a Mosè il Signore promette la sua vicinanza con una formula molto singolare: "Il mio volto camminerà con voi e ti darò riposo" (Es 33,14). I Salmi ci mostrano i credenti come coloro che cercano il volto di Dio (cfr Sal 26/27,8; 104/105,4) e che nel culto aspirano a vederlo (cfr Sal 42,3), e ci dicono che "gli uomini retti" lo "contempleranno" (Sal 10/11,7).

Tutto il racconto biblico si può leggere come progressivo svelamento del volto di Dio, fino a giungere alla sua piena manifestazione in Gesù Cristo. "Quando venne la pienezza del tempo – ci ha ricordato anche oggi l’apostolo Paolo – Dio mandò il suo Figlio" (Gal 4,4). E subito aggiunge: "nato da donna, nato sotto la legge". Il volto di Dio ha preso un volto umano, lasciandosi vedere e riconoscere nel figlio della Vergine Maria, che per questo veneriamo con il titolo altissimo di "Madre di Dio". Ella, che ha custodito nel suo cuore il segreto della divina maternità, è stata la prima a vedere il volto di Dio fatto uomo nel piccolo frutto del suo grembo. La madre ha un rapporto tutto speciale, unico e in qualche modo esclusivo con il figlio appena nato. Il primo volto che il bambino vede è quello della madre, e questo sguardo è decisivo per il suo rapporto con la vita, con se stesso, con gli altri, con Dio; è decisivo anche perché egli possa diventare un "figlio della pace" (Lc 10,6). Tra le molte tipologie di icone della Vergine Maria nella tradizione bizantina, vi è quella detta "della tenerezza", che raffigura Gesù bambino con il viso appoggiato – guancia a guancia – a quello della Madre. Il Bambino guarda la Madre, e questa guarda noi, quasi a riflettere verso chi osserva, e prega, la tenerezza di Dio, discesa in Lei dal Cielo e incarnata in quel Figlio di uomo che porta in braccio. In questa icona mariana noi possiamo contemplare qualcosa di Dio stesso: un segno dell’amore ineffabile che lo ha spinto a "dare il suo figlio unigenito" (Gv 3,16). Ma quella stessa icona ci mostra anche, in Maria, il volto della Chiesa, che riflette su di noi e sul mondo intero la luce di Cristo, la Chiesa mediante la quale giunge ad ogni uomo la buona notizia: "Non sei più schiavo, ma figlio" (Gal 4,7) – come leggiamo ancora in san Paolo.

Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, Signori Ambasciatori, cari amici! Meditare sul mistero del volto di Dio e dell’uomo è una via privilegiata che conduce alla pace. Questa, infatti, incomincia da uno sguardo rispettoso, che riconosce nel volto dell’altro una persona, qualunque sia il colore della sua pelle, la sua nazionalità, la sua lingua, la sua religione. Ma chi, se non Dio, può garantire, per così dire, la "profondità" del volto dell’uomo? In realtà, solo se abbiamo Dio nel cuore, siamo in grado di cogliere nel volto dell’altro un fratello in umanità, non un mezzo ma un fine, non un rivale o un nemico, ma un altro me stesso, una sfaccettatura dell’infinito mistero dell’essere umano. La nostra percezione del mondo e, in particolare, dei nostri simili, dipende essenzialmente dalla presenza in noi dello Spirito di Dio. E’ una sorta di "risonanza": chi ha il cuore vuoto, non percepisce che immagini piatte, prive di spessore. Più, invece, noi siamo abitati da Dio, e più siamo anche sensibili alla sua presenza in ciò che ci circonda: in tutte le creature, e specialmente negli altri uomini, benché a volte proprio il volto umano, segnato dalla durezza della vita e dal male, possa risultare difficile da apprezzare e da accogliere come epifania di Dio. A maggior ragione, dunque, per riconoscerci e rispettarci quali realmente siamo, cioè fratelli, abbiamo bisogno di riferirci al volto di un Padre comune, che tutti ci ama, malgrado i nostri limiti e i nostri errori.

Fin da piccoli, è importante essere educati al rispetto dell’altro, anche quando è differente da noi. Ormai è sempre più comune l’esperienza di classi scolastiche composte da bambini di varie nazionalità, ma anche quando ciò non avviene, i loro volti sono una profezia dell’umanità che siamo chiamati a formare: una famiglia di famiglie e di popoli. Più sono piccoli questi bambini, e più suscitano in noi la tenerezza e la gioia per un’innocenza e una fratellanza che ci appaiono evidenti: malgrado le loro differenze, piangono e ridono nello stesso modo, hanno gli stessi bisogni, comunicano spontaneamente, giocano insieme… I volti dei bambini sono come un riflesso della visione di Dio sul mondo. Perché allora spegnere i loro sorrisi? Perché avvelenare i loro cuori? Purtroppo, l’icona della Madre di Dio della tenerezza trova il suo tragico contrario nelle dolorose immagini di tanti bambini e delle loro madri in balia di guerre e violenze: profughi, rifugiati, migranti forzati. Volti scavati dalla fame e dalle malattie, volti sfigurati dal dolore e dalla disperazione. I volti dei piccoli innocenti sono un appello silenzioso alla nostra responsabilità: di fronte alla loro condizione inerme, crollano tutte le false giustificazioni della guerra e della violenza. Dobbiamo semplicemente convertirci a progetti di pace, deporre le armi di ogni tipo e impegnarci tutti insieme a costruire un mondo più degno dell’uomo.

