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How was born a legend

Ultimo Aggiornamento: 05/07/2023 17:47
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Il 5 luglio è una data fondamentale per gli appassionati di Elvis e, permettetemi, per tutta la musica.
Fu in quella calda serata del 5 luglio 1954 che venne registrata "That's all right (mama)".
Nonostante il 2023 non rappresenti un anniversario con "data tonda" (personalmente sono un po' stanco di queste cerimonie "a comando"), vorrei ricordare quel momento storico.
Come nacque una leggenda.
E chi, meglio di Peter Guralnick nel suo capolavoro "Last train to Memphis" ("L'ultimo treno per Memphis" nella versione italiana) ci può far immergere in quell'atmosfera magica con Elvis, Scotty, Bill e Sam Phillips, pronti a fare la Storia della Musica ?

[Modificato da marco31768 05/07/2023 17:47]
05/07/2023 17:45
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« La sera seguente si presentarono tutti in studio verso le sette. Chiacchierarono un po', Bill e Scotty si scambiarono nervosamente qualche battuta fra loro, e Sam cercò di mettere a proprio agio il ragazzo, osservando con attenzione il modo in cui rimaneva in disparte pur cercando di partecipare alla conversazione. A Sam ricordava così tanto alcuni dei cantanti blues che avevano inciso per lui, orgoglioso e bisognoso di attenzione al tempo stesso. Li lasciò chiacchierare del più o del meno per qualche minuto, in modo che prendessero confidenza con lo studio, poi si rivolse al ragazzo e gli disse: «Cosa vuoi cantare?»
Questa domanda li gettò in uno stato di confusione, mentre i tre musicisti cercavano di tirar fuori qualcosa che conoscessero e potessero suonare tutti insieme — dall'inizio alla fine.
Dopo un paio di false partenze, alla fine decisero di fare "Harbor Lights", un grande successo di Bing Crosby del 1950, poi provarono "I Love You Because", di Leon Payne, una bella ballata country che nel 1949 era stata un numero uno nella classifica country con lo stesso Payne, e numero due in quella hillbilly con Ernest Tubb. Provarono una dozzina di take, ripetendo la canzone più e più volte — a volte il ragazzo iniziava fischiettando per qualche battuta, altre volte semplicemente cantava direttamente la strofa.
La sua interpretazione era sempre leggermente diversa, cercava di cambiare qualcosa ogni volta. A volte sputava fuori le parole a raffica, a volte la sua voce passava a un tono biascicato, quasi nasale, prima di tornare a un tenore alto e acuto con cui terminava la canzone. Era come se, pensava Sam, volesse mettere tutto quello che aveva mai sentito o conosciuto in una sola canzone. E la chitarra di Scotty era mostruosamente complicata, stava esagerando nel cercare di suonare come Chet Atkins, a ogni modo la voce risuonava di uno strano inconsolabile desiderio, comunicava emozione.
Sam era seduto in regia, e tamburellava distrattamente le dita sulla consolle. La sua attenzione era concentrata sullo studio, l'interazione tra i musicisti, il suono che stavano creando, il feeling che c'era dietro quel suono. Ogni tanto usciva dalla sala di regia e modificava leggermente la posizione di un microfono, parlava un po' con il ragazzo, non solo per sparare due stronzate con lui, ma per farlo sentire a casa, cercare veramente di farlo sentire a casa. Rimaneva sempre il dubbio su quanto tempo ancora potevano andare avanti così; voleva che l'artista familiarizzasse con lo studio, però lavorare in studio di per sé poteva anche smorzare la sua sensibilità, appianare le irregolarità, c'era il rischio che rifugiandoti in questo piccolo spazio fatto costruire apposta per te, finissi poi per bandire proprio l'elemento di spontaneità che stavi cercando di raggiungere.
A Elvis sembrò che la cosa stesse andando avanti da ore, e iniziò ad avere la sensazione che non sarebbe mai successo un bel niente.
Quando Phillips lo aveva chiamato, all'inizio aveva preso la notizia tranquillamente, aveva provato ad allontanare tutti i pensieri sui risultati e le conseguenze, ma ora sembrava non riuscire a pensare a nient'altro. Si sentiva sempre più frustrato, si lanciò disperatamente in ogni nuova versione di "I Love You Because", cercando di renderla vitale, di rinnovarla, ma vide eclissarsi le sue speranze dal momento che gli altri continuavano a ritornare all'inizio della canzone con una familiarità paralizzante...
Finalmente decisero di fare una pausa — era tardi, e il giorno dopo dovevano andare tutti al lavoro. Forse per quella sera avrebbero dovuto staccare e riprendere a riprovare il martedì seguente. Scotty e Bill stavano sorseggiando un Coca-Cola, senza dire niente di particolare, Phillips stava facendo qualcosa in regia, e, a un certo punto, come Elvis spiegò in seguito «mi venne in mente il motivo di una canzone che avevo sentito anni prima, e iniziai a canticchiarla».
La canzone era "That's All Right (Mama), un vecchio pezzo blues di Arthur «Big Boy» Crudup.
«All'improvviso», disse Scotty, «Elvis iniziò a cantare questa canzone, mettendosi a saltare e a fare lo scemo, allora Bill prese in mano il suo basso, e iniziò anche lui a fare il pagliaccio, e io attaccai a suonare con loro. Credo che Sam avesse la porta della sala di regia aperta — non so, stava montando qualche nastro o facendo qualcos'altro — fatto sta che mise fuori la testa e ci chiese: "Cosa state facendo?" e noi gli rispondemmo che non lo sapevamo.
"Bene, tornate indietro", disse, "trovate un punto da dove iniziare e fatelo di nuovo"»

