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Viaggio apostolico in Inghilterra ed Scozia

Ultimo Aggiornamento: 26/09/2010 00:27
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17/09/2010 15:30
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INCONTRO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI CON I GIORNALISTI DURANTE IL VOLO VERSO IL REGNO UNITO (16 SETTEMBRE 2010)



Ieri mattina, nel corso del viaggio aereo verso il Regno Unito, il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato i giornalisti del Volo Papale. Pubblichiamo di seguito la trascrizione dell’intervista concessa dal Papa agli operatori dei media:


TESTO DELL’INTERVISTA

P. Lombardi: Santità, benvenuto fra noi e grazie della sua disponibilità. Abbiamo un gruppo di 70 giornalisti qui presenti, delle diverse parti del mondo. Naturalmente alcuni vengono apposta dal Regno Unito per unirsi fin dal volo a questo gruppo. Come al solito, i colleghi, nei giorni scorsi, hanno dato diverse domande, che Le proponiamo per questa prima conversazione all’inizio di un viaggio molto atteso e impegnativo, che speriamo sia bellissimo. Io ho scelto una serie di domande tra quelle che sono state proposte. GlieLe propongo in italiano per non affaticarLa troppo. I colleghi si aiuteranno a capire se non conoscono bene l’italiano.

La prima domanda: durante la preparazione di questo viaggio vi sono state discussioni e posizioni contrarie. Nella tradizione passata del Paese vi sono state forti posizioni anticattoliche. Lei è preoccupato per come sarà accolto?

Santo Padre: Innanzitutto buona giornata e un buon volo per noi tutti. Devo dire che non sono preoccupato, perché quando sono andato in Francia è stato detto che quello sarebbe stato il Paese più anticlericale, con forti correnti anticlericali e con un minimo di fedeli; quando sono andato nella Repubblica Ceca è stato detto che quello sarebbe stato il Paese più areligioso d’Europa e più anticlericale anche. Così i Paesi occidentali hanno tutti, ognuno nel loro modo specifico e secondo la loro propria storia, forti correnti anticlericali e anticattoliche, ma hanno anche sempre una presenza forte di fede. Così in Francia e nella Repubblica Ceca ho visto e vissuto una calorosa accoglienza da parte della comunità cattolica, una forte attenzione da parte di agnostici che tuttavia sono in ricerca, vogliono conoscere e trovare i valori che portano avanti l’umanità, e sono stati molto attenti se potessero sentire da me qualcosa anche in questo senso. E la tolleranza e il rispetto di quanti sono anticattolici. Naturalmente la Gran Bretagna ha una sua propria storia di anticattolicesimo, questo è ovvio, ma è anche un Paese di una grande storia di tolleranza. E così sono sicuro che da una parte vi sarà un’accoglienza positiva dai cattolici e dai credenti, generalmente; attenzione da quanti cercano come andare avanti in questo nostro tempo, e rispetto e tolleranza reciproca dove c’è un anticattolicesimo. Vado avanti con grande coraggio e con gioia.

P. Lombardi: Il Regno Unito, come molti altri Paesi occidentali – è un tema che ha già toccato nella prima risposta – è considerato un Paese secolare; c’è un forte movimento di ateismo anche con motivazioni culturali, tuttavia vi sono anche segni che la fede religiosa, in particolare in Gesù Cristo, è tuttora viva a livello personale. Che cosa può significare questo per cattolici ed anglicani? Si può fare qualcosa per rendere la Chiesa come istituzione anche più credibile e attrattiva per tutti?

Santo Padre: Direi che una Chiesa che cerca soprattutto di essere attrattiva sarebbe già su una strada sbagliata. Perché la Chiesa non lavora per sé, non lavora per aumentare i propri numeri e così il proprio potere. La Chiesa è al servizio di un Altro, serve non per sé, per essere un corpo forte, ma serve per rendere accessibile l’annuncio di Gesù Cristo, le grandi verità, le grandi forze di amore, di riconciliazione apparse in questa figura e che sempre vengono dalla presenza di Gesù Cristo. In questo senso la Chiesa non cerca la propria attrattività, ma deve essere trasparente per Gesù Cristo. E nella misura nella quale non sta per se stessa, come corpo forte e potente nel mondo, che vuole avere il suo potere, ma si fa semplicemente voce di un Altro, diventa realmente trasparenza per la grande figura di Cristo e le grandi verità che ha portato nell’umanità, la forza dell’amore; allora in questo momento si ascolta e si accetta la Chiesa. Essa non dovrebbe considerare se stessa ma aiutare a considerare l’Altro, ed essa stessa vedere e parlare dell’Altro e per l’Altro. In questo senso mi sembra anche che anglicani e cattolici hanno il semplice compito, lo stesso compito, la stessa direzione da prendere. Se anglicani e cattolici vedono che ambedue non servono per se stessi, ma sono strumenti per Cristo, "amico dello Sposo" – come dice San Giovanni – se ambedue seguono la priorità di Cristo e non di se stessi, allora vengono anche insieme, perché allora la priorità di Cristo li accomuna e non sono più concorrenti, ognuno cercando il maggiore numero, ma sono congiunti nell’impegno per la verità di Cristo che entra in questo mondo, e così si trovano anche reciprocamente in un vero e fecondo ecumenismo.

P. Lombardi: Grazie Santità. Una terza domanda. Com’è noto e come è stato messo in rilievo anche da recenti sondaggi, lo scandalo degli abusi sessuali ha scosso la fiducia dei fedeli nella Chiesa. Come pensa di poter contribuire a ristabilire questa fiducia?

Santo Padre: Innanzitutto devo dire che queste rivelazioni sono state per me uno choc. Sono una grande tristezza, è difficile capire come questa perversione del ministero sacerdotale era possibile. Il sacerdote, nel momento dell’ordinazione, preparato per anni a questo momento, dice sì a Cristo per farsi la sua voce, la sua bocca, la sua mano e servirlo con tutta l’esistenza perché il Buon Pastore, che ama e aiuta e guida alla verità, sia presente nel mondo. Come un uomo che ha fatto e detto questo possa poi cadere in questa perversione, è difficile capire, è una grande tristezza, tristezza anche che l’autorità della Chiesa non era sufficientemente vigilante e non sufficientemente veloce, decisa, nel prendere le misure necessarie. Per tutto questo siamo in un momento di penitenza, di umiltà e di rinnovata sincerità, come ho scritto ai Vescovi irlandesi. Mi sembra che dobbiamo adesso realizzare proprio un tempo di penitenza, un tempo di umiltà, e rinnovare e reimparare un’assoluta sincerità. Quanto alle vittime, direi, tre cose sono importanti. Primo interesse sono le vittime, come possiamo riparare, che cosa possiamo fare per aiutare queste persone a superare questo trauma, a ritrovare la vita, a ritrovare anche la fiducia nel messaggio di Cristo. Cura, impegno per le vittime è la prima priorità con aiuti materiali, psicologici, spirituali. Secondo, è il problema delle persone colpevoli: la giusta pena, escluderli da ogni possibilità di accesso ai giovani, perché sappiamo che questa è una malattia e la libera volontà non funziona dove c’è questa malattia; quindi dobbiamo proteggere queste persone contro se stesse, e trovare il modo di aiutarle e di proteggerle contro se stesse ed escluderle da ogni accesso ai giovani. E il terzo punto è la prevenzione nella educazione e nella scelta dei candidati al sacerdozio. Essere così attenti che secondo le possibilità umane si escludano futuri casi. E vorrei in questo momento anche ringraziare l’episcopato britannico per la sua attenzione, per la sua collaborazione, sia con la Sede di San Pietro, sia con le istanze pubbliche, e per l’attenzione per le vittime e per il diritto. Mi sembra che l’episcopato britannico abbia fatto e faccia un grande lavoro e gli sono molto grato.