Il mio Messaggio per l’odierna XLIII Giornata Mondiale della Pace: "Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato", si pone all’interno della prospettiva del volto di Dio e dei volti umani. Possiamo, infatti, affermare che l’uomo è capace di rispettare le creature nella misura in cui porta nel proprio spirito un senso pieno della vita, altrimenti sarà portato a disprezzare se stesso e ciò che lo circonda, a non avere rispetto dell’ambiente in cui vive, del creato. Chi sa riconoscere nel cosmo i riflessi del volto invisibile del Creatore, è portato ad avere maggiore amore per le creature, maggiore sensibilità per il loro valore simbolico. Specialmente il Libro dei Salmi è ricco di testimonianze di questo modo propriamente umano di relazionarsi con la natura: con il cielo, il mare, i monti, le colline, i fiumi, gli animali… "Quante sono le tue opere, Signore! – esclama il Salmista – / Le hai fatte tutte con saggezza; / la terra è piena delle tue creature" (Sal 104/103,24).

In particolare, la prospettiva del "volto" invita a soffermarsi su quella che, anche in questo Messaggio, ho chiamato "ecologia umana". Vi è infatti un nesso strettissimo tra il rispetto dell’uomo e la salvaguardia del creato. "I doveri verso l’ambiente derivano da quelli verso la persona considerata in se stessa e in relazione agli altri" (ivi, 12). Se l’uomo si degrada, si degrada l’ambiente in cui vive; se la cultura tende verso un nichilismo, se non teorico, pratico, la natura non potrà non pagarne le conseguenze. Si può, in effetti, constatare un reciproco influsso tra volto dell’uomo e "volto" dell’ambiente: "quando l’ecologia umana è rispettata dentro la società, anche l’ecologia ambientale ne trae beneficio" (ibid.; cfr Enc. Caritas in veritate, 51). Rinnovo, pertanto, il mio appello ad investire sull’educazione, proponendosi come obiettivo, oltre alla necessaria trasmissione di nozioni tecnico-scientifiche, una più ampia e approfondita "responsabilità ecologica", basata sul rispetto dell’uomo e dei suoi diritti e doveri fondamentali. Solo così l’impegno per l’ambiente può diventare veramente educazione alla pace e costruzione della pace.

Cari fratelli e sorelle, nel Tempo di Natale ricorre un Salmo che contiene, tra l’altro, anche un esempio stupendo di come la venuta di Dio trasfiguri il creato e provochi una specie di festa cosmica. Questo inno inizia con un invito universale alla lode: "Cantate al Signore un canto nuovo, / cantate al Signore, uomini di tutta la terra. / Cantate al Signore, benedite il suo nome" (Sal 95/96,1). Ma a un certo punto questo appello all’esultanza si estende a tutto il creato: "Gioiscano i cieli, esulti la terra, / risuoni il mare e quanto racchiude; / sia in festa la campagna e quanto contiene, / acclamino tutti gli alberi della foresta" (vv. 11-12). La festa della fede diventa festa dell’uomo e del creato: quella festa che a Natale si esprime anche mediante gli addobbi sugli alberi, per le strade, nelle case. Tutto rifiorisce perché Dio è apparso in mezzo a noi. La Vergine Madre mostra il Bambino Gesù ai pastori di Betlemme, che gioiscono e lodano il Signore (cfr Lc 2,20); la Chiesa rinnova il mistero per gli uomini di ogni generazione, mostra loro il volto di Dio, perché, con la sua benedizione, possano camminare sulla via della pace.
+PetaloNero+
00venerdì 1 gennaio 2010 23:50
LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS


Al termine della Santa Messa nella Solennità di Maria Santissima Madre di Dio e nella ricorrenza della 43a Giornata Mondiale della Pace, il Santo Padre Benedetto XVI, prima di recitare l’Angelus, rivolge ai fedeli e ai pellegrini presenti in Piazza San Pietro le seguenti parole:


PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Oggi il Signore ci dona di iniziare un nuovo anno nel suo Nome e sotto lo sguardo di Maria Santissima, di cui celebriamo la Solennità della Divina Maternità. Sono lieto di incontrarvi per questo primo Angelus del 2010. Mi rivolgo a voi, che siete convenuti numerosi in Piazza San Pietro, ed anche a quanti si uniscono alla nostra preghiera mediante la radio e la televisione: a tutti auguro che l’anno appena incominciato sia un tempo in cui, con l’aiuto del Signore, possiamo andare incontro a Cristo e alla volontà di Dio e così anche migliorare la nostra casa comune che è il mondo.

Un obiettivo condivisibile da tutti, condizione indispensabile per la pace, è quello di amministrare con giustizia e saggezza le risorse naturali della Terra. "Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato": a questo tema, di grande attualità, ho dedicato il mio Messaggio per l’odierna XLIII Giornata Mondiale della Pace. Mentre il Messaggio veniva pubblicato, i Capi di Stato e di Governo erano riuniti a Copenaghen per il vertice sul clima, dove è emersa ancora una volta l’urgenza di orientamenti concertati sul piano globale. Tuttavia, in questo momento, vorrei sottolineare l’importanza che, nella tutela dell’ambiente, hanno anche le scelte dei singoli, delle famiglie e delle amministrazioni locali. "Si rende ormai indispensabile un effettivo cambiamento di mentalità che induca tutti ad adottare nuovi stili di vita" (cfr Messaggio, n. 11). Tutti infatti siamo responsabili della protezione e della cura del creato. Perciò, anche in questo campo, è fondamentale l’educazione: per imparare a rispettare la natura; orientarsi sempre più "a costruire la pace a partire dalle scelte di ampio raggio a livello personale, familiare, comunitario e politico" (ibid.).

