Discorsi, omelie, udienze, angelus e altri documenti

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+PetaloNero+
00giovedì 18 giugno 2009 16:46
LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

S.E. il Sig. George Abela, Presidente di Malta, con la Consorte, e Seguito.

Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale del Venezuela, in Visita "ad Limina Apostolorum":
S.E. Mons. José Sotero Valero Ruz, Vescovo di Guanare;
S.E. Mons. Ramón José Aponte Fernández, Vescovo di Valle de la Pascua;
S.E. Mons. Jorge Anibal Quintero Chacón, Vescovo di Margarita;
S.E. Mons. Ramón José Viloria Pinzón, Vescovo di Puerto Cabello.

Il Papa riceve oggi in Udienza:
Sua Santità Abuna Paulos, Patriarca della Chiesa Ortodossa di Etiopia.




RINUNCE E NOMINE



RINUNCIA DELL’AUSILIARE DI MARIBOR (SLOVENIA)

Il Santo Padre Benedetto XVI ha accettato la rinuncia all'ufficio di Ausiliare dell’arcidiocesi di Maribor (Slovenia), presentata da S.E. Mons. Jožef Smej in conformità ai canoni 411 e 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.



NOMINA DEL VESCOVO DI TEXCOCO (MESSICO)

Il Papa ha nominato Vescovo di Texcoco (Messico) S.E. Mons. Juan Manuel Mancilla Sánchez, finora Vescovo di Ciudad Obregón.

S.E. Mons. Juan Manuel Mancilla Sánchez
S.E. Mons. Juan Manuel Mancilla Sánchez è nato nella località di Santo Domingo, arcidiocesi di San Luis Potosí, il 27 gennaio 1950. Ha compiuto gli studi ecclesiastici nel Seminario di San Luis Potosí; ha quindi ottenuto la Licenza in Sacra Scrittura al Pontificio Istituto Biblico di Roma e all’École Biblique di Gerusalemme.
È stato ordinato sacerdote il 1° luglio 1974. Tra altri incarichi, ha avuto quelli di Rettore del Seminario, Cancelliere della Curia, Canonico della Cattedrale e Responsabile per il settore diocesano della pastorale familiare.
Nominato Vescovo titolare di Repeti ed Ausiliare di Texcoco il 23 maggio 2001, è stato consacrato il 24 giugno 2001.
L’8 novembre 2005 è stato nominato Vescovo di Ciudad Obregón.



NOMINA DEL VESCOVO DI SALE (AUSTRALIA)

Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Sale (Australia) S.E. Mons. Christopher Prowse, finora Vescovo titolare di Baanna ed Ausiliare di Melbourne.

S.E. Mons. Christopher Prowse
S.E. Mons. Christopher Prowse è nato il 14 novembre 1953 in East Melbourne (Victoria). Ha compiuto gli studi ecclesiastici nel Seminario Maggiore di Melbourne, "Corpus Christi College".
E’ stato ordinato sacerdote per l’arcidiocesi di Melbourne il 16 agosto 1980.
Dopo aver esercitato il ministero come vicario coadiutore nella parrocchia di Geelong (1980-1984) e come Direttore Diocesano per le Vocazioni (1984-1985), è stato inviato a Roma, dove ha conseguito la licenza in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana (1986-1988).
Rientrato in diocesi, è stato nominato Parroco di East Thornbury (1989-1993). Nel 1993 a Roma ha ottenuto la laurea in Teologia Morale presso l’Istituto Alfonsianum (1993-1995). E’ stato poi nominato Direttore della Formazione Pastorale (1996-1997) e, quindi, portavoce dell’arcidiocesi di Melbourne per i Mass Media (1997-2001). Dal 2001 è stato Vicario Generale dell’arcidiocesi, fino alla sua nomina a Vescovo Ausiliare della medesima arcidiocesi, il 4 aprile 2004.
In seno alla Conferenza Episcopale dell’Australia, è membro della Commissione per la Dottrina della Fede e della Morale ed anche della Commissione per i Rapporti con gli Aborigeni e per i Nativi delle Isole di Torres Straits.



NOMINA DEL NUNZIO APOSTOLICO IN BELGIO

Il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato Nunzio Apostolico in Belgio S.E. Mons. Giacinto Berloco, Arcivescovo titolare di Fidene, finora Nunzio Apostolico in Venezuela.


+PetaloNero+
00giovedì 18 giugno 2009 16:47
LETTERA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA PROCLAMAZIONE DI UN ANNO SACERDOTALE IN OCCASIONE DEL 150° ANNIVERSARIO DEL DIES NATALIS DEL SANTO CURATO D’ARS

Pubblichiamo di seguito la Lettera che il Santo Padre Benedetto XVI indirizza ai presbiteri per l’apertura dell’ "Anno Sacerdotale", da lui proclamato in occasione del 150° anniversario della morte (il dies natalis) di San Giovanni Maria Vianney, Curato d’Ars:



Cari fratelli nel Sacerdozio,

nella prossima solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, venerdì 19 giugno 2009 – giornata tradizionalmente dedicata alla preghiera per la santificazione del clero –, ho pensato di indire ufficialmente un “Anno Sacerdotale” in occasione del 150° anniversario del “dies natalis” di Giovanni Maria Vianney, il Santo Patrono di tutti i parroci del mondo.1 Tale anno, che vuole contribuire a promuovere l’impegno d’interiore rinnovamento di tutti i sacerdoti per una loro più forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi, si concluderà nella stessa solennità del 2010. “Il Sacerdozio è l'amore del cuore di Gesù”, soleva dire il Santo Curato d’Ars.2 Questa toccante espressione ci permette anzitutto di evocare con tenerezza e riconoscenza l’immenso dono che i sacerdoti costituiscono non solo per la Chiesa, ma anche per la stessa umanità. Penso a tutti quei presbiteri che offrono ai fedeli cristiani e al mondo intero l’umile e quotidiana proposta delle parole e dei gesti di Cristo, cercando di aderire a Lui con i pensieri, la volontà, i sentimenti e lo stile di tutta la propria esistenza. Come non sottolineare le loro fatiche apostoliche, il loro servizio infaticabile e nascosto, la loro carità tendenzialmente universale? E che dire della fedeltà coraggiosa di tanti sacerdoti che, pur tra difficoltà e incomprensioni, restano fedeli alla loro vocazione: quella di “amici di Cristo”, da Lui particolarmente chiamati, prescelti e inviati?

Io stesso porto ancora nel cuore il ricordo del primo parroco accanto al quale esercitai il mio ministero di giovane prete: egli mi lasciò l’esempio di una dedizione senza riserve al proprio servizio pastorale, fino a trovare la morte nell’atto stesso in cui portava il viatico a un malato grave. Tornano poi alla mia memoria gli innumerevoli confratelli che ho incontrato e che continuo ad incontrare, anche durante i miei viaggi pastorali nelle diverse nazioni, generosamente impegnati nel quotidiano esercizio del loro ministero sacerdotale. Ma l’espressione usata dal Santo Curato evoca anche la trafittura del Cuore di Cristo e la corona di spine che lo avvolge. Il pensiero va, di conseguenza, alle innumerevoli situazioni di sofferenza in cui molti sacerdoti sono coinvolti, sia perché partecipi dell’esperienza umana del dolore nella molteplicità del suo manifestarsi, sia perché incompresi dagli stessi destinatari del loro ministero: come non ricordare i tanti sacerdoti offesi nella loro dignità, impediti nella loro missione, a volte anche perseguitati fino alla suprema testimonianza del sangue?

Ci sono, purtroppo, anche situazioni, mai abbastanza deplorate, in cui è la Chiesa stessa a soffrire per l’infedeltà di alcuni suoi ministri. È il mondo a trarne allora motivo di scandalo e di rifiuto. Ciò che massimamente può giovare in tali casi alla Chiesa non è tanto la puntigliosa rilevazione delle debolezze dei suoi ministri, quanto una rinnovata e lieta coscienza della grandezza del dono di Dio, concretizzato in splendide figure di generosi Pastori, di Religiosi ardenti di amore per Dio e per le anime, di Direttori spirituali illuminati e pazienti. A questo proposito, gli insegnamenti e gli esempi di san Giovanni Maria Vianney possono offrire a tutti un significativo punto di riferimento: il Curato d’Ars era umilissimo, ma consapevole, in quanto prete, d’essere un dono immenso per la sua gente: “Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che il buon Dio possa accordare ad una parrocchia e uno dei doni più preziosi della misericordia divina”.3 Parlava del sacerdozio come se non riuscisse a capacitarsi della grandezza del dono e del compito affidati ad una creatura umana: “Oh come il prete è grande!... Se egli si comprendesse, morirebbe... Dio gli obbedisce: egli pronuncia due parole e Nostro Signore scende dal cielo alla sua voce e si rinchiude in una piccola ostia...”.4 E spiegando ai suoi fedeli l’importanza dei sacramenti diceva: “Tolto il sacramento dell'Ordine, noi non avremmo il Signore. Chi lo ha riposto là in quel tabernacolo? Il sacerdote. Chi ha accolto la vostra anima al primo entrare nella vita? Il sacerdote. Chi la nutre per darle la forza di compiere il suo pellegrinaggio? Il sacerdote. Chi la preparerà a comparire innanzi a Dio, lavandola per l'ultima volta nel sangue di Gesù Cristo? Il sacerdote, sempre il sacerdote. E se quest'anima viene a morire [per il peccato], chi la risusciterà, chi le renderà la calma e la pace? Ancora il sacerdote... Dopo Dio, il sacerdote è tutto!... Lui stesso non si capirà bene che in cielo”.5 Queste affermazioni, nate dal cuore sacerdotale del santo parroco, possono apparire eccessive. In esse, tuttavia, si rivela l’altissima considerazione in cui egli teneva il sacramento del sacerdozio. Sembrava sopraffatto da uno sconfinato senso di responsabilità: “Se comprendessimo bene che cos’è un prete sulla terra, moriremmo: non di spavento, ma di amore... Senza il prete la morte e la passione di Nostro Signore non servirebbero a niente. È il prete che continua l’opera della Redenzione sulla terra... Che ci gioverebbe una casa piena d’oro se non ci fosse nessuno che ce ne apre la porta? Il prete possiede la chiave dei tesori celesti: è lui che apre la porta; egli è l’economo del buon Dio; l’amministratore dei suoi beni... Lasciate una parrocchia, per vent’anni, senza prete, vi si adoreranno le bestie... Il prete non è prete per sé, lo è per voi”.6

Era giunto ad Ars, un piccolo villaggio di 230 abitanti, preavvertito dal Vescovo che avrebbe trovato una situazione religiosamente precaria: “Non c'è molto amor di Dio in quella parrocchia; voi ce ne metterete”. Era, di conseguenza, pienamente consapevole che doveva andarvi ad incarnare la presenza di Cristo, testimoniandone la tenerezza salvifica: “[Mio Dio], accordatemi la conversione della mia parrocchia; accetto di soffrire tutto quello che vorrete per tutto il tempo della mia vita!”, fu con questa preghiera che iniziò la sua missione.7 Alla conversione della sua parrocchia il Santo Curato si dedicò con tutte le sue energie, ponendo in cima ad ogni suo pensiero la formazione cristiana del popolo a lui affidato. Cari fratelli nel Sacerdozio, chiediamo al Signore Gesù la grazia di poter apprendere anche noi il metodo pastorale di san Giovanni Maria Vianney! Ciò che per prima cosa dobbiamo imparare è la sua totale identificazione col proprio ministero. In Gesù, Persona e Missione tendono a coincidere: tutta la sua azione salvifica era ed è espressione del suo “Io filiale” che, da tutta l’eternità, sta davanti al Padre in atteggiamento di amorosa sottomissione alla sua volontà. Con umile ma vera analogia, anche il sacerdote deve anelare a questa identificazione. Non si tratta certo di dimenticare che l’efficacia sostanziale del ministero resta indipendente dalla santità del ministro; ma non si può neppure trascurare la straordinaria fruttuosità generata dall’incontro tra la santità oggettiva del ministero e quella soggettiva del ministro. Il Curato d’Ars iniziò subito quest’umile e paziente lavoro di armonizzazione tra la sua vita di ministro e la santità del ministero a lui affidato, decidendo di “abitare” perfino materialmente nella sua chiesa parrocchiale: “Appena arrivato egli scelse la chiesa a sua dimora... Entrava in chiesa prima dell’aurora e non ne usciva che dopo l’Angelus della sera. Là si doveva cercarlo quando si aveva bisogno di lui”, si legge nella prima biografia.8

L’esagerazione devota del pio agiografo non deve farci trascurare il fatto che il Santo Curato seppe anche “abitare” attivamente in tutto il territorio della sua parrocchia: visitava sistematicamente gli ammalati e le famiglie; organizzava missioni popolari e feste patronali; raccoglieva ed amministrava denaro per le sue opere caritative e missionarie; abbelliva la sua chiesa e la dotava di arredi sacri; si occupava delle orfanelle della “Providence” (un istituto da lui fondato) e delle loro educatrici; si interessava dell’istruzione dei bambini; fondava confraternite e chiamava i laici a collaborare con lui.

Il suo esempio mi induce a evidenziare gli spazi di collaborazione che è doveroso estendere sempre più ai fedeli laici, coi quali i presbiteri formano l’unico popolo sacerdotale9 e in mezzo ai quali, in virtù del sacerdozio ministeriale, si trovano “per condurre tutti all’unità della carità, ‘amandosi l’un l’altro con la carità fraterna, prevenendosi a vicenda nella deferenza’ (Rm 12,10)”.10È da ricordare, in questo contesto, il caloroso invito con il quale il Concilio Vaticano II incoraggia i presbiteri a “riconoscere e promuovere sinceramente la dignità dei laici, nonché il loro ruolo specifico nell’ambito della missione della Chiesa… Siano pronti ad ascoltare il parere dei laici, considerando con interesse fraterno le loro aspirazioni e giovandosi della loro esperienza e competenza nei diversi campi dell’attività umana, in modo da poter insieme a loro riconoscere i segni dei tempi”.11

Ai suoi parrocchiani il Santo Curato insegnava soprattutto con la testimonianza della vita. Dal suo esempio i fedeli imparavano a pregare, sostando volentieri davanti al tabernacolo per una visita a Gesù Eucaristia.12 “Non c’è bisogno di parlar molto per ben pregare” – spiegava loro il Curato - “Si sa che Gesù è là, nel santo tabernacolo: apriamogli il nostro cuore, rallegriamoci della sua santa presenza. È questa la migliore preghiera”.13 Ed esortava: “Venite alla comunione, fratelli miei, venite da Gesù. Venite a vivere di Lui per poter vivere con Lui...14 “È vero che non ne siete degni, ma ne avete bisogno!”.15 Tale educazione dei fedeli alla presenza eucaristica e alla comunione acquistava un’efficacia particolarissima, quando i fedeli lo vedevano celebrare il Santo Sacrificio della Messa. Chi vi assisteva diceva che “non era possibile trovare una figura che meglio esprimesse l’adorazione... Contemplava l’Ostia amorosamente”.16 “Tutte le buone opere riunite non equivalgono al sacrificio della Messa, perché quelle sono opere di uomini, mentre la Santa Messa è opera di Dio»,17 diceva. Era convinto che dalla Messa dipendesse tutto il fervore della vita di un prete: «La causa della rilassatezza del sacerdote è che non fa attenzione alla Messa! Mio Dio, come è da compiangere un prete che celebra come se facesse una cosa ordinaria!”.18 Ed aveva preso l’abitudine di offrire sempre, celebrando, anche il sacrificio della propria vita: “Come fa bene un prete ad offrirsi a Dio in sacrificio tutte le mattine!”.19

Questa immedesimazione personale al Sacrificio della Croce lo conduceva – con un solo movimento interiore – dall’altare al confessionale. I sacerdoti non dovrebbero mai rassegnarsi a vedere deserti i loro confessionali né limitarsi a constatare la disaffezione dei fedeli nei riguardi di questo sacramento. Al tempo del Santo Curato, in Francia, la confessione non era né più facile, né più frequente che ai nostri giorni, dato che la tormenta rivoluzionaria aveva soffocato a lungo la pratica religiosa. Ma egli cercò in ogni modo, con la predicazione e con il consiglio persuasivo, di far riscoprire ai suoi parrocchiani il significato e la bellezza della Penitenza sacramentale, mostrandola come un’esigenza intima della Presenza eucaristica. Seppe così dare il via a un circolo virtuoso. Con le lunghe permanenze in chiesa davanti al tabernacolo fece sì che i fedeli cominciassero ad imitarlo, recandovisi per visitare Gesù, e fossero, al tempo stesso, sicuri di trovarvi il loro parroco, disponibile all’ascolto e al perdono. In seguito, fu la folla crescente dei penitenti, provenienti da tutta la Francia, a trattenerlo nel confessionale fino a 16 ore al giorno. Si diceva allora che Ars era diventata “il grande ospedale delle anime”.20 “La grazia che egli otteneva [per la conversione dei peccatori] era sì forte che essa andava a cercarli senza lasciar loro un momento di tregua!”, dice il primo biografo.21 Il Santo Curato non la pensava diversamente, quando diceva: “Non è il peccatore che ritorna a Dio per domandargli perdono, ma è Dio stesso che corre dietro al peccatore e lo fa tornare a Lui”.22 “Questo buon Salvatore è così colmo d’amore che ci cerca dappertutto”.23

Tutti noi sacerdoti dovremmo sentire che ci riguardano personalmente quelle parole che egli metteva in bocca a Cristo: “Incaricherò i miei ministri di annunciare ai peccatori che sono sempre pronto a riceverli, che la mia misericordia è infinita”.24 Dal Santo Curato d’Ars noi sacerdoti possiamo imparare non solo un’inesauribile fiducia nel sacramento della Penitenza che ci spinga a rimetterlo al centro delle nostre preoccupazioni pastorali, ma anche il metodo del “dialogo di salvezza” che in esso si deve svolgere. Il Curato d’Ars aveva una maniera diversa di atteggiarsi con i vari penitenti. Chi veniva al suo confessionale attratto da un intimo e umile bisogno del perdono di Dio, trovava in lui l’incoraggiamento ad immergersi nel “torrente della divina misericordia” che trascina via tutto nel suo impeto. E se qualcuno era afflitto al pensiero della propria debolezza e incostanza, timoroso di future ricadute, il Curato gli rivelava il segreto di Dio con un’espressione di toccante bellezza: “Il buon Dio sa tutto. Prima ancora che voi vi confessiate, sa già che peccherete ancora e tuttavia vi perdona. Come è grande l’amore del nostro Dio che si spinge fino a dimenticare volontariamente l’avvenire, pur di perdonarci!”.25 A chi, invece, si accusava in maniera tiepida e quasi indifferente, offriva, attraverso le sue stesse lacrime, la seria e sofferta evidenza di quanto quell’atteggiamento fosse “abominevole”: “Piango perché voi non piangete”,26 diceva. “Se almeno il Signore non fosse così buono! Ma è così buono! Bisogna essere barbari a comportarsi così davanti a un Padre così buono!”.27 Faceva nascere il pentimento nel cuore dei tiepidi, costringendoli a vedere, con i propri occhi, la sofferenza di Dio per i peccati quasi “incarnata” nel volto del prete che li confessava. A chi, invece, si presentava già desideroso e capace di una più profonda vita spirituale, spalancava le profondità dell’amore, spiegando l’indicibile bellezza di poter vivere uniti a Dio e alla sua presenza: “Tutto sotto gli occhi di Dio, tutto con Dio, tutto per piacere a Dio... Com’è bello!”.28 E insegnava loro a pregare: “Mio Dio, fammi la grazia di amarti tanto quanto è possibile che io t’ami”.29

Il Curato d’Ars, nel suo tempo, ha saputo trasformare il cuore e la vita di tante persone, perché è riuscito a far loro percepire l’amore misericordioso del Signore. Urge anche nel nostro tempo un simile annuncio e una simile testimonianza della verità dell’Amore: Deus caritas est (1 Gv 4,8). Con la Parola e con i Sacramenti del suo Gesù, Giovanni Maria Vianney sapeva edificare il suo popolo, anche se spesso fremeva convinto della sua personale inadeguatezza, al punto da desiderare più volte di sottrarsi alle responsabilità del ministero parrocchiale di cui si sentiva indegno. Tuttavia con esemplare obbedienza restò sempre al suo posto, perché lo divorava la passione apostolica per la salvezza delle anime. Cercava di aderire totalmente alla propria vocazione e missione mediante un’ascesi severa: “La grande sventura per noi parroci - deplorava il Santo - è che l’anima si intorpidisce”30; ed intendeva con questo un pericoloso assuefarsi del pastore allo stato di peccato o di indifferenza in cui vivono tante sue pecorelle. Egli teneva a freno il corpo, con veglie e digiuni, per evitare che opponesse resistenze alla sua anima sacerdotale. E non rifuggiva dal mortificare se stesso a bene delle anime che gli erano affidate e per contribuire all’espiazione dei tanti peccati ascoltati in confessione. Spiegava ad un confratello sacerdote: “Vi dirò qual è la mia ricetta: dò ai peccatori una penitenza piccola e il resto lo faccio io al loro posto”.31 Al di là delle concrete penitenze a cui il Curato d’Ars si sottoponeva, resta comunque valido per tutti il nucleo del suo insegnamento: le anime costano il sangue di Gesù e il sacerdote non può dedicarsi alla loro salvezza se rifiuta di partecipare personalmente al “caro prezzo” della redenzione.

Nel mondo di oggi, come nei difficili tempi del Curato d’Ars, occorre che i presbiteri nella loro vita e azione si distinguano per una forte testimonianza evangelica. Ha giustamente osservato Paolo VI: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni”.32 Perché non nasca un vuoto esistenziale in noi e non sia compromessa l’efficacia del nostro ministero, occorre che ci interroghiamo sempre di nuovo: “Siamo veramente pervasi dalla Parola di Dio? È vero che essa è il nutrimento di cui viviamo, più di quanto lo siano il pane e le cose di questo mondo? La conosciamo davvero? La amiamo? Ci occupiamo interiormente di questa Parola al punto che essa realmente dia un’impronta alla nostra vita e formi il nostro pensiero?”.33 Come Gesù chiamò i Dodici perché stessero con Lui (cfr Mc 3,14) e solo dopo li mandò a predicare, così anche ai giorni nostri i sacerdoti sono chiamati ad assimilare quel “nuovo stile di vita” che è stato inaugurato dal Signore Gesù ed è stato fatto proprio dagli Apostoli.34

Fu proprio l’adesione senza riserve a questo “nuovo stile di vita” che caratterizzò l’impegno ministeriale del Curato d’Ars. Il Papa Giovanni XXIII nella Lettera enciclica Sacerdotii nostri primordia, pubblicata nel 1959, primo centenario della morte di san Giovanni Maria Vianney, ne presentava la fisionomia ascetica con particolare riferimento al tema dei “tre consigli evangelici”, giudicati necessari anche per i presbiteri: “Se, per raggiungere questa santità di vita, la pratica dei consigli evangelici non è imposta al sacerdote in virtù dello stato clericale, essa si presenta nondimeno a lui, come a tutti i discepoli del Signore, come la via regolare della santificazione cristiana”.35 Il Curato d’Ars seppe vivere i “consigli evangelici” nelle modalità adatte alla sua condizione di presbitero. La sua povertà, infatti, non fu quella di un religioso o di un monaco, ma quella richiesta ad un prete: pur maneggiando molto denaro (dato che i pellegrini più facoltosi non mancavano di interessarsi alle sue opere di carità), egli sapeva che tutto era donato alla sua chiesa, ai suoi poveri, ai suoi orfanelli, alle ragazze della sua “Providence”,36alle sue famiglie più disagiate. Perciò egli “era ricco per dare agli altri ed era molto povero per se stesso”.37Spiegava: “Il mio segreto è semplice: dare tutto e non conservare niente”.38 Quando si trovava con le mani vuote, ai poveri che si rivolgevano a lui diceva contento: “Oggi sono povero come voi, sono uno dei vostri”.39 Così, alla fine della vita, poté affermare con assoluta serenità: “Non ho più niente. Il buon Dio ora può chiamarmi quando vuole!”.40 Anche la sua castità era quella richiesta a un prete per il suo ministero. Si può dire che era la castità conveniente a chi deve toccare abitualmente l’Eucaristia e abitualmente la guarda con tutto il trasporto del cuore e con lo stesso trasporto la dona ai suoi fedeli. Dicevano di lui che “la castità brillava nel suo sguardo”, e i fedeli se ne accorgevano quando egli si volgeva a guardare il tabernacolo con gli occhi di un innamorato.41 Anche l’obbedienza di san Giovanni Maria Vianney fu tutta incarnata nella sofferta adesione alle quotidiane esigenze del suo ministero. È noto quanto egli fosse tormentato dal pensiero della propria inadeguatezza al ministero parrocchiale e dal desiderio di fuggire “a piangere la sua povera vita, in solitudine”.42 Solo l’obbedienza e la passione per le anime riuscivano a convincerlo a restare al suo posto. A se stesso e ai suoi fedeli spiegava: “Non ci sono due maniere buone di servire Dio. Ce n’è una sola: servirlo come lui vuole essere servito”.43 La regola d’oro per una vita obbediente gli sembrava questa: “Fare solo ciò che può essere offerto al buon Dio”.44

Nel contesto della spiritualità alimentata dalla pratica dei consigli evangelici, mi è caro rivolgere ai sacerdoti, in quest’Anno a loro dedicato, un particolare invito a saper cogliere la nuova primavera che lo Spirito sta suscitando ai giorni nostri nella Chiesa, non per ultimo attraverso i Movimenti ecclesiali e le nuove Comunità. “Lo Spirito nei suoi doni è multiforme… Egli soffia dove vuole. Lo fa in modo inaspettato, in luoghi inaspettati e in forme prima non immaginate… ma ci dimostra anche che Egli opera in vista dell’unico Corpo e nell’unità dell’unico Corpo”.45 A questo proposito, vale l’indicazione del Decreto Presbyterorum ordinis: “Sapendo discernere quali spiriti abbiano origine da Dio, (i presbiteri) devono scoprire con senso di fede i carismi, sia umili che eccelsi, che sotto molteplici forme sono concessi ai laici, devono ammetterli con gioia e fomentarli con diligenza”.46 Tali doni che spingono non pochi a una vita spirituale più elevata, possono giovare non solo per i fedeli laici ma per gli stessi ministri. Dalla comunione tra ministri ordinati e carismi, infatti, può scaturire “un valido impulso per un rinnovato impegno della Chiesa nell’annuncio e nella testimonianza del Vangelo della speranza e della carità in ogni angolo del mondo”.47 Vorrei inoltre aggiungere, sulla scorta dell’Esortazione apostolica Pastores dabo vobis del Papa Giovanni Paolo II, che il ministero ordinato ha una radicale ‘forma comunitaria’ e può essere assolto solo nella comunione dei presbiteri con il loro Vescovo.48 Occorre che questa comunione fra i sacerdoti e col proprio Vescovo, basata sul sacramento dell’Ordine e manifestata nella concelebrazione eucaristica, si traduca nelle diverse forme concrete di una fraternità sacerdotale effettiva ed affettiva.49 Solo così i sacerdoti sapranno vivere in pienezza il dono del celibato e saranno capaci di far fiorire comunità cristiane nelle quali si ripetano i prodigi della prima predicazione del Vangelo.

L’Anno Paolino che volge al termine orienta il nostro pensiero anche verso l’Apostolo delle genti, nel quale rifulge davanti ai nostri occhi uno splendido modello di sacerdote, totalmente “donato” al suo ministero. “L’amore del Cristo ci possiede – egli scriveva – e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti” (2 Cor 5,14). Ed aggiungeva: “Egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro” (2 Cor. 5,15). Quale programma migliore potrebbe essere proposto ad un sacerdote impegnato ad avanzare sulla strada delle perfezione cristiana?

Cari sacerdoti, la celebrazione del 150.mo anniversario della morte di san Giovanni Maria Vianney (1859) segue immediatamente le celebrazioni appena concluse del 150.mo anniversario delle apparizioni di Lourdes (1858). Già nel 1959 il beato Papa Giovanni XXIII aveva osservato: “Poco prima che il Curato d'Ars concludesse la sua lunga carriera piena di meriti, la Vergine Immacolata era apparsa, in un’altra regione di Francia, ad una fanciulla umile e pura, per trasmetterle un messaggio di preghiera e di penitenza, di cui è ben nota, da un secolo, l'immensa risonanza spirituale. In realtà la vita del santo sacerdote, di cui celebriamo il ricordo, era in anticipo un’illustrazione vivente delle grandi verità soprannaturali insegnate alla veggente di Massabielle. Egli stesso aveva per l'Immacolata Concezione della Santissima Vergine una vivissima devozione, lui che nel 1836 aveva consacrato la sua parrocchia a Maria concepita senza peccato, e doveva accogliere con tanta fede e gioia la definizione dogmatica del 1854”.50 Il Santo Curato ricordava sempre ai suoi fedeli che “Gesù Cristo dopo averci dato tutto quello che ci poteva dare, vuole ancora farci eredi di quanto egli ha di più prezioso, vale a dire della sua Santa Madre”.51Alla Vergine Santissima affido questo Anno Sacerdotale, chiedendole di suscitare nell’animo di ogni presbitero un generoso rilancio di quegli ideali di totale donazione a Cristo ed alla Chiesa che ispirarono il pensiero e l’azione del Santo Curato d’Ars. Con la sua fervente vita di preghiera e il suo appassionato amore a Gesù crocifisso Giovanni Maria Vianney alimentò la sua quotidiana donazione senza riserve a Dio e alla Chiesa. Possa il suo esempio suscitare nei sacerdoti quella testimonianza di unità con il Vescovo, tra loro e con i laici che è, oggi come sempre, tanto necessaria. Nonostante il male che vi è nel mondo, risuona sempre attuale la parola di Cristo ai suoi Apostoli nel Cenacolo: “Nel mondo avrete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo” (Gv 16,33). La fede nel Maestro divino ci dà la forza per guardare con fiducia al futuro. Cari sacerdoti, Cristo conta su di voi. Sull’esempio del Santo Curato d’Ars, lasciatevi conquistare da Lui e sarete anche voi, nel mondo di oggi, messaggeri di speranza, di riconciliazione, di pace!

Con la mia benedizione.

