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Viaggi pastorali in Italia

Ultimo Aggiornamento: 06/10/2012 20:47
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06/09/2009 08:46
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Il Papa a Viterbo accolto da Letta

Sarà il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, in rappresentanza del governo, ad accogliere oggi Papa Benedetto XVI a Viterbo e ad accompagnarlo durante la sua sedicesima visita ufficiale in Italia.
Spetta di nuovo a lui, l’instancabile tessitore dei rapporti con il Vaticano, il compito di rasserenare il clima, dopo lo scontro di questi giorni sul caso Boffo-«Avvenire».
Letta aveva anche dovuto sostituire all’ultimo momento il premier durante la festa della Perdonanza all’Aquila e l’incontro con il segretario di Stato vaticano, cardinal Tarcisio Bertone, lo scorso 28 agosto, il giorno dell’inchiesta del «Giornale» sul direttore del quotidiano della Cei.
Una scelta, quella di Berlusconi, che però secondo il direttore dell’«Osservatore romano» Giovanni Maria Vian, sarebbe stata «concordata».
Nel programma della visita a Viterbo non è previsto nessun colloquio privato tra il Papa e Letta, ma non è escluso che i rapporti tra governo e Santa Sede saranno oggetto di discussione. Benedetto XVI giungerà a Viterbo alle 9 e dopo aver attraversato la città arriverà in Valle Faul, dove celebrerà la messa e l’Angelus. Nel pomeriggio pregherà nel santuario della Madonna della Quercia e poi si trasferirà per una breve visita nella vicina Bagnoregio, prima di rientrare a Roma.

© Copyright Il Giornale, 6 settembre 2009


Papa Ratzi Superstar









"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
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La visita del Papa alla diocesi di Viterbo

Da Agostino a Bonaventura

Il desiderio di visitare Viterbo e Bagnoregio - è il sedicesimo incontro con una diocesi italiana - Benedetto XVI l'ha portato sempre con sé. Per via di san Bonaventura, il Dottore serafico, figura capitale nella sua formazione culturale.
Quando nel 2007 Papa Ratzinger si inginocchiò a Pavia ai piedi delle spoglie mortali di sant'Agostino, un altro dei suoi fari nel personale itinerario teologico, era facile prevedere che, presto o tardi, sarebbe andato a visitare Bagnoregio, patria di Bonaventura, eminente seguace di Agostino.
Il grande Padre africano, il teologo francescano e Tommaso d'Aquino formano tre direttori di orchestra che interpretano con diversa sensibilità la stessa sinfonia.
Sommi maestri che hanno cercato di capire il rapporto tra fede e ragione, tra fede e storia; in altri termini, quale rapporto ci possa essere tra Dio e l'uomo, tra la realtà invisibile e quella visibile e come cambi il senso della vita personale e sociale aprendo la propria anima e il proprio intelletto alla contemplazione di Dio.
La filosofia - scriveva san Bonaventura - è una via per arrivare alle altre scienze, ma chi si vuole fermare cade nelle tenebre. Andare oltre la conoscenza di ragione aprendosi, almeno come interrogativo plausibile, alla conoscenza della fede ha rappresentato un filo costante nella riflessione dei Padri della Chiesa. E per san Bonaventura Cristo rimane la via di tutte le scienze.
Sprazzi di vita di Joseph Ratzinger, prima che diventasse Papa, aiutano a capire la genesi lontana dell'odierna visita pastorale a Viterbo e Bagnoregio.
Il 13 novembre 2000 il cardinale Ratzinger si presentò alla Pontificia Accademia delle scienze di cui era divenuto membro, richiamando brevemente la sua formazione teologica, determinata dal movimento biblico, liturgico ed ecumenico. E mise a fuoco due figure eminenti, Agostino e Bonaventura, sulle quali si era concentrato negli studi prima della "meravigliosa opportunità di presenziare al concilio Vaticano ii come esperto".
Un tempo "molto gratificante della mia vita - ricordava Ratzinger - nel quale mi fu possibile essere parte di tale riunione, non solo tra vescovi e teologi, ma anche tra continenti, culture diverse e distinte scuole di pensiero e di spiritualità nella Chiesa".
È sotto gli occhi di tutti come i temi cari ai Padri della Chiesa siano quelli prediletti dal magistero ordinario di Benedetto XVI e come egli, proprio passando attraverso la scuola del concilio, sappia dare eco al linguaggio patristico rivitalizzandolo nel mondo globalizzato e ipertecnico di oggi.
Una direzione di marcia che, dal primo incontro con Agostino e Bonaventura, ha poi sempre mantenuto. Non arroccandosi, ma dialogando con le scienze moderne, convinto che la ricerca della verità senza pregiudizi porti a una maggiore comprensione umana e a un'apertura alla trascendenza.
Sulla scia dei Padri, Benedetto XVI non tiene per sé l'elaborazione teologica e l'esperienza cristiana conseguente, ma le condivide con i fedeli e anche con quanti semplicemente si interrogano sul senso del vivere e del morire, amare e sperare. Il vescovo di Viterbo, Lorenzo Chiarinelli, ha invitato il Papa in una città - che in tempi ormai remoti fu sede pontificia - per confermare la Chiesa diocesana nella fede. E questo significa dare più spazio nella vita quotidiana allo Spirito, leggere la storia con gli occhi di Dio, cominciando cioè dalla fine, quando tutte le cose si ritroveranno purificate e pacificate.
La sensibilità del Papa per la spiritualità - vista come primario impegno della Chiesa, concretata nell'anno di riflessione sulla Parola di Dio nell'anniversario paolino e, ora, con un anno sacerdotale per tornare alle radici del ministero pastorale - non è un'espressione di timore della vita che ferve nella città secolare, ma mostra la sua convinzione che solo una vita animata dalle ragioni e dall'esperienza della fede cristiana possa dare credibilità alla Chiesa e alla sua predicazione su Dio. Di Lui non si può fare a meno perché egli è più intimo a noi di quanto non lo siamo a noi stessi. Difficile, pure volendo, accantonarlo e isolarlo, dal momento che Dio non è avversario dell'uomo. Come insegna Bonaventura e come ripete in molti modi Benedetto XVI.

c. d. c.

(©L'Osservatore Romano - 6 settembre 2009)


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"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
06/09/2009 16:21
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VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI A VITERBO E BAGNOREGIO (6 SETTEMBRE 2009) - I


Alle ore 8.30 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI parte in elicottero dall’eliporto delle Ville Pontificie di Castel Gandolfo per la Visita Pastorale a Viterbo e Bagnoregio.
All’atterraggio nel campo sportivo "Rocchi" di Viterbo il Papa è accolto dal Vescovo S.E. Mons. Lorenzo Chiarinelli e dall’On. Gianni Letta, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Rappresentante del Governo Italiano, insieme alle altre Autorità politiche, civili ed ecclesiastiche.
Subito dopo raggiunge in auto Piazza San Lorenzo e davanti la Cattedrale benedice le nuove porte di bronzo, opera dell’artista Roberto Ioppolo.
Alle 9.30, sulla Loggia del Palazzo dei Papi, Benedetto XVI riceve i saluti di benvenuto del Sindaco, On. Giulio Marini, e del Vescovo, S.E. Mons. Lorenzo Chiarinelli. Quindi compie una breve visita alla "Sala del Conclave" del Palazzo, sede - dal dicembre 1268 al settembre 1271 - del lungo Conclave nel quale venne eletto Papa Gregorio X.



CELEBRAZIONE EUCARISTICA SULLA SPIANATA DI VALLE FAUL A VITERBO

Lasciato il Palazzo dei Papi, il Santo Padre Benedetto XVI raggiunge in auto la spianata di Valle Faul, dove alle 10.15 presiede la Celebrazione eucaristica.
Nel corso della Santa Messa, dopo la proclamazione del Santo Vangelo, il Papa tiene la seguente omelia:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

Davvero inedito e suggestivo è lo scenario nel quale celebriamo la Santa Messa: ci troviamo nella "Valle" prospiciente l’antica Porta denominata FAUL, che con le sue quattro lettere richiama i quattro colli dell’antica Viterbium, e cioè Fanum-Arbanum-Vetulonia-Longula. Da un lato, si erge imponente il Palazzo, un tempo residenza dei Papi, che – come ha ricordato il vostro Vescovo - nel sec. XIII ha visto ben 5 conclavi; intorno ci circondano edifici e spazi, testimoni di molteplici vicende del passato, ed oggi tessuto di vita della vostra Città e Provincia. In questo contesto, che rievoca secoli di storia civile e religiosa, si trova ora idealmente raccolta, con il Successore di Pietro, l’intera vostra Comunità diocesana, per essere da lui confermata nella fedeltà a Cristo e al suo Vangelo.

