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Viaggio apostolico in Portogallo

Ultimo Aggiornamento: 17/06/2010 15:39
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14/05/2010 16:06
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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN PORTOGALLO NEL 10° ANNIVERSARIO DELLA BEATIFICAZIONE DI GIACINTA E FRANCESCO, PASTORELLI DI FÁTIMA (11 - 14 MAGGIO 2010) (XV)


SANTA MESSA NEL PIAZZALE DELL’AVENIDA DOS ALIADOS, A PORTO



Alle ore 8.00 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI lascia la Casa "Nossa Senhora do Carmo" di Fátima e si reca all’eliporto dove alle ore 8.30 si imbarca su un elicottero che lo conduce a Porto. Al Suo arrivo all’eliporto della caserma di Serra do Pilar, previsto per le ore 9.30, il Papa è accolto dal Vescovo di Porto, S.E. Mons. Manuel José Macário do Nascimento Clemente, dal Comandante della caserma, dal Sindaco di Gaia, dal Cappellano e dal Capo di Stato Maggiore dell’Esercito portoghese. Il Santo Padre si trasferisce poi in auto all’Avenida dos Aliados di Porto nel cui piazzale, alle ore 10.15, celebra la Santa Messa.

Nel corso della Celebrazione Eucaristica, introdotta dal saluto del Vescovo di Porto, S.E. Mons. Manuel J. Macário do Nascimento Clemente, dopo la proclamazione del Santo Vangelo, il Papa pronuncia l’omelia che riportiamo di seguito:

OMELIA DEL SANTO PADRE



Cari Fratelli e Sorelle,

«Sta scritto […] nel libro dei Salmi: […] il suo incarico lo prenda un altro. Bisogna dunque che […] uno divenga testimone, insieme a noi, della sua risurrezione» (At 1, 20-22). Così disse Pietro, leggendo ed interpretando la parola di Dio in mezzo ai suoi fratelli, radunati nel Cenacolo dopo l’Ascensione di Gesù al Cielo. Fu scelto Mattia, che era stato testimone della vita pubblica di Gesù e del suo trionfo sulla morte, restandogli fedele sino alla fine, nonostante l’abbandono di molti. La «sproporzione» tra le forze in campo che oggi ci spaventa, già duemila anni fa stupiva coloro che vedevano e ascoltavano Cristo. C’era soltanto Lui, dalle sponde del Lago di Galilea fino alle piazze di Gerusalemme, solo o quasi solo nei momenti decisivi: Lui in unione con il Padre, Lui nella forza dello Spirito. Eppure è avvenuto che, alla fine, dallo stesso amore che ha creato il mondo, la novità del Regno è spuntata come piccolo seme che germina dalla terra, come scintilla di luce che irrompe nelle tenebre, come alba di un giorno senza tramonto: È Cristo risorto. Ed è apparso ai suoi amici, mostrando loro la necessità della croce per giungere alla risurrezione.

Un testimone di tutto ciò cercava Pietro in quel giorno. Presentati due, il Cielo ha designato «Mattia, che fu associato agli undici apostoli» (At 1,26). Oggi celebriamo la sua gloriosa memoria in questa «Città Invitta», che si è rivestita di festa per accogliere il Successore di Pietro. Rendo grazie a Dio per avermi portato in mezzo a voi, incontrandovi attorno all’altare. Il mio cordiale saluto va a voi, fratelli e amici della città e diocesi di Porto, a quelli che sono venuti dalla provincia ecclesiastica del nord di Portogallo e anche dalla vicina Spagna, e a quanti altri sono in comunione fisica o spirituale con questa nostra assemblea liturgica. Saluto il Vescovo di Porto, Mons. Manuel Clemente, che ha desiderato con grande sollecitudine la mia visita, che mi ha accolto con grande affetto e si è fatto interprete dei vostri sentimenti all’inizio di quest’Eucaristia. Saluto i suoi Predecessori e gli altri Fratelli nell’Episcopato, i sacerdoti, i consacrati e le consacrate, e i fedeli laici, con un pensiero particolare verso quanti sono coinvolti nel dare dinamicità alla Missione diocesana e, più in concreto, nella preparazione di questa mia Visita. So che essa ha potuto contare sull’effettiva collaborazione del Sindaco di Porto e di altre Autorità pubbliche, molte delle quali mi onorano con la loro presenza; approfitto di questo momento per salutarle e augurare ad esse, e a quanti rappresentano e servono, i migliori successi per il bene di tutti.