Dal Vaticano, 16 giugno 2009

BENEDICTUS PP. XVI



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1 Tale lo ha proclamato il Sommo Pontefice Pio XI nel 1929.
2 “Le Sacerdoce, c’est l’amour du cœur de Jésus” (in Le curé d’Ars. Sa pensée - Son cœur. Présentés par l’Abbé Bernard Nodet, éd. Xavier Mappus, Foi Vivante, 1966, p. 98). In seguito:Nodet. L’espressione è citata anche nel Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1589.
3 Nodet, p. 101
4 Ibid., p. 97.
5 Ibid., pp. 98-99.
6 Ibid., pp. 98-100.
7 Ibid., 183.
8 Monnin A.,Il Curato d’Ars. Vita di Gian-Battista-Maria Vianney, vol. I, ed. Marietti, Torino 1870, p. 122.
9 Cfr Lumen gentium, 10.
10 Presbyterorum ordinis, 9.
11 Ibid.
12 «La contemplazione è sguardo di fede fissato su Gesù. “Io lo guardo ed egli mi guarda”, diceva, al suo santo Curato, il contadino d'Ars in preghiera davanti al Tabernacolo» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2715)
13 Nodet, p. 85.
14 Ibid., p. 114.
15 Ibid., p. 119.
16 Monnin A., o.c., II, pp. 430ss.
17 Nodet, p. 105.
18 Ibid., p. 105.
19 Ibid., p. 104.
20 Monnin A., o. c., II, p. 293.
21 Ibid., II, p. 10.
22 Nodet, p. 128.
23 Ibid., p. 50.
24 Ibid., p. 131.
25 Ibid., p. 130.
26 Ibid., p. 27.
27 Ibid., p. 139.
28 Ibid., p. 28.
29 Ibid., p. 77.
30 Ibid., p. 102.
31 Ibid., p. 189.
32 Evangelii nuntiandi, 41.
33 Benedetto XVI, Omelia nella Messa del S. Crisma, 9.4.2009.
34 Cfr Benedetto XVI, Discorso all’Assemblea plenaria della Congregazione del Clero, 16.3.2009.
35 P.I.
36 Nome che diede alla casa dove fece accogliere e educare più di 60 ragazze abbandonate. Per mantenerla era disposto a tutto: “J’ai fait tous les commerces imaginables”, diceva sorridendo (Nodet, p. 214)
37 Nodet,p. 216.
38 Ibid., p. 215.
39 Ibid., p. 216.
40 Ibid., p. 214.
41 Cfr Ibid., p. 112.
42 Cfr Ibid., pp. 82-84; 102-103.
43 Ibid., p. 75.
44 Ibid., p. 76.
45 Benedetto XVI, Omelia nella Veglia di Pentecoste, 3.6. 2006.
46 N. 9.
47 Benedetto XVI, Discorso ai Vescovi amici del Movimento dei Focolari e della Comunità di Sant’Egidio, 8.2.2007.
48 Cfr n. 17.
49 Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. Pastores dabo vobis, 74.
50 Lettera enc. Sacerdotii nostri primordia, P. III.
51 Nodet, p. 244.
+PetaloNero+
00venerdì 19 giugno 2009 16:26
LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:
Em.mo Card. Zenon Grocholewski, Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica (dei Seminari e degli Istituti di Studi).

Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale del Venezuela, in Visita "ad Limina Apostolorum":
S.E. Mons. José de la Trinidad Valera Angulo, Vescovo di La Guaira;
S.E. Mons. William Enrique Delgado Silva, Vescovo di Cabimas;
S.E. Mons. José Hernán Sánchez Porras, Ordinario Militare.

Il Papa riceve oggi in Udienza:
Sua Beatitudine Ignace Youssif III Younan, Patriarca di Antiochia dei Siri, e Seguito.
S.E. il Signor Gerónimo Narváez Torres, Ambasciatore di Paraguay in visita di congedo.



RINUNCE E NOMINE



RINUNCIA DEL VESCOVO DI SORA-AQUINO-PONTECORVO (ITALIA) E NOMINA DEL SUCCESSORE

Il Santo Padre Benedetto XV ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Sora-Aquino-Pontecorvo (Italia), presentata da S.E. Mons. Luca Brandolini, in conformità al can. 401 §1 del Codice di Diritto Canonico.

Il Papa ha nominato Vescovo della diocesi di Sora-Aquino-Pontecorvo (Italia) S.E. Mons. Filippo Iannone, O. Carm., finora Vescovo titolare di Nebbi ed Ausiliare dell’arcidiocesi di Napoli.

S.E. Mons. Filippo Iannone
S.E. Mons. Filippo Iannone è nato a Napoli il 13 dicembre 1957. È entrato nell’Ordine dei Carmelitani dopo gli studi liceali, il 1° agosto 1976. Ha fatto il noviziato presso la comunità dei SS. Silvestro e Martino in Roma e lo studentato presso la comunità del Carmine Maggiore in Napoli.
Ha compiuto gli studi teologici alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, conseguendo il Baccalaureato in Teologia e, in seguito, alla Pontificia Università Lateranense, presso la quale ha ottenuto il Dottorato in Utroque Iure.
Dopo il corso del Tribunale della Sacra Romana Rota ha avuto il Diploma di Avvocato Rotale. Ha emesso la Prima Professione, come carmelitano, il 1° ottobre 1977 e la Professione Solenne il 15 ottobre 1980. È stato ordinato sacerdote il 26 giugno 1982.
Nell’Ordine Carmelitano ha ricoperto gli incarichi di Economo Commissariale, dal 1985 al 1988; Economo Nazionale, dal 1988 al 1991; Consigliere Commissariale, dal 1988 al 1994 e Presidente della Commissione per la Revisione delle Costituzioni, dal 1989 al 1995. Nell’arcidiocesi di Napoli ha svolto i seguenti uffici: Difensore del Vincolo del Tribunale Regionale Campano, dal 1987 al 1990; Vicario Giudiziale Aggiunto del Tribunale Diocesano di Napoli, dal 1990 al 1994; Vicario Episcopale per la IV zona pastorale, dal 1994 al 1996 e Pro Vicario Generale, dal 1996 al 2001.
È stato Docente di Diritto Canonico, in qualità di Professore associato, nella Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale. Ha tenuto corsi, come Professore invitato, presso alcuni Istituti Superiori di Scienze Religiose e presso la Scuola di Specializzazione in Diritto Ecclesiastico e Canonico della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi Federico II di Napoli.
Eletto alla Chiesa titolare di Nebbi e nominato Vescovo Ausiliare di Napoli il 12 aprile 2001, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 26 maggio dello stesso anno.
Attualmente è Consultore della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Membro del Consiglio per gli Affari giuridici e Presidente del Comitato per l’edilizia di culto della Conferenza Episcopale Italiana.



RINUNCIA DEL VICARIO APOSTOLICO DI ILES ST. PIERRE-ET-MIQUELON (DÉPARTEMENT D’OUTRE-MER/FRANCE) E NOMINA DEL SUCCESSORE

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale del Vicariato Apostolico di Iles St. Pierre-et-Miquelon (Département d’Outre-Mer/France), presentata da S.E. Mons. Lucien Fischer C.S.Sp., in conformità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

Il Papa ha nominato Vicario Apostolico di Iles St. Pierre-et-Miquelon (Département d’Outre-Mer/France) il Rev.do P. Pierre-Marie Gaschy, C.S.Sp., Superiore della Comunità di Fameck, nella Diocesi di Metz (Francia), assegnandogli la sede titolare vescovile di Usínaza.

Rev.do P. Pierre-Marie Gaschy, C.S.Sp.
Il Rev.do P. Pierre-Marie Gaschy, C.S.Sp., è nato in Francia il 26 giugno 1941. Ha completato gli studi di Filosofia e Teologia nello Scolasticato dei Padri Spiritani di Chevilly-Larue (1961-1969). Ha emesso la professione perpetua il 14 dicembre 1968 ed è stato ordinato sacerdote il 6 luglio 1969.
Dopo l’Ordinazione ha ricoperto i seguenti incarichi: 1969-1987: Ministero pastorale nella Repubblica Centroafricana e, dal 1981, anche Vicario Generale della Diocesi di Bambari; 1987-1993: Superiore della regione orientale e membro del Consiglio provinciale a Strasburgo, in Francia; 1993-1997: Ministero pastorale nella Repubblica Centroafricana, sempre a Bambari, e responsabile del Foyer delle vocazioni; 1997-2008:Superiore di varie Comunità Spiritane in Francia; dal 2008: Superiore della Comunità di Fameck, nella Diocesi di Metz.



NOMINA DEL VESCOVO DI NAKHON SAWAN (THAILANDIA)

Il Papa ha nominato Vescovo di Nakhon Sawan (Thailandia), il Rev. Joseph Pibul Visitnondachai, del clero di Bangkok, Segretario Generale della Conferenza Episcopale per "Social Pastoral Ministries".

Rev. Joseph Pibul Visitnondachai
Il Rev.do Joseph Piul Visitnondachai, è nato il 1° giugno 1946 a Bang Buathong, nell’Arcidiocesi di Bangkok. Ha frequentato il Seminario Minore del Sacro Cuore di Gesù a Siricha e poi ha svolto gli studi filosofici e teologici presso il "College General" di Penang, in Malaysia. È stato ordinato sacerdote il 17 marzo 1974 e incardinato nell’Arcidiocesi di Bangkok.
Ha successivamente ricoperto i seguenti incarichi: 1974-1978:Vicario parrocchiale della Chiesa San Raffaele a Samutriprakarn; 1979-1983: Parroco, "Our Lady of Lourdes Church", Bangkok; 1983-1992: Rettore del Seminario Minore San Giuseppe, Sampran; 1987-1992: Direttore del Consiglio Cattolico di Thailandia per lo Sviluppo; 1987-1996: Membro del Collegio dei Consultori dell’Arcidiocesi e Vicario Episcopale responsabile per le attività caritatevoli e per lo sviluppo sociale; 1992-1996: Direttore del "Social Action Centre" dell’Arcidiocesi; 1996-2003: Cappellano e Direttore Spirituale delle Suore del Sacro Cuore, a Bangkok; Dal 1998: Direttore della "Catholic Commission for Emergency Relief and Refugees" (COERR); Dal 2001: Segretario Generale per la "Catholic Social Commission of CBCT".



NOMINA DELL’AUSILIARE DI LOIKAW (MYANMAR)

Il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato Ausiliare della Diocesi di Loikaw (Myanmar) il Rev.do Stephen Tjephe, del clero di Loikaw, Parroco della Chiesa di S. Matteo a Daugneku, assegnandogli la sede titolare vescovile di Novabarbara.

Rev.do Stephen Tjephe
Il Rev. do Stephen Tjephe, è nato il 1° agosto 1955 a Danoku, nella Diocesi di Loikaw. Dopo gli studi primari e secondari, si è prima trasferito al Seminario Maggiore Filosofico di Maymyo e poi in quello Teologico di Yangon, per completare gli studi ecclesiastici. È stato ordinato sacerdote il 28 marzo 1984 ed incardinato nella Diocesi di Loikaw.
Ha successivamente ricoperto i seguenti incarichi: 1984-1987: Vicario parrocchiale a Phruso e poi a Dimawso; 1987-1988: Parroco a Dimawso; 1988-1991: Studi per il Master in Teologia al St. Joseph’s Seminary, New York, U.S.A.; 1991-1999: Professore di Teologia dogmatica al Seminario Maggiore di Yangon; 1999-2000: Parroco a Dimawso; 2000-2002: Parroco a Dougnaka; 2003: ‘Leadership Course’ all’Ateneo di Manila University, Filippine; 2004-2006: ‘Supervisor’ della Diocesi di Loikaw. Dal 2006: Parroco di S. Matteo a Daugneku.



NOMINA DEL SOTTO-SEGRETARIO DELLA CONGREGAZIONE PER LE CHIESE ORIENTALI

Il Santo Padre ha nominato Sotto-Segretario della Congregazione per le Chiese Orientali il Rev.do Mons. Maurizio Malvestiti, finora Capo Ufficio nel medesimo Dicastero.



NOMINA DI PROMOTORI DI GIUSTIZIA SOSTITUTI PRESSO IL SUPREMO TRIBUNALE DELLA SEGNATURA APOSTOLICA

Il Papa ha nominato Promotori di Giustizia Sostituti presso il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica i Reverendi P. Nikolaus Schöch, O.F.M., finora Difensore del Vincolo Sostituto presso il medesimo Tribunale, e Don Markus Graulich, S.D.B., Vice Decano e Docente presso la Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Salesiana.
+PetaloNero+
00venerdì 19 giugno 2009 16:27
UDIENZA A SUA BEATITUDINE IGNACE YOUSSIF III YOUNAN, PATRIARCA DI ANTIOCHIA DEI SIRI

Alle ore 12.15 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza Sua Beatitudine Ignace Youssif III Younan, Patriarca di Antiochia dei Siri, con i Membri del Sinodo della Chiesa Siro-Cattolica.
Riportiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge loro:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Béatitude,

la visite que vous accomplissez à Rome pour vénérer les tombes des Apôtres et rencontrer le Successeur de Pierre est pour moi un motif de grande joie. Aujourd’hui, je renouvelle avec une affection sincère et fraternelle le salut et le baiser de paix dans le Christ qu’au début de l’année j’avais échangés avec vous, au lendemain de votre élection comme Patriarche d’Antioche des Syriens. Je vous remercie des paroles cordiales que vous m’avez adressées au nom de votre Église Patriarcale. Je désire exprimer également ma reconnaissance à leurs Béatitudes le Cardinal Ignace Moussa Daoud, Préfet émérite de la Congrégation pour les Églises Orientales, et Ignace Pierre Abdel Ahad, Patriarches émérites de votre Église, ainsi qu’à tous les membres du Synode épiscopal. Mes remerciements se font prière, en particulier pour vous, Béatitude, nouveau Patriarche, tandis que j’accompagne d’une fraternelle solidarité les premiers pas de votre service ecclésial.

Béatitude, la Providence divine nous a constitués ministres du Christ et Pasteurs de son unique troupeau. Maintenons donc le regard du cœur fixé sur Lui, Pasteur suprême et Évêque de nos âmes, assurés qu’après avoir mis sur nos épaules le munus épiscopal, il ne nous abandonnera jamais. C’est le Christ lui-même, notre Seigneur, qui a établi l’Apôtre Pierre comme le « roc » sur lequel s’appuie l’édifice spirituel de l’Église, demandant à ses disciples de marcher en pleine unité avec lui, sous sa conduite assurée et celle de ses Successeurs. Au cours de votre histoire plus que millénaire, la communion avec l’Évêque de Rome est toujours allée de pair avec la fidélité à la tradition spirituelle de l’Orient chrétien, et toutes deux forment les aspects complémentaires d’un unique patrimoine de foi que professe votre vénérable Église. Ensemble, nous professons cette même foi catholique, unissant notre voix à celle des Apôtres, des martyrs et des saints qui nous ont précédés, élevant vers Dieu le Père, dans le Christ et dans l’Esprit Saint, l’hymne de louange et d’action de grâce pour l’immense richesse de ce don qui est confié à nos mains fragiles.

Chers Frères de l’Église Syrienne Catholique, j’ai pensé particulièrement à vous durant la solennelle Célébration eucharistique de la fête du Corpus Domini. Dans l’homélie, que j’ai prononcée sur le parvis de la Basilique Saint-Jean de Latran, j’ai cité le grand Docteur saint Éphrem le Syrien, qui affirme : « Au cours de la Sainte Cène, Jésus s’immola lui-même ; sur la croix, il fut immolé par les autres ». Cette intéressante annotation me permet de souligner la racine eucharistique de l’ecclesiastica communio que je vous ai accordée, Béatitude, au moment de l’élection synodale. De façon très opportune, vous avez voulu montrer, par un signe public, ce lien très étroit qui vous unit à l’Évêque de Rome et à l’Église universelle, au cours de l’Eucharistie que vous avez célébrée hier, à la Basilique Sainte-Marie-Majeure, et à laquelle a participé mon représentant avec mandat spécial, le Préfet de la Congrégation pour les Églises Orientales, Monsieur le Cardinal Leonardo Sandri. En effet, c’est l’Eucharistie qui fonde nos diverses traditions dans l’unité de l’unique Esprit, faisant d’elles une richesse pour le peuple de Dieu tout entier. Que la célébration de l’Eucharistie, source et sommet de la vie ecclésiale, vous maintienne ancrés dans l’ancienne tradition syriaque, qui revendique de posséder la langue même du Seigneur Jésus et, en même temps, ouvre devant vous l’horizon de l’universalité ecclésiale ! Qu’elle vous rende toujours attentifs à ce que l’Esprit suggère aux Églises ; qu’elle ouvre les yeux de votre cœur pour que vous puissiez scruter les signes des temps à la lumière de l’Évangile et que vous sachiez accueillir les attentes et les espérances de l’humanité, en répondant généreusement aux besoins de ceux qui vivent dans de graves conditions de pauvreté. L’Eucharistie est le Pain de Vie qui nourrit vos communautés et les fait toutes grandir dans l’unité et dans la charité. Sachez donc puiser dans l’Eucharistie, Sacrement de l’unité et de la communion, la force de dépasser les difficultés que votre Église a connues ces dernières années, afin de retrouver les chemins du pardon, de la réconciliation et de la communion.

Chers Frères, encore merci de votre visite qui me permet de vous exprimer ma profonde sollicitude à l’égard de vos problématiques ecclésiales. J’accompagne avec satisfaction la pleine reprise du fonctionnement de votre Synode, et j’encourage les efforts en vue de favoriser l’unité, la compréhension et le pardon, que vous devrez toujours considérer comme des devoirs prioritaires pour l’édification de l’Église de Dieu. Je prie constamment, en outre, pour la paix au Moyen-Orient, en particulier pour les chrétiens qui vivent dans la bien-aimée nation irakienne, dont je présente chaque jour au Seigneur les souffrances au cours du Sacrifice eucharistique.

Je désire enfin partager avec vous une autre de mes préoccupations majeures : celle de la vie spirituelle des prêtres. Justement aujourd’hui, en la Solennité du Sacré-Cœur de Jésus, Journée de sanctification sacerdotale, j’aurai l’immense joie d’ouvrir l’Année Sacerdotale, en souvenir du 150e anniversaire de la mort du saint Curé d’Ars. Je crois que cette année jubilaire spéciale, qui débute alors que se termine l’Année paulinienne, sera une opportunité féconde, offerte à toute l’Église. Au Calvaire, Marie était avec l’Apôtre Jean au pied de la Croix. Aujourd’hui, nous nous rendons spirituellement nous aussi auprès de la Croix, avec tous vos prêtres, pour tourner notre regard vers Celui qui a été transpercé et dont nous recevons la plénitude de toute grâce. Que Marie, Reine des Apôtres et Mère de l’Église, veille sur vous, Béatitude, sur le Synode et sur l’Église Syrienne Catholique tout entière ! Quant à moi, je vous assure que je vous accompagne de ma prière et je vous accorde la Bénédiction Apostolique, que j’étends à tous les fidèles de votre vénérable Église, qui se trouvent dans diverses nations du monde.
+PetaloNero+
00sabato 20 giugno 2009 01:44
Il discorso di Benedetto XVI al patriarca di Antiochia dei Siri

Pace per i cristiani iracheni
e per tutto il Medio Oriente



Il Papa prega "costantemente per la pace in Medio Oriente, in particolare per i cristiani che vivono nell'amata nazione irachena": lo ha assicurato durante l'udienza di venerdì mattina, 19 giugno, al patriarca di Antiochia dei Siri, Ignace Youssef III Younan.



Beatitudine,
la visita che compie a Roma per venerare le tombe degli Apostoli e incontrare il Successore di Pietro è per me motivo di grande gioia. Oggi rinnovo con affetto sincero e fraterno il saluto e il bacio di pace in Cristo che all'inizio dell'anno ho scambiato con lei, all'indomani della sua elezione a Patriarca di Antiochia dei Siri. La ringrazio per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome della sua Chiesa Patriarcale. Desidero altresì esprimere la mia riconoscenza alle loro Beatitudini il Cardinale Ignace Moussa Daoud, Prefetto emerito della Congregazione per le Chiese Orientali, e Ignace Pierre Abdel Ahad, Patriarchi emeriti della sua Chiesa, e anche a tutti i membri del Sinodo episcopale. I miei ringraziamenti divengono preghiera, in particolare per lei, Beatitudine, nuovo Patriarca, mentre accompagno con solidarietà fraterna i primi passi del suo servizio ecclesiale.
Beatitudine, la Provvidenza divina ci ha costituiti ministri di Cristo e Pastori del suo unico gregge. Manteniamo dunque lo sguardo del cuore fisso su di Lui, sommo Pastore e Vescovo delle nostre anime, sicuri che, dopo avere messo sulle nostre spalle il munus episcopale, non ci abbandonerà mai. È Cristo stesso, nostro Signore, che ha stabilito l'Apostolo Pietro come la "roccia" sulla quale poggia l'edificio spirituale della Chiesa, chiedendo ai suoi discepoli di procedere in piena unità con lui, sotto la sua guida sicura e sotto quella dei suoi Successori. Nel corso della vostra storia più che millenaria, la comunione con il Vescovo di Roma è sempre andata di pari passo con la fedeltà alla tradizione spirituale dell'Oriente cristiano, e tutte e due formano gli aspetti complementari di quell'unico patrimonio di fede che la sua venerabile Chiesa professa. Insieme, professiamo questa stessa fede cattolica, unendo la nostra voce a quella degli Apostoli, dei martiri e dei santi che ci hanno preceduti, elevando a Dio Padre, in Cristo e nello Spirito Santo, l'inno di lode e di azione di rendimento di grazie per l'immensa ricchezza di questo dono che è affidato alle nostre fragili mani.
Cari Fratelli della Chiesa siro-cattolica, ho pensato in particolare a voi durante la solenne Celebrazione eucaristica della festa del Corpus Domini. Nell'omelia, che ho pronunciato sul sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano, ho citato il grande Dottore sant'Efrem il Siro, che afferma: "Durante la cena Gesù immolò se stesso: sulla croce Egli fu immolato dagli altri". Questa interessante annotazione mi permette di sottolineare l'origine eucaristica della ecclesiastica communio che le ho concesso, Beatitudine, al momento dell'elezione sinodale. In modo molto opportuno, lei ha voluto mostrare, con un segno pubblico, questo vincolo molto stretto che la unisce al Vescovo di Roma e alla Chiesa universale, nel corso dell'Eucaristia che ha celebrato ieri, nella Basilica di Santa Maria Maggiore, alla quale ha partecipato il mio rappresentante con mandato speciale, il Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, il signor Cardinale Leonardo Sandri. In effetti, è l'Eucaristia che fonda le nostre diverse tradizioni nell'unità dell'unico Spirito, facendo di esse una ricchezza per l'intero popolo di Dio. Che la celebrazione dell'Eucaristia, fonte e culmine della vita ecclesiale, vi mantenga ancorati all'antica tradizione siriaca, che rivendica di possedere la lingua stessa del Signore Gesù e, allo stesso tempo, schiuda dinanzi a voi l'orizzonte dell'universalità ecclesiale! Che vi renda sempre attenti a quello che lo Spirito suggerisce alle Chiese; che apra gli occhi del vostro cuore affinché possiate scrutare i segni dei tempi alla luce del Vangelo e sappiate accogliere le attese e le speranze dell'umanità, rispondendo generosamente ai bisogni di quanti vivono in gravi condizioni di povertà. L'Eucaristia è il Pane della Vita che nutre le vostre comunità e le fa crescere tutte nell'unità e nella carità. Sappiate dunque attingere dall'Eucaristia, Sacramento dell'unità e della comunione, la forza per superare le difficoltà che la vostra Chiesa ha conosciuto in questi ultimi anni, al fine di ritrovare il cammino del perdono, della riconciliazione e della comunione.
Cari Fratelli, ancora grazie per la vostra visita che mi permette di esprimervi la mia profonda sollecitudine nei confronti delle vostre problematiche ecclesiali. Seguo con soddisfazione la piena ripresa del funzionamento del vostro Sinodo e incoraggio gli sforzi volti a favorire l'unità, la comprensione e il perdono, che dovrete sempre considerare come doveri prioritari per l'edificazione della Chiesa di Dio. Inoltre, prego costantemente per la pace in Medio Oriente, in particolare per i cristiani che vivono nell'amata nazione irachena, dei quali presento ogni giorno al Signore le sofferenze nel corso del Sacrificio eucaristico.
Desidero infine condividere con voi un'altra delle mie preoccupazioni principali: quella della vita spirituale dei sacerdoti. Proprio oggi, nella Solennità del Sacro Cuore di Gesù, giornata di santificazione sacerdotale, avrò l'immensa gioia di aprire l'Anno Sacerdotale, in ricordo del 150º anniversario della morte del santo Curato d'Ars. Credo che questo anno giubilare speciale, che inizia quando termina l'Anno Paolino, sarà un'opportunità feconda, offerta a tutta la Chiesa. Sul Calvario, Maria era con l'Apostolo Giovanni ai piedi della Croce. Oggi, anche noi ci rechiamo spiritualmente ai piedi della Croce, con tutti i vostri sacerdoti, per volgere il nostro sguardo verso Colui che è stato trafitto e dal quale riceviamo la pienezza di ogni grazia. Che Maria, Regina degli Apostoli e Madre della Chiesa, vegli su di lei, Beatitudine, sul Sinodo e su tutta la Chiesa siro-cattolica! Quanto a me, l'assicuro di accompagnarla con la mia preghiera e le imparto la Benedizione Apostolica, che estendo a tutti i fedeli della sua venerabile Chiesa, che si trovano nelle diverse nazioni del mondo.



(©L'Osservatore Romano - 20 giugno 2009)








Il saluto rivolto al Papa dal patriarca Ignace Youssef III Younan

Giustizia e rispetto dei diritti di tutti gli uomini




"Siamo venuti a Roma per salutarla quale Successore di Pietro e vivere un momento molto significativo della tradizione della Chiesa universale, quello di scambiare la comunione ecclesiale fra le nostre due Sedi Apostoliche, quella di Roma che "presiede nella carità" (sant'Ignazio d'Antiochia) e quella di Antiochia dove i discepoli di Cristo furono chiamati per la prima volta "cristiani"". Con queste parole il patriarca Ignace Youssef III Younan si è rivolto a Benedetto XVI, in occasione dell'incontro svoltosi nel Palazzo apostolico venerdì mattina, 19 giugno.
"Ieri - ha ricordato - nel giorno dedicato alla memoria di sant'Efrem il Siro, patrono della nostra Chiesa, soprannominato l'"arpa dello Spirito Santo", abbiamo vissuto, con gioia e profonda gratitudine, l'espressione sacramentale di questa comunione, concelebrando la Divina Liturgia secondo il rito siriaco di Antiochia, con il suo rappresentante, il Cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali".
Il patriarca ha poi fatto riferimento al primo sinodo ordinario svoltosi dopo la propria elezione alla sede patriarcale di Antiochia. "In questo sinodo - ha detto - grazie alle sue preghiere e alle sue direttive paterne, ci siamo impegnati a vivere la collegialità episcopale in uno spirito di comunione fraterna, assumendo la nostra responsabilità di pastori verso la nostra amata Chiesa".
Poi un pensiero al recente pellegrinaggio del Pontefice in Terra Santa, durante il quale - ha spiegato il patriarca - Benedetto XVI "ha trasmesso un messaggio di pace, di tolleranza e di riconciliazione a tutte le comunità di questa regione, straziate e divise da conflitti ingiusti e senza fine. Santità - ha aggiunto - lei conosce bene la natura e le cause delle nostre inquietudini, come quelle delle altre comunità cristiane del Medio Oriente. La nostra vocazione è di essere i testimoni di Dio, buono e misericordioso verso tutti gli uomini, vivendo al contempo il suo messaggio di amore. Per questo, siamo venuti a trarre coraggio da lei, Santità, per poter restare fedeli alla nostra missione plurisecolare".
Ecco allora l'assicurazione che la Chiesa di Antiochia dei Siri continuerà a pregare affinché il Pontefice "possa convincere i potenti di questa terra a ricercare la pace basata sulla giustizia e sul rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo, in tutti i Paesi del mondo, e in modo particolare in alcuni Paesi del nostro Medio Oriente, come l'Iraq, il Libano e la Palestina".
Sua Beatitudine ha poi rievocato le parole di Benedetto XVI "che esprimono con inequivocabile chiarezza e molto affetto, la sua sollecitudine paterna per le comunità cristiane e le Chiese orientali di origine apostolica", pronunciate nella cattedrale melkita di San Giorgio ad Amman, in Giordania, con un'insistenza convincente: "L'antico tesoro vivente delle tradizioni delle Chiese Orientali arricchisce la Chiesa universale e non deve mai essere inteso semplicemente come oggetto da custodire passivamente".
Quindi ha ringraziato il Papa che "non smette di incoraggiarci a continuare a rendere testimonianza della nostra fede, nella fedeltà alle nostre tradizioni secolari risalenti alle prime comunità della Chiesa, vivendo al contempo l'annuncio della Buona Novella nel nostro ambito".
Successivamente il patriarca siro ha sottolineato la coincidenza dell'incontro con il Papa nel giorno di inizio dell'anno sacerdotale, e infine ha giurato "fedeltà e attaccamento incrollabile alla Sede di Pietro".



(©L'Osservatore Romano - 20 giugno 2009)

+PetaloNero+
00sabato 20 giugno 2009 01:45
Omelia di Benedetto XVI per l'inaugurazione dell'Anno Sacerdotale


CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 19 giugno 2009 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito il testo dell'omelia che Benedetto XVI ha pronunciato nella Basilica vaticana questo venerdì pomeriggio, Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, presiedendo la celebrazione dei secondi Vespri della solennità in occasione dell'apertura dell'Anno Sacerdotale.

* * *

Cari fratelli e sorelle,

nell'antifona al Magnificat tra poco canteremo: "Il Signore ci ha accolti nel suo cuore - Suscepit nos Dominus in sinum et cor suum". Nell'Antico Testamento si parla 26 volte del cuore di Dio, considerato come l'organo della sua volontà: rispetto al cuore di Dio l'uomo viene giudicato. A causa del dolore che il suo cuore prova per i peccati dell'uomo, Iddio decide il diluvio, ma poi si commuove dinanzi alla debolezza umana e perdona. C'è poi un passo veterotestamentario nel quale il tema del cuore di Dio si trova espresso in modo assolutamente chiaro: è nel capitolo 11 del libro del profeta Osea, dove i primi versetti descrivono la dimensione dell'amore con cui il Signore si è rivolto ad Israele all'alba della sua storia: "Quando Israele era fanciullo, io l'ho amato e dall'Egitto ho chiamato mio figlio" (v. 1). In verità, all'instancabile predilezione divina, Israele risponde con indifferenza e addirittura con ingratitudine. "Più li chiamavo - è costretto a constatare il Signore -, più si allontanavano da me" (v. 2). Tuttavia Egli mai abbandona Israele nelle mani dei nemici, perché, cosí dice il versetto 8, "il mio cuore - osserva il Creatore dell'universo - si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione".

Il cuore di Dio freme di compassione! Nell'odierna solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, la Chiesa offre alla nostra contemplazione questo mistero, il mistero del cuore di un Dio che si commuove e riversa tutto il suo amore sull'umanità. Un amore misterioso, che nei testi del Nuovo Testamento ci viene rivelato come incommensurabile passione di Dio per l'uomo. Egli non si arrende dinanzi all'ingratitudine e nemmeno davanti al rifiuto del popolo che si è scelto; anzi, con infinita misericordia, invia nel mondo l'Unigenito suo Figlio perché prenda su di sé il destino dell'amore distrutto; perché, sconfiggendo il potere del male e della morte, possa restituire dignità di figli agli esseri umani resi schiavi dal peccato. Tutto questo a caro prezzo: il Figlio Unigenito del Padre si immola sulla croce: "Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine" (cfr Gv 13,1). Simbolo di tale amore che va oltre la morte è il suo fianco squarciato da una lancia. A tale riguardo, il testimone oculare, l'apostolo Giovanni, afferma: "Uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue ed acqua" (cfr Gv 19,34).

Cari fratelli e sorelle, grazie perché, rispondendo al mio invito, siete venuti numerosi a questa celebrazione con cui entriamo nell'Anno Sacerdotale. Saluto i Signori Cardinali e i Vescovi, in particolare il Cardinale Prefetto e il Segretario della Congregazione per il Clero con i loro collaboratori, ed il Vescovo di Ars. Saluto i sacerdoti e i seminaristi dei vari seminari e collegi di Roma; i religiosi e le religiose e tutti i fedeli. Un saluto speciale rivolgo a Sua Beatitudine Ignace Youssef Younan, Patriarca di Antiochia dei Siri, venuto a Roma per incontrarmi e significare pubblicamente l'"ecclesiastica communio" che gli ho concesso.