P. Lombardi: Santità, la figura del cardinale Newman evidentemente è molto significativa per Lei. Per il cardinale Newman Lei fa l’eccezione di presiederne la beatificazione. Pensa che il suo ricordo possa aiutare a superare le divisioni fra anglicani e cattolici? E quali sono gli aspetti della sua personalità su cui desidera mettere l’accento più forte?

Santo Padre: Il cardinale Newman è soprattutto da una parte un uomo moderno, che ha vissuto tutto il problema della modernità, che ha vissuto anche il problema dell’agnosticismo, dell’impossibilità di conoscere Dio, di credere. Un uomo che è stato in tutta la sua vita in cammino, nel cammino di lasciarsi trasformare dalla verità in una ricerca di grande sincerità e di grande disponibilità, per conoscere meglio e per trovare, accettare la strada per la vera vita. Questa modernità interiore, del suo essere e della sua vita, implica la modernità della sua fede. Non è una fede in formule di un tempo passato: è una fede personalissima, vissuta, sofferta, trovata, in un lungo cammino di rinnovamento e di conversioni. E’ un uomo di grande cultura, che da una parte partecipa nella nostra cultura scettica di oggi – alla questione se possiamo capire qualcosa di certo sulla verità dell’uomo, dell’essere o no, e come possiamo arrivare alla convergenza delle probabilità. Un uomo che, d’altra parte, con una grande cultura della conoscenza dei Padri della Chiesa, ha studiato e rinnovato la genesi interna della fede e riconosciuto così la sua figura e costruzione interiore. È un uomo di una grande spiritualità, di un grande umanesimo, un uomo di preghiera, di una relazione profonda con Dio e di una relazione personale, perciò anche di una relazione profonda con gli altri uomini del suo e del nostro tempo. Direi, quindi, questi tre elementi: modernità della sua esistenza, con tutti i dubbi e i problemi del nostro essere di oggi; cultura grande, conoscenza dei grandi tesori della cultura dell’umanità, disponibilità di ricerca permanente, di rinnovamento permanente; e spiritualità: vita spirituale, vita con Dio, danno a quest’uomo un’eccezionale grandezza per il nostro tempo. Perciò è una figura di dottore della Chiesa per noi e per tutti, e anche un ponte tra anglicani e cattolici.

P. Lombardi: E un’ultima domanda. Questa visita è considerata con il rango di visita di Stato, così è stata qualificata. Che cosa significa ciò per i rapporti tra la Santa Sede e il Regno Unito? Vi sono punti importanti di sintonia, in particolare guardando alle grandi sfide del mondo attuale?

Santo Padre: Sono molto grato a Sua Maestà la Regina Elisabetta II, che ha voluto dare a questa visita il rango di una visita di Stato, che sa esprimere il carattere pubblico di questa visita e anche la responsabilità comune tra politica e religione per il futuro del Continente e per il futuro dell’umanità. La grande e comune responsabilità perché i valori che creano giustizia e politica, e che vengono dalla religione, siano insieme, in cammino nel nostro tempo. Naturalmente questo fatto che giuridicamente è una visita di Stato non rende la mia visita un fatto politico, perché se il Papa è capo di Stato, questo è solo uno strumento per garantire l’indipendenza del suo annuncio e il carattere pubblico del suo lavoro di Pastore. In questo senso anche la visita di Stato rimane sostanzialmente ed essenzialmente una visita pastorale, cioè una visita nella responsabilità della fede, per la quale il Sommo Pontefice, il Papa esiste. E, naturalmente, mette al centro dell’attenzione, questo carattere di visita di Stato, le coincidenze tra l’interesse della politica e della religione. La politica sostanzialmente è creata per garantire giustizia, e con la giustizia libertà, ma giustizia è un valore morale, un valore religioso e così la fede, l’annuncio del Vangelo, si collega, nel punto "giustizia", con la politica, e qui nascono anche gli interessi comuni. La Gran Bretagna ha una grande esperienza e una grande attività nella lotta contro i mali di questo tempo, contro la miseria, la povertà, le malattie, la droga e tutte queste lotte contro la miseria, la povertà, la schiavitù dell’uomo, l’abuso dell’uomo, la droga, sono anche scopi della fede, perché sono scopi dell’umanizzazione dell’uomo, perché sia restituita l’immagine di Dio contro le distruzioni e le devastazioni. Un secondo compito comune è l’impegno per la pace nel mondo e la capacità di vivere la pace, l’educazione alla pace. Creare le virtù che rendono l’uomo capace di pace. E, finalmente, un elemento essenziale della pace è il dialogo delle religioni, la tolleranza, l’apertura dell’uno per l’altro, e questo è anche un profondo scopo, sia della Gran Bretagna come società, sia della fede cattolica, di aprire i cuori, di aprire al dialogo, di aprire così alla verità e al cammino comune dell’umanità, e al ritrovare i valori che sono fondamento del nostro umanesimo.

P. Lombardi: Grazie Santità di tutto questo che ci ha detto. Veramente ci ha dato una panoramica sul significato di tanti dei messaggi che vuole dare in questi giorni e noi quindi Le auguriamo di poterli dare con efficacia in tutti i suoi discorsi e, dato che noi siamo dei comunicatori, noi Le diciamo che faremo il possibile per collaborare a questa buona comprensione e diffusione dei suoi messaggi. Le siamo veramente grati per aver dedicato fin dall’inizio anche del tempo e della fatica per noi e vogliamo farLe i migliori auguri per la continuazione di questo viaggio. Grazie, Santità!










VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI NEL REGNO UNITO IN OCCASIONE DELLA BEATIFICAZIONE DEL CARDINALE JOHN HENRY NEWMAN (16-19 SETTEMBRE 2010) (IV)

INCONTRO CON IL MONDO DELL’EDUCAZIONE CATTOLICA AL ST MARY’S UNIVERSITY COLLEGE DI TWICKENHAM (LONDON BOROUGH OF RICHMOND) - SALUTO AGLI INSEGNANTI E RELIGIOSI



Questa mattina, dopo aver celebrato la Santa Messa in privato nella Cappella della Nunziatura Apostolica di Londra, il Santo Padre Benedetto XVI si reca in auto al St Mary’s University College di Twickenham (nel quartiere londinese di Richmond) dove, alle ore 10.30, incontra il mondo dell’Educazione Cattolica. Al Suo arrivo il Papa è accolto dal Rettore del College, dal Cappellano, da S.E. Mons. George Stack, Vescovo Ausiliare di Westminster e Presidente dell’Ufficio dei Governatori dell’Università di St Mary e dal Ministro dell’Istruzione, Sig. Nick Gibb.

L’incontro si svolge in due momenti: dapprima, nella Cappella del College, il Santo Padre saluta circa 300 religiosi e religiose impegnati nell’educazione cattolica e un coro di giovani; successivamente, nel Campo sportivo del College, incontra circa 4000 studenti delle scuole cattoliche britanniche.