«Bisogna che uno divenga testimone, insieme a noi, della risurrezione», diceva Pietro. E il suo attuale Successore ripete a ciascuno di voi: Miei fratelli e sorelle, bisogna che diventiate con me testimoni della risurrezione di Gesù. In effetti, se non sarete voi i suoi testimoni nel vostro ambiente, chi lo sarà al vostro posto? Il cristiano è, nella Chiesa e con la Chiesa, un missionario di Cristo inviato nel mondo. Questa è la missione improrogabile di ogni comunità ecclesiale: ricevere da Dio e offrire al mondo Cristo risorto, affinché ogni situazione di indebolimento e di morte sia trasformata, mediante lo Spirito Santo, in occasione di crescita e di vita. A tale scopo, in ogni celebrazione eucaristica, ascolteremo più attentamente la Parola di Cristo e gusteremo assiduamente il Pane della sua presenza. Ciò farà di noi testimoni e, più ancora, portatori di Gesù risorto nel mondo, recandolo ai diversi settori della società e a quanti in essi vivono e lavorano, diffondendo quella «vita in abbondanza» (cfr Gv 10,10) che Egli ci ha guadagnato con la sua croce e risurrezione e che sazia i più legittimi aneliti del cuore umano.

Nulla imponiamo, ma sempre proponiamo, come Pietro ci raccomanda in una delle sue lettere: «Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (1Pt 3,15). E tutti, alla fine, ce la domandano, anche coloro che sembrano non domandarla. Per esperienza personale e comune, sappiamo bene che è Gesù colui che tutti attendono. Infatti le più profonde attese del mondo e le grandi certezze del Vangelo si incrociano nell’irrecusabile missione che ci compete, poiché «senza Dio l’uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia. Di fronte agli enormi problemi dello sviluppo dei popoli che quasi ci spingono allo sconforto e alla resa, ci viene in aiuto la parola del Signore Gesù Cristo che ci fa consapevoli: "Senza di me non potete far nulla" (Gv 15,5), e c’incoraggia: "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20)» (Benedetto XVI, Enc. Caritas in veritate, 78).

Tuttavia, se questa certezza ci consola e ci tranquillizza, non ci esime dall’andare incontro agli altri. Dobbiamo vincere la tentazione di limitarci a ciò che ancora abbiamo, o riteniamo di avere, di nostro e di sicuro: sarebbe un morire a termine, in quanto presenza di Chiesa nel mondo, la quale, d’altronde, può soltanto essere missionaria nel movimento diffusivo dello Spirito. Sin dalle sue origini, il popolo cristiano ha avvertito con chiarezza l’importanza di comunicare la Buona Novella di Gesù a quanti non lo conoscevano ancora. In questi ultimi anni, è cambiato il quadro antropologico, culturale, sociale e religioso dell’umanità; oggi la Chiesa è chiamata ad affrontare nuove sfide ed è pronta a dialogare con culture e religioni diverse, cercando di costruire insieme ad ogni persona di buona volontà la pacifica convivenza dei popoli. Il campo della missione ad gentes si presenta oggi notevolmente ampliato e non definibile soltanto in base a considerazioni geografiche; in effetti ci attendono non soltanto i popoli non cristiani e le terre lontane, ma anche gli ambiti socio-culturali e soprattutto i cuori che sono i veri destinatari dell’azione missionaria del popolo di Dio.

Si tratta di un mandato il cui fedele compimento «deve procedere per la stessa strada seguita da Cristo, la strada, cioè, della povertà, dell’obbedienza, del servizio e dell’immolazione di se stesso fino alla morte, da cui uscì vincitore con la sua risurrezione» (Decr. Ad gentes, 5). Sì! Siamo chiamati a servire l’umanità del nostro tempo, confidando unicamente in Gesù, lasciandoci illuminare dalla sua Parola: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga» (Gv 15,16). Quanto tempo perduto, quanto lavoro rimandato, per inavvertenza su questo punto! Tutto si definisce a partire da Cristo, quanto all’origine e all’efficacia della missione: la missione la riceviamo sempre da Cristo, che ci ha fatto conoscere ciò che ha udito dal Padre suo, e siamo investiti in essa per mezzo dello Spirito, nella Chiesa. Come la Chiesa stessa, opera di Cristo e del suo Spirito, si tratta di rinnovare la faccia della terra partendo da Dio, sempre e solo da Dio!

Cari fratelli e amici di Porto, alzate gli occhi verso Colei che avete scelto come patrona della città, l’Immacolata Concezione. L’Angelo dell’annunciazione ha salutato Maria come «piena di grazia», significando con quest’espressione che il suo cuore e la sua vita erano totalmente aperti a Dio e, perciò, completamente invasi dalla sua grazia. Che Ella vi aiuti a fare di voi stessi un «sì» libero e pieno alla grazia di Dio, affinché possiate essere rinnovati e rinnovare l’umanità attraverso la luce e la gioia dello Spirito Santo.









