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Viaggio apostolico nella Repubblica Ceca

Ultimo Aggiornamento: 04/10/2009 19:22
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«Cristiani credenti e credibili in azione per il bene comune»

Benedetto XVI conclude la visita a Praga con un'esortazione a tutti i battezzati

Ai giovani: attenti ai paradisi illusori, la società ha bisogno di famiglie cristiane

nostro servizio

Alberto Bobbio

Praga
Nel piccolo borgo di Stara Boleslav, a una manciata di chilometri dalla capitale, Benedetto XVI si inginocchia nella cripta del Mausoleo della Nazione ceca, davanti alle reliquie del corpo di San Venceslao, il re cattolico che mille anni fa diffuse il cristianesimo, il re colto e retto che costruì chiese e dava da mangiare ai poveri.
È il santo più popolare di Boemia, ma è anche il padre di questa nazione. Qui lo chiamano «vice slavny», cioè «glorioso». Venne assassinato dal fratello Boleslao, perché aveva idee diverse circa le alleanze da stringere in politica internazionale, non credeva al dialogo diplomatico e preferiva la spada. Eppure la corona di Boemia resta intitolata a Venceslao e non al fratello omicida, segno che la sua testimonianza e il suo esempio sono conficcati da oltre mille anni nel cuore della patria ceca.

Venceslao modello di santità

Venceslao è il patrono della nazione e ieri a Praga era festa. Il Papa entra nella piccola chiesa che sorge sul luogo del martirio del Santo, meta del grande pellegrinaggio nazionale, ogni anno il 28 settembre. Ieri c'era anche Joseph Ratzinger. La spianata di Malek, lì vicino, è colma di gente, cinquantamila pellegrini venuti alla Messa del Papa in un giorno speciale, giorno del Santo che qui considerano il «principe dei cechi».
Benedetto XVI ripercorre brevemente la sua vita e poi lo indica a esempio: «È un modello di santità per tutti, specialmente per quanti guidano le sorti delle comunità dei popoli».
Ma subito domanda se la santità oggi «è ancora attuale» o piuttosto «è un tema poco attraente». Ha in mente Venceslao «il glorioso», che pensava a Dio e ai poveri, ma vede la società di oggi, dove si inseguono «il successo e la gloria degli uomini».
Chiede Benedetto XVI: «Quanto dura e quanto vale il successo terreno?». Torna sugli anni bui dei regimi comunisti e sulle rivoluzioni che li hanno fatti cadere, in tutta questa parte dell'Europa dove governavano i fedeli scudieri del potere moscovita. Sembrava, nota il Papa, che avessero raggiunto «altezze quasi irraggiungibili», uomini intoccabili, esponenti di regimi che apparivano eterni, saldi nella loro tragica passione ideologica. Ebbene, spiega il Papa, «il secolo passato ha visto cadere non pochi potenti». Finita la storia? Terminati i problemi? Ratzinger riprende il ragionamento che ha intrecciato la sua missione praghese: non basta essere contenti per la caduta di quei regimi, bisogna continuare a lavorare perché Dio ritrovi un posto nella storia di queste terre e del mondo intero.

Cristiani credenti e credibili

Osserva che «chi ha negato e continua a negare Dio, e di conseguenza non rispetta l'uomo, sembra avere vita facile e successo materiale». Ma è solo apparenza. In realtà, aggiunge il Papa, in queste persone c'è «tristezza e insoddisfazione». Invece se uno è santo, cioè se ha fiducia in Dio e nell'uomo, è in grado di «spendere l'esistenza per costruire un mondo più giusto e fraterno».
Non parla ai politici, non si rivolge ai governanti. Sarebbe il suo un ragionamento, in questo caso, politico. Ma il Vangelo, come va ripetendo dall'inizio del pontificato, non è un'ideologia, né tantomeno un programma politico. È un impegno per tutti, per ogni persona in ogni ambito della vita, è la ricerca della santità come vocazione per ogni cristiano.
Benedetto XVI ammonisce che oggi c'è bisogno di «persone che siano "credenti" e "credibili", pronte a diffondere in ogni ambito della società quei princìpi e quegli ideali cristiani ai quali si ispira la loro azione». Lo devono fare «tutti i battezzati», compiendo ognuno «il proprio dovere» con «coraggio», badando «non al proprio interesse egoistico», ma al «bene comune», cercando di testimoniare la verità di Dio. Infatti non basta essere «buoni e onesti», ma anche «coerenti» con i princìpi del Vangelo: «Buono e onesto è chi non mette se stesso davanti alla luce di Dio».

Non solo beni terreni

Poi Benedetto XVI indica anche una strada: «Non commisurare l'esistenza umana solo sui beni terreni e gli interessi passeggeri».
Lo spiega ai giovani che hanno passato la notte sul prato di Melnik, mettendoli in guardia, come ha già fatto altre volte, dagli «illusori miraggi di paradisi artificiali per ritrovarsi poi in una triste solitudine».
Ma non c'è solo la droga, che minaccia la società ceca, ma anche i legami leggeri, i divorzi che schizzano alle stelle. Dice ai ragazzi: «Considerate seriamente la chiamata divina a costituire una famiglia cristiana. La società ha bisogno di famiglie cristiane».
Vladislav Janouskovec, a nome di tutti i giovani, lo ringrazia per l'incoraggiamento a non «sprecare i grandi doni della fede». Spiega che «non è facile», ma promette al Papa che loro sapranno «cambiare la dottrina in azione». Già qualcosa hanno fatto, poco, ma dal grande significato. Vladislav tira fuori un assegno, lo consegna al Papa e spiega: «Abbiamo seguito il suo viaggio in Africa, noi che apparteniamo alla società ricca. Queste sono 289.922 corone che abbiamo raccolto tra noi per l'Africa. Ci pensi lei a farle avere ai poveri che ha incontrato durante suo viaggio».
Sono quasi 11.200 euro, colletta dei giovani cattolici del Paese più ateo d'Europa, impegno di quella «minoranza creativa» di cui Benedetto XVI aveva parlato in aereo tre giorni fa, prima di atterrare a Praga.

© Copyright Eco di Bergamo, 29 settembre 2009


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