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Viaggio apostolico in Benin...

Ultimo Aggiornamento: 22/11/2011 20:08
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19/11/2011 01:58
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PAPA: L'AFRICA E' UN GRANDE MESSAGGIO PER IL MONDO EGOISTA

Salvatore Izzo

(AGI) - Cotonou, 18 nov.

"Cio' che conta per il progresso civile e' superare la barriera dell'egoismo". E pur con le sue contraddizioni, l'Africa puo' rappresentare davvero "una risserva di umanita'" per un Occidente "in deficit di speranza".
Lo ha affermato Benedetto XVI nella conversazione con i giornalisti sul'aereo che lo portava a Cotonou, capitale econeomica del Benin. "Certamente - ha spiegato rispondendo a una domanda sui risultati ottenuti da molte operazioni di peacekeeping e dalle conferenze di riconciliazione e verita' nazionali che si sono tenute in diversi Paesi - il Continente patisce grandi difficolta' tuttavia questa freschezza della vita che c'e' in Africa, la gioventu' cosi' piena di entusiasmo e di speranza, ma anche di umorismo e di allegria, ci mostra che c'e' qui una riserva di umanita'".
Infatti, ha detto ancora il Pontefice che affronta con entusiasmo questa nuova trasferta non facile per un uomo di 84 anni, "c'e' ancora la freschezza del senso religioso e della speranza, c'e' ancora una percezione della realta' metafisica, della realta' nella sua totalita' con Dio. Non la riduzione al positivismo, che restringe la nostra vita, la fa un po' arida e spegne anche la speranza".

© Copyright (AGI)

PAPA: CHIESA IN AFRICA NON COMMETTA L'ERRORE DI BUROCRATIZZARSI

Salvatore Izzo

(AGI) - Cotonou, 18 nov.

In un futuro non lontano, prevede Benedetto XVI, l'Africa potra' essere protagonista della Nuova Evangelizzazione. In questo contesto, pero', e' importante che "il cristianesimo non appaia come un sistema difficile, europeo, che un altro non possa comprendere e realizzare, ma come un messaggio universale che affermi che c'e' Dio, che Dio ci conosce e ci ama e che la religione vissuta fa nascere la collaborazione e la fraternita'".
"Inoltre - ha scandito parlando con i giornalisti durante il volo per Cotonou -, e' importante che l'istituzione non sia troppo pesante: e' sempre molto importante che sia prevalente l'iniziativa della comunita' e della persona".
Una considerazione piu' critica, il Papa teologo ha voluto riservarla pero' a certi eccessi delle liturgie africane: "Va bene - ha spiegato - anche una liturgia partecipativa ma non sentimentale: non deve essere basata solo sull'espressione dei sentimenti, ma caratterizzata dalla presenza del mistero nella quale noi entriamo, dalla quale ci lasciamo formare". Importante, ha affermato subito dopo il Pontefice, e' pure "non perdere l'universalita'" nell'inculturazione. Anzi, ha detto, "preferirei parlare di interculturalita', non tanto di inculturazione, cioe' di un incontro delle culture" e "cosi' crescere anche nella fraternita' universale", aiutati da quel grande valore che e' la cattolicita'.

© Copyright (AGI)

PAPA: IL BENIN E' UN ESEMPIO PER LE ALTRE DEMOCRAZIE AFRICANE

Salvatore Izzo

(AGI) - Cotonou, 18 nov.

"Il Benin e' un Paese in pace", nel quale "funzionano" le istituzioni democratiche e si respira uno "spirito di liberta' e responsabilita'", di giustizia e di senso del "lavoro per il bene comune".
Lo ha ricordato Benedetto XVI spiegando ai giornalisti, durante il volo verso Cotonou, la scelta di questo Paese per il suo secondo viaggio in Africa. Il Papa ha anche osservato che, pur in presenza di una "grande diversita' di religioni, queste diverse religioni convivono nel rispetto reciproco e nella responsabilita' comune per la pace, per la riconciliazione interna ed esterna.
Mi sembra - ha spiegato - che questa convivenza tra le religioni e il dialogo interreligioso come fattore di pace e di liberta' siano un aspetto importante". In proposito, Papa Ratzinger ha anche espresso una velata critica a chi nella Chiesa Cattolica vorrebbe forme di proselitismo sul modello delle sette religiose: "Non dobbiamo imitare queste comunita', ma chiederci cosa possiamo fare noi per dare nuova vitalita' alla fede cattolica". A partire, ha indicato, dall'annuncio di un "messaggio semplice, profondo, comprensibile".
"Il Benin - ha poi aggiunto Papa Ratzinger nel discorso pronunciato all'aeroporto di Cotonou - e' una terra di antiche e nobili tradizioni.
La sua storia e' prestigiosa". "Desideravo ritornare in Africa - ha confidato - e trovandomi tra di voi, avro' l'occasione di fare numerosissimi incontri. Me ne rallegro. Essi saranno tutti diversi e culmineranno nell'Eucaristia che celebrero' prima della mia partenza".
Con questa visita - ha infine concluso Benedetto XVI - si realizza anche il mio desiderio di consegnare in terra africana l'Esortazione apostolica post-sinodale Africae munus. Le sue riflessioni guideranno l'azione pastorale di numerose comunita' cristiane nei prossimi anni. Questo documento potra' germinarvi, crescervi e fruttificarvi 'il cento, il sessanta, il trenta per uno come promette il Vangelo".

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PAPA: MARIA MADRE DELL'AFRICA E I VESCOVI EROICI DEL BENIN

Salvatore Izzo

(AGI) - Cotonou, 18 nov.

Primo atto della visita in Benin di Benedetto XVI e' stato questo pomeriggio rendere omaggio a Maria Madre dell'Africa e agli eroici vescovi che hanno saputo guidare il cammino di questo Paese dal comunismo alla liberta'.
"Un omaggio con riconoscenza", ha definito il suo gesto Papa Ratzinger, parlando durante la visita alla cattedrale di Nostra Signora della Misericordia a Cotonou dove riposano monsignor Christophe Adimou e monsignor Isidore de Sousa.
"Essi - ha ricordato - sono stati valorosi operai nella Vigna del Signore, e la loro memoria resta ancora viva nel cuore dei cattolici e di numerosi abitanti del Benin. Questi due presuli sono stati, ciascuno a suo modo, Pastori pieni di zelo e di carita'. Si sono spesi senza risparmio al servizio del Vangelo e del Popolo di Dio, soprattutto delle persone piu' vulnerabili". "Tutti voi sapete - ha aggiunto il Pontefice rivolto alle miglia adi presenti - che monsignor de Sousa e' stato un amico della verita' e che ha avuto un ruolo determinante nella transizione democratica del vostro Paese". "La Vergine Maria - ha affermato Benedetto XVI riferendosi poi alla patrona della Cattedrale - ha sperimentato al massimo livello il mistero dell'amore divino". Tramite il suo si' alla chiamata di Dio, "ella ha contribuito alla manifestazione dell'amore divino tra gli uomini. In questo senso, e' Madre di Misericordia per partecipazione alla missione del suo Figlio; ha ricevuto il privilegio di poterci soccorrere sempre e dovunque". "Al riparo della sua misericordia - ha ricordato il Papa - i cuori feriti guariscono, le insidie del maligno sono sventate e i nemici si riconciliano. In Maria abbiamo non soltanto un modello di perfezione, ma anche un aiuto per realizzare la comunione con Dio e con i nostri fratelli e le nostre sorelle".
"Madre di misericordia, ella - ha aggiunto il Pontefice - e' una guida sicura dei discepoli di suo Figlio che vogliono essere a servizio della giustizia, della riconciliazione e della pace. Ella ci indica, con semplicita' e con cuore materno, l'unica Luce e l'unica Verita': suo Figlio, Cristo Gesu' che conduce l'umanita' verso la sua piena realizzazione nel Padre suo". Invitando i cattolici del benin e di tutta l'Africa a invocarla con fiducia, il Papa ha poi pubblicamente chioesto alla Vergine di esaudire "le piu' nobili aspirazioni dei giovani africani", "i cuori assetati di giustizia, di pace e di riconciliazione", "le speranze dei bambini vittime della fame e della guerra". Per il Papa, occorre "meditare" sulla "misericordia infinita" di Dio.
"La misericordia divina - ha concluso - non consiste solamente nella remissione dei nostri peccati ma anche nel fatto che Dio, nostro Padre, ci riconduce, talvolta non senza dolore, afflizione e timore da parte nostra, sulla via della verita' e della luce, perche' non vuole che ci perdiamo".

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GOVERNO: LOMBARDI,PAPA HA FATTO AUGURI A MONTI E GRADITO PRESENZA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 18 nov.

Questa mattina all'aeroporto di Fiumicino, Benedetto XVI ha fatto gli auguri al premier Monti ed ha gradito molto la sua presenza in un momento cosi' delicato e impegnativo. Il colloquio e' durato tre minuti ed e' stato molto cordiale. Lo ha detto ai giornalisti il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi.
Benedetto XVI, riferisce anche l'Osservatore Romano, "ha incontrato stamane, venerdi' 18 novembre, all'aeroporto di Roma-Fiumicino, il presidente del Consiglio dei ministri italiano Mario Monti, il quale gia' ieri aveva manifestato la sua intenzione di recarsi a salutare il Papa in partenza per l'Africa. Il capo del Governo ha accolto il Pontefice ai piedi della scaletta dell'elicottero proveniente dal Vaticano. Dopo una calorosa stretta di mano, i due hanno camminato fianco a fianco conversando cordialmente e familiarmente per circa tre minuti lungo il tragitto fino ai piedi dell'aereo. Nell'occasione Benedetto XVI ha fatto gli auguri al nuovo premier". "E' stato un gesto apprezzato che il premier sia andato a salutare il Papa all'aeroporto, in un momento cosi' impegnativo", ha commentato anche sul giornale vaticano il direttore della Sala Stampa della Santa Sede.
L'Osservatore Romano pubblica anche la cornaca della fiducia ottenuta da Monti. "Dopo il Senato - scrive - oggi anche la Camera ha dato il via libera al nuovo esecutivo con una larghissima maggioranza. Solo la Lega Nord ha espresso parere negativo". Nel suo intervento a Montecitorio, sottolinea l'articolo, il presidente del Consiglio ha chiesto al Parlamento, per il suo Governo "di impegno nazionale", "una fiducia non cieca ma vigilante" e "non durera' un minuto di piu' dell'arco di tempo nel quale il Parlamento ci accordera' la fiducia". Tuttavia, l'intenzione e' proiettare la squadra di Governo "sulla prospettiva da qui alle elezioni". Pur riconoscendo la dimensione internazionale della crisi economica, Monti, continua l'Osservatore, "ha annunciato una cooperazione costante con Francia e Germania, ha invitato a guardare maggiormente alle responsabilita' interne al Paese, dicendosi indignato del fatto che troppo spesso la societa' civile punta il dito contro la classe politica".

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GOVERNO: LOMBARDI,PAPA HA FATTO AUGURI A MONTI E GRADITO PRESENZA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 18 nov.

Questa mattina all'aeroporto di Fiumicino, Benedetto XVI ha fatto gli auguri al premier Monti ed ha gradito molto la sua presenza in un momento cosi' delicato e impegnativo. Il colloquio e' durato tre minuti ed e' stato molto cordiale. Lo ha detto ai giornalisti il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi.
Benedetto XVI, riferisce anche l'Osservatore Romano, "ha incontrato stamane, venerdi' 18 novembre, all'aeroporto di Roma-Fiumicino, il presidente del Consiglio dei ministri italiano Mario Monti, il quale gia' ieri aveva manifestato la sua intenzione di recarsi a salutare il Papa in partenza per l'Africa. Il capo del Governo ha accolto il Pontefice ai piedi della scaletta dell'elicottero proveniente dal Vaticano. Dopo una calorosa stretta di mano, i due hanno camminato fianco a fianco conversando cordialmente e familiarmente per circa tre minuti lungo il tragitto fino ai piedi dell'aereo. Nell'occasione Benedetto XVI ha fatto gli auguri al nuovo premier". "E' stato un gesto apprezzato che il premier sia andato a salutare il Papa all'aeroporto, in un momento cosi' impegnativo", ha commentato anche sul giornale vaticano il direttore della Sala Stampa della Santa Sede.
L'Osservatore Romano pubblica anche la cornaca della fiducia ottenuta da Monti. "Dopo il Senato - scrive - oggi anche la Camera ha dato il via libera al nuovo esecutivo con una larghissima maggioranza. Solo la Lega Nord ha espresso parere negativo". Nel suo intervento a Montecitorio, sottolinea l'articolo, il presidente del Consiglio ha chiesto al Parlamento, per il suo Governo "di impegno nazionale", "una fiducia non cieca ma vigilante" e "non durera' un minuto di piu' dell'arco di tempo nel quale il Parlamento ci accordera' la fiducia". Tuttavia, l'intenzione e' proiettare la squadra di Governo "sulla prospettiva da qui alle elezioni". Pur riconoscendo la dimensione internazionale della crisi economica, Monti, continua l'Osservatore, "ha annunciato una cooperazione costante con Francia e Germania, ha invitato a guardare maggiormente alle responsabilita' interne al Paese, dicendosi indignato del fatto che troppo spesso la societa' civile punta il dito contro la classe politica".

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Papa: Basta con la corruzione e l'avidità dei leader mondiali

Appello pontefice in Benin: "Non private i popoli della speranza"

Roma, 19 nov. (TMNews)

J'accuse di Benedetto XVI contro la "corruzione" e l'"avidità" dilaganti fra i "responsabili politici ed economici" in Africa ma anche nel "resto del mondo". In un incontro con il presidente della Repubblica del Benin, Thomas Boni Yayi, e rappresentanti politici, diplomatici e religiosi nel palazzo presidenziale di Cotonou - meta del suo viaggio apostolico - Ratzinger ha lanciato un appello "a tutti i responsabili politici ed economici dei Paesi africani e del resto del mondo. Non private i vostri popoli della speranza! - ha dichiarato il pontefice - Non amputate il loro futuro mutilando il loro presente! Abbiate un approccio etico con il coraggio delle vostre responsabilità e, se siete credenti, pregate Dio di concedervi la sapienza".
J'accuse di Benedetto XVI contro la "corruzione" e l'"avidità" dilaganti fra i "responsabili politici ed economici" in Africa ma anche nel "resto del mondo". In un incontro con il presidente della Repubblica del Benin, Thomas Boni Yayi, e rappresentanti politici, diplomatici e religiosi nel palazzo presidenziale di Cotonou - meta del suo viaggio apostolico - Ratzinger ha lanciato un appello "a tutti i responsabili politici ed economici dei Paesi africani e del resto del mondo. Non private i vostri popoli della speranza! - ha dichiarato il pontefice - Non amputate il loro futuro mutilando il loro presente! Abbiate un approccio etico con il coraggio delle vostre responsabilità e, se siete credenti, pregate Dio di concedervi la sapienza".
"In questo momento - ha denunciato Ratzinger davanti alla platea di dignitari - ci sono troppi scandali e ingiustizie, troppa corruzione e avidità, troppo disprezzo e troppe menzogne, troppe violenze che portano alla miseria ed alla morte". "Questi mali affliggono certamente il vostro Continente - ha proseguito il Papa, rivolto agli africani - ma ugualmente il resto del mondo". Ogni popolo, è stato il ragionamento di Benedetto XVI "vuole comprendere le scelte politiche ed economiche che vengono fatte a suo nome".
"Egli si accorge della manipolazione, e la sua reazione è a volte violenta" si è spinto a dire Ratzinger, con un'apparente moto di comprensione per le varie manifestazioni dell''indignazione' popolare alla crisi economica mondiale (da quelle dei popoli africani, alle primavere arabe, agli indignados). L'aspirazione di ogni popolo, ha proseguito il Papa è "partecipare al buon governo. Sappiamo che nessun regime politico umano è l'ideale, che nessuna scelta economica è neutra. Ma essi - è stato il monito del leader della Chiesa cattolica - devono sempre servire il bene comune".
"Ci troviamo dunque - secondo Benedetto XVI - davanti a una rivendicazione legittima che riguarda tutti i Paesi, per una maggiore dignità, e soprattutto una maggiore umanità. L'uomo vuole che la sua umanità sia rispettata e promossa - ha detto ancora il pontefice - I responsabili politici ed economici dei Paesi si trovano di fronte a decisioni determinanti e a scelte - ha concluso il Papa - che non possono più evitare".