Di seguito riportiamo le parole che il Santo Padre rivolge agli insegnanti e ai religiosi nel corso dell’incontro nella Cappella, dopo il saluto di Suor Theresa Browne e la lettura da parte della Sig.na Elaine Chaill di un passo dal Libro della Sapienza:

SALUTO DEL SANTO PADRE



Eccellentissimo Segretario di Stato per l’Educazione,
Venerato Fratello Mons. Stack,
Dr Naylor,
Reverendi Padri,
Fratelli e Sorelle in Cristo,

sono lieto di avere questa opportunità di rendere onore al notevole contributo che Religiosi e Religiose hanno dato in questa terra al nobile compito dell’ educazione. Ringrazio i giovani per i loro bei canti e ringrazio Suor Teresa per le sue parole. A lei e a tutti coloro che, uomini e donne, hanno dedicato la vita ad insegnare ai giovani, desidero esprimere i miei sentimenti di profondo apprezzamento. Voi formate nuove generazioni non solo nella conoscenza della fede ma in ogni aspetto di ciò che significa vivere come cittadini maturi e responsabili nel mondo odierno.

Come sapete, il compito dell’insegnante non è solo quello di impartire informazioni o di provvedere ad una preparazione tecnica per portare benefici economici alla società; l’educazione non è e non deve essere mai considerata come puramente utilitaristica. Riguarda piuttosto formare la persona umana, preparare lui o lei a vivere la vita in pienezza – in poche parole riguarda educare alla saggezza. E la vera saggezza è inseparabile dalla conoscenza del Creatore perché "nelle sue mani siamo noi e le nostre parole, ogni sorta di conoscenza e ogni capacità operativa" (Sap 7,16).

Questa dimensione trascendente dello studio e dell’insegnamento era chiaramente compresa dai monaci che hanno così tanto contribuito alla evangelizzazione di queste isole. Sto pensando ai Benedettini che accompagnarono Sant’Agostino nella sua missione in Inghilterra, ai discepoli di San Columba, che hanno diffuso la fede in Scozia e nell’Inghilterra del Nord, a San Davide e ai suoi compagni nel Galles. Poiché la ricerca di Dio che si colloca nel cuore della vocazione monastica, richiede un attivo impegno coi mezzi tramite i quali egli si fa conoscere - la sua creazione e la sua parola rivelata - era semplicemente naturale che il monastero dovesse avere una biblioteca ed una scuola (cfr Discorso ai rappresentanti del mondo della cultura al "Collège des Bernardins" a Parigi, 12 settembre 2008).

Fu l’impegno dei monaci nell’imparare la via sulla quale incontrare la Parola Incarnata di Dio che gettò le fondamenta della nostra cultura e civiltà occidentali.

Guardandomi attorno oggi, vedo molti Religiosi di vita apostolica il cui carisma comprende l’educazione dei giovani. Questo mi offre l’opportunità di rendere grazie a Dio per la vita e l’opera della Venerabile Mary Ward, nativa di questa terra, la cui visione pionieristica di vita religiosa apostolica per le donne, ha portato così tanti frutti. Io stesso da giovane ragazzo sono stato educato dalle "Dame Inglesi" e devo loro un profondo debito di gratitudine. Molti di voi appartengono ad ordini dediti all’insegnamento, che hanno portato la luce del Vangelo in terre lontane come parte del grande lavoro missionario della Chiesa ed anche per questo rendo grazie e benedico il Signore.

Spesso avete avviato le fondazioni per contribuire all’educazione molto prima che lo Stato assumesse una responsabilità per questo vitale servizio all’individuo e alla società. Poiché i relativi ruoli della Chiesa e dello Stato nel campo dell’educazione continuano ad evolversi, non dovete mai dimenticare che i religiosi hanno un contributo unico da offrire in questo apostolato, che è anzitutto quello di testimoniare con la vita consacrata a Dio e la fedeltà, l’amore a Cristo, il Sommo Maestro. Inoltre, la presenza dei religiosi nelle scuole cattoliche è un forte richiamo all’ampiamente discusso carattere cattolico, che è necessario permei ogni aspetto della vita scolastica. Questo riporta all’evidente esigenza che il contenuto dell'insegnamento dovrebbe essere sempre in conformità con la dottrina della Chiesa. Ciò significa che la vita di fede deve essere la forza guida alla base di ogni attività nella scuola, così che la missione della Chiesa possa essere effettivamente servita ed i giovani possano scoprire la gioia di entrare nell’ "essere per gli altri" di Cristo (cfr Spe Salvi, 28).

Prima di concludere desidero aggiungere una particolare parola di apprezzamento per coloro il cui impegno è quello di garantire che le nostre scuole assicurino un ambiente sicuro per i bambini e i giovani. La nostra responsabilità verso coloro che ci sono affidati per la loro formazione cristiana non richiede nulla di meno. Inoltre, la vita di fede può essere effettivamente coltivata solo quando l’atmosfera prevalente è di una fiducia rispettosa e affettuosa. Confido che questo possa continuare ad essere un segno distintivo delle scuole cattoliche in questo Paese.

Con questi sentimenti, cari fratelli e sorelle, vi invito alla preghiera.

* * *

Venerato Fratello Stack, vorrei chiederle di accettare in dono, quale Presidente dell’ufficio dei Governatori dell’Università di Saint Mary e a nome del Collegio, questo mosaico della Beata Vergine Maria.




INCONTRO CON IL MONDO DELL’EDUCAZIONE CATTOLICA AL ST MARY’S UNIVERSITY COLLEGE DI TWICKENHAM - DISCORSO AGLI STUDENTI



Terminato l’incontro nella Cappella del St Mary’s University College di Twickenham, il Papa attraversa il Campus fino al campo sportivo dove sono riuniti circa 4000 studenti delle scuole cattoliche britanniche. Tutte le scuole cattoliche dell’Inghilterra, del Galles e della Scozia sono collegate via internet per seguire in diretta l’evento.

Introdotto dal saluto del Vescovo di Nottingham e Presidente della Commissione Episcopale per l’Istruzione, S.E. Mons. Malcolm P. McMahon, e dalla testimonianza di una giovane, Siobhan Bellot, il Papa presiede l’inaugurazione della Fondazione "John Paul II" per lo Sport, benedice un’icona e una candela, simboli della missione della Fondazione, e una campana. Quindi pronuncia il discorso che riportiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE



Cari Fratelli e Sorelle in Cristo,
Cari giovani amici,

desidero anzitutto dirvi quanto sia lieto di essere oggi qui in mezzo a voi. Estendo il più cordiale saluto a tutti voi, convenuti alla "Saint Mary’s University" dalle scuole e dai collegi cattolici del Regno Unito, e a tutti coloro che ci stanno seguendo alla televisione o via internet. Ringrazio il vescovo McMahon per il suo cortese benvenuto e il coro e la banda per la bella musica eseguita poco fa, che ha dato inizio alla nostra celebrazione. Ringrazio Miss Bellot per le gentili parole che mi ha rivolto a nome di tutti i giovani presenti. Guardando ai prossimi giochi olimpici, è stato un piacere inaugurare questa Fondazione sportiva intitolata a Giovanni Paolo II, e prego affinché tutti coloro che la frequenteranno rendano gloria a Dio attraverso le loro attività sportive, così come possano trarre giovamento per se stessi e per gli altri.