Se dobbiamo avere cura delle creature che ci circondano, quale considerazione dovremo avere per le persone, nostri fratelli e sorelle! Quale rispetto per la vita umana! Nel primo giorno dell’anno, vorrei rivolgere un appello alle coscienze di quanti fanno parte di gruppi armati di qualunque tipo. A tutti e a ciascuno dico: fermatevi, riflettete, e abbandonate la via della violenza! Sul momento, questo passo potrà sembrarvi impossibile, ma, se avrete il coraggio di compierlo, Dio vi aiuterà, e sentirete tornare nei vostri cuori la gioia della pace, che forse da tempo avete dimenticata. Affido questo appello all’intercessione della Santissima Madre di Dio, Maria. Oggi, la liturgia ci ricorda che otto giorni dopo la nascita del Bambino Ella, insieme con il suo sposo Giuseppe, lo fecero circoncidere, secondo la legge di Mosè, e gli misero nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo (cfr Lc 2,21). Questo nome, che significa "Dio salva", è il compimento della rivelazione di Dio. Gesù è il volto di Dio, è la benedizione per ogni uomo e per tutti i popoli, è la pace per il mondo. Grazie, Madre Santa, che hai dato alla luce il Salvatore, il Principe della pace!



DOPO L’ANGELUS

In questi giorni ho ricevuto numerosi messaggi augurali: ringrazio tutti con affetto, soprattutto per il dono della preghiera. Uno speciale augurio desidero indirizzare al Signor Presidente della Repubblica Italiana. A lui, alle altre Autorità dello Stato e all’intero popolo italiano formulo ogni miglior auspicio per l’anno appena iniziato.

Nell’odierna Giornata Mondiale della Pace, rivolgo un cordiale saluto ai partecipanti alla marcia intitolata "Pace in tutte le terre", promossa dalla Comunità di Sant’Egidio a Roma e in molti altri Paesi del mondo. Estendo l’espressione della mia spirituale vicinanza alle molteplici iniziative per la pace organizzate dalle Chiese particolari, dalle associazioni e dai movimenti ecclesiali; penso, in modo speciale, a quella a carattere nazionale svoltasi ieri a Terni e a L’Aquila.

En ce premier jour de l’an nouveau, je suis heureux de saluer les francophones présents ici sur la place Saint-Pierre ou qui nous rejoignent par la radio ou la télévision. Aujourd’hui, nous célébrons la Vierge Marie, Mère de Dieu. Femme bénie entre toutes les femmes, en accueillant en elle le Fils unique, elle nous a permis de découvrir le visage d’amour de notre Dieu. En cette Journée mondiale de prière pour la Paix, que Marie, Mère de Dieu, soit aussi pour tous les hommes la Mère qui les guide sur les chemins de la réconciliation et de la fraternité ! Bonne et sainte année à tous !

I am happy to greet all the English-speaking visitors present at today’s Angelus prayer and I wish you all a blessed New Year filled with abundant joy and consolation in Our Lord and Saviour Jesus Christ! On this World Day of Peace I pray that Christians everywhere, through the intercession of Mary the Mother of God, may be careful stewards of nature and diligent promoters of forgiveness, reconciliation and peace!

Mit Freude heiße ich an diesem Neujahrstag alle Pilger und Besucher deutscher Sprache willkommen. Besonders grüße ich die Sternsinger aus dem Erzbistum Köln, die in diesen Tagen die Botschaft der Geburt Christi von Haus zu Haus tragen. Die Sternsinger zeigen uns mit ihrem Tun etwas ganz Wichtiges: Der Glaube will nämlich ausgesprochen und weitergesagt werden. Nur so bleibt er lebendig! Wir wollen unseren Glauben überall verkünden und bezeugen, das wollen wir uns in diesem neuen Jahr als Vorsatz zu Herzen nehmen. Euch und euren Familien wünsche ich ein friedvolles und glückliches Neues Jahr!

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española presentes en esta oración mariana, en el día en que la Iglesia celebra la solemnidad de Santa María, Madre de Dios, y a quienes se unen a ella a través de la radio y la televisión. Al inicio del año, os invito a todos a poner con total confianza todos vuestros proyectos e intenciones en las manos providentes de Dios, para que sea Él el que guíe nuestros pasos cada día y acreciente en nosotros la fe, esperanza y caridad. Feliz Año Nuevo.

A todos os povos e nações de língua portuguesa - nominalmente aos peregrinos vindos de Angola - aos seus lares e comunidades, aos seus governantes e instituições, desejo a paz do Céu, que hoje vemos reclinada nos braços da Virgem Mãe. Feliz Ano Novo!