A voi tutti, cari fratelli e sorelle, rivolgo con affetto il mio grato pensiero per la calorosa accoglienza riservatami. Saluto in primo luogo il vostro amato Pastore, Mons. Lorenzo Chiarinelli, che ringrazio per le parole di benvenuto. Saluto gli altri Vescovi, in particolare quelli del Lazio con il Cardinale Vicario di Roma, i cari sacerdoti diocesani, i diaconi, i seminaristi, i religiosi e le religiose, i giovani e i bambini, ed estendo il mio ricordo a tutte le componenti della Diocesi, che nel recente passato, ha visto unirsi a Viterbo, con l’abbazia di San Martino al Monte Cimino, le diocesi di Acquapendente, Bagnoregio, Montefiascone e Tuscania. Questa nuova configurazione è ora artisticamente scolpita nelle "Porte di bronzo" della Chiesa Cattedrale che, iniziando questa mia visita da Piazza San Lorenzo, ho potuto benedire e ammirare. Con deferenza mi rivolgo alle Autorità civili e militari, ai rappresentanti del Parlamento, del Governo, della Regione e della Provincia, ed in modo speciale al Sindaco della Città, che si è fatto interprete dei cordiali sentimenti della popolazione viterbese. Ringrazio le Forze dell’ordine e saluto i numerosi militari presenti in questa Città, come pure quelli impegnati nelle missioni di pace nel mondo. Saluto e ringrazio i volontari e quanti hanno dato il loro contributo alla realizzazione della mia visita. Riservo un saluto tutto particolare agli anziani e alle persone sole, ai malati, ai carcerati e a quanti non hanno potuto prendere parte a questo nostro incontro di preghiera e di amicizia.

Cari fratelli e sorelle, ogni assemblea liturgica è spazio della presenza di Dio. Riuniti per la Santa Eucaristia, i discepoli del Signore proclamano che Egli è risorto, è vivo e datore di vita, e testimoniano che la sua presenza è grazia, è compito, è gioia. Apriamo il cuore alla sua parola ed accogliamo il dono della sua presenza! Nella prima lettura, il profeta Isaia (35,4-7) incoraggia gli "smarriti di cuore" e annuncia questa stupenda novità, che l’esperienza conferma: quando il Signore è presente si riaprono gli occhi del cieco, si schiudono gli orecchi del sordo, lo zoppo "salta" come un cervo. Tutto rinasce e tutto rivive perché acque benefiche irrigano il deserto. Il "deserto", nel suo linguaggio simbolico, può evocare gli eventi drammatici, le situazioni difficili e la solitudine che segna non raramente la vita; il deserto più profondo è il cuore umano, quando perde la capacità di ascoltare, di parlare, di comunicare con Dio e con gli altri. Si diventa allora ciechi perché incapaci di vedere la realtà; si chiudono gli orecchi per non ascoltare il grido di chi implora aiuto; si indurisce il cuore nell’indifferenza e nell’egoismo. Ma ora – annuncia il Profeta – tutto è destinato a cambiare; questa "terra arida" di un cuore chiuso sarà irrigata da una nuova linfa divina. E quando il Signore viene, agli smarriti di cuore di ogni epoca dice con autorità: "Coraggio, non temete"! ( v. 4)

Si aggancia qui perfettamente l’episodio evangelico, narrato da san Marco (7,31-37): Gesù guarisce in terra pagana un sordomuto. Prima lo accoglie e si prende cura di lui con il linguaggio dei gesti, più immediati delle parole; e poi con un’espressione in lingua aramaica gli dice: "Effatà", cioè "apriti", ridonando a quell’uomo udito e lingua. Piena di stupore, la folla esclama: "Ha fatto bene ogni cosa!" (v. 37). Possiamo vedere in questo "segno" l’ardente desiderio di Gesù di vincere nell’uomo la solitudine e l’incomunicabilità create dall’egoismo, per dare volto ad una "nuova umanità", l’umanità dell’ascolto e della parola, del dialogo, della comunicazione, della comunione con Dio. Una umanità "buona", come buona è tutta la creazione di Dio; una umanità senza discriminazioni, senza esclusioni – come ammonisce l’apostolo Giacomo nella sua Lettera (2,1-5) – così che il mondo sia veramente e per tutti "campo di genuina fraternità" (Gaudium et spes, 37), nell’apertura dell’amore per il Padre comune che ci ha creato e ci ha fatto suoi figli e sue figlie.

Cara Chiesa di Viterbo, il Cristo, che nel Vangelo vediamo aprire gli orecchi e sciogliere il nodo della lingua al sordomuto, dischiuda il tuo cuore, e ti dia sempre la gioia dell’ascolto della sua Parola, il coraggio dell’annuncio del Suo Vangelo, la capacità di parlare con Dio e di parlare così con i tuoi fratelli e sorelle, e finalmente il coraggio della scoperta del suo Volto e della sua Bellezza! Ma, perché questo possa avvenire – ricorda San Bonaventura da Bagnoregio, dove mi recherò questo pomeriggio – la mente deve "andare al di là di tutto con la contemplazione e andare al di là non solo del mondo sensibile, ma anche al di là di se stessa" (Itinerarium mentis in Deum VII,1). E’ questo l’itinerario di salvezza, illuminato dalla luce della Parola di Dio e nutrito dai sacramenti, che accomuna tutti i cristiani.

Di questo cammino che anche tu, amata Chiesa che vive in questa terra sei chiamata a percorrere, vorrei ora riprendere alcune linee spirituali e pastorali. Una priorità che tanto sta a cuore al tuo Vescovo, è l’educazione alla fede, come ricerca, come iniziazione cristiana, come vita in Cristo. È il "diventare cristiani" che consiste in quell’ "imparare Cristo" che san Paolo esprime con la formula: "Non vivo più io, ma Cristo vive in me" (Gal 2,20). In questa esperienza sono coinvolte le parrocchie, le famiglie e le varie realtà associative. Sono chiamati ad impegnarsi i catechisti e tutti gli educatori; è chiamata ad offrire il proprio apporto la scuola, dalle primarie all’Università della Tuscia, sempre più importante e prestigiosa, ed, in particolare, la scuola cattolica, con l’Istituto filosofico-teologico "San Pietro". Ci sono modelli sempre attuali, autentici pionieri dell’educazione alla fede a cui ispirarsi. Mi piace menzionare, tra gli altri, santa Rosa Venerini (1656-1728) – che ho avuto la gioia di canonizzare tre anni or sono – vera antesignana delle scuole femminili in Italia, proprio "nel secolo dei Lumi"; santa Lucia Filippini (1672-1732) che, con l’aiuto del Venerabile Cardinale Marco Antonio Barbarigo (1640-1706), ha fondato le benemerite "Maestre Pie". Da queste sorgenti spirituali si potrà felicemente attingere ancora per affrontare, con lucidità e coerenza, l’attuale, ineludibile e prioritaria, "emergenza educativa", grande sfida per ogni comunità cristiana e per l’intera società che è proprio un processo di "Effatà", di aprire gli orecchi, il nodo della lingua e anche gli occhi.

Insieme all’educazione, la testimonianza della fede. "La fede – scrive san Paolo – si rende operosa per mezzo della carità" (Gal 5,6). È in questa prospettiva che prende volto l’azione caritativa della Chiesa: le sue iniziative, le sue opere sono segni della fede e dell’amore di Dio, che è Amore – come ho ricordato ampiamente nelle Encicliche Deus caritas est e Caritas in veritate. Qui fiorisce e va sempre più incrementata la presenza del volontariato, sia sul piano personale, sia su quello associativo, che trova nella Caritas il suo organismo propulsore ed educativo. La giovane santa Rosa (1233-1251), co-patrona della Diocesi e la cui festa cade proprio in questi giorni, è fulgido esempio di fede e di generosità verso i poveri. Come non ricordare inoltre che santa Giacinta Marescotti (1585-1640) promosse in città l’adorazione eucaristica dal suo Monastero, e dette vita a istituzioni ed iniziative per i carcerati e gli emarginati? Né possiamo dimenticare la francescana testimonianza di san Crispino, cappuccino (1668-1759), che tuttora ispira benemerite presenze assistenziali. E’ significativo che in questo clima di fervore evangelico siano nate molte case di vita consacrata, maschili e femminili, ed in particolare monasteri di clausura, che costituiscono un visibile richiamo al primato di Dio nella nostra esistenza e ci ricordano che la prima forma di carità è proprio la preghiera. Emblematico al riguardo, l’esempio della beata Gabriella Sagheddu (1914-1939), trappista: nel monastero di Vitorchiano, dove è sepolta, continua ad essere proposto quell’ecumenismo spirituale, alimentato da incessante preghiera, vivamente sollecitato dal Concilio Vaticano II (cfr Unitatis redintegratio, 8). Ricordo anche il viterbese beato Domenico Bàrberi (1792-1849), passionista, che nel 1845 accolse nella Chiesa cattolica John Henry Newman, divenuto poi Cardinale, figura di alto profilo intellettuale e di luminosa spiritualità.