Non capita spesso ad un Papa — in verità nemmeno a qualsiasi altra persona — l’opportunità di parlare contemporaneamente agli studenti di tutte le scuole cattoliche dell’Inghilterra, del Galles e della Scozia. E dal momento che ora io ho questa possibilità, c’è qualcosa che mi sta davvero molto a cuore di dirvi. Ho la speranza che fra voi che oggi siete qui ad ascoltarmi vi siano alcuni dei futuri santi del ventunesimo secolo. La cosa che Dio desidera maggiormente per ciascuno di voi è che diventiate santi. Egli vi ama molto più di quanto voi possiate immaginare e desidera per voi il massimo. E la cosa migliore di tutte per voi è di gran lunga il crescere in santità.

Forse alcuni di voi non ci hanno mai pensato prima d’ora. Forse alcuni pensano che essere santi non sia per loro. Lasciatemi spiegare cosa intendo dire. Quando si è giovani, si è soliti pensare a persone che stimiamo e ammiriamo, persone alle quali vorremmo assomigliare. Potrebbe trattarsi di qualcuno che incontriamo nella nostra vita quotidiana e che teniamo in grande stima. Oppure potrebbe essere qualcuno di famoso. Viviamo in una cultura della celebrità ed i giovani sono spesso incoraggiati ad avere come modello figure del mondo dello sport o dello spettacolo. Io vorrei farvi questa domanda: quali sono le qualità che vedete negli altri e che voi stessi vorreste maggiormente possedere? Quale tipo di persona vorreste davvero essere?

Quando vi invito a diventare santi, vi sto chiedendo di non accontentarvi di seconde scelte. Vi sto chiedendo di non perseguire un obiettivo limitato, ignorando tutti gli altri. Avere soldi rende possibile essere generosi e fare del bene nel mondo, ma, da solo, non è sufficiente a renderci felici. Essere grandemente dotati in alcune attività o professioni è una cosa buona, ma non potrà mai soddisfarci, finché non puntiamo a qualcosa di ancora più grande. Potrà renderci famosi, ma non ci renderà felici. La felicità è qualcosa che tutti desideriamo, ma una delle grandi tragedie di questo mondo è che così tanti non riescono mai a trovarla, perché la cercano nei posti sbagliati. La soluzione è molto semplice: la vera felicità va cercata in Dio. Abbiamo bisogno del coraggio di porre le nostre speranze più profonde solo in Dio: non nel denaro, in una carriera, nel successo mondano, o nelle nostre relazioni con gli altri, ma in Dio. Lui solo può soddisfare il bisogno più profondo del nostro cuore.

Dio non solo ci ama con una profondità e intensità che difficilmente possiamo immaginare: egli ci invita a rispondere a questo amore. Tutti voi sapete cosa accade quando incontrate qualcuno di interessante e attraente, come desideriate essere amici di quella persona. Sperate sempre che quella persona vi trovi a sua volta interessanti ed attraenti e voglia fare amicizia con voi. Dio desidera la vostra amicizia. E, una volta che voi siete entrati in amicizia con Dio, ogni cosa nella vostra vita inizia a cambiare. Mentre giungete a conoscerlo meglio, vi rendete conto di voler riflettere nella vostra stessa vita qualcosa della sua infinita bontà. Siete attratti dalla pratica della virtù. Incominciate a vedere l’avidità e l’egoismo, e tutti gli altri peccati, per quello che realmente sono, tendenze distruttive e pericolose che causano profonda sofferenza e grande danno, e volete evitare di cadere voi stessi in quella trappola. Incominciate a provare compassione per quanti sono in difficoltà e desiderate fare qualcosa per aiutarli. Desiderate venire in aiuto al povero e all’affamato, confortare il sofferente, essere buoni e generosi. Quando queste cose iniziano a starvi a cuore, siete già pienamente incamminati sulla via della santità.

C’è sempre un orizzonte più grande, nelle vostre scuole cattoliche, sopra e al di là delle singole materie del vostro studio e delle varie capacità che acquisite. Tutto il lavoro che fate è posto nel contesto della crescita nell’amicizia con Dio, e da quell’amicizia tutto quel lavoro fluisce. In tal modo apprendete non solo ad essere buoni studenti, ma buoni cittadini e buone persone. Mentre proseguite con il percorso scolastico dovete compiere delle scelte circa la materia del vostro studio e iniziare a specializzarvi in vista di ciò che farete nella vita. Ciò è giusto e conveniente. Ricordate sempre però che ogni materia che studiate si inserisce in un orizzonte più ampio. Non riducetevi mai ad un orizzonte ristretto. Il mondo ha bisogno di buoni scienziati, ma una prospettiva scientifica diventa pericolosamente angusta, se ignora la dimensione etica e religiosa della vita, così come la religione diventa angusta, se rifiuta il legittimo contributo della scienza alla nostra comprensione del mondo. Abbiamo bisogno di buoni storici, filosofi ed economisti, ma se la percezione che essi offrono della vita umana all’interno del loro specifico campo è centrata su di una prospettiva troppo ristretta, essi possono seriamente portarci fuori strada.

Una buona scuola offre una formazione completa per l’intera persona. Ed una buona scuola cattolica, al di sopra e al di là di questo, dovrebbe aiutare i suoi studenti a diventare santi. So che vi sono molti non cattolici che studiano nelle scuole cattoliche in Gran Bretagna e desidero rivolgermi a tutti con le mie odierne parole. Prego affinché anche voi vi sentiate incoraggiati a praticare la virtù e a crescere nella conoscenza ed amicizia con Dio, assieme ai vostri compagni cattolici. Voi siete per loro il richiamo all’orizzonte più vasto che esiste fuori della scuola ed è fuor di dubbio che il rispetto e l’amicizia per membri di altre tradizioni religiose debba essere tra le virtù che si apprendono in una scuola cattolica. Spero anche che vorrete condividere con chiunque incontrerete i valori e gli insegnamenti che avrete appresi mediante la formazione cristiana ricevuta.

Cari amici, vi ringrazio per la vostra attenzione, vi prometto di pregare per voi e vi chiedo di pregare per me. Spero di vedere molti di voi il prossimo agosto, alla Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid. Nel frattempo, che Dio benedica tutti voi!



Concluso l’incontro con gli studenti, il Santo Padre Benedetto XVI si reca alla Waldegrave Drawing Room presso il St Mary’s University College di Twickenham per l’incontro con i Leaders di altre religioni.












VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI NEL REGNO UNITO IN OCCASIONE DELLA BEATIFICAZIONE DEL CARDINALE JOHN HENRY NEWMAN (16-19 SETTEMBRE 2010) (V)


INCONTRO CON I LEADERS DI ALTRE RELIGIONI, NELLA WALDEGRAVE DRAWING ROOM PRESSO IL ST MARY’S UNIVERSITY COLLEGE DI TWICKENHAM (LONDON BOROUGH OF RICHMOND
)



Poco dopo le ore 12, il Santo Padre Benedetto XVI incontra i Leaders di altre religioni nella Waldegrave Drawing Room presso il St Mary’s University College di Twickenham. All’incontro prendono parte i capi delle confessioni cristiane e delle religioni maggiormente presenti nel Regno Unito: ebrei, musulmani, hindu, sikh.
Dopo gli indirizzi di saluto del Baron Sacks of Aldgate, Rabbino Capo delle "United Hebrew Congregations of the Commonwealth", e del Dr. Khaled Azzam, Direttore del "Prince’s School of Traditional Arts", il Papa pronuncia il discorso che riportiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE



Distinti ospiti, cari amici,

sono lieto di avere l’odierna opportunità di incontrarvi, voi che rappresentate le varie comunità religiose in Gran Bretagna. Saluto sia i ministri religiosi presenti, sia quanti di voi svolgono attività nella politica, negli affari e nell’industria. Sono grato al Dott. Azzam ed al Rabbino Capo Lord Sacks per l’augurio che mi hanno rivolto a vostro nome. Mentre saluto voi, permettetemi di formulare voti alla comunità ebraica in Gran Bretagna ed in tutto il mondo per una celebrazione felice e santa dello Yom Kippur.

