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Viaggi pastorali in Italia

Ultimo Aggiornamento: 06/10/2012 20:47
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25/05/2009 01:57
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Il Papa per i Vespri nella Basilica dell’Abbazia di Montecassino


CASSINO, domenica, 24 maggio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'omelia pronunciata questa domenica da Benedetto XVI nel presiedere, nella Basilica dell’Abbazia di Montecassino, la celebrazione dei Vespri con la partecipazione degli abati e delle comunità di monaci e monache benedettini.

* * *

Cari fratelli e sorelle della grande Famiglia benedettina!

Quasi a conclusione dell’odierna mia visita, mi è particolarmente gradito sostare in questo luogo sacro, in questa Abbazia, quattro volte distrutta e ricostruita, l’ultima volta dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale di 65 anni fa. “Succisa virescit”: le parole del suo nuovo stemma ne indicano bene la storia. Montecassino, come secolare quercia piantata da san Benedetto, è stata “sfrondata” dalla violenza della guerra, ma è risorta più vigorosa. Più di una volta ho avuto modo anch’io di godere dell’ospitalità dei monaci, e in questa Abbazia ho trascorso momenti indimenticabili di quiete e di preghiera. Questa sera vi siamo entrati cantando le Laudes regiae per celebrare insieme i Vespri della solennità dell’Ascensione di Gesù. A ciascuno di voi esprimo la gioia di condividere questo momento di preghiera, salutandovi tutti con affetto, grato per l’accoglienza che avete riservato a me e a quanti mi accompagnano in questo pellegrinaggio apostolico.

In particolare, saluto l’Abate Dom Pietro Vittorelli, che si è fatto interprete dei vostri comuni sentimenti. Estendo il mio saluto agli Abati, alle Abbadesse e alle comunità benedettine qui presenti. Oggi la liturgia ci invita a contemplare il mistero dell’Ascensione del Signore. Nella breve lettura, tratta dalla Prima Lettera di Pietro, siamo stati esortati a fissare lo sguardo sul nostro Redentore, che è morto “una volta per sempre per i peccati” per ricondurci a Dio, alla cui destra si trova “dopo essere salito al cielo e aver ottenuto la sovranità sugli angeli, i Principati e le Potenze” (cfr 1 Pt 3, 18.22). “Elevato in alto” e reso invisibile agli occhi dei suoi discepoli, Gesù non li ha tuttavia abbandonati: infatti, “messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito” (1 Pt 3,18), Egli è ora presente in modo nuovo, interiore nei credenti, ed in Lui la salvezza è offerta ad ogni essere umano senza differenza di popolo, lingua e cultura. La Prima Lettera di Pietro contiene precisi riferimenti agli eventi cristologici fondamentali della fede cristiana. La preoccupazione dell’Apostolo è quella di porre in luce la portata universale della salvezza in Cristo. Analogo assillo troviamo in san Paolo, del quale stiamo celebrando il bimillenario della nascita, che alla comunità di Corinto scrive: “Egli (il Cristo) è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro” (2 Cor 5, 15).

Non vivere più per se stessi, ma per Cristo: ecco ciò che dà senso pieno alla vita di chi si lascia conquistare da Lui. Lo manifesta chiaramente la vicenda umana e spirituale di san Benedetto, che, abbandonato tutto, si pose alla fedele sequela di Gesù. Incarnando nella propria esistenza il Vangelo, è diventato iniziatore d’un vasto movimento di rinascita spirituale e culturale in Occidente. Vorrei qui fare cenno a un evento straordinario della sua vita, di cui riferisce il biografo san Gregorio Magno e a voi certamente ben noto. Si potrebbe quasi dire che anche il santo Patriarca fu “elevato in alto” in una indescrivibile esperienza mistica. La notte del 29 ottobre del 540, – si legge nella biografia – mentre, affacciato alla finestra, “con gli occhi fissi su delle stelle s’internava nella divina contemplazione, il santo sentiva che il cuore gli si infiammava…Per lui il firmamento stellato era come la cortina ricamata che svelava il Santo dei Santi. Ad un certo punto l’anima sua si sentì trasportata dall’altra parte del velo, per contemplare svelatamente il volto di Colui che abita entro una luce inaccessibile” (cfr A.I. Schuster, Storia di san Benedetto e dei suoi tempi, Ed. Abbazia di Viboldone, Milano, 1965, p. 11 e ss.). Di certo, analogamente a quanto avvenne per Paolo dopo il suo rapimento in cielo, anche per san Benedetto, a seguito proprio di tale straordinaria esperienza spirituale, dovette iniziare una vita nuova. Se infatti la visione fu passeggera, gli effetti rimasero, la stessa sua fisionomia – riferiscono i biografi – ne risultò modificata, il suo aspetto restò sempre sereno e il portamento angelico e, pur vivendo sulla terra, si capiva che con il cuore era già in Paradiso.