Cari fratelli e sorelle, fermiamoci insieme a contemplare il Cuore trafitto del Crocifisso. Abbiamo ascoltato ancora una volta, poco fa, nella breve lettura tratta dalla Lettera di san Paolo agli Efesini, che "Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatti rivivere con Cristo... Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù" (Ef 2,4-6). Essere in Cristo Gesù è già sedere nei Cieli. Nel Cuore di Gesù è espresso il nucleo essenziale del cristianesimo; in Cristo ci è stata rivelata e donata tutta la novità rivoluzionaria del Vangelo: l'Amore che ci salva e ci fa vivere già nell'eternità di Dio. Scrive l'evangelista Giovanni: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna" (3,16). Il suo Cuore divino chiama allora il nostro cuore; ci invita ad uscire da noi stessi, ad abbandonare le nostre sicurezze umane per fidarci di Lui e, seguendo il suo esempio, a fare di noi stessi un dono di amore senza riserve.

Se è vero che l'invito di Gesù a "rimanere nel suo amore" (cfr Gv 15,9) è per ogni battezzato, nella festa del Sacro Cuore di Gesù, Giornata di santificazione sacerdotale, tale invito risuona con maggiore forza per noi sacerdoti, in particolare questa sera, solenne inizio dell'Anno Sacerdotale, da me voluto in occasione del 150° anniversario della morte del Santo Curato d'Ars. Mi viene subito alla mente una sua bella e commovente affermazione, riportata nel Catechismo della Chiesa Cattolica dove dice: "Il sacerdozio è l'amore del Cuore di Gesù" (n. 1589). Come non ricordare con commozione che direttamente da questo Cuore è scaturito il dono del nostro ministero sacerdotale? Come dimenticare che noi presbiteri siamo stati consacrati per servire, umilmente e autorevolmente, il sacerdozio comune dei fedeli? La nostra è una missione indispensabile per la Chiesa e per il mondo, che domanda fedeltà piena a Cristo ed incessante unione con Lui; esige cioè che tendiamo costantemente alla santità come ha fatto san Giovanni Maria Vianney. Nella Lettera a voi indirizzata per questo speciale anno giubilare, cari fratelli sacerdoti, ho voluto porre in luce alcuni aspetti qualificanti del nostro ministero, facendo riferimento all'esempio e all'insegnamento del Santo Curato di Ars, modello e protettore di tutti i sacerdoti, e in particolare dei parroci. Che questo mio scritto vi sia di aiuto e di incoraggiamento a fare di questo anno un'occasione propizia per crescere nell'intimità con Gesù, che conta su di noi, suoi ministri, per diffondere e consolidare il suo Regno, per diffondere il suo amore, la sua verità. E pertanto, "sull'esempio del Santo Curato d'Ars - così concludevo la mia Lettera - lasciatevi conquistare da Lui e sarete anche voi, nel mondo di oggi, messaggeri di speranza, di riconciliazione, di pace".

Lasciarsi conquistare pienamente da Cristo! Questo è stato lo scopo di tutta la vita di san Paolo, al quale abbiamo rivolto la nostra attenzione durante l'Anno Paolino che si avvia ormai verso la sua conclusione; questa è stata la meta di tutto il ministero del Santo Curato d'Ars, che invocheremo particolarmente durante l'Anno Sacerdotale; questo sia anche l'obiettivo principale di ognuno di noi. Per essere ministri al servizio del Vangelo, è certamente utile e necessario lo studio con una accurata e permanente formazione pastorale, ma è ancor più necessaria quella "scienza dell'amore" che si apprende solo nel "cuore a cuore" con Cristo. E' Lui infatti a chiamarci per spezzare il pane del suo amore, per rimettere i peccati e per guidare il gregge in nome suo. Proprio per questo non dobbiamo mai allontanarci dalla sorgente dell'Amore che è il suo Cuore trafitto sulla croce.

Solo così saremo in grado di cooperare efficacemente al misterioso "disegno del Padre" che consiste nel "fare di Cristo il cuore del mondo"! Disegno che si realizza nella storia, man mano che Gesù diviene il Cuore dei cuori umani, iniziando da coloro che sono chiamati a stargli più vicini, i sacerdoti appunto. Ci richiamano a questo costante impegno le "promesse sacerdotali", che abbiamo pronunciato il giorno della nostra Ordinazione e che rinnoviamo ogni anno, il Giovedì Santo, nella Messa Crismale. Perfino le nostre carenze, i nostri limiti e debolezze devono ricondurci al Cuore di Gesù. Se infatti è vero che i peccatori, contemplandoLo, devono apprendere da Lui il necessario "dolore dei peccati" che li riconduca al Padre, questo vale ancor più per i sacri ministri. Come dimenticare, in proposito, che nulla fa soffrire tanto la Chiesa, Corpo di Cristo, quanto i peccati dei suoi pastori, soprattutto di quelli che si tramutano in "ladri delle pecore" (Gv 10,1ss), o perché le deviano con le loro private dottrine, o perché le stringono con lacci di peccato e di morte? Anche per noi, cari sacerdoti, vale il richiamo alla conversione e al ricorso alla Divina Misericordia, e ugualmente dobbiamo rivolgere con umiltà l'accorata e incessante domanda al Cuore di Gesù perché ci preservi dal terribile rischio di danneggiare coloro che siamo tenuti a salvare.

Poc'anzi ho potuto venerare, nella Cappella del Coro, la reliquia del Santo Curato d'Ars: il suo cuore. Un cuore infiammato di amore divino, che si commuoveva al pensiero della dignità del prete e parlava ai fedeli con accenti toccanti e sublimi, affermando che "dopo Dio, il sacerdote è tutto! ... Lui stesso non si capirà bene che in cielo" (cfr Lettera per l'Anno Sacerdotale, p. 2). Coltiviamo, cari fratelli, questa stessa commozione, sia per adempiere il nostro ministero con generosità e dedizione, sia per custodire nell'anima un vero "timore di Dio": il timore di poter privare di tanto bene, per nostra negligenza o colpa, le anime che ci sono affidate, o di poterle - Dio non voglia! - danneggiare. La Chiesa ha bisogno di sacerdoti santi; di ministri che aiutino i fedeli a sperimentare l'amore misericordioso del Signore e ne siano convinti testimoni. Nell'adorazione eucaristica, che seguirà la celebrazione dei Vespri, chiederemo al Signore che infiammi il cuore di ogni presbitero di quella "carità pastorale" capace di assimilare il suo personale "io" a quello di Gesù Sacerdote, così da poterlo imitare nella più completa auto-donazione. Ci ottenga questa grazia la Vergine Madre, della quale domani contempleremo con viva fede il Cuore Immacolato. Per Lei il Santo Curato d'Ars nutriva una filiale devozione, tanto che nel 1836, in anticipo sulla proclamazione del Dogma dell'Immacolata Concezione, aveva già consacrato la sua parrocchia a Maria "concepita senza peccato". E mantenne l'abitudine di rinnovare spesso quest'offerta della parrocchia alla Santa Vergine, insegnando ai fedeli che "bastava rivolgersi a lei per essere esauditi", per il semplice motivo che ella "desidera soprattutto di vederci felici". Ci accompagni la Vergine Santa, nostra Madre, nell'Anno Sacerdotale che oggi iniziamo, perché possiamo essere guide salde e illuminate per i fedeli che il Signore affida alle nostre cure pastorali. Amen!



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+PetaloNero+
00sabato 20 giugno 2009 15:42
LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:
Em.mo Card. Giovanni Battista Re, Prefetto della Congregazione per i Vescovi.
Em.mo Card. Ivan Dias, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

Il Papa riceve oggi in Udienza:
Membri del Consiglio della Fondazione Alcide De Gasperi.





RINUNCE E NOMINE



RINUNCIA DEL VESCOVO DI ABANCAY (PERÚ) E NOMINA DEL SUCCESSORE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Abancay (Perú), presentata da S.E. Mons. Isidro Sala Ribera, in conformità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Abancay (Perú) S.E. Mons. Gilberto Gómez González, finora Vescovo titolare di Mozotcori ed Ausiliare di Abancay.

S.E. Mons. Gilberto Gómez González
S.E. Mons. Gómez González è nato ad Albeos, diocesi di Tui-Vigo (Spagna), il 12 febbraio 1952.
Dopo gli studi secondari, filosofici e teologici nel Seminario diocesano di Tui-Vigo, ha ricevuto l'ordinazione sacerdotale il 14 settembre 1975. È stato Vice-Rettore del Seminario Minore di Tui-Vigo dal 1975 al 1985. Iscrittosi alla "Obra di Cooperación Sacerdotal Hispanoamericana", è stato destinato a lavorare nella diocesi di Abancay, prima come Rettore del Seminario Minore diocesano (1986-1992) e parroco di Tamburco, in seguito come Vice-Rettore (1992-1997) e infine come Rettore del Seminario Maggiore di Abancay; contemporaneamente è stato Cappellano delle Suore Carmelitane scalze di Abancay e membro del Consiglio Presbiterale diocesano.
Il 22 dicembre 2001 è stato eletto Vescovo titolare di Mozotcori ed Ausiliare di Abancay e ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 16 marzo 2002.



NOMINA DELL’ARCIVESCOVO DI BULAWAYO (ZIMBABWE)

Il Papa ha nominato Arcivescovo di Bulawayo (Zimbabwe), il Rev.do Alex Thomas Kaliyanil, S.V.D., missionario indiano, Superiore Regionale della Società del Verbo Divino nello Zimbabwe.

Rev.do Alex Thomas Kaliyanil, S.V.D.
Il Rev.do P. Alex Thomas Kaliyanil, S.V.D., è nato il 27 maggio 1960 a Vallamchira, nell’arcidiocesi di Changanacherry, in India. Dopo la scuola elementare, è entrato nel Seminario Minore dei Verbiti a Changanacherry. Ha studiato la Filosofia e la Teologia a Jnana Deepa Didyapeeth, Pune. Ha conseguito un Diploma in Scienze Economiche alla Mysore University, in India. Ha emesso la professione perpetua nel 1987 ed è stato ordinato sacerdote il 7 maggio 1988.
Dal 1989 è missionario in Zimbabwe, nell’Arcidiocesi di Bulawayo, dove ha ricoperto i seguenti incarichi: 1990-1992: Vicario della parrocchia Holy Cross a Tshabalala; 1992-1997: Parroco della Missione di Embakwe; 1997-2005: Parroco di St. Joseph di Tsholotsho e Decano del Southern and Northern Deanery; 2005-2008: Economo diocesano; dal 2001: Consigliere ex-officio del Catholic Development Commission (Caritas Zimbabwe); dal 2008: Superiore Regionale della Società del Verbo Divino nello Zimbabwe.



NOMINA DEL SOTTO-SEGRETARIO DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

Il Santo Padre ha nominato Sotto-Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede il Rev.do Monsignor Damiano Marzotto Caotorta, finora Capo Ufficio nel medesimo Dicastero.



NOMINA DI MEMBRI DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO

Il Santo Padre ha nominato Membri del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso gli Ecc.mi Monsignori: Augustine Shao, Vescovo di Zanzibar (Tanzania); Patrick Altham Kelly, Arcivescovo di Liverpool (Gran Bretagna) e Johannes Maria Trilaksyanta Pujasumarta, Vescovo di Bandung (Indonesia).



NOMINA DI INVIATO SPECIALE ALLE CELEBRAZIONI DEL MILLENNIO DELLA DIOCESI DI PÉCS (UNGHERIA)

Il Papa ha nominato l'Em.mo Cardinale Christoph Schónborn, O.P., Arcivescovo di Vienna, Suo Inviato Speciale alle celebrazioni del millennio della Diocesi di Pécs (Ungheria), che avranno luogo il 23 agosto 2009.
+PetaloNero+
00sabato 20 giugno 2009 15:42
LETTERA DEL SANTO PADRE AI CARDINALI INVIATI SPECIALI ALLE CELEBRAZIONI CONCLUSIVE DELL’ANNO PAOLINO


LETTERA DEL SANTO PADRE AL SUO INVIATO SPECIALE IN TERRA SANTA

In occasione della chiusura dell’Anno dedicato all’Apostolo San Paolo, che si terrà contemporaneamente il 29 giugno 2009 nei diversi "luoghi paolini", il Santo Padre ha nominato sette Em.mi Cardinali in qualità di Inviati Speciali alle rispettive celebrazioni.

Di seguito pubblichiamo la composizione delle Missioni pontificie guidate dai diversi Porporati, la cui nomina ad Inviati Speciali del Santo Padre è stata resa nota lo scorso 25 aprile, e la Lettera del Santo Padre Benedetto XVI al Suo Inviato Speciale in Terra Santa. Analoghe Lettere sono state inviate dal Papa agli altri sei Cardinali.


COMPOSIZIONE DELLE MISSIONI PONTIFICIE

Queste le Missioni Pontificie guidate dai sette Cardinali:

Il Card. Walter KASPER, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, Inviato Speciale del Santo Padre alla celebrazione della chiusura dell’Anno Paolino in Terra Santa, sarà accompagnato da:

S.E. Mons. Elias CHACOUR, Arcivescovo di Akka dei Greco-Melkiti;
S.E. Mons. Giacinto-Boulos MARCUZZO, Vescovo Ausiliare del Patriarcato Latino di Gerusalemme e Vicario Patriarcale per Israele.


Il Card. Ennio ANTONELLI, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, Inviato Speciale del Santo Padre alla celebrazione della chiusura dell’Anno Paolino a Malta, sarà accompagnato da:

Rev.do Mons. John Bosco GAUCI, Vicario Generale della Diocesi di Gozo;
Rev.do P. Joseph BORG, mssp (della Società Missionaria di San Paolo).


Il Card. Renato Raffaele MARTINO, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Inviato Speciale del Santo Padre alla celebrazione della chiusura dell’Anno Paolino a Cipro, sarà accompagnato da:

Rev.mo P. Umberto BARATO, o.f.m., Vicario Patriarcale per Cipro di Gerusalemme dei Latini, Parroco latino di Nicosia;
Rev.do Sac. Yonakim CHIHANE, Parroco maronita di Polemidia, Limassol.


Il Card. Jean-Louis TAURAN, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, Inviato Speciale del Santo Padre alla celebrazione della chiusura dell’Anno Paolino in Turchia, sarà accompagnato da:

Rev.do P. Roberto FERRARI, o.f.m. cap., Parroco della Chiesa di Merin, concattedrale del Vicariato Apostolico di Anatolia;
Rev.do P. Mauro PESCE, Segretario della Conferenza Episcopale della Turchia.


Il Card. Jozef TOMKO, Prefetto emerito della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, Inviato Speciale del Santo Padre alla celebrazione della chiusura dell’Anno Paolino in Grecia, sarà accompagnato da:

Rev.do Mons. Nikiforos VIDALIS, Vicario Generale dell’Arcidiocesi di Atene;
Rev.do Sac. Dominikos PSALTIS.


Il Card. Antonio María ROUCO VARELA, Arcivescovo di Madrid, Inviato Speciale del Santo Padre alla celebrazione della chiusura dell’Anno Paolino in Siria, sarà accompagnato da:

Rev.do P. Romualdo FERNÁNDEZ FERREIRA, ofm, Vicario Delegato del Vicariato Apostolico di Alep dei Latini e Custode del memoriale di San Paolo a Damasco-Tabbalch;
Rev.do Archimandrita Antoun MOUSLEH, Vicario Giudiziario dell’Eparchia Patriarcale di Damasco dei Greco-Melkiti e Responsabile della Commissione patriarcale per l’Anno Paolino.


Il Card. André VING-TROIS, Arcivescovo di Parigi, Inviato Speciale del Santo Padre alla celebrazione della chiusura dell’Anno Paolino in Libano, sarà accompagnato da:

S.E. Mons. Roland ABOUJAOUDÉ, Protosincello di Antiochia dei Maroniti e Presidente del Comitato esecutivo dell’Assemblea dei Patriarchi e dei Vescovi Cattolici del Libano (APECL);
S.E. Mons. Salim GHAZAL, b.s., Ausiliare emerito di Antiochia dei Greco-Melkiti e Vice Presidente del medesimo Comitato Esecutivo.


LETTERA DEL SANTO PADRE AL SUO INVIATO SPECIALE IN TERRA SANTA

Di seguito pubblichiamo la Lettera del Santo Padre all’Em.mo Card. Walter Kasper, Suo Inviato Speciale in Terra Santa. Analoghe lettere sono state indirizzate agli altri sei Porporati.

Venerabili Fratri Nostro
VALTHERO S.R.E. Cardinali KASPER
Praesidi Pontificii Consilii ad Unitatem Christianorum fovendam

Postquam nonnulla eadem loca quae Gentium Apostolus calcavit, magno cum animi delectamento invisimus, Nos, universa cum Ecclesia Annum Paulinum celebrantes, theologicam eius spiritalemque doctrinam diligentissime perscrutamur dum plurima Pastorum incepta in terrarum orbe animi Nostri laetitia et propensione perspicimus. Mirabili enim modo sancti Pauli scripta de Christo eiusque salvifica opera, de unitate populi Dei, de rebus novissimis deque iustificatione et transitu a peccato ad libertatem Ecclesiae doctrinam saeculorum decursu illuminaverunt nec non praecipuum hodiernae etiam christianae considerationis et asceticae meditationis fontem constituunt.

Ille qui in iuventute Ecclesiam persequebatur Dei (cfr Gal 1,13), peculiarem accepit a Domino gratiam dum Damascum se conferret Eiusque vocem audiret: "Surge et ingredere civitatem, et dicetur tibi quid te oporteat facere" (Act 9,6). Post hunc cum Domino Resuscitato occursum conversus, Evangelium nuntiare coepit, novas instituere christianas communitates atque epistulas exarare quibus fideles, nostra etiam aetate, ad veram agendam conversionem adhortatur novumque spiritale iter prosequendum. Beatus ille Apostolus, qui dixit "Mihi vivere Christus est" (Philp 1,21), quoniam exemplar nobis est divinae voluntatis quaerendae et adimplendae, omnimodae Domino eiusque Ecclesiae deditionis nec non spiritus maxime ad humanum cultum aperti.

Quandoquidem Annus Apostolo Paulo dicatus ad finem iam vergit, placet Nobis eminentissimos quosdam Viros in illa loca mittere, in quibus praeclarus ille Christi Evangelii nuntiator vitam suam navitatemque gessit quaeque iure meritoque Loca Paulina appellari possunt. Inter ea peculiaris esse ponderis videtur Terra Sancta ubi ille Apostolos convenit et primi Concilii particeps exstitit.

Ad Te, Venerabilis Frater Noster, mentem vertimus, qui Pontificio praees Consilio ad Unitatem Christianorum fovendam, Teque hisce Litteris MISSUM EXTRAORDINARIUM NOSTRUM nominamus ad celebrationes exeuntis Anni Paulini, quae die XXIX proximi mensis Iunii, in sollemnitate videlicet sanctorum Petri et Pauli, Apostolorum, in Terra Sancta sollemniter agentur. De Domino Iesu loquens, quem Deus excitavit a mortuis (cfr Rom 10,9), omnes illic fideles adstantes adhortaberis ut precibus, meditatione nec non spiritalium necessitatum consideratione novatis viribus novoque studio divinam voluntatem quaerere atque fidei zelo in vita cotidiana fervere velint. Coram religiosis civilibusque auctoritatibus tum momentum personae et doctrinae Apostoli Gentium tum eius sollicitudo de totius generis humani salute ut innotescant operam dabis.

Cunctos Terrae Sanctae Pastores ceterosque sacros Praesules ibidem congregatos, sacerdotes, religiosos viros mulieresque et christifideles laicos ad maiorem usque spiritalem unitatem concitans, Nostro salutabis nomine Nostramque iis ostendes benevolentiam.

Nosmet Ipsi Te, Venerabilis Frater Noster, in tua missione implenda intercessioni ipsius Apostoli Gentium committimus dum precibus iam nunc Te comitamur. Benedictionem denique Apostolicam libentes Tibi impertimur, signum Nostrae erga Te benevolentiae et caelestium donorum pignus, quam omnibus celebrationum participibus rite largiri volumus.

Ex Aedibus Vaticanis, die XVI mensis Maii, anno MMIX, Pontificatus Nostri quinto.

BENEDICTUS PP. XVI
+PetaloNero+
00sabato 20 giugno 2009 15:43
UDIENZA AI MEMBRI DEL CONSIGLIO DELLA FONDAZIONE ALCIDE DE GASPERI

Alle ore 12.15 di oggi, nella Sala dei Papi del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i Membri del Consiglio della Fondazione Alcide De Gasperi.
Riportiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge loro:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari amici del Consiglio della Fondazione Alcide De Gasperi!

Mi è molto gradita la vostra visita, e con affetto tutti vi saluto. In particolare, saluto la Signora Maria Romana, figlia di Alcide De Gasperi, e l’On. Giulio Andreotti, che a lungo è stato suo stretto collaboratore. Colgo volentieri l’opportunità, che mi offre la vostra presenza, per rievocare la figura di questa grande personalità, che, in momenti storici di profondi cambiamenti sociali in Italia e in Europa, irti di non poche difficoltà, seppe prodigarsi efficacemente per il bene comune. Formato alla scuola del Vangelo, De Gasperi fu capace di tradurre in atti concreti e coerenti la fede che professava. Spiritualità e politica furono in effetti due dimensioni che convissero nella sua persona e ne caratterizzarono l’impegno sociale e spirituale. Con prudente lungimiranza guidò la ricostruzione dell’Italia uscita dal fascismo e dalla seconda guerra mondiale, e ne tracciò con coraggio il cammino verso il futuro; ne difese la libertà e la democrazia; ne rilanciò l’immagine in ambito internazionale; ne promosse la ripresa economica aprendosi alla collaborazione di tutte le persone di buona volontà.

Spiritualità e politica si integrarono così bene in lui che, se si vuole comprendere sino in fondo questo stimato uomo di governo, occorre non limitarsi a registrare i risultati politici da lui conseguiti, ma bisogna tener conto anche della sua fine sensibilità religiosa e della fede salda che costantemente ne animò il pensiero e l’azione. Nel 1981, a cento anni dalla nascita, il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II gli rese omaggio, affermando che "in lui la fede fu centro ispiratore, forza coesiva, criterio di valori, ragione di scelta" (Insegnamenti, IV, 1981, p. 861). Le radici di tale solida testimonianza evangelica vanno ricercate nella formazione umana e spirituale ricevuta nella sua regione, il Trentino, in una famiglia dove l’amore per Cristo costituiva pane quotidiano e riferimento di ogni scelta. Egli aveva poco più di vent’anni quando nel 1902, prendendo parte al primo Congresso Cattolico trentino, tracciò le linee di azione apostolica che costituiranno il programma dell’intera sua esistenza: "Non basta conservare il cristianesimo in se stessi – egli disse - , conviene combattere con tutto il grosso dell’esercito cattolico per riconquistare alla fede i campi perduti" (cfr A. De Gasperi, I cattolici trentini sotto l’Austria, Ed. di storia e letteratura, Roma 1964, p. 24). A quest’orientamento resterà fedele sino alla morte, anche a costo di sacrifici personali, affascinato dalla figura di Cristo. "Non sono bigotto – scriveva alla sua futura sposa Francesca – e forse nemmeno religioso come dovrei essere; ma la personalità del Cristo vivente mi trascina; mi soggioga, mi solleva come un fanciullo. Vieni, io ti voglio con me e che mi segua nella stessa attrazione, come verso un abisso di luce" (A. De Gasperi, Cara Francesca, Lettere, a cura di M.R. De Gasperi, Morcelliana, Brescia 1999, pp. 40 -41).

Non si resta allora sorpresi quando si apprende che nella sua giornata, oberata di impegni istituzionali, conservarono sempre largo spazio la preghiera e il rapporto con Dio, iniziando ogni giorno, quando gli era possibile, con il partecipare alla Santa Messa. Anzi i momenti più caotici e movimentati segnarono il vertice della sua spiritualità. Quando, ad esempio, conobbe l’esperienza del carcere, volle con sé come primo libro la Bibbia ed in seguito conservò l’abitudine di annotare i riferimenti biblici su foglietti per alimentare costantemente il suo spirito. Verso la fine della sua attività governativa, dopo un duro confronto parlamentare, ad un collega del governo che gli chiedeva quale fosse il segreto della sua azione politica rispose: "Che vuoi, è il Signore!".

Cari amici, mi piacerebbe soffermarmi ancor più su questo personaggio che ha onorato la Chiesa e l’Italia, ma mi limito a evidenziarne la riconosciuta dirittura morale, basata su un’indiscussa fedeltà ai valori umani e cristiani, come pure la serena coscienza morale che lo guidò nelle scelte della politica. "Nel sistema democratico - afferma in uno dei suoi interventi - viene conferito un mandato politico amministrativo con una responsabilità specifica…, ma parallelamente vi è una responsabilità morale dinanzi alla propria coscienza, e la coscienza per decidere deve essere sempre illuminata dalla dottrina e dall’insegnamento della Chiesa" (cfr A. De Gasperi, Discorsi politici 1923–1954, Cinque Lune, Roma 1990, p. 243). Certo, in qualche momento non mancarono difficoltà e, forse, anche incomprensioni da parte del mondo ecclesiastico, ma De Gasperi non conobbe tentennamenti nella sua adesione alla Chiesa che fu - come ebbe a testimoniare in un discorso a Napoli nel giugno del 1954 - "piena e sincera… anche nelle direttive morali e sociali contenute nei documenti pontifici che quasi quotidianamente hanno alimentato e formano la nostra vocazione alla vita pubblica".

In quella stessa occasione notava che "per operare nel campo sociale e politico non basta la fede né la virtù; conviene creare ed alimentare uno strumento adatto ai tempi… che abbia un programma, un metodo proprio, una responsabilità autonoma, una fattura e una gestione democratica". Docile ed obbediente alla Chiesa, fu dunque autonomo e responsabile nelle sue scelte politiche, senza servirsi della Chiesa per fini politici e senza mai scendere a compromessi con la sua retta coscienza. Al tramonto dei suoi giorni potrà dire: "Ho fatto tutto ciò che era in mio potere, la mia coscienza è in pace", spegnendosi, confortato dal sostegno dei familiari, il 19 agosto del 1954, dopo aver mormorato per tre volte il nome di Gesù. Cari amici, mentre preghiamo per l’anima di questo statista di fama internazionale, che con la sua azione politica ha reso servizio alla Chiesa, all’Italia e all’Europa, domandiamo al Signore che il ricordo della sua esperienza di governo e della sua testimonianza cristiana siano incoraggiamento e stimolo per coloro che oggi reggono le sorti dell’Italia e degli altri popoli, specialmente per quanti si ispirano al Vangelo. Con questo auspicio, vi ringrazio ancora per la vostra visita e con affetto tutti vi benedico.
+PetaloNero+
00lunedì 22 giugno 2009 01:49
Scambio di lettere tra Benedetto XVI e il Presidente della Germania
Solidarietà internazionale per l'Africa colpita dalla crisi



CITTA' DEL VATICANO, domenica, 21 giugno 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo qui di seguito il testo delle lettere tra Benedetto XVI e il Presidente della Repubblica Federale di Germania, Horst Köhler.

* * *

Berlino, 4 marzo 2009

Vostra Santità,

sono molto lieto del fatto che Ella, nel mese di marzo, intraprenderà il Suo primo viaggio in Africa. Ciò è un buon segnale per le popolazioni dell'Africa. Proprio nella crisi attuale e sullo sfondo della necessaria riorganizzazione dell'ordine mondiale, è importante che non perdiamo di vista il continente africano.

Volutamente ho posto io stesso uno degli accenti del mio lavoro sullo sviluppo di una nuova collaborazione tra partner con l'Africa. Penso che il futuro dell'umanità del nostro mondo si decida sul destino dell'Africa. Per me è del tutto evidente che possiamo risolvere i problemi del nostro tempo solo coinvolgendo anche l'Africa. Ciò vale sia per il superamento della crisi finanziaria, sia per la gestione delle conseguenze del cambiamento del clima. Sono convinto che noi europei possiamo trarre vantaggio, in modo diretto, da una collaborazione approfondita con l'Africa. Con ciò non si tratta soltanto della questione delle materie prime, di sbocchi e altri interessi economici. Si tratta pure della ricchezza culturale, delle tradizioni e della creatività degli africani. Chi si apre all'Africa e alla sua gente, sperimenta un arricchimento. Ma l'aiuto per l'Africa è anche un imperativo della carità cristiana.

Sono profondamente colpito dal modo attraverso il quale le tradizioni africane contribuiscano alla riconciliazione, all'equilibrio e alla pace, di come la coesione familiare aiuti a superare anche fasi di travaglio o di sconvolgimenti, di come la mobilità, spesso forzata a causa del bisogno, nell'epoca della globalizzazione possa trasformarsi in un vero vantaggio, o di come, in Africa, grazie ad un'immensa forza ed energia culturale, si creino novità senza negare le radici del passato. Non da ultimo, sono stato sempre di nuovo colpito anche dalla genuina gioia di vita delle popolazioni in Africa.

La ricchezza più importante dell'Africa è senza dubbio il potenziale costituito dalla sua gioventù. Pertanto, l'obiettivo centrale della collaborazione dovrebbe portare ad un miglioramento radicale delle opportunità educative e delle possibilità di occupazione sul posto. Possiamo e dovremmo anche offrire più occasioni per l'incontro tra i giovani. Inoltre, con la promozione di programmi di scambio, si offrono delle possibilità di cui anche i nostri giovani possono trarre vantaggio.

Ho incontrato molti giovani africani che hanno idee assai concrete di come potrebbe realizzarsi un futuro positivo per il nostro pianeta. Vogliono coinvolgersi attivamente per impegnarsi per questo futuro, insieme con i loro coetanei in Europa, Asia e America. Due anni fa, in occasione dell'Africa forum in Ghana, organizzato personalmente insieme al Presidente Kufuor, giovani africani e tedeschi hanno espresso questo desiderio in modo impressionante nella Dichiarazione di Accra. Mi sono permesso a quel tempo di inviarLe una copia di questa Dichiarazione. Spero vivamente che Ella possa essere colpito in modo simile dagli incontri con giovani africani, come è avvenuto per me.

Sono dispiaciuto che le nostre attuali informazioni sull'Africa siano, purtroppo, ancora determinate da pregiudizi e che sappiamo davvero troppo poco circa i progressi già realizzatisi nel continente africano. In Africa molte cose sono cambiate, molte altre sono in movimento, creandosi così un'Africa nuova. In occasione di numerose visite in Africa e durante i miei forum di discussione con Presidenti africani e rappresentanti della società civile, ho ripetutamente fatto l'esperienza di come oggi gli africani parlino con una nuova coscienza di sé. Riconoscono e valutano i propri problemi e le cause di essi e sviluppano i loro approcci alle soluzioni. Tutto questo, secondo me, ci pone in una condizione rilevante per convincere i nostri cittadini dei Paesi più industrializzati del fatto che sia possibile e conveniente un aiuto a favore dell'iniziativa personale in Africa.

In questo contesto è degna di nota anche la franchezza, con la quale gli interlocutori africani individuano ed affrontano anche gli squilibri presenti nel nostro rapporto. Lo stesso vale per le contraddizioni insite nella politica dei Paesi industrializzati. In questo contesto molto spesso si menzionano le sovvenzioni per l'agricoltura e la politica in materia di pesca dell'Unione Europea. Se prendiamo sul serio una collaborazione fra partner, dobbiamo pertanto anche occuparci più seriamente della domanda su che cosa vada cambiato sul nostro versante, affinché lo sviluppo dell'Africa possa svolgersi in modo positivo e duraturo.