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"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
20/11/2011 01:52
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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI IN BENIN (18-20 NOVEMBRE 2011)

INCONTRO CON I MEMBRI DEL GOVERNO, I RAPPRESENTANTI DELLE ISTITUZIONI DELLA REPUBBLICA, IL CORPO DIPLOMATICO ED I RAPPRESENTANTI DELLE PRINCIPALI RELIGIONI, NEL PALAZZO PRESIDENZIALE DI COTONOU

Dopo aver celebrato la Santa Messa in privato nella Cappella della Nunziatura Apostolica, alle ore 8.45 di questa mattina il Santo Padre Benedetto XVI si reca in auto al Palazzo Presidenziale di Cotonou.
Accolto dal Presidente della Repubblica S.E. il Sig. Thomas Boni Yayi, il Papa raggiunge la Sala del Popolo dove sono riuniti i membri del Governo, gli esponenti delle Istituzioni dello Stato, il Corpo Diplomatico e i rappresentanti delle principali Religioni presenti in Benin.
Nel corso dell’incontro - che inizia alle ore 9 - dopo il discorso del Presidente della Repubblica e il saluto di una rappresentante delle Istituzioni, il Santo Padre Benedetto XVI rivolge ai presenti il discorso che riportiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signor Presidente della Repubblica,
Signore e Signori rappresentanti delle Autorità civili, politiche e religiose,
Signore e Signori Capi di missione diplomatica,
Cari fratelli nell’Episcopato,
Signore, Signori, cari amici!

DOO NUMI ! (saluto solenne in lingua fon)

Ella ha voluto, Signor Presidente, offrirmi l’occasione di questo incontro dinanzi ad una prestigiosa assemblea di Personalità. E’ un privilegio che apprezzo sentitamente, e La ringrazio di cuore per le cordiali parole che Lei mi ha poc’anzi indirizzato a nome dell’intero popolo del Benin. Ringrazio anche il Signor Rappresentante dei Corpi Costituiti, per le sue parole di
benvenuto.
Formulo i migliori voti nei riguardi di tutte le personalità presenti che sono protagonisti, a diversi livelli, della vita nazionale del Benin.
Spesso, nei miei precedenti interventi, ho unito alla parola Africa quella di speranza. L’ho fatto a Luanda due anni fa e già in un contesto sinodale. La parola speranza figura del resto più volte nell’Esortazione apostolica postsinodale Africae munus che firmerò fra poco.
Quando dico che l’Africa è il continente della speranza, non faccio della facile retorica, ma esprimo molto semplicemente una convinzione personale, che è anche quella della Chiesa. Troppo spesso il nostro spirito si ferma a pregiudizi o ad immagini che danno della realtà africana una visione negativa, frutto di un’analisi pessimista.
Si è sempre tentati di sottolineare ciò che non va; meglio ancora, è facile assumere il tono sentenzioso del moralizzatore o dell’esperto, che impone le sue conclusioni e propone, in fin dei conti, poche soluzioni appropriate. Si è anche tentati di analizzare le realtà africane alla maniera di un etnologo curioso o come chi non vede in esse che un’enorme riserva energetica, minerale, agricola ed umana facilmente sfruttabile per interessi spesso poco nobili.
Queste sono visioni riduttive e irrispettose, che portano ad una cosificazione poco dignitosa dell’Africa e dei suoi abitanti.

Sono consapevole che le parole non hanno dovunque il medesimo significato. Ma, quella di speranza varia poco secondo le culture. Alcuni anni fa, ho dedicato una Lettera enciclica alla speranza cristiana. Parlare della speranza, significa parlare del futuro, e dunque di Dio!

Il futuro si radica nel passato e nel presente. Il passato, noi lo conosciamo bene, addolorati per i suoi fallimenti e lieti per le sue realizzazioni positive. Il presente, lo viviamo come possiamo. Al meglio, spero, e con l’aiuto di Dio! E’ su questo terreno composto da molteplici elementi contradditori e complementari che si tratta di costruire, con l’aiuto di Dio.

Cari amici, vorrei leggere, alla luce di questa speranza che ci deve animare, due realtà africane che sono di attualità. La prima si riferisce piuttosto in maniera generale alla vita sociopolitica ed economica del Continente, la seconda al dialogo interreligioso. Queste realtà interessano tutti noi, perché il nostro secolo sembra nascere nel dolore e faticare a far crescere la speranza in questi due campi particolari.

In questi ultimi mesi, numerosi popoli hanno espresso il loro desiderio di libertà, il loro bisogno di sicurezza materiale, e la loro volontà di vivere armoniosamente nella diversità delle etnie e delle religioni. E’ anche nato un nuovo Stato nel vostro Continente. Numerosi sono stati anche i conflitti generati dall’accecamento dell’uomo, dalla sua volontà di potere e da interessi politico-economici che escludono la dignità delle persone o quella della natura.

La persona umana aspira alla libertà; vuole vivere degnamente; vuole buone scuole e alimentazione per i bambini, ospedali dignitosi per curare i malati; vuol essere rispettata; rivendica un modo di governare limpido che non confonda l’interesse privato con l’interesse generale; e soprattutto, vuole la pace e la giustizia. In questo momento, ci sono troppi scandali e ingiustizie, troppa corruzione ed avidità, troppo disprezzo e troppe menzogne, troppe violenze che portano alla miseria ed alla morte. Questi mali affliggono certamente il vostro Continente, ma ugualmente il resto del mondo.

Ogni popolo vuole comprendere le scelte politiche ed economiche che vengono fatte a suo nome. Egli si accorge della manipolazione, e la sua reazione è a volte violenta. Vuole partecipare al buon governo. Sappiamo che nessun regime politico umano è l’ideale, che nessuna scelta economica è neutra. Ma essi devono sempre servire il bene comune.

Ci troviamo dunque davanti ad una rivendicazione legittima che riguarda tutti i Paesi, per una maggiore dignità, e soprattutto una maggiore umanità. L’uomo vuole che la sua umanità sia rispettata e promossa.

I responsabili politici ed economici dei Paesi si trovano di fronte a decisioni determinanti e a scelte che non possono più evitare.

Da questa tribuna, lancio un appello a tutti i responsabili politici ed economici dei Paesi africani e del resto del mondo. Non private i vostri popoli della speranza! Non amputate il loro futuro mutilando il loro presente! Abbiate un approccio etico con il coraggio delle vostre responsabilità e, se siete credenti, pregate Dio di concedervi la sapienza. Questa sapienza vi farà comprendere che, in quanto promotori del futuro dei vostri popoli, occorre diventare veri servitori della speranza. Non è facile vivere la condizione di servitore, restare integri in mezzo alle correnti di opinione e agli interessi potenti.

Il potere, qualunque sia, acceca con facilità, soprattutto quando sono in gioco interessi privati, familiari, etnici o religiosi. Dio solo purifica i cuori e le intenzioni.

La Chiesa non offre alcuna soluzione tecnica e non impone alcuna soluzione politica. Essa ripete: non abbiate paura! L’umanità non è sola davanti alle sfide del mondo. Dio è presente. E’ questo un messaggio di speranza, una speranza generatrice di energia, che stimola l’intelligenza e conferisce alla volontà tutto il suo dinamismo. Un Arcivescovo di Toulouse, il Cardinale Saliège, diceva: “Sperare, non è abbandonare; è raddoppiare l’attività”.

La Chiesa accompagna lo Stato nella sua missione; vuole essere come l’anima di questo corpo indicando infaticabilmente l’essenziale: Dio e l’uomo. Essa desidera compiere, apertamente e senza paura, questo immenso compito di colei che educa e cura, e soprattutto che prega continuamente (cfr Lc 18,1), che indica dove è Dio (cfr Mt 6,21) e dov’è il vero uomo (cfr Mt 20,26 e Gv 19,5).

La disperazione è individualista. La speranza è comunione. Non è questa una via splendida che ci è proposta? Invito ad essa tutti i responsabili politici, economici, così come il mondo universitario e quello della cultura. Siate, anche voi, seminatori di speranza!

Vorrei ora affrontare il secondo punto, quello del dialogo, interreligioso. Non mi sembra necessario ricordare i recenti conflitti nati in nome di Dio, e le morti date in nome di Colui che è la Vita.

Ogni persona di buon senso comprende che bisogna sempre promuovere la cooperazione serena e rispettosa delle diversità culturali e religiose. Il vero dialogo interreligioso rigetta la verità umanamente egocentrica, perché la sola ed unica verità è in Dio. Dio è la Verità.

Per questo fatto, nessuna religione, nessuna cultura può giustificare l’appello o il ricorso all’intolleranza e alla violenza. L’aggressività è una forma relazionale piuttosto arcaica che fa appello ad istinti facili e poco nobili. Utilizzare le parole rivelate, le Sacre Scritture o il nome di Dio per giustificare i nostri interessi, le nostre politiche così facilmente accomodanti, o le nostre violenze, è un gravissimo errore.

Non posso conoscere l’altro se non conosco me stesso. Non posso amarlo se non amo me stesso (cfr Mt 22,39). La conoscenza, l’approfondimento e la pratica della propria religione sono dunque essenziali al vero dialogo interreligioso. Questo non può cominciare che con la preghiera personale e sincera di colui che desidera dialogare. Che egli si ritiri nel segreto della sua camera interiore (cfr Mt 6,6) per domandare a Dio la purificazione del ragionamento e la benedizione per il desiderato incontro. Questa preghiera chiede anche a Dio il dono di vedere nell’altro un fratello da amare, e nella tradizione che egli vive un riflesso della verità che illumina tutti gli uomini (cfr CONC. ECUM. VAT. II, Dich. Nostra aetate, 2).

Conviene dunque che ognuno si ponga in verità davanti a Dio e davanti all’altro. Questa verità non esclude, e non è una confusione. Il dialogo interreligioso mal compreso porta alla confusione o al sincretismo. Non è questo il dialogo che si cerca.

Nonostante gli sforzi compiuti, sappiamo anche che, talvolta, il dialogo interreligioso non è facile, o anche che è impedito per diverse ragioni. Questo non significa affatto una sconfitta.
Le forme del dialogo interreligioso sono molteplici.

La cooperazione nel campo sociale o culturale può aiutare le persone a comprendersi meglio e a vivere insieme serenamente. E’ anche bene sapere che non si dialoga per debolezza, ma che si dialoga perché si crede in Dio.

Dialogare è un modo supplementare di amare Dio ed il prossimo (cfr Mt 22,37) senza abdicare a ciò che si è.

Avere speranza non significa essere ingenui, ma compiere un atto di fede in un avvenire migliore. La Chiesa cattolica attua così una delle intuizioni del Concilio Vaticano II, quella di favorire le relazioni amichevoli tra essa e i membri di religioni non cristiane. Da decenni, il Pontificio Consiglio che ne ha la gestione, tesse legami, moltiplica gli incontri, e pubblica regolarmente documenti per favorire tale dialogo.

La Chiesa tenta così di porre rimedio alla confusione delle lingue e alla dispersione dei cuori nate dal peccato di Babele (cfr Gen 11).

Saluto tutti i responsabili religiosi che hanno avuto l’amabilità di venire qui ad incontrarmi.
Voglio assicurare a loro, come pure a quelli di altri Paesi africani, che il dialogo offerto dalla Chiesa cattolica viene dal cuore.

Li incoraggio a promuovere, soprattutto tra i giovani, una pedagogia del dialogo, affinché scoprano che la coscienza di ciascuno è un santuario da rispettare, e che la dimensione spirituale costruisce la fraternità. La vera fede conduce invariabilmente all’amore. E’ in questo spirito che vi invito tutti alla speranza.

Queste considerazioni generali si applicano in maniera particolare all’Africa. Nel vostro Continente sono numerose le famiglie i cui membri professano credenze diverse, e tuttavia le famiglie restano unite. Questa unità non è solamente voluta dalla cultura, ma è un’unità cementata dall’affetto fraterno. Naturalmente, talvolta ci sono anche delle sconfitte, ma anche parecchie vittorie. In questo campo particolare, l’Africa può fornire a tutti materia di riflessione ed essere così una sorgente di speranza.

Per finire, vorrei utilizzare l’immagine della mano. La compongono cinque dita, diverse tra loro. Ognuna di esse però è essenziale e la loro unità forma la mano. La buona intesa tra le culture, la considerazione non accondiscendente delle une per le altre e il rispetto dei diritti di ciascuno sono un dovere vitale. Occorre insegnarlo a tutti i fedeli delle diverse religioni.

L’odio è una sconfitta, l’indifferenza un vicolo cieco, e il dialogo un’apertura!

Non è questo un buon terreno in cui saranno seminati dei semi di speranza? Tendere la mano significa sperare per arrivare, in un secondo tempo, ad amare. Cosa c’è di più bello di una mano tesa? Essa è stata voluta da Dio per donare e ricevere. Dio non ha voluto che essa uccida (cfr Gen 4,1ss) o che faccia soffrire, ma che curi e aiuti a vivere.

Accanto al cuore e all’intelligenza, la mano può diventare, anch’essa, uno strumento di dialogo. Essa può fare fiorire la speranza, soprattutto quando l’intelligenza balbetta e il cuore inciampa.

Secondo le Sacre Scritture, tre simboli descrivono la speranza per il cristiano: l’elmo, perché protegge dallo scoraggiamento (cfr 1 Ts 5,8), l’ancora sicura e salda che fissa in Dio (cfr Eb 6,19) e la lampada che permette di attendere l’aurora di un nuovo giorno (cfr Lc 12,35-36). Avere paura, dubitare e temere, porsi nel presente senza Dio, o non avere nulla da attendere, sono atteggiamenti estranei alla fede cristiana (cfr S. Giovanni Crisostomo, Omelia XIV sull’Epistola ai Romani, 6: PG 45, 941c) e, credo, ad ogni altra credenza in Dio.

La fede vive il presente, ma attende i beni futuri. Dio è nel nostro presente, ma è anche nel futuro, “luogo” della speranza. La dilatazione del cuore è non soltanto la speranza in Dio, ma anche l’apertura alla cura delle realtà corporali e temporali per glorificare Dio. Seguendo Pietro, di cui sono il successore, auguro che la vostra fede e la vostra speranza siano in Dio (cfr 1 Pt 1,21).

E’ questo l’augurio che formulo per l’Africa intera, che mi è tanto cara! Abbi fiducia, Africa, ed alzati! Il Signore ti chiama. Dio vi benedica. Grazie.

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"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
20/11/2011 01:53
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PAPA: FORTE APPELLO AI GOVERNI, NON AMPUTATE FUTURO AI POPOLI

Salvatore Izzo

(AGI) - Cotonou, 19 nov.

Mentre tutti i Governi "si trovano di fronte a decisioni determinanti e a scelte che non possono piu' evitare", Benedetto XVI ha voluto lanciare oggi "un appello a tutti i responsabili politici ed economici dei Paesi africani e del resto del mondo: non private - ha invocato - i vostri popoli della speranza! Non amputate il loro futuro mutilando il loro presente!
Abbiate un approccio etico con il coraggio delle vostre responsabilita' e, se siete credenti, pregate Dio di concedervi la sapienza per comprendere che, in quanto promotori del futuro dei vostri popoli, occorre diventare veri servitori della speranza".
"Non e' facile - ha ammesso il Papa parlando davanti alle autorita' civili e religiose del Benin e al corpo diplomatico accreditato nel Paese - vivere la condizione di servitore, restare integri in mezzo alle correnti di opinione e agli interessi potenti. Il potere, qualunque sia, acceca con facilita', soprattutto quando sono in gioco interessi privati, familiari, etnici o religiosi. Dio solo purifica i cuori e le intenzioni".

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PAPA: OGNI POPOLO VUOLE COMPRENDERE SCELTE POLITICHE E ECONOMICHE

Salvatore Izzo

(AGI) - Cotonou, 19 nov.

"Ogni popolo vuole comprendere le scelte politiche ed economiche che vengono fatte a suo nome. E si accorge della manipolazione, e la sua reazione e' a volte violenta.
Vuole partecipare al buon governo". Benedetto XVI lo ha ricordato oggi alle autorita' civili e religiose del Benin, riunite nel Palazzo Presidenziale di Cotonou insieme con il corpo diplomatico accreditato nel Paese. "Sappiamo - ha detto - che nessun regime politico umano e' l'ideale, che nessuna scelta economica e' neutra". I responsabili politici ed economici, ha scandito, "devono sempre servire il bene comune". "Ci troviamo dunque davanti ad una rivendicazione legittima che riguarda tutti i Paesi, per una maggiore dignita', e soprattutto una maggiore umanita': l'uomo vuole che la sua umanita' sia rispettata e promossa".

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PAPA: CORRUZIONE POLITICI AFFLIGGE L'AFRICA E ALTRI PAESI

Salvatore Izzo

(AGI) - Cotonou, 19 nov.

"In questo momento, ci sono troppi scandali e ingiustizie, troppa corruzione ed avidita', troppo disprezzo e troppe menzogne, troppe violenze che portano alla miseria ed alla morte". Lo ha denunciato Benedetto XVI nel discorso pronunciato nel Palazzo Presidenziale di Cotonou davanti al corpo diplomatico e alle autorita' locali.
"Questi mali - ha precisato - affliggono certamente il vostro Continente, ma ugualmente il resto del mondo".
"Troppo spesso - ha continuato il Pontefice - il nostro spirito si ferma a pregiudizi o ad immagini che danno della realta' africana una visione negativa, frutto di un'analisi pessimista. Si e' sempre tentati di sottolineare cio' che non va; meglio ancora, e' facile assumere il tono sentenzioso del moralizzatore o dell'esperto, che impone le sue conclusioni e propone, in fin dei conti, poche soluzioni appropriate.
Si e' anche tentati di analizzare le realta' africane alla maniera di un etnologo curioso o come chi non vede in esse che un'enorme riserva energetica, minerale, agricola ed umana facilmente sfruttabile per interessi spesso poco nobili". Secondo Ratzinger, "queste sono visioni riduttive e irrispettose, che portano ad una cosificazione poco dignitosa dell'Africa e dei suoi abitanti".