SALUTO AI FEDELI DI PORTO AL TERMINE DELLA SANTA MESSA


Conclusa la Celebrazione Eucaristica, il Papa si affaccia al balcone del palazzo del Municipio di Porto per salutare i fedeli presenti nell’Avenida dos Aliados.
Pubblichiamo di seguito le parole di saluto del Santo Padre:

SALUTO DEL SANTO PADRE


Cari Fratelli e Amici,

Sono felice di trovarmi in mezzo a voi e vi ringrazio per la festosa e cordiale accoglienza che mi avete riservata nella città di Porto, la «Città della Vergine». Alla sua materna protezione affido le vostre vite e famiglie, le vostre comunità e strutture al servizio del bene comune, in particolare le università di questa città i cui studenti si sono dati appuntamento qui e mi hanno manifestato la loro gratitudine e la loro adesione al magistero del Successore di Pietro. Grazie per la presenza e per la testimonianza della vostra fede. Voglio ancora una volta ringraziare tutti quelli che hanno collaborato, in diverse maniere, alla preparazione e alla realizzazione di questa mia visita, per la quale vi siete preparati soprattutto con la preghiera. Volentieri avrei accettato l’invito a prolungare la mia permanenza nella vostra città, ma non mi è possibile. Permettetemi, dunque, di partire, abbracciandovi tutti affettuosamente in Cristo, nostra Speranza, mentre vi benedico nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.




Rientrato nel Municipio di Porto, il Santo Padre firma il Libro d’oro.
Quindi si trasferisce in auto all’aeroporto internazionale di Porto ove ha luogo la Cerimonia di congedo dal Portogallo.













VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN PORTOGALLO NEL 10° ANNIVERSARIO DELLA BEATIFICAZIONE DI GIACINTA E FRANCESCO, PASTORELLI DI FÁTIMA (11 - 14 MAGGIO 2010) (XVI)


CERIMONIA DI CONGEDO ALL’AEROPORTO INTERNAZIONALE DI PORTO



Alle ore 13.30, all’aeroporto internazionale di Porto, ha luogo la Cerimonia di congedo. Dopo gli onori militari e l’esecuzione degli inni e prima del discorso del Presidente della Repubblica del Portogallo, S.E. il Sig. Aníbal Cavaco Silva, il Santo Padre Benedetto XVI pronuncia il discorso che pubblichiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE


Signor Presidente della Repubblica,

Illustri Autorità,

Amati Fratelli nell’Episcopato

Cari amici,

Al termine della mia visita, rivive nel mio spirito la densità di tanti momenti vissuti in questo pellegrinaggio in Portogallo. Custodita nell’anima porto la cordialità della vostra affettuosa accoglienza, la forma tanto calorosa e spontanea con la quale si sono cementati i vincoli di comunione con i gruppi che ho potuto contattare, l’impegno che ha significato la preparazione e la realizzazione del programma pastorale.

In questo momento di congedo, esprimo a tutti la mia sincera gratitudine: al Signor Presidente della Repubblica, che mi ha onorato con la sua presenza da quando sono arrivato qui, ai miei fratelli Vescovi con i quali ho rinnovato la profonda unione nel servizio del Regno di Cristo, al Governo e a tutte le autorità civili e militari, che si sono prodigate con visibile dedizione lungo l’intero viaggio. Vi auguro ogni bene! I mezzi di comunicazione sociale mi hanno permesso di arrivare a molte persone, alle quali non era possibile vedermi da vicino. Anche a loro mi sento molto grato.

A tutti i portoghesi, cattolici o no, agli uomini e alle donne che vivono qui, anche se non sono nati qui, va il mio saluto nel momento di congedarmi da voi. Non cessi di crescere tra voi la concordia, che è essenziale per una salda coesione, via necessaria per affrontare con responsabilità comune le sfide che vi stanno dinnanzi. Continui questa gloriosa Nazione a manifestare la grandezza d’animo, il profondo senso di Dio, l’apertura solidale, retta da principi e valori impregnati di umanesimo cristiano. A Fatima, ho pregato per il mondo intero chiedendo che il futuro porti maggiore fraternità e solidarietà, un maggiore rispetto reciproco e una rinnovata fiducia e confidenza in Dio, nostro Padre che è nei cieli.