San Benedetto ricevette questo dono divino non certo per soddisfare la sua curiosità intellettuale, ma piuttosto perché il carisma di cui Iddio lo aveva dotato avesse la capacità di riprodurre nel monastero la vita stessa del cielo e ristabilirvi l’armonia del creato mediante la contemplazione e il lavoro. Giustamente, pertanto, la Chiesa lo venera come “eminente maestro di vita monastica” e “dottore di sapienza spirituale nell’amore alla preghiera e al lavoro”; “fulgida guida di popoli alla luce del Vangelo” che “innalzato al cielo per una strada luminosa” insegna agli uomini di tutti i tempi a cercare Dio e le ricchezze eterne da Lui preparate (cfr Prefazio del Santo nel supplemento monastico al MR, 1980, 153).

Sì, Benedetto fu esempio luminoso di santità e indicò ai monaci come unico grande ideale Cristo; fu maestro di civiltà che, proponendo un’equilibrata ed adeguata visione delle esigenze divine e delle finalità ultime dell’uomo, tenne sempre ben presenti anche le necessità e le ragioni del cuore, per insegnare e suscitare una fraternità autentica e costante, perché nel complesso dei rapporti sociali non si perdesse di mira un’unità di spirito capace di costruire ed alimentare sempre la pace. Non a caso è la parola Pax ad accogliere i pellegrini e i visitatori alle porte di questa Abbazia, ricostruita dopo l’immane disastro del secondo conflitto mondiale; essa si eleva come silenzioso monito a rigettare ogni forma di violenza per costruire la pace: nelle famiglie, nelle comunità, tra i popoli e nell’intera umanità. San Benedetto invita ogni persona che sale su questo Monte a cercare la pace e a seguirla: “inquire pacem et sequere eam (Ps. 33,14-15)” (Regola, Prologo, 17).

Alla sua scuola i monasteri sono diventati, nel corso dei secoli, fervidi centri di dialogo, di incontro e di benefica fusione tra genti diverse, unificate dalla cultura evangelica della pace. I monaci hanno saputo insegnare con la parola e con l’esempio l’arte della pace attuando in modo concreto i tre “vincoli” che Benedetto indica come necessari per conservare l’unità dello Spirito tra gli uomini: la Croce, che è la legge stessa di Cristo; il libro e cioè la cultura; e l’aratro, che indica il lavoro, la signoria sulla materia e sul tempo. Grazie all’attività dei monasteri, articolata nel triplice impegno quotidiano della preghiera, dello studio e del lavoro, interi popoli del continente europeo hanno conosciuto un autentico riscatto e un benefico sviluppo morale, spirituale e culturale, educandosi al senso della continuità con il passato, all’azione concreta per il bene comune, all’apertura verso Dio e la dimensione trascendente. Preghiamo perché l’Europa sappia sempre valorizzare questo patrimonio di principi e di ideali cristiani che costituisce un’immensa ricchezza culturale e spirituale.

Ciò è possibile però soltanto se si accoglie il costante insegnamento di san Benedetto, ossia il “quaerere Deum”, cercare Dio, come fondamentale impegno dell’uomo. L’essere umano non realizza appieno sé stesso, non può essere veramente felice senza Dio. Tocca in particolare a voi, cari monaci, essere esempi viventi di questa interiore e profonda relazione con Lui, attuando senza compromessi il programma che il vostro Fondatore ha sintetizzato nel “nihil amori Christi praeponere”, “nulla anteporre all’amore di Cristo” (Regola 4,21). In questo consiste la santità, proposta valida per ogni cristiano, più che mai nella nostra epoca, in cui si avverte la necessità di ancorare la vita e la storia a saldi riferimenti spirituali. Per questo, cari fratelli e sorelle, è quanto mai attuale la vostra vocazione ed è indispensabile la vostra missione di monaci.