Desidero iniziare le mie parole esprimendo l’apprezzamento della Chiesa cattolica per l’importante testimonianza che voi tutti apportate quali uomini e donne dello spirito, in un tempo nel quale le convinzioni religiose non sono sempre comprese o apprezzate. La presenza di credenti impegnati in vari campi della vita sociale ed economica parla eloquentemente del fatto che la dimensione spirituale della nostra vita è fondamentale alla nostra identità di esseri umani, in altre parole, che l’uomo non vive di solo pane (cfr Dt 8,3). Quali seguaci di tradizioni religiose diverse, che lavorano insieme per il bene della comunità in senso ampio, noi diamo grande importanza a questa dimensione "fianco a fianco" della nostra collaborazione, che completa l’aspetto "faccia a faccia" del nostro costante dialogo.

A livello spirituale tutti noi, in modi diversi, siamo personalmente impegnati in un viaggio che offre una risposta importante alla questione più importante di tutte, quella riguardante il significato ultimo dell’esistenza umana. La ricerca del sacro è la ricerca dell’unica cosa necessaria, l’unica a soddisfare le aspettative del cuore umano. Nel quinto secolo, sant’Agostino descrisse quella ricerca in questi termini: "Signore, ci hai creati per te ed il nostro cuore è inquieto sino a che non riposerà in te" (Confessioni, I,1). Nell’intraprendere tale avventura ci rendiamo conto sempre di più che l’iniziativa non viene da noi, bensì dal Signore: non siamo tanto noi a ricercare Lui, ma è piuttosto Lui a cercare noi ed è senza dubbio Lui ad avere posto quella nostalgia per Lui nel profondo dei nostri cuori.

La vostra presenza e testimonianza nel mondo indica la fondamentale importanza per la vita umana di questa ricerca spirituale nella quale siamo impegnati. All’interno dei loro ambiti di competenza, le scienze umane e naturali ci forniscono una comprensione inestimabile di aspetti della nostra esistenza ed approfondiscono la nostra comprensione del modo in cui opera l’universo fisico, il quale può essere utilizzato per portare grande beneficio alla famiglia umana. E tuttavia queste discipline non danno risposta, e non possono darla, alla domanda fondamentale, perché operano ad un livello totalmente diverso. Non possono soddisfare i desideri più profondi del cuore umano, né spiegarci pienamente la nostra origine ed il nostro destino, per quale motivo e per quale scopo noi esistiamo, né possono darci una risposta esaustiva alla domanda: "Per quale motivo esiste qualcosa, piuttosto che il niente?".

La ricerca del sacro non svaluta altri campi dell’indagine umana. Al contrario, li pone in un contesto che amplifica la loro importanza quali vie mediante le quali esercitare responsabilmente il nostro essere amministratori della creazione. Nella Bibbia leggiamo che dopo aver compiuto l’opera della creazione, Dio benedisse i nostri progenitori e disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela" (Gn 1,28). Egli affidò a noi il compito di esplorare ed utilizzare i misteri della natura al fine di servire un bene superiore. Qual è questo bene superiore? Nella fede cristiana esso viene espresso come amore per Dio a amore per il nostro prossimo. Pertanto, ci impegniamo di tutto cuore e con entusiasmo con il mondo, ma sempre con uno sguardo per servire quel bene superiore, altrimenti sfiguriamo la bellezza della creazione sfruttandola per scopi egoistici.

Per tale motivo la genuina credenza religiosa ci indica, al di là dell’utilità presente, la trascendenza. Ci rammenta la possibilità e l’imperativo della conversione morale, del dovere di vivere in modo pacifico con il nostro prossimo, dell’importanza di vivere una vita di integrità. Propriamente compresa, porta illuminazione, purifica i nostri cuori ed ispira azioni nobili e generose, a beneficio dell’intera famiglia umana. Ci motiva a coltivare la pratica della virtù e ad avvicinarci l’un l’altro con amore, nel più grande rispetto delle tradizioni religiose diverse dalla nostra.

Sin dal Concilio Vaticano II la Chiesa cattolica ha posto speciale enfasi sull’importanza del dialogo e della collaborazione con i seguaci di altre religioni. E perché sia fruttuoso, occorre reciprocità da parte di tutte le componenti in dialogo e da parte dei seguaci delle altre religioni. Penso in particolare a situazioni in alcune parti del mondo, in cui la collaborazione e il dialogo fra religioni richiede il rispetto reciproco, la libertà di praticare la propria religione e di compiere atti di culto pubblico, come pure la libertà di seguire la propria coscienza senza soffrire ostracismo o persecuzione, anche dopo la conversione da una religione ad un’altra. Una volta che tale rispetto e attitudine aperta sono stabiliti, persone di tutte le religioni lavoreranno insieme in modo efficace per la pace e la mutua comprensione, offrendo perciò una testimonianza convincente davanti al mondo.

Questo genere di dialogo deve porsi su diversi livelli e non dovrebbe essere limitato a discussioni formali. Il dialogo della vita implica semplicemente vivere fianco a fianco ed imparare l’uno dall’altro in maniera da crescere nella reciproca comprensione e nel reciproco rispetto. Il dialogo dell’azione ci fa ravvicinare in forme concrete di collaborazione, mentre applichiamo le nostre intuizioni religiose al compito di promuovere lo sviluppo umano integrale, lavorando per la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato. Questo tipo di dialogo può includere l’esplorare assieme come difendere la vita umana ad ogni stadio e come assicurare la non esclusione della dimensione religiosa di individui e comunità dalla vita della società. Poi, a livello delle conversazioni formali, non vi è solo la necessità dello scambio teologico, ma anche il porre alla reciproca considerazione le proprie ricchezze spirituali, il parlare della propria esperienza di preghiera e di contemplazione, l’esprimere a vicenda la gioia del nostro incontro con l’amore divino. In tale contesto sono lieto di rilevare le molte iniziative positive intraprese in questo Paese per promuovere tale dialogo a vari livelli. Come hanno sottolineato i Vescovi cattolici d’Inghilterra e Galles nel loro recente documento "Incontrare Dio nell’amico e nel forestiero", lo sforzo di andare incontro con amicizia ai seguaci di altre religioni sta diventando una parte familiare della missione della Chiesa locale (cfr n. 228), un aspetto caratteristico del panorama religioso in questa Nazione.

Cari amici, nel concludere questi pensieri, permettete di assicurarvi che la Chiesa cattolica persegue la via dell’impegno e del dialogo per un senso genuino di rispetto per voi e per le vostre credenze. I cattolici, sia in Gran Bretagna sia in tutto il mondo, continueranno ad edificare ponti di amicizia con altre religioni, per sanare gli errori del passato e per promuovere fiducia fra individui e comunità. Permettetemi di rinnovare la mia gratitudine per il vostro benvenuto e per questa opportunità di offrirvi il mio incoraggiamento per il dialogo che portate avanti con i vostri fratelli e sorelle cristiani. Su voi tutti invoco l’abbondanza delle benedizioni divine! Grazie molte.