Vorrei infine accennare ad una terza linea del vostro piano pastorale: l’attenzione ai segni di Dio. Come ha fatto Gesù con il sordomuto, allo stesso modo Dio continua a rivelarci il suo progetto mediante "eventi e parole". Ascoltare la sua parola e discernere i suoi segni deve essere pertanto l’impegno di ogni cristiano e di ciascuna comunità. Il più immediato dei segni di Dio è certamente l’attenzione al prossimo, secondo quanto Gesù ha detto: "Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me" (Mt 25,40). Inoltre, come afferma il Concilio Vaticano II, il cristiano è chiamato ad essere "davanti al mondo un testimone della risurrezione e della vita del Signore Gesù e un segno del Dio vivo" (Lumen gentium, 38). Deve esserlo in primo luogo il sacerdote che Cristo ha scelto tutto per sé. Durante questo Anno Sacerdotale, pregate con maggiore intensità per i sacerdoti, per i seminaristi e per le vocazioni, perché siano fedeli a questa loro vocazione! Segno del Dio vivo deve esserlo, altresì, ogni persona consacrata e ogni battezzato.

Fedeli laici, giovani e famiglie, non abbiate paura di vivere e testimoniare la fede nei vari ambiti della società, nelle molteplici situazioni dell’esistenza umana! Viterbo ha espresso anche al riguardo figure prestigiose. In questa occasione è dovere e gioia far memoria del giovane Mario Fani di Viterbo, iniziatore del "Circolo Santa Rosa", che accese, insieme a Giovanni Acquaderni, di Bologna, quella prima luce che sarebbe poi diventata l’esperienza storica del laicato in Italia: l’Azione Cattolica. Si succedono le stagioni della storia, cambiano i contesti sociali, ma non muta e non passa di moda la vocazione dei cristiani a vivere il Vangelo in solidarietà con la famiglia umana, al passo con i tempi. Ecco l’impegno sociale, ecco il servizio proprio dell’azione politica, ecco lo sviluppo umano integrale.

Cari fratelli e sorelle! Quando il cuore si smarrisce nel deserto della vita, non abbiate paura, affidatevi a Cristo, il primogenito dell’umanità nuova: una famiglia di fratelli costruita nella libertà e nella giustizia, nella verità e nella carità dei figli di Dio. Di questa grande famiglia fanno parte Santi a voi cari: Lorenzo, Valentino, Ilario, Rosa, Lucia, Bonaventura e molti altri. Nostra comune Madre è Maria che venerate, col titolo di Madonna della Quercia, quale Patrona dell’intera Diocesi nella sua nuova configurazione. Siano essi a custodirvi sempre uniti e ad alimentare in ciascuno il desiderio di proclamare, con le parole e con le opere, la presenza e l’amore di Cristo! Amen.





VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI A VITERBO E BAGNOREGIO (6 SETTEMBRE 2009) - II


Al termine della Santa Messa celebrata sulla spianata di Valle Faul a Viterbo, il Papa guida la recita dell’Angelus. Queste le parole del Santo Padre nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Al termine di questa solenne Celebrazione eucaristica, ringrazio ancora una volta il Signore per avermi dato la gioia di compiere questa visita pastorale alla vostra comunità diocesana. Sono venuto tra voi per incoraggiarvi e per confermarvi nella fedeltà a Cristo, come ben indica anche il tema che avete scelto: "Conferma i tuoi fratelli" (Lc 22,31). Queste parole Gesù le ha rivolte all’apostolo Pietro durante l’Ultima Cena, affidandogli il compito di essere qui in terra Pastore di tutta la sua Chiesa.

Da molti secoli la vostra Diocesi si contraddistingue per un singolare vincolo di affetto e di comunione con il Successore di Pietro. Ho potuto rendermene conto visitando il Palazzo dei Papi e, in particolare, la sala del "Conclave". Nel vasto territorio dell’antica Tuscia nacque san Leone Magno, che rese un grande servizio alla verità nella carità, attraverso un assiduo esercizio della parola, testimoniato dai suoi Sermoni e dalle sue Lettere. A Blera ebbe i natali il Papa Sabiniano, successore di san Gregorio Magno; a Canino nacque Paolo III. Viterbo fu scelta per tutta la seconda parte del XIII secolo quale residenza dei Pontefici Romani; qui furono eletti cinque miei predecessori, e quattro di essi vi sono sepolti; ben cinquanta l’hanno visitata – ultimo il Servo di Dio Giovanni Paolo II, 25 anni or sono. Queste cifre rivestono un significato storico, ma di esse, in questo momento, vorrei accentuare soprattutto il valore spirituale. Viterbo viene giustamente chiamata "Città dei Papi", e questo costituisce per voi uno stimolo ulteriore a vivere e testimoniare la fede cristiana, la stessa fede per la quale hanno dato la vita i santi martiri Valentino e Ilario, custoditi nella Chiesa Cattedrale, primi di una lunga scia di Santi, Martiri e Beati della vostra terra.

"Conferma i tuoi fratelli": quest’invito del Signore l’avverto oggi indirizzato a me con una intensità singolare. Pregate, cari fratelli e sorelle, perché possa svolgere sempre con fedeltà e amore la missione di Pastore di tutto il gregge di Cristo (cfr Gv 21,15 ss). Da parte mia, assicuro un costante ricordo al Signore per la vostra comunità diocesana, perché le diverse sue articolazioni – di cui ho potuto ammirare una simbolica rappresentazione nelle nuove porte del Duomo - tendano ad una sempre più piena unità e fraterna comunione, condizioni indispensabili per offrire al mondo un’efficace testimonianza evangelica. Affiderò queste intenzioni nel pomeriggio alla Vergine Maria, visitando il Santuario della Madonna della Quercia. Ora, con la preghiera che ricorda il suo "sì" all’annuncio dell’Angelo, Le chiediamo di mantenere la nostra fede sempre forte e gioiosa.

Angelus Domini…


DOPO L’ANGELUS

Desidero ora inviare un cordiale saluto ai partecipanti al Congresso Internazionale "Uomini e Religioni", che si tiene a Cracovia sul tema: "Fedi e culture in dialogo". Numerose personalità e rappresentanti di varie Religioni – invitati dall’Arcidiocesi di Cracovia e dalla Comunità di Sant’Egidio – sono riuniti per riflettere e pregare in favore della pace, a 70 anni dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Non possiamo non ricordare i drammatici fatti che diedero inizio ad uno dei più terribili conflitti della storia, che ha causato decine di milioni di morti e ha provocato tante sofferenze all’amato popolo polacco; un conflitto che ha visto la tragedia dell’Olocausto e lo sterminio di altre schiere di innocenti. La memoria di questi eventi ci spinga a pregare per le vittime e per coloro che ancora ne portano ferite nel corpo e nel cuore; sia inoltre monito per tutti a non ripetere tali barbarie e ad intensificare gli sforzi per costruire nel nostro tempo, segnato ancora da conflitti e contrapposizioni, una pace duratura, trasmettendo, soprattutto alle nuove generazioni, una cultura e uno stile di vita improntati all’amore, alla solidarietà e alla stima per l’altro. In questa prospettiva, è particolarmente importante l’apporto che le Religioni possono e devono dare nel promuovere il perdono e la riconciliazione contro la violenza, il razzismo, il totalitarismo e l’estremismo che deturpano l’immagine del Creatore nell’uomo, cancellano l’orizzonte di Dio e, di conseguenza, conducono al disprezzo dell’uomo stesso. Il Signore ci aiuti a costruire la pace, partendo dall’amore e dalla comprensione reciproca (cfr Caritas in veritate, 72).



VISITA AL SANTUARIO DI SANTA ROSA A VITERBO

Conclusa la Celebrazione Eucaristica, il Santo Padre si trasferisce in auto al Santuario della Madonna della Quercia a Viterbo, per il pranzo e una sosta di riposo nella "Domus La Quercia".

Lungo il tragitto, compie una sosta al Santuario di Santa Rosa, Patrona di Viterbo, per la venerazione delle reliquie. Nella Piazza antistante il Santuario sono presenti i "Facchini di Santa Rosa", che mostrano al Papa l’artistica "Macchina di Santa Rosa", trasportata per le vie della città ogni anno nella sera del 3 settembre.