Da questo luogo, dove riposano le sue spoglie mortali, il santo Patrono d’Europa continua ad invitare tutti a proseguire la sua opera di evangelizzazione e di promozione umana. Incoraggia in primo luogo voi, cari monaci, a restare fedeli allo spirito delle origini e ad essere interpreti autentici del suo programma di rinascita spirituale e sociale. Vi conceda questo dono il Signore, per intercessione del vostro Santo Fondatore, della sorella santa Scolastica e dei Santi e Sante dell’Ordine. E la celeste Madre del Signore, che oggi invochiamo quale “Aiuto dei cristiani”, vegli su di voi e protegga questa Abbazia e tutti i vostri monasteri, come pure la comunità diocesana che vive attorno a Montecassino. Amen!

[© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana]




Preghiera del Papa al Cimitero militare polacco di Montecassino
Per i Caduti di tutte le Guerre e di tutte le Nazioni



CASSINO, domenica, 24 maggio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo della preghiera recitata questa domenica da Benedetto XVI durante una visita privata al Cimitero militare polacco di Montecassino.

* * *

O Dio, nostro Padre,

fonte inesauribile di vita e di pace,

accogli nel tuo abbraccio misericordioso

i caduti della guerra che qui ha infuriato,

i caduti di ogni guerra che ha insanguinato la terra.

Concedi loro di godere la luce senza tramonto,

che nella fede hanno intravisto e desiderato

durante il loro pellegrinaggio terreno.

Tu, che in Gesù Cristo, tuo Figlio,

hai offerto all’umanità sofferente

la più alta testimonianza del tuo amore,

e mediante la sua Croce hai redento il mondo

dal dominio del peccato e della morte,

dona a quanti ancora soffrono

a causa di guerre fratricide

la forza della speranza invincibile,

il coraggio di quotidiane azioni di pace,

l’operosa fiducia nella civiltà dell’amore.

Effondi il tuo Spirito Santo Paraclito

sugli uomini del nostro tempo,

affinché comprendano che la pace

è più preziosa di ogni tesoro corruttibile,

e lavorino tutti insieme instancabilmente

per preparare alle nuove generazioni

un mondo dove regnino la giustizia e la pace.

Padre buono e misericordioso

fa’ di noi, tuoi figli in Cristo,

perseveranti costruttori della pace

e servitori infaticabili della vita,

dono inestimabile del tuo amore.

Amen.

[© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana]





Il Papa ai benedettini: siate testimoni dell'adesione a Cristo
Durante i Vespri nella Basilica dell’Abbazia di Montecassino



CASSINO, domenica, 24 maggio 2009 (ZENIT.org).- In un'epoca come quella attuale, i benedettini devono tornare a testimoniare visibilmente l'importanza della totale adesione a Cristo.

E' quanto ha detto questa domenica sera Benedetto XVI nel presiedere, nella Basilica dell’Abbazia di Montecassino, la celebrazione dei Vespri con la partecipazione degli abati e abadesse e delle comunità di monaci e monache benedettini.

In un breve indirizzo di saluto, l'Abate di Montecassino, dom Pietro Vittorelli, ha affermato che dalla visita del Santo Padre “i monaci di Benedetto ricevono un nuovo appello alla propria fedele testimonianza”.

Oggi più che mai, ha aggiunto, i benedettini hanno infatti bisogno di udire “l'appello a percorrere le vie di Dio” sotto la guida del Vangelo; vie spesso “tortuose” - ha ammesso -, segnate dalla “stanchezza”, dalla “precarietà” e dalle “difficoltà di una testimonianza credibile” che dominano le comunità monastiche occidentali, nonostante i “segni di vivacità e speranza” che giungono dalle comunità presenti nelle giovani Chiese.

I benedettini, ha proseguito l'Abate, sono quindi chiamati ad essere un “umile ma efficace segno della ricerca di Dio” e a farsi portatori di quel messaggio di pace lasciato in eredità da San Benedetto, che nasce come una “continua esigenza di riscatto dalla furia distruttrice che anche in questo luogo ha toccato uomini e cose”.

L’Abbazia di Montecassino, fondata da San Benedetto intorno all’anno 529, dal giorno della sua fondazione è stata distrutta e ricostruita ben 4 volte. L'ultima volta in occasione del bombardamento da parte delle truppe alleate del 15 febbraio 1944, quando venne rasa al suolo, sebbene l'Abate Gregorio Diamare e i 10 monaci rimasti ne uscirono illesi.