Sam la riconobbe all'istante. Era sbalordito che il ragazzo conoscesse anche Arthur «Big Boy» Crudup — nessuna delle canzoni che aveva fatto finora faceva presupporre che fosse attratto da quel genere di musica. Ma questo era proprio il genere che Sam aveva abbracciato con tutto il cuore molto tempo prima, era di questo che lui diceva: «Qui l'anima di un uomo non muore mai !»
E il modo in cui la faceva il ragazzo, le conferiva una freschezza e un'esuberanza, un'originalità pura e
sfrontata che tra esattamente quello che Sarn cercava in tutta la musica che incideva — era diversa, era proprio quello che voleva.
Si misero a lavorare. Lavorarono sodo, ma senza più la fatica e lo sforzo profuso per incidere !I Love You Because". Sam cercò di far ridurre a Scotty gli abbellimenti strumentali — la parola d'ordine era: «Semplificare, semplificare».
«Se avessimo voluto Chet Atkins», disse Sam di ottimo umore, «saremmo andati a Nashville e l'avremmo portato in questo maledetto studio!»
Era incantato dalla propulsione ritmica che Bill Black aveva dato all'insieme. Era uno slap beat e un tonai beat al tempo stesso.
"Forse Bill non sarebbe mai stato un basista del livello di suo fratello; Sam infatti diceva che «Bill, tecnicamente, era uno dei peggiori bassisti del mondo, però, diamine se sapeva picchiare su quel basso!»
Ma non era nemmeno quello — era la chimica. C'era Scotty, c'era Bill, e c'era Elvis nel mezzo, terrorizzato da morire «ma cantava in un modo così fresco, perché lui lo sentiva così».

Ci lavorarono sopra a lungo, rifinendo la canzone, però la parte centrale non venne cambiata. Iniziava sempre con il suono squillante della chitarra ritmica di Elvis, fino a questo momento quasi un handicap da superare. Poi arrivava la voce di Elvis, sciolta, libera, sicura di sé, che teneva tutto insieme. Scotty e Billy lo seguirono con un'andatura disinvolta e swinging che era la summa di quello che Sam aveva sognato, ma mai del tutto immaginato.
La prima volta Sam mandò indietro la registrazione per fargliela sentire, «non potevamo credere che eravamo
davvero noi», disse Bill.
«Era così nudo e crudo» disse Scotty, «forse era eccitante, ma che cos'era? Era così diversa da tutto il resto.»
Però a Sam piaceva da morire — sentiva che aveva davvero qualcosa in mano.
Scuotevamo la testa e lui diceva: "Ok, va bene, ma buon Dio, ci cacceranno via dalla città".»
Ed Elvis? Elvis si gettò a capofitto nel lavoro di registrazione. È sufficiente ascoltare il nastro per sentire la sua fiducia crescere. Con l'ultima take (rimangono solo due false partenze e una take alternativa) in studio c'è un cantante completamente diverso da quello che aveva iniziato la serata — non era stato detto niente, non era
stato fatto nessun discorso, però era cambiato tutto».
05/07/2023 17:46
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