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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI IN BENIN (18-20 NOVEMBRE 2011)

INCONTRO CON I SACERDOTI, I SEMINARISTI, I RELIGIOSI E FEDELI LAICI NEL CORTILE DEL SEMINARIO SAINT GALL A OUIDAH

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,
Monsignor N’Koué, responsabile della formazione sacerdotale,
cari Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,
cari religiosi e religiose,
cari seminaristi e cari fedeli laici!

Grazie Monsignor N’Koué per le sue belle parole, e grazie cari seminaristi per le vostre, che sono così accoglienti e deferenti. E’ una grande gioia per me trovarmi in mezzo a voi qui, a Ouidah, e più particolarmente in questo Seminario, posto sotto la protezione di santa Giovanna d’Arco e dedicato a san Gall, uomo dalle splendide virtù, monaco desideroso di perfezione, Pastore pieno di dolcezza ed umiltà. Che cosa c’è di più nobile che avere come modello la sua figura, così come quella di Monsignor Louis Parisot, apostolo infaticabile dei poveri e promotore del clero locale, quella del Padre Thomas Moulero, primo sacerdote dell’allora Dahomey, e quella del Cardinale Bernardin Gantin, figlio eminente della vostra terra ed umile servitore della Chiesa?
Il nostro incontro di questa mattina mi offre l’occasione di esprimervi direttamente la mia gratitudine per il vostro impegno pastorale. Rendo grazie a Dio per il vostro zelo, malgrado le condizioni talvolta difficili nelle quali siete chiamati a testimoniare il suo amore.
Lo ringrazio per i tanti uomini e donne che hanno annunciato il Vangelo nella terra del Benin, come pure in tutta l’Africa.
Tra poco firmerò l’Esortazione apostolica post-sinodale Africae munus. Vi si tratta di pace, di giustizia e di riconciliazione. Questi tre valori si impongono come un ideale evangelico fondamentale alla vita battesimale e richiedono una sana accettazione della vostra identità di sacerdoti, di persone consacrate e di fedeli laici.
Cari sacerdoti, la responsabilità della promozione della pace, della giustizia e della riconciliazione, vi riguarda in modo tutto particolare. A motivo dell’Ordine sacro ricevuto e dei Sacramenti celebrati, infatti, voi siete chiamati ad essere uomini di comunione.

Come il cristallo non trattiene la luce, ma la riflette e la ridona, così il sacerdote deve lasciar trasparire ciò che celebra e ciò che riceve. Vi incoraggio quindi a lasciar trasparire Cristo nella vostra vita grazie ad una vera comunione con il Vescovo, ad una reale bontà per i vostri confratelli, ad una profonda sollecitudine per ogni battezzato e ad una grande attenzione per ogni persona.

Lasciandovi modellare da Cristo, voi non sostituirete mai la bellezza del vostro essere sacerdotale con realtà effimere e talvolta malsane che la mentalità contemporanea tenta di imporre a tutte le culture. Vi esorto, cari sacerdoti, a non sottovalutare la grandezza insondabile della grazia divina depositata in voi e che vi abilita a vivere al servizio della pace, della giustizia e della riconciliazione.

Cari religiosi e religiose, di vita attiva o contemplativa, la vita consacrata è una sequela radicale di Gesù. Che la vostra scelta incondizionata di Cristo vi conduca ad un amore senza frontiere per il prossimo!

La povertà e la castità vi rendono veramente liberi per obbedire incondizionatamente al solo Amore che, quando vi afferra, vi porta a diffonderlo dovunque.
Povertà, obbedienza e castità approfondiscono in voi la sete di Dio e la fame della sua Parola, che, crescendo, si trasformano in fame e sete per servire il prossimo privo di giustizia, di pace e di riconciliazione. Fedelmente vissuti, i consigli evangelici vi trasformano in fratelli universali e in sorelle di tutti, e vi aiutano a camminare risolutamente sulla via della santità. Voi vi arriverete se, convinti che per voi vivere è Cristo (cfr Fil 1,21), fate delle vostre comunità dei riflessi della gloria di Dio e dei luoghi in cui non avete debiti verso nessuno, se non quello dell’amore vicendevole (cfr Rm 13,8).

Tramite i vostri carismi propri, vissuti con spirito di apertura alla cattolicità della Chiesa, potrete contribuire a un’espressione armoniosa dell’immensità dei doni divini a servizio di tutta l’umanità.
Rivolgendomi ora a voi, cari seminaristi, vi incoraggio a mettervi alla scuola di Cristo per acquistare le virtù che vi aiuteranno a vivere il sacerdozio ministeriale come il luogo della vostra santificazione. Senza la logica della santità, il ministero non è che una semplice funzione sociale.
La qualità della vostra vita futura dipende dalla qualità della vostra relazione personale con Dio in Gesù Cristo, dai vostri sacrifici, dalla felice integrazione delle esigenze della vostra formazione attuale. Di fronte alle sfide dell’esistenza umana, il sacerdote di oggi come quello di domani – se vuole essere un testimone credibile a servizio della pace, della giustizia e della riconciliazione – dev’essere un uomo umile ed equilibrato, saggio e magnanimo.

Dopo 60 anni di vita sacerdotale, posso confidarvi, cari seminaristi, che non rimpiangerete di avere accumulato durante la vostra formazione tesori intellettuali, spirituali e pastorali. Quanto a voi, cari fedeli laici che, al cuore delle realtà quotidiane della vita, siete chiamati ad essere il sale della terra e la luce del mondo, vi esorto a rinnovare voi pure il vostro impegno per la giustizia, la pace e la riconciliazione. Questa missione richiede anzitutto fede nella famiglia edificata secondo il disegno di Dio e fedeltà all’essenza stessa del matrimonio cristiano.

Esige anche che le vostre famiglie siano come autentiche “chiese domestiche”. Grazie alla forza della preghiera, “si trasforma e migliora gradualmente la vita personale e familiare, si arricchisce il dialogo, si trasmette la fede ai figli, si accresce il piacere di stare insieme e il focolare domestico si unisce e si consolida maggiormente” (Messaggio per l’incontro mondiale delle famiglie in Messico, 17 gennaio 2009, n. 3). Facendo regnare nelle vostre famiglie l’amore e il perdono, contribuirete all’edificazione di una Chiesa bella e forte, e all’instaurarsi di maggior giustizia e pace nella società intera. In questo senso, vi incoraggio, cari genitori, ad avere un rispetto profondo per la vita e a testimoniare davanti ai vostri figli i valori umani e spirituali.

Esorto specialmente i catechisti, questi valorosi missionari nel cuore delle realtà più umili, ad offrire sempre, con speranza e determinazione indefettibili, il loro aiuto peculiare e assolutamente necessario all’espansione della fede nella fedeltà all’insegnamento della Chiesa (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Ad gentes, 17).
Per concludere il mio incontro con voi, vorrei esortarvi tutti ad una fede autentica e viva, fondamento incrollabile di una vita cristiana santa e al servizio dell’edificazione di un mondo nuovo.

L’amore per il Dio rivelato e per la sua Parola, l’amore per i Sacramenti e per la Chiesa, sono un antidoto efficace contro i sincretismi che sviano. Questo amore favorisce una giusta integrazione dei valori autentici delle culture nella fede cristiana. Esso libera dall’occultismo e vince gli spiriti malefici, perché è mosso dalla potenza stessa della Santa Trinità.

Vissuto profondamente, questo amore è anche un fermento di comunione che infrange ogni barriera, favorendo così l’edificazione di una Chiesa nella quale non vi è segregazione tra i battezzati, perché tutti non sono che uno in Cristo Gesù (cfr Gal 3,28). Con grande fiducia conto su ciascuno di voi, sacerdoti, religiosi e religiose, seminaristi e fedeli laici, per far vivere una Chiesa così. In pegno della mia vicinanza spirituale e paterna, e affidandovi alla Vergine Maria, invoco su tutti voi, sulle vostre famiglie, sui giovani e i malati, l’abbondanza delle benedizioni divine!

(In lingua fon) Il Signore vi ricolmi delle sue grazie!

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PAPA: LA SUA PREGHIERA PER L'AFRICA ASSETATA DI GIUSTIZIA

(AGI) - Cotonou, 18 nov.

(dall'inviato Salvatore Izzo)

"O Maria Regina della Pace, esaudisci le piu' nobili aspirazioni dei giovani africani; esaudisci i cuori assetati di giustizia, di pace e di riconciliazione; esaudisci le speranze dei bambini vittime della fame e della guerra".
Con voce commossa Benedetto XVI ha invocato cosi' la Madre della Misericordia nella cattedrale di Cotonou.
Una preghiera che Joseph Ratzinger ha composto personalmente nei giorni scorsi e che da sola da' il senso di questa straordinaia prima giornata in Benin.
"Cio' che conta per il progresso civile e' superare la barriera dell'egoismo", ha spiegato questa mattina ai giornalisti durante il volo da Fiumicino a Cotonou, rilevando che pur con le sue contraddizioni, l'Africa puo' rappresentare davvero "una riserva di umanita'" per un Occidente "in deficit di speranza".
"Il Continente - ha ammesso - patisce grandi difficolta' tuttavia questa freschezza della vita che c'e' in Africa, la gioventu' cosi' piena di entusiasmo e di speranza, ma anche di umorismo e di allegria, ci mostra che c'e' qui una riserva di umanita'". Infatti, ha detto ancora il Pontefice che sta affrontando con grande entusiasmo questa nuova trasferta non facile per un uomo di 84 anni, "c'e' ancora la freschezza del senso religioso e della speranza, c'e' ancora una percezione della realta' metafisica, della realta' nella sua totalita' con Dio. Non la riduzione al positivismo, che restringe la nostra vita, la fa un po' arida e spegne anche la speranza".
"La modernita' non deve fare paura, ma essa non puo' costruirsi sull'oblio del passato", ha poi affermato nel discorso pronunciato all'arrivo a Cotonou. "Il passaggio alla modernita' - ha spiegato rispondendo al saluto del presidente del Benin Bony Yayi - deve essere guidato da criteri sicuri che si basano su virtu' riconosciute che si radicano nella dignita' della persona, nella grandezza della famiglia e nel rispetto della vita". E in forza di questi valori il Pontefice ha esortato oggi i governanti dell'Africa a non far infrangere il progresso, la giustizia e la pace "sugli scogli che esistono nel Continente africano e altrove".
E nel suo elenco degli ostacoli da evitare ha messo al primo posto "la sottomissione incondizionata alle leggi del mercato o della finanza". Una difficolta' - quella dell'asservimento alle logiche disumane che spesso regolano l'economia - che nell'analisi del Pontefice viene prima di fattori come "il nazionalismo o il tribalismo esacerbato e sterile che possono diventare micidiali, la politicizzazione estrema delle tensioni interreligiose a scapito del bene comune, o infine la disgregazione dei valori umani, culturali, etici e religiosi".All'aeroporto di Cotonou (intitolato alla piu' grande gloria del Benin, il cardinale Bernardin Gantin, predecessore alla guida del Collegio Cardinalizio e amico personale di Joseph Ratzinger che lo ha ricordato con commozione sull'aereo) erano presenti con i variopinti costumi anche i Capi tradizionali delle tribu' del Benin.
"Il loro contributo - ha detto il Pontefice salutandoli - e' importante per costruire il futuro di questo Paese. Desidero incoraggiarli a contribuire, con la loro saggezza e la loro conoscenza dei costumi, al delicato passaggio che attualmente si va operando tra la tradizione e la modernita'". In un futuro non lontano, ha previsto del resto Benedetto XVI, l'Africa potra' essere protagonista della Nuova Evangelizzazione. In questo contesto, pero', e' necessario, ha avvertito rivolgendosi stavolta ai vescovi del Continente ai quali domenica consegnera' l'Esortazione Apostolica "Africae Munus", che "il cristianesimo non appaia come un sistema difficile, europeo, che un altro non possa comprendere e realizzare, ma come un messaggio universale che affermi che c'e' Dio, che Dio ci conosce e ci ama e che la religione vissuta fa nascere la collaborazione e la fraternita'".
"Inoltre - ha scandito tornando sul tema di un ritorno della Chiesa alla poverta' che gli e' caro - e' importante che l'istituzione non sia troppo pesante: e' sempre molto importante che sia prevalente l'iniziativa della comunita' e della persona". Una considerazione piu' critica, il Papa teologo ha voluto riservarla pero' a certi eccessi delle liturgie africane: "Va bene - ha spiegato - anche una liturgia partecipativa ma non sentimentale: non deve essere basata solo sull'espressione dei sentimenti, ma caratterizzata dalla presenza del mistero nella quale noi entriamo, dalla quale ci lasciamo formare". Importante, ha affermato subito dopo il Pontefice, e' pure "non perdere l'universalita'" nell'inculturazione.
Anzi, ha detto, "preferirei parlare di interculturalita', non tanto di inculturazione, cioe' di un incontro delle culture" e "cosi' crescere anche nella fraternita' universale", aiutati da quel grande valore che e' la cattolicita'. In Africa, ha osservato inoltre, esiste una "grande diversita' di religioni che convivono nel rispetto reciproco e nella responsabilita' comune per la pace, per la riconciliazione interna ed esterna.
Mi sembra - ha confidato - che questa convivenza tra le religioni e il dialogo interreligioso come fattore di pace e di liberta' siano un aspetto importante". In proposito, Papa Ratzinger ha anche espresso una velata critica a chi nella Chiesa Cattolica vorrebbe forme di proselitismo sul modello delle sette religiose: "Non dobbiamo imitare queste comunita', ma chiederci cosa possiamo fare noi per dare nuova vitalita' alla fede cattolica". A partire, ha indicato, dall'annuncio di un "messaggio semplice, profondo, comprensibile".
Dopo una cerimonia di accoglienza all'aeroporto che e' stata veramente calorosissima, con centinaia di ragazze in abiti tradizionali che ballavano sulla pista trasformata dalla coreografia in un cielo azzurro in movimento, grazie al colore dei foulard delle danzatrici, c'e' stato per Papa Ratzinger uno straordinario bagno di folla nelle vie di Cotonou, dove le transenne, se c'erano, non hanno retto e le vie erano invase. Un popolo in festa lo ha cosi' accompagnato alla Cattedrale di Cotonou, dove il Pontefice raggiante ha reso omaggio a Maria Madre dell'Africa e agli eroici vescovi che hanno saputo guidare il cammino di questo Paese dal comunismo alla liberta': monsignor Christophe Adimou e monsignor Isidore de Sousa, che, ha detto, "si sono spesi senza risparmio al servizio del Vangelo e del Popolo di Dio, soprattutto delle persone piu' vulnerabili". "Tutti voi sapete - ha aggiunto il Pontefice rivolto alle migliaia di presenti - che monsignor de Sousa e' stato un amico della verita' e che ha avuto un ruolo determinante nella transizione democratica del vostro Paese". "In Maria - ha quindi ricordato parlando della Madre dell'Africa - abbiamo non soltanto un modello di perfezione, ma anche un aiuto per realizzare la comunione con Dio e con i nostri fratelli e le nostre sorelle". Il tema delal donna e' centrale in questo viaggio: nell'Esortazione "Africae munus" - ha anticipato il segretario generale del Sinodo, monsignor Nikola Eterovic in un'intervista all'Osservatore Romano - viene ribadita l'uguale dignita' dell'uomo e della donna, con l'esaltazione del ruolo unico e insostituibile della donna africana nella Chiesa e nella societa'. Il Papa invita i vescovi a incoraggiare la formazione delle donne perche' possano assumere la loro parte di responsabilita' nella comunita' sociale ed ecclesiale ed esorta tutti a contribuire a una necessaria promozione della donna liberandola da tutte le pratiche, anche ancestrali, che la umiliano e avviliscono. D'altra parte, mette in risalto le grandi doti femminili a servizio della riconciliazione attraverso l'accoglienza, la tenerezza, la misericordia, come pure a difesa della dignita' umana e, in particolare, della vita. Le donne, scrive il Pontefice, contribuiscono all'umanizzazione della societa'".
Tra le autorita' che hanno accolto a Cotonou il Papa c'era anche il cardinale Theodore Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar e autorevole personalita' della Chiesa Africana, il quale ha lanciato un appello: "Speriamo che i media internazionali questa volta diano la dovuta attenzione al viaggio del Papa in Africa perche' durante il primo viaggio nel Continente hanno oscurato l'evento dando spazio a una sterile polemica". Il riferimento e' alla risposta sulla prevenzione dell'Aids che fu tagliata da alcuni media internazionali nella parte che riguardava l'impegno della Chiesa a favore dei malati.