È stata per me una gioia essere testimone della fede e della devozione della comunità ecclesiale portoghese. Ho potuto vedere l’entusiasmo dei bambini e dei giovani, la fedele adesione dei presbiteri, dei diaconi e dei religiosi, la dedizione pastorale dei Vescovi, la voglia di ricercare la verità e la bellezza evidente nel mondo della cultura, la creatività degli operatori della pastorale sociale, il vibrare della fede dei fedeli nelle diocesi che ho visitato. Il mio desiderio è che la mia visita divenga incentivo per un rinnovato ardore spirituale e apostolico. Che il Vangelo venga accolto nella sua integralità e testimoniato con passione da ogni discepolo di Cristo, affinché esso si riveli come lievito di autentico rinnovamento dell’intera società!

Scenda sul Portogallo e su tutti i suoi figli e le sue figlie la mia Benedizione Apostolica, portatrice di speranza, di pace e di coraggio, che imploro da Dio per l’intercessione di Nostra Signora di Fatima, alla quale vi rivolgete con tanta fiducia e saldo amore. Continuiamo a camminare nella speranza! Addio!










TELEGRAMMA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DEL PORTOGALLO

Conclusa con il saluto alle Autorità presenti la cerimonia di congedo all’aeroporto internazionale di Porto, il Santo Padre Benedetto XVI sale a bordo dell’aereo - un A320 della TAP - che decolla alle ore 14.00 locali alla volta di Roma.

Nell’atto di lasciare il territorio portoghese, il Papa fa pervenire al Presidente della Repubblica del Portogallo, Sig. Aníbal Cavaco Silva, il seguente messaggio telegrafico:

EXCELENTÍSSIMO SENHOR ANÍBAL CAVACO SILVA
PRESIDENTE DA REPUBLICA PORTUGUESA
LISBOA

AO DEIXAR ESPAÇO PORTUGUÊS VENHO RENOVAR-LHE MINHA DEFERENTE SAUDAÇÃO E CORDIAL GRATIDÃO PELO ACOLHIMENTO FIDALGO QUE ME RESERVOU E PELA SOLICITUDE DO GOVERNO EM ASSEGURAR TRANQUILA REALIZAÇÃO DESTA MINHA VISITA A PORTUGAL COM PONTO MAIS ALTO EM FÁTIMA ONDE PUDE AJOELHAR AOS PÉS DE NOSSA SENHORA DEPONDO NO SEU CORAÇÃO MATERNO AFLIÇÕES E ESPERANÇAS DA FAMÍLIA HUMANA INTEIRA E DE MODO ESPECIAL DO DILECTO POVO PORTUGUÊS SOBRE CUJO PRESENTE E FUTURO INVOCO A LUZ PROTECTORA DE DEUS COM PROPICIADORA BENÇÃO APOSTÓLICA

BENEDICTUS PP XVI





Benedetto XVI a Porto: la fede non s'impone, si propone, senza paure e senza limiti, confidando solo in Gesù


Nella quarta e ultima giornata del suo viaggio apostolico in Portogallo, il Papa, giunto stamani da Fatima, ha presieduto la Messa nel piazzale dell’Avenida dos Aliados a Porto, polo industriale e seconda città del Paese. Benedetto XVI, accolto con grande affetto da oltre 120 mila fedeli, ha sottolineato che missione improrogabile di ogni comunità ecclesiale è quella di ricevere da Dio e offrire al mondo Cristo risorto. La fede non s'impone – ha spiegato - ma si propone, senza paure e senza limiti, confidando solo in Gesù. Questa sera il rientro del Papa a Roma. Linea al nostro inviato Roberto Piermarini:


Accoglienza trionfale per Benedetto XVI a Porto, la stessa che lo ha accompagnato nel corso di questo suo viaggio in Portogallo. Per accoglierlo tutta la città si è riversata sul percorso e sul piazzale della storica Avenida dos Aliados dove ha celebrato la Messa.


(Canto Messa)


All’omelia - incentrata sulla missionarietà nella festa di San Mattia Apostolo - il Papa ha invitato i presenti, a diventare con lui - come Successore di Pietro – testimoni della resurrezione di Gesù:

“O cristão é, na Igreja e com a Igreja, um missionário de Cristo...”
Il cristiano è, nella Chiesa e con la Chiesa, un missionario di Cristo inviato nel mondo. Questa è la missione improrogabile di ogni comunità ecclesiale: ricevere da Dio e offrire al mondo Cristo risorto, affinché ogni situazione di indebolimento e di morte sia trasformata, mediante lo Spirito Santo, un occasione di crescita e di vita”.