Migliaia di persone a Viterbo per la Messa presieduta da Benedetto XVI, nel pomeriggio la visita del Papa a Bagnoregio


Circa quindicimila i fedeli che hanno partecipato alla celebrazione eucaristica presieduta da Benedetto XVI nel suggestivo scenario della valle Faul a Viterbo, dove il Papa è giunto, per la sua sedicesima visita pastorale in Italia. Arrivato in elicottero intorno alle 9, è stato accolto dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, con il quale si è poi intrattenuto per pochi minuti al termine della Messa. Dopo aver attraversato la città in papamobile ha benedetto le nuove porte del Duomo e ha visitato con il vescovo mons. Lorenzo Chiarinelli la sala del Conclave nel palazzo dei Papi. Dopo la Santa Messa e la recita dell’Angelus, il Papa ha sostato presso il Santuario di Santa Rosa, per venerare il corpo incorrotto qui custodito. Uscendo il Santo Padre ha potuto ammirare la Macchina di Santa Rosa e salutare i "facchini" che l’hanno fin qui trasportata nelgiorno della festa della Patrona della città. Per la cronaca l’inviata a Viterbo Antonella Palermo:

La Chiesa di ieri e quella di oggi. Le rivalità che segnarono “il lungo e travagliato Conclave” del 1271 e il desiderio attuale dell’intera Tuscia di ritemprare la propria fede. Così il vescovo di Viterbo Lorenzo Chiarinelli ha presentato stamani a Benedetto XVI, nella magnifica Loggia del Palazzo papale, una terra che accoglie il Santo Padre “tra tribolazioni e grazie”. Terra che - come ha espresso il sindaco Giulio Marini nel saluto di benvenuto - non sfugge ai segni dell’inquietudine contemporanea, alla domanda di certezze e stabilità per il futuro, soprattutto dei giovani. Il Papa . appena giunto nella città ancora addobbata a festa per la patrona Santa Rosa - ha benedetto le nuove porte bronzee della cattedrale, “porte della Luce”, opera del maestro Roberto Joppolo, rappresentazione simbolica della nuova configurazione della diocesi dopo l’unificazione del 1986. Nell’omelia, chiaro fin da subito è stato il messaggio del Papa: “Coraggio non temete!”, riprendendo i profeta Isaia della prima lettura. Il Pontefice ha poi messo in guardia sui rischi di solitudine e incomunicabilità creati dall’egoismo e ha levato la sua preghiera.

“Cara Chiesa di Viterbo, il Cristo, che nel Vangelo vediamo aprire gli orecchi e sciogliere il nodo della lingua al sordomuto, dischiuda il tuo cuore, e ti dia sempre la gioia dell’ascolto della sua Parola, il coraggio dell’annuncio del Vangelo e la scoperta del suo Volto e della sua Bellezza!”.
“Ma, perché questo possa avvenire - ha aggiunto il Papa citando find’ora San Bonaventura, a cui dedicherà il discorso del pomeriggio a Bagnoregio - la mente deve andare al di là di tutto con la contemplazione e andare al di là non solo del mondo sensibile, ma anche al di là di se stessa”. Dal palco della Valle Faul a forma di conchiglia aperta, Benedetto XVI ha evidenziato tre priorità per la comunità ecclesiale viterbese: l’educazione alla fede, la testimonianza della fede, l’attenzione ai segni di Dio. Il Papa ha ricordato l’importante ruolo formativo dell’Università della Tuscia e dell’Istituto Filosofico-Teologico “San Pietro” così come la figura di Santa Rosa Venerini - da lui stesso canonizzata tre anni fa - antesignana delle scuole femminili in Italia:
“Da queste sorgenti spirituali si potrà felicemente attingere ancora per affrontare, con lucidità e coerenza, l’attuale, ineludibile e prioritaria, 'emergenza educativa', grande sfida per ogni comunità cristiana e per l’intera società”.

Il Papa si è augurato ancora una maggiore fioritura del volontariato, già ricco di iniziative diocesane, sull’esempio di varie figure di Santi, come la monaca Giacinta Marescotti e il cappuccino San Crispino. Nel ricordo del Papa anche il Beato Domenico Bàrberi e Mario Fani che proprio a Viterbo fondò l’Azione Cattolica italiana. Ai laici, ai giovani e alle famiglie il Pontefice ha ribadito di tenersi saldi alla vocazione cristiana a vivere il Vangelo in solidarietà con la famiglia umana, al passo con i tempi. “Ecco l’impegno sociale - ha detto il Papa - ecco il servizio proprio dell’azione politica, lo sviluppo umano integrale”. L’omelia si è poi conclusa invitando ad una speciale preghiera:
“Durante questo Anno Sacerdotale, pregate con maggiore intensità per i sacerdoti, per i seminaristi e per le vocazioni, perché siano fedeli a questa loro vocazione! Segno del Dio vivo deve esserlo, altresì, ogni persona consacrata e ogni battezzato”.

Al momento della comunione, i fedeli accostatisi all’altare centrale hanno ricevuto l’ostia consacrata dalle mani del cardinale vicario Agostino Vallini invece che da Benedetto XVI perché, nonostante il recupero del polso fratturato in luglio proceda regolarmente, il Pontefice ha preferito per ora rinunciare per evitare incertezze nella distribuzione della comunione. Infine, con l’augurio di una più piena unità tra le diverse articolazioni della comunità diocesana viterbese, il Papa ha concluso la liturgia di questa mattina richiamando, nell’Angelus, il tema della sua visita:
“'Conferma i tuoi fratelli': quest’invito del Signore l’avverto oggi indirizzato a me con una intensità singolare. Pregate, cari fratelli e sorelle, perché possa svolgere sempre con fedeltà e amore la missione di Pastore di tutto il gregge di Cristo”.
Un pensiero particolare ha voluto rivolgere Benedetto XVI ai partecipanti al Congresso internazionale “Uomini e Religioni” che si tiene a Cracovia sul tema “Fedi e culture in dialogo”, a 70 anni dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale che ha causato decine di milioni di morti e ha provocato tante sofferenze all’amato popolo polacco. Un conflitto che - ha detto il Papa - ha visto la tragedia dell’Olocausto e lo sterminio di altre schiere di innocenti”.
“La memoria di questi eventi ci spinga a pregare per le vittime e per coloro che ancora ne portano ferite nel corpo e nel cuore; sia inoltre monito per tutti a non ripetere tali barbarie e ad intensificare gli sforzi per costruire nel nostro tempo, segnato ancora da conflitti e contrapposizioni, una pace duratura, trasmettendo, soprattutto alle nuove generazioni, una cultura e uno stile di vita improntati all’amore, alla solidarietà e alla stima per l’altro”.





All'Angelus, il Papa invita l'umanità a non dimenticare la tragedia della Seconda Guerra Mondiale e dell'Olocausto


Tra circa due ore, inizierà per Benedetto XVI la seconda parte della sua giornata in terra viterbese con l’incontro, verso le 16.30, con gli organizzatori della visita. Quindi, si trasferirà nel Santuario della Madonna della Quercia per venerare l’immagine sacra della Vergine, Patrona della diocesi. Ad attendere il Papa nel Santuario vi saranno le Monache di clausura degli 11 monasteri della diocesi. Fra loro, vi sarà anche Madre Rosaria Spreafico, superiora della Trappa di Vitorchiano, dove riposano le spoglie della Beata Gabriella Sagheddu e dove - ha detto questa mattina il Papa - "continua a essere proposto quell'ecumenismo spirituale", "vivamente sollecitato dal Concilio Vaticano II. La nostra inviata, Antonella Palermo, ha incontrato Madre Spreafico alla vigilia della visita papale:

R. - Ci è stata offerta la possibilità di essere presenti al momento della preghiera privata che il Santo Padre farà nel Santuario della Quercia, prima di recarsi a Bagnoreggio. Siamo felici di poter sostare, anche se per pochi istanti, accanto a lui, ascoltarlo, ricevere la sua benedizione e attingere nuova motivazione per la nostra fedeltà. Nell’ora che precede l’ingresso del Santo Padre nel Santuario, vivremo insieme un momento di preghiera, offriremo questa preghiera per le intenzioni del Santo Padre. Ecco, la preghiera del Santo Padre ci conduce anche al senso della nostra vocazione. Il significato della clausura è vivere al cuore della Chiesa, vegliando affinché la memoria della redenzione operata da Cristo non si perda. E da questo cuore è più facile intuire che la figura del Papa è centro e garanzia della presenza di Cristo nella Chiesa. Noi sappiamo che non potremmo essere di Cristo senza il nostro pastore. Non abbiamo nessuna reticenza nel dire che amiamo Benedetto XVI come nostro pastore, che lo amiamo molto. La nostra preghiera per lui è quotidiana e continua. E’ facile vivere all’unisono con la Chiesa di Cristo, seguendo la sua parola e il suo esempio.