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PAPA: POPOLI AFRICANI CHIEDONO PACE MA ANCHE GIUSTIZIA E SPERANZA

Salvatore Izzo

(AGI) - Cotonou, 19 nov.

In Africa non mancano alcuni segnali di speranza: "in questi ultimi mesi - ha elencato il Papa nell'impegnativo discorso pronunciato questa mattina nel Palazzo Presidenziale di Cotonou - numerosi popoli hanno espresso il loro desiderio di liberta', il loro bisogno di sicurezza materiale e la loro volonta' di vivere armoniosamente nella diversita' delle etnie e delle religioni. E' anche nato un nuovo Stato nel vostro Continente".
Ma, ha aggiunto, "numerosi sono stati anche i conflitti generati dall'accecamento dell'uomo, dalla sua volonta' di potere e da interessi politico-economici che escludono la dignita' delle persone o quella della natura.
La persona umana aspira alla liberta'; vuole vivere degnamente; vuole buone scuole e alimentazione per i bambini, ospedali dignitosi per curare i malati; vuol essere rispettata; rivendica un modo di governare limpido che non confonda l'interesse privato con l'interesse generale; e soprattutto, vuole la pace e la giustizia". Rivolgendosi alle autorita' civili e religiose del Paese e al corpo diplomatico, il Pontefice si e' poi detto "consapevole che le parole non hanno dovunque il medesimo significato. Ma, quella di speranza - ha scandito - varia poco secondo le culture.
Alcuni anni fa, ho dedicato una Lettera enciclica alla speranza cristiana. Parlare della speranza, significa parlare del futuro, e dunque di Dio. Il futuro si radica nel passato e nel presente. Il passato, noi lo conosciamo bene, addolorati per i suoi fallimenti e lieti per le sue realizzazioni positive. Il presente, lo viviamo come possiamo. Al meglio, spero, e con l'aiuto di Dio. E' su questo terreno composto da molteplici elementi contradditori e complementari che si tratta di costruire, con l'aiuto di Dio".
"Avere speranza - ha spiegato il Papa a un'assemblea composita e variopinta di dignitari, ma anche molto attenta e rispettosa - non significa essere ingenui, ma compiere un atto di fede in un avvenire migliore".
Nel suo discorso, il Papa teologo ha voluto utilizzare l'immagine della mano. "La compongono - ha osservato - cinque dita, diverse tra loro.
Ognuna di esse pero' e' essenziale e la loro unita' forma la mano. La buona intesa tra le culture, la considerazione non accondiscendente delle une per le altre e il rispetto dei diritti di ciascuno sono un dovere vitale. Occorre insegnarlo a tutti i fedeli delle diverse religioni. L'odio e' una sconfitta, l'indifferenza un vicolo cieco, e il dialogo un'apertura". "Non e' questo - si e' chiesto - un buon terreno in cui saranno seminati dei semi di speranza? Tendere la mano significa sperare per arrivare, in un secondo tempo, ad amare. Cosa c'e' di piu' bello di una mano tesa?". "Essa - ha ricordato - e' stata voluta da Dio per donare e ricevere. Dio non ha voluto che essa uccida o che faccia soffrire, ma che curi e aiuti a vivere.
Accanto al cuore e all'intelligenza, la mano puo' diventare, anch'essa, uno strumento di dialogo. Essa puo' fare fiorire la speranza, soprattutto quando l'intelligenza balbetta e il cuore inciampa". "La fede - ha quindi concluso il Pontefice - vive il presente, ma attende i beni futuri. Dio e' nel nostro presente, ma e' anche nel futuro, luogo della speranza. La dilatazione del cuore e' non soltanto la speranza in Dio, ma anche l'apertura alla cura delle realta' corporali e temporali per glorificare Dio. Seguendo Pietro, di cui sono il successore, auguro che la vostra fede e la vostra speranza siano in Dio. E' questo l'augurio che formulo per l'Africa intera, che mi e' tanto cara! Abbi fiducia, Africa, ed alzati! Il Signore ti chiama. Dio vi benedica".

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PAPA:NON SI UCCIDE PER LA FEDE MA DIALOGO NON PORTI A SINCRETISMI

Salvatore Izzo

(AGI) - Cotonou, 19 nov.

"Il dialogo interreligioso mal compreso porta alla confusione o al sincretismo. Non e' questo il dialogo che si cerca".
Lo ha affermato Benedetto XVI nell'importante discorso pronunciato questa mattina nel Palazzo Presidenziale di Cotonou, dove accanto ai dignitari del Paese e al corpo diplomatico erano riuniti anche i capi religiosi, ai quali, a poco meno di un mese dal grande raduno da lui convocato ad Assisi, ha ricordato con grande forza che "nessuna religione, nessuna cultura puo' giustificare l'appello o il ricorso all'intolleranza e alla violenza".
E che "utilizzare le parole rivelate, le Sacre Scritture o il nome di Dio per giustificare i nostri interessi, le nostre politiche cosi' facilmente accomodanti, o le nostre violenze, e' un gravissimo errore". "Non mi sembra necessario - ha esordito il Papa rinnovando la sua condanna delle uccisioni compiute per malintese ragioni religiose - ricordare i recenti conflitti nati in nome di Dio e le morti date in nome di Colui che e' la Vita".
"Ogni persona di buon senso - ha scandito - comprende che bisogna sempre promuovere la cooperazione serena e rispettosa delle diversita' culturali e religiose. E il vero dialogo interreligioso rigetta la verita' umanamente egocentrica, perche' la sola ed unica verita' e' in Dio perche' Dio e' la Verita'".
Invece "l'aggressivita' e' una forma relazionale piuttosto arcaica che fa appello ad istinti facili e poco nobili".
A questa ricerca della verita' dovrebbe puntare il dialogo interreligioso, scelta che - ha ricordato - per la Chiesa Cattolica, scaturisce dal Concilio Vaticano II, ma esso certamente deve anche favorire l'amicizia e la comprensione tra culture diverse. Infatti, "le forme del dialogo interreligioso sono molteplici.
La cooperazione nel campo sociale o culturale puo' aiutare le persone a comprendersi meglio e a vivere insieme serenamente". "Nonostante gli sforzi compiuti - ha pero' ammesso il Pontefice - talvolta, il dialogo interreligioso non e' facile, o anche e' impedito per diverse ragioni. Questo non significa affatto una sconfitta". Ed e' anche "bene sapere che non si dialoga per debolezza, ma che si dialoga perche' si crede in Dio. Dialogare e' un modo supplementare di amare Dio ed il prossimo senza abdicare a cio' che si e'".

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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI IN BENIN (18-20 NOVEMBRE 2011)

VISITA ALLA BASILICA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE DI MARIA DI OUIDAH E FIRMA DELL’ESORTAZIONE APOSTOLICA POST-SINODALE AFRICAE MUNUS

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,
Cari Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,
Cari fratelli e sorelle!

Ringrazio cordialmente il Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, l’Arcivescovo Nikola Eterović, per le sue parole di benvenuto e di presentazione, come pure tutti i membri del Consiglio Speciale per l’Africa che hanno contribuito a raccogliere i risultati dell’Assemblea sinodale in vista della pubblicazione dell’Esortazione apostolica postsinodale.

Oggi, con la firma dell’Esortazione Africae munus, si conclude la celebrazione dell’evento sinodale. Il Sinodo ha dato un impulso alla Chiesa cattolica in Africa, che ha pregato, riflettuto e discusso sul tema della riconciliazione, della giustizia e della pace. Questo processo è stato segnato da una speciale vicinanza tra il Successore di Pietro e le Chiese particolari in Africa.

Vescovi, ma anche esperti, uditori, invitati speciali e delegati fraterni, sono venuti a Roma per celebrare questo importante evento ecclesiale. Io stesso mi sono recato a Yaoundé per offrire l’Instrumentum laboris dell’Assemblea sinodale ai Presidenti delle Conferenze Episcopali, quale segno del mio interesse e della mia sollecitudine verso tutti i popoli del Continente africano e delle Isole vicine.

Adesso ho la gioia di ritornare in Africa, e più precisamente nel Benin, per consegnare questo Documento finale dei lavori, in cui vengono riprese le riflessioni dei Padri sinodali, per presentarne una visione sintetica, come parte di un’ampia visione pastorale.

(in francese)

La Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi ha beneficiato dell’Esortazione apostolica post sinodale Ecclesia in Africa del Beato Giovanni Paolo II, nella quale è stata fortemente sottolineata l’urgenza dell’evangelizzazione del Continente, che non può essere dissociata dalla promozione umana. Inoltre, vi è stato sviluppato il concetto di Chiesa - famiglia di Dio. Quest’ultimo ha prodotto molti frutti spirituali per la Chiesa cattolica e per l’azione di evangelizzazione e di promozione umana che essa ha attuato per la società africana nel suo insieme. Infatti, la Chiesa è chiamata a scoprirsi sempre più come una famiglia.

Per i cristiani, si tratta della comunità dei credenti che loda Dio Uno e Trino, celebra i grandi misteri della nostra fede ed anima con carità i rapporti tra le persone, i gruppi e le nazioni, al di là delle diversità etniche, culturali e religiose. In questo servizio reso ad ogni persona, la Chiesa è aperta alla collaborazione con tutte le componenti della società, in particolare con i rappresentanti delle Chiese e delle Comunità ecclesiali che non sono ancora in piena comunione con la Chiesa cattolica, come anche con i rappresentanti delle religioni non cristiane, soprattutto quelli delle Religioni Tradizionali e dell’Islam.

Tenendo presente questo orizzonte ecclesiale, la Seconda Assemblea Speciale per l’Africa si è concentrata sul tema della riconciliazione, della giustizia e della pace. Si tratta di punti importanti per il mondo in generale, ma che acquistano un’attualità tutta particolare in Africa.

E’ sufficiente ricordare le tensioni, le violenze, le guerre, le ingiustizie, gli abusi di ogni sorta, vecchi e nuovi, che hanno segnato questo anno. Il tema principale riguardava la riconciliazione con Dio e con il prossimo. Una Chiesa riconciliata al suo interno e tra i suoi membri potrà diventare segno profetico di riconciliazione a livello della società, di ciascun Paese e dell’intero Continente. San Paolo scrive: “Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione” (2 Cor 5,18).

Il fondamento di questa riconciliazione si trova nella natura stessa della Chiesa che è “in Cristo come sacramento, cioè segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Lumen gentium, 1).
Su questa base la Chiesa in Africa è chiamata a promuovere la pace e la giustizia. La Porte du Non-retour (La Porta del Non-ritorno) ci richiama a questo dovere, e ci spinge a denunciare e a combattere ogni forma di schiavitù.

(in portoghese)

Non bisogna mai tralasciare di cercare le vie della pace! La pace è uno dei beni più preziosi!
Per raggiungerla bisogna avere il coraggio della riconciliazione che viene dal perdono, dalla volontà di ricominciare la vita comunitaria, da una visione solidale del futuro, dalla perseveranza per superare le difficoltà. Riconciliati e in pace con Dio e con il prossimo, gli uomini possono lavorare per una maggiore giustizia in seno alla società.

Non bisogna dimenticare che la prima giustizia secondo il Vangelo è compiere la volontà di Dio. Da questa opzione di base derivano innumerevoli iniziative miranti a promuovere la giustizia in Africa e il bene di tutti gli abitanti del Continente, soprattutto dei più bisognosi, che hanno bisogno di lavoro, di scuole e di ospedali.

Africa, terra di una nuova Pentecoste, abbi fiducia in Dio! Animata dallo Spirito di Gesù Cristo risorto, diventa la grande famiglia di Dio, generosa con tutti i tuoi figli e figlie, operatori di riconciliazione, di pace, e di giustizia! Africa, Buona Novella per la Chiesa, diventalo per il mondo intero!

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PAPA:BENIN;INCONTRA MISSIONARIO MERANESE 100 VOLTE IN AFRICA

(ANSA) - BOLZANO, 19 NOV

C'e' stato anche un piccolo spazio per il Gruppo Missionario ''Un pozzo per la vita'' Merano (Gmm) nella prima giornata della visita apostolica di Benedetto XVI in Benin. Davanti alla nunziatura di Cotonou il missionario laico Alpidio Balbo, accompagnato da volontari e collaboratori, ha consegnato al Papa una targa dell'Ong meranese.
Alpidio Balbo e' stato presentato al Papa dal nunzio apostolico, mons. Michael Blume e, dopo aver accennato ai suoi cento viaggi africani nei quarant'anni della sua attivita' missionaria, suscitando lo stupore del Papa, gli ha consegnato una targa in argento con un'incisione della citta' di Merano e la scritta ''Al Santo Padre con gratitudine''.
Il gruppo del Gmm sara' tra gli invitati durante la visita del Papa al foyer ''Paix et Joie'' delle missionarie della carita' alla parrocchia di Santa Rita. Alpidio Balbo, infine, domenica, a partire dalle ore 9, sara' ospite di Raiuno durante la diretta della Santa Messa che Benedetto XVI celebrera' nello Stadio dell'amicizia di Cotonou.

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"Road map" del Papa per Africa: Ripartire da liberazione donne

In esortazione apostolica lotta a aids,nodo immigrati,stregoneria

Roma, 19 nov. (TMNews)

