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Enciclica "Caritas in veritate"

Ultimo Aggiornamento: 16/11/2010 00:26
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La “Caritas in veritate” suscita l’interesse del mondo
Monsignor Crepaldi spiega gli obiettivi dell’enciclica

di Antonio Gaspari


ROMA, mercoledì, 30 settembre 2009 (ZENIT.org).- Intervenendo martedì 29 settembre al “Forum delle persone e delle associazioni di ispirazione cattolica nel mondo del lavoro”, monsignor Giampaolo Crepaldi, Arcivescovo di Trieste e Presidente dell’Osservatorio internazionale “Cardinale Van Thuan”, ha spiegato come e perchè l’enciclica “Caritas in veritate” sta suscitando l’interesse del mondo.

Sono passati due mesi dalla pubblicazione dell’enciclica “Caritas in veritate” e durante questo periodo si è sviluppato un ampio dibattito di cui lo stesso Benedetto XVI si è detto contento, parlando con i giornalisti sull’aereo per Praga il 25 settembre scorso.

L’Arcivescovo di Trieste ha raccontato che a livello internazionale “i segni di apprezzamento e di riconoscimento delle grandi novità contenute nell’enciclica sono stati veramente tanti e significativi”.

Circa la novità rilevante dell’enciclica, monsignor Crepaldi ha sottolineato “l’influenza che sullo sviluppo hanno il rispetto della libertà religiosa, la tutela della vita dal concepimento alla morte naturale, l’assolutismo della tecnica, l’atrofizzazione della coscienza”

“Molti passi – ha continuato - riflettono sui nessi profondi tra lo sviluppo e la prospettiva della vita eterna o la consistenza ontologica dell’anima, come per esempio il paragrafo n. 76”.

Secondo il Presidente dell’Osservatorio Van Thuan, “la grandezza di questa enciclica consiste nel chiederci una conversione nel considerare le cose e il loro ordine” ed in particolare nel rapporto tra religione e sviluppo.

In questo contesto monsignor Crepaldi ha denunciato le molte contraddizioni che puntano per esempio a una giustizia sciolta dalla pratica della carità.

Come esempio ha ricordato che “ci preoccupiamo perché d’estate vengono abbandonati i cani e non ci curiamo delle vite impedite con l’aborto; pretendiamo di sviluppare solidarietà nel lavoro ma distruggiamo la famiglia che è vera scuola di solidarietà e la contrapponiamo al lavoro anziché integrarla con esso”.

E ancora, “ci affidiamo alla tecnica per risolvere i problemi ambientali quando sappiamo che sono dovuti proprio all’assolutismo della tecnica; gonfiamo costosi apparati per gli aiuti internazionali e il 90% del loro budget è impiegato per le spese correnti di mantenimento della struttura”.

Inoltre, “vogliamo educare i giovani all’assunzione di responsabilità e mettiamo in mano delle ragazzine di 16 anni la pillola abortiva; [...] diffondiamo nelle scuole la cultura del determinismo evolutivo per cui siamo tutti figli della necessità e del caso e poi pretendiamo che i giovani vedano nella natura una vocazione da rispettare”.

“C’è qualcosa che non va. C’è molto che non va - ha sottolineato - . C’è un ordine delle cose da rimettere a posto, una conversione di prospettiva da attuare. L’enciclica è un invito all’uomo affinché 'rientri in se stesso'”.

Monsignor Crepaldi si è detto convinto che “ogni cosa rivela un senso. Ogni cosa deve essere illuminata dalla carità e dalla verità perché riusciamo a comprendere cosa essa sia e cosa dobbiamo fare” e “il senso non è mai prodotto, è sempre trovato”.

L’enciclica propone un cambiamento mentale per non considerare più le persone e il mondo come nostra produzione, ma nell’ottica della loro vocazione.

A questo proposito l’Arcivescovo di Trieste ha spiegato che “la deriva nichilistica dello sviluppo è inevitabile se continuiamo a pensare che il senso lo produciamo noi”. Dovremmo, invece, capire che temi come quello “della religione e di Dio, diventano di primo piano per lo sviluppo”.

Il Presidente dell’Osservatorio Van Thuan ha quindi messo in guardia dall’assolutismo della tecnica che sembra aver sostituito le ideologie.

Ormai, ha denunciato, la tecnica si occupa della vita, della procreazione, della famiglia, della pace, dello sviluppo, delle relazioni internazionali, degli aiuti allo sviluppo, del lavoro. Gli apparati tecnici contano più di quelli politici.

“Ci sono scienziati – ha commentato monsignor Crepaldi - che scientificamente affermano che Dio non esiste; ci sono medici che scientificamente dicono che l’embrione non è cosa umana; ci sono apparati delle Nazioni Unite che impongono in tutto il mondo l’ideologia del gender; ci sono agenzie che pianificano la lotta alla vita; e dopo la crisi economia e le tante proposte di moralizzare la tecnica finanziaria nulla o poco di tutto ciò si vede all’orizzonte”.

Per l’Arcivescovo di Trieste, “la tecnica ormai si occupa di molte cose […] ma senza sapere cosa sono”, essendo “indifferente alla loro verità e quindi incapace di suscitare alcuna carità”.

Per ritrovare il senso delle cose monsignor Crepaldi propone di riscoprire il ruolo di Dio nella storia e nello sviluppo. “Non un Dio qualunque - ha affermato - ma un Dio amico della persona, ossia un Dio che è Verità e Amore”.

“Torna alla fine la pretesa cristiana, che essendo una pretesa di verità e di amore non è una pretesa arrogante, ma di dono e gratuità”, ha concluso monsignor Crepaldi affermando che “il Vangelo è elemento fondamentale per lo sviluppo, perché in esso Cristo, rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l’uomo all’uomo”.


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