Al termine dell’incontro, dopo le parole di ringraziamento dell’Arcivescovo di Liverpool, S.E. Mons. Patrick A. Kelly, e la presentazione individuale dei Leaders religiosi, il Papa rientra in auto alla Nunziatura Apostolica di Wimbledon per il pranzo in privato mentre, nella Waldegrave Grawing Room, ha luogo un ricevimento per i capi delle confessioni cristiane e delle religioni a cui partecipa S.E. Mons. Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani.







La scuola cattolica deve essere coerente con la dottrina, ricorda il Papa
Incontrando i religiosi e i professori cattolici britannici




LONDRA, venerdì, 17 settembre 2010 (ZENIT.org).- Non solo quello che si insegna nelle scuole cattoliche deve essere conforme alla dottrina, ma i religiosi che si dedicano all'insegnamento devono essere un modello con la propria vita.

Papa Benedetto XVI lo ha affermato questo venerdì mattina incontrando i rappresentanti delle scuole cattoliche britanniche presso il St Mary’s University College di Twickenham (nel quartiere londinese di Richmond), proveniente dalla Nunziatura Apostolica di Londra, dove alloggia durante la sua visita pastorale in Gran Bretagna.

Il Papa ha parlato nella cappella del College a circa 300 religiosi e docenti delle scuole cattoliche, ai quali ha ricordato che la sua presenza “è un forte richiamo all’ampiamente discusso carattere cattolico che è necessario permei ogni aspetto della vita scolastica”.

“Questo riporta all’evidente esigenza che il contenuto dell'insegnamento dovrebbe essere sempre in conformità con la dottrina della Chiesa. Ciò significa che la vita di fede deve essere la forza guida alla base di ogni attività nella scuola, così che la missione della Chiesa possa essere effettivamente servita”, ha affermato.

Benedetto XVI ha quindi ricordato ai presenti, tra i quali anche il Ministro dell'Istruzione, Nick Gibb, che fin dal suo ingresso in Inghilterra il cristianesimo ha svolto un'importante azione educativa.

La dimensione trascendente dello studio e dell’insegnamento, ha osservato, “era chiaramente compresa dai monaci che hanno così tanto contribuito alla evangelizzazione di queste isole”.

“Sto pensando ai Benedettini che accompagnarono Sant’Agostino nella sua missione in Inghilterra, ai discepoli di San Columba, che hanno diffuso la fede in Scozia e nell’Inghilterra del Nord, a San Davide e ai suoi compagni nel Galles”, ha spiegato.

Allo stesso modo, ha voluto ricordare la venerabile Mary Ward e le sue Dame Inglesi. Mary Ward (1585 - 1645), nata durante la persecuzione anticattolica successiva alla Riforma, fondò un'originale opera educativa che si diffuse in tutto il continente.

“Io stesso da giovane ragazzo sono stato educato dalle 'Dame Inglesi' e devo loro un profondo debito di gratitudine”, ha riconosciuto il Papa.

In questo senso, ha voluto anche ricordare ai presenti che “il compito dell’insegnante non è solo quello di impartire informazioni o di provvedere ad una preparazione tecnica per portare benefici economici alla società”.

“L’educazione non è e non deve essere mai considerata come puramente utilitaristica – ha avvertito –. Riguarda piuttosto formare la persona umana, preparare lui o lei a vivere la vita in pienezza – in poche parole riguarda educare alla saggezza. E la vera saggezza è inseparabile dalla conoscenza del Creatore”-

Il Pontefice ha voluto quindi incoraggiare concretamente i religiosi a non abbandonare la propria presenza nell'ambito educativo.

“Poiché i relativi ruoli della Chiesa e dello Stato nel campo dell’educazione continuano ad evolversi, non dovete mai dimenticare che i religiosi hanno un contributo unico da offrire in questo apostolato, che è anzitutto quello di testimoniare con la vita consacrata a Dio e la fedeltà, l’amore a Cristo, il Sommo Maestro”, ha affermato.

In riferimento ai casi di abuso sessuale sui minori, il Vescovo di Roma ha infine sottolineato l'importanza del fatto che le scuole cattoliche siano “un ambiente sicuro” per i bambini e i giovani e che l'atmosfera di fiducia sia un tratto distintivo di questi centri.

“La nostra responsabilità verso coloro che ci sono affidati per la loro formazione cristiana non richiede nulla di meno”, ha affermato. “Inoltre, la vita di fede può essere effettivamente coltivata solo quando l’atmosfera prevalente è di una fiducia rispettosa e affettuosa”.









Il Papa agli studenti cattolici: non siate mediocri, siate santi
Tutti vogliono la felicità, ma molti non la trovano, sottolinea




LONDRA, venerdì, 17 settembre 2010 (ZENIT.org).- “Ho la speranza che fra voi che oggi siete qui ad ascoltarmi vi siano alcuni dei futuri santi del ventunesimo secolo”, ha detto Papa Benedetto XVI questo venerdì a circa 4.000 studenti delle scuole cattoliche britanniche.

“Quando vi invito a diventare santi, vi sto chiedendo di non accontentarvi di seconde scelte”, ha affermato, chiedendo di aspirare invece a un “orizzonte più grande”.

Accompagnato dal Vescovo di Nottingham e presidente della Commissione Episcopale per l'Insegnamento, monsignor Malcolm P. McMahon, il Papa ha pronunciato il suo discorso nel campo sportivo del St Mary’s University College davanti a migliaia di studenti e in connessione on-line con tutte le scuole cattoliche britanniche.

“Non capita spesso ad un Papa - in verità nemmeno a qualsiasi altra persona - l’opportunità di parlare contemporaneamente agli studenti di tutte le scuole cattoliche dell’Inghilterra, del Galles e della Scozia”, ha confessato il Pontefice.

“E dal momento che ora io ho questa possibilità, c’è qualcosa che mi sta davvero molto a cuore di dirvi. Ho la speranza che fra voi che oggi siete qui ad ascoltarmi vi siano alcuni dei futuri santi del ventunesimo secolo”.

“La cosa che Dio desidera maggiormente per ciascuno di voi è che diventiate santi. Egli vi ama molto più di quanto voi possiate immaginare e desidera per voi il massimo. E la cosa migliore di tutte per voi è di gran lunga il crescere in santità”, ha aggiunto.

“Forse alcuni di voi non ci hanno mai pensato prima d’ora”, ha ammesso, invitando i giovani a chiedersi “quale tipo di persona” vorrebbero essere davvero.

“Avere soldi rende possibile essere generosi e fare del bene nel mondo, ma, da solo, non è sufficiente a renderci felici. Essere grandemente dotati in alcune attività o professioni è una cosa buona, ma non potrà mai soddisfarci, finché non puntiamo a qualcosa di ancora più grande. Potrà renderci famosi, ma non ci renderà felici”, ha riconosciuto il Vescovo di Roma.

“La felicità è qualcosa che tutti desideriamo, ma una delle grandi tragedie di questo mondo è che così tanti non riescono mai a trovarla, perché la cercano nei posti sbagliati”.

Per questo, ha ricordato, “la vera felicità va cercata in Dio. Abbiamo bisogno del coraggio di porre le nostre speranze più profonde solo in Dio: non nel denaro, in una carriera, nel successo mondano, o nelle nostre relazioni con gli altri, ma in Dio. Lui solo può soddisfare il bisogno più profondo del nostro cuore”.