L'impegno della Chiesa per la pace e la riconciliazione in un continente attraversato da guerre e conflitti etnici, la lotta all'aids, il nodo delle migrazioni e dello sfruttamento coloniale che rovina l'ambiente. Sono alcuni dei temi affrontati nell'esortazione apostolica 'Africae munus' (L'impegno dell'Africa) che, dopo il sinodo dei vescovi sull'Africa che si è svolto in Vaticano nell'ottobre del 2009, il Papa ha firmato oggi e consegnerà domani ai vescovi africani nel terzo ed ultimo giorno del suo viaggio in Benin. Una sorta di 'road map' per la Chiesa in Africa che pone l'accento sulla "liberazione delle donne" in un continente che per Benedetto XVI ancora non valorizza a sufficienza quello che Wojtyla chiamava il "genio femminile".
"Quando mi sono recato in terra africana - scrive il Papa in riferimento al suo viaggio in Camerun e Angola nel 2009 - ho ricordato con forza che 'bisogna riconoscere, affermare e difendere l'uguale dignità dell'uomo e della donna: sono ambedue persone, a differenza di ogni altro essere vivente del mondo attorno a loro'. L'evoluzione delle mentalità in questo campo è, purtroppo, eccessivamente lenta. La Chiesa ha il dovere di contribuire a questo riconoscimento e a questa liberazione della donna seguendo l'esempio dato da Cristo che la valorizzava. Creare per lei uno spazio in cui poter prendere la parola e in cui poter esprimere i suoi talenti, attraverso iniziative che rafforzino il suo valore, la sua autostima e la sua specifi cità, le permetterebbe di occupare un posto uguale a quello dell'uomo nella società - senza confusione, né livellamento della specificità di ciascuno -, dato che entrambi sono 'immagine' del Creatore".
Scrive ancora Benedetto XVI: "Se è innegabile che dei progressi sono stati compiuti per favorire la promozione e l'educazione della donna in certi Paesi africani, ciononostante, nell'insieme, la sua dignità, i suoi diritti così come il suo apporto essenziale alla famiglia ed alla società continuano a non essere pienamente riconosciuti, né apprezzati. Così la promozione delle ragazze e delle donne è spesso meno favorita di quella dei ragazzi e degli uomini. Troppo numerose sono ancora le pratiche che umiliano le donne e le avviliscono, in nome della tradizione ancestrale. Con i Padri sinodali, invito insistentemente i discepoli di Cristo a combattere ogni atto di violenza contro le donne, a denunciarlo e a condannarlo.93 In questo contesto, converrebbe che i comportamenti all'interno stesso della Chiesa siano un modello per l'insieme della società".
Anche quando si rivolge agli uomini africani, il Papa sottolinea: "La vostra testimonianza resa alla dignità inviolabile di ogni persona umana sarà un antidoto efficace per lottare contro alcune pratiche tradizionali che sono contrarie al Vangelo e che opprimono particolarmente le donne". Nell'esortazione post-sinodale Benedetto XVI si mostra allarmato anche per la condizione dei giovani ("Cari giovani, stimoli di ogni genere possono tentarvi: ideologie, sette, denaro, droga, sesso facile, violenze. Siate vigilanti: quanti vi fanno tali proposte vogliono distruggere il vostro futuro!") e dei bambini: "Come non deplorare e denunciare con forza i trattamenti intollerabili inflitti in Africa a tanti bambini? La Chiesa è Madre e non saprebbe abbandonarli, chiunque essi siano".
"La memoria dell'Africa - scrive Benedetto XVI nell'esortazione apostolica firmata oggi a Cotonou - conserva il ricordo doloroso delle cicatrici lasciate dalle lotte fratricide tra le etnie, dalla schiavitù e dalla colonizzazione. Ancora oggi il Continente si trova di fronte a rivalità, a nuove forme di schiavitù e di colonizzazione". Molti i 'nodi' affrontati nel documento papale, con una sottolineatura ben ratzingeriana: "Cristo non propone una rivoluzione di tipo sociale o politico, ma quella dell'amore, realizzata nel dono totale della sua persona con la sua morte in croce e la sua Risurrezione. Su questa rivoluzione dell'amore si fondano le Beatitudini". In questo senso, "secondo la logica delle Beatitudini, un'attenzione preferenziale dev'essere riservata al povero, all'affamato, al malato - per esempio di AIDS, di tubercolosi o di malaria - allo straniero, all'umiliato, al prigioniero, al migrante disprezzato, al rifugiato o allo sfollato".
Il Papa riecheggia il titolo del sinodo episcopale del 2009 - "Al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace" - per affrontare il tema delle guerre tra Stati e all'interno dei singoli Stati: "Se non si crea nei cuori la forza della riconciliazione, manca all'impegno politico per la pace il presupposto interiore", avverte il Papa, che poi esorta ad accompagnare la riconciliazione con "un atto coraggioso e onesto: la ricerca dei responsabili di quei conflitti, di coloro che hanno finanziato i crimini e che si dedicano ad ogni sorta di traffici, e l'accertamento della loro responsabilità. Le vittime hanno diritto alla verità e alla giustizia". Altra ingiustizia denunciata da Benedetto XVI è "la confisca dei beni della terra da parte di una minoranza a scapito di popoli interi", "inaccettabile perché immorale".
"Dio - denuncia poi il Papa - ha dato all'Africa importanti risorse naturali. Di fronte alla povertà cronica delle sue popolazioni, vittime di sfruttamenti e malversazioni locali e straniere, l'opulenza di alcuni gruppi turba la coscienza umana. Costituiti per la creazione di ricchezze nelle proprie nazioni e non di rado con la complicità di quanti esercitano il potere in Africa, tali gruppi troppo spesso assicurano il proprio funzionamento a scapito del benessere delle popolazioni locali". Ancora: "Uomini e donne d'affari, governi, gruppi economici si impegnano in programmi di sfruttamento, che inquinano l'ambiente e causano una desertificazione senza precedenti. Gravi attentati vengono effettuati alla natura e alle foreste, alla flora e alla fauna, e innumerevoli specie rischiano di sparire per sempre. Tutto ciò minaccia l'intero ecosistema e di conseguenza la sopravvivenza dell'umanità". "L'analfabetismo rappresenta uno dei maggiori freni allo sviluppo. E' un flagello simile a quello delle pandemie", scrive Benedetto XVI, che sottolinea il ruolo benefico svolto in Africa da scuole, istituti e università cattoliche. Il Papa chiede poi il rispetto dei risultati delle elezioni e un maggiore impegno nella buona amministrazione.
Quanto al ruolo svolto dalle organizzazioni internazionali, l'accento del Papa è negativo: "I Padri sinodali hanno voluto sottolineare gli aspetti discutibili di certi documenti di enti internazionali: in particolare quelli concernenti la salute riproduttiva delle donne. La posizione della Chiesa non soffre di alcuna ambiguità quanto all'aborto. Il bimbo nel seno materno è una vita umana da proteggere". Sul più generale tema della globalizzazione, il Papa scrive che "la Chiesa auspica che la globalizzazione della solidarietà giunga sino ad inscrivere 'nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità',evitando la tentazione del pensiero unico sulla vita, sulla cultura, sulla politica, sull'economia, a vantaggio di un costante rispetto etico delle diverse realtà umane, per una solidarietà effettiva".
Il Papa pone l'accento sul tema delle migrazioni, invitando i paesi d'approdo ad una maggiore accoglienza: "Milioni di migranti, di profughi o di rifugiati cercano una patria e una terra di pace in Africa o in altri continenti. Le dimensioni di un simile esodo, che tocca tutti i Paesi, rivelano l'ampiezza nascosta delle diverse povertà spesso generate da mancanze nella gestione pubblica. Migliaia di persone hanno cercato e cercano ancora di attraversare i deserti e i mari alla ricerca di oasi di pace e di prosperità, di una migliore formazione e di una libertà più grande. Purtroppo numerosi rifugiati o profughi incontrano ogni sorta di violenza e di sfruttamento, addirittura la prigione o troppo spesso la morte. Alcuni Stati hanno risposto a questo dramma attraverso una legislazione repressiva. La situazione di precarietà di tali poveri dovrebbe suscitare la compassione e la solidarietà generose da parte di tutti; al contrario, fa nascere spesso la paura e l'ansietà. Poiché molti considerano i migranti come un fardello, li vedono con sospetto non vedendo in essi che pericolo, insicurezza e minaccia. Una simile percezione provoca reazioni di intolleranza, di xenofobia e di razzismo. Ne risulta che questi migranti sono essi stessi costretti, a causa della precarietà della loro situazione, a svolgere lavori mal remunerati spesso illegali, umilianti o degradanti. La coscienza umana non può che indignarsi di fronte a queste situazioni".
Un paragrado è dedicato all'aids, tema sul quale un'affermazione di Benedetto XVI relativa all'uso del preservativo, in volo verso Camerun e Angola, suscitò, nel 2009, molte polemiche nel mondo occidentale. "Sulla vita umana in Africa "- scrive il Papa - pesano minacce molto forti. Bisogna deplorare, come altrove, i disastri della droga e gli abusi di alcol che distruggono il potenziale umano del Continente ed affliggono soprattutto i giovani. La malaria, come pure la tubercolosi e l'AIDS, decimano le popolazioni africane e compromettono grave mente la loro vita socio-economica. Il problema dell'AIDS, in particolare, esige certamente una risposta medica e farmaceutica. E tuttavia questa è insufficiente poiché il problema è più profondo. E'anzitutto etico. Il cambio di comportamento che esso esige - ad esempio: l'astinenza sessuale, il rifiuto della promiscuità sessuale, la fedeltà coniugale - pone in ultima analisi la questione dello sviluppo integrale che richiede un approccio e una risposta globali della Chiesa. Infatti, per essere efficace, la prevenzione dell'AIDS deve poggiarsi su una educazione sessuale fondata essa stessa su un'antropologia ancorata al diritto naturale e illuminata dalla Parola di Dio e dall'insegnamento della Chiesa".
L'esortazione apostolica del Papa dedica poi molti paragrafi a questioni più propriamente religiose. "Poiché si appoggia sulle religioni tradizionali - rileva Benedetto XVI - la stregoneria conosce ai giorni nostri una certa recrudescenza. Rinascono paure che creano legami di soggezione paralizzanti. Le preoccupazioni riguardanti la salute, il benessere, i bambini, il clima, la protezione contro gli spiriti malvagi, portano di quando in quando a ricorrere a pratiche delle religioni tradizionali africane che sono in disaccordo con l'insegnamento cristiano. Il problema della 'doppia appartenenza' al cristianesimo e alle religioni tradizionali africane rimane una sfida".
Critico, il Papa, nei confronti di alcune derive della galassia pentecostale: "Numerosi movimenti sincretisti e sette, inoltre, hanno visto la luce nel corso degli ultimi decenni. Talvolta è difficile discernere se siano di ispirazione autenticamente cristiana o siano semplicemente il frutto di una infatuazione per un leader che pretende di avere dei doni eccezionali. La loro denominazione ed il loro vocabolario portano facilmente alla confusione e possono ingannare fedeli in buona fede. Approfittando di strutture statali in elaborazione, dello scardinamento delle solidarietà familiari tradizionali e di una catechesi insufficiente, queste numerose sette sfruttano la credulità ed offrono una copertura religiosa a credenze multiformi ed eterodosse non cristiane. Esse distruggono la pace delle coppie e delle famiglie a causa di false profezie o visioni. Seducono anche dei responsabili politici. La teologia e la pastorale della Chiesa devono individuare le cause di questo fenomeno non soltanto per arginare 'l'emorragia' dei fedeli delle parrocchie verso di esse, ma anche per porre le basi di una risposta pastorale appropriata a fronte dell'attrazione che questi movimenti e sette esercitano su di essi. Ciò significa ancora una volta: evangelizzare in profondità l'anima africana".
Il Papa mostra di apprezzare molto alcuni aspetti della società africana. "In Africa, le persone anziane sono circondate da una venerazione particolare. Non sono bandite dalle famiglie o marginalizzate come in altre culture. Al contrario, esse sono stimate e perfettamente integrate nella propria famiglia, di cui costituiscono il vertice. Questa bella realtà africana dovrebbe ispirare le società occidentali, così che esse accolgano la vecchiaia con maggior dignità". Tuttavia, "i membri del Sinodo hanno constatato l'esistenza di una dicotomia tra certe pratiche tradizionali delle culture africane e le esigenze specifiche del messaggio di Cristo. La preoccupazione della pertinenza e della credibilità impone alla Chiesa un discernimento approfondito per identificare gli aspetti della cultura che fanno da ostacolo all'incarnazione dei valori del Vangelo, così come quelli che li promuovono". Dopo aver incoraggiato vescovi, preti, laici cattolici, seminaristi e missionari a contribuire al bene dell'Africa, e dopo averli esortati al dialogo con le altre religioni e le altre confessioni cristiane, il Papa conclude la sua esortazione apostolica con queste parole: "Possa la Chiesa cattolica in Africa essere sempre uno dei polmoni spirituali dell'umanità, e diventare ogni giorno di più una benedizione per il nobile Continente africano e per il mondo intero".

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La preghiera del Papa sulla tomba del cardinale Gantin

Dopo l’incontro privato con il presidente del Benin, il Papa si è recato a Ouidah, sede del Seminario di San Gall. Una folla incredibile ha accompagnato il Papa lungo i circa 40 km del percorso manifestando tutto l’affetto e l’entusiasmo dell’Africa per Benedetto XVI. Nel seminario il Pontefice ha pregato davanti alla tomba del cardinale Bernardin Gantin, una delle figure più importanti della Chiesa del beninese e di tutta l’Africa, scomparso nel 2008 all’età di 86 anni. Il cardinale Gantin è stato decano del Collegio Cardinalizio, prefetto della Congregazione per i Vescovi, presidente della Pontificia Commissione per l'America Latina. Il nostro inviato Massimiliano Menichetti ha intervistato padre Giulio Cerchietti, che per venti anni è stato segretario del cardinale Gantin:

R. – Il cardinale Gantin è stato veramente un uomo di Dio. Ci si arricchiva, stando con lui, e di giorno in giorno il cuore si allargava per la sua dimensione di amore al Papa, alla Chiesa, alle missioni, per la sua semplicità e la sua grande umiltà. Un esempio molto semplice che può farci capire: quando venivamo in ufficio, dopo aver celebrato la Messa, lui salutava anche chi non conosceva, chi incontrava in ascensore o in portineria … E diceva: “Giulio, il saluto è degli angeli! Come mai le persone fanno tanta fatica a salutare? La più bella cosa tra gli uomini è salutarsi, dirsi ‘buon giorno’” … La prima domanda era: “Come vanno le cose? Come va la vita spirituale? Come va la vita familiare? Come stanno a casa?”. Il tuo mondo diventava il suo. Tutti sono sempre rimasti colpiti …

D. – Lei fu ordinato sacerdote proprio dal cardinale Gantin …

R. – La prima cosa che fece fu parlare con i miei superiori, conoscere la mia comunità e la mia famiglia, dicendo: “Le mani non si impongono solo perché ho il colore rosso!”. Lui scherzava dicendo: “Mettiamo un po’ di sugo sulla pasta”. Lui entrava in un rapporto di famiglia. Ha voluto conoscere i miei genitori, è voluto venire nella mia povera casa, perché io sono di famiglia molto modesta ed i miei erano veramente preoccupati perché non avevano mai ricevuto un cardinale a casa! Lui voleva soltanto stare lì con loro, parlare, dialogare, ascoltare la mamma e il papà, che sarebbero diventati anche la sua mamma e il suo papà. Questo ti fa capire la dimensione del cardinale.

D. – Solo un anno dopo, diventerà il suo segretario, per vent’anni …

R. – Nel 1984 fu nominato prefetto della Congregazione per i Vescovi, in quella che allora fu ritenuta una rivoluzione da parte di Giovanni Paolo II: cioè, un cardinale africano in questo dicastero. Fui sorpreso quando il mio provinciale mi disse: “Il cardinale ti vuole parlare”, e in quell’occasione mi chiamò, dicendo: “Ho pensato a te come segretario”. Ma io ero ordinato da un anno: ero impaurito … Il provinciale mi disse: “Bisogna obbedire! Qualsiasi cosa il cardinale ti chieda e la Chiesa ci chieda, noi dobbiamo obbedire: tu lo sai!”. Dissi subito: “Eminenza, ma lei mi ha ordinato per la missione”, e lui rispose: “Ma questa è la tua missione. Il Signore ti chiama qui”. Ora, a distanza di 28 anni dalla mia ordinazione, tutto questo mi è più chiaro e lo sento ancora più forte. Da lì, poi, è incominciata la mia vicinanza e la mia crescita insieme a lui.

D. – L’aeroporto di Cotonou porta il nome del cardinale Gantin; molte vie portano il suo nome. Per il Benin, chi è il cardinale Gantin?

R. – Il Benin è Gantin: senza di lui non avrebbe avuto il risalto spirituale che ha e anche sociale. Questo piccolo Paese si ritrova con due ambasciate a Roma – una presso la Santa Sede (che era un desiderio del cardinale), e una presso lo Stato italiano: questi li consideriamo dati scontati, ma sono frutto di lavoro, di rapporti tessuti con pazienza e amore … Tutto il Paese è cresciuto grazie al cardinale Gantin. Ora ci sono dieci diocesi, siamo alla quarta-quinta generazione di vescovi… Ma lui si è occupato dei bambini, delle scuole, delle missioni, ha incoraggiato la vita religiosa, la formazione … Il Benin è cresciuto con lui. Noi non dobbiamo dimenticare che Gantin fu nominato mentre era ancora studente, e fu inviato come ausiliare del suo vescovo Louis Parisot, vicino al quale ha voluto essere sepolto – e non a caso. Aveva 34 anni, e quanto è andato nel Benin c’era solo mons. Parisot: il Benin era tutto qua, insieme ai missionari …

D. – A Ouidah, l’omaggio del Papa sulla tomba del cardinale Gantin che riposa proprio accanto al suo vescovo, mons. Parisot, e accanto ai primi missionari …

R. – Il cardinale Gantin ha ricordato che doveva tutto ai primi missionari che gli avevano portato Cristo. Dove è sepolto lui, ci sono le loro tombe, morti giovanissimi, che hanno lasciato la loro case e la loro famiglia per andare in un Paese sconosciuto, si sono avventurati per amore del Vangelo. Hanno preso la malaria a 22, a 18 anni, giovanissimi: per amore di Cristo. E questo, per lui, era stato l’esempio più grande e anche la sua forza interiore. In questo viaggio del Santo Padre, i 150 anni dalla prima evangelizzazione hanno un significato per questo.

D. – Una particolarità del cardinale era anche nel suo nome …

R. – Il suo nome non è casuale. Lui soffriva un po’, quando – educatamente – lo chiamavano “Ganten”, alla francese. Ma non era lui. “Gan” vuol dire “albero” – “tin” –“ferro”, e in Benin, nella sua tradizione ha un significato. I suoi antenati erano stati mandati a custodire il confine e dovevano essere come “l’albero di ferro”, con radici molto profonde e molto forti per poter far fronte ad ogni avversità. Spiritualmente, questo lui l’ha vissuto intensamente.

D. – Lui era africano completamente, e fedele alla cattedra di Pietro completamente …

R. – La sua prima preghiera con la comunità, al mattino, era di ringraziamento per il privilegio di essere accanto al Papa, e la preghiera era la richiesta di non disperdere il significato di questo dono, di non abituarci ad esso. Al contempo non dimenticò mai la sua identità. Le sue prime omelie da arcivescovo di Cotonou parlano della bandiera come identità nazionale, richiamandola come simbolo alla nazione, naturalmente, alla terra e al popolo proiettandola nella visione della Divina Provvidenza. Era rimasto africano. Non a caso, a sottolineare la sua sensibilità, si ricorda una delle famose espressioni della mamma: quando venne a Roma, vide tutte le bellezze di Roma e tante cose che naturalmente in Benin non ci sono; e lei, saggiamente, disse al cardinale: “Qui è tutto bello; è grande, è grande, è bello! Ma tu, figlio mio, non dimenticare la tua capanna!”. E lui diceva: “Io non ho mai dimenticato la mia capanna!”.

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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI IN BENIN (18-20 NOVEMBRE 2011)

INCONTRO CON I BAMBINI NELLA PARROCCHIA SAINTE-RITA A COTONOU

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari bambini!