Non si può negare che i problemi in Africa siano molto complessi. Ciò si manifesta ben presto a chi visita il nostro vicino continente. Sono tuttavia convinto che la visita e soprattutto i colloqui pazienti valgano la pena. Già la dimostrazione ai nostri partner africani che siamo capaci di ascoltare, ci fa fare un primo passo importante verso il superamento degli squilibri, affrontando le contraddizioni.

So che la gente del Camerun, dell'Angola e dell'intero continente africano attende la Sua visita con grande gioia. Le auguro un viaggio pieno di successo ed appagante anche per Lei personalmente.

Suo Horst Köhler


* * *


Dal Vaticano, 4 maggio 2009

Stimatissimo Signor Presidente Federale Köhler!

alla vigilia del mio primo Viaggio Apostolico in Africa ho ricevuto la Sua lettera, assai istruttiva, con la quale Ella mi informava dei Suoi numerosi incontri con persone del continente a noi vicino e mi partecipava le Sue idee sullo sviluppo dell'Africa e le Sue prospettive circa il futuro di quel continente. Le Sue riflessioni mi hanno accompagnato durante il mio viaggio. Ora, dopo il mio rientro, posso confermare con piena convinzione le Sue esperienze: L'Africa è un continente giovane, pieno di gioia di vita e di fiducia, con un enorme potenziale di creatività. Certo, gli interessi stranieri e le tensioni della sua propria storia gravano ancora sul presente e minacciano l'avvenire. Ma la fede viva, la fresca forza morale e la crescente competenza intellettuale creano un clima di speranza che resiste alle sfide e ne rende possibile il superamento.

Grazie alle visite Ad-limina, negli ultimi quattro anni ho potuto avere colloqui personali già con la maggior parte dei Vescovi africani sullo stato delle loro rispettive Diocesi e farmi un'idea della situazione di esse. Quest'autunno, a Roma, il Sinodo dei Vescovi africani sul tema La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace: «Voi siete il sale della terra ... Voi siete la luce del mondo» (Mt 5, 13-14) offrirà l'occasione per un ampio scambio di idee e per la creazione di un comune programma pastorale.

La fede può offrire un contributo decisivo per l'interiore e necessaria formazione umana. Al riguardo, a Yaoundé ho citato una parola di Lattanzio, scrittore ecclesiastico africano del quarto secolo: «Il primo dovere della giustizia è riconoscere l'uomo come un fratello. Infatti, se lo stesso Dio ci ha fatti e ci ha generati tutti nella stessa condizione, in vista della giustizia e della vita eterna, noi siamo sicuramente uniti da legami di fraternità: chi non li riconosce è ingiusto». In tal senso la Chiesa cerca di formare le coscienze e di operare quasi dall'interno affinché gli africani, come protagonisti dello sviluppo dei loro Paesi, usino i loro numerosi doni a favore dell'edificazione della società e della pace. Un comportamento onesto e solidale che non ceda alla legge del più forte e non cerchi soltanto il proprio interesse è infatti come una speranza che agisce, un seme che porta già in sé un futuro migliore. In tale contesto è richiesto anche l'appoggio della comunità internazionale non malgrado, bensì proprio a motivo dell'attuale crisi finanziaria ed economica che tocca particolarmente l'Africa e i Paesi più poveri.

Ognuno di noi è pensato, voluto e amato da Dio. Su questa base ho anche potuto incoraggiare la Chiesa in Africa a continuare ad assistere le vittime della violenza e delle malattie come l'Aids, la malaria e la tubercolosi e a lottare efficacemente contro tali terribili flagelli. Ispirati da un autentico umanesimo, la cui misura perfetta è Gesù Cristo, i cristiani presteranno anche in futuro il loro servizio negli ospedali e nelle scuole, ed accanto a loro ci saranno numerose persone di buona volontà. In questo senso ho potuto dire che la Chiesa, suscitando nei cuori degli uomini l'amore verso i sofferenti e la disponibilità ad aiutare, fa molto di più contro le malattie devastanti che tante altre istituzioni.

L'incontro con i nostri fratelli e sorelle africani e, in modo particolare, con i bambini e con i giovani, mi ha fatto bene. Spero e prego che lo scambio interpersonale e la collaborazione internazionale continuino a crescere e portino abbondanti benedizioni agli uomini di tutti i continenti, specialmente all'Africa.

Con l'espressione della mia alta considerazione e con i migliori auguri di benedizione per Lei e per Sua famiglia.

Benedetto PP. XVI



+PetaloNero+
00mercoledì 24 giugno 2009 16:23
RINUNCE E NOMINE


NOMINA DEL VESCOVO DI ASSIS (BRASILE)

Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Assis (Brasile) S.E. Mons. José Benedito Simão, finora Vescovo titolare di Tagaria ed Ausiliare di São Paulo.

S.E. Mons. José Benedito Simão

S.E. Mons. José Benedito Simão è nato il 1° gennaio 1951 nella città di Caçapava, diocesi di Taubaté. Ha compiuto gli studi preparatori nel collegio statale "Ministro José Moura Resende" e nel Seminario minore "Nossa Senhora da Penha", nell’arcidiocesi di São Paulo. Ha frequentato i corsi di Filosofia presso la F.A.I (Faculdades Associadas do Ipiranga), e quelli di teologia presso la Pontificia Facoltà "Nossa Senhora da Assunção", nell’arcidiocesi di São Paulo. In seguito ha ottenuto un dottorato in Teologia Morale, presso la Pontificia Accademia Alfonsiana a Roma.

Il 7 giugno 1981 ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale, incardinandosi nel clero arcidiocesano di São Paulo. Ha svolto gli incarichi di Parroco nelle parrocchie "Santa Rita de Cassia" (1981-1982) e "Nossa Senhora do Perpétuo Socorro" (1983-1986). È stato Coordinatore del settore pastorale di "Interlagos" (1981-1984), Responsabile della pastorale Vocazionale (1981-1986) e della pastorale della gioventù (1983-1986). È stato poi Rettore del "Teologado Dom José Gaspar" (1984-1986) e del Seminario Teologico dell’arcidiocesi di São Paulo(1994-1996), Professore e Direttore della Pontificia Facoltà "Nossa Senhora da Assunção" (1996-2002)

Il 28 novembre 2001 è stato nominato Vescovo Titolare di Tagaria ed Ausiliare di São Paulo. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 25 gennaio 2002. Dal 9 marzo 2002 è stato il Vicario episcopale per la Regione "Brasilandia" dell’arcidiocesi di São Paulo.
+PetaloNero+
00mercoledì 24 giugno 2009 16:24
L’UDIENZA GENERALE


L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 in Piazza San Pietro dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

Nel discorso in lingua italiana, il Papa ha incentrato la sua meditazione sull’Anno Sacerdotale da lui indetto nell’occasione del 150° anniversario della morte del Curato d’Ars, san. Giovanni Maria Vianney.

Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.

L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.


CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Cari fratelli e sorelle,

venerdì scorso 19 giugno, Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù e Giornata tradizionalmente dedicata alla preghiera per la santificazione dei sacerdoti, ho avuto la gioia d’inaugurare l’Anno Sacerdotale, indetto in occasione del centocinquantesimo anniversario della "nascita al Cielo" del Curato d’Ars, san Giovanni Battista Maria Vianney. Ed entrando nella Basilica Vaticana per la celebrazione dei Vespri, quasi come primo gesto simbolico, mi sono fermato nella Cappella del Coro per venerare la reliquia di questo santo Pastore d’anime: il suo cuore. Perché un Anno Sacerdotale? Perché proprio nel ricordo del santo Curato d’Ars, che apparentemente non ha compiuto nulla di straordinario?

La Provvidenza divina ha fatto sì che la sua figura venisse accostata a quella di san Paolo. Mentre infatti si va concludendo l’Anno Paolino, dedicato all’Apostolo delle genti, modello di straordinario evangelizzatore che ha compiuto diversi viaggi missionari per diffondere il Vangelo, questo nuovo anno giubilare ci invita a guardare ad un povero contadino diventato umile parroco, che ha consumato il suo servizio pastorale in un piccolo villaggio. Se i due Santi differiscono molto per i percorsi di vita che li hanno caratterizzati – l’uno è passato di regione in regione per annunciare il Vangelo, l’altro ha accolto migliaia e migliaia di fedeli sempre restando nella sua piccola parrocchia -, c’è però qualcosa di fondamentale che li accomuna: ed è la loro identificazione totale col proprio ministero, la loro comunione con Cristo che faceva dire a san Paolo: "Sono stato crocifisso con Cristo. Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Gal 2,20). E san Giovanni Maria Vianney amava ripetere: "Se avessimo fede, vedremmo Dio nascosto nel sacerdote come una luce dietro il vetro, come il vino mescolato all’acqua". Scopo di questo Anno Sacerdotale come ho scritto nella lettera inviata ai sacerdoti per tale occasione - è pertanto favorire la tensione di ogni presbitero "verso la perfezione spirituale dalla quale soprattutto dipende l’efficacia del suo ministero", e aiutare innanzitutto i sacerdoti, e con essi l’intero Popolo di Dio, a riscoprire e rinvigorire la coscienza dello straordinario ed indispensabile dono di Grazia che il ministero ordinato rappresenta per chi lo ha ricevuto, per la Chiesa intera e per il mondo, che senza la presenza reale di Cristo sarebbe perduto.

Indubbiamente sono mutate le condizioni storiche e sociali nelle quali ebbe a trovarsi il Curato d’Ars ed è giusto domandarsi come possano i sacerdoti imitarlo nella immedesimazione col proprio ministero nelle attuali società globalizzate. In un mondo in cui la visione comune della vita comprende sempre meno il sacro, al posto del quale, la "funzionalità" diviene l’unica decisiva categoria, la concezione cattolica del sacerdozio potrebbe rischiare di perdere la sua naturale considerazione, talora anche all’interno della coscienza ecclesiale. Non di rado, sia negli ambienti teologici, come pure nella concreta prassi pastorale e di formazione del clero, si confrontano, e talora si oppongono, due differenti concezioni del sacerdozio. Rilevavo in proposito alcuni anni or sono che esistono "da una parte una concezione sociale-funzionale che definisce l’essenza del sacerdozio con il concetto di ‘servizio’: il servizio alla comunità, nell’espletamento di una funzione… Dall’altra parte, vi è la concezione sacramentale-ontologica, che naturalmente non nega il carattere di servizio del sacerdozio, lo vede però ancorato all’essere del ministro e ritiene che questo essere è determinato da un dono concesso dal Signore attraverso la mediazione della Chiesa, il cui nome è sacramento" (J. Ratzinger, Ministero e vita del Sacerdote, in Elementi di Teologia fondamentale. Saggio su fede e ministero, Brescia 2005, p.165). Anche lo slittamento terminologico dalla parola "sacerdozio" a quelle di "servizio, ministero, incarico", è segno di tale differente concezione. Alla prima, poi, quella ontologico-sacramentale, è legato il primato dell’Eucaristia, nel binomio "sacerdozio-sacrificio", mentre alla seconda corrisponderebbe il primato della parola e del servizio dell’annuncio.

A ben vedere, non si tratta di due concezioni contrapposte, e la tensione che pur esiste tra di esse va risolta dall’interno. Così il Decreto Presbyterorum ordinis del Concilio Vaticano II afferma: "È proprio per mezzo dell'annuncio apostolico del Vangelo che il popolo di Dio viene convocato e adunato, in modo che tutti… possano offrire se stessi come «ostia viva, santa, accettabile da Dio» (Rm 12,1), ed è proprio attraverso il ministero dei presbiteri che il sacrificio spirituale dei fedeli viene reso perfetto nell'unione al sacrificio di Cristo, unico mediatore. Questo sacrificio, infatti, per mano dei presbiteri e in nome di tutta la Chiesa, viene offerto nell'Eucaristia in modo incruento e sacramentale, fino al giorno della venuta del Signore" (n. 2).

Ci chiediamo allora: "Che cosa significa propriamente, per i sacerdoti, evangelizzare? In che consiste il cosiddetto primato dell’annuncio"?. Gesù parla dell’annuncio del Regno di Dio come del vero scopo della sua venuta nel mondo e il suo annuncio non è solo un "discorso". Include, nel medesimo tempo, il suo stesso agire: i segni e i miracoli che compie indicano che il Regno viene nel mondo come realtà presente, che coincide ultimamente con la sua stessa persona. In questo senso, è doveroso ricordare che, anche nel primato dell’annuncio, parola e segno sono indivisibili. La predicazione cristiana non proclama "parole", ma la Parola, e l’annuncio coincide con la persona stessa di Cristo, ontologicamente aperta alla relazione con il Padre ed obbediente alla sua volontà. Quindi, un autentico servizio alla Parola richiede da parte del sacerdote che tenda ad una approfondita abnegazione di sé, sino a dire con l’Apostolo: "non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me". Il presbitero non può considerarsi "padrone" della parola, ma servo. Egli non è la parola, ma, come proclamava Giovanni il Battista, del quale celebriamo proprio oggi la Natività, è "voce" della Parola: "Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri" (Mc 1,3).

Ora, essere "voce" della Parola, non costituisce per il sacerdote un mero aspetto funzionale. Al contrario presuppone un sostanziale "perdersi" in Cristo, partecipando al suo mistero di morte e di risurrezione con tutto il proprio io: intelligenza, libertà, volontà e offerta dei propri corpi, come sacrificio vivente (cfr Rm 12,1-2). Solo la partecipazione al sacrificio di Cristo, alla sua chènosi, rende autentico l’annuncio! E questo è il cammino che deve percorrere con Cristo per giungere a dire al Padre insieme con Lui: si compia "non ciò che io voglio, ma ciò che tu vuoi" (Mc 14,36). L’annuncio, allora, comporta sempre anche il sacrificio di sé, condizione perché l’annuncio sia autentico ed efficace.

Alter Christus, il sacerdote è profondamente unito al Verbo del Padre, che incarnandosi ha preso la forma di servo, è divenuto servo (cfr Fil 2,5-11). Il sacerdote é servo di Cristo, nel senso che la sua esistenza, configurata a Cristo ontologicamente, assume un carattere essenzialmente relazionale: egli è in Cristo, per Cristo e con Cristo al servizio degli uomini. Proprio perché appartiene a Cristo, il presbitero è radicalmente al servizio degli uomini: è ministro della loro salvezza, della loro felicità, della loro autentica liberazione, maturando, in questa progressiva assunzione della volontà del Cristo, nella preghiera, nello "stare cuore a cuore" con Lui. È questa allora la condizione imprescindibile di ogni annuncio, che comporta la partecipazione all’offerta sacramentale dell’Eucaristia e la docile obbedienza alla Chiesa.

Il santo Curato d’Ars ripeteva spesso con le lacrime agli occhi: "Come è spaventoso essere prete!". Ed aggiungeva: "Come è da compiangere un prete quando celebra la Messa come un fatto ordinario! Com’è sventurato un prete senza vita interiore!". Possa l’Anno sacerdotale condurre tutti i sacerdoti ad immedesimarsi totalmente con Gesù crocifisso e risorto, perché, ad imitazione di san Giovanni Battista, siano pronti a "diminuire" perché Lui cresca; perché, seguendo l’esempio del Curato d’Ars, avvertano in maniera costante e profonda la responsabilità della loro missione, che è segno e presenza dell’infinita misericordia di Dio. Affidiamo alla Madonna, Madre della Chiesa, l’Anno Sacerdotale appena iniziato e tutti i sacerdoti del mondo.



SINTESI DELLA CATECHESI NELLE DIVERSE LINGUE


○ Sintesi della catechesi in lingua francese

Chers Frères et Sœurs,

Vendredi dernier, en la solennité du Sacré-Cœur de Jésus, j’ai eu la joie d’inaugurer l’année sacerdotale, décidée à l’occasion du cent cinquantième anniversaire de la « naissance au ciel » du Curé d’Ars, saint Jean-Marie Vianney. Alors que se conclue l’Année consacrée à l’Apôtre Paul, modèle extraordinaire de l’évangélisateur qui a accompli de nombreux voyages pour répandre l’Evangile, cette nouvelle année jubilaire nous invite à nous tourner vers un humble curé qui a réalisé son service pastoral dans un petit village. Tous deux ont en commun une identification totale avec leur ministère et une profonde communion au Christ.

Le but de cette année sacerdotale est d’aider les prêtres à tendre vers la perfection spirituelle dont dépend surtout l’efficacité de leur ministère, à redécouvrir et à renforcer la conscience de la grâce extraordinaire que le ministère ordonné représente pour celui qui l’a reçu, pour l’Eglise et pour le monde. Profondément uni au Verbe de Dieu, qui en s’incarnant est devenu serviteur, le prêtre, lui appartient. Pour cette raison, il est aussi au service des hommes. Il est ministre de leur salut, de leur bonheur, de leur authentique libération, en accueillant en lui-même la volonté du Christ, dans la prière et dans le « cœur à cœur » avec lui.

J’accueille avec joie les pèlerins francophones. Je salue particulièrement le groupe de la Mission catholique vietnamienne de Paris et les jeunes de l’école de la Croix de Paris. Que le témoignage du Curé d’Ars vous aide à mieux comprendre l’importance du ministère du prêtre dans la vie de l’Église et du monde, et à répondre généreusement aux appels du Seigneur. Avec ma Bénédiction apostolique !


○ Sintesi della catechesi in lingua inglese

Dear Brothers and Sisters,

Last Friday, the Solemnity of the Sacred Heart of Jesus – a day traditionally devoted to prayer for the sanctification of priests – marked the beginning of the Year for Priests commemorating the sesquicentennial of the death of the Curé of Ars, Saint John Mary Vianney, patron of parish priests. The Pauline Year now ending and the current Year for Priests invite us to consider how the Apostle Paul and the humble Curé of Ars both identified themselves completely with their ministry, striving to live in constant communion with Christ. May this Year for Priests help all priests to grow towards the spiritual perfection essential to the effectiveness of their ministry, and enable the faithful to appreciate more fully the great gift of grace which the priesthood is: for priests themselves, for the Church and for our world. Configured to Christ in the sacrament of Holy Orders, the priest is called to become an alter Christus, "another Christ". His personal union with the Lord must thus unify every aspect of his life and activity. During this Year for Priests, let us entrust all priests to Mary, Mother of the Church, and pray that they will grow in fidelity to their mission to be living signs of Christ’s presence and infinite mercy.

I offer a warm welcome to the English-speaking visitors present at today’s Audience, especially those from Norway, Sweden, Malawi, South Africa, Indonesia and the United States. My particular greeting goes to the Catholic educators participating in the annual Rome Seminar sponsored by the Lay Centre at Foyer Unitas. I also greet the many student groups present. Upon all of you I invoke God’s blessings of joy and peace!


○ Sintesi della catechesi in lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern!

Am vergangenen Freitag, dem Herz-Jesu-Fest, habe ich das Jahr der Priester eröffnet. Es steht in Verbindung mit dem 150. Todestag des heiligen Pfarrers von Ars Jean Marie Vianney. Es fügt sich, daß das Priesterjahr in der Schlußphase des Paulusjahres beginnt. Dies gibt uns Gelegenheit, beide Heilige miteinander zu vergleichen und das Gemeinsame ihres Dienstes aufzuzeigen. Paulus, der Apostel der Völker, scheint sich auf den ersten Blick von der bescheidenen Gestalt des Pfarrers von Ars sehr zu unterscheiden. Aber es gibt eine grundlegende Gemeinsamkeit: das Einssein mit Christus, welches Paulus in die Worte faßt: „Ich bin mit Christus gekreuzigt worden; nicht mehr ich lebe, Christus lebt in mir" (Gal 2, 19f). Der heilige Jean Marie Vianney drückt es auf seine Weise aus: „Wenn ihr den Priester seht, denkt an unseren Herrn Jesus Christus". Jesus selbst hat das Reich Gottes verkündet, und in seinem Tun, seinen Zeichen und Wundern war dieses Reich als reale Wirklichkeit offenbar. Der Priester ist aufgerufen, ein authentischer Diener des Wortes zu sein, das heißt Christus in seinen Worten und Taten sichtbar zu machen und in Einklang mit seiner Verkündung zu leben. Die priesterliche Predigt verkündet nicht Worte, sondern das Wort, das Christus ist. Daher soll sich der Priester immer mehr zurücknehmen und so am Geheimnis des Todes und der Auferstehung Christi in freier Bereitschaft teilhaben, sozusagen als lebendiges Opfer, das Gott gefällt (vgl. Röm 12,1).

Mit Freude grüße ich die deutschsprachigen Pilger und Besucher, besonders die Wallfahrer der Diözese Bozen-Brixen in Begleitung von Bischof Karl Golser sowie die Gruppe aus dem Bistum Innsbruck mit Bischof Manfred Scheuer. Der heutige Tagesheilige Johannes der Täufer ruft uns auf: „Bereitet dem Herrn den Weg, ebnet ihm die Straßen!" (Mk 1, 3). Wollen wir in unserem Alltag Christus Raum geben und Boten seiner Liebe sein. Gottes Geist helfe euch, das Gute zu vollbringen. Ich wünsche euch eine gesegnete Zeit in Rom.


○ Sintesi della catechesi in lingua spagnola

Queridos hermanos y hermanas:

El pasado viernes, solemnidad del Sagrado Corazón de Jesús, tuve la alegría de inaugurar el Año Sacerdotal, con ocasión del ciento cincuenta aniversario de la muerte de san Juan María Vianney. El objetivo de este Año, como he escrito en la carta que he enviado a los sacerdotes, es renovar en cada uno de ellos la aspiración a la perfección espiritual, de la que depende en gran medida la eficacia de su ministerio. Asimismo, esta iniciativa servirá para reforzar en todo el Pueblo de Dios la conciencia del don inmenso que supone el ministerio ordenado para quien lo ha recibido, para toda la Iglesia y para el mundo. Espero que este Año Sacerdotal sea un tiempo de abundantes gracias para todos los sacerdotes, en el que profundicen en su íntima unión con Cristo crucificado y resucitado. Que a imitación de San Juan Bautista, cuya fiesta celebramos hoy, estén dispuestos a "disminuir" para que Él crezca, y así, siguiendo también el ejemplo del Cura de Ars, consideren la enorme responsabilidad de la misión que les ha sido encomendada, que es signo y presencia de la infinita misericordia de Dios.

Saludo cordialmente a los fieles de lengua española aquí presentes. En particular, a los peregrinos de la Arquidiócesis de Tulancingo, con su Arzobispo, Mons. Domingo Díaz Martínez, y de la Diócesis de Alcalá de Henares, con su Obispo, Mons. Juan Antonio Reig Pla, así como a los demás grupos venidos de España, Honduras, México y de otros países latinoamericanos. Os aliento para que en este Año Sacerdotal encomendéis de un modo especial a todos vuestros sacerdotes.



SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE


○ Saluto in lingua portoghese

Amados peregrinos de língua portuguesa, uma cordial saudação de boas-vindas para todos, nomeadamente para o grupo de Famões e os paroquianos de Espinho, confiando às vossas preces de modo particular os sacerdotes, neste ano a eles dedicado, para que sejam, a exemplo do Santo Cura d´Ars, sinal e presença da infinita misericórdia de Deus no meio dos seus irmãos. Sobre vós e vossas famílias, desça a minha Bênção.


○ Saluto in lingua polacca

Serdecznie witam uczestniczących w tej audiencji Polaków. Dzisiaj obchodzimy Uroczystość Narodzenia Świętego Jana Chrzciciela – proroka, który przygotował drogę Synowi Bożemu, ogłosił Jego obecność na ziemi. Swoją męczeńską śmiercią złożył Chrystusowi najpiękniejsze świadectwo. Jego wezwanie do nawrócenia pozostaje aktualne także dla nas. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.

[Saluto cordialmente i Polacchi presenti in quest’Udienza. Oggi festeggiamo la Natività di san Giovanni Battista, il profeta che ha preparato la strada al Figlio di Dio, annunciando la Sua presenza in mezzo agli uomini. Con il Suo martirio ha dato a Cristo la più bella testimonianza possibile. Il suo messaggio alla conversione rimane attuale anche per noi. Sia lodato Gesù Cristo.]


○ Saluto in lingua ungherese

Szeretettel köszöntöm a magyar híveket, elsősorban azokat, akik Jászjákóhalmáról érkeztek!

Kedves Testvéreim, imáitokba ajánlom az elmúlt hónapban szentelt újmisés papjaitokat, hogy legyenek hűségesek az Evangélium hirdetésében és Isten népe életének megszentelésében. Szívesen adom apostoli áldásomat rátok és az újmisés papokra. Dicsértessék a Jézus Krisztus!

[Con affetto saluto i fedeli di lingua ungherese, specialmente coloro che sono giunti da Jászjákóhalma!

Fratelli e sorelle, pregate per i vostri sacerdoti novelli, ordinati in questo mese, perché siano fedeli nell'annuncio del Vangelo e nel santificare il popolo di Dio. Volentieri benedico voi e tutti sacerdoti novelli. Con la Benedizione Apostolica. Sia lodato Gesù Cristo!]


○ Saluto in lingua slovacca

S láskou vítam slovenských pútnikov, osobitne z Bratislavy – Karlovej Vsi, Gbelov, Pezinka, Hornej Súče a Tepličky nad Váhom.

Bratia a sestry, vaša návšteva Ríma - sídla Petrovho nástupcu - nech vo vás posilní povedomie, že aj vy patríte do Kristovej Cirkvi. S týmto želaním vás žehnám. Pochválený buď Ježiš Kristus!

[Con affetto do il benvenuto ai pellegrini slovacchi provenienti da Bratislava - Karlova Ves, Gbely, Pezinok, Horná Súča e Teplička nad Váhom.

Fratelli e sorelle, la vostra visita a Roma - sede del Successore di Pietro - rafforzi in voi la coscienza anche della vostra appartenenza alla Chiesa di Cristo. Con questo desiderio vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!]


○ Saluto in lingua slovena

Lepo pozdravljam vernike iz župnij Bertoki in Sveti Anton v Sloveniji!

Naj vam bo to vaše romanje v mesto junaških apostolov Petra in Pavla v pomoč, da boste tudi sami zvesto ljubili Kristusa in hodili za Njim. Naj vas spremlja moj blagoslov!

[Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini provenienti dalle Parrocchie Bertoki e Sveti Anton in Slovenia!

Questo vostro pellegrinaggio nella Città dei grandi Apostoli Pietro e Paolo vi sia d’aiuto, affinché anche voi possiate amare fedelmente il Cristo e seguire la Sua strada. Vi accompagni la mia benedizione!]


○ Saluto in lingua croata

Najljepše pozdravljam sve hrvatske hodočasnike, a osobito vjernike iz župe Gospe od Milosrđa iz Splita! Dragi prijatelji, zajedno sa svetim Ivanom Krstiteljem prepoznajmo Gospodina u njegovoj poniznosti i svjedočimo ga drugima svojim ispravnim življenjem. Hvaljen Isus i Marija!

[Saluto di cuore tutti i pellegrini croati, particolarmente i fedeli della parrocchia della Madonna della Misericordia di Split! Cari amici, insieme con San Giovanni Battista riconosciamo il Signore nella Sua umiltà e testimoniamoLo agli altri con il nostro vivere corretto. Siano lodati Gesù e Maria!]


○ Saluto in lingua italiana

Il mio cordiale benvenuto va ora ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai fedeli della diocesi di San Marino-Montefeltro, accompagnati dal loro Vescovo, Mons. Luigi Negri, ed a quelli che partecipano al pellegrinaggio promosso dalla Congregazione di San Giovanni Battista Precursore. A ciascuno auguro che quest'incontro costituisca un'occasione provvidenziale per un rinnovato impegno di testimonianza cristiana. Saluto, poi, i Legionari di Cristo, invocando su ognuno la continua protezione del Signore. Il mio pensiero va, altresì, alle Suore Apostole del Santo Rosario, che incoraggio a diffondere con entusiasmo la novità del perenne messaggio salvifico portato da Cristo.

Saluto, infine, i giovani, i malati e gli sposi novelli. Celebriamo oggi la festa della natività di San Giovanni Battista, mandato da Dio per rendere testimonianza alla luce e preparare al Signore un popolo ben disposto. Auguro a voi, cari giovani, di trovare nell'amicizia con Gesù la forza necessaria per essere sempre all'altezza delle responsabilità che vi attendono. Esorto voi, cari ammalati, a considerare le sofferenze e le prove quotidiane come opportunità che Dio offre per cooperare alla salvezza delle anime. Ed invito voi, cari sposi novelli, a manifestare l'amore del Signore nella fedeltà reciproca e nella generosa accoglienza della vita.

Rivolgo un cordiale saluto alla Delegazione guidata dalla Sotto-Segretario dell’ONU e Rappresentante speciale per i Bambini in situazione di conflitto armato. Nell’esprimere a Lei e ai suoi accompagnatori vivo apprezzamento per l’impegno a difesa dell’infanzia vittima della violenza e delle armi, penso a tutti i bambini del mondo, in particolare a quelli che sono esposti alla paura, all’abbandono, alla fame, agli abusi, alla malattia, alla morte. Il Papa è vicino a tutte queste piccole vittime e li ricorda sempre nella preghiera.

* * *

Il 24 giugno di 150 anni fa nasceva l’idea di una grande mobilitazione per l’assistenza delle vittime delle guerre, che in seguito prenderà il nome di Croce Rossa. Nel corso degli anni, i valori di universalità, neutralità, indipendenza del servizio, hanno suscitato l’adesione di milioni di volontari in ogni parte del mondo, formando un importante baluardo di umanità e di solidarietà in tanti contesti di guerra e di conflitto, come pure in molte emergenze. Nell’auspicare che la persona umana, nella sua dignità e nella sua interezza sia sempre al centro dell’impegno umanitario della Croce Rossa, incoraggio specialmente i giovani ad impegnarsi concretamente in questa benemerita Istituzione. Approfitto di questa circostanza per chiedere il rilascio di tutte le persone sequestrate in zone di confitto e nuovamente la liberazione di Eugenio Vagni, operatore della Croce Rossa nelle Filippine.


+PetaloNero+
00giovedì 25 giugno 2009 17:05
LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

Sua Altezza Em.ma Fra’ Matthew Festing, Principe e Gran Maestro del Sovrano Militare Ordine di Malta, e Seguito;

Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale del Viêt Nam, in Visita "ad Limina Apostolorum":

S.E. Mons. Joseph Ngô Quang Kiêt, Arcivescovo di Hà Nôi

con il Vescovo Ausiliare:

S.E. Mons. Laurent Chu Van Minh, Vescovo tit. di Tinisa di Numidia;

S.E. Mons. Cosme Hoàng Van Dat, S.I., Vescovo di Bac Ninh;

S.E. Mons. Joseph Hoang Văn Tiêm, S.D.B., Vescovo di Bùi Chu;

con il Vescovo Ausiliare:

S.E. Mons. Pierre Nguyên Văn Dê, S.D.B., Vescovo tit. di Ammaedara.

Il Papa riceve questa mattina in Udienza:

Partecipanti all’Assemblea della "Riunione delle Opere per l’Aiuto alle Chiese Orientali" (R.O.A.C.O.).
+PetaloNero+
00giovedì 25 giugno 2009 17:06
UDIENZA AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA DELLA "RIUNIONE DELLE OPERE PER L’AIUTO ALLE CHIESE ORIENTALI" (R.O.A.C.O.)