In quell'occasione fu un oblato benedettino, il generale tedesco Frido Von Senger und Etterlin, a far mettere in salvo quasi tutto il patrimonio culturale custodito nell'Abbazia millenaria.

Nel prendere poi la parola, il Santo Padre, dopo aver riflettuto sul mistero dell’Ascensione del Signore, di cui oggi ricorre la memoria liturgica, ha richiamato l'insegnamento offerto dalla vicenda umana e spirituale di San Benedetto.

“Non vivere più per se stessi, ma per Cristo: ecco ciò che dà senso pieno alla vita di chi si lascia conquistare da Lui”, ha detto.

“Incarnando nella propria esistenza il Vangelo, è diventato iniziatore d’un vasto movimento di rinascita spirituale e culturale in Occidente”, ha continuato il Papa.

“Alla sua scuola – ha proseguito – i monasteri sono diventati, nel corso dei secoli, fervidi centri di dialogo, di incontro e di benefica fusione tra genti diverse, unificate dalla cultura evangelica della pace”.

“Grazie all’attività dei monasteri – ha poi evidenziato –, articolata nel triplice impegno quotidiano della preghiera, dello studio e del lavoro, interi popoli del continente europeo hanno conosciuto un autentico riscatto e un benefico sviluppo morale, spirituale e culturale, educandosi al senso della continuità con il passato, all’azione concreta per il bene comune, all’apertura verso Dio e la dimensione trascendente”.

Per questo il Papa ha espresso l'auspicio affinché “l’Europa sappia sempre valorizzare questo patrimonio di principi e di ideali cristiani che costituisce un’immensa ricchezza culturale e spirituale”.

“Ciò è possibile però – ha precisato –, soltanto se si accoglie il costante insegnamento di san Benedetto, ossia il 'quaerere Deum', cercare Dio, come fondamentale impegno dell’uomo”.

“L’essere umano non realizza appieno sé stesso, non può essere veramente felice senza Dio”, ha affermato.

Da qui l'incoraggiamento rivolto ai benedettini a “essere esempi viventi di questa interiore e profonda relazione con Lui, attuando senza compromessi il programma che il vostro Fondatore ha sintetizzato nel 'nihil amori Christi praeponere', 'nulla anteporre all’amore di Cristo'”.

“In questo consiste la santità, proposta valida per ogni cristiano, più che mai nella nostra epoca, in cui si avverte la necessità di ancorare la vita e la storia a saldi riferimenti spirituali”, ha infine concluso.






Benedetto XVI: la pace è il tesoro più prezioso
Durante la visita al Cimitero militare polacco di Montecassino



CASSINO, domenica, 24 maggio 2009 (ZENIT.org).- Per suggellare la sua visita di un giorno a Montecassino, Benedetto XVI ha voluto visitare in forma privata il Cimitero militare polacco dove riposano i soldati morti nella drammatica battaglia per espugnare l’altura occupata dalle truppe tedesche, avvenuta nel maggio del 1944.

A Cassino e nei dintorni ci sono cinque sacrari dedicati ai caduti della Seconda Guerra Mondiale: inglese, francese, italiano, tedesco e polacco.

Il campo santo polacco custodisce 1.052 salme del Secondo Corpo d'Armata polacco, comprese quelle del generale Wladyslaw Anders e del cappellano arcivescovo Jozef Gawlina, morti nel 1970 e lì trasferiti per loro espresso desiderio.

Fu l'esercito comandato dal generale Anders ad aprire agli alleati la strada per la liberazione dell'Italia e la sconfitta degli invasori nazisti.

I soldati polacchi riuscirono infatti a conquistare le rovine dell’abbazia di Monte Cassino, fino ad allora roccaforte dei paracadutisti tedeschi, che da lì controllavano la linea Gustav, una barriera difensiva lunga 230 chilometri, che tagliava la penisola italiana in due, dalle foci del Garigliano ad ovest a quelle del Sangro ad est, sbarrando la strada degli alleati verso la conquista di Roma.

A qualche anno di distanza dalla fine del conflitto mondiale ai piedi del monte, dove tanto sangue fu versato, venne costruito un enorme cimitero e sulla cima venne eretto un obelisco sul quale una scritta recita: "Per la nostra e la vostra libertà noi soldati polacchi demmo l’anima a Dio, i corpi alla terra d’Italia, alla Polonia i cuori".


Al centro della piazza principale del Cimitero è stata eretta la croce “Virtuti Militari” di 16 metri con il lumino sempre acceso.