Wszystkich Polaków polecam opiece Maryi, Królowej Pokoju i życzę szczęśliwego nowego roku. Niech Bóg wam błogosławi!
[Affido tutti i polacchi alla protezione di Maria, Regina della Pace, e auguro un felice anno nuovo. Dio vi benedica!]

Saluto infine con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare gli aderenti al Movimento dell’Amore Familiare e i giovani amici dell’Opera Don Orione, che stanotte hanno vegliato in Piazza San Pietro pregando per l’unità e la pace nelle famiglie e tra le nazioni. Un saluto va anche agli amici e volontari della Fraterna Domus. A tutti auguro di custodire nel cuore, ogni giorno del nuovo anno, la pace che Cristo ci ha donato. Buon anno!
+PetaloNero+
00sabato 2 gennaio 2010 22:50
TELEGRAMMA DI CORDOGLIO DEL SANTO PADRE PER LA MORTE DEL CARDINALE CAHAL BRENDAN DALY

È deceduto a Belfast giovedì scorso, 31 dicembre 2009, il Card. Cahal Brendan Daly, del Titolo di San Patrizio, Arcivescovo emerito di Armagh (Irlanda). Le esequie del Porporato si terranno martedì 5 gennaio.
Pubblichiamo di seguito il telegramma di cordoglio per la morte del Card. Cahal Brendan Daly, inviato dal Santo Padre Benedetto XVI all’attuale Arcivescovo di Armagh, Em.mo Card. Seán Baptist Brady:


TELEGRAMMA DEL SANTO PADRE

TO MY VENERABLE BROTHER
CARDINAL SEAN BAPTIST BRADY
ARCHBISHOP OF ARMAGH

DEEPLY SADDENED TO LEARN OF THE DEATH OF CARDINAL CAHAL DALY, I OFFER HEARTFELT CONDOLENCES TO YOU AND YOUR AUXILIARY BISHOP, TO THE PRIESTS, RELIGIOUS AND LAY FAITHFUL OF THE ARCHDIOCESE OF ARMAGH AND TO ALL THE PEOPLE OF IRELAND. I RECALL WITH GRATITUDE CARDINAL DALY’S LONG YEARS OF DEVOTED PASTORAL SERVICE TO THE CHURCH AS PRIEST, BISHOP AND PRIMATE OF ALL IRELAND, HIS ASSISTANCE AS A MEMBER OF THE COLLEGE OF CARDINALS, AND ESPECIALLY HIS SUSTAINED EFFORTS IN THE PROMOTION OF JUSTICE AND PEACE IN NORTHERN IRELAND. IN COMMUNION WITH YOU IN THE HOLY SPIRIT I PRAY THAT, THROUGH THE GRACE OF CHRIST, GOD OUR MERCIFUL FATHER MAY GRANT HIM THE REWARD OF HIS LABOURS AND WELCOME HIS SOUL INTO THE JOY AND PEACE OF THE KINGDOM OF HEAVEN. TO ALL GATHERED FAR THE SOLEMN RITES OF CHRISTIAN BURIAL AND ESPECIAL1Y TO CARDINAL DALY’S RELATIVES AND FRIENDS, I CORDIALLY IMPART MY APOSTOLIC BLESSING AS A PLEDGE OF CONSOLATION AND HOPE IN THE LORD.

BENEDICTUS PP. XVI
+PetaloNero+
00domenica 3 gennaio 2010 22:52
LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS


Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.

Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

In questa Domenica – seconda dopo il Natale e prima del nuovo anno – sono lieto di rinnovare a tutti il mio augurio di ogni bene nel Signore! I problemi non mancano, nella Chiesa e nel mondo, come pure nella vita quotidiana delle famiglie. Ma, grazie a Dio, la nostra speranza non fa conto su improbabili pronostici e nemmeno sulle previsioni economiche, pur importanti. La nostra speranza è in Dio, non nel senso di una generica religiosità, o di un fatalismo ammantato di fede. Noi confidiamo nel Dio che in Gesù Cristo ha rivelato in modo compiuto e definitivo la sua volontà di stare con l’uomo, di condividere la sua storia, per guidarci tutti al suo Regno di amore e di vita. E questa grande speranza anima e talvolta corregge le nostre speranze umane.

Di tale rivelazione ci parlano oggi, nella Liturgia eucaristica, tre letture bibliche di straordinaria ricchezza: il capitolo 24 del Libro del Siracide, l’inno che apre la Lettera agli Efesini di san Paolo e il prologo del Vangelo di Giovanni. Questi testi affermano che Dio è non soltanto creatore dell’universo – aspetto comune anche ad altre religioni – ma che è Padre, che "ci ha scelti prima della creazione del mondo … predestinandoci ad essere per lui figli adottivi" (Ef 1,4-5) e che per questo è arrivato fino al punto inconcepibile di farsi uomo: "il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14). Il mistero dell’Incarnazione della Parola di Dio è stato preparato nell’Antico Testamento, in particolare là dove la Sapienza divina si identifica con la Legge mosaica. Afferma infatti la stessa Sapienza: "Il creatore dell’universo mi fece piantare la tenda e mi disse: «Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele»" (Sir 24,8). In Gesù Cristo, la Legge di Dio si è fatta testimonianza vivente, scritta nel cuore di un uomo in cui, per l’azione dello Spirito Santo, è presente corporalmente tutta la pienezza della divinità (cfr Col 2,9).