Alle ore 12.15 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i partecipanti all’Assemblea della "Riunione delle Opere per l’Aiuto alle Chiese Orientali" (R.O.A.C.O.) e rivolge loro il discorso che riportiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signor Cardinale,

venerati Confratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,

cari Membri ed Amici della ROACO,

1. E’ per me una felice consuetudine accogliervi al termine della seconda sessione annuale della Riunione delle Opere in Aiuto alle Chiese Orientali. Sono grato al Signor Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, per le gentili espressioni che mi ha rivolto a nome di tutti. Le ricambio con un cordiale saluto, estendendolo volentieri all’Arcivescovo Segretario, Mons. Cyril Vasil’, e al Sotto-Segretario recentemente nominati, e agli altri collaboratori del Dicastero. Saluto gli Ecc.mi Presuli e il Custode di Terra Santa qui convenuti con i Rappresentanti delle Agenzie Cattoliche Internazionali e della Bethlehem University e il Cardinal John Patrick Foley. Vi ringrazio di cuore, cari amici, per quanto state facendo in favore delle comunità orientali e latine presenti nei territori affidati a codesta Congregazione e nelle altre regioni del mondo, dove i figli dell’Oriente Cattolico, con i loro pastori, si sforzano di costruire una pacifica convivenza insieme con i fedeli di altre confessioni cristiane e di diverse religioni.

2. Avec la fête de Saint Pierre et Saint Paul toute proche, l’année dédiée à l’Apôtre des Gentils pour le bimillénaire de sa naissance arrive à sa conclusion. Saisi par le Christ et ravi par l’Esprit Saint, il a été un témoin privilégié du mystère de l’amour de Dieu manifesté dans le Christ Jésus. Sa parole inspirée et son témoignage confirmé par le don suprême du martyre, ont été un éloge incomparable de la charité chrétienne et sont d’une grande actualité. Je me réfère en particulier à l’Hymne à la Charité de la Première Lettre aux Corinthiens (1 Co 13). Dans la bouche de Paul de Tarse, la Parole de Dieu nous indique sans équivoque ce qui "est le plus grand" pour les disciples du Christ: la charité ! C’est la source féconde de tout service d’Eglise, sa mesure, sa méthode et sa vérification. Par votre adhésion à la Roaco, vous désirez vivre cette charité, en offrant en particulier votre disponibilité à l’Evêque de Rome par l’intermédiaire de la Congrégation pour les Eglises Orientales. De cette façon, pourra continuer et même grandir "ce mouvement de charité que, sur mandat du Pape, la Congrégation supervise afin que, de manière ordonnée et équitable, la Terre-Sainte et les autres régions orientales reçoivent le soutien spirituel et matériel nécessaire pour faire front à la vie ecclésiale ordinaire et à des nécessités particulières" (Discours à la Congrégation pour les Églises Orientales, 9 juin 2007).

3. Today’s meeting rekindles the joy of my recent pilgrimage to the Holy Land. In this regard I renew my gratitude to the Latin Patriarch of Jerusalem, to the Papal Representative for Israel and for the Palestinian Territories, to Father Custos, and to all who have helped to make my pilgrimage fruitful. Indeed there were many moments of grace, when I was able to encourage and comfort the Catholic communities in the Holy Land, urging their members to persevere in their witness - a witness filled with fidelity, celebration, and at times great suffering. I was also able to remind the Christians of the region of their ecumenical and interreligious responsibility, in keeping with the spirit of the Second Vatican Council. I renew my prayer and my appeal for no more war, no more violence, no more injustice. I wish to assure you that the universal Church remains at the side of all our brothers and sisters who reside in the Holy Land. This concern is reflected in a special way in the Annual Holy Land Collection. I therefore exhort your ROACO Agencies to continue their charitable activities with zeal and with fidelity to the Successor of Peter.

4. Liebe Freunde der ROACO, mit besonderer Wertschätzung begleite ich euer Wirken in dieser weltweit heiklen Wirtschaftslage, die den kirchlichen Liebesdienst insgesamt und insbesondere die bereits in Angriff genommenen sowie die zukünftigen Projekte eurer Hilfswerke in Mitleidenschaft zu ziehen droht. Ich möchte die Gelegenheit ergreifen, euch wie auch die Hilfswerke, die ihr vertretet, zu einer zusätzlichen Anstrengung aufzurufen, um die richtigen Prioritäten auszumachen. Aus dem Geist des Glaubens wie auch durch kompetente Analysen und mit der notwendigen Nüchternheit können damit unnötige Entscheidungen korrigiert werden und die gegenwärtigen Notlagen wirksam angegangen werden; zum Beispiel die Situation der Flüchtlinge und Migranten, von der die Orientalischen Kirchen besonders stark betroffen sind, und der Wiederaufbau des Gazastreifens, der noch immer sich selbst überlassen ist, wobei auch der berechtigten Sorge Israels um seine Sicherheit Rechnung zu tragen ist. Gegenüber den völlig neuartigen Herausforderungen bleibt der kirchliche Liebesdienst wirksames Heilmittel und sichere Investition für die Gegenwart und die Zukunft.

5. Cari amici, più volte ho sottolineato l’importanza dell’educazione del Popolo di Dio, e ancor più ora, che abbiamo appena iniziato l’Anno Sacerdotale, mi preme raccomandarvi di considerare col massimo favore la cura dei sacerdoti e il sostegno ai seminari. Quando, venerdì scorso, solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, ho inaugurato questo singolare anno giubilare, ho affidato al Cuore di Cristo e della Madre Immacolata tutti i sacerdoti del mondo, con un pensiero speciale per quelli che in Oriente come in Occidente stanno vivendo momenti di difficoltà e di prova. Colgo la presente occasione per chiedere anche a voi di pregare per i presbiteri. Vi domando di continuare a sostenere anche me, Successore dell’apostolo Pietro, perché possa svolgere appieno la mia missione al servizio della Chiesa universale. Grazie ancora per il lavoro che state compiendo: Iddio vi ricompensi abbondantemente. Con questi sentimenti, imparto a ciascuno di voi, alle persone care, alle comunità ed agenzie che rappresentate, la confortatrice Benedizione Apostolica.
+PetaloNero+
00venerdì 26 giugno 2009 16:08
LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale del Viêt Nam, in Visita "ad Limina Apostolorum":

S.E. Mons. Joseph Vu Văn Thiên, Vescovo di Hai Phòng;

S.E. Mons. Antoine Vu Huy Chuong, Vescovo di Hung Hoá;

S.E. Mons. Joseph Ðăng Ðúc Ngân, Vescovo di Lang Són et Cao Bang;

S.E. Mons. François Xavier Nguyên Van Sang, Vescovo di Thái Bình;

S.E. Mons. Joseph Nguyên Chi Linh, Vescovo di Thanh Hóa;

S.E. Mons. Paul-Marie Cao Ðình Thuyên, Vescovo di Vinh.

Il Papa riceve questo pomeriggio in Udienza:

Em.mo Card. William Joseph Levada, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
+PetaloNero+
00sabato 27 giugno 2009 21:37
LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale del Viêt Nam, in Visita "ad Limina Apostolorum":

S.E. Mons. Etienne Nguyên Nhu Thê, Arcivescovo di Huê

con il Vescovo Ausiliare:

S.E. Mons. François Xavier Lê Văn Hông, Vescovo tit. di Gadiaufala;

S.E. Mons. Vincent Nguyên Văn Ban, Vescovo di Ban Mê Thuôt;

S.E. Mons. Joseph Chau Ngoc Tri, Vescovo di Ðà Nang.

Il Papa riceve questa mattina in Udienza:

Gruppo degli Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale del Viêt Nam, in Visita "ad Limina Apostolorum".

Il Santo Padre riceve questa mattina in Udienza:

Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli.

Il Papa riceve questo pomeriggio in Udienza:

Em.mo Card. Giovanni Battista Re, Prefetto della Congregazione per i Vescovi.
+PetaloNero+
00sabato 27 giugno 2009 21:37
RINUNCE E NOMINE



NOMINA DI AUSILIARE DI BRAGA (PORTOGALLO)

Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare di Braga (Portogallo) il Rev.do Sacerdote Manuel da Silva Rodrigues Linda, del clero della diocesi di Vila Real, Rettore del Seminario diocesano, assegnandogli la sede titolare vescovile di Case mediane.

Rev.do Manuel da Silva Rodrigues Linda

Il Rev.do Manuel da Silva Rodrigues Linda è nato il 15 aprile 1956, a Paus, nella diocesi di Lamego.

Ha frequentato il Seminario di Lamego per gli studi teologici. È stato ordinato sacerdote il 10 giugno 1981, con incardinazione nella diocesi di Vila Real.

Ha conseguito la Licenza in Discipline Umanistiche presso la Facoltà di Filosofia dell’Università Cattolica di Braga, la Licenza in Teologia nella Facoltà di Porto, la Licenza in Teologia Morale presso l’Accademia Alfonsiana a Roma, ed il Dottorato in Teologia Morale all’Università Comillas a Madrid.

È stato Parroco, Assistente dell’Azione Cattolica, docente in Seminario, Membro della Commissione diocesana "Progetto Vita". Dal 1992 è Rettore del Seminario e Direttore del Centro Cattolico di Cultura della diocesi; dal 2001 è anche Vicario Episcopale per la Cultura.



NOMINA DI AUSILIARE DI CARACAS (VENEZUELA)

Il Papa ha nominato Vescovo Ausiliare dell’arcidiocesi di Caracas (Venezuela) il Rev.do Fernando José Castro Aguayo, del clero della Prelatura Personale dell’Opus Dei, finora Vicario Episcopale per la Pastorale dell’arcidiocesi di Caracas e responsabile della Zona Est della medesima, assegnandogli la sede titolare vescovile di Ampora.

Rev.do Fernando José Castro Aguayo

Il Rev.do Fernando José Castro Aguayo è nato a Caracas, il 29 luglio 1951. Ha ottenuto la Laurea come Ingegnere Civile presso l’Università Cattolica "Andrés Bello" di Caracas. Ha compiuto gli studi ecclesiastici di Filosofia e di Teologia presso lo "Studium Generale" della Prelatura dell’Opus Dei in Venezuela e nel Collegio della Santa Croce a Roma. Ha ottenuto il Dottorato in Teologia presso l’Università di Navarra (Spagna).

Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale a Roma il 31 maggio 1984 per la Prelatura Personale dell’Opus Dei.

Ha svolto i seguenti incarichi: Cappellano del Centro Universitario "Monteavila", del Centro Culturale "Guayacán" e del Liceo "Los Arcos" di Caracas, Rettore della Chiesa della Sacra Famiglia di Nazareth a Caracas, Professore di Teologia presso lo "Studium Generale" dell’Opus Dei e del Seminario Maggiore di Caracas ed Arciprete di Baruta. Attualmente è Vicario Episcopale per la pastorale e Responsabile della Zona Est dell’arcidiocesi di Caracas.



NOMINA DEL RAGIONIERE GENERALE DELLA PREFETTURA DEGLI AFFARI ECONOMICI DELLA SANTA SEDE

Il Santo Padre ha nominato Ragioniere Generale della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede l’Ill.mo Sig. Dott. Stefano Fralleoni, Officiale del medesimo Dicastero.

+PetaloNero+
00sabato 27 giugno 2009 21:38
LETTERA DEL SANTO PADRE AL LEGATO PONTIFICIO PER LA CELEBRAZIONE DEL MILLENNIO DELLA LITUANIA (VILNIUS, 6 LUGLIO 2009)

Il Santo Padre ha nominato l’Em.mo Card. Angelo Sodano, Decano del Collegio Cardinalizio, Suo Legato Pontificio per la Celebrazione del Millennio della Lituania, che si terrà a Vilnius il 6 luglio 2009.

La Missione che accompagnerà il Cardinale Legato è composta da:

- Rev.do Mons. Grintaras Grušas, Segretario della Conferenza Episcopale;

- Rev.do P. Lionginas Virbalas, S.I.;

- Rev.do Mons. Piero Pioppo, Consigliere di Nunziatura in servizio presso la Segreteria di Stato;

- Rev.do Mons. Jean-François Lantheaume, Consigliere della Nunziatura Apostolica in Lituania.

Pubblichiamo di seguito la Lettera del Santo Padre all’Em.mo Card. Angelo Sodano:


LETTERA DEL SANTO PADRE

Venerabili Fratri Nostro

ANGELO S.R.E. Cardinali SODANO

Collegii Cardinalium Decano

Decimus feliciter advenit annus ex qua tempore Lituaniae primum mentio est facta. Etenim apud Quedlinburgenses Annales nomen illud decem ante saecula apparet, cum sanctus Bruno operam dabat ut Evangelii nuntius in regiones illas salutariter diffunderetur. Complures posthac eventus acciderunt, usque ad superiores proximos annos, minime quidem laetiores. Tantam temporum acerbitatem tristitiamque abiisse arbitramur, cum a religione pietateque aversae vigebant condiciones. Ipsa ibidem Civitas et Ecclesia tutum felixque ingressa videntur iter, ut, miserentis Domini benignitate uberem profectum futurum in aevum assequatur.

Convenit igitur ac permagni refert ut eventus hic congruenter commemoretur et optimo iure extollatur. Celebratio enim haec copiam dat et facultatem non huius rei solum memoriam repetendi, verum animos ad ferventiorem religionis sensum permovendi atque quod veneratus Decessor Noster Ioannes Paulus II inibi quondam effatus est iterum in memoriam revocandi.

Peropportune mensis Iulii die VI, sollemnis erit commemoratio, cum apud universam Lituaniae Nationem coronationis regis Mindaugas dies recoletur atque Gens haec ad translaticia instituta fereque incunabula remigrare videbitur.

Quocirca suasu inductuque clarissimi Valdas Adamkus, Reipublicae Lituaniae Praesidis, ut eventus hic spectabilius efficaciusque evolvatur quendam per insignem Praesulem, ad te, Venerabilis Frater Noster, cogitationem convertimus, qui prorsus idoneus occurris ad ministerium hoc praestandum et luculenter explendum. Itaque permagna moti affectione, te LEGATUM PONTIFICIUM renuntiamus et constituimus ad celebrationem quam supra diximus agendam.

Universis igitur participibus ac Potestatibus Nationis ibidem cunctis voluntatem Nostram benignam ostendes, dum simul optamus ut Domini Beataeque Virginis Mariae favore atque sancii Brunonis patrocinio felicius aevum illa obtineat Natio. Nostro demum nomine Nostraque auctoritate Benedictionem Apostolicam impertias volumus, quae sit animorum renovationis signum et supernarum gratiarum documentum.

Ex Aedibus Vaticanis, die XXIII mensis Iunii, anno MMIX, Pontificatus Nostri quinto.

BENEDICTUS PP. XVI
+PetaloNero+
00sabato 27 giugno 2009 21:39
Il Papa ricevendo i vescovi del Viêt Nam in visita «ad limina» invita Chiesa e politici alla collaborazione per il bene comune

Le religioni non rappresentano
un pericolo per l'unità della Nazione



La religione non rappresenta una minaccia per l'unità della Nazione. La collaborazione tra Chiesa e comunità politica è possibile per raggiungere il bene comune. Lo ha detto il Papa ricevendo sabato mattina, 27 giugno, i vescovi del Viêt Nam in visita "ad limina". Questo il discorso del Papa.


Signor cardinale,
cari fratelli nell'episcopato,
È con grande gioia che vi accolgo, pastori della Chiesa cattolica che è in Viêt Nam. Il nostro incontro assume un significato particolare in questi giorni in cui tutta la Chiesa celebra la solennità degli apostoli Pietro e Paolo, ed essa è per me di grande conforto poiché conosco i vincoli profondi di fedeltà e di amore che i fedeli del vostro Paese nutrono per la Chiesa e per il Papa.
È presso le tombe di questi due principi degli apostoli che voi siete venuti per manifestare la vostra comunione con il Successore di Pietro e per rafforzare l'unità che deve sempre esistere fra voi e che deve crescere ancora. Ringrazio il presidente della vostra Conferenza episcopale, monsignor Pierre Nguyên Van Nhon, vescovo di Ða-Lat, per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome vostro. Permettetemi di salutare in particolare i vescovi che sono stati nominati dalla vostra ultima visita ad limina. Desidero anche ricordare il venerato cardinale Paul Joseph Pham Dinh Tung, arcivescovo di Hà Nôi per molti anni. Con voi rendo grazie a Dio per lo zelo pastorale che ha dimostrato, con umiltà, in un amore paterno profondo per il suo popolo e una grande fraternità per i suoi sacerdoti. Che l'esempio di santità, di umiltà, di semplicità di vita dei grandi pastori del vostro Paese siano per voi stimoli nel vostro ministero episcopale al servizio del popolo vietnamita, al quale desidero esprimere la mia profonda stima!
Cari fratelli nell'episcopato, qualche giorno fa è iniziato l'Anno sacerdotale. Esso permetterà di mettere in luce la grandezza e la bellezza del ministero dei sacerdoti. Vi sarei grato se poteste ringraziare i sacerdoti diocesani e religiosi del vostro amato Paese per la loro vita consacrata al Signore e per i loro sforzi pastorali in vista della santificazione del popolo di Dio. Prendetevene cura, siate pieni di comprensione verso di loro e aiutateli a completare la loro formazione permanente. Per essere una guida autentica e conforme al cuore di Dio e all'insegnamento della Chiesa, il sacerdote deve approfondire la sua vita interiore e tendere alla santità come l'umile curato di Ars ha mostrato. Il fiorire delle vocazione sacerdotali e religiose, in particolare nella vita consacrata femminile, è un dono da parte del Signore per la vostra Chiesa. Rendiamo grazie a Dio per i loro carismi particolari che voi incoraggiate rispettandoli e promuovendoli.
Nella vostra lettera pastorale dello scorso anno avete mostrato un'attenzione particolare per i fedeli laici mettendo in evidenza il ruolo della loro vocazione nell'ambito familiare. È auspicabile che ogni famiglia cattolica, insegnando ai bambini a vivere con una coscienza retta, nella lealtà e nella verità, divenga un focolare di valori e di virtù umane, una scuola di fede e di amore verso Dio. I laici cattolici dovrebbero dimostrare con la loro vita basata sulla carità, l'onestà l'amore per il bene comune, che un buon cattolico è anche un buon cittadino. Perciò vegliate attentamente sulla loro buona formazione, promuovendo la loro vita di fede e il loro livello culturale, affinché possano servire efficacemente la Chiesa e la società.
Desidero affidare in modo particolare alla vostra sollecitudine i giovani, soprattutto quelli che vivono nelle aree rurali e che sono attirati dalle città per intraprendervi studi superiori e per trovarvi un lavoro. Sarebbe auspicabile sviluppare una pastorale adeguata per questi giovani migranti interni, cominciando con il rafforzare, anche qui, la collaborazione fra le diocesi di origine dei giovani e le diocesi di accoglienza e prodigando loro consigli etici e direttive pratiche.
La Chiesa in Viêt Nam si sta attualmente preparando alla celebrazione del cinquantesimo anniversario della creazione della gerarchia episcopale vietnamita. Questa celebrazione, che sarà segnata in modo particolare dall'anno giubilare 2010, potrà permetterle di condividere con entusiasmo la gioia della fede con tutti i vietnamiti rinnovando i suoi impegni missionari. In tale occasione il popolo di Dio deve essere invitato a rendere grazie per il dono della fede in Gesù Cristo. Questo dono è stato accolto generosamente, vissuto e testimoniato da molti martiri, che hanno voluto proclamare la verità e l'universalità della fede in Dio. In tal senso, la testimonianza resa a Cristo è un servizio supremo che la Chiesa può offrire al Viêt Nam e a tutti i popoli dell'Asia, poiché risponde alla ricerca profonda della verità e dei valori che garantiscono lo sviluppo umano integrale (cfr. Ecclesia in Asia). Dinanzi alle numerose sfide che questa testimonianza incontra attualmente, è necessaria una più stretta collaborazione fra le diverse diocesi, fra le diocesi e le congregazioni religiose, e anche fra le stesse congregazioni religiose.
La lettera pastorale che la vostra Conferenza episcopale ha pubblicato nel 1980, insiste su "la Chiesa di Cristo in mezzo al suo popolo". Apportando la propria specificità - l'annuncio della Buona Novella di Cristo -, la Chiesa contribuisce allo sviluppo umano e spirituale delle persone, ma anche allo sviluppo del Paese. La sua partecipazione a questo processo è un dovere e un contributo importante, soprattutto in questo momento in cui il Viêt Nam sta conoscendo una progressiva apertura alla comunità internazionale.
Voi sapete come me che una sana collaborazione fra la Chiesa e la comunità politica è possibile. A tale proposito, la Chiesa invita tutti i membri a impegnarsi lealmente per l'edificazione di una società giusta, solidale ed equa. Essa non intende assolutamente sostituirsi ai responsabili governativi, desiderando solamente poter prendere una giusta parte, in uno spirito di dialogo e di rispettosa collaborazione, alla vita della Nazione, al servizio di tutto il popolo. Partecipando attivamente, nel ruolo che le corrisponde e secondo la sua vocazione specifica, la Chiesa non si può mai esimere dall'esercizio della carità in quanto attività organizzata dei credenti e, d'altro canto, non vi sarà mai una situazione nella quale non si avrà bisogno della carità di ogni cristiano, poiché l'uomo, al di là della giustizia, avrà sempre bisogno dell'amore (Deus caritas est, n. 29). Inoltre, mi sembra importante sottolineare che le religioni non rappresentano un pericolo per l'unità della Nazione, poiché esse mirano ad aiutare l'individuo a santificarsi e, attraverso le loro istituzioni, desiderano mettersi generosamente e in modo disinteressato al servizio del prossimo.
Signor cardinale, cari fratelli nell'episcopato, al ritorno nel vostro Paese, trasmettete il saluto caloroso del Papa ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, ai seminaristi, ai catechisti e a tutti i fedeli, soprattutto ai più poveri e a quanti soffrono fisicamente e spiritualmente. Li incoraggio vivamente a restare fedeli alla fede ricevuta dagli apostoli, di cui sono i testimoni generosi in condizioni spesso difficili, e a dimostrare l'umile fermezza che l'esortazione apostolica Ecclesia in Asia (n. 9) ha riconosciuto come una loro caratteristica. Che lo Spirito del Signore sia la loro guida e la loro forza! Affidandovi alla protezione materna di Nostra Signora di La-Vang e all'intercessione dei santi martiri del Viêt Nam, imparto a tutti un'affettuosa Benedizione Apostolica.



(©L'Osservatore Romano - 28 giugno 2009)
+PetaloNero+
00sabato 27 giugno 2009 21:40
Il Papa a una delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli

Il ruolo del Vescovo di Roma
nella ricerca della piena comunione



In occasione delle celebrazioni per la solennità dei santi Pietro e Paolo, Benedetto XVI ha ricevuto in udienza, nella mattina di sabato 27 giugno, una delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. La delegazione era composta dal metropolita greco-ortodosso di Francia Emmanuel, direttore dell'Ufficio della Chiesa ortodossa presso l'Unione europea; dal vescovo di Sinope Athenagoras, assistente del metropolita del Belgio; dal diacono Ioakim Billis, della sede patriarcale al Fanar.


"Grazia a voi e pace da Dio, Padre Nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (Ef 1, 2).
Venerabili Fratelli,
è con queste parole che san Paolo "apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio" si rivolgeva "ai santi" che vivevano a Efeso "credenti in Cristo Gesù" (Ef 1, 1). Oggi, con questo annuncio di pace e di salvezza, vi porgo il benvenuto nella festa patronale dei santi Pietro e Paolo, con la quale concluderemo l'Anno paolino. Lo scorso anno, il Patriarca ecumenico, Sua Santità Bartolomeo I, ha voluto onorarci della sua presenza per celebrare insieme l'inaugurazione di questo anno di preghiera, di riflessione e di scambio di gesti di comunione fra Roma e Costantinopoli. A nostra volta, noi abbiamo avuto la gioia di inviare una delegazione alle celebrazioni analoghe organizzate dal Patriarcato ecumenico. Non poteva d'altronde essere diversamente in questo anno dedicato a san Paolo, che raccomandava con vigore di "conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace", insegnandoci che ci sono "un solo corpo e un solo spirito" (Ef 4, 3-4).
Siate i benvenuti, cari fratelli che siete stati inviati da Sua Santità il Patriarca ecumenico, al quale trasmetterete in cambio il mio saluto caloroso e fraterno nel Signore. Insieme rendiamo grazie al Signore per tutti i frutti e i benefici che ci ha apportato la celebrazione del bimillenario della nascita di san Paolo. Celebreremo nella concordia la festa dei santi Pietro e Paolo, i protôthroni degli apostoli, come li invoca la tradizione liturgica ortodossa, ossia quelli che occupano il primo posto fra gli apostoli e sono chiamati "maestri dell'ecumene".
Con la vostra presenza, che è segno di fraternità ecclesiale, ci ricordate il nostro impegno comune nella ricerca della piena comunione. Lo sapete già, ma ho piacere anche oggi di confermare che la Chiesa cattolica intende contribuire in tutti i modi che le saranno possibili al ristabilimento della piena comunione, in risposta alla volontà di Cristo per i suoi discepoli e conservando nella memoria l'insegnamento di Paolo, il quale ci ricorda che siamo stati chiamati "a una sola speranza". In questa prospettiva, possiamo allora guardare con fiducia al buon proseguimento dei lavori della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico fra gli ortodossi e i cattolici. Quest'ultima si riunirà nel mese di ottobre prossimo per affrontare un tema cruciale per le relazioni fra Oriente e Occidente, ossia il "ruolo del Vescovo di Roma nella comunione della Chiesa nel corso del primo millennio". Lo studio di questo aspetto si dimostra in effetti indispensabile per poter approfondire globalmente la questione nel quadro attuale della ricerca della piena comunione. Questa commissione, che ha già realizzato un importante lavoro, sarà generosamente ricevuta dalla Chiesa ortodossa di Cipro, alla quale esprimiamo fin d'ora tutta la nostra gratitudine, poiché l'accoglienza fraterna e il clima di preghiera che circonderanno i nostri colloqui non potranno che facilitare il nostro compito e la comprensione reciproca.
Desidero che i partecipanti al dialogo cattolico-ortodosso sappiano che le mie preghiere li accompagnano e che questo dialogo ha il totale sostegno della Chiesa cattolica. Di tutto cuore, auspico che le incomprensioni e le tensioni incontrate fra i delegati ortodossi durante le ultime sessioni plenarie di questa commissione siano superate nell'amore fraterno, di modo che questo dialogo sia più ampiamente rappresentativo dell'ortodossia.
Carissimi fratelli, vi ringrazio ancora per essere qui con noi in questo giorno e vi prego di trasmettere il mio saluto fraterno al Patriarca ecumenico, Sua Santità Bartolomeo I, al Santo Sinodo e a tutto il clero, così come al popolo dei fedeli ortodossi. La gioia della festa dei santi apostoli Pietro e Paolo, che celebriamo tradizionalmente lo stesso giorno, colmi i vostri cuori di fiducia e di speranza!



(©L'Osservatore Romano - 28 giugno 2009)
+PetaloNero+
00domenica 28 giugno 2009 15:35
LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS


Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.

Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Con la celebrazione dei Primi Vespri dei Santi Pietro e Paolo, che presiederò questa sera nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, si chiude l’Anno Paolino, indetto nel bimillenario della nascita dell’Apostolo delle genti. E’ stato un vero tempo di grazia in cui, mediante i pellegrinaggi, le catechesi, numerose pubblicazioni e diverse iniziative, la figura di san Paolo è stata riproposta in tutta la Chiesa e il suo vibrante messaggio ha ravvivato ovunque, nelle comunità cristiane, la passione per Cristo e per il Vangelo. Rendiamo pertanto grazie a Dio per l’Anno Paolino e per tutti i doni spirituali che esso ci ha portato.

La divina Provvidenza ha disposto che proprio pochi giorni fa, il 19 giugno, solennità del Sacro Cuore di Gesù, sia stato inaugurato un altro anno speciale, l’Anno Sacerdotale, in occasione del 150° anniversario della morte – dies natalis – di Giovanni Maria Vianney, il Santo Curato d’Ars. Un ulteriore impulso spirituale e pastorale, che – ne sono certo - non mancherà di recare tanti benefici al popolo cristiano e specialmente al clero. Qual è la finalità dell’Anno Sacerdotale? Come ho scritto nell’apposita lettera che ho inviato ai sacerdoti, esso intende contribuire a promuovere l’impegno di interiore rinnovamento di tutti i sacerdoti per una loro più forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi. L’apostolo Paolo costituisce, in proposito, un modello splendido da imitare non tanto nella concretezza della vita – la sua infatti fu davvero straordinaria – ma nell’amore per Cristo, nello zelo per l’annuncio del Vangelo, nella dedizione alle comunità, nella elaborazione di efficaci sintesi di teologia pastorale. San Paolo è esempio di sacerdote totalmente identificato col suo ministero – come sarà anche il Santo Curato d’Ars –, consapevole di portare un tesoro inestimabile, cioè il messaggio della salvezza, ma di portarlo in un "vaso di creta" (cfr 2 Cor 4,7); perciò egli è forte e umile nello stesso tempo, intimamente persuaso che tutto è merito di Dio, tutto è sua grazia. "L’amore del Cristo ci possiede" – scrive l’Apostolo, e questo può ben essere il motto di ogni sacerdote, che lo Spirito "avvince" (cfr At 20,22) per farne un fedele amministratore dei misteri di Dio (cfr 1 Cor 4,1-2): il presbitero deve essere tutto di Cristo e tutto della Chiesa, alla quale è chiamato a dedicarsi con amore indiviso, come uno sposo fedele verso la sua sposa.

Cari amici, insieme con quella dei santi Apostoli Pietro e Paolo, invochiamo ora l’intercessione della Vergine Maria, perché ottenga dal Signore abbondanti benedizioni per i sacerdoti durante questo Anno Sacerdotale da poco iniziato. La Madonna, che san Giovanni Maria Vianney tanto amò e fece amare dai suoi parrocchiani, aiuti ogni sacerdote a ravvivare il dono di Dio che è in lui in virtù della santa Ordinazione, così che egli cresca nella santità e sia pronto a testimoniare, se necessario sino al martirio, la bellezza della sua totale e definitiva consacrazione a Cristo e alla Chiesa.



DOPO L’ANGELUS

En ce dimanche, qui est éclairé par les solennités liturgiques de saint Jean-Baptiste et des Apôtres Pierre et Paul, j’accueille avec joie les pèlerins de langue française venus pour la prière de l’Angélus. La liturgie de ce jour nous rappelle que l’homme est fait pour la vie. Quiconque accepte de croire au Christ et de fonder son existence sur son amour reçoit de lui la force qui fait vivre. Au terme de l’année paulinienne que nous venons de vivre, je vous invite à progresser toujours plus dans la communion fraternelle qui vous comblera de la richesse même du Christ. Avec ma Bénédiction apostolique !

I am happy to greet all the English-speaking pilgrims and visitors present for this Angelus Prayer. Today’s Liturgy proclaims Jesus Christ, the Saviour who has done away with death and brought us life through his Gospel. May our thoughts and actions always be inspired by the words and deeds of Jesus whom we venerate as the Way, the Truth and the Life. I wish you all a pleasant stay in Rome and a blessed Sunday!

Ganz herzlich grüße ich alle Pilger und Besucher aus den Ländern deutscher Sprache. Mit der Vesper heute abend in der Basilika Sankt Paul vor den Mauern findet das Paulusjahr seinen Abschluß. Ich hoffe, daß uns die Persönlichkeit dieses Apostels der Völker immer vertrauter wird. Er war kein großer Redner und auch kein geschickter Stratege. Aber er hat sich mit Leib und Seele für das lebendige Wort Gottes, das Jesus Christus ist, eingesetzt und sich ihm ausgesetzt. Die Kirche ist nur dann überzeugend, wenn ihre Verkünder bereit sind, selbstlos und mutig für Gottes Liebe und Wahrheit einzutreten. Euch allen wünsche ich einen gesegneten Sonntag.