La visita del Papa tedesco, dall'alto valore simbolico, cade nel periodo in cui si celebra il 65.mo anniversario della battaglia di Montecassino.

Durante la cerimonia, dopo aver acceso una lampada votiva, Benedetto XVI ha recitato una preghiera in cui ha chiesto a Dio di donare “il coraggio di quotidiane azioni di pace” e “l’operosa fiducia nella civiltà dell’amore” a coloro che “ancora soffrono a causa di guerre fratricide”.

Il Pontefice ha infine invocato l'aiuto di Dio, affinché gli uomini possano comprendere che “la pace è più preziosa di ogni tesoro corruttibile, e lavorino tutti insieme instancabilmente per preparare alle nuove generazioni un mondo dove regnino la giustizia e la pace”.







Il Papa visita la Casa della Carità di Cassino
Un progetto di solidarietà nato nel vecchio ospedale “Gemma De Posis”



CASSINO, domenica, 24 maggio 2009 (ZENIT.org).- Questa domenica, dopo la Messa all'aperto presso il Campo Miranda, Benedetto XVI si è recato per una breve visita alla Casa della Carità di Cassino, sorta in alcuni fabbricati del grande complesso ospedaliero “Gemma De Posis”.

La struttura, voluta dall’Abbazia di Montecassino e finanziata della Regione Lazio, servirà ad accogliere persone bisognose di aiuto, poveri e immigrati, ma anche ragazze madri senza casa.

La Casa della Carità, gestita dalla diocesi di Montecassino attraverso una rete di associazioni di volontariato, dispone di un centro ascolto, una cucina, una mensa e una dispensa, oltre a due dormitori per 13 posti letto, un ambulatorio, docce, lavanderia e guardaroba.

Salutato dall’on. Pietro Marrazzo, Presidente della Regione Lazio, e dal dr. Bruno Scittarelli, Sindaco di Cassino, il Pontefice ha scoperto la targa a ricordo dell’evento, ed ha poi benedetto e inaugurato la struttura ricevendo un omaggio floreale di alcuni ospiti.

Ai microfoni della Radio Vaticana, il coordinatore della Casa della Carità, don Giovanni Coppola, ha detto che “venendo il Papa, ci siamo pregiati di darci da fare, perché la presenza del Papa è per noi un impegno ulteriore a portare a termine questo grosso impegno; sono cose che bisogna fare, perché di gente che ha bisogno ce n’è tanta in giro”.

“San Benedetto si rivolgeva agli umili, si rivolgeva alla gente povera, civilizzando l’Europa con l’amore – ha aggiunto –. Noi, siamo sotto l’ombra di San Benedetto, per cui dipendiamo da lui e siamo impregnati di spirito benedettino, quindi spirito caritatevole”.







Il Papa a Cassino: “la cultura europea è stata la ricerca di Dio”
Invita a costruire una “nuova umanità” improntata all’accoglienza

di Mirko Testa

ROMA, domenica, 24 maggio 2009 (ZENIT.org).- Ciò che si avverte oggi è la necessità di far fiorire un nuovo umanesimo aperto alla ricerca di Dio e attento agli ultimi e ai più bisognosi: è questo in sintesi il messaggio lanciato da Benedetto XVI da Cassino nella Messa da lui presieduta davanti ad almeno ventimila fedeli.

Una visita di un solo giorno nella terra di San Benedetto, per la sua quattordicesima meta italiana, quella scelta dal Papa che mancava da Montecassino dal febbraio del 2000, quando vi trascorse 5 giorni e che in tutto da Cardinale ha visitato questi luoghi per ben quattro volte.

Dopo 29 anni un Vicario di Cristo ha rimesso piede in questa città martoriata dai bombardamenti durante il secondo conflitto mondiale, dopo la visita di Giovanni Paolo II, avvenuta il 20 settembre del 1980.

Primo appuntamento, la grande Messa all'aperto in piazza Miranda, a Cassino, che da oggi, per decisione del Consiglio Comunale, prende il nome di piazza Benedetto XVI.

Il palco, allestito per la Messa, era addobbato con oggetti liturgici provenienti dall'Abbazia di Montecassino. In particolare, erano presenti una immagine dell'Assunta, davanti alla quale il Papa si è soffermato per un breve momento in preghiera, e una statua di San Benedetto intagliata in legno di pero e risalente al XIV sec.