Il Papa ha quindi voluto invitare i giovani ad essere amici di Dio. “Una volta che voi siete entrati in amicizia con Dio, ogni cosa nella vostra vita inizia a cambiare. Mentre giungete a conoscerlo meglio, vi rendete conto di voler riflettere nella vostra stessa vita qualcosa della sua infinita bontà”.

“Quando queste cose iniziano a starvi a cuore, siete già pienamente incamminati sulla via della santità”, ha affermato, invitando i ragazzi “non solo ad essere buoni studenti, ma buoni cittadini e buone persone”.

“Ricordate sempre che ogni materia che studiate si inserisce in un orizzonte più ampio. Non riducetevi mai ad un orizzonte ristretto. Il mondo ha bisogno di buoni scienziati, ma una prospettiva scientifica diventa pericolosamente angusta, se ignora la dimensione etica e religiosa della vita, così come la religione diventa angusta, se rifiuta il legittimo contributo della scienza alla nostra comprensione del mondo”.

“Abbiamo bisogno di buoni storici, filosofi ed economisti, ma se la percezione che essi offrono della vita umana all’interno del loro specifico campo è centrata su di una prospettiva troppo ristretta, essi possono seriamente portarci fuori strada”.

Benedetto XVI si è rivolto anche agli alunni non cattolici che studiano in queste scuole, esortandoli a sentirsi “incoraggiati a praticare la virtù e a crescere nella conoscenza ed amicizia con Dio, assieme ai vostri compagni cattolici”.

“Voi siete per loro il richiamo all’orizzonte più vasto che esiste fuori della scuola ed è fuor di dubbio che il rispetto e l’amicizia per membri di altre tradizioni religiose debba essere tra le virtù che si apprendono in una scuola cattolica”, ha concluso.














Un’anglicana bussa alle porte di Roma
Deborah Gyapong analizza il viaggio di Benedetto XVI nel Regno Unito

di Serena Sartini



OTTAWA, venerdì, 17 settembre 2010 (ZENIT.org).- Alla vigilia della visita del Papa nel Regno Unito, ZENIT ha potuto intervistare a lungo Debora Gyapong (http://deborahgyapong.blogspot.com), membro della Comunione anglicana tradizionale (TAC), una realtà che ha chiesto la piena comunione con la Chiesa cattolica.

Deborah Gyapong scrive in materia di religione e politica principalmente per i quotidiani cattolici ed evangelici, e in particolare per il Canadian Catholic News. Nel 2005, il suo romanzo The Defilers ha vinto il premio Best New Canadian Christian Fiction Award.

Come valuta la visita di Benedetto XVI in Inghilterra? Sotto il profilo ecumenico, che significato può avere?

Gyapong: Quando nell’ottobre 2009 è stata annunciata la Costituzione apostolica Anglicanorum coetibus, alcuni l’hanno considerata come una sorta di “scippo” e come un tentativo di “mettere i carri armati sul prato” dell’Arcivescovo di Canterbury. Ma, come è stato ribadito dal Papa e da altri membri della Curia romana, l’offerta rappresenta una risposta alle ripetute richieste, non solo nostre, ma anche di altri gruppi anglicani come Forward in Faith e altri, tra cui molti individui.

La Anglicanorum coetibus non si riferisce solo a noi che siamo nella TAC, ma anche ad altri gruppi di anglicani, e i previsti Ordinariati Personali per gli anglicani potrebbero essere un modo per ridare unità a tutti quegli anglicani che iniziano a sentire l’esigenza di porsi sotto il Ministero di Pietro e che tuttavia desiderano mantenere la bella liturgia anglicana e altri aspetti del nostro patrimonio.

Ma la Costituzione apostolica non ha lo scopo di incidere sui continui rapporti ecumenici con la Chiesa anglicana di Canterbury, che rappresenta milioni di persone nel mondo. La Chiesa cattolica e la Chiesa anglicana hanno ancora molti progetti comuni, soprattutto nell’ambito dell’aiuto ai poveri. Questi continueranno, così come continueranno le buone relazioni che si sono stabilite nel corso degli anni.

Molti media britannici hanno criticato la visita del Papa nel Regno Unito e si preannunciano manifestazioni. Lei è preoccupata? Cosa ne pensa?

Gyapong: Non sono affatto preoccupata delle critiche dei media britannici circa la visita del Papa nel Regno Unito. Anzi, le considero positivamente: come un segnale che la visita del Santo Padre sarà una potente opera di Dio. Ho già assistito in passato a questo modo di fare.

Prima della Giornata mondiale della gioventù del 2002 a Toronto vi era stato un costante rullio di tamburi da parte dei media: che i giovani non avrebbero aderito, che il Papa è vecchio e lontano, e ogni altra cosa che poteva essere gettata addosso a Giovanni Paolo II e alla Chiesa. Ma quando il Papa ha messo piede sul suolo canadese, i media si sono sorpresi dell’impatto che questo uomo anziano e fragile suscitava non solo sulle centinaia di migliaia di giovani venuti da ogni luogo per ascoltarlo ma anche sugli stessi giornalisti. Mi è stato detto che alcuni membri dei media erano in lacrime e commossi dalla presenza di quel santo uomo. Quando poi è arrivato il momento degli eventi, i media avevano cambiato tono e i servizi giornalistici sulla GMG 2002 sono stati meravigliosi, rispettosi e hanno rappresentato una straordinaria opportunità di Nuova evangelizzazione attraverso i media non religiosi.

Lo stesso schema si è verificato prima della GMG di Colonia, la prima Giornata mondiale per Papa Benedetto XVI, che tutti prevedevano come un grande flop, ritenendo che il nuovo Papa mancasse del carisma di Giovanni Paolo II. Come sappiamo è stato tutt’altro che un flop! È stato un grande successo. La stessa cosa è avvenuta a Sydney.

Anche per la visita del Papa negli Stati Uniti vi erano stati servizi giornalistici negativi, compresa la riapertura delle ferite relative agli scandali degli abusi sessuali dei preti e ad altri problemi. Alla fine è stata invece una visita straordinaria, con gente che ha attraversato il Paese per poterlo vedere passare nella sua papamobile sulla Quinta strada o in altri raduni pubblici. L’esito è stato straordinario.

Non conosco bene il contesto britannico, ma credo che vi sarà maggiore curiosità e una disponibilità a rendere omaggio a questo grande e santo uomo, Papa Benedetto XVI, questo teologo che è rispettato dai cristiani di tutte le confessioni.

Quali sono le sue previsioni per l'incontro del Papa con l'arcivescovo Rowan Williams?

Gyapong: Sono sicura che l’incontro con l’arcivescovo Rowan Williams andrà molto bene. L’arcivescovo di Canterbury è un teologo rispettato e, per quanto ne so, un uomo di preghiera. È stato un periodo molto difficile per la Comunione anglicana, dovuto alla divisione tra le correnti più progressiste, altri gruppi più evangelici protestanti e altri più anglo-cattolici. Nel passato gli incontri sono stati cordiali e confido che i prossimi saranno altrettanto sereni.

Da anni avete chiesto al Papa la piena comunione con Roma. Come mai? Quali sono i tempi? Che risposte avete avuto?

Gyapong: Quando è stata fondata la Comunione anglicana tradizionale (Traditional Anglican Communion - TAC), nel 1990, con il radunarsi delle diverse chiese del movimento “Continuing Anglican” sparse nel mondo, una parte della sua missione era proprio quella dell’unità dei cristiani.