Cari amici, questa è la vera ragione di speranza dell’umanità: la storia ha un senso, perché è "abitata" dalla Sapienza di Dio. E tuttavia, il disegno divino non si compie automaticamente, perché è un progetto d’amore, e l’amore genera libertà e chiede libertà. Il Regno di Dio viene certamente, anzi, è già presente nella storia e, grazie alla venuta di Cristo, ha già vinto la forza negativa del maligno. Ma ogni uomo e donna è responsabile di accoglierlo nella propria vita, giorno per giorno. Perciò, anche il 2010 sarà più o meno "buono" nella misura in cui ciascuno, secondo le proprie responsabilità, saprà collaborare con la grazia di Dio. Rivolgiamoci dunque alla Vergine Maria, per imparare da Lei questo atteggiamento spirituale. Il Figlio di Dio ha preso carne da Lei non senza il suo consenso. Ogni volta che il Signore vuole fare un passo avanti, insieme con noi, verso la "terra promessa", bussa prima al nostro cuore, attende, per così dire, il nostro "sì", nelle piccole come nelle grandi scelte. Ci aiuti Maria ad accogliere sempre la volontà di Dio, con umiltà e coraggio, perché anche le prove e le sofferenze della vita cooperino ad affrettare la venuta del suo Regno di giustizia e di pace.



DOPO L’ANGELUS

En ce premier dimanche de l’année nouvelle, je suis heureux d’accueillir les pèlerins francophones. Le temps de Noël nous donne de rendre grâce car le Christ, Sagesse incarnée de Dieu, vient habiter parmi les hommes. Il est venu dans notre histoire pour en éclairer et en orienter le cours. Aujourd’hui de nombreux Pays célèbrent la fête de l’Épiphanie, manifestation du Sauveur à toutes les nations. Nous aussi, avec la Vierge Marie soyons attentifs aux signes que Dieu nous donne de sa présence dans notre vie et dans notre monde ! Bon dimanche et bonne année à tous !

I greet all the English-speaking pilgrims and visitors present for this Angelus. As we continue to rejoice in the birth of Christ our Saviour, let us pray for the grace to live through love in his presence. Thus, like John the Baptist in today’s Gospel, we can be witnesses to the light that enlightens the whole of creation. Upon each of you and your loved ones at home, I invoke God’s abundant blessings!

Ein herzliches Grüß Gott sage ich allen deutschsprachigen Pilgern und Besuchern. Der heutige zweite Sonntag nach Weihnachten stellt uns noch einmal das Geheimnis der Menschwerdung Gottes vor Augen: „Das Wort ist Fleisch geworden und hat unter uns gewohnt" (Joh 1,14). In Jesus Christus ist Gott wirklich der „Gott-mit-uns". Er ist in unsere Welt eingetreten, einer von uns geworden, um uns als seine Kinder am göttlichen Leben teilhaben zu lassen. Aus diesem Geschenk der Gegenwart und Gemeinschaft Gottes wollen wir leben und auch im neuen Jahr auf dem Weg des Guten voranschreiten. Der Herr segne euch alle!

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española que participan en esta oración mariana. El Evangelio de hoy nos recuerda el grandioso acontecimiento del misterio de la Navidad: la Palabra de Dios se hizo carne y acampó entre nosotros, para que podamos contemplar su gloria y ser hijos de Dios, si creemos en su nombre. En ese nombre se ha abierto hace pocos días en Santiago de Compostela la puerta del Año Santo, puerta por la que pasan desde hace muchos siglos multitud de peregrinos en busca de la luz de la fe y la gracia del perdón, tras contemplar el majestuoso «Pórtico de la Gloria» del templo que guarda una particular memoria del Apóstol Santiago el Mayor, en los extremos confines de Europa continental. Invito a todos a dejarse iluminar por Cristo, luz del mundo, y renacer así a la esperanza, a una nueva vida y a un mundo nuevo, lleno de paz y concordia. Feliz domingo.

Serdeczne pozdrowienie kieruję do Polaków. Dzisiejsza liturgia raz jeszcze przypomina, że odwieczne Słowo Boga stało się ciałem i zamieszkało pośród nas. Chrystus wszedł w naszą doczesność, aby wprowadzić ją w wieczność. Niech świadomość Jego stałej obecności w naszym życiu będzie źródłem pokoju i radości. Niech Pan wam błogosławi!

[Un cordiale saluto rivolgo ai polacchi. La liturgia odierna ancora una volta ci ricorda che l’eterno Verbo di Dio si fece carne e venne ad abitare tra noi. Cristo è entrato nella nostra quotidianità per introdurla nell’eternità. La consapevolezza della sua perenne presenza nella nostra vita sia la fonte della pace e della gioia. Il Signore vi benedica!]