D. - Come si svolge la vostra giornata?

R. - La nostra vita è semplice, scorre sempre uguale, con orari scanditi dal suono delle campane, nel silenzio. Ci alziamo alle 3 del mattino e nel cuore della notte inizia la nostra preghiera, cui segue la celebrazione dell’Eucaristia, che è il centro di tutta la giornata. Poi, la vita quotidiana prosegue ritmata dal lavoro e dalla preghiera, secondo la formula benedettina "ora et labora", e si conclude verso le 7 di sera con il canto di compieta. La nostra poi è una vocazione cenobitica, di vita comune: la mensa è comune, la celebrazione della liturgia ci riunisce sette volte al giorno, il lavoro manuale e i servizi comunitari sono vissuti dentro un mutuo servizio. La sfida che insieme viviamo è quella della conversione del cuore, di rendere i nostri occhi capaci di vedere oltre l’apparenza delle cose.

D. - Avete fondato altri monasteri?

R. - Sì, in questi ultimi 40 anni da questa casa sono partiti diversi gruppi di sorelle, per dar vita ad altri monasteri nel mondo intero: alcuni in America Latina, in Asia, nella Repubblica Ceca. Ora stiamo aiutando anche una comunità in Africa.

D. - Vogliamo ricordare anche linguisticamente il termine “trappa” che cosa vuol dire?

R. - Il nostro Ordine è stato fondato nel 1098. E’ un ramo del monachesimo benedettino. Successivamente, c’è stata questa riforma trappista, che prende il nome del luogo dove è avvenuta, e cioè il monastero francese di La Trappe.

D. - Voi avete una foresteria. Chi viene qui cosa cerca?

R. - Le persone che arrivano cercano fondamentalmente un’esperienza di preghiera e di incontro più profondo con Dio e con se stessi. Da noi forse rimangono spesso sorpresi dalla vita liturgica della comunità, che è possibile seguire da una piccola cappella per gli ospiti. Chi viene con l’idea di immergersi in una solitaria avventura, per scoprire Dio e l’interiorità, si trova invece immerso nella vita liturgica della Chiesa, che alla fine riscopre come la strada più sicura per arrivare a Dio.

Lasciata Viterbo, poco dopo le 17 Benedetto XVI raggiungerà in elicottero la cittadina di Bagnoregio per venerare nella Concattedrale di San Nicola la reliquia del “Sacro Braccio” di San Bonaventura. Successivamente, saluterà le autorità e la popolazione raccolte in Piazza Sant’Agostino. Il programma della visita si concluderà verso le 18.30, quando il Pontefice decollerà in elicottero per fare ritorno al Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo.






Da Viterbo il saluto di Benedetto XVI ai partecipanti all'Incontro "Uomini e religioni". Intervista con il cardinale Stanislaw Rylko


Si è aperto stamattina in Polonia l’incontro interreligioso di preghiera per la pace "Uomini e religioni", organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio e dall’arcidiocesi di Cracovia. L’evento, che si concluderà martedì 8 settembre, ha avuto inizio con una Messa presso il Santuario della Divina Misericordia di Lagiewniki, presieduta dal cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia, alla presenza dei rappresentanti delle Chiese cristiane e delle Comunità ecclesiali. Nel tardo pomeriggio, presso l’Auditorium Maximum della città di Cracovia avrà, invece, inizio l’Assemblea inaugurale dei lavori alla presenza delle autorità polacche, di alti rappresentanti internazionali, dei vertici delle Chiese cristiane e dei leader religiosi. Il servizio del nostro inviato a Cracovia Stefano Leszczynski:

“La pace è un cantiere aperto”: la frase di Giovanni Paolo II pronunciata nell’86 ad Assisi è riecheggiata nel corso della liturgia ecumenica di stamattina presso il Santuario di Lagewniki, a Cracovia, consolidando il legame ideale tra questo incontro di preghiera per la pace e lo “Spirito di Assisi”, che tuttora lo anima. In un Santuario gremito di fedeli, giunti da ogni parte del mondo, l’arcivescovo di Cracovia, cardinale Dziwisz, e il metropolita Serafim, della Chiesa Ortodossa di Romania hanno svolto le proprie omelie sul tema della pace e del ruolo fondamentale della preghiera nel suo perseguimento. “Dopo gli anni terribili della guerra e della dittatura comunista - ha detto il porporato polacco - che hanno devastato molti Paesi e fatto morire milioni di persone, Dio ci ha fatto il dono dei miracoli della pace e di un’Europa unita”. Ma la pace non è un dono che si acquisisca una volta per tutte e i pericoli più insidiosi sono, nelle parole del cardinale, quelli della secolarizzazione, del consumismo sfrenato, dell’avidità, dei piaceri della carne.


A 70 anni dallo scoppio del II conflitto mondiale e a 20 dall’abbattimento definitivo della Cortina dei ferro - ha detto il metropolita Serafim - s’innalza dunque proprio da Cracovia prima città invasa della Polonia, “una voce corale ed una preghiera all’Onnipotente, per il dono della pace per la nostra terra inquieta”. Il terribile passato dell’Europa centrale ed Orientale - ha ricordato il metropolita - ha lasciato dietro di sé macerie materiali e spirituali, ma adesso - ha esortato Serafim - è venuto il tempo di ricostruire pazientemente la casa dei valori umani e cristiani. Già nella serata di ieri, in occasione del’inaugurazione della mostra fotografica dedicata alla vita di Giovanni Paolo II, il cardinale Dziwisz aveva evocato le attuali minacce alla pace nel mondo, ricordando l’Afghanistan, l’Iraq, i molti conflitti dimenticati, è importante dunque - ha spiegato il porporato - rivolgersi a tutte le religioni, perché tutti si uniscano nello sforzo della preghiera, attraverso la penitenza, per una pace duratura, proprio come avverrà martedì prossimo ad Auschwitz, luogo simbolo degli orrori della guerra e dell’odio tra gli uomini, con la marcia silenziosa dei rappresentanti di tutte le fedi religiose.


Saranno oltre 300 gli alti rappresentanti del cristianesimo, dell’ebraismo, dell’Islam, del buddismo e delle altre religioni che interverranno alle 22 diverse tavole rotonde organizzate nella città di Cracovia dalla Comunità di Sant’Egidio. Molti gli argomenti in discussione dalle crisi economiche ai conflitti regionali, tutti condotti sul filo del tema principale di questo incontro internazionale ed interreligioso dedicato ai 70 anni dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Sul contributo concreto che i fedeli delle varie religioni e delle comunità ecclesiali possono dare nel conseguimento della pace nel mondo Stefano Leszczynski ha intervistato il cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, anch’egli presente all’incontro di Cracovia.

R. - “Beati gli operatori di pace perché sono chiamati figli di Dio”. Ogni cristiano deve prendere queste parole del maestro come programma di vita, specialmente i laici che vivono nel cuore del mondo e sono chiamati ad essere il sale della terra. La vocazione dei fedeli laici è proprio questa: trasformare il mondo dal di dentro come lievito evangelico, operando a favore della giustizia, del rispetto della dignità e dei diritti inalienabili della persona umana. Solo così si costruiscono le fondamenta di una pace vera e duratura. Questo impegno pone ad ogni laico cristiano l’esigenza di una coerenza cristallina tra vita e fede, di un fermo rigore morale, di un’autentica passione per il servizio al bene comune. Non dimentichiamo che il Santo Padre, Benedetto XVI, ce lo ricorda spesso: il primo e fondamentale fattore di pace è l’annuncio di Cristo. In fondo, la vera pace del mondo è Lui.

D. - A settant’anni dall’inizio del secondo conflitto mondiale, il processo di riconciliazione, in Europa, ha visto il ruolo determinante della Chiesa nel suo insieme. Quanto è ancora importante, nell’attuale contesto storico, il ruolo dei cristiani per poter superare le divisioni che ancora rimangono in Europa?


R. - L’Europa vive oggi un tempo di crescente pluralismo culturale, politico ed anche religioso. Vede anche però la nascita di nuove divisioni ed ha quindi grande bisogno di unità, ma di un’unità costruita su solide basi. L’economia e la politica da sole non bastano. E’ dunque necessario che noi cristiani ricordiamo quale sia l’identità più profonda del nostro Vecchio continente. Occorre che l’Europa sappia riscoprire e tornare alle sue radici, radici che affondano nell’humus della tradizione giudeo-cristiana. E’ questo il fattore determinante dell’unità europea. L’Europa di oggi ha urgente bisogno di uno spirito di comunione, di cercare ciò che unisce veramente. Per questo sono così importanti incontri come quello di Cracovia, che promuovono il dialogo ecumenico ed interreligioso.