Ringrazio Monsignor René-Marie Ehuzu, Vescovo di Porto Novo e responsabile della Pastorale Sociale della Conferenza Episcopale del Benin, per le sue parole di accoglienza.
Dico grazie anche al Signor Parroco e ad Aïcha per ciò che essi mi hanno detto a nome di tutti voi.
Dopo questo bel momento di adorazione, è con grande gioia che io vi saluto. Grazie di essere venuti così numerosi!
Dio nostro Padre ci ha riunito attorno al suo Figlio e nostro Fratello, Gesù Cristo, presente nell’Ostia consacrata durante la Messa. È un grande mistero davanti al quale si adora e si crede.

Gesù, che ci ama tanto, è veramente presente nei tabernacoli di tutte le chiese del mondo, nei tabernacoli delle chiese dei vostri quartieri e delle vostre parrocchie. Io vi invito a farGli visita spesso per dirGli il vostro amore.

Alcuni tra voi hanno già fatto la prima Comunione, altri vi si preparano.

Il giorno della mia prima Comunione è stato uno dei più bei giorni della mia vita. Non lo è stato forse anche per voi? Perché? Non è solo a causa dei bei vestiti o dei regali o anche del pranzo della festa!

È soprattutto perché, quel giorno, riceviamo per la prima volta Gesù-Eucaristia.
Quando io faccio la comunione, Gesù viene ad abitare in me. Devo accoglierlo con amore e ascoltarlo attentamente. Nel profondo del mio cuore, posso dirgli per esempio: «Gesù, io so che tu mi ami. Dammi il tuo amore così che io ti ami e ami gli altri con il tuo amore. Ti affido le mie gioie, le mie pene e il mio futuro».
Non esitate, cari bambini, a parlare di Gesù agli altri. Egli è un tesoro che bisogna saper condividere con generosità. Nella storia della Chiesa, l’amore di Gesù ha riempito di coraggio e di forza tanti cristiani e anche dei bambini come voi!
Così, san Kizito, un ragazzo ugandese, è stato messo a morte perché voleva vivere secondo il Battesimo che aveva ricevuto. Kizito pregava. Aveva capito che Dio è non solo importante, ma che è tutto.

Che cos’è la preghiera? È un grido d’amore lanciato verso Dio nostro Padre con la volontà di imitare Gesù nostro fratello. Gesù si ritirava in disparte per pregare. Come Gesù, anch’io posso trovare ogni giorno un luogo calmo in cui mi raccolgo davanti a una croce o ad una immagine sacra per parlare a Gesù e ascoltarlo. Posso anche usare il Vangelo. Poi conservo nel mio cuore un passo che mi colpisce e mi può guidare durante la giornata.

Restare così un po’ di tempo con Gesù, Gli permette di riempirmi del suo amore, della sua luce e della sua vita!

Questo amore che ricevo nella preghiera, sono chiamato a donarlo a mia volta ai miei genitori, ai miei amici, a tutti quelli con cui vivo, anche a coloro che non mi amano, e anche a coloro che non apprezzo molto. Cari bambini, Gesù vi ama! Chiedete anche ai vostri genitori di pregare con voi!

A volte, bisogna spingerli un po’. Non esitate a farlo. Dio è così importante!
La Vergine Maria, sua Madre, vi insegni ad amarLo sempre più attraverso la preghiera, il perdono e la carità. Vi affido tutti a Lei, come pure i vostri familiari e i vostri educatori.

Guardate! Tiro fuori un rosario dalla mia tasca. Il rosario è come uno strumento che si può utilizzare per pregare. È semplice pregare il rosario. Forse lo conoscete già, altrimenti chiedete ai vostri genitori di insegnarvi.

Del resto, alla fine del nostro incontro ciascuno di voi riceverà un rosario.
Quando lo avrete in mano, potrete pregare per il Papa, per la Chiesa e per tutte le intenzioni importanti. E ora, prima che io vi benedica tutti con grande affetto, preghiamo insieme un’Ave Maria per i bambini del mondo intero, specialmente per quelli che soffrono la malattia, la fame e la guerra.

Ora preghiamo: Ave Maria,…

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PAPA: GIUSTIZIA PER I POPOLI CONDIZIONE NECESSARIA PER LA PACE

Salvatore Izzo

(AGI) - Cotonou, 19 nov.

"La pace degli uomini che si ottiene senza la giustizia e' illusoria ed effimera. La giustizia degli uomini che non trova la propria sorgente nella riconciliazione attraverso la verita' nella carita' rimane incompiuta e non e' autentica giustizia".
Lo afferma Bendetto XVI nell'Esortazione Apostolica "Africae munus" che ha firmato oggi nella Cattedrale di Oudah davanti ai rappresentanti delle 40 Conferenze Episcopali dell'Africa e del Madagascar, che egli stesso riuni' in Vaticano nel 2009 per un Sinodo Speciale dedicato al Continente e alle sue attese di giustizia e di pace. "Si potrebbe dire - scrive Papa Ratzinger - che riconciliazione e giustizia siano i due presupposti essenziali della pace e che quindi definiscano in una certa misura anche la sua natura".
Nel testo, il Papa ammette che il compito di coniugare pace egiustizia "non e' facile, poiche' esso si situa tra l'impegno immediato nella politica, che non rientra nelle competenze dirette della Chiesa, e il ripiegamento o l'evasione possibile in teorie teologiche e spirituali, che rischiano di costituire una fuga di fronte a una responsabilita' concreta nella storia umana". Ma, aggiunge, le parole del Vangelo "Vi lascio la pace, vi do la mia pace non come la da' il mondo" implicano "l'amore della verita'", cioe' la necessita' di "tutta la verita', alla quale soltanto lo Spirito ci puo' condurre". Questa indicazione, secondo il Pontefice, deve "tracciare la via che ogni giustizia umana deve imboccare per giungere alla restaurazione dei legami di fraternita' nella famiglia umana, comunita' di pace". "La giustizia - ricorda Benedetto XVI - non e' disincarnata. Essa si ancora necessariamente nella coerenza umana". Ed anche "una carita' che non rispetta la giustizia e il diritto di tutti e' erronea". "Incoraggio pertanto i cristiani - conclude Ratzinger - a diventare esemplari in materia di giustizia e di carita'".

© Copyright (AGI)

PAPA: DONNE AFRICA UMILIATE E AVVILITE DA TRADIZIONE E NOVITA'

Salvatore Izzo

(AGI) - Cotonou, 19 nov.

Le donne africane pagano ancora un prezzo altissimo alla cultura tribale, ma anche le novita' in arrivo dall'Occidente non sempre le hanno davvero "promosse".
Lo denuncia il Papa nell'Esortazione Apostolica "Africae munus" che ha firmato oggi nella Cattedrale di Ouidah.
"Se e' innegabile - scrive - che dei progressi sono stati compiuti per favorire la promozione e l'educazione della donna in certi Paesi africani, ciononostante, nell'insieme, la sua dignita', i suoi diritti cosi' come il suo apporto essenziale alla famiglia ed alla societa' continuano a non essere pienamente riconosciuti, ne' apprezzati". "La promozione delle ragazze e delle donne - sottolinea inoltre Benedetto XVI - e' spesso meno favorita di quella dei ragazzi e degli uomini. Troppo numerose sono ancora le pratiche che umiliano le donne e le avviliscono, in nome della tradizione ancestrale". Unito ai vescovi dell'Africa, afferma allora il Pontefice, esorto "a combattere ogni atto di violenza contro le donne, a denunciarlo e a condannarlo". E in questo contesto, aggiunge il documento, converrebbe che i comportamenti all'interno stesso della Chiesa siano un modello per l'insieme della societa'".
Secondo Papa Ratzinger, "bisogna riconoscere, affermare e difendere l'uguale dignita' dell'uomo e della donna: sono ambedue persone, a differenza di ogni altro essere vivente del mondo attorno a loro". Ma "l'evoluzione delle mentalita' in questo campo e', purtroppo, eccessivamente lenta". Per questo, spiega, "la Chiesa ha il dovere di contribuire a questo riconoscimento e a questa liberazione della donna seguendo l'esempio dato da Cristo che la valorizzava".
Occorre dunque "creare per lei uno spazio in cui poter prendere la parola e in cui poter esprimere i suoi talenti, attraverso iniziative che rafforzino il suo valore, la sua autostima e la sua specificita' le permetterebbe di occupare un posto uguale a quello dell'uomo nella societa', senza confusione, ne' livellamento della specificita' di ciascuno, dato che entrambi sono 'immagine' del Creatore".
"Possano i vescovi - auspica il Papa - incoraggiare e promuovere la formazione delle donne affinche' esse assumano "la loro propria parte di responsabilita' e di partecipazione nella vita comunitaria della societa' e della Chiesa. Esse contribuiranno cosi' all'umanizzazione della societa'".
Nell'esortazione apostolica che riprende il dibattito del Sinodo Africano del 2009, il Pontefice si rivolge poi direttamente alle donne cattoliche dell'Africa: "La vostra presenza attiva e le vostre organizzazioni sono di grande sostegno per l'apostolato della Chiesa. Quando la pace e' minacciata e la giustizia schernita, quando la poverta' e' crescente, voi siete pronte a difendere la dignita' umana, la famiglia e i valori della religione. Possa lo Spirito Santo suscitare senza sosta nella Chiesa donne sante e coraggiose che offrano il loro prezioso contributo spirituale alla crescita delle nostre comunita'".
"Care figlie della Chiesa, come Maria di Betania, mettetevi costantemente - chiede ancora il Papa teologo alle africane - alla scuola di Cristo per saper riconoscere la sua Parola. Formatevi al catechismo e alla Dottrina sociale della Chiesa per dotarvi dei principi che vi aiuteranno ad agire da vere discepole. Cosi' potrete impegnarvi con discernimento nei diversi progetti relativi alle donne. Continuate a difendere la vita perche' Dio vi ha costituite ricettacoli della vita. La Chiesa sara' sempre vostro sostegno. Aiutate con il vostro consiglio e con il vostro esempio le giovani, affinche' esse affrontino serenamente la vita adulta. Sostenetevi reciprocamente! Venerate le piu' anziane tra voi". "La Chiesa - conclude l'Esortazione Apostolica - conta su di voi per creare una ecologia umana attraverso l'amore e la tenerezza, l'accoglienza e la delicatezza e, infine, la misericordia, valori che voi sapete trasmettere ai figli e di cui il mondo ha tanto bisogno. Cosi', con la ricchezza dei vostri doni propriamente femminili, favorirete la riconciliazione degli uomini e delle comunita'".

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"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
20/11/2011 02:49
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Il cardinale Bernardin Gantin nel ricordo di Gianni Cardinale

Il cardinale Bernardin Gantin che ho visto da vicino è quello delle non poche interviste che ha avuto la bontà di concedermi.
Privilegio più che raro, e che, almeno all'inizio, non ha origine in miei particolari meriti. Ricordo ancora con una certa emozione il giorno in cui padre Giulio Cerchietti mi chiamò nella redazione di 30Giorni per comunicarmi che il cardinale aveva finalmente deciso di rilasciare una intervista.
Era il 1998, e il cardinale aveva da poco lasciato l'incarico di prefetto della Congregazione per i vescovi. A dire il vero era già da alcuni anni che avevo chiesto una intervista, ma il cardinale mi faceva dire che non era ancora pronto... Alla fine però tanta insistenza venne premiata, ma certamente non per merito di chi scrive, che il cardinale non conosceva se non di nome, ma per il fatto che la rivista era, ed è, diretta dal senatore Giulio Andreotti, personalità che il cardinale ha sempre stimato come politico e come cristiano. Stima che non è diminuita - anzi si è rafforzata - quando il senatore ha dovuto affrontare le spiacevoli prove che tutti conoscono.
Ricordo che andai a trovare il cardinale nella sua residenza vaticana, nella bella Palazzina dell'arciprete. Palazzina importante perché vi risiedevano altri due pezzi da novanta del collegio cardinalizio: il cardinale Agostino Casaroli e l'allora camerlengo Eduardo Martinez Somalo. Il cardinale mi accolse con grande affabilità e mi concesse una lunga intervista autobiografica che pubblicammo con grande rilievo nel numero di settembre.
Il cardinale era ed è una persona molto riservata, che non si concedeva facilmente ai giornalisti, per me quindi fu un grande onore portare a casa, come si suol dire, una intervista esclusiva con lui. Ma fu anche la preziosa occasione di iniziare a conoscere più a fondo un grande uomo di Chiesa.
Cominciai infatti ad andarlo a trovare con una certa frequenza.
Per me era un piacere ed un onore poter parlare con lui. I temi dei nostri colloqui erano vari, perlopiù collegati all'attualità ecclesiale ma anche internazionale. Ciò che mi ha sempre colpito in sua eminenza è stata sempre la franchezza e allo stesso tempo la delicatezza nei giudizi. Mi spiego meglio. Se si parlavano di fatti e persone che riscuotevano il suo apprezzamento allora il cardinale esprimeva apertamente e a volte con entusiasmo africano la sua approvazione; se invece c'era qualcosa o qualcuno che non gli andava proprio a genio allora si limitava semplicemente a scuotere la testa, in segno di disapprovazione. Non mi è mai capitato ascoltare parole indelicate dalla sua bocca.
Ovviamente tutto quello che ci dicevamo, benché non mi venisse rivelato nulla di sottoposto a segreto pontificio e non, veniva da me conservato nella dovuta riservatezza. E' accaduto però che alcuni di quei colloqui, con il consenso ovviamente di sua eminenza, si trasformasse in una intervista. Il caso più clamoroso che mi viene in mente risale al 1999. Nel marzo di quell'anno sull'Osservatore Romano venne pubblicato un articolo in cui il compianto cardinale Vincenzo Fagiolo, insigne canonista e conterraneo del senatore Andreotti, auspicava che venissero "eliminati" o almeno "resi rari" i casi di promozioni o trasferimenti di un vescovo da una diocesi ad un'altra. Ricordo che il cardinale Gantin mostrò subito di essere d'accordo con le parole del suo confratelli italiano, e argomentò questa sua empatia con particolare fervore. Rimasi impressionato da questa reazione.
E immaginai che forse era dovuta al fatto che in quattordici anni alla guida della Congregazione che aiuta da vicino al papa nella nomina di buona parte dei vescovi dell'orbe cattolico evidentemente qualche caso di carrierismo episcopale al cardinale era pure dovuto capitare. Sta di fatto che quando proposi a sua eminenza di trasformare in intervista il nostro colloqui accettò subito, senza esitazioni. La scrissi di getto, a memoria, tanto le sue parole si erano impresse nella mia mente. Divenne la storia di copertina. E fece molto rumore. Sul caso intervennero anche altri cardinali. Mi limito qui a ricordare quello che disse, in una mia intervista sempre su 30Giorni, l'allora cardinale Joseph Ratzinger: "Sono totalmente d'accordo con il cardinale Gantin. Soprattutto nella Chiesa non dovrebbe esistere alcun senso di carrierismo. Essere vescovo non deve essere considerata una carriera con diversi gradini, da una sede all'altra, ma un servizio molto umile. Penso che anche la discussione sull'accesso al ministero sarebbe molto più serena se si vedesse nell'episcopato non una carriera ma un servizio. Anche una sede umile, con pochi fedeli, è un servizio importante nella Chiesa di Dio. Certo, ci possono essere casi eccezionali: una grandissima sede in cui è necessario avere esperienza del ministero episcopale, in questo caso può darsi... Ma non dovrebbe essere una prassi normale, solo in casi eccezionalissimi".
Il ricordo più emozionante risale alla mattina del 3 dicembre 2002. Feci un'alzataccia, non abito infatti vicino al Vaticano, ma non volli mancare alla messa "d'addio" celebrata dal cardinale sotto l'altare della Confessione della basilica di san Pietro. Il giorno dopo infatti il cardinale sarebbe tornato, dopo ben 31 anni passati nell'Urbe, nel suo amatissimo Benin come semplice "missionario romano". Eravamo in tanti: cardinali, vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, persino un paio di ambasciatori, semplici laici come me. Per fortuna però non si è trattato di un addio vero e proprio perché il cardinale è tornato altre volte a Roma, anche se troppo raramente per chi lo conosce e gli vuole bene.
Comunque ho continuato a sentirlo per telefono, nonostante le linee con il Benin lascino alquanto a desiderare, e sono riuscito a fare anche qualche intervista con la quale il cardinale potesse segnalare le urgenze, le difficoltà e anche le speranze della Chiesa e del popolo in Africa. In questo caso le parole del cardinale sono state sempre chiare e tempestive. E a volte anche pungenti, quando non è riuscito a nascondere il suo disagio per i casi di vescovi africani spesso assenti in diocesi perché in giro per il mondo, per i casi di sacerdoti africani che dopo gli studi rimangono in occidente più alla ricerca del benessere che per ansia missionaria, per i casi di ordini religiosi femminili che cercano di compensare la cronica mancanza di vocazioni nei Paesi d'origine con una importazione massiccia di novizie dal Terzo Mondo. Ma si tratta di rimproveri che nascono dall'amore di un padre per i propri figli.
Se c'è un aspetto della figura del cardinale Gantin che mi ha sempre colpito è il suo amore per Roma e per il vescovo di Roma, il Papa.
E' proverbiale il fatto che finché ha potuto il cardinale non ha mai voluto mancare alla messa che ogni 6 agosto viene celebrata nell'Urbe per ricordare la morte di Paolo VI, di quel papa Montini che lo aveva chiamato a Roma, a prestare servizio nella Curia romana. Ricordo con quale affetto mi ha sempre parlato di Giovanni Paolo I: "eravamo contentissimi" mi disse in una intervista parlando del sentimento provato dai cardinali dopo il Conclave che aveva visto l'elezione di Albino Luciani. Ovviamente enorme la stima e il rispetto che il cardinale ha sempre avuto per Giovanni Paolo II, il papa che gli conferito il delicatissimo incarico di prefetto della Congregazione per i vescovi, che lo ha avuto come Decano del Collegio cardinalizio per molti anni. Con Benedetto XVI infine il legame è del tutto particolare: Ratzinger e Gantin infatti vennero creati cardinali nello stesso concistoro, quello del 1977, l'ultimo di Paolo VI. Intervistandolo per Avvenire il cardinale mi ha detto: "Per me fu un onore essere creato cardinale dal grande papa Paolo VI insieme a figure di primissimo piano come Giovanni Benelli, Joseph Ratzinger, Mario Luigi Ciappi e Frantisek Tomasek. Adesso siamo rimasti in due. E il cardinale Ratzinger, quando ci incontravamo, mi ripeteva sempre 'siamo i sopravvissuti…'".
Il cardinale Gantin non ha partecipato al Conclave del 2005. Ma se posso esprimere una valutazione personale non ho dubbi a pensare che se avesse potuto non avrebbe fatto mancare il suo sostegno al cardinale Ratzinger. Intervistandolo per 30Giorni nel 2002 il cardinale, spiegando il suo dolore per "le tante critiche… spesso ingiustificate" che nel corso degli anni ha sentito rivolgere alla Curia romana, indicava come figura "esemplare" proprio il cardinale Ratzinger, "vero modello per tutta la Curia". "Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo personalmente - aggiungeva - ha saputo apprezzare la delicatezza, la sensibilità, la cortesia, la semplicità con cui Ratzinger affronta i casi, spesso difficili, che gli sono sottoposti". Il cardinale - dicevo - non ha potuto materialmente esprimere il proprio suffragio in Conclave. Ma un giornalista americano ha scritto che il cardinale Gantin, lasciando la carica di Decano del Collegio, ha favorito la nomina in questo incarico dell'allora vice-decano, che era Ratzinger, e così in qualche modo ha in qualche oggettivamente aiutato l'elezione di Benedetto XVI. La storia non si fa con i se, è ovvio, ma personalmente mi piace immaginare che le cose siano andate proprio così.
Insomma il cardinale Gantin ha sempre amato il Papa, il vescovo di Roma. E ha sempre amato Roma, tanto che è voluto tornare in Africa, come ha sempre ripetuto, da "missionario romano". Nella messa di addio del 3 dicembre 2002 il cardinale esclamò: "Che la mia lingua si attacchi al mio palato, e la mia destra si paralizzi semmai ti dimentico o Roma, la Gerusalemme nuova, meta di tanti pellegrino nel mondo intero...".
No, il cardinale Gantin non si è mai dimenticato di Roma. E Roma non si è dimenticata del cardinale Gantin.