Rivolgo infine un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai giovani e alle famiglie provenienti da Sogliano Cavour e da Collepasso, al gruppo di ministranti di Bellagio, ai ragazzi di Chiaramonti e a quelli che partecipano all’incontro organizzato dalle Suore del Bambino Gesù. Cari amici, la visita alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo accresca in ciascuno di voi la forza e la gioia della fede. A tutti auguro una serena domenica e un buon anno nuovo.
+PetaloNero+
00martedì 5 gennaio 2010 23:02
PARTECIPAZIONE DI FEDELI ALLE UDIENZE GENERALI ED AGLI INCONTRI IN VATICANO CON IL SANTO PADRE BENEDETTO XVI NEL CORSO DELL’ANNO 2009 - DATI STATISTICI



NOTA INTRODUTTIVA


Come ogni anno, la Prefettura della Casa Pontificia offre un quadro di dati sulla partecipazione dei fedeli agli incontri con il Santo Padre.
Per una corretta lettura occorre tenere presenti alcuni aspetti.
Anzitutto che si tratta di dati approssimativi, che risultano sia dalle formali richieste di partecipazione ad eventi e dai biglietti distribuiti, sia da stime sommarie dei fedeli presenti, come nel caso degli Angelus o delle grandi celebrazioni in Piazza San Pietro e nella Basilica.
Inoltre, mentre si osserva che le statistiche si riferiscono agli eventi che si sono verificati in Vaticano o a Castelgandolfo, va anche detto che vi sono state molte altre occasioni di incontro del Papa con un gran numero di fedeli in altri luoghi.
Fra queste vanno ricordate le visite alle parrocchie romane nel corso della Quaresima, le visite pastorali in Italia (Zone terremotate d’Abruzzo, Cassino, San Giovanni Rotondo, Viterbo, Brescia), gli incontri con fedeli in occasione della permanenza estiva in Valle d’Aosta. Infine, bisogna ricordare le visite pastorali all’estero (Camerun e Angola, Terra Santa, Repubblica Ceca), con le celebrazioni di Luanda, Nazareth e Brno, che sono quasi da considerare come eventi "storici" per il numero straordinariamente alto di fedeli, anche in considerazione delle circostanze e dei luoghi in cui si sono svolte.



PRESENZE DI FEDELI AD INCONTRI IN VATICANO CON IL SANTO PADRE BENEDETTO XVI NELL’ANNO 2009

Sono oltre due milioni e duecentomila i fedeli ed i pellegrini che hanno partecipato ad incontri pubblici con Papa Benedetto XVI in Vaticano o nella residenza di Castel Gandolfo nel corso dell’anno solare 2009.

Pubblichiamo di seguito i dati statistici forniti in merito dalla Prefettura della Casa Pontificia:


UDIENZE

GENERALI

(44)
UDIENZE

SPECIALI
CELEBRAZIONI

LITURGICHE
ANGELUS

GENNAIO
16.000
11.500
34.300
180.000

FEBBRAIO
28.000
27.500
500
120.000

MARZO
20.000
7.000
-----
120.000

APRILE
130.000
25.000
187.000
8.000

MAGGIO
54.000
11.000
21.000
90.000

GIUGNO
68.000
1.000
66.000
120.000

LUGLIO
22.000
1.500
500
60.000

AGOSTO
16.500
1.600
500
24.000

SETTEMBRE
45.000
200
6.000
8.000

OTTOBRE
71.000
13.200
72.000
90.000

NOVEMBRE
36.000
14.100
11.000
120.000

DICEMBRE
31.000
2.000
72.000
180.000

Sub-totale:
537.500
115.600
470.800
1.120.000

TOTALE: 2.243.900

+PetaloNero+
00martedì 5 gennaio 2010 23:03
RINUNCE E NOMINE



RINUNCIA DI AUSILIARE DELL’ARCIDIOCESI DI MÜNCHEN UND FREISING (GERMANIA) E NOMINA DEL SUCCESSORE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha accettato la rinuncia all’ufficio di Vescovo Ausiliare dell’arcidiocesi di München und Freising (Germania), presentata da S.E. Mons. Franz Dietl, in conformità ai canoni 411 e 401 §1 del Codice di Diritto Canonico.

Il Papa ha nominato Vescovo Ausiliare di München und Freising (Germania) il Rev.do Mons. Wolfgang Bischof, del clero della medesima arcidiocesi, Parroco regionale della zona pastorale Nord dell’arcidiocesi di München und Freising e Vicario del Capitolo Cattedrale, assegnandogli la sede titolare vescovile di Nebbi.

Rev.do Mons. Wolfgang Bischof
Mons. Bischof è nato il 6 novembre 1960 a Freising. Ha compiuto gli studi filosofici e teologici all’Università Ludovico-Massimiliano a München e presso l’Università di Innsbruck.
E’ stato ordinato sacerdote il 2 luglio 1988 per l’arcidiocesi di München und Freising.
Dal 1988 al 1991 ha svolto l’incarico di Vice-parroco a Miesbach e dal 1991 al 1993 a Holzkirchen.
Dal 1993 al 2008 è stato Parroco a Gröbenzell e Decano del Decanato di Fürstenfeldbruck.
Nel 2006 gli è stato conferito il titolo di Cappellano di Sua Santità.
Nel 2008 è stato nominato Parroco regionale per la zona pastorale Nord dell’arcidiocesi di München und Freising e Vicario del Capitolo della Cattedrale.



NOMINA DELL’AUSILIARE DELL’ARCIEPARCHIA DI ADDIS ABEBA (ETIOPIA)

Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare dell’Arcieparchia di Addis Abeba (Etiopia), con specifiche responsabilità pastorali per la zona di Bahir Dar, il Rev.do Abba Lisane-Christos Matheos Semahun, finora Protosincello dell’Arcieparchia di Addis Abeba, assegnandogli la sede titolare vescovile di Matara di Numidia.