D. - Proprio su questo, lo spirito di Assisi arriva a Cracovia e questa è un’immagine che colpisce…


R. - Sono convinto che lo spirito di Assisi, malgrado il passare degli anni, mantenga intatta la sua attualità. L’indimenticabile incontro del 1986 ci ha ricordato che Dio è amore e quindi è un Dio di pace. Ogni tipo di violenza ed ogni guerra sono peccati gravi proprio contro Dio perché ne sfigurano drammaticamente il volto. Assisi ci ha inoltre ricordato che la pace è un dono che proviene dall’alto, cioè da Dio. Un dono che va implorato in continuazione. Il Santo Padre nella sua ultima Enciclica scrive che il vero sviluppo - e quindi anche la pace - ha bisogno di cristiani con le mani alzate verso Dio nel gesto della preghiera. L’incontro di Cracovia, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, e al quale il settantesimo anniversario dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale conferisce un significato tutto particolare, sarà soprattutto un incontro d’intensa preghiera di rappresentanti di varie chiese e comunità cristiane - ed anche di quelle non cristiane - per la pace e per la riconciliazione dei popoli.







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Papa/ Si ferma in preghiera davanti a corpo Santa Rosa a Viterbo

Saluta facchini della Macchina 'Fiori del cielo'

Una breve sosta davanti al corpo di Santa Rosa, Patrono di Viterbo, dove il Papa si trova per una visita di un giorno.
Al termine della celebrazione nella Valle Faul, Benedetto XVI ha raggiunto il Santuario di Santa Rosa per venerare il corpo. Ratzinger si è poi fermato davanti alla Macchina di Santa Rosa, 'Fiori del cielo', trasportata il 3 settembre scorso. Durante l'offertorio, alla messa, il Papa ha anche salutato due facchini in rappresentanza degli oltre cento uomini che trasportano la Macchina.

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PAPA/ RECUPERO DEL POLSO VA BENE MA NON DISTRIBUISCE COMUNIONE

Riabilitazione quotidiana per funzionamento braccio

DATA 06-09-2009 12:32 FONTE (APCOM)

"Il recupero del polso destro va bene ma non è ancora perfetto e completo. Per questa ragione il Papa non ha distribuito la comunione alla messa nella Valle Faul di Viterbo": lo ha detto il vicedirettore della sala stampa della Santa Sede, padre Ciro Benedettini, spiegando le ragioni della mancata distribuzione dell'ostia. "Il decorso prosegue regolarmente - ha detto, riferendo anche quanto sottolineato dal medico personale del pontefice Patrizio Polisca - ma l'atto di prendere l'ostia implica un movimento per cui le condizioni del polso devono essere perfette e il papa ancora non ha il polso perfetto. Inoltre - ha concluso padre Benedettini - c'è la paura che l'ostia possa cadere". Benedetto XVI - che si era rotto il polso il 17 luglio in montagna in Val d'Aosta - ha tolto il gesso dopo ferragosto e ha ora iniziato la riabilitazione che "si svolge ogni giorno a ritmo serrato", riferisce Polisca.

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Alla Domus La Quercia tutto è pronto per accogliere il Papa. E per pranzo anche il millefoglie alla crema chantilly

ESCLUSIVO - Ecco la coreografia che Benedetto XVI troverà all'ingresso della struttura

Passione, creatività e, vista la circostanza, un occhio di riguardo. Queste le caratteristiche di Beatrice, Laura e Sara, del negozio “Party & Party” di via Garbini, che hanno allestito la coreografia per accogliere il Papa alla Domus La Quercia.

Una coreografia semplice ma suggestiva, che si compone di colonne di palloncini bianchi e gialli (i colori del Vaticano) legati tra loro da altrettante file di palloncini bianchi. Un colpo d’occhio gioioso, originale, “fresco”.

Le colonne dei palloncini partono subito dall’inizio del piazzale, per tutto il tratto antistante l’ingresso della Domus. Le ultime sono state sistemate a circa 3 metri dopo l’ingresso e quando la Papamobile si fermerà, da dietro le ultime colonnine partiranno altri duecento palloncini bianchi e gialli che si alzeranno in volo.

Il tutto è stato allestito sotto l’occhio attento del direttore della Domus, Massimo Scarpetta, che naturalmente attende l’evento con la comprensibile apprensione ma con grande soddisfazione. Alla Domus La Quercia, infatti, come si sa, Benedetto XVI verso le 13.30 si intratterrà a colazione, subito dopo l’Angelus a Valle Faul e la visita al santuario di Santa Rosa, poi si ritirerà in una stanza per un breve riposo.

“Ricevere il Papa – dice Massimo Scarpetta – è un punto d’orgoglio e d’onore per noi che abbiamo puntato tutto sulla moralità coniugata all’alta professionalità. La presenza e la visita di Benedetto XVI ci conforta e ci incoraggia a percorrere questa strada, anche perché abbiamo una struttura che, credo, pochi possono vantare, almeno nel centro Italia. Abbiamo dei protocolli ben precisi, a garanzia dei clienti, evidentemente diventati ancora più rigidi con l’approssimarsi della visita del Papa, e un management all’altezza della situazione. Basti pensare – dice il direttore della Domus – che la colazione del Santo Padre sarà preparata da due dei nostri cuochi, mentre di solito nelle altre visite papali si spostano i cuochi dal Vaticano o dalle ambasciate”.

Il menu è ovviamente top secret. Posso dire soltanto – continua Scarpetta – che saranno piatti molto semplici, con i prodotti genuini della nostra terra, compresi l’olio e il vino. Del resto è questa la “filosofia gastronomica” della Domus per tutto l’anno".

Una curiosità: Benedetto XVI concluderà la colazione con una torta millefoglie alla crema chantilly.


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Papa: A Viterbo celebrazione esemplare e composta

Pranzo tipico della Tuscia con vescovi e seguito

"E' stata una celebrazione esemplare, la gente è stata molto devota e composta": lo ha detto il Papa, a conclusione della messa presieduta nella valle Faul, durante il pranzo avuto con i vescovi della diocesi di Viterbo.
Un'atmosfera familiare e serena - riferisce chi vi ha preso parte - con un Papa sorridente e soddisfatto per la giornata nella cittadina laziale.
Il pranzo - a base di prodotti tipici della zona e conclusosi con un buon millefoglie - è stato servito da cinque giovani camerieri che Benedetto XVI ha voluto ringraziare e salutare personalmente. Dopo un momento di riposo, il pontefice ha salutato gli organizzatori della visita, una trentina di persone, ricevendo numerosi regali, tra i quali un ostensorio in ceramica, l'olio di Canino, un dipinto con il motto di San Bonaventura, un calice d'oro. Ratzinger ha invece regalato ad alcune suore di clausura la stola che ha indossato questa mattina alla celebrazione e lo zucchetto bianco, che, le stesse suore, gli avevano preparato per l'occasione.

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Riportiamo la diretta di Viterbo Oggi:

ORE 17, 11

Benedetto XVI ha lasciato a bordo dell'auto, tra gli applausi dei fedeli, il sagrato del Santuario, diretto allo Stadio "Rocchi".Non ha usato la "papamibile" ma una Mercedes targata anche questa SCV 1. ha viaggiato all'interno assieme a Padre Georg. L'auto è scortata dagli uomini della sicurezza.

ORE 17,09 LA QUERCIA

Il Papa è sul sagrato del Santuario della Quercia dove si trova la folla di fedeli che lo sta accogliendo festosamente. Curiosità: Due persone, per vedere il Pontefice, sono riuscite a salire fin sul campanile del Santuario.

ORE 17, 05 LA QUERCIA

Benenetto XVI è ancora nel Santuario della Madonna della Quercia. C'è stato un scambio di doni e il Papa ha recitato davanti alla sacra immagine una preghiera da lui stesso composta.

ORE 17 STADIO "ROCCHI"

Il sindaco di Viterbo Giulio Marini e il prefetto Alessandro Giacchetti attendono allo Stadio Rocchi il Papa che arriverà da La Quercia a bordo di una Mercedes del Vaticano decapottabile.

ORE 16,35 LA QUERCIA

Leggermente in ritardo (per la prima volta nel corso di questa giornata) con il programma previsto per la visita del Papa. Benedetto XVI non è ancora uscito sul sagrato del Santuario. Secondo quanto hanno detto due suore avvicinate da "Viterbo oggi.it" il ritardo sarebbe dovuto al fatto che il Papa si è intrattenuto più del previsto con i componenti del Comitato organizzatore della visita e con il personale della Domus. Con quest'ultimo si è complimentato per l'accoglienza, la perfetta organizzazione e la buona cucina. E' ancora aumentata la presenza dei fedeli adesso sono circa 700 ad attendere il Pontefice.