L’Eucaristia e la Parola di Cristo ci faranno testimoni di Gesù risorto nel mondo, portandolo ai diversi settori della società. “Nulla imponiamo, ma sempre proponiamo”- ha detto - sempre pronti a rispondere a chiunque ci chiede ragione della nostra speranza. “E tutti alla fine, ce la domandano, anche coloro che sembrano non domandarla. Per esperienza personale – ha osservato – sappiamo bene che è Gesù colui che tutti attendono” perché “senza Dio l’uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi sia”. Per questo dobbiamo andare incontro agli altri e comunicare la Buona Novella di Gesù a quanti non lo conoscono ancora. “In questi ultimi anni, - ha detto Benedetto XVI - è cambiato il quadro antropologico, culturale, sociale e religioso dell’umanità; oggi la Chiesa è chiamata ad affrontare nuove sfide ed è pronta a dialogare con culture e religioni diverse, cercando di costruire insieme ad ogni persona di buona volontà la pacifica convivenza dei popoli:


“O campo da missão ad gentes apresenta-se hoje notavelmente alargado...”
Il campo della missione ad gentes si presenta oggi notevolmente ampliato e non definibile soltanto in base a considerazioni geografiche; in effetti – ha detto il Papa - ci attendono non soltanto i popoli non cristiani e le terre lontane, ma anche gli ambiti socio-culturali e soprattutto i cuori che sono i veri destinatari dell’azione missionaria del popolo di Dio”.


Siamo chiamati a servire l’umanità del nostro tempo, confidando unicamente in Gesù. Tutto si definisce a partire da Cristo: la missione infatti la riceviamo sempre da Lui, che ci ha fatto conoscere ciò che ha udito dal Padre suo, per mezzo dello Spirito, nella Chiesa:

“Como a própria Igreja, obra de Cristo e do seu Espírito...”
Come la Chiesa stessa, opera di Cristo e del suo Spirito, si tratta di rinnovare la faccia della terra partendo da Dio, sempre e solo da Dio!"


Al termine della Messa il Papa ha benedetto la prima pietra del seminario Redemptoris Mater di Porto. “La nostra Chiesa – ha detto il vescovo della città mons. Manuel Clemente – ha promesso al Papa che risponderà alle necessità di conversione, tema conduttore della visita papale. Come ultimo atto a Porto, il Papa si è affacciato dal balcone del Municipio per salutare i fedeli, raccolti a migliaia anche nelle vie adiacenti. Anche oggi - come continuano a scrivere i giornali locali – “le moltitudini si sono arrese al Papa e il Papa si è arreso a Porto”.




www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2010&videoclip=1389&sett...






Siate profeti di giustizia e pace senza bavagli: così il Papa ai vescovi portoghesi. I cristiani mostrino la bellezza della fede


La Chiesa contemporanea ha bisogno di uomini, donne e giovani coraggiosi, capaci di togliersi il bavaglio che una certa cultura antireligiosa vorrebbe imporre e di mostrare la bellezza della fede. Ha bisogno di sacerdoti che siano “profeti di giustizia”, che non temano di difendere i poveri e denunciare chi li opprime. Con un discorso di particolare intensità, Benedetto XVI ha affidato gli ultimi pensieri del suo soggiorno a Fatima ai circa 50 vescovi del Portogallo, che ieri sera lo hanno ascoltato nell’incontro svoltosi alla Casa di “Nossa Senhora do Carmo”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

La fede in Dio è insidiata da altre “divinità”? I cristiani siano i primi a mostrare il fascino di seguire il Vangelo. “Signori di questo mondo” – politici o intellettuali che siano – propongono una loro monocultura che disprezza la religione? I cristiani parlino di Dio “senza bavagli”. Il discorso con quale Benedetto XVI si congeda da Fatima è come una sferzata dello spirito, un condensato di cristianesimo adatto ai tempi di oggi. Non a caso, il Papa lo rivolge e affida ai vescovi del Portogallo, primi responsabili della Chiesa sul posto. Ma alla vigoria magisteriale dei suoi pensieri, il Pontefice fa precedere uno squarcio di intimità, parole che confidano cosa significhi stare sul soglio di Pietro:


“O Papa precisa de abrir-se cada vez mais…
Il Papa ha bisogno di aprirsi sempre di più al mistero della Croce, abbracciandola quale unica speranza e ultima via per guadagnare e radunare nel Crocifisso tutti i suoi fratelli e sorelle in umanità. Obbedendo alla Parola di Dio, egli è chiamato a vivere non per sé stesso ma per la presenza di Dio nel mondo”.


Detto questo, Benedetto XVI si lancia in una disamina che fotografa senza sofismi il non facile tempo della Chiesa nell’epoca del secolarismo. Serve un colpo d’ala, dice in sostanza. Mentre non servono, aggiunge schietto, sedicenti cristiani vittime dell’imbarazzo di esserlo:


“Há necessidade de verdadeiras testemunhas…
C’è bisogno di autentici testimoni di Gesù Cristo, soprattutto in quegli ambienti umani dove il silenzio della fede è più ampio e profondo: i politici, gli intellettuali, i professionisti della comunicazione che professano e promuovono una proposta monoculturale, con disdegno per la dimensione religiosa e contemplativa della vita. In tali ambiti non mancano credenti che si vergognano e che danno una mano al secolarismo, costruttore di barriere all’ispirazione cristiana”.