Rev. Abba Lisane-Christos Matheos Semahun
Il Rev. Abba Lisane-Christos Matheos Semahun, è nato il 19 dicembre 1959 nella zona di Gurage presso Addis Abeba. Ha compiuto gli studi di Filosofia e Teologia al "St. Francis Institution for Philosophical and Theological Study" di Addis Abeba ed è stato ordinato sacerdote l’8 maggio 1988.
Ha conseguito la Licenza in Spiritualità all’Angelicum di Roma, dove ha anche seguito corsi di Musica sacra. E’ stato Cappellano eparchiale per la gioventù; Coordinatore pastorale dell’Arcieparchia e Segretario Generale del Segretariato Cattolico Arcieparchiale. Finora è Protosincello della medesima Arcieparchia. Conosce l’inglese, l’italiano e le lingue liturgiche tigrina-amarica.



NOMINA DI MEMBRI DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

Il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato Membri del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali gli Eccellentissimi Monsignori: Thomas Christopher Collins, Arcivescovo di Toronto (Canada); Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij, Arcivescovo di Bangkok (Thailandia); Béchara Raï, Vescovo di Jbeil, Byblos dei Maroniti (Libano); Héctor Luis Gutiérrez Pabón, Vescovo di Engativa (Colombia); Joan Piris Frigola, Vescovo di Lleida (Spagna).
+PetaloNero+
00mercoledì 6 gennaio 2010 23:13
CAPPELLA PAPALE NELLA SOLENNITÀ DELLA EPIFANIA DEL SIGNORE

Alle ore 10 di oggi, Solennità dell’Epifania del Signore, il Santo Padre Benedetto XVI celebra la Santa Messa nella Basilica Vaticana.
Riportiamo di seguito il testo dell’omelia che il Papa pronuncia dopo la proclamazione del Santo Vangelo e l’annunzio del giorno della Pasqua, che quest’anno si celebra il 4 aprile:


OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

Oggi, Solennità dell’Epifania, la grande luce che irradia dalla Grotta di Betlemme, attraverso i Magi provenienti da Oriente, inonda l’intera umanità. La prima lettura, tratta dal Libro del profeta Isaia, e il brano del Vangelo di Matteo, che abbiamo poc’anzi ascoltato, pongono l’una accanto all'altro la promessa e il suo adempimento, in quella particolare tensione che si riscontra quando si leggono di seguito brani dell’Antico e del Nuovo Testamento. Ecco apparire davanti a noi la splendida visione del profeta Isaia il quale, dopo le umiliazioni subite dal popolo di Israele da parte delle potenze di questo mondo, vede il momento in cui la grande luce di Dio, apparentemente senza potere e incapace di proteggere il suo popolo, sorgerà su tutta la terra, così che i re delle nazioni si inchineranno di fronte a lui, verranno da tutti i confini della terra e deporranno ai suoi piedi i loro tesori più preziosi. E il cuore del popolo fremerà di gioia.

Rispetto a tale visione, quella che ci presenta l’evangelista Matteo appare povera e dimessa: ci sembra impossibile riconoscervi l’adempimento delle parole del profeta Isaia. Infatti, arrivano a Betlemme non i potenti e i re della terra, ma dei Magi, personaggi sconosciuti, forse visti con sospetto, in ogni caso non degni di particolare attenzione. Gli abitanti di Gerusalemme sono informati dell'accaduto, ma non ritengono necessario scomodarsi, e neppure a Betlemme sembra che ci sia qualcuno che si curi della nascita di questo Bambino, chiamato dai Magi Re dei Giudei, o di questi uomini venuti dall’Oriente che vanno a farGli visita. Poco dopo, infatti, quando il re Erode farà capire chi effettivamente detiene il potere costringendo la Sacra Famiglia a fuggire in Egitto e offrendo una prova della sua crudeltà con la strage degli innocenti (cfr Mt 2,13-18), l'episodio dei Magi sembra essere cancellato e dimenticato. E’, quindi, comprensibile che il cuore e l'anima dei credenti di tutti i secoli siano attratti più dalla visione del profeta che non dal sobrio racconto dell'evangelista, come attestano anche le rappresentazioni di questa visita nei nostri presepi, dove appaiono i cammelli, i dromedari, i re potenti di questo mondo che si inginocchiano davanti al Bambino e depongono ai suoi piedi i loro doni in scrigni preziosi. Ma occorre prestare maggiore attenzione a ciò che i due testi ci comunicano.

In realtà, che cosa ha visto Isaia con il suo sguardo profetico? In un solo momento, egli scorge una realtà destinata a segnare tutta la storia. Ma anche l’evento che Matteo ci narra non è un breve episodio trascurabile, che si chiude con il ritorno frettoloso dei Magi nelle proprie terre. Al contrario, è un inizio. Quei personaggi provenienti dall'Oriente non sono gli ultimi, ma i primi della grande processione di coloro che, attraverso tutte le epoche della storia, sanno riconoscere il messaggio della stella, sanno camminare sulle strade indicate dalla Sacra Scrittura e sanno trovare, così, Colui che apparentemente è debole e fragile, ma che, invece, ha il potere di donare la gioia più grande e più profonda al cuore dell’uomo. In Lui, infatti, si manifesta la realtà stupenda che Dio ci conosce e ci è vicino, che la sua grandezza e potenza non si esprimono nella logica del mondo, ma nella logica di un bambino inerme, la cui forza è solo quella dell’amore che si affida a noi. Nel cammino della storia, ci sono sempre persone che vengono illuminate dalla luce della stella, che trovano la strada e giungono a Lui. Tutte vivono, ciascuna a proprio modo, l’esperienza stessa dei Magi.