ORE 16,25 BAGNOREGIO

Cresce l'attesa a Bagnoregio per la visita del Papa. Il sindaco Francesco Bigiotti si trova nei pressi della piazza Sant'Agostino. In una breve dichiarazione rilasciata a "Viterbo oggi.itQ" ha affermato che "il Comune ha lavorato intensamente nell'ultimo mese per preparare questo storico evento. Saranno oltre duemila - secondo il sindaco - le persone presenti in piazza Sant'Agostino dove il Papa, accolto dalle autorità, pronuncerà un discorso. Intanto Bagnoregio è presidiata dalle forze dell'ordine che hanno predisposto adeguati servizi.

ORE 16,15 LA QUERCIA

Papa Benedetto XVI ha lasciato la Domus La Quercia e attraverso la sagrestia è entrato nel Santuario della Madonna della Quercia dove, nel frattempo, si sono riuniti esponenti del clero diocesano e 120 suore di clausura dei 12 monasteri della diocesi di Viterbo. Prima di lasciare la Domus, il Papa, che è accompagnato dal cardinale Vellini, ha incontrato i componenti del Comitato che ha organizzato la visita a Viterbo. intanto davanti al Santuario la presenza dei fedeli è ulteriormente aumentata. Adesso sono oltre cinquecento quelli che attendono che Ratzinger esca sulla scalinata. Qui troverà ad attenderlo un'auto del Vaticano (dietro c'è un'ambulanza del 118) che lo condurrà allo stadio "Rocchi" per salire sull'elicottero. La "papamobile" ha, nel fattempo, raggiunto Bagnoregio dove papa Benedetto XVI atterrerà alle 17,15.

ORE 15.50 LA QUERCIA

Sul sagrato del Santuario della Madonna della quercia si intensifica la presenza dui fedeli dietro le transenna. Molti indossano la tradizionale bandana vaticanense ed hanno in mano la bandierina per salutare il Pontefice che tra qualche minuto dovrebbe lasciare la Domus. Intanto la "papamibile", accompagnata dalla scorta, è transitata davanti al Santuario diretta a Bagnoregio dove alle 17,30 è previsto l'arrivo di Benedetto XVI.

ORE 15:35 LA QUERCIA

Dopo due ore di ore di sosta presso la Domus La Quercia, ex seminario e struttura diocesana, Banedetto XVI si appresta ad incontrare nel Santuario della Madonna della Quercia, che il suo precedessore, 25 anni fa, aveva incoronato patrona della nuova Diocesi di Viterbo, il clero e, in particolare, le suore di clausura (120) dei dodici monasteri esistenti nella diocesi del capoluogo della Tuscia. In attesa del Papa un centinaio di persone davanti al santauyario hanno in mano bandiere per salutare festosamente il Pontefice.

ORE 13:35

Il Papa sta pranzando insieme a 25 vesovi che provengono da tutte la diocesi del Lazio.


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Da "Viterbo oggi"...

Pochi i fedeli presenti alla visita del Papa

Viterbo - Pochi giovani, la maggioranza anziani e bambini

La tanto attesa visita del Papa nella Tuscia è teminata. Viterbo, bloccata per giorni, forze dell'ordine dispiegate dappertutto, divieti ovunque, media alla carica, ora può tornare alla sua vita di sempre, con una gioia dentro in più che il Santo Padre ha lasciato a molti presenti, anche se l'affluenza è stata molto bassa, la maggior parte venuta con gli autobus da più lontano che si è attrezzata con canti e striscioni, entusiaste della venuta di Benedetto XVI. Non si può certo dire che Viterbo o Bagnoregio fossero piene, considerando che la provincia ospita oltre 300 mila persone, oggi saranno state presenti solo qualche migliaio in tutto. Probabilmente la notizia è talmente rimbombata che molti, credendo di trovarsi in una bolgia hanno preferito stare a casa e vedere la visita in televisione o segurla nei siti web. Questo per non pensare che le persone, piuttosto che vedere il papa, preferiscono andare allo stadio, oggi tra l'altro vuoto. Con questa sua presenza il Santo Padre ha voluto avvicinarsi ai viterbesi e alla Tuscia, per testimoniare la Chiesa direttamente nelle loro case e nei loro cuori, parlando in modo semplice e persuasivo, sensibilizzando ognuno dei presenti e distribuendo amore e speranza a tutti. Peccato che molti se la siano persa e non abbiano assistito ad un evento così straordinario quanto raro.


Stiamo parlando sul serio o tutta la gente che abbiamo visto è stato un miraggio?
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Saluto alle claustrali nel Santuario della Madonna della Quercia
E testo della preghiera alla Vergine



VITERBO, domenica, 6 settembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il saluto che Benedetto XVI ha rivolto questa domenica alle monache di clausura riunitesi nel Santuario della Madonna della Quercia di Viterbo e il testo della preghiera rivolta alla Vergine.

* * *

Care sorelle!

È per me una vera gioia potervi incontrare in questo luogo caro alla pietà popolare. Voi, monache di vita contemplativa, avete la missione nella Chiesa di essere fiaccole che, nel silenzio dei monasteri, ardono di preghiera e di amore a Dio. A voi affido le mie intenzioni, le intenzioni del Pastore di questa Diocesi e le necessità di quanti vivono in questa terra. A voi affido, in quest’Anno Sacerdotale, soprattutto i sacerdoti, i seminaristi e le vocazioni. Siate con il vostro silenzio orante il loro sostegno "a distanza" ed esercitate verso di loro la vostra maternità spirituale, offrendo al Signore il sacrificio della vostra vita per la loro santificazione e per il bene delle anime. Vi ringrazio per la vostra presenza e di cuore vi benedico; recate anche alle vostre consorelle, che non sono potute venire, il saluto e la benedizione del Papa. Vi chiedo ora di unirvi a me nell’invocare la materna protezione di Maria su questa comunità diocesana e sugli abitanti di questa terra ricca di tradizioni religiose e culturali.

Vergine Santa, Madonna della Quercia,

Patrona della Diocesi di Viterbo,

raccolti in questo santuario a Te consacrato,

Ti rivolgiamo una supplice e confidente preghiera:

vigila sul Successore di Pietro e sulla Chiesa affidata alle sue cure;

vigila su questa comunità diocesana e sui suoi pastori,

sull’Italia, sull’Europa e sugli altri continenti.

Regina della pace, ottieni il dono della concordia e della pace

per i popoli e per l’intera umanità.

Vergine obbediente, Madre di Cristo,

che, con il tuo docile "si" all’annuncio dell’Angelo,

sei diventata Madre dell’Onnipotente,

aiuta tutti i tuoi figli ad assecondare

i disegni che il Padre celeste ha su ciascuno,

per cooperare all’universale progetto di redenzione,

che Cristo ha compiuto morendo sulla croce.

Vergine di Nazareth, Regina della famiglia,

rendi le nostre famiglie cristiane fucine di vita evangelica,

arricchite dal dono di molte vocazioni

al sacerdozio e alla vita consacrata.

Mantieni salda l’unità delle nostre famiglie,

oggi tanto minacciata da ogni parte,

e rendile focolari di serenità e di concordia,

dove il dialogo paziente dissipi le difficoltà e i contrasti.

Veglia soprattutto su quelle divise e in crisi,

Madre di perdono e di riconciliazione.

Vergine Immacolata, Madre della Chiesa,

alimenta l’entusiasmo di tutte le componenti

della nostra Diocesi: delle parrocchie e dei gruppi ecclesiali,

delle associazioni e delle nuove forme di impegno apostolico

che il Signore va suscitando con il suo Santo Spirito;

rendi ferma e decisa la volontà di quanti

il Padrone della messe continua a chiamare

come operai nella sua vigna, perché,

resistendo a ogni lusinga ed insidia mondana,

perseverino generosamente nel seguire il cammino intrapreso,

e, con il tuo materno soccorso, diventino testimoni di Cristo

attratti dal fulgore del suo Amore, sorgente di gioia.

Vergine Clemente, Madre dell’umanità,

volgi il tuo sguardo sugli uomini e le donne del nostro tempo,

sui popoli e i loro governanti, sulle nazioni e i continenti;

consola chi piange, chi soffre, chi pena per l’umana ingiustizia,

sostieni chi vacilla sotto il peso della fatica

e guarda al futuro senza speranza;

incoraggia chi lavora per costruire un mondo migliore

dove trionfi la giustizia e regni la fraternità,

dove cessino l’egoismo e l’odio, e la violenza.

Ogni forma e manifestazione di violenza

sia vinta dalla forza pacificatrice di Cristo!