Dunque, elenca il Pontefice, spazio a una coraggiosa tempra missionaria, a un “laicato maturo” che si identifichi con la Chiesa e sia “solidale con la complessa trasformazione del mondo”, e che soprattutto sia libero da soggezioni:

“Mantende viva a dimensão profética…
Mantenete viva la dimensione profetica, senza bavagli, nello scenario del mondo attuale, perché ‘la parola di Dio non è incatenata!’ (...) Decisivo, però, è riuscire ad inculcare in ogni agente evangelizzatore un vero ardore di santità, consapevoli che il risultato deriva soprattutto dall’unione con Cristo e dall’azione del suo Spirito”.

E a questo punto, Benedetto XVI ribadisce una delle sue convinzioni più profonde: la vita cristiana non è un noioso elenco di regole. E contro questo abusato luogo comune, il Papa oppone la freschezza della testimonianza, la vera forza che converte. “Difficilmente” - afferma - la fede cattolica...


“…poderá tocar os corações graças a simples discursos…
...potrà toccare i cuori mediante semplici discorsi o richiami morali e meno ancora attraverso generici richiami ai valori cristiani. Il richiamo coraggioso e integrale ai principi è essenziale e indispensabile; tuttavia il semplice enunciato del messaggio non arriva fino in fondo al cuore della persona, non tocca la sua libertà, non cambia la vita. Ciò che affascina è soprattutto l’incontro con persone credenti che, mediante la loro fede, attirano verso la grazia di Cristo, rendendo testimonianza di Lui”.


Per questo, il Papa ha ringraziato in particolare i Movimenti ecclesiali. I carismi suscitati dallo Spirito Santo, ha detto, hanno portato una “nuova primavera” quando in tanti parlavano di “un inverno della Chiesa”. Ai vescovi, Benedetto XVI ha chiesto di essere garanti della “ecclesialità” di tali comunità, eventualmente correggendone “con comprensione” i percorsi di fede. Quindi, ha concluso spronando il clero all’autenticità della vocazione. Ai vescovi chiede di riscoprire la "paternità episcopale", perché "per troppo tempo - nota - si è relegata in secondo piano la responsabilità dell'autorità come servizio alla crescita degli altri". E ai preti chiede di avere “sentimenti di misericordia e di compassione” per rispondere alle “gravi carenze sociali”. E seppure le difficoltà adesso “si fanno sentire di più”, esse ha incalzato:


“Não vos deixem esmorecer na lógica do dom…
Non vi facciano indebolire nella logica del dono. Continui ben viva, nel Paese, la vostra testimonianza di profeti della giustizia e della pace, difensori dei diritti inalienabili della persona, unendo la vostra voce a quella dei più deboli, che avete saggiamente motivato a possedere voce propria, senza temere mai di alzare la voce in favore degli oppressi, degli umiliati e dei maltrattati”.






L'appello del Papa agli operatori della Pastorale sociale: difendete poveri, vita e famiglia, indipendenti da politica e ideologie


Seguire lo stile del Buon Samaritano, avendo “un cuore che vede dove c’è bisogno d’amore”: è l’esortazione rivolta, ieri sera, da Benedetto XVI nell’incontro a Fatima con le organizzazioni della Pastorale Sociale. Durante la Celebrazione della Parola nella Chiesa della Santissima Trinità, il Papa ha invitato i cristiani impegnati nel sociale ad essere indipendenti da politica e ideologia, respingendo le pressioni della cultura dominante. Dal Pontefice un forte appello in difesa della vita e della famiglia. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Canto

“Chi impara da Dio amore sarà inevitabilmente una persona per gli altri”: è quanto affermato da Benedetto XVI, che parlando agli operatori della Pastorale sociale ha ribadito che, uniti a Cristo, “siamo afferrati dalla sua compassione per le moltitudini che chiedono giustizia e solidarietà”. Come il Buon Samaritano, ha proseguito, “ci impegniamo ad offrire risposte concrete e generose”. E tuttavia, ha constatato, spesso non è facile “arrivare ad una sintesi soddisfacente tra la vita spirituale e l’attività apostolica”:

“A pressão exercida pela cultura dominante…”
“La pressione esercitata dalla cultura dominante che presenta con insistenza uno stile di vita fondato sulla legge del più forte, sul guadagno facile e allettante – ha rilevato – finisce per influire sul nostro modo di pensare”. Ed ha indicato il rischio che i progetti del servizio di pastorale sociale siano svuotati “di quella motivazione della fede e della speranza cristiana che li aveva suscitati”. Se è necessario rispondere alla “logica dell’efficienza” nel venire incontro alle esigenze dei poveri e dei marginalizzati della società", ha soggiunto, bisogna però sempre trovare la sintesi con la vita spirituale. In questo mondo diviso, è stato poi il suo richiamo, “si impone a tutti una profonda e autentica unità di cuore, di spirito e di azione”. Ciò vale soprattutto per le istituzioni sociali della Chiesa:

“Importa que seja clara a sua orientação de modo a…”
“Bisogna – ha affermato – che sia chiaro il loro orientamento, perché assumano un’identità ben evidente: nell’ispirazione dei loro obiettivi, nella scelta delle loro risorse umane”, nella qualità dei loro servizi e nella gestione dei mezzi:

“Passo fundamental, além da identidade e unido a ela…”
“Oltre all’identità e ad essa collegata – ha detto – è un passo fondamentale concedere all’attività caritativa cristiana autonomia e indipendenza dalla politica e dalle ideologie”, anche se in collaborazione con gli organi dello Stato per raggiungere scopi comuni. Quindi, ha esortato gli operatori della pastorale sociale a dar vita ad “attività assistenziali, educative o caritative” che promuovano l’essere umano nella sua dignità:

“Aqui se situa o urgente empenhamento dos cristãos na defesa…”
“Si colloca qui – ha detto – l’urgente impegno dei cristiani nella difesa dei diritti umani, attenti alla totalità della persona umana nelle sue diverse dimensioni”. Ha così espresso apprezzamento per quelle iniziative che “cercano di lottare contro i meccanismi socio-economici e culturali che portano all’aborto”. Come pure a quelle iniziative volte alla “riconciliazione e la guarigione delle persone ferite dal dramma dell’aborto”. Inoltre, ha incoraggiato l’impegno a tutela della famiglia “fondata sul matrimonio indissolubile tra un uomo e una donna” per "rispondere ad alcune delle più insidiose e pericolose sfide che oggi si pongono al bene comune". Ancora una volta, dunque, il Papa ha esortato i fedeli a far proprio “lo stile del Buon Samaritano”, ad avere cioè “un cuore che vede dove c’è bisogno di amore”:

“O cenário actual da história é de crise sócio-económica…”
“L’attuale scenario della storia – ha detto ancora – è di crisi socio-economica, culturale e spirituale”. Ma ciò “pone in evidenza l’opportunità di un discernimento orientato dalla proposta creativa del messaggio sociale della Chiesa”. La carità, ha rammentato, è la forza e principio della dottrina sociale che permette di tracciare un “processo di sviluppo umano integrale che coinvolga le profondità del cuore e raggiunga una più ampia umanizzazione della società”. Infine, l’invito “a formare una nuova generazione di leader servitori”. L’attrarre nuovi operatori laici in questo campo pastorale, ha concluso, “meriterà sicuramente una particolare premura dei pastori, attenti al futuro”. Al termine della celebrazione, contraddistinta da un clima particolarmente caloroso, il Papa ha benedetto la prima pietra di un Centro delle Misericordie Portoghesi, segno tangibile della carità verso il prossimo bisognoso.
Applausi










La Madonna, il popolo, il Papa: l'editoriale di padre Lombardi


Una grandissima gioia: questa l’esperienza del Papa in questo suo pellegrinaggio in Portogallo: lo ha affermato ai nostri microfoni padre Federico Lombardi. L'accoglienza del popolo portoghese - ha sottolineato il direttore della Sala Stampa vaticana - è stata veramente calorosa, superiore alle attese. La Veglia di preghiera a Fatima è stato uno dei momenti più intensi di questo 15.mo viaggio apostolico internazionale di Benedetto XVI. Ascoltiamo in proposito l’editoriale di padre Lombardi per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