Saludo con afecto a los fieles de lengua española, y de modo particular a los miembros del "Instituto Misioneras y Misioneros Identes", venidos a Roma para dar gracias a Dios por la celebración del cincuenta aniversario de su fundación. Invito a todos a fortalecer vuestra fe y esperanza, mediante el trato asiduo con Cristo en la oración, para llevar a todo el mundo el testimonio de vuestro amor a Dios. Feliz domingo.

Pozdrawiam serdecznie Polaków. Dzisiaj wieczorem, Nieszporami zakończymy Rok Świętego Pawła. Był to ważny Rok dla całego Kościoła. Przybliżył nam osobę Apostoła Narodów bez reszty oddanego Chrystusowi i dziełu ewangelizacji. Jego gorliwa posługa i oddanie Kościołowi są dla nas wyzwaniem, byśmy codziennym życiem odważnie świadczyli o Chrystusie. Niech nasze świadectwo będzie duchowym owocem tego Roku. Z serca wam błogosławię.

[Saluto cordialmente tutti i polacchi. Con i Vespri di questa sera chiuderemo l’Anno Paolino. È stato un anno importante per tutta la Chiesa. Ci ha avvicinato alla persona dell’Apostolo delle Nazioni, totalmente donatosi a Cristo e all’opera evangelizzatrice. Il suo zelante ministero e la sua dedizione alla Chiesa siano per noi una sfida a trasformare la nostra vita quotidiana in una coraggiosa testimonianza di Cristo. Che questa nostra testimonianza sia il frutto spirituale di quest’anno. Vi benedico tutti di cuore.]

Saluto ora i pellegrini di lingua italiana, molti dei quali sono a Roma per la conclusione dell’Anno Paolino. Saluto, in particolare, i fedeli delle parrocchie: S. Maria Assunta in Avio, "Spirito Santo" in Botrugno e Santa Maria di Loreto in Fossano. Saluto il parroco e i fedeli della comunità dell’Annunciazione dell’Eparchia di Latakia-Siria della Chiesa Siro–Maronita, il Vicario Generale e i pellegrini della diocesi di Sapes in Albania, le missionarie e i missionari Identes dell’Istituto di Cristo Redentore. A tutti auguro di trascorrere una buona domenica sotto la speciale protezione dell’apostolo Paolo.
+PetaloNero+
00lunedì 29 giugno 2009 01:16
Omelia di Benedetto XVI per la chiusura dell’Anno Paolino


ROMA, domenica, 28 giugno 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'omelia pronunciata da Benedetto XVI nel presiedere questa domenica sera, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, la celebrazione dei Primi Vespri della Solennità dei Santi Pietro e Paolo per la chiusura dell’Anno Paolino.

* * *

Signori Cardinali,

Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,

Illustri membri della Delegazione del Patriarcato ecumenico,

Cari fratelli e sorelle,

rivolgo a ciascuno il mio saluto cordiale. In particolare, saluto il Cardinale Arciprete di questa Basilica e i suoi collaboratori, saluto l’Abate e la comunità monastica benedettina; saluto pure la Delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. L’anno commemorativo della nascita di san Paolo si conclude stasera. Siamo raccolti presso la tomba dell’Apostolo, il cui sarcofago, conservato sotto l’altare papale, è stato fatto recentemente oggetto di un’attenta analisi scientifica: nel sarcofago, che non è stato mai aperto in tanti secoli, è stata praticata una piccolissima perforazione per introdurre una speciale sonda, mediante la quale sono state rilevate tracce di un prezioso tessuto di lino colorato di porpora, laminato con oro zecchino e di un tessuto di colore azzurro con filamenti di lino. E’ stata anche rilevata la presenza di grani d’incenso rosso e di sostanze proteiche e calcaree. Inoltre, piccolissimi frammenti ossei, sottoposti all’esame del carbonio 14 da parte di esperti ignari della loro provenienza, sono risultati appartenere a persona vissuta tra il I e il II secolo. Ciò sembra confermare l’unanime e incontrastata tradizione che si tratti dei resti mortali dell’apostolo Paolo. Tutto questo riempie il nostro animo di profonda emozione. Molte persone hanno, durante questi mesi, seguito le vie dell’Apostolo – quelle esteriori e più ancora quelle interiori, che egli ha percorso durante la sua vita: la via di Damasco verso l’incontro con il Risorto; le vie nel mondo mediterraneo, che egli ha attraversato con la fiaccola del Vangelo, incontrando contraddizione e adesione, fino al martirio, per il quale appartiene per sempre alla Chiesa di Roma. Ad essa ha indirizzato anche la sua Lettera più grande ed importante. L’Anno Paolino si conclude, ma essere in cammino insieme con Paolo, con lui e grazie a lui venir a conoscenza di Gesù e, come lui, essere illuminati e trasformati dal Vangelo – questo farà sempre parte dell’esistenza cristiana. E sempre, andando oltre l’ambiente dei credenti, egli rimane il “maestro delle genti”, che vuol portare il messaggio del Risorto a tutti gli uomini, perché Cristo li ha conosciuti ed amati tutti; è morto e risorto per tutti loro. Vogliamo quindi ascoltarlo anche in questa ora in cui iniziamo solennemente la festa dei due Apostoli uniti fra loro da uno stretto legame.

Fa parte della struttura delle Lettere di Paolo che esse – sempre in riferimento al luogo ed alla situazione particolare – spieghino innanzitutto il mistero di Cristo, ci insegnino la fede. In una seconda parte, segue l’applicazione alla nostra vita: che cosa consegue a questa fede? Come essa plasma la nostra esistenza giorno per giorno? Nella Lettera ai Romani, questa seconda parte comincia con il dodicesimo capitolo, nei primi due versetti del quale l’Apostolo riassume subito il nucleo essenziale dell’esistenza cristiana. Che cosa dice a noi san Paolo in quel passaggio? Innanzitutto afferma, come cosa fondamentale, che con Cristo è iniziato un nuovo modo di venerare Dio – un nuovo culto. Esso consiste nel fatto che l’uomo vivente diventa egli stesso adorazione, “sacrificio” fin nel proprio corpo. Non sono più le cose ad essere offerte a Dio. È la nostra stessa esistenza che deve diventare lode di Dio. Ma come avviene questo? Nel secondo versetto ci vien data la risposta: “Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio…” (12, 2). Le due parole decisive di questo versetto sono: “trasformare” e “rinnovare”. Dobbiamo diventare uomini nuovi, trasformati in un nuovo modo di esistenza. Il mondo è sempre alla ricerca di novità, perché con ragione è sempre scontento della realtà concreta. Paolo ci dice: il mondo non può essere rinnovato senza uomini nuovi. Solo se ci saranno uomini nuovi, ci sarà anche un mondo nuovo, un mondo rinnovato e migliore. All’inizio sta il rinnovamento dell’uomo. Questo vale poi per ogni singolo. Solo se noi stessi diventiamo nuovi, il mondo diventa nuovo. Ciò significa anche che non basta adattarsi alla situazione attuale. L’Apostolo ci esorta ad un non-conformismo. Nella nostra Lettera si dice: non sottomettersi allo schema dell’epoca attuale. Dovremo tornare su questo punto riflettendo sul secondo testo che stasera voglio meditare con voi. Il “no” dell’Apostolo è chiaro ed anche convincente per chiunque osservi lo “schema” del nostro mondo. Ma diventare nuovi – come lo si può fare? Ne siamo davvero capaci? Con la parola circa il diventare nuovi, Paolo allude alla propria conversione: al suo incontro col Cristo risorto, incontro di cui nella Seconda Lettera ai Corinzi dice: “Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove” (5, 17). Era tanto sconvolgente per lui questo incontro con Cristo che dice al riguardo: “Sono morto” (Gal 2, 19; cfr Rm 6). Egli è diventato nuovo, un altro, perché non vive più per se stesso e in virtù di se stesso, ma per Cristo ed in Lui. Nel corso degli anni, però, ha anche visto che questo processo di rinnovamento e di trasformazione continua per tutta la vita. Diventiamo nuovi, se ci lasciamo afferrare e plasmare dall’Uomo nuovo Gesù Cristo. Egli è l’Uomo nuovo per eccellenza. In Lui la nuova esistenza umana è diventata realtà, e noi possiamo veramente diventare nuovi se ci consegniamo alle sue mani e da Lui ci lasciamo plasmare.

Paolo rende ancora più chiaro questo processo di “rifusione” dicendo che diventiamo nuovi se trasformiamo il nostro modo di pensare. Ciò che qui è stato tradotto con “modo di pensare”, è il termine greco “nous”. È una parola complessa. Può essere tradotta con “spirito”, “sentimenti”, “ragione” e, appunto, anche con “modo di pensare”. La nostra ragione deve diventare nuova. Questo ci sorprende. Avremmo forse aspettato che riguardasse piuttosto qualche atteggiamento: ciò che nel nostro agire dobbiamo cambiare, un precetto di alterazione. Ma no: il rinnovamento deve andare fino in fondo. Il nostro modo di vedere il mondo, di comprendere la realtà – tutto il nostro pensare deve mutarsi a partire dal suo fondamento. Il pensiero dell’uomo vecchio, il modo di pensare comune è rivolto in genere verso il possesso, il benessere, l’influenza, il successo, la fama e così via. Ma in questo modo ha una portata troppo limitata. Così, in ultima analisi, resta il proprio “io” il centro del mondo. Dobbiamo imparare a pensare in maniera più profonda. Che cosa ciò significhi, lo dice san Paolo nella seconda parte della frase: bisogna imparare a comprendere la volontà di Dio, così che questa plasmi la nostra volontà. Affinché noi stessi vogliamo ciò che vuole Dio, perché riconosciamo che ciò che Dio vuole è il bello e il buono. Si tratta dunque di una svolta nel nostro spirituale orientamento di fondo. Dio deve entrare nell’orizzonte del nostro pensiero: ciò che Egli vuole e il modo secondo cui Egli ha ideato il mondo e me. Dobbiamo imparare a prendere parte al pensare e al volere di Gesù Cristo. È allora che saremo uomini nuovi nei quali emerge un mondo nuovo.

Lo stesso pensiero di un necessario rinnovamento del nostro essere persona umana, Paolo lo ha illustrato ulteriormente in due brani della Lettera agli Efesini, sui quali pertanto vogliamo ancora riflettere brevemente. Nel quarto capitolo della Lettera l’Apostolo ci dice che con Cristo dobbiamo raggiungere l’età adulta, un’umanità matura. Non possiamo più rimanere “fanciulli in balia delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina…” (4, 14). Paolo desidera che i cristiani abbiano una fede matura, una “fede adulta”. La parola “fede adulta” negli ultimi decenni è diventata uno slogan diffuso. Lo s’intende spesso nel senso dell’atteggiamento di chi non dà più ascolto alla Chiesa e ai suoi Pastori, ma sceglie autonomamente ciò che vuol credere e non credere – una fede “fai da te”, quindi. E lo si presenta come “coraggio” di esprimersi contro il Magistero della Chiesa. In realtà, tuttavia, non ci vuole per questo del coraggio, perché si può sempre essere sicuri del pubblico applauso. Coraggio ci vuole piuttosto per aderire alla fede della Chiesa, anche se questa contraddice lo “schema” del mondo contemporaneo. È questo non-conformismo della fede che Paolo chiama una “fede adulta”. Qualifica invece come infantile il correre dietro ai venti e alle correnti del tempo. Così fa parte della fede adulta, ad esempio, impegnarsi per l’inviolabilità della vita umana fin dal primo momento, opponendosi con ciò radicalmente al principio della violenza, proprio anche nella difesa delle creature umane più inermi. Fa parte della fede adulta riconoscere il matrimonio tra un uomo e una donna per tutta la vita come ordinamento del Creatore, ristabilito nuovamente da Cristo. La fede adulta non si lascia trasportare qua e là da qualsiasi corrente. Essa s’oppone ai venti della moda. Sa che questi venti non sono il soffio dello Spirito Santo; sa che lo Spirito di Dio s’esprime e si manifesta nella comunione con Gesù Cristo. Tuttavia, anche qui Paolo non si ferma alla negazione, ma ci conduce al grande “sì”. Descrive la fede matura, veramente adulta in maniera positiva con l’espressione: “agire secondo verità nella carità” (cfr Ef 4, 15). Il nuovo modo di pensare, donatoci dalla fede, si volge prima di tutto verso la verità. Il potere del male è la menzogna. Il potere della fede, il potere di Dio è la verità. La verità sul mondo e su noi stessi si rende visibile quando guardiamo a Dio. E Dio si rende visibile a noi nel volto di Gesù Cristo. Guardando a Cristo riconosciamo un’ulteriore cosa: verità e carità sono inseparabili. In Dio, ambedue sono inscindibilmente una cosa sola: è proprio questa l’essenza di Dio. Per questo, per i cristiani verità e carità vanno insieme. La carità è la prova della verità. Sempre di nuovo dovremo essere misurati secondo questo criterio, che la verità diventi carità e la carità ci renda veritieri.

Ancora un altro pensiero importante appare nel versetto di san Paolo. L’Apostolo ci dice che, agendo secondo verità nella carità, noi contribuiamo a far sì che il tutto – l’universo – cresca tendendo a Cristo. Paolo, in base alla sua fede, non s’interessa soltanto della nostra personale rettitudine e non soltanto della crescita della Chiesa. Egli s’interessa dell’universo: ta pánta. Lo scopo ultimo dell’opera di Cristo è l’universo – la trasformazione dell’universo, di tutto il mondo umano, dell’intera creazione. Chi insieme con Cristo serve la verità nella carità, contribuisce al vero progresso del mondo. Sì, è qui del tutto chiaro che Paolo conosce l’idea di progresso. Cristo, il suo vivere, soffrire e risorgere è stato il vero grande salto del progresso per l’umanità, per il mondo. Ora, però, l’universo deve crescere in vista di Lui. Dove aumenta la presenza di Cristo, là c’è il vero progresso del mondo. Là l’uomo diventa nuovo e così diventa nuovo il mondo.

La stessa cosa Paolo ci rende evidente ancora a partire da un’altra angolatura. Nel terzo capitolo della Lettera agli Efesini egli ci parla della necessità di essere “rafforzati nell’uomo interiore” (3, 16). Con ciò riprende un argomento che prima, in una situazione di tribolazione, aveva trattato nella Seconda Lettera ai Corinzi: “Se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno” (4, 16). L’uomo interiore deve rafforzarsi – è un imperativo molto appropriato per il nostro tempo in cui gli uomini così spesso restano interiormente vuoti e pertanto devono aggrapparsi a promesse e narcotici, che poi hanno come conseguenza un ulteriore crescita del senso di vuoto nel loro intimo. Il vuoto interiore – la debolezza dell’uomo interiore – è uno dei grandi problemi del nostro tempo. Deve essere rafforzata l’interiorità – la percettività del cuore; la capacità di vedere e comprendere il mondo e l’uomo dal di dentro, con il cuore. Noi abbiamo bisogno di una ragione illuminata dal cuore, per imparare ad agire secondo la verità nella carità. Questo, tuttavia, non si realizza senza un intimo rapporto con Dio, senza la vita di preghiera. Abbiamo bisogno dell’incontro con Dio, che ci vien dato nei Sacramenti. E non possiamo parlare a Dio nella preghiera, se non lasciamo che parli prima Egli stesso, se non lo ascoltiamo nella parola, che ci ha donato. Paolo, al riguardo, ci dice: “Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza” (Ef 3, 17ss). L’amore vede più lontano della semplice ragione, è ciò che Paolo ci dice con queste parole. E ci dice ancora che solo nella comunione con tutti i santi, cioè nella grande comunità di tutti i credenti – e non contro o senza di essa – possiamo conoscere la vastità del mistero di Cristo. Questa vastità, egli la circoscrive con parole che vogliono esprimere le dimensioni del cosmo: ampiezza, lunghezza, altezza e profondità. Il mistero di Cristo ha una vastità cosmica: Egli non appartiene soltanto ad un determinato gruppo. Il Cristo crocifisso abbraccia l’intero universo in tutte le sue dimensioni. Egli prende il mondo nelle sue mani e lo porta in alto verso Dio. A cominciare da sant’ Ireneo di Lione – dunque fin dal II secolo – i Padri hanno visto in questa parola dell’ampiezza, lunghezza, altezza e profondità dell’amore di Cristo un’allusione alla Croce. L’amore di Cristo ha abbracciato nella Croce la profondità più bassa – la notte della morte, e l’altezza suprema – l’elevatezza di Dio stesso. E ha preso tra le sue braccia l’ampiezza e la vastità dell’umanità e del mondo in tutte le loro distanze. Sempre Egli abbraccia l’universo – tutti noi.

Preghiamo il Signore, affinché ci aiuti a riconoscere qualcosa della vastità del suo amore. PreghiamoLo, affinché il suo amore e la sua verità tocchino il nostro cuore. Chiediamo che Cristo abiti nei nostri cuori e ci renda uomini nuovi, che agiscono secondo verità nella carità. Amen !

[© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana. Con aggiunte a braccio a cura di ZENIT]
+PetaloNero+
00lunedì 29 giugno 2009 16:55
CAPPELLA PAPALE NELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO

Alle ore 9.30 di oggi, Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, il Santo Padre Benedetto XVI presiede nella Basilica Vaticana la Concelebrazione dell’Eucaristia con 34 Arcivescovi Metropoliti ai quali, nel corso del Sacro Rito, impone i Palli presi dalla Confessione di San Pietro.

Come di consueto in occasione della Festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, Patroni della Città di Roma, è presente alla Santa Messa una Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, composta da: Sua Eminenza Emmanuel, Metropolita di Francia, Direttore dell’Ufficio della Chiesa Ortodossa presso l’Unione Europea, Sua Eccellenza Athenagoras, Vescovo di Sinope, Assistente del Metropolita del Belgio, Rev.do Diacono Ioakim Billis, della Sede patriarcale del Fanar.

Dopo la lettura del Vangelo e prima del Rito di benedizione e imposizione dei Palli agli Arcivescovi Metropoliti, il Papa tiene l’omelia. Ne riportiamo di seguito il testo:


OMELIA DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,

Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,

Cari fratelli e sorelle!

A tutti rivolgo il mio saluto cordiale con le parole dell’Apostolo accanto alla cui tomba ci troviamo: "A voi grazia e pace in abbondanza" (1 Pt 1,2). Saluto, in particolare, i Membri della Delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e i numerosi Metropoliti che oggi ricevono il Pallio. Nella colletta di questa giornata solenne chiediamo al Signore "che la Chiesa segua sempre l’insegnamento degli Apostoli dai quali ha ricevuto il primo annunzio della fede". La richiesta che rivolgiamo a Dio interpella al contempo noi stessi: seguiamo noi l’insegnamento dei grandi Apostoli fondatori? Li conosciamo veramente? Nell’Anno Paolino che si è ieri concluso abbiamo cercato di ascoltare in modo nuovo lui, il "maestro delle genti", e di apprendere così nuovamente l’alfabeto della fede. Abbiamo cercato di riconoscere con Paolo e mediante Paolo il Cristo e di trovare così la via per la retta vita cristiana. Nel Canone del Nuovo Testamento, oltre alle Lettere di san Paolo, ci sono anche due Lettere sotto il nome di san Pietro. La prima di esse si conclude esplicitamente con un saluto da Roma, che però appare sotto l’apocalittico nome di copertura di Babilonia: "Vi saluta la co-eletta che vive in Babilonia…" (5,13). Chiamando la Chiesa di Roma la "co-eletta", la colloca nella grande comunità di tutte le Chiese locali – nella comunità di tutti coloro che Dio ha adunato, affinché nella "Babilonia" del tempo di questo mondo costruiscano il suo Popolo e facciano entrare Dio nella storia. La Prima Lettera di san Pietro è un saluto rivolto da Roma all’intera cristianità di tutti i tempi. Essa ci invita ad ascoltare "l’insegnamento degli Apostoli", che ci indica la via verso la vita.

Questa Lettera è un testo ricchissimo, che proviene dal cuore e tocca il cuore. Il suo centro è – come potrebbe essere diversamente? – la figura di Cristo, che viene illustrato come Colui che soffre e che ama, come Crocifisso e Risorto: "Insultato, non rispondeva con insulti, maltrattato, non minacciava vendetta … Dalle sue piaghe siete stati guariti" (1 Pt 2,23s). Partendo dal centro che è Cristo, la Lettera costituisce poi anche un’introduzione ai fondamentali Sacramenti cristiani del Battesimo e dell’Eucaristia e un discorso rivolto ai sacerdoti, nel quale Pietro si qualifica come co-presbitero con loro. Egli parla ai Pastori di tutte le generazioni come colui che personalmente è stato incaricato dal Signore di pascere le sue pecorelle e così ha ricevuto in modo particolare un mandato sacerdotale. Che cosa, dunque, ci dice san Pietro – proprio nell’Anno sacerdotale – circa il compito del sacerdote? Innanzitutto, egli comprende il ministero sacerdotale totalmente a partire da Cristo. Chiama Cristo il "pastore e custode delle … anime" (2,25). Dove la traduzione italiana parla di "custode", il testo greco ha la parola epíscopos (vescovo). Un po’ più avanti, Cristo viene qualificato come il Pastore supremo: archipoímen (5,4). Sorprende che Pietro chiami Cristo stesso vescovo – vescovo delle anime. Che cosa intende dire con ciò? Nella parola greca è contenuto il verbo "vedere"; per questo è stata tradotta con "custode" ossia "sorvegliante". Ma certamente non s’intende una sorveglianza esterna, come s’addice forse ad una guardia carceraria. S’intende piuttosto un vedere dall’alto – un vedere a partire dall’elevatezza di Dio. Un vedere nella prospettiva di Dio è un vedere dell’amore che vuole servire l’altro, vuole aiutarlo a diventare veramente se stesso. Cristo è il "vescovo delle anime", ci dice Pietro. Ciò significa: Egli ci vede nella prospettiva di Dio. Guardando a partire da Dio, si ha una visione d’insieme, si vedono i pericoli come anche le speranze e le possibilità. Nella prospettiva di Dio si vede l’essenza, si vede l’uomo interiore. Se Cristo è il vescovo delle anime, l’obiettivo è quello di evitare che l’anima nell’uomo s’immiserisca, è di far sì che l’uomo non perda la sua essenza, la capacità per la verità e per l’amore. Far sì che egli venga a conoscere Dio; che non si smarrisca in vicoli ciechi; che non si perda nell’isolamento, ma rimanga aperto per l’insieme. Gesù, il "vescovo delle anime", è il prototipo di ogni ministero episcopale e sacerdotale. Essere vescovo, essere sacerdote significa in questa prospettiva: assumere la posizione di Cristo. Pensare, vedere ed agire a partire dalla sua posizione elevata. A partire da Lui essere a disposizione degli uomini, affinché trovino la vita.

Così la parola "vescovo" s’avvicina molto al termine "pastore", anzi, i due concetti diventano interscambiabili. È compito del pastore pascolare e custodire il gregge e condurlo ai pascoli giusti. Pascolare il gregge vuol dire aver cura che le pecore trovino il nutrimento giusto, sia saziata la loro fame e spenta la loro sete. Fuori di metafora, questo significa: la parola di Dio è il nutrimento di cui l’uomo ha bisogno. Rendere sempre di nuovo presente la parola di Dio e dare così nutrimento agli uomini è il compito del retto Pastore. Ed egli deve anche saper resistere ai nemici, ai lupi. Deve precedere, indicare la via, conservare l’unità del gregge. Pietro, nel suo discorso ai presbiteri, evidenzia ancora una cosa molto importante. Non basta parlare. I Pastori devono farsi "modelli del gregge" (5,3). La parola di Dio viene portata dal passato nel presente, quando è vissuta. È meraviglioso vedere come nei santi la parola di Dio diventi una parola rivolta al nostro tempo. In figure come Francesco e poi di nuovo come Padre Pio e molti altri, Cristo è diventato veramente contemporaneo della loro generazione, è uscito dal passato ed entrato nel presente. Questo significa essere pastore – modello del gregge: vivere la Parola ora, nella grande comunità della santa Chiesa.

Molto brevemente vorrei ancora richiamare l’attenzione su due altre affermazioni della Prima Lettera di san Pietro, che riguardano in modo speciale noi, in questo nostro tempo. C’è innanzitutto la frase oggi nuovamente scoperta, in base alla quale i teologi medievali compresero il loro compito: "Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi" (3,15). La fede cristiana è speranza. Apre la via verso il futuro. Ed è una speranza che possiede ragionevolezza; una speranza la cui ragione possiamo e dobbiamo esporre. La fede proviene dalla Ragione eterna che è entrata nel nostro mondo e ci ha mostrato il vero Dio. Va al di là della capacità propria della nostra ragione, così come l’amore vede più della semplice intelligenza. Ma la fede parla alla ragione e nel confronto dialettico può tener testa alla ragione. Non la contraddice, ma va di pari passo con essa e, al contempo, conduce al di là di essa – introduce nella Ragione più grande di Dio. Come Pastori del nostro tempo abbiamo il compito di comprendere noi per primi la ragione della fede. Il compito di non lasciarla rimanere semplicemente una tradizione, ma di riconoscerla come risposta alle nostre domande. La fede esige la nostra partecipazione razionale, che si approfondisce e si purifica in una condivisione d’amore. Fa parte dei nostri doveri come Pastori di penetrare la fede col pensiero per essere in grado di mostrare la ragione della nostra speranza nella disputa del nostro tempo. Tuttavia – il pensare, da solo, non basta. Così come parlare, da solo, non basta. Nella sua catechesi battesimale ed eucaristica nel secondo capitolo della sua Lettera, Pietro allude al Salmo usato nella Chiesa primitiva nel contesto della comunione, e cioè al versetto che dice: "Gustate e vedete com’è buono il Signore" (Ps 34 [33], 9; 1 Pt 2,3). Solo il gustare conduce al vedere. Pensiamo ai discepoli di Emmaus: solo nella comunione conviviale con Gesù, solo nella frazione del pane si aprono i loro occhi. Solo nella comunione col Signore veramente sperimentata essi diventano vedenti. Ciò vale per tutti noi: al di là del pensare e del parlare, abbiamo bisogno dell’esperienza della fede; del rapporto vitale con Gesù Cristo. La fede non deve rimanere teoria: deve essere vita. Se nel Sacramento incontriamo il Signore; se nella preghiera parliamo con Lui; se nelle decisioni del quotidiano aderiamo a Cristo – allora "vediamo" sempre di più quanto Egli è buono. Allora sperimentiamo che è cosa buona stare con Lui. Da una tale certezza vissuta deriva poi la capacità di comunicare la fede agli altri in modo credibile. Il Curato d’Ars non era un grande pensatore. Ma egli "gustava" il Signore. Viveva con Lui fin nelle minuzie del quotidiano oltre che nelle grandi esigenze del ministero pastorale. In questo modo divenne "uno che vede". Aveva gustato, e per questo sapeva che il Signore è buono. Preghiamo il Signore, affinché ci doni questo gustare e possiamo così diventare testimoni credibili della speranza che è in noi.

Alla fine vorrei far notare ancora una piccola, ma importante parola di san Pietro. Subito all’inizio della Lettera egli ci dice che la mèta della nostra fede è la salvezza delle anime (cfr 1,9). Nel mondo del linguaggio e del pensiero dell’attuale cristianità questa è un’affermazione strana, per alcuni forse addirittura scandalosa. La parola "anima" è caduta in discredito. Si dice che questo porterebbe ad una divisione dell’uomo in spirito e fisico, in anima e corpo, mentre in realtà egli sarebbe un’unità indivisibile. Inoltre "la salvezza delle anime" come mèta della fede sembra indicare un cristianesimo individualistico, una perdita di responsabilità per il mondo nel suo insieme, nella sua corporeità e nella sua materialità. Ma di tutto questo non si trova nulla nella Lettera di san Pietro. Lo zelo per la testimonianza in favore della speranza, la responsabilità per gli altri caratterizzano l’intero testo. Per comprendere la parola sulla salvezza delle anime come mèta della fede dobbiamo partire da un altro lato. Resta vero che l’incuria per le anime, l’immiserirsi dell’uomo interiore non distrugge soltanto il singolo, ma minaccia il destino dell’umanità nel suo insieme. Senza risanamento delle anime, senza risanamento dell’uomo dal di dentro, non può esserci una salvezza per l’umanità. La vera malattia delle anime, san Pietro la qualifica come ignoranza – cioè come non conoscenza di Dio. Chi non conosce Dio, chi almeno non lo cerca sinceramente, resta fuori della vera vita (cfr 1 Pt 1,14). Ancora un’altra parola della Lettera può esserci utile per capire meglio la formula "salvezza delle anime": "Purificate le vostre anime con l’obbedienza alla verità" (cfr 1,22). È l’obbedienza alla verità che rende pura l’anima. Ed è il convivere con la menzogna che la inquina. L’obbedienza alla verità comincia con le piccole verità del quotidiano, che spesso possono essere faticose e dolorose. Questa obbedienza si estende poi fino all’obbedienza senza riserve di fronte alla Verità stessa che è Cristo. Tale obbedienza ci rende non solo puri, ma soprattutto anche liberi per il servizio a Cristo e così alla salvezza del mondo, che pur sempre prende inizio dalla purificazione obbediente della propria anima mediante la verità. Possiamo indicare la via verso la verità solo se noi stessi – in obbedienza e pazienza – ci lasciamo purificare dalla verità.

E ora mi rivolgo a voi, cari Confratelli nell’episcopato, che in quest’ora riceverete dalla mia mano il pallio. È stato intessuto con la lana di agnelli che il Papa ha benedetto nella festa di sant’Agnese. In questo modo esso ricorda gli agnelli e le pecore di Cristo, che il Signore risorto ha affidato a Pietro con il compito di pascerli (cfr Gv 21,15-18). Ricorda il gregge di Gesù Cristo, che voi, cari Fratelli, dovete pascere in comunione con Pietro. Ci ricorda Cristo stesso, che come Buon Pastore ha preso sulle sue spalle la pecorella smarrita, l’umanità, per riportarla a casa. Ci ricorda il fatto che Egli, il Pastore supremo, ha voluto farsi Lui stesso Agnello, per farsi carico dal di dentro del destino di tutti noi; per portarci e risanarci dall’interno. Vogliamo pregare il Signore, affinché ci doni di essere sulle sue orme Pastori giusti, "non perché costretti, ma volentieri, come piace a Dio … con animo generoso … modelli del gregge" (1 Pt 5,2s). Amen.







LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS


Al termine della Santa Messa celebrata nella Basilica Vaticana nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, con la partecipazione di una Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli e con l’imposizione dei Palli agli Arcivescovi Metropoliti, il Papa guida la recita dell’Angelus con i fedeli presenti in San Pietro e i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.