Essi hanno portato oro, incenso e mirra. Non sono certamente doni che rispondono a necessità primarie o quotidiane. In quel momento la Sacra Famiglia avrebbe certamente avuto molto più bisogno di qualcosa di diverso dall’incenso e dalla mirra, e neppure l'oro poteva esserle immediatamente utile. Ma questi doni hanno un significato profondo: sono un atto di giustizia. Infatti, secondo la mentalità vigente a quel tempo in Oriente, rappresentano il riconoscimento di una persona come Dio e Re: sono, cioè, un atto di sottomissione. Vogliono dire che da quel momento i donatori appartengono al sovrano e riconoscono la sua autorità. La conseguenza che ne deriva è immediata. I Magi non possono più proseguire per la loro strada, non possono più tornare da Erode, non possono più essere alleati con quel sovrano potente e crudele. Sono stati condotti per sempre sulla strada del Bambino, quella che farà loro trascurare i grandi e i potenti di questo mondo e li porterà a Colui che ci aspetta fra i poveri, la strada dell'amore che solo può trasformare il mondo.

Non soltanto, quindi, i Magi si sono messi in cammino, ma da quel loro atto ha avuto inizio qualcosa di nuovo, è stata tracciata una nuova strada, è scesa sul mondo una nuova luce che non si è spenta. La visione del profeta si realizza: quella luce non può più essere ignorata nel mondo: gli uomini si muoveranno verso quel Bambino e saranno illuminati dalla gioia che solo Lui sa donare. La luce di Betlemme continua a risplendere in tutto il mondo. A quanti l’hanno accolta Sant’Agostino ricorda: "Anche noi, riconoscendo Cristo nostro re e sacerdote morto per noi, lo abbiamo onorato come se avessimo offerto oro, incenso e mirra; ci manca soltanto di testimoniarlo prendendo una via diversa da quella per la quale siamo venuti" (Sermo 202. In Epiphania Domini, 3,4).

Se dunque leggiamo assieme la promessa del profeta Isaia e il suo compimento nel Vangelo di Matteo nel grande contesto di tutta la storia, appare evidente che ciò che ci viene detto, e che nel presepio cerchiamo di riprodurre, non è un sogno e neppure un vano gioco di sensazioni e di emozioni, prive di vigore e di realtà, ma è la Verità che s'irradia nel mondo, anche se Erode sembra sempre essere più forte e quel Bambino sembra poter essere ricacciato tra coloro che non hanno importanza, o addirittura calpestato. Ma solamente in quel Bambino si manifesta la forza di Dio, che raduna gli uomini di tutti i secoli, perché sotto la sua signoria percorrano la strada dell’amore, che trasfigura il mondo. Tuttavia, anche se i pochi di Betlemme sono diventati molti, i credenti in Gesù Cristo sembrano essere sempre pochi. Molti hanno visto la stella, ma solo pochi ne hanno capito il messaggio. Gli studiosi della Scrittura del tempo di Gesù conoscevano perfettamente la parola di Dio. Erano in grado di dire senza alcuna difficoltà che cosa si poteva trovare in essa circa il luogo in cui il Messia sarebbe nato, ma, come dice sant'Agostino: "è successo loro come le pietre miliari (che indicano la strada): mentre hanno dato indicazioni ai viandanti in cammino, essi sono rimasti inerti e immobili" (Sermo 199. In Epiphania Domini, 1,2).

Possiamo allora chiederci: qual è la ragione per cui alcuni vedono e trovano e altri no? Che cosa apre gli occhi e il cuore? Che cosa manca a coloro che restano indifferenti, a coloro che indicano la strada ma non si muovono? Possiamo rispondere: la troppa sicurezza in se stessi, la pretesa di conoscere perfettamente la realtà, la presunzione di avere già formulato un giudizio definitivo sulle cose rendono chiusi ed insensibili i loro cuori alla novità di Dio. Sono sicuri dell’idea che si sono fatti del mondo e non si lasciano più sconvolgere nell'intimo dall'avventura di un Dio che li vuole incontrare. Ripongono la loro fiducia più in se stessi che in Lui e non ritengono possibile che Dio sia tanto grande da potersi fare piccolo, da potersi davvero avvicinare a noi.

Alla fine, quello che manca è l'umiltà autentica, che sa sottomettersi a ciò che è più grande, ma anche il coraggio autentico, che porta a credere a ciò che è veramente grande, anche se si manifesta in un Bambino inerme. Manca la capacità evangelica di essere bambini nel cuore, di stupirsi, e di uscire da sé per incamminarsi sulla strada che indica la stella, la strada di Dio. Il Signore però ha il potere di renderci capaci di vedere e di salvarci. Vogliamo, allora, chiedere a Lui di darci un cuore saggio e innocente, che ci consenta di vedere la stella della sua misericordia, di incamminarci sulla sua strada, per trovarlo ed essere inondati dalla grande luce e dalla vera gioia che egli ha portato in questo mondo. Amen!

Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 04:21.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com