G. Cerchietti - G. Grieco - L. Lalloni, Il cardinale Bernardin Gantin. Missionario africano a Roma. Missionario romano in Africa, LEV, Città del Vaticano 2010, 280 pp., euro 13,00


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20/11/2011 02:54
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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI IN BENIN (18-20 NOVEMBRE 2011)

INCONTRO CON I VESCOVI DEL BENIN NELLA NUNZIATURA APOSTOLICA DI COTONOU

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,
caro Monsignor Ganyé, Presidente della Conferenza dei Vescovi del Benin,
cari Fratelli nell’episcopato!

E’ per me una grande gioia incontrarvi insieme questa sera, voi che siete i Pastori della Chiesa cattolica nel Benin.
Ringrazio il Presidente della vostra Conferenza Episcopale, Monsignor Antoine Ganyé, Arcivescovo di Cotonou, per le parole fraterne che ha appena pronunciato a nome vostro. Con voi, sono lieto di poter rendere grazie al Signore, mentre celebrate il centocinquantesimo anniversario dagli inizi dell’evangelizzazione del vostro Paese.
Infatti, il 18 aprile 1861 i primi missionari della Società delle Missioni Africane sbarcarono a Ouidah, cominciando così una nuova pagina dell’annuncio del Vangelo in Africa Occidentale.
A tutti i missionari, vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, laici, provenienti da altre terre o originari di questo Paese, che si sono succeduti da quel tempo fino ad oggi, la Chiesa è particolarmente riconoscente. Essi hanno generosamente fatto dono della loro vita, talvolta in modo eroico, affinché l’amore di Dio sia annunciato a tutti.
La celebrazione di questo Giubileo dev’essere per le vostre comunità e per ciascuno dei loro membri l’occasione di un profondo rinnovamento spirituale. E spetta a voi, in quanto Pastori del popolo di Dio, di discernerne i contorni alla luce della Parola di Dio.
L’Anno della fede, che ho voluto promulgare in occasione del cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, sarà certamente una circostanza propizia per permettere ai fedeli di riscoprire e di approfondire la loro fede nella persona del Salvatore degli uomini.
In effetti, è perché hanno accettato di mettere Cristo al centro della loro vita che, dopo 150 anni, degli uomini e delle donne hanno avuto il coraggio di donare tutto per il servizio del Vangelo. Oggi, questo stesso atto dev’essere al centro della vita della Chiesa intera.
È il volto crocifisso e glorioso di Cristo che ci deve guidare tutti, così da testimoniare il suo amore al mondo. Questo atteggiamento richiede una conversione costante per dare nuova forza alla dimensione profetica del nostro annuncio.
A coloro che hanno ricevuto la missione di guidare il popolo di Dio, spetta di suscitarla e di aiutare a discernere i segni della presenza di Dio nel cuore delle persone e degli avvenimenti. Possano tutti i fedeli vivere l’incontro personale e comunitario con Cristo, per farsene messaggeri!
Questo incontro con Cristo dev’essere saldamente radicato nell’accoglienza e nella meditazione della Parola di Dio. Infatti, la Scrittura deve occupare un posto centrale nella vita della Chiesa e di ogni cristiano. Vi incoraggio dunque a fare della sua riscoperta una sorgente di rinnovamento costante, affinché essa unifichi la vita quotidiana dei fedeli e sia sempre più al cuore di ogni attività ecclesiale.
Questa Parola di Dio, la Chiesa non può tenerla per se stessa, ma ha la vocazione di annunciarla al mondo. Questo anno giubilare dev’essere per la Chiesa nel Benin un’occasione privilegiata per ridare vigore alla sua coscienza missionaria.
Lo zelo apostolico che deve animare tutti i fedeli deriva direttamente dal loro Battesimo, e pertanto essi non possono sottrarsi alla responsabilità di confessare la loro fede in Cristo e nel suo Vangelo dovunque si trovino, e nella loro vita quotidiana.
Quanto ai vescovi e ai sacerdoti, essi sono chiamati a risvegliare questa coscienza nelle famiglie, nelle parrocchie, nelle comunità e nei diversi movimenti ecclesiali.
Una volta ancora, vorrei inoltre rilevare con ammirazione il ruolo essenziale giocato dai catechisti nell’attività missionaria delle vostre diocesi.
D’altra parte, come ho sottolineato nell’Esortazione apostolica post-sinodale Verbum Domini, «in nessun modo la Chiesa può limitarsi ad una
pastorale di “mantenimento”, per coloro che già conoscono il Vangelo di Cristo.
Lo slancio missionario è un segno chiaro della maturità di una comunità ecclesiale» (n. 95). La Chiesa deve dunque andare verso tutti.
E vi incoraggio a proseguire i vostri sforzi in vista di una condivisione del personale missionario con le diocesi più sprovviste, sia che ciò avvenga nel vostro Paese, o in altri Paesi dell’Africa o in continenti più lontani. Non abbiate paura di suscitare vocazioni missionarie di sacerdoti, di religiosi e di religiose e di laici!
Perché il mondo creda in questa Parola che la Chiesa annuncia, è indispensabile che i discepoli di Cristo siano uniti tra loro (cfr Gv 17,21).
Guide e Pastori del vostro popolo, voi siete chiamati ad avere una viva coscienza della fraternità sacramentale che vi unisce e dell’unica missione che vi è affidata, così da essere effettivamente segni e promotori di unità nelle vostre diocesi.
Con i vostri sacerdoti, un atteggiamento di ascolto, di attenzione personale e paterna deve prevalere affinché essi, coscienti del bene che volete loro, vivano con serenità e sincerità la loro vocazione sacerdotale, la irradino con gioia attorno a loro e ne esercitino fedelmente i compiti. Vi invito dunque ad aiutare i sacerdoti e i fedeli a riscoprire anch’essi la bellezza del sacerdozio e del ministero sacerdotale.
Le difficoltà incontrate, che talvolta possono essere serie, non devono mai dar motivo di disperare, ma al contrario diventare incitamenti a suscitare nei sacerdoti e nei vescovi una profonda vita spirituale che riempia il loro cuore di un amore sempre più grande per Cristo e di uno zelo traboccante per la santificazione del Popolo di Dio.
Un rafforzamento dei legami di fraternità e di amicizia tra tutti sarà pure un sostegno importante, che permette di progredire nella ricerca di una crescita spirituale e umana.
Cari Fratelli nell’episcopato, la formazione dei futuri sacerdoti delle vostre diocesi è una realtà che vi sta particolarmente a cuore. Vi incoraggio vivamente a farne una delle vostre priorità pastorali.
È indispensabile che una solida formazione umana, intellettuale e spirituale permetta ai giovani di raggiungere un equilibrio personale, psicologico e affettivo, che li prepari ad assumere le realtà della vita sacerdotale, particolarmente nel campo relazionale.
Del resto, come ho detto nella lettera che ho recentemente indirizzato a tutti i seminaristi, «la cosa più importante nel cammino verso il sacerdozio e durante tutta la vita sacerdotale è il rapporto personale con Dio in Gesù Cristo.
Il sacerdote […] è il messaggero di Dio tra gli uomini. Vuole condurre a Dio e così far crescere anche la vera comunione degli uomini tra loro». È dunque in questa prospettiva che i seminaristi devono imparare a vivere in costante contatto con Dio.
Pertanto, la scelta dei formatori è una responsabilità importante che spetta ai Vescovi. Vi invito ad esercitarla con prudenza e discernimento. I formatori, pur possedendo le qualità umane e intellettuali necessarie, devono avere a cuore il proprio progresso nel cammino della santità, come quello dei giovani che essi hanno la missione di aiutare nella ricerca della volontà di Dio sulla loro vita.
Il ministero episcopale al quale il Signore vi ha chiamati conosce le sue gioie e le sue pene.
Incontrandovi questa sera, vorrei lasciare a ciascuno di voi un messaggio di speranza.
Nel corso di questi ultimi 150 anni, il Signore ha fatto grandi cose in mezzo al popolo del Benin. Siate certi che Egli continua ad accompagnarvi giorno per giorno nel vostro impegno a servizio dell’evangelizzazione. Siate sempre Pastori secondo il cuore di Dio, autentici servitori del Vangelo.
È questo che gli uomini e le donne del nostro tempo aspettano da voi.
Cari Fratelli nell’episcopato, al termine del nostro incontro, vorrei dirvi quanto è grande la mia gioia di ritornare in terra d’Africa, e particolarmente in Benin, in questa duplice circostanza della celebrazione del centocinquantesimo anniversario dell’evangelizzazione del vostro Paese e della consegna dell’Esortazione apostolica post-sinodale Africae munus.
Vorrei ringraziarvi, e attraverso di voi tutto il popolo del Benin, per l’accoglienza calorosa, direi semplicemente per “l’accoglienza africana”, che mi avete riservato.
Affido alla Vergine Maria, Nostra Signora d’Africa, ciascuna delle vostre diocesi, così come le vostre persone e il vostro ministero episcopale.
Ella vegli sull’intero popolo del Benin! E di vero cuore vi imparto un’affettuosa Benedizione Apostolica, come pure ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai catechisti e a tutti i fedeli delle vostre diocesi.

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AIDS: APPELLO PAPA PER CURE GRATUITE A TUTTI I MALATI AFRICA

Salvatore Izzo

(AGI) - Cotonou, 19 nov.

Per combattere l'Aids che sta falcidiando la popolazione africana occorre "trovare soluzioni e rendere accessibili a tutti i trattamenti e le medicine, considerando le situazioni di precarieta'".
Lo chiede Bendetto XVI nel documento "Africae munus" firmato oggi in Benin. "La Chiesa - ricorda il testo - sostiene da molto tempo la causa di un trattamento medico di alta qualita' e a minore costo per tutte le persone coinvolte". In unione con i vescovi africani, scrive inoltre Ratzinger, "rinnovo il mio sostegno e mi rivolgo a tutte le istituzioni e a tutti i movimenti della Chiesa che operano nel settore della sanita' e specialmente dell'Aids: realizzate un lavoro meraviglioso ed importante. Chiedo alle agenzie internazionali di riconoscervi e di aiutarvi nel rispetto della vostra specifi cita' e in spirito di collaborazione. Incoraggio vivamente ancora una volta".
Nel testo il Papa tedesco si preoccupa anche delle condizioni difficilissime dei detenuti in molti paesi dell'Africa e chiede che "la dignita' umana del carcerato sia rispettata". "Agli operatori pastorali - ricorda - e' affidato il compito di studiare e proporre la giustizia restitutiva come mezzo e procedimento per favorire la riconciliazione, la giustizia e la pace e il reinserimento delle vittime e dei trasgressori nelle comunita'".

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PAPA: ABORTO, AIDS E ANALFABETISMO SONO TRE NEMICI DELL'AFRICA

Salvatore Izzo

(AGI) - Cotonou, 19 nov.

Benedetto XVI esalta "la visione africana del mondo", nella quale "la vita viene percepita come una realta' che ingloba ed include gli antenati, i vivi e i bambini che devono nascere, tutta la creazione ed ogni essere: quelli che parlano e quelli che sono muti, quelli che pensano e quelli che non hanno alcun pensiero".
E nell'Esortazione Apostolica "Africae munus" - firmata a Oudiah in Benin - identifica tre grandi nemici dell'Africa di oggi: l'abortoe l'aids che falcidiano le vite e l'analfabetismo che impedisce di fatto di promuoverle e difenderle. Sul tema della difesa della vita prende spunto dalla denuncia del recente Sinodo Africano riguardo a "una mancanza di chiarezza etica" emersa "nel corso degli incontri internazionali, addirittura un linguaggio confuso che veicola valori contrari alla morale cattolica".
"L'aborto che consiste nella soppressione di un innocente non nato, e' contrario - conferma il documento firmato oggi - alla volonta' di Dio, poiche' il valore e la dignita' della vita umana debbono esser protetti dal concepimento sino alla morte naturale. La Chiesa in Africa e nelle isole vicine deve impegnarsi ad aiutare ed accompagnare le donne e le coppie tentate dall'aborto, e ad esser vicina a quanti ne hanno fatto la triste esperienza, per educarli al rispetto della vita. Essa apprezza il coraggio dei governi che hanno legiferato contro la cultura della morte, della quale l'aborto e' espressione drammatica, in favore della cultura della vita".
Ma, aggiunge il documento papale, ci sono anche altre "minacce molto forti che pesano sulla vita umana in Africa. "Bisogna deplorare - scrive il Pontefice - i disastri della droga e gli abusi di alcol che distruggono il potenziale umano del Continente ed affl iggono soprattutto i giovani. La malaria, come pure la tubercolosi e l'Aids, decimano le popolazioni africane e compromettono gravemente il loro futuro".
Per il Papa il futuro dell'Africa passa moltissimo per l'impegno educativo.
"I giovani - scrive il Pontfice nel documento - costituiscono in Africa la maggioranza della popolazione: un dono e un tesoro di Dio, di cui tutta la Chiesa e' riconoscente al Signore della vita. Occorre amare questa gioventu', stimarla e rispettarla, perche' esprime un anelito profondo, nonostante possibili ambiguita', verso quei valori autentici che hanno in Cristo la loro pienezza". Cosi' anche il problema dell'Aids che, afferma il testo papale, "esige certamente una risposta medica e farmaceutica" (e il Papa lancia nel documento un appello per le cure gratuite e incporaggia gli istituti e i programmi di ricerca terapeutica e farmaceutica attualmente in corso per sradicare le pandemie", esortando a "non risparmiare fatiche per raggiungere al piu' presto dei risultati, per amore al dono prezioso della vita") in realta' "e' piu' profondo, e' anzitutto etico". Dunque le altre soluzioni, pure utili e da non abbanodonare, si rivelano "insufficienti" da sole. Per sconfiggere questa epidemia, serve invece "un cambio di comportamento che esige l'astinenza sessuale, il rifiuto della promiscuita' sessuale, la fedelta' coniugale" e cio' "in ultima analisi la questione dello sviluppo integrale che richiede un approccio e una risposta globali della Chiesa". Infatti, "per essere efficace, la prevenzione dell'Aids deve poggiarsi su una educazione sessuale fondata essa stessa su un'antropologia ancorata al diritto naturale e illuminata dalla Parola di Dio e dall'insegnamento della Chiesa".
Infine un terzo nemico dell'Africa che occorre sconfiggere e' l'analfabetismo. "La difesa della vita - osserva il Papa teologo - comporta ugualmente lo sradicamento dell'ignoranza attraverso l'alfabetizzazione delle popolazioni ed una educazione qualifi cata che inglobi tutta la persona. Lungo il corso della propria storia, la Chiesa cattolica ha prestato particolare attenzione all'educazione. Ha sempre sensibilizzato, incoraggiato e aiutato i genitori a vivere la loro responsabilita' di primi educatori della vita e della fede dei propri figli". "In Africa, le sue strutture, come le scuole, i collegi, i licei, le scuole professionali, le universita', mettono a disposizione della popolazione strumenti per accedere al sapere, senza discriminazione di origine, di possibilita' economiche o di religione".
"La Chiesa - assicura il Pontefice - da' il proprio contributo per permettere di valorizzare e portare a frutto i talenti che Dio ha posto nel cuore di ogni uomo. Numerose Congregazioni religiose sono nate a questo scopo. Innumerevoli Santi e Sante hanno capito che santifi care l'uomo signifi cava prima di tutto promuoverne la dignita' mediante l'educazione".