Queste le parole del Santo Padre Benedetto XVI nell’introdurre la preghiera mariana:


PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Quest’oggi, celebriamo solennemente i santi Apostoli Pietro e Paolo, speciali Patroni della Chiesa di Roma: Pietro, il pescatore di Galilea, che "per primo confessò la fede nel Cristo… e costituì la prima comunità con i giusti di Israele"; Paolo, l’antico persecutore dei cristiani, "che illuminò le profondità del mistero… il maestro e dottore, che annunziò la salvezza a tutte le genti" (cfr Prefazio della Messa di oggi). In una sua omelia alla comunità di Roma, il Papa San Leone Magno affermava: "Questi sono i tuoi Padri e veri Pastori, che ti hanno fondata perché fossi inserita nel regno celeste" (Sermo I in Nat. App Petri et Pauli, c I, PL 54,422). In occasione di questa festa vorrei rivolgere un caloroso e speciale saluto, unito a fervidi voti augurali, alla Comunità diocesana di Roma che la Provvidenza divina ha affidato alle mie cure, quale successore dell’apostolo Pietro. È un saluto che estendo volentieri a tutti gli abitanti della nostra metropoli e ai pellegrini e turisti che in questi giorni la stanno visitando, in coincidenza anche con la chiusura dell’Anno Paolino.

Cari fratelli e sorelle, il Signore vi benedica e protegga per intercessione dei Santi Pietro e Paolo! Come vostro Pastore, vi esorto a restare fedeli alla vocazione cristiana e a non conformarvi alla mentalità di questo mondo – come scriveva l’Apostolo delle genti proprio ai cristiani di Roma -, ma a lasciarvi sempre trasformare e rinnovare dal Vangelo, per seguire ciò che è veramente buono e gradito a Dio (cfr Rm 12,2). Per questo prego costantemente affinché Roma mantenga viva la sua vocazione cristiana non solo conservando inalterato il suo immenso patrimonio spirituale e culturale, ma anche perché i suoi abitanti possano tradurre la bellezza della fede ricevuta in modi concreti di pensare e di agire, ed offrano così a quanti, per varie ragioni vengono in questa Città, un’atmosfera carica di umanità e di valori evangelici. Pertanto – con la parole di san Pietro – vi invito, cari fratelli e sorelle discepoli di Cristo, ad essere "pietre vive", compatte intorno a Lui, che è la "pietra viva, rifiutata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio" (cfr 1 Pt 2,4).

L’odierna solennità riveste anche un carattere universale: esprime l’unità e la cattolicità della Chiesa. Ecco perché ogni anno, in questa data, vengono a Roma i nuovi Arcivescovi Metropoliti a ricevere il Pallio, simbolo di comunione con il Successore di Pietro. Rinnovo pertanto il mio saluto ai Fratelli nell’Episcopato per i quali ho compiuto questa mattina in Basilica tale gesto ed ai fedeli che li hanno accompagnati. Saluto altresì con viva cordialità la Delegazione del Patriarcato di Costantinopoli, che, come ogni anno, è giunta a Roma per la celebrazione dei Santi Pietro e Paolo. La comune venerazione di questi Martiri sia pegno di comunione sempre più piena e sentita fra i cristiani di ogni parte del mondo. Invochiamo per questo la materna intercessione di Maria, Madre dell’unica Chiesa di Cristo, con la consueta recita dell’Angelus.



DOPO L’ANGELUS

È ormai prossima la pubblicazione della mia terza Enciclica, che ha per titolo Caritas in veritate. Riprendendo le tematiche sociali contenute nella Populorum progressio, scritta dal Servo di Dio Paolo VI nel 1967, questo documento - che porta la data proprio di oggi, 29 giugno, solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo - intende approfondire alcuni aspetti dello sviluppo integrale nella nostra epoca, alla luce della carità nella verità. Affido alla vostra preghiera questo ulteriore contributo che la Chiesa offre all’umanità nel suo impegno per un progresso sostenibile, nel pieno rispetto della dignità umana e delle reali esigenze di tutti.

En ce jour de la fête des saints Apôtres Pierre et Paul, je suis heureux d’accueillir les pèlerins francophones présents pour la prière de l’Angélus. Ce matin j’ai eu la joie d’imposer le pallium aux nouveaux archevêques métropolitains, signe de leur lien particulier de communion avec le Successeur de Pierre. Que l’intercession des Apôtres Pierre et Paul nous obtienne à tous de grandir dans cette communion et de demeurer fidèles à l’Évangile au service duquel ils ont travaillé, chacun selon la grâce reçue, pour rassembler l’unique famille du Christ. Avec ma Bénédiction apostolique.

I am happy to greet all the English-speaking pilgrims and visitors present for this Angelus, including the new Metropolitan Archbishops who have received the pallium, accompanied by their relatives and friends. I also extend a warm welcome to the Delegation of the Patriarch of Constantinople, present for this joyous celebration. May the Apostles Peter and Paul inspire all Christians, and especially our new Archbishops, to continue to bear clear and generous witnesses to the Gospel. God bless you all!

Zum Hochfest der Apostel Petrus und Paulus, der Stadtpatrone Roms, heiße ich mit Freude die deutschsprachigen Pilger und Besucher hier auf dem Petersplatz willkommen. Die concordia Apostolorum, die gemeinsame Darstellung und Verehrung von Petrus und Paulus, dieser so verschiedenen Jünger Jesu, ist seit frühester Zeit in Rom bekannt. Sie zeigt uns, daß es bei den Heiligen nicht auf Herkunft und Bildung ankommt, ob sie einfache Fischer oder weltgewandte Bürger sind, sondern daß sie Martyrer, das heißt Zeugen, werden, die ihre Kräfte und Fähigkeiten, ja ihr Leben für die Wahrheit und Liebe Gottes hinzugeben bereit sind. Der Heilige Geist gebe auch euch Kraft und Weisheit, um Gottes Liebe den Menschen zu bezeugen. Der Herr segne euch alle!

Saludo cordialmente a los fieles de lengua española, en particular a los arzobispos que hoy han recibido el palio, a sus familiares, así como a los sacerdotes y fieles diocesanos que les acompañan. Queridos hermanos, contemplando el ejemplo de los apóstoles San Pedro y San Pablo, que dieron su vida por Cristo aquí en Roma, os animo a ofrecer en vuestro ambiente el testimonio, lleno de alegría y fidelidad, de vuestra fe y amor al Señor. Que Dios os bendiga.

Uma saudação afetuosa para os Arcebispos do Brasil que acabaram de receber o pálio, e também para os familiares e amigos que os acompanham: A Virgem Maria – modelo de escuta e adesão fiel à vontade de Deus – vos tome pela mão e acompanhe o vosso empenho pela unidade da Igreja.

Moje serdeczne pozdrowienie i wyrazy duchowej łączności kieruję do pielgrzymów polskich, a szczególnie do tych, którzy towarzyszą nowym Metropolitom: Arcybiskupowi Andrzejowi Dziędze ze Szczecina i mojemu byłemu Sekretarzowi, Arcybiskupowi Mieczysławowi Mokrzyckiemu ze Lwowa, którzy dzisiaj otrzymują paliusz. Zawierzając was wszystkich wstawiennictwu świętych Apostołów Piotra i Pawła, z serca wam błogosławię.

[Rivolgo il mio cordiale saluto e l’espressione della mia vicinanza spirituale ai pellegrini polacchi e, in particolare, a tutti coloro che accompagnano i nuovi Metropoliti: l’Arcivescovo Andrzej Dzięga di Szczecin e l’Arcivescovo Mieczysław Mokrzycki di Lwów, i quali oggi hanno ricevuto il pallio. Raccomando voi tutti alla intercessione dei santi Apostoli Pietro e Paolo e vi benedico di cuore.]

Saluto infine gli Arcivescovi Metropoliti e i pellegrini italiani che li accompagnano. Saluto poi il gruppo ciclistico Giuseppe Caprio di Montefiascone. A tutti auguro una buona festa dei santi Apostoli Pietro e Paolo.
+PetaloNero+
00martedì 30 giugno 2009 16:09
LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI riceve questa mattina in Udienza:

Arcivescovi Metropoliti che hanno ricevuto il Pallio il 29 giugno, con i Familiari e i Fedeli convenuti per l’occasione.



RINUNCE E NOMINE



RINUNCIA DELL’ARCIVESCOVO METROPOLITA DI MASERU (LESOTHO) E NOMINA DEL SUCCESSORE

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Maseru (Lesotho), presentata da S.E. Mons. Bernard Mohlalisi, O.M.I., in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

Il Papa ha nominato Arcivescovo Metropolita di Maseru (Lesotho) il Rev.do P. Gerard Tlali Lerotholi, O.M.I., Professore all’Università nazionale del Lesotho e al Seminario St. Augustine’s.

Rev.do P. Gerard Tlali Lerotholi, O.M.I.

Il Rev.do P. Gerard Tlali Lerotholi, O.M.I., è nato il 12 febbraio 1954 nella missione di St. James (Diocesi di Qacha’s Nek). Appartiene alla stirpe reale del Paese. È entrato nel Noviziato dei Missionari Oblati di Maria Immacolata a Quthing nel 1975. Ha studiato Filosofia al Seminario Maggiore St. Augustine’s, Roma (Maseru) e Teologia a Roma, presso la Pontificia Università Gregoriana. Ha successivamente completato la Licenza in Sacra Scrittura al Pontificio Istituto Biblico. Ha emesso i voti perpetui nel 1981 ed è stato ordinato sacerdote nel 1982.

Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha svolto i seguenti incarichi: 1982-1987: Professore al Seminario Maggiore St. Augustine’s, Roma (Maseru); 1987-1995: Studi per il Dottorato in Sacra Teologia presso l’Università St. Paul, Ottawa, Canada; 1995-1999: Assistente in una Casa di Formazione O.M.I. in Canada; dal 1999: Professore all’Università nazionale del Lesotho, membro del Consiglio Superiore dell’Università; Superiore del Pius XII College House; Professore al Seminario St. Augustine’s, Cappellano cattolico dell’Università nazionale.



RINUNCIA DEL VESCOVO DI LERIBE (LESOTHO) E NOMINA DEL SUCCESSORE

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Leribe (Lesotho), presentata da S.E. Mons. Paul Khoarai, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

Il Papa ha nominato Vescovo di Leribe (Lesotho) il Rev.do P. Augustinus Tumaole Bane, O.M.I., Superiore del "Mater Jesu Scholasticate, Roma (Maseru)".

Rev.do P. Augustinus Tumaole Bane, O.M.I.

Il Rev.do P. Augustinus Tumaole Bane, O.M.I., è nato il 14 agosto 1947 a Motsistseng, Mokhotlong (Diocesi di Qacha’s Nek). È cittadino del Lesotho. È entrato nel noviziato dei Missionari Oblati di Maria Immacolata a Quthing, Roma (Maseru), il 6 gennaio 1970. Ha emesso i primi voti il 6 gennaio 1971. Ha completato gli studi scolastici presso il Mater Jesu Scholasticate, Roma (Maseru). È stato ordinato sacerdote il 23 gennaio 1977.

Dopo l’ordinazione sacerdotale ha ricoperto i seguenti ministeri: 1997-1978: Assistente parrocchiale nelle missioni di Mamohau e Lagheto a Leribe; 1978-1984: Parroco a Sekake, a Qacha’s Nek; 1984-1987: Parroco a Aurey e Montmarte, Maseru; 1988-1990: Vicario Provinciale degli O.M.I.; 1990-1993: Parroco a St. James Mission, Mokhotlong, Qacha’s Nek; 1993-1994: anno sabbatico presso Gonzaga University, Washington State, Stati Uniti; 1995-1999: Superiore del Mater Jesu Scholasticate, Roma (Maseru); 1999-2003: nuovamente Superiore Provinciale degli O.M.I. in Lesotho; dal 2004: nuovamente Superiore del Mater Jesu Scholasticate, Roma (Maseru).
+PetaloNero+
00martedì 30 giugno 2009 16:10
UDIENZA AGLI ARCIVESCOVI METROPOLITI CHE HANNO RICEVUTO IL PALLIO NELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO

Alle 12 di questa mattina, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza gli Arcivescovi Metropoliti ai quali ieri, Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, ha imposto il Pallio.

Ai Presuli, accompagnati dai familiari e dai fedeli delle rispettive diocesi, il Papa rivolge il discorso che pubblichiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari Fratelli nell’Episcopato,

cari fratelli e sorelle,

dopo le celebrazioni della solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo, è per me un vero piacere incontrare, in udienza speciale, tutti voi, Arcivescovi Metropoliti che ieri nella Basilica Vaticana avete ricevuto il Pallio ed accogliere anche i vostri familiari ed amici che vi accompagnano. Si prolunga così la gioia della comunione vissuta nella festa dei due grandi Apostoli, in cui ho potuto imporvi il Pallio, simbolo dell’unità che lega i Pastori delle Chiese particolari al Successore di Pietro, Vescovo di Roma. Rivolgo il mio cordiale benvenuto a ciascuno di voi, che provenite da ogni continente, mostrando in modo significativo il volto della Chiesa cattolica diffusa in tutta la terra.

Mi rivolgo innanzitutto a voi, amati Pastori della Chiesa che è in Italia. Saluto Monsignor Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze, Monsignor Salvatore Pappalardo, Arcivescovo di Siracusa e Monsignor Domenico Umberto D’Ambrosio, Arcivescovo di Lecce. Siamo all’inizio dell’Anno Sacerdotale: sia pertanto vostra cura essere pastori esemplari, zelanti e ricchi di amore per il Signore e per le vostre comunità. Potrete così guidare e sostenere saldamente i sacerdoti, vostri primi collaboratori nel ministero pastorale, e cooperare in modo efficace alla diffusione del Regno di Dio nell’amata terra d’Italia.

Je suis heureux d’accueillir les pèlerins francophones venus accompagner les nouveaux Archevêques métropolitains à qui j’ai eu la joie de remettre le pallium. Je voudrais d’abord saluer Monseigneur Ghaleb Moussa Abdalla Bader, Archevêque d’Alger (Algérie), Monseigneur Pierre-André Fournier, Archevêque de Rimouski (Canada), Monseigneur Joseph Aké Yapo, Archevêque de Gagnoa (Côte d’Ivoire), Monseigneur Marcel Utembi Tapa, Archevêque de Kisangani (République démocratique du Congo), et Monseigneur Philippe Ouédraogo, Archevêque de Ouagadougou (Burkina Faso). J’adresse aussi mes salutations chaleureuses aux Évêques, aux prêtres et aux fidèles de vos pays, les assurant de ma prière fervente. Le pallium est un signe de communion particulière avec le Successeur de Pierre. Que ce signe soit aussi pour les prêtres et les fidèles de vos diocèses un appel à consolider toujours plus une authentique communion avec leurs Pasteurs et entre tous les membres de l’Église.

I extend warm greetings to the English-speaking Metropolitan Archbishops upon whom I conferred the Pallium yesterday: Archbishop Paul Mandale Khumalo of Pretoria (South Africa); Archbishop J. Michael Miller of Vancouver (Canada); Archbishop Allen Henry Vigneron of Detroit (USA); Archbishop Anicetus Bongsu Antonius Sinaga of Medan (Indonesia); Archbishop Philip Naameh of Tamale (Ghana); Archbishop Timothy Michael Dolan of New York (USA); Archbishop Vincent Gerard Nichols of Westminster (UK); Archbishop Robert James Carlson of Saint Louis (USA); Archbishop Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij of Bangkok (Thailand); Archbishop George Joseph Lucas of Omaha (USA); Archbishop Gregory Michael Aymond of New Orleans (USA) and Archbishop Patebendige Don Albert Malcom Ranjith of Colombo (Sri Lanka). I also welcome their family members, their relatives, friends and the faithful of their respective Archdioceses who have come to Rome to pray with them and to share their joy on this happy occasion. The Pallium is received from the hands of the Successor of Peter and worn by the Archbishops as a sign of communion in faith and love and in the governance of God’s People. It also recalls to Pastors their responsibilities as shepherds after the heart of Jesus. To all of you I affectionately impart my Apostolic Blessing as a pledge of peace and joy in the Lord.

Saludo cordialmente a los Arzobispos metropolitanos de lengua española venidos a Roma para la solemne ceremonia de la imposición del palio: Domingo Díaz Martínez, de Tulancingo; Manuel Felipe Díaz Sánchez, de Calabozo; José Luis Escobar Alas, de San Salvador; Carlos Osoro Sierra, de Valencia; Víctor Sánchez Espinosa, de Puebla de los Ángeles; Carlos Aguiar Retes, de Tlalnepantla; Ismael Rueda Sierra, de Bucaramanga, y Braulio Rodríguez Plaza, de Toledo, así como a los familiares, amigos, sacerdotes y fieles de sus respectivas Iglesias particulares, que los acompañan. Queridos hermanos en el Episcopado, que las cruces de seda negra que el palio lleva bordadas, os recuerden que debéis configuraros cada día más con Jesucristo. Siguiendo sus huellas de Buen Pastor, sed siempre signos de unidad en medio de vuestros fieles, afianzando vuestros lazos de comunión con el Sucesor de Pedro, con vuestros Obispos sufragáneos y con todos los que colaboran en vuestra misión evangelizadora. En este Año Sacerdotal apenas iniciado, llevad muy dentro de vuestro corazón a vuestros presbíteros, quienes esperan de vosotros un trato afable, como padres y hermanos que los acogen, escuchan y se preocupan de ellos. Bajo el amparo de María Santísima, Reina de los Apóstoles, que es tan venerada en las tierras de las que procedéis, México, Venezuela, El Salvador, Colombia y España, pongo vuestras personas y vuestras comunidades diocesanas.

Acolho com alegria os familiares e amigos dos novos Arcebispos Metropolitas do Brasil, que vieram acompanhá-los na recepção do pálio, sinal de profunda comunhão com o Sucessor de Pedro. Nesta comunhão dirijo uma particular saudação a Dom Sérgio da Rocha, de Teresina; Dom maurício Grotto de Camargo, de Botucatu; Dom Gil Antônio Moreira, de Juiz de Fora; e Dom Orani João Tempesta, de São Sebastião do Rio de Janeiro. Transmiti as minhas saudações aos presbíteros e a todos os fiéis das vossas arquidioceses, para que unidos na mesma fé de Pedro possam contribuir para a evangelização da sociedade. Como penhor de alegria e de paz no Senhor, a todos concedo a minha Bênção.

Вітаю Тебе, Преосвященний Мечиславе Мокшицький, Архиєпископе Львівський латинського обряду, і всіх тих, які Тебе супроводжують у цю мить живої церковної спільності. Ще раз дякую Тобі за Твоє служіння для Церкви, як мій співробітник, а перед тим – мого достойного попередника Івана Павла ІІ. Нехай Господній Дух супроводжує Тебе у пастирському служінні для добра вірних, довірених Твоєму дбанню, яким передаю щирі вітання.

[Saluto Lei, Monsignor Mieczyslaw Mokrzycki, Arcivescovo di Lviv dei Latini, e quanti la circondano in questo momento di viva comunione ecclesiale. Ancora una volta, Le sono grato per il servizio che ha reso alla Chiesa, quale collaboratore mio, e, prima, del mio venerato predecessore Giovanni Paolo II. Lo Spirito del Signore La accompagni nel ministero pastorale a favore dei fedeli affidati alle Sue cure, ai quali invio un cordiale saluto.]

Witam serdecznie obecnych tu Polaków. Pozdrawiam szczególnie nowego Metropolitę Szczecińsko-Kamieńskiego, Arcybiskupa Andrzeja Dzięgę, który wczoraj otrzymał paliusz i wiernych tej Metropolii. Niech ten paliusz w Roku Kapłańskim będzie także dla wszystkich kapłanów symbolem i zachętą do budowania jedności z własnym biskupem, między sobą oraz wśród wiernych. Upraszając dla wszystkich dary Bożej miłości z serca wam błogosławię. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.

[Saluto cordialmente i polacchi qui presenti. In particolare saluto il nuovo Metropolita di Szczecin-Kamień, Arcivescovo Andrzej Dzięga il quale ieri ha ricevuto il pallio e i fedeli provenienti da questa Metropoli. Nell’anno Sacerdotale il pallio sia anche per i presbiteri un simbolo e una sfida per costruire la comunione con il proprio vescovo, tra loro e anche con i fedeli. Implorando per voi tutti i doni della Divina carità, di cuore vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo.]

Cari fratelli e sorelle, l’odierna memoria dei Protomartiri di Roma sia stimolo per ognuno di voi a un amore sempre più intenso verso Gesù Cristo e la sua Chiesa. Vi accompagni la materna assistenza di Maria, Madre della Chiesa, dei santi Apostoli Pietro e Paolo e di san Giovanni Maria Vianney. A tutti e a ciascuno la mia benedizione.
+PetaloNero+
00martedì 30 giugno 2009 16:11
TELEGRAMMA DI CORDOGLIO DEL SANTO PADRE PER LE VITTIME DELL’INCIDENTE PRESSO LA STAZIONE DI VIAREGGIO (ITALIA)

Pubblichiamo di seguito il telegramma di cordoglio per le vittime dell’incidente avvenuto questa notte presso la stazione di Viareggio (Italia), inviato dal Santo Padre Benedetto XVI all’Arcivescovo di Lucca tramite il Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone:


TELEGRAMMA DEL SANTO PADRE

A SUA ECC.ZA REV.MA MONS. BENVENUTO ITALO CASTELLANI

ARCIVESCOVO

VIA ARCIVESCOVATO 45

55100 LUCCA

APPRESA NOTIZIA GRAVE INCIDENTE PRESSO STAZIONE DI VIAREGGIO SOMMO PONTEFICE ESPRIME PROFONDA PARTECIPAZIONE AT DOLORE CHE COLPISCE INTERA CITTÀ ET MENTRE ASSICURA FERVIDE PREGHIERE DI SUFFRAGIO PER QUANTI SONO TRAGICAMENTE MORTI INVOCA DAL SIGNORE PRONTA GUARIGIONE PER FERITI ET AFFIDANDO AT MATERNA PROTEZIONE VERGINE SANTA QUANTI SONO COLPITI DA DRAMMATICO EVENTO INVIA SPECIALE CONFORTATRICE BENEDIZIONE APOSTOLICA

CARDINALE TARCISIO BERTONE

SEGRETARIO DI STATO DI SUA SANTITÀ





TELEGRAMMA DI CORDOGLIO DEL SANTO PADRE PER LE VITTIME DEL DISASTRO AEREO AL LARGO DELLE ISOLE COMORE

Pubblichiamo di seguito il telegramma di cordoglio per le vittime del disastro aereo, avvenuto questa mattina al largo delle Isole Comore, inviato dal Santo Padre Benedetto XVI tramite il Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone, al Nunzio Apostolico in Kuwait, S.E. Mons. Mounged El-Hachem:


TELEGRAMMA DEL SANTO PADRE

INFORMÉ DE LA CATASTROPHE AÉRIENNE DE L’AVION DE LA YEMENIA AIRWAYS QUI RELIAIT SAANA (YÉMEN) À MORONI (COMORES), LE SAINT-PÈRE EXPRIME SES CONDOLÉANCES SINCÈRES AUX FAMILLES ENDEUILLÉES. IL RECOMMANDE LES DÉFUNTS À LA MISÉRICORDE DIVINE ET PRIE DIEU POUR TOUTES LES PERSONNES DUREMENT ÉPROUVÉES PAR CETTE TRAGÉDIE.

CARDINAL TARCISIO BERTONE

SECRÉTAIRE D’ÉTAT DE SA SAINTETÉ
+PetaloNero+
00mercoledì 1 luglio 2009 16:13
LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto ieri in Udienza:

S.E. Mons. Mieczysław Mokrzycki, Arcivescovo di Lviv dei Latini (Ucraina).




RINUNCE E NOMINE



NOMINA DEL COADIUTORE DI CARAPEGUÁ (PARAGUAY)


RINUNCIA DEL VESCOVO DI MINAS (URUGUAY)

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Minas (Uruguay), presentata da S.E. Mons. Francisco Domingo Barbosa Da Silveira, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.



RINUNCIA DELL’ARCIVESCOVO METROPOLITA DI OLINDA E RECIFE (BRASILE) E NOMINA DEL SUCCESSORE

Il Santo Padre ha acccettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Olinda e Recife (Brasile), presentata da S.E. Mons. José Cardoso Sobrinho, O. Carm., in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

Il Papa ha nominato Arcivescovo Metropolita di Olinda e Recife (Brasile) S.E. Mons. Antônio Fernando Saburido, O.S.B., finora Vescovo di Sobral.

S.E. Mons. Antônio Fernando Saburido, O.S.B.

S.E. Mons. Antônio Fernando Saburido, O.S.B.,è nato il 10 giugno 1947 a Cabo de Santo Agostinho, nell'arcidiocesi di Olinda e Recife. Dopo aver completato gli studi preparatori nel Seminario minore Imaculada Conceição, a Várzea (Recife), e nel Collegio Statale di Oliveira Lima, è entrato nel Monastero Benedettino di Olinda, dove ha frequentato i corsi di filosofia e teologia.

Il 21 marzo 1978 ha emesso la professione religiosa come Membro dell'Ordine di San Benedetto e il 17 dicembre 1983 è stato ordinato sacerdote.

Come Presbitero è stato Amministratore del Monastero di Olinda; nell’arcidiocesi di Olinda e Recife è stato sucessivamente Parroco delle parrocchie di São Lucas de Ouro Preto e di Nossa Senhora de Guadalupe; Vicario Generale e Coordinatore della Pastorale.

È stato eletto Vescovo titolare di Tacia montana e Ausiliare di Olinda e Recife il 31 maggio 2000 e consacrato il 20 agosto successivo. È stato Presidente del Regionale Nordeste II della Conferenza Episcopale del Brasile.

Dal 2005 è Vescovo di Sobral.



RINUNCIA DEL VESCOVO DI PELOTAS (BRASILE) E NOMINA DEL SUCCESSORE

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Pelotas (Brasile), presentata da S.E. Mons. Jayme Henrique Chemello, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

Il Papa ha nominato Vescovo di Pelotas (Brasile) S.E. Mons. Jacinto Bergmann, finora Vescovo di Tubarão.

S.E. Mons. Jacinto Bergmann

S.E. Mons. Jacinto Bergmann è nato il 29 ottobre 1951 nel municipio di Alto Feliz, nella diocesi di Montenegro, Stato del Rio Grande do Sul; dopo aver concluso gli studi elementari nel seminario "São José" in Gravataí, ha frequentato i corsi di filosofia presso la Facoltà "Nossa Senhora da Conceição" in Viamão e quelli di teologia presso la Pontificia Università Cattolica del Rio Grande do Sul. Ha conseguito anche, dopo l’ordinazione, la licenza in Scienze Bibliche presso l’Istituto Biblico in Roma e ha compiuto studi biblici in Germania negli anni 1993-1994.

Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 20 ottobre 1976, incardinandosi nell’arcidiocesi di Porto Alegre e quindi ha svolto i seguenti incarichi: Vicario Parrocchiale della Parrocchia di "São Pedro" (1977); Coordinatore della Pastorale della Gioventù della Conferenza Episcopale (1980); Professore nell’Istituto di Teologia della Pontificia Università del Rio Grande do Sul (1986); Direttore del Centro Teologico (1988-1993); Direttore dell’Istituto di Pastorale dell’arcidiocesi di Porto Alegre (1995-1996); e Sotto-segretario per la pastorale presso la Conferenza Episcopale Nazionale (2000-2002).

L’8 maggio 2002 è stato nominato Vescovo titolare di Ausuccura e Ausiliare di Pelotas ed il 14 luglio successivo ha ricevuto l’ordinazione episcopale.

Il 15 giugno 2004 è stato nominato Vescovo di Tubarão, nello Stato di Santa Catarina.

Ha svolto l’incarico di Vescovo Responsabile per le Comunicazioni Sociali del Regionale "Sul 3" della C.N.B.B. (2002-2004) e di Vescovo Coordinatore della Commissione Episcopale Biblico – catechetica e Missionaria dello Stato di Santa Catarina (dal 2004 ad oggi).



NOMINA DEL VESCOVO DI ABENGOUROU (COSTA D’AVORIO)

Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Abengourou (Costa d’Avorio) il Rev.do Gbaya Boniface Ziri, Vicario Generale dell’arcidiocesi di Abidjan.

Rev.do Gbaya Boniface Ziri

Il Rev.do Gbaya Boniface Ziri è nato il 31 dicembre 1949 a Gagnoa. Dopo aver compiuto gli studi filosofici e teologici nel Seminario maggiore di Anyama, è stato ordinato sacerdote per la Compagnia di Gesù il 6 giugno 1976.

Dopo l'ordinazione ha svolto le seguenti mansioni: 1976-1994: Membro della Compagnia di Gesù; 1980-1984: Licenza in Teologia Morale sociale e politica all’Università Gregoriana; 1984-1989: Dottorato in Sociologia alla Sorbonne. Inoltre, maîtrise in filosofia politica; 1989-1992: Docente presso l'Istituto di Studi Superiori dei Gesuiti (I.N.A.D.E.S.); 1992-2004: Consigliere dell'Istituto della Suore di Notre Dame de l’Incarnation; 1994: Lascia la Compagnia di Gesù e si incardina nell’Arcidiocesi di Abidjan; dal 1994-ad oggi: Vicario generale dell’Arcidiocesi di Abidjan; dal 2006-ad oggi: Parroco della parrocchia Saint Jacques des Plateaux. Inoltre, è cappellano nazionale dell'Unione Fraterna del Clero Ivoriano.



NOMINA DEL VESCOVO DI ODIENNÉ (COSTA D’AVORIO)

II Santo Padre Benedetto XVI ha nominato Vescovo di Odienné (Costa d'Avorio), il Rev.do Antoine Koné, del clero di Katiola, Docente di Teologia dogmatica e di Latino nel Seminario Maggiore interdiocesano di Anyama, e nel Centro di Formazione della Società delle Missioni Africane (S.M.A.).

Rev.do Antoine Koné

II Rev.do Antoine Koné, è nato nella cittadina di Ferkéssedougou, nella Diocesi di Katiola, il 10 gennaio 1963. Entrato nel Seminario Minore "Saint Jean" di Katiola, è passato al Seminario di Filosofia di Yopougon e, successivamente, al Seminario Maggiore di Teologia di Anyama (Arcidiocesi di Abidjan), per la Teologia. È stato ordinato sacerdote il 28 dicembre 1991, per la Diocesi di Katiola.

Dopo l’ordinazione ha svolto le seguenti mansioni: 1991-1997: Professore di Francese, Latino, Geografia nel Seminario Minore di Katiola, e, allo stesso tempo, Vicario domenicale nella Cattedrale di Katiola e in altre parrocchie. Inoltre, incaricato della formazione dei giovani e degli insegnanti delle scuole primarie e secondarie; 1996-1998: Studente all'Università Cattolica di Abidjan (U.C.A.O.) dove ha ottenuto una Licenza in Teologia dogmatica, dal 1997: Docente i Teologia dogmatica e di Latino nel Seminario Maggiore interdiocesano di Anyama, e nel Centro di Formazione della S.M.A.



NOMINA DEL VESCOVO DI YAMOUSSOUKRO (COSTA D’AVORIO)

II Santo Padre ha nominato Vescovo di Yamoussoukro (Costa d'Avorio), il Rev.do Marcellin Yao Kouadio, del clero di Daloa, Direttore nazionale dell'Insegnamento Cattolico.

Rev.do Marcellin Yao Kouadio

II Rev.do Marcellin Yao Kouadio, è nato a Vavoua, nella diocesi di Daloa, il 10 gennaio 1960. Dopo gli studi primari è andato a Daloa e, infine, al Collegio St. Viateur di Bouaké. Entrato nel Seminario maggiore di filosofia di Abadjin-Kouté, ha compiuto gli studi di teologia nel Seminario maggiore di Anyama. È stato ordinato sacerdote il 29 dicembre 1990.