Il baldacchino e il trono su cui si è seduto il Pontefice, risalenti al 1700 e realizzati dalle monache di Aversa, erano stati utilizzati anche da Paolo VI durante la solenne celebrazione, del 24 ottobre 1964, in cui consacrò la Basilica di Montecassino proclamando San Benedetto patrono primario dell'Europa.

A fare gli onori di casa ci ha pensato il Sindaco di Cassino, Bruno Scittarelli, che ha offerto in dono al Papa una Croce astile romana d'argento del 1633, ricordando che “questa città martire porta ancora le ferite inferte dalla Seconda Guerra Mondiale”, sebbene i suoi figli “con forte slancio, grande coraggio, determinazione e generosità hanno saputo reagire negli anni e rinascere dalla ceneri”.

Quindi, è stata la volta dell'Abate di Montecassino, dom Pietro Vittorelli, che ha accolto con emozione la visita del Papa in questa “terra che ha fatto della pace il suo orgoglio”.

Dom Vittorelli ha quindi evidenziato il contributo di San Benedetto alla civiltà europea “riassunto nei verbi costruire, fondare, riunificare, in un'epoca di decadenza e di disordine”, capaci di ricreare “realtà comunitarie che vissero valori nuovi e vitali, costruiti sulla parola di Cristo”.

Nella sua omelia, il Papa ha quindi posto l’accento sull’attualità della tradizione monastica benedettina, sottolineando l'importanza dell’appello di San Benedetto a “mantenere il cuore fisso su Cristo”, “a nulla anteporre a Lui”.

“Nella vostra Abbazia – ha ricordato – si tocca con mano il ‘quaerere Deum’, il fatto cioè che la cultura europea è stata la ricerca di Dio e la disponibilità al suo ascolto. E questo vale anche nel nostro tempo”.

Ora et labora et lege, “la preghiera, il lavoro e la cultura”, questo motto, ha spiegato il Pontefice, sintetizza bene il programma evangelico proposto dalla spiritualità benedettina.

Il Papa si è quindi soffermato su questi tre pilastri indicati da San Benedetto, indicando nella preghiera “la più bella eredità lasciata” dal fondatore dell’Ordine benedettino.

“Elevando lo sguardo da ogni paese e contrada della diocesi – ha detto –, potete ammirare quel richiamo costante al cielo che è il monastero di Montecassino, al quale salite ogni anno in processione alla vigilia di Pentecoste”.

“La preghiera, a cui ogni mattina la campana di san Benedetto con i suoi gravi rintocchi invita i monaci, è il sentiero silenzioso che ci conduce direttamente nel cuore di Dio; è il respiro dell’anima che ci ridona pace nelle tempeste della vita”, ha continuato.

In particolare, “alla scuola di San Benedetto, i monaci hanno sempre coltivato un amore speciale per la Parola di Dio nella lectio divina, diventata oggi patrimonio comune di molti”.

Di qui l’invito ai fedeli affinché l’ascolto della Parola di Dio possa renderli “profeti di verità e di amore in un corale impegno di evangelizzazione e di promozione umana”.

Successivamente, il Papa ha sottolineato come questa comunità continui ancora oggi ad essere “erede e depositaria della missione, impregnata dello spirito di san Benedetto, di proclamare che nella nostra vita nessuno e nulla devono togliere a Gesù il primo posto; la missione di costruire, nel nome di Cristo, una nuova umanità all’insegna dell’accoglienza e dell’aiuto ai più deboli”.

Più tardi, al termine della Messa, nel discorso introduttivo alla preghiera del Regina Caeli, il Papa ha ricordato il suo recente viaggio in Terra Santa dove si è fatto “pellegrino di pace” ed ha ribadito che “la pace è in primo luogo dono di Dio e dunque la sua forza sta nella preghiera”.

Tuttavia, ha precisato, è un “dono affidato all’impegno umano”, che attinge la propria linfa dalla preghiera, e pertanto è “fondamentale coltivare un’autentica vita di preghiera per assicurare il progresso sociale nella pace”.

“Ancora una volta – ha aggiunto – la storia del monachesimo ci insegna che una grande crescita di civiltà si prepara nel quotidiano ascolto della Parola di Dio, che spinge i credenti ad un sforzo personale e comunitario di lotta contro ogni forma di egoismo e di ingiustizia”.

Per diventare “autentici costruttori di pace”, ha avvertito infine, bisogna imparare “a combattere e vincere il male dentro di sé e nelle relazioni con gli altri”.

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