La parola “continuing” si riferisce a quegli anglicani che hanno ritenuto di non poter rimanere nella Comunione anglicana di Canterbury dopo che alcuni sinodi anglicani avevano iniziato ad approvare le ordinazioni delle donne risalenti alla fine degli anni Settanta. La considerazione era che in una religione rivelata non si possono cambiare i sacramenti voluti da Dio, come l’Ordine sacro, attraverso meccanismi democratici, o consentire alle ultime scoperte o tendenze della scienza di violare le Scritture e la Tradizione.

I Continuing Anglicans, tuttavia, senza il Ministero del Papa, sono diventati una sorta ti “Alphabet soup” (zuppa di lettere) di acronimi di chiese divise tra loro, talvolta per conflitti personali, altre volte per un diverso intendimento di cosa significhi essere anglicano.

La TAC è l’unico gruppo di Continuing Anglicans che si è reso conto che il Ministero del Papa, il Ministero di Pietro, è essenziale, non solo come segno dell’unità dei cristiani, ma come una necessità di avere un’autorità giuridica che assicuri che la fede, come ci è stata tramandata dai testimoni oculari della vita di Nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, rimanga intatta da generazione in generazione. Alcuni dei vescovi membri della TAC desideravano l’unità dei cristiani sin da quando erano ancora nella Comunione anglicana di Canterbury.

Il vescovo Robert Mercer, in pensione nel Regno Unito, ha partecipato al dialogo dell’ARCIC (Anglican - Roman Catholic International Commission) negli anni Ottanta, quando era Vescovo di Matabeleland, nello Zimbabwe. Ma il desiderio di unità risale ancora più indietro. Sin dagli anni Sessanta vi erano grandi speranze, sotto Papa Paolo VI e l’Arcivescovo di Canterbury Michael Ramsay, di poter ricucire lo strappo, cosicché le “Chiese sorelle” potessero essere “unite ma non assorbite”.

Ma per Mercer questa speranza è stata spazzata via quando la Chiesa anglicana ha iniziato a deviare rispetto a ciò che aveva in comune con la Chiesa cattolica e con quella ortodossa. Egli ha abbandonato la Chiesa anglicana ed è poi diventato vescovo della Chiesa cattolica anglicana del Canada, che fa parte della TAC.

Ufficialmente, anche se solo per la TAC, i primi dialoghi informali sull’unità si sono svolti nei primi anni Novanta. L’allora Primate, l’arcivescovo Louis Falk era presente, con l’attuale Primate, l’arcivescovo Hepworth, allora sacerdote anglicano con funzioni di esperto o consigliere. L’esito sostanzialmente è stato questo: continuare a crescere, non creare troppi nuovi Vescovi, e continuare a coltivare buoni rapporti con la Chiesa cattolica romana locale. I dialoghi informali avevano sostanzialmente lo scopo di ottenere consigli su come meglio procedere.

La TAC ha continuato a crescere e a fare ciò che gli era stato chiesto, e poi ha cercato consiglio su come fare per presentare una richiesta formale. L’Arcivescovo Hepworth ha girato il mondo visitando i diversi sinodi della TAC per assicurarsi di avere l’avallo dei Vescovi, dei chierici e dei laici, prima di presentare la richiesta formale. È stata indirizzata anche una lettera al Papa per chiedere consiglio su come fare. Il Santo Padre ha risposto dicendo che la richiesta formale doveva essere indirizzata alla Congregazione per la dottrina della fede. Nell’ottobre del 2007 la Conferenza dei vescovi della TAC si è incontrata a Portsmouth, in Inghilterra, e ha inoltrato la richiesta formale di entrare in comunione con la Sede di Pietro.

Credete in ciò che dice il Catechismo della Chiesa cattolica? Cosa è per voi l'Eucaristia?

Gyapong: I nostri Vescovi hanno firmato il Catechismo della Chiesa cattolica, il 5 ottobre 2007, sull’altare della chiesa di Sant’Agata a Portsmouth, in Inghilterra. In questo gesto hanno dichiarato: “Accettiamo che la più completa e autentica espressione e applicazione della fede cattolica, in questo momento storico, si trova nel Catechismo della Chiesa cattolica e nel suo Compendio, che abbiamo sottoscritto insieme a questa lettera, come attestazione della fede che aspiriamo ad insegnare e a mantenere”.

Come persona laica, come giornalista e non teologa, non pretendo di conoscere tutto ciò che è nel Catechismo, né di comprendere tutto ciò che insegna. Ma sono arrivata alla conclusione che non posso continuare ad essere un piccolo papa di me stessa, scegliendo e decidendo da me quali elementi di dottrina accogliere e quali rifiutare. Gran parte della mia formazione nella fede, l’ho vissuta da adulta, come evangelica protestante, e gradualmente ho capito che invece di comprendere prima di credere era meglio seguire il consiglio di Sant’Anselmo che dice “credo per comprendere”.

Quindi scelgo di mettermi sotto l’autorità del Magistero della Chiesa cattolica in base a ciò che credo. Avere una fede apostolica è fondamentale per trovare la libertà in Cristo e la libertà di vivere come dovremmo vivere.

Non essendo teologa non posso spigare il mistero dell’Eucaristia, ma posso credere che Gesù è pienamente presente – corpo, mente, anima e divinità – nel Santissimo Sacramento e che Lui ci nutre e ci purifica e ci manda, uniti a Lui, per essere le Sue mani, i Suoi piedi, la Sua voce, per proclamare il Suo amore e la Buona Novella della salvezza ad un mondo in rovina.

Con la costituzione apostolica Anglicanorum coetibus è possibile avvicinare alcune comunità anglicane a Roma. Cosa ne pensa?

Gyapong: Credo che, inizialmente, il numero degli anglicani che si uniranno agli ordinariati sembrerà piuttosto esiguo, secondo gli standard globali. La TAC, rispetto alla Comunione anglicana, è piuttosto piccola. Molte delle persone di Forward in Faith, che è piuttosto numerosa nel Regno Unito, ma meno negli Stati Uniti, in Australia e altrove, dovrebbero lasciare stipendi sicuri, tradizioni musicali, palazzi bellissimi e i laici per i quali sentono una responsabilità pastorale, se decidessero di andare via.

Esiste un grande ostacolo: “l’ignoto”, il dover “prendere il largo”, come si dice. Molti anglicani si trovano oggi in un difficile processo di discernimento. Alcuni adottano l’atteggiamento del “wait and see” (aspettiamo e vediamo) per verificare se saranno veramente in grado di mantenere la loro identità anglicana pur diventando membri a pieno titolo della Chiesa cattolica romana.

Ma io credo che i primi Ordinariati saranno come i semi di senape che germoglieranno, cresceranno e diventeranno sempre più attraenti, non solo per gli anglicani, ma per tutti i cristiani che ritengono che una bella liturgia, vissuta con partecipazione, aiuti l’intera congregazione ad entrare nel mistero del Sacrificio unico di Gesù Cristo.

Gli Ordinariati faranno parte del rinnovamento liturgico auspicato dal Santo Padre, ma la bella liturgia si sposerà anche con l’abbraccio accorato della fede cattolica, con l’insegnamento del catechismo da parte di preti e vescovi che credono in ciò che dice, senza dover incrociare le dita dietro la schiena o ridurre il mondo soprannaturale di Dio a una metafora.

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