Dopo l'ordinazione ha svolto le seguenti mansioni: 1991-1994: Vicario parrocchiale e poi Parroco della parrocchia di Zuenoula; 1994-2001: studi a Roma, ottenendo un Dottorato in Missiologia all’Università Gregoriana, e una Licenza in Teologia Biblica all’Università Urbaniana; 2002 - 2006: Direttore Diocesano dell'Insegnamento Cattolico per la diocesi di Daloa e Vicario domenicale in diverse parrocchie, tra cui la Cattedrale; dal 2007 ad oggi: Direttore Nazionale dell'Insegnamento Cattolico, con residenza nel Seminario maggiore di Abadjin-Kouté; dal 2008 è pure docente a metà tempo nel Seminario Maggiore d'Anyama.



NOMINA DEL COADIUTORE DI CARAPEGUÁ (PARAGUAY)

Il Santo Padre ha nominato Vescovo Coadiutore della diocesi di Carapeguá il Rev.mo Mons. Joaquín Hermes Robledo Romero, finora Vicario Generale della diocesi di San Lorenzo.

Mons. Joaquín Hermes Robledo Romero

Mons. Joaquín Hermes Robledo Romero è nato nella città di Asunción il 26 settembre 1950. Ha frequentato il Seminario Minore Metropolitano e poi ha compiuto gli studi filosofici e teologici nel Seminario Maggiore Nazionale.

È stato ordinato sacerdote il 25 dicembre 1975, incardinandosi nell’arcidiocesi di Asunción. Ha ottenuto la Licenza in Filosofia presso L’Università Cattolica di Asunción ed in Scienze Religiose presso l’Istituto Superiore di Teologia della medesima Università.

Dopo l’ordinazione sacerdotale ha ricoperto i seguenti incarichi: Vicario parrocchiale, Parroco in diverse parrocchie e poi Rettore del Seminario Minore dell’arcidiocesi di Asunción. Dopo la divisione della stessa e la creazione della diocesi di San Lorenzo è stato ininterrottamente Vicario Generale della nuova diocesi.

+PetaloNero+
00mercoledì 1 luglio 2009 16:14
L’UDIENZA GENERALE


L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 in Piazza San Pietro dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

Nel discorso in lingua italiana, il Papa si è soffermato sulla celebrazione dell’Anno sacerdotale.

Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.

L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.


CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Cari fratelli e sorelle,

con la celebrazione dei Primi Vespri della solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo nella Basilica di san Paolo fuori le Mura si è chiuso, come sapete, il 28 giugno, l’Anno Paolino, a ricordo del secondo millennio della nascita dell’Apostolo delle genti. Rendiamo grazie al Signore per i frutti spirituali, che questa importante iniziativa ha apportato in tante comunità cristiane. Quale preziosa eredità dell’Anno Paolino, possiamo raccogliere l’invito dell’Apostolo ad approfondire la conoscenza del mistero di Cristo, perché sia Lui il cuore e il centro della nostra esistenza personale e comunitaria. E’ questa infatti la condizione indispensabile per un vero rinnovamento spirituale ed ecclesiale. Come ebbi a sottolineare già durante la prima Celebrazione eucaristica nella Cappella Sistina dopo la mia elezione a successore dell’apostolo Pietro, è proprio dalla piena comunione con Cristo che "scaturisce ogni altro elemento della vita della Chiesa, in primo luogo la comunione tra tutti i fedeli, l’impegno di annuncio e di testimonianza del Vangelo, l’ardore della carità verso tutti, specialmente verso i poveri e i piccoli" (cfr Insegnamenti, I, 2005, pp. 8-13). Ciò vale in primo luogo per i sacerdoti. Per questo, ringraziamo la Provvidenza di Dio che ci offre la possibilità adesso di celebrare l’Anno Sacerdotale. Auspico di cuore che esso costituisca per ogni sacerdote un’opportunità di rinnovamento interiore e, conseguentemente, di saldo rinvigorimento nell’impegno per la propria missione.

Come durante l’Anno Paolino nostro riferimento costante è stato san Paolo, così nei prossimi mesi guarderemo in primo luogo a san Giovanni Maria Vianney, il santo Curato d’Ars, ricordandone il 150° anniversario della morte. Nella lettera che per questa occasione ho scritto ai sacerdoti, ho voluto sottolineare quel che maggiormente risplende nell’esistenza di questo umile ministro dell’altare: "la sua totale identificazione col proprio ministero". Egli amava dire che "un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che il buon Dio possa accordare ad una parrocchia e uno dei doni più preziosi della misericordia divina". E, quasi non riuscendo a capacitarsi della grandezza del dono e del compito affidati ad una povera creatura umana, sospirava: "Oh come il prete è grande!... Se egli si comprendesse, morirebbe... Dio gli obbedisce: egli pronuncia due parole e Nostro Signore scende dal cielo alla sua voce e si rinchiude in una piccola ostia".

In verità, proprio considerando il binomio "identità-missione", ciascun sacerdote può meglio avvertire la necessità di quella progressiva immedesimazione con Cristo che gli garantisce la fedeltà e la fecondità della testimonianza evangelica. Lo stesso titolo dell’Anno Sacerdotale - Fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote - evidenzia che il dono della grazia divina precede ogni possibile umana risposta e realizzazione pastorale, e così, nella vita del sacerdote, annuncio missionario e culto non sono mai separabili, come non vanno mai separati identità ontologico-sacramentale e missione evangelizzatrice. Del resto il fine della missione di ogni presbitero, potremmo dire, è "cultuale": perché tutti gli uomini possano offrirsi a Dio come ostia viva, santa e a lui gradita (cfr Rm 12,1), che nella creazione stessa, negli uomini diventa culto, lode del Creatore, ricevendone quella carità che sono chiamati a dispensare abbondantemente gli uni agli altri. Lo avvertivano chiaramente negli inizi del cristianesimo. San Giovanni Crisostomo diceva, ad esempio, che il sacramento dell’altare e il "sacramento del fratello" o, come dice "sacramento del povero" costituiscono due aspetti dello stesso mistero. L’amore per il prossimo, l’attenzione alla giustizia e ai poveri non sono soltanto temi di una morale sociale, quanto piuttosto espressione di una concezione sacramentale della moralità cristiana, perché, attraverso il ministero dei presbiteri, si compie il sacrificio spirituale di tutti i fedeli, in unione con quello di Cristo, unico Mediatore: sacrificio che i presbiteri offrono in modo incruento e sacramentale in attesa della nuova venuta del Signore. Questa è la principale dimensione, essenzialmente missionaria e dinamica, dell’identità e del ministero sacerdotale: attraverso l’annuncio del Vangelo essi generano la fede in coloro che ancora non credono, perché possano unire al sacrificio di Cristo il loro sacrificio, che si traduce in amore per Dio e per il prossimo.

Cari fratelli e sorelle, a fronte di tante incertezze e stanchezze anche nell’esercizio del ministero sacerdotale, è urgente il recupero di un giudizio chiaro ed inequivocabile sul primato assoluto della grazia divina, ricordando quanto scrive san Tommaso d’Aquino: "Il più piccolo dono della grazia supera il bene naturale di tutto l’universo" (Summa Theologiae, I-II, q. 113, a. 9, ad 2). La missione di ogni singolo presbitero dipenderà, pertanto, anche e soprattutto dalla consapevolezza della realtà sacramentale del suo "nuovo essere". Dalla certezza della propria identità, non artificialmente costruita ma gratuitamente e divinamente donata ed accolta, dipende il sempre rinnovato entusiasmo del sacedote per la missione. Anche per i presbiteri vale quanto ho scritto nell’Enciclica Deus caritas est: "All'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva" (n. 1).

Avendo ricevuto un così straordinario dono di grazia con la loro "consacrazione", i presbiteri diventano testimoni permanenti del loro incontro con Cristo. Partendo proprio da questa interiore consapevolezza, essi possono svolgere appieno la loro "missione", mediante l'annuncio della Parola e l'amministrazione dei Sacramenti. Dopo il Concilio Vaticano II, si è prodotta qua e là l'impressione che nella missione dei sacerdoti in questo nostro tempo, ci fosse qualcosa di più urgente; alcuni pensavano che si dovesse in primo luogo costruire una diversa società. La pagina evangelica, che abbiamo ascoltata all’inizio, sta invece a richiamare i due elementi essenziali del ministero sacerdotale. Gesù invia, in quel tempo ed oggi, gli Apostoli ad annunciare il Vangelo e dà ad essi il potere di cacciare gli spiriti cattivi. "Annuncio" e "potere", cioè "parola" e "sacramento" sono pertanto le due fondamentali colonne del servizio sacerdotale, al di là delle sue possibili molteplici configurazioni.

Quando non si tiene conto del "dittico" consacrazione-missione, diventa veramente difficile comprendere l’identità del presbitero e del suo ministero nella Chiesa. Chi è infatti il presbitero, se non un uomo convertito e rinnovato dallo Spirito, che vive del rapporto personale con Cristo, facendone costantemente propri i criteri evangelici? Chi è il presbitero se non un uomo di unità e di verità, consapevole dei propri limiti e, nel contempo, della straordinaria grandezza della vocazione ricevuta, quella cioè di concorrere a dilatare il Regno di Dio fino agli estremi confini della terra? Sì! Il sacerdote è un uomo tutto del Signore, poiché è Dio stesso a chiamarlo ed a costituirlo nel suo servizio apostolico. E proprio essendo tutto del Signore, è tutto degli uomini, per gli uomini. Durante questo Anno Sacerdotale, che si protrarrà fino alla prossima solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, preghiamo per tutti i sacerdoti. Si moltiplichino nelle diocesi, nelle parrocchie, nelle comunità religiose specialmente quelle monastiche, nelle associazioni e nei movimenti, nelle varie aggregazioni pastorali presenti in tutto il mondo, iniziative di preghiera e, in particolare, di adorazione eucaristica, per la santificazione del clero e le vocazioni sacerdotali, rispondendo all’invito di Gesù a pregare "il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe" (Mt 9,38). La preghiera è il primo impegno, la vera via di santificazione dei sacerdoti, e l’anima dell’autentica "pastorale vocazionale". La scarsità numerica di ordinazioni sacerdotali in taluni Paesi non solo non deve scoraggiare, ma deve spingere a moltiplicare gli spazi di silenzio e di ascolto della Parola, a curare meglio la direzione spirituale e il sacramento della confessione, perché la voce di Dio, che sempre continua a chiamare e a confermare, possa essere ascoltata e prontamente seguita da tanti giovani. Chi prega non ha paura; chi prega non è mai solo; chi prega si salva! Modello di un’esistenza fatta preghiera è senz’altro san Giovanni Maria Vianney. Maria, la Madre della Chiesa, aiuti tutti sacerdoti a seguirne l’esempio per essere, come lui, testimoni di Cristo e apostoli del Vangelo.



SINTESI DELLA CATECHESI NELLE DIVERSE LINGUE


○ Sintesi della catechesi in lingua francese

Chers Frères et Sœurs,

En rendant grâce pour l’Année paulinienne qui vient de se conclure, nous remercions la divine Providence qui nous permet de célébrer maintenant une « Année sacerdotale », à l’occasion du cent cinquantième anniversaire de la mort du saint Curé d’Ars. C’est la figure de ce saint prêtre qui nous guidera et nous aidera à prendre mieux conscience que c’est de Dieu que vient la grâce du renouveau spirituel, pour les prêtres comme pour toute l'Église. Il s’agit avant tout d’avancer toujours plus dans l’identification au Christ qui assure la fidélité et la fécondité du témoignage évangélique. Par le ministère du prêtre, le sacrifice spirituel des fidèles est uni à celui du Christ, unique Médiateur. C’est le cœur de l’identité et du ministère du prêtre. Par sa « consécration », le prêtre a reçu un don extraordinaire qui le rend témoin de sa rencontre avec une Personne, le Christ, et lui ouvre de nouveaux horizons : il est l’homme de l’Annonce et des sacrements. Le prêtre est un converti, renouvelé par l’Esprit, appelé par Dieu pour que la Parole du salut arrive aux extrémités de la terre. Prions durant cette Année pour la sanctification des prêtres, pour les vocations sacerdotales. Ouvrons largement des espaces de silence, de prière, d’Adoration eucharistique et d’écoute de la Parole, afin que la voix de Dieu puisse être entendue et généreusement accueillie par de nombreux jeunes !

Je suis heureux de saluer les pèlerins francophones, notamment les pèlerins d’Alep venus de Syrie et les jeunes du collège Saint François de Sales de Dijon. Que l’Esprit-Saint vous comble de ses dons et soit toujours le guide de vos pas ! Bon pèlerinage à tous !


○ Sintesi della catechesi in lingua inglese

Dear Brothers and Sisters,

There is a close link between the Pauline Year, which concluded last Sunday, and the Church’s current celebration of the Year for Priests. As we have seen, Saint Paul, in his life and his writings, teaches us that the mystery of Christ must stand at the very heart of our lives as individuals and as a community. This is true in a very special way of priests. In Saint John Mary Vianney, the patron saint of parish priests, we see a wonderful example of a priest whose person was completely identified with his ministry. The priest’s personal identity, grounded in his calling and his sacramental configuration to Christ, may not be separated from his pastoral activity. Indeed, the ministry of every priest is essentially "cultic", in the fullest sense of the word: it is meant to enable the faithful to offer their lives to God as a pleasing sacrifice (cf. Rom 12:1). It is my hope that this Year for Priests will help all priests to appreciate the immense grace of their vocation, consecration and mission. During this Year may the whole Church pray and work more fervently for the sanctification of priests, an increase of priestly vocations, and a greater appreciation of the role of the priest in the life of the ecclesial community.

I offer a warm welcome to the English-speaking visitors present at today’s Audience, including the pilgrimage groups from England, Scotland, Japan, Malaysia, the Philippines, Canada and the United States. I thank the choirs for their praise of God in song. Upon all of you I cordially invoke God’s blessings of joy and peace!


○ Sintesi della catechesi in lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern!

Das Priesterjahr, das wir bis zum Juni des nächsten Jahres begehen, lädt uns ein, intensiver über die Sendung des Priesters in der Kirche nachzudenken. Christus ist die Mitte unseres Daseins. Dies gilt in besonderer Weise für die Priester. Ihre Identität und Sendung gründen in der Gemeinschaft mit Christus, in den sie sich fortschreitend hineinversetzen und mit dem sie immer mehr eins werden sollen. Die Sendung der Priester hängt vom Bewußtsein dieser sakramentalen Wirklichkeit des neuen Seins in Christus ab. Ihre Identität ist ein göttliches Geschenk, eine empfangene Aufgabe. Durch die Gnade der Weihe werden die Priester zu bleibenden Zeugen ihrer Begegnung mit Christus, den sie durch die Verkündigung des Wortes Gottes und in der Spendung der Sakramente zu den Menschen bringen. So sind Wort und Sakrament, Verkündigung und Gottesdienst die beiden Grundsäulen des priesterlichen Dienstes. Wenn die Priester das Evangelium verkünden, wird in den Menschen der Glaube geboren, durch den diese mit Christus verbunden werden und ihr Leben mit dem Opfer Christi vereinen. So bilden auch das Sakrament des Altares, der Gottesdienst, und das Sakrament der Armen, das heißt die tätige Nächstenliebe, zwei Aspekte desselben Dienstes. In diesem Priesterjahr wollen wir daher Gott für das Geschenk und den Dienst der Priester in der Kirche danken. Dabei wollen wir die verschiedenen Gebetsinitiativen, vor allem die eucharistische Anbetung, für die Heiligung der Priester und für die Berufungen verstärken. Das Gebet ist nämlich die erste Aufgabe als echte Berufungspastoral.

Einen frohen Gruß richte ich an alle Pilger und Besucher deutscher Sprache. Besonders heiße ich die vielen jungen Menschen willkommen, unter ihnen die Teilnehmer am Feriencamp aus Norddeutschland. Begleitet im Gebet den Dienst der Priester und seid bereit, Gottes Stimme zu hören. Er zeigt den Weg zu einem erfüllten Leben und ruft auch heute in seine Nachfolge. Der Herr schenke euch seinen Segen.


○ Sintesi della catechesi in lingua spagnola

Queridos hermanos y hermanas:

Tras haber clausurado el Año Paulino, seguimos la invitación del Apóstol de conocer mejor el misterio de Cristo y ponerlo como centro de nuestra existencia personal y comunitaria. Espero que la celebración del Año Sacerdotal sirva para la renovación interior de cada sacerdote. A la luz del binomio "consagración-misión", se advierte la necesidad de una mayor identificación con Cristo, como garantía de fidelidad y fecundidad en su ministerio. En la vida del presbítero, anuncio misionero y culto no están separados. Mediante la predicación del Evangelio engendra a la fe a los creyentes para que se unan al sacrificio de Cristo con el sacrifico espiritual de sus vidas. Es urgente recuperar el primado de la gracia divina, así como la conciencia de su propia identidad, en el ejercicio del ministerio sacerdotal, cuyos elementos esenciales son el anuncio de la Palabra y la celebración de los sacramentos. El sacerdote pertenece totalmente al Señor; Él lo ha elegido y lo ha constituido para servir al Pueblo de Dios. Espero que se multiplique en toda la Iglesia la oración por la santificación del clero y las vocaciones sacerdotales.

Saludo cordialmente a los fieles de lengua española aquí presentes, en particular, a los de la parroquia San Benito Abad, de Sevilla, acompañados por el Señor Cardenal Carlos Amigo Vallejo, a los seminaristas de Toledo y a los miembros del Instituto de Misioneras y Misioneros Identes, venidos a Roma para celebrar con gratitud al Señor el 50 aniversario de su Fundación, así como a los demás grupos de España, México, El Salvador, Colombia y otros países latinoamericanos. Os invito a que acompañéis a los sacerdotes con vuestro afecto y vuestra oración.



SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE


○ Saluto in lingua portoghese

Amados peregrinos de língua portuguesa, uma saudação afectuosa para todos, especialmente para os grupos do Brasil e de Portugal: esta peregrinação a Roma encha de luz e fortaleza o vosso testemunho diário como seguidores de Jesus Cristo, único Salvador e Senhor da vida: fora d'Ele, não há vida, nem esperança de a ter. Com Cristo, sucesso eterno à vida que Deus vos confiou. Sobre cada um de vós e respectiva família, desça a minha Bênção!


○ Saluto in lingua polacca

Witam pielgrzymów z Polski. Razem z wami dziękuję Bogu za wszystkie łaski, jakie otrzymaliśmy w Roku św. Pawła. Równocześnie, przez wstawiennictwo św. Jana Vianneya, proszę aby bieżący Rok Kapłański był czasem odnowy i uświęcenia kleru, dla chwały Bożej i dobra Kościoła. Proszę Was: wspierajcie nas, kapłanów, swoją modlitwą i dobrą radą. Niech Bóg wam błogosławi!

[Do il benvenuto ai pellegrini provenienti dalla Polonia. Insieme con voi ringrazio Dio per tutte le grazie che abbiamo ricevuto nell’Anno Paolino. Contemporaneamente, per l’intercessione di San Jean Vianney, chiedo che il corrente Anno Sacerdotale sia tempo di rinnovamento e di santificazione del clero per la gloria di Dio e per il bene della Chiesa. Vi invito: sostenete noi, sacerdoti, con la vostra preghiera e con il buon consiglio. Dio vi benedica!]


○ Saluto in lingua ungherese

Nagy szeretettel köszöntöm a magyar zarándokokat, elsősorban azokat, akik Győrből, Nagycenkről és Szombathelyről érkeztek! Köszöntöm a Palestrina kórus és a Cantus Corvinus kórus tagjait.

Kedves Testvéreim, Szent Péter és Pál apostolfejedelmek sírjainál tett látogatástok erősítsen meg Bennetek a hitben és az egyetemes Egyházhoz tartozástokban.

Apostoli áldásom kísérjen minden utatokon. Dicsértessék a Jézus Krisztus!

[Con grande gioia rivolgo il mio saluto ai pellegrini di lingua ungherese, specialmente a quelli di Győr, di Nagycenk e Szombathely, ai Membri dei Cori "Palestrina" e "Cantus Corvinus"!

Fratelli e Sorelle, questa vostra visita presso le tombe dei Principi degli Apostoli Pietro e Paolo, Vi rinsaldi nella vostra vita e nell'appartenenza alla Chiesa universale.

La Benedizione Apostolica Vi accompagni sulle vostre vie. Sia lodato Gesù Cristo!]


○ Saluto in lingua slovacca

S láskou pozdravujem slovenských pútnikov, osobitne z Košíc a z Bratislavy - farnosti Kráľovnej rodiny.

Bratia a sestry, budúcu nedeľu Slovensko bude sláviť sviatok svojich patrónov - svätých bratov Cyrila a Metoda. Oni sú pre nás príkladom jednoty vo viere. Zostaňte verní tomuto ich odkazu. Zo srdca žehnám vás i vašich drahých.

Pochválený buď Ježiš Kristus!

[Con affetto saluto i pellegrini slovacchi, particolarmente quelli provenienti da Košice a dalla parrocchia "Regina della famiglia", di Bratislava.

Fratelli e sorelle, domenica prossima la Slovacchia celebrerà la festa dei suoi patroni – i Santi fratelli Cirillo e Metodio. Essi sono per noi esempio dell’unità nella fede. Rimanete fedeli a questo sublime esempio. Di cuore benedico voi ed i vostri cari.

Sia lodato Gesù Cristo!]


○ Saluto in lingua croata

S velikom radošću pozdravljam sve hrvatske hodočasnike, a osobito vjernike iz župe Svetoga Ivana Nepomuka iz Stupnika! Dragi prijatelji, molite u vašim obiteljima za vaše svećenike da budu vjerni nasljedovatelji našega Gospodina! Hvaljen Isus i Marija!

[Con grande gioia saluto i pellegrini croati e particolarmente i fedeli della parrocchia di San Giovanni Nepomuzeno di Stupnik! Cari amici, pregate nelle vostre famiglie per i vostri sacerdoti che siano fedeli imitatori del nostro Signore. Siano lodati Gesù e Maria!]


○ Saluto in lingua italiana

Saluto di cuore i pellegrini italiani presenti, rivolgo anzitutto un cordiale benvenuto ai membri dell’Istituto di Cristo Redentore – Missionari Identes, che ricordano il cinquantesimo anniversario di fondazione, e prego perché continuino, con grande generosità, ad annunciare Gesù Cristo, Salvatore del mondo. Saluto i rappresentanti della Consulta Nazionale Antiusura e, mentre li ringrazio per l’importante e apprezzata opera che svolgono accanto alle vittime di tale flagello sociale, auspico che vi sia da parte di tutti un rinnovato impegno per contrastare efficacemente il fenomeno devastante dell’usura e dell’estorsione, che costituisce una umiliante schiavitù. Non manchi anche da parte dello Stato un adeguato aiuto e sostegno alle famiglie disagiate e in difficoltà, che trovano il coraggio di denunciare coloro che approfittano della loro spesso tragica condizione. Saluto poi gli esponenti dell’Associazione interparlamentare "Cultori dell’etica", la cui presenza mi offre l’opportunità di sottolineare l’importanza dei valori etici e morali nella politica. Saluto ora con affetto i fedeli abruzzesi provenienti da Civitella Roveto, Canistro e Pescocanale.

Rivolgo infine un cordiale saluto ai giovani, agli ammalati, e agli sposi novelli. Molti di voi, cari amici, avranno in questi mesi la possibilità di trascorrere un periodo di vacanze, ed auguro che per tutti sia sereno e proficuo. Ma ci sono anche molti che, per diverse ragioni, non potranno usufruire delle ferie. Giunga a voi, cari fratelli e sorelle, il mio affettuoso saluto con l’auspicio che non vi manchino la solidarietà e la vicinanza delle persone care. Un pensiero speciale rivolgo infine ai giovani che in questi giorni stanno sostenendo gli esami, ed assicuro per ciascuno un ricordo nella preghiera. Su tutti vegli con il suo amore il Signore che ora invochiamo con il canto del Pater noster.
+PetaloNero+
00giovedì 2 luglio 2009 17:03
LE UDIENZE

Nel pomeriggio di ieri, 1° luglio, il Santo Padre ha ricevuto in Udienza:

Em.mo Card. Joachim Meisner, Arcivescovo di Köln (Germania).



RINUNCE E NOMINE


RINUNCIA DEL VESCOVO DI FRASCATI (ITALIA) E NOMINA DEL SUCCESSORE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Frascati (Italia), presentata da S.E. Mons. Giuseppe Matarrese, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

Il Papa ha nominato Vescovo della diocesi di Frascati (Italia) Mons. Raffaello Martinelli, del clero della diocesi di Bergamo, finora Capo Ufficio della Congregazione per la Dottrina della Fede.

Mons. Raffaello Martinelli

Il Rev.mo Mons. Raffaello Martinelli è nato a Villa d’Almé (diocesi e provincia di Bergamo) il 21 giugno 1948. Dopo aver frequentato il Liceo nel Seminario di Bergamo, è stato accolto come alunno del Pontificio Seminario Romano Maggiore.

Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale l’8 aprile 1972 ed è stato incardinato nella diocesi di Bergamo.

Nel 1978, ha conseguito il Dottorato in Teologia, con specializzazione in Pastorale Catechetica presso la Pontificia Università Lateranense e nel 1979 si è laureato in Pedagogia all’Università Cattolica di Milano.

Ha esercitato il ministero come Vice-Parroco nella Cattedrale di Bergamo, dal 1974 al 1979, e nella parrocchia di S. Maria delle Grazie, dal 1979 al 1980.

Dal 1980 è a servizio della Santa Sede presso la Congregazione per la Dottrina della Fede. In tale Congregazione è stato coordinatore dei lavori per la preparazione del Catehismo della Chiesa Cattolica e, successivamente, ha ricevuto l’incarico di redattore e coordinatore della segreteria nella elaborazione del Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica.

Dal 1980 al 1986, risiede e opera pastoralmente nella parrocchia della Natività in Roma, dedicandosi in particolare alla pastorale familiare.

Dal 1987 è Rettore del Collegio Ecclesiastico Internazionale "San Carlo" e Primicerio della Basilica dei SS. Ambrogio e Carlo al Corso, a Roma.

Dal 1999 è Prelato d’onore di Sua Santità.

Ha curato diverse pubblicazioni, soprattutto a carattere dottrinale e catechistico ed in particolare libri di "Catechesi in immagine".

+PetaloNero+
00venerdì 3 luglio 2009 16:22
LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

Em.mo Card. Marc Ouellet, P.S.S., Arcivescovo di Québec (Canada);

S.E. Mons. Angelo Amato, S.D.B., Arcivescovo tit. di Sila, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.



Il Papa riceve questa mattina in Udienza:

Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale del Viêt Nam, in Visita "ad Limina Apostolorum":

Em.mo Card. Jean-Baptiste Pham Minh Mân, Arcivescovo di Thành-Phô Hô Chí Minh
con i Vescovi Ausiliari:
S.E. Mons. Joseph Vu Duy Thông, Vescovo tit. di Tortiboli,
S.E. Mons. Pierre Nguyên Van Kham, Vescovo tit. di Trofimiana;

S.E. Mons. Michel Hoăng Ðúc Oanh, Vescovo di Kontum;

S.E. Mons. Paul Nguyên Van Hòa, Vescovo di Nha Trang
con il Vescovo Coadiutore: S.E. Mons. Joseph Võ Ðúc Minh;

S.E. Mons. Thomas Nguyên Văn Trâm, Vescovo di Ba Ria;

S.E. Mons. Pierre Nguyên Văn Nhon, Vescovo di Ðà Lat;

S.E. Mons. Joseph Trân Xuân Tiéu, Vescovo di Long Xuyên;

S.E. Mons. Paul Bùi Văn Ðoc, Vescovo di My Tho;

S.E. Mons. Paul Nguyên Than Hoan, Vescovo di Phan Thiêt;

S.E. Mons. Pierre Trân Ðinh Tu, Vescovo di Phú Cuong;

S.E. Mons. Thomas Nguyên Văn Tân, Vescovo di Vinh Long;

S.E. Mons. Dominique Nguyên Chu Trinh, Vescovo di Xuân Lôc;

S.E. Mons. Stephanus Tri Buu Thiên, Vescovo Coadiutore di Cân Tho.






RINUNCE E NOMINE



RINUNCIA DELL’ARCIVESCOVO METROPOLITA DI SAINT-BONIFACE (CANADA) E NOMINA DEL SUCCESSORE

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Saint-Boniface (Canada), presentata da S.E. Mons. Emilius Goulet, P.S.S., in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

Il Papa ha nominato Arcivescovo Mestropolita di Saint-Boniface (Canada) S.E. Mons. Albert LeGatt, finora Vescovo di Saskatoon (Canada).

S.E. Mons. Albert LeGatt

S.E. Mons. Albert LeGatt è nato il 6 maggio 1953 a Melfort, Saskatchwan. In tale città ha seguito il primo ciclo di studi, ha frequentato il Collegio universitario di Saint Boniface, conseguendo il baccalaureato in filosofia e francese nel 1974.

Successivamente ha insegnato per tre anni il francese in una scuola tecnica secondaria in Ghana, nell’ambito dei programmi di servizio universitario canadese "oltre-mare". Entrato nel Seminario Maggiore di Québec, ha completato il ciclo teologico (1977-1980). Per due anni ha svolto un servizio pastorale a Debden.

È stato ordinato sacerdote il 19 giugno 1983 a Saint-Briex per la diocesi di Prince-Albert, in Alberta. Nel suo ministero pastorale è stato viceparroco della Cattedrale di Prince-Albert e parroco in diverse parrocchie della diocesi. Dal 1990 al 1999 ha svolto l’incarico di Direttore delle vocazioni, Consultore e coordinatore della Commissione Diocesana di Liturgia. Nel 1999 è divenuto parroco della Cattedrale di Prince-Albert.

Il 26 luglio 2001 è stato eletto Vescovo di Saskatoon ed ha ricevuto l’ordinazione episcopale nella Chiesa di San Patrick a Saskatoon il 5 ottobre successivo.



RINUNCIA DELL’ARCIPRETE DELLA BASILICA PAPALE DI SAN PAOLO FUORI LE MURA E NOMINA DEL SUCCESSORE

Il Santo Padre ha accolto la rinuncia, presentata per motivi d’età, all’incarico di Arciprete della Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura, dall’Em.mo Card. Andrea Cordero Lanza di Montezemolo ed ha chiamato a succedergli nel medesimo incarico S.E. Mons. Francesco Monterisi, Arcivescovo tit. di Alba marittima, finora Segretario della Congregazione per i Vescovi.



NOMINA DEL SEGRETARIO DELLA CONGREGAZIONE PER I VESCOVI

Il Papa ha nominato Segretario della Congregazione per i Vescovi S.E. Mons. Manuel Monteiro de Castro, finora Nunzio Apostolico in Spagna e nel Principato di Andorra.



RINUNCIA DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE PERMANENTE PER LA TUTELA DEI MONUMENTI STORICI ED ARTISTICI DELLA SANTA SEDE E DI PRESIDENTE DELL’UFFICIO DEL LAVORO DELLA SEDE APOSTOLICA (U.L.S.A.) E NOMINA DEL NUOVO PRESIDENTE DELL’U.L.S.A.

Il Santo Padre ha accolto la rinuncia presentata, per raggiunti limiti d’età, all’incarico di Presidente della Commissione Permanente per la Tutela dei Monumenti storici ed artistici della Santa Sede e di Presidente dell’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica (U.L.S.A.), dall’Em.mo Card. Francesco Marchisano ed ha chiamato a succedergli in quest’ultimo incarico di Presidente dell’U.L.S.A. il Rev.do Mons. Giorgio Corbellini, finora Vice Segretario Generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, elevandolo in pari tempo alla Sede vescovile titolare di Abula.

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