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PAPA: NO A VIOLENZA CONTRO BAMBINI E IMMIGRATI ANCHE FUORI AFRICA

Salvatore Izzo

(AGI) - Cotonou, 19 nov.

Benedetto XVI esorta il mondo intero a mobilitarsi per dire basta "ai trattamenti intollerabili inflitti in Africa a tanti bambini: quelli uccisi prima della nascita, i piccoli non desiderati, gli orfani, gli albini, i fanciulli di strada, quelli abbandonati, i bambini-soldato, i bambini prigionieri, i piccoli forzati a lavorare, quelli maltrattati a causa di un handicap fisico o mentale, quelli considerati come stregoni, i fanciulli detti serpenti, i ragazzi venduti come schiavi sessuali, quelli traumatizzati, senza alcuna prospettiva di un avvenire". "I bambini - scrive nell'Esortazione Apostolica 'Africae munus' firmata oggi nella Cattedrale di Ouidah in Benin - sono un dono di Dio all'umanita', e pertanto devono essere oggetto di particolare cura da parte delle loro famiglie, della Chiesa, della societa' e dei governi, poiche' sono fonte di speranza e di rinnovamento nella vita.
Dio e' ad essi particolarmente vicino, e la loro vita e' preziosa ai suoi occhi, anche quando le circostanze sembrano contrarie o impossibili".
"Cristo Gesu' - ricorda il Pontefice teologo - ha sempre manifestato la sua preferenza nei confronti dei piu' piccoli" perche' "nel bambino vi e' qualche cosa che non dovrebbe mancare mai a chi vuole entrare nel Regno dei cieli. Il cielo e' promesso a tutti coloro che sono semplici come i fanciulli, a quanti, come essi, sono pieni di uno spirito di abbandono nella fiducia, puri e ricchi di bonta'".
Nell'Esortazione, accanto alle forti denunce per i maltrattamenti inflitti a donne e bambini, il Papa indvidua anche nei profughi le vittime di una violenza intollerabile. "In milioni - scrive citando esplicitamente sia migranti che rifugiati - cercano una patria e una terra di pace in Africa o in altri continenti" ma "incontrano ogni sorta di violenza e di sfruttamento, addirittura la prigione o troppo spesso la morte". "Alcuni Stati - lamenta Ratzinger - hanno risposto a questo dramma attraverso una legislazione repressiva. La situazione di precarieta' di tali poveri dovrebbe suscitare la compassione e la solidarieta' generose da parte di tutti; al contrario, fa nascere spesso la paura e l'ansieta'".
Assistiamo "a reazioni di intolleranza, di xenofobia e di razzismo.
Ne risulta che questi migranti sono essi stessi costretti, a causa della precarieta' della loro situazione, a svolgere lavori mal remunerati spesso illegali, umilianti o degradanti". "La coscienza umana - allora - non puo' che indignarsi di fronte a queste situazioni".
"La migrazione all'interno e all'esterno del Continente diventa cosi' - conclude il Pontefice - un dramma pluridimensionale, che colpisce seriamente il capitale umano dell'Africa, provocando la destabilizzazione o la distruzione delle famiglie".

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PAPA: CHIEDE GIUSTIZIA PER LE DONNE, I BAMBINI E I POVERI DELL'AFRICA

Salvatore Izzo

(AGI) - Cotonou, 19 nov.

(dall'inviato Salvatore Izzo)

"La pace degli uomini che si ottiene senza la giustizia e' illusoria ed effimera. La giustizia degli uomini che non trova la propria sorgente nella riconciliazione attraverso la verita' nella carita' rimane incompiuta e non e' autentica giustizia".
E' questa la tesi di fondo dell'Esortazione Apostolica "Africae munus" che Benedetto XVI ha firmato oggi nella Cattedrale di Oudah davanti ai rappresentanti delle 40 Conferenze Episcopali dell'Africa e del Madagascar, che egli stesso riuni' in Vaticano nel 2009 per un Sinodo Speciale dedicato al Continente e alle sue attese di giustizia e di pace.Nel testo, il Papa ammette che il compito di coniugare pace e giustizia "non e' facile" ma questa ricerca deve "tracciare la via che ogni giustizia umana deve imboccare per giungere alla restaurazione dei legami di fraternita' nella famiglia umana, comunita' di pace".
"La giustizia - ricorda Benedetto XVI - non e' disincarnata. Essa si ancora necessariamente nella coerenza umana". Ed anche "una carita' che non rispetta la giustizia e il diritto di tutti e' erronea". "Incoraggio pertanto i cristiani - chiede Ratzinger - a diventare esemplari in materia di giustizia e di carita'".
Nelle circa 80 pagine del testo, il Papa affronta molti temi concreti e le pagine piu' forti sono forse quelle dedicate alla drammatica condizione dele donne africane che pagano ancora un prezzo altissimo alla cultura tribale, ma anche le novita' in arrivo dall'Occidente non sempre le hanno davvero "promosse". "Se e' innegabile - denuncia - che dei progressi sono stati compiuti per favorire la promozione e l'educazione della donna in certi Paesi africani, ciononostante, nell'insieme, la sua dignita', i suoi diritti cosi' come il suo apporto essenziale alla famiglia ed alla societa' continuano a non essere pienamente riconosciuti, ne' apprezzati". "La promozione delle ragazze e delle donne - sottolinea inoltre Benedetto XVI - e' spesso meno favorita di quella dei ragazzi e degli uomini. Troppo numerose sono ancora le pratiche che umiliano le donne e le avviliscono, in nome della tradizione ancestrale". Unito ai vescovi dell'Africa, afferma allora il Pontefice, esorto "a combattere ogni atto di violenza contro le donne, a denunciarlo e a condannarlo". E in questo contesto, aggiunge il documento, converrebbe che i comportamenti all'interno stesso della Chiesa siano un modello per l'insieme della societa'".
Nel nuovo documento Ratzinger esorta il mondo intero a mobilitarsi per dire basta "ai trattamenti intollerabili inflitti in Africa a tanti bambini: quelli uccisi prima della nascita, i piccoli non desiderati, gli orfani, gli albini, i fanciulli di strada, quelli abbandonati, i bambini-soldato, i bambini prigionieri, i piccoli forzati a lavorare, quelli maltrattati a causa di un handicap fisico o mentale, quelli considerati come stregoni, i fanciulli detti serpenti, i ragazzi venduti come schiavi sessuali, quelli traumatizzati, senza alcuna prospettiva di un avvenire".
"I bambini - scrive il Papa che nel pomeriggio, in un tenerissimo incontro con 800 di loro nella parrocchia di Santa Rita Cotonou lo ha poi testimoniato di persona - sono un dono di Dio all'umanita', e pertanto devono essere oggetto di particolare cura da parte delle loro famiglie, della Chiesa, della societa' e dei governi, poiche' sono fonte di speranza e di rinnovamento nella vita. Dio e' ad essi particolarmente vicino, e la loro vita e' preziosa ai suoi occhi, anche quando le circostanze sembrano contrarie o impossibili".
Nell'Esortazione, accanto alle forti denunce per i maltrattamenti inflitti a donne e bambini, il Papa indvidua anche nei profughi le vittime di una violenza intollerabile. "In milioni - scrive citando esplicitamente sia migranti che rifugiati - cercano una patria e una terra di pace in Africa o in altri continenti" ma "incontrano ogni sorta di violenza e di sfruttamento, addirittura la prigione o troppo spesso la morte". "Alcuni Stati - lamenta Ratzinger - hanno risposto a questo dramma attraverso una legislazione repressiva. La situazione di precarieta' di tali poveri dovrebbe suscitare la compassione e la solidarieta' generose da parte di tutti; al contrario, fa nascere spesso la paura e l'ansieta'". Assistiamo "a reazioni di intolleranza, di xenofobia e di razzismo. Ne risulta che questi migranti sono essi stessi costretti, a causa della precarieta' della loro situazione, a svolgere lavori mal remunerati spesso illegali, umilianti o degradanti". "La coscienza umana - allora - non puo' che indignarsi di fronte a queste situazioni". "La migrazione all'interno e all'esterno del Continente diventa cosi' - conclude il Pontefice - un dramma pluridimensionale, che colpisce seriamente il capitale umano dell'Africa, provocando la destabilizzazione o la distruzione delle famiglie".
Nel testo, Benedetto XVI esalta poi "la visione africana del mondo", nella quale "la vita viene percepita come una realta' che ingloba ed include gli antenati, i vivi e i bambini che devono nascere, tutta la creazione ed ogni essere: quelli che parlano e quelli che sono muti, quelli che pensano e quelli che non hanno alcun pensiero". E identifica tre grandi nemici dell'Africa di oggi: l'abortoe l'aids che falcidiano le vite e l'analfabetismo che impedisce di fatto di promuoverle e difenderle.
Sul tema della difesa della vita prende spunto dalla denuncia del recente Sinodo Africano riguardo a "una mancanza di chiarezza etica" emersa "nel corso degli incontri internazionali, addirittura un linguaggio confuso che veicola valori contrari alla morale cattolica". "L'aborto che consiste nella soppressione di un innocente non nato, e' contrario - conferma il documento firmato oggi - alla volonta' di Dio, poiche' il valore e la dignita' della vita umana debbono esser protetti dal concepimento sino alla morte naturale. La Chiesa in Africa e nelle isole vicine deve impegnarsi ad aiutare ed accompagnare le donne e le coppie tentate dall'aborto, e ad esser vicina a quanti ne hanno fatto la triste esperienza, per educarli al rispetto della vita. Essa apprezza il coraggio dei governi che hanno legiferato contro la cultura della morte, della quale l'aborto e' espressione drammatica, in favore della cultura della vita". Per il Papa, il futuro dell'Africa passa moltissimo per l'impegno educativo. "I giovani - sottolinea il documento - costituiscono in Africa la maggioranza della popolazione: un dono e un tesoro di Dio, di cui tutta la Chiesa e' riconoscente al Signore della vita. Occorre amare questa gioventu', stimarla e rispettarla, perche' esprime un anelito profondo, nonostante possibili ambiguita', verso quei valori autentici che hanno in Cristo la loro pienezza". Cosi' anche il problema dell'Aids che, afferma il testo papale, "esige certamente una risposta medica e farmaceutica" (e il Papa lancia dal Benin un appello per le cure gratuite e incporaggia gli istituti e i programmi di ricerca terapeutica e farmaceutica attualmente in corso per sradicare le pandemie", esortando a "non risparmiare fatiche per raggiungere al piu' presto dei risultati, per amore al dono prezioso della vita") in realta' "e' piu' profondo, e' anzitutto etico". Infatti, "per essere efficace, la prevenzione dell'Aids deve poggiarsi su una educazione sessuale fondata essa stessa su un'antropologia ancorata al diritto naturale e illuminata dalla Parola di Dio e dall'insegnamento della Chiesa".
Infine un terzo nemico dell'Africa che occorre sconfiggere e' l'analfabetismo.
"La difesa della vita - osserva il Papa teologo - comporta ugualmente lo sradicamento dell'ignoranza attraverso l'alfabetizzazione delle popolazioni ed una educazione qualificata che inglobi tutta la persona. Lungo il corso della propria storia, la Chiesa Cattolica ha prestato particolare attenzione all'educazione".
In mattinata, nel Palazzo Presidenziale di Cotonou, il Pontefice ha lanciato un "un appello a tutti i responsabili politici ed economici dei Paesi africani e del resto del mondo: non private - ha invocato - i vostri popoli della speranza. Non amputate il loro futuro mutilando il loro presente! Abbiate un approccio etico con il coraggio delle vostre responsabilita' e, se siete credenti, pregate Dio di concedervi la sapienza per comprendere che, in quanto promotori del futuro dei vostri popoli, occorre diventare veri servitori della speranza". Nello stesso impegnativo discorso - rivolto alle autorita' civili e religiose locali ma anche al Corpo Diplomatico accreditato a Cotonou - ha anche ricordato che "ogni popolo vuole comprendere le scelte politiche ed economiche che vengono fatte a suo nome. E si accorge della manipolazione, e la sua reazione e' a volte violenta. Vuole partecipare al buon governo". In serata l'incontro con i vescovi del Benin, ai quali ha chiesto di vigilare contro le tentazioni di ridurre a qualcos'altro il messaggio del Vangelo e proporre "una fede autentica e viva, fondamento incrollabile di una vita cristiana santa e al servizio dell'edificazione di un mondo nuovo". "L'amore per il Dio rivelato e per la sua Parola, l'amore per i Sacramenti e per la Chiesa, sono - ha spiegato - un antidoto efficace contro i sincretismi che sviano". Secondo il Papa, "questo amore favorisce una giusta integrazione dei valori autentici delle culture nella fede cristiana e libera dall'occultismo e vince gli spiriti malefici, perche' e' mosso dalla potenza stessa della Santa Trinita'". "Vissuto profondamente - ha assicurato - e' anche un fermento di comunione che infrange ogni barriera, favorendo cosi' l'edificazione di una Chiesa nella quale non vi e' segregazione tra i battezzati, perche' tutti non sono che uno in Cristo Gesu'".
Con questo spirito, il Papa ha anche lanciato la celebrazione in Africa dell'Anno della fede, che ha indetto in occasione del cinquantesimo anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II e si terra' dall'11 ottobre 2012 . "Sara' certamente una circostanza propizia per permettere ai fedeli di riscoprire e di approfondire la loro fede nella persona del Salvatore degli uomini", ha affermato dopo essere rientrato a Cotonou da Ouidah, dove oltre a firmare l'Esortazione post-sinodale "Africae munus" ha reso omaggio alla memoria del cardinale Bernardin Gantin, che fu suo amico personale e predecessore nell'incarico di decano del Collegio Cardinalizio. Una figura gigantesca di vescovo africano che ha saputo mettersi al servizo della Chiesa Universale. Uomini come lui, ha detto il Papa tedesco ai vescovi del Benin, "hanno accettato di mettere Cristo al centro della loro vita, con il coraggio di donare tutto per il servizio del Vangelo".

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PAPA: SALVO BAMBINO CHE VOLEVA VEDERLO ED E' CADUTO IN UNA CLOACA

Salvatore Izzo

(AGI) - Cotonou, 19 nov.

Un incidente poteva rovinare oggi la bella festa dell'incontro del Papa con i bambini di Cotonou, nella parrocchia di Santa Rita, dove Benedetto XVI ha conversato con 800 piccoli che hanno appena ricevuto la prima comunione. Lungo il percorso dalla Nunziatura, infatti, si erano assiepate molti migliaia di persone e un bambino di sette-otto anni si e' arrampicato su un muretto _ in realta' un argine sconnesso - per vedere meglio il passaggio della Papamobile, cadendo pero' inavvertitamente nella fogna cielo aperto che si trovava li' sotto.
E' stato salvato dagli uomini assegnatoi dal governo beninese alla sicurezza del Papa, prontamente intervenuti.
Nella parrocchia, poi, il piccolo e' stato presentato a Bendetto XVI che ha potuto anche accarezzare Benedicta, un'altra bambina scampata nei giorni scorsi a un tragico destino. Nata lo scorso due novembre e' stata abbandonata infatti dalla madre nella foresta che circonda Cotonou. Qualcuno l'ha ritrovata prima che finisse in pasto a qualche belva e l'ha affidata alle suore di Madre Tersa di Calcutta.

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Papa Ratzi Superstar









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