Mentre la processione attraversava l’immensa folla raccolta sulla spianata di Fatima, osservavo i volti illuminati dalle tremule fiammelle delle candele: centinaia di migliaia, persone semplici, donne e uomini, giovani, vecchi, mamme con i loro bambini…. Sguardi intensi, volti segnati dal dolore e dall’esperienza dura della vita, volti innocenti… Commozione sincera e profonda, lacrime e sorrisi. Il popolo, il Popolo di Dio è qui: nella lunga notte della vigilia e poi nel giorno, incurante della pioggia, del vento, del sole. E’ arrivato da ogni parte del Portogallo e dell’Europa con ogni mezzo - in aereo, in macchina, a piedi – portando nel cuore la sua preghiera segreta, in mano la fiaccola, sulle labbra l’amata canzone “A Maria”. Chi lo ha chiamato? Chi lo ha convocato? Non certo i media, non esperti organizzatori, neppure i vescovi, neppure il Papa. Sappiamo bene che questa gente è stata chiamata qui da una “ piccola e luminosa Signora” apparsa a tre pastorelli in questo luogo insignificante e sperduto. Sono passati quasi cent’anni e il richiamo non ha perso la sua forza. E negli ultimi 40 anni, nel fatidico 13 maggio, è venuto cinque volte anche il Papa da Roma. Anche lui non ha voluto sottrarsi alla forza di questo richiamo e si è fatto pellegrino con il popolo di Dio che gli è stato affidato. E’ venuto anche lui a dire “amo”, a pregare e fare penitenza per la conversione e la salvezza di tutti i popoli, a comandarne a Dio i dolori e le angosce, le gioie e le speranze. Come Papa Benedetto ha spiegato in volo verso Fatima, il Papa “sta per la Chiesa”: dove è lui, c’è la Chiesa e dove c’è la Chiesa, c’è anche lui. E a Fatima Maria ha detto fin dall’inizio di pregare con il Papa e per il Papa per la vita del mondo. Questa preghiera, in questi giorni, l’abbiamo sentita e vissuta con sempre rinnovata sorpresa, con emozione e gioia profonda, con viva speranza. Nonostante le prove – esterne ed interne – la Chiesa vive e cammina, accompagnata dallo Spirito.











Fatima: la riflessione della teologa Cettina Militello


La tappa più intensa di questo viaggio è stata Fatima, dove il Papa ha detto di essere venuto per pregare per l'umanità afflitta da miserie e sofferenze: ha pregato con Maria e con i tanti pellegrini che giungono in questo Santuario. Di questo rapporto tra la Chiesa e Maria, Fabio Colagrande ha parlato con una mariologa, Cettina Militello:

R. – C’è tra il popolo di Dio e Maria un legame di affetto, un legame soprannaturale, che viene proprio dal fatto che Lei è membro tipo, modello della Chiesa. Tra l’altro, il Papa non soltanto ha detto “per pregare con Maria e con i tanti pellegrini”, ma ha ricordato il convergere della Chiesa pellegrinante e questa stessa Chiesa definisce, secondo la “Lumen gentium”, un sacramento di salvezza. D’altra parte, il pregare con Maria e con i tanti pellegrini è anche uno degli atteggiamenti che caratterizzano la preghiera, che è il colloquio con Dio, ma che è anche preghiera di domanda o preghiera di apertura del proprio cuore di fronte ai problemi che l’umanità ha. E l’umanità, certamente, come continua il Papa, è afflitta da miserie e sofferenze.


D. – Il Papa ci ha anche detto che per entrare in contatto con una realtà che si trova oltre il sensibile, così come è avvenuto ai pastorelli di Fatima, ci vuole però una vigilanza interiore del cuore, che molto spesso oggi per la forte pressione delle realtà esterne, delle immagini e preoccupazioni che riempiono l’anima – sono parole del Papa – non riusciamo ad avere...


R. – Senza dubbio il nostro è un tempo di confusione e di attenzione all’esteriore, di poco silenzio. Non c’è dubbio che Dio lo si trova nel silenzio. La Bibbia ci mostra tutta una serie di contesti nei quali la Rivelazione avviene certamente mettendosi da parte, creando le condizioni per essere da Lui interpellati e per ascoltarlo. E questo ci riporta all’ascesi come pratica quotidiana, che non vuol dire necessariamente assumere atteggiamenti di distacco, di condanna nei confronti del mondo, ma vuol dire invece capire quali sono i veri valori e quindi stare in ascolto dei veri valori e, in particolare, stare in ascolto della Parola di Dio e della provocazione che essa comporta.


D. La Chiesa pellegrinante va verso questo luogo. Storicamente che significato ha, secondo lei?


R. – Vuol dire che dobbiamo accettare che ci siano contesti, momenti nei quali la normalità “esemplata” dal messaggio viene riaffermata, ripuntualizzata. Di sicuro Lourdes, Fatima e luoghi similari sono luoghi che scuotono la fede dormiente, accedono con immediatezza, soprattutto al mondo del dolore, della sofferenza, e consentono di riprendere fiato, di ripartire per rendersi di nuovo sensibili a quelli che sono i temi forti della fede; creano degli spazi che consentono l’ascolto. Se non si crea quel silenzio, se non si crea quel contesto, è difficile sfuggire a quello che è l’automatismo dispersivo della nostra esistenza oggi. Sono come oasi: momenti nei quali è possibile essere richiamati a ciò che conta e dunque ripartire.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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