Vergine dell’ascolto, Stella della speranza,

Madre della Misericordia,

sorgente attraverso la quale è venuto nel mondo Gesù,

nostra vita e nostra gioia,

noi Ti ringraziamo e Ti rinnoviamo l’offerta della vita,

certi che non ci abbandoni mai,

specialmente nei momenti bui e difficili dell’esistenza.

Accompagnaci sempre: ora e nell’ora della nostra morte.

Amen!

Viterbo, 6 Settembre 2009

[© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana]










Discorso del Papa nell'incontro in piazza Sant’Agostino a Bagnoregio


BAGNOREGIO, domenica, 6 settembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questa domenica da Benedetto XVI durante l'incontro in piazza Sant’Agostino con la cittadinanza di Bagnoregio.

* * *

Cari fratelli e sorelle!

La solenne celebrazione eucaristica di questa mattina a Viterbo ha aperto la mia visita pastorale alla vostra Comunità diocesana, e questo nostro incontro qui a Bagnoregio, praticamente la chiude. Vi saluto tutti con affetto: Autorità religiose, civili e militari, sacerdoti, religiosi e religiose, operatori pastorali, giovani e famiglie, e vi ringrazio per la cordialità con cui mi avete accolto. Rinnovo il mio ringraziamento in primo luogo al vostro Vescovo per le sue affettuose parole che hanno richiamato il mio legame con san Bonaventura. E saluto con deferenza il Sindaco di Bagnoregio, grato per il cortese benvenuto che mi ha indirizzato a nome di tutta la Città.

Giovanni Fidanza, che divenne poi fra’ Bonaventura, unisce il suo nome a quello di Bagnoregio nella nota presentazione che di se stesso fa nella Divina Commedia. Dicendo: "Io son la vita di Bonaventura da Bagnoregio, che nei grandi offici sempre posposi la sinistra cura" (Dante, Paradiso XII,127-129), sottolinea come negli importanti compiti che ebbe a svolgere nella Chiesa, pospose sempre la cura delle realtà temporali ("la sinistra cura") al bene spirituale delle anime. Qui, a Bagnoregio, egli trascorse la sua infanzia e l’adolescenza; seguì poi san Francesco, verso il quale nutriva speciale gratitudine perché, come ebbe a scrivere, quando era bambino lo aveva "strappato dalle fauci della morte" (Legenda Maior, Prologus, 3,3) e gli aveva predetto "Buona ventura", come ha ricordato poc’anzi il vostro Sindaco. Con il Poverello di Assisi seppe stabilire un legame profondo e duraturo, traendo da lui ispirazione ascetica e genio ecclesiale. Di questo vostro illustre concittadino voi custodite gelosamente l’insigne reliquia del "Santo Braccio", mantenete viva la memoria e approfondite la dottrina, specialmente mediante il Centro di Studi Bonaventuriani fondato da Bonaventura Tecchi, che con cadenza annuale promuove qualificati convegni di studio a lui dedicati.

Non è facile sintetizzare l’ampia dottrina filosofica, teologica e mistica lasciataci da san Bonaventura. In questo Anno Sacerdotale vorrei invitare specialmente i sacerdoti a mettersi alla scuola di questo grande Dottore della Chiesa per approfondirne l’insegnamento di sapienza radicata in Cristo. Alla sapienza, che fiorisce in santità, egli orienta ogni passo della sua speculazione e tensione mistica, passando per i gradi che vanno da quella che chiama "sapienza uniforme" concernente i principi fondamentali della conoscenza, alla "sapienza multiforme", che consiste nel misterioso linguaggio della Bibbia, e poi alla "sapienza onniforme", che riconosce in ogni realtà creata il riflesso del Creatore, sino alla "sapienza informe", l’esperienza cioè dell’intimo contatto mistico con Dio, allorché l’intelletto dell’uomo sfiora in silenzio il Mistero infinito (cfr J. Ratzinger, San Bonaventura e la teologia della storia, Ed. Porziuncola, 2006, pp. 92ss). Nel ricordo di questo profondo ricercatore ed amante della sapienza, vorrei inoltre esprimere incoraggiamento e stima per il servizio che, nella Comunità ecclesiale, i teologi sono chiamati a rendere a quella fede che cerca l’intelletto, quella fede che è anima dell’intelligenza e che diventa vita nuova secondo il progetto di Dio.

Dal ricco patrimonio dottrinale e mistico di san Bonaventura mi limito questa sera a trarre qualche "pista" di riflessione, che potrebbe risultare utile per il cammino pastorale della vostra Comunità diocesana. Egli fu, in primo luogo, un instancabile cercatore di Dio sin da quando frequentava gli studi a Parigi, e continuò ad esserlo sino alla morte. Nei suoi scritti indica l’itinerario da percorrere. "Poiché Dio è in alto – egli scrive - è necessario che la mente si innalzi a Lui con tutte le forze" (De reductione artium ad theologiam, n. 25). Traccia così un percorso di fede impegnativo, nel quale non basta "la lettura senza l’unzione, la speculazione senza la devozione, la ricerca senza l’ammirazione, la considerazione senza l’esultanza, l’industria senza la pietà, la scienza senza la carità, l’intelligenza senza l’umiltà, lo studio senza la grazia divina, lo specchio senza la sapienza divinamente ispirata" (Itinerarium mentis in Deum, prol. 4). Questo cammino di purificazione coinvolge tutta la persona per arrivare, attraverso Cristo, all’amore trasformante della Trinità. E dato che Cristo, da sempre Dio e per sempre uomo, opera nei fedeli una creazione nuova con la sua grazia, l’esplorazione della presenza divina diventa contemplazione di Lui nell’anima "dove Egli abita con i doni del suo incontenibile amore" (ibid. IV,4), per essere alla fine trasportati in Lui. La fede è pertanto perfezionamento delle nostre capacità conoscitive e partecipazione alla conoscenza che Dio ha di se stesso e del mondo; la speranza l’avvertiamo come preparazione all’incontro con il Signore, che segnerà il pieno compimento di quell’amicizia che fin d’ora ci lega a Lui. E la carità ci introduce nella vita divina, facendoci considerare fratelli tutti gli uomini, secondo la volontà del comune Padre celeste.

Oltre che cercatore di Dio, san Bonaventura fu serafico cantore del creato, che, alla sequela di san Francesco, apprese a "lodare Dio in tutte e per mezzo di tutte le creature", nelle quali "risplendono l’onnipotenza, la sapienza e la bontà del Creatore" (ibid. I,10). San Bonaventura presenta del mondo, dono d’amore di Dio agli uomini, una visione positiva: riconosce nel mondo il riflesso della somma Bontà e Bellezza che, sulla scia di sant’Agostino e san Francesco, afferma essere Dio stesso. Tutto ci è stato dato da Dio. Da Lui, come da fonte originaria, scaturisce il vero, il bene e il bello. Verso Dio, come attraverso i gradini di una scala, si sale sino a raggiungere e quasi afferrare il Sommo Bene e in Lui trovare la nostra felicità e la nostra pace. Quanto sarebbe utile che anche oggi si riscoprisse la bellezza e il valore del creato alla luce della bontà e della bellezza divine! In Cristo, l’universo stesso, nota san Bonaventura, può tornare ad essere voce che parla di Dio e ci spinge ad esplorarne la presenza; ci esorta ad onorarlo e glorificarlo in tutte le cose (cfr ibid. I,15). Si avverte qui l’animo di san Francesco, di cui il nostro Santo condivise l’amore per tutte le creature.

E finalmente San Bonaventura fu messaggero di speranza. Una bella immagine della speranza la troviamo in una delle sue prediche di Avvento, dove paragona il movimento della speranza al volo dell’uccello, che dispiega le ali nel modo più ampio possibile, e per muoverle impiega tutte le sue forze. Rende, in un certo senso, tutto se stesso movimento per andare in alto e volare. Sperare è volare, dice san Bonaventura. Ma la speranza esige che tutte le nostre membra si facciano movimento e si proiettino verso la vera altezza del nostro essere, verso le promesse di Dio. Chi spera – dice Bonaventura - "deve alzare il capo, rivolgendo verso l’alto i suoi pensieri, verso l’altezza della nostra esistenza, cioè verso Dio" (Sermo XVI, Dominica I Adv., Opera omnia, IX, 40a).

Il Signor Sindaco nel suo discorso ha posto la domanda: "Che cosa sarà Bagnoregio domani?". In verità tutti ci interroghiamo circa l’avvenire nostro e del mondo e quest’interrogativo ha molto a vedere con la speranza, di cui ogni cuore umano ha sete. Nell’Enciclica Spe salvi ho notato che non basta però una qualsiasi speranza per affrontare e superare le difficoltà del presente; è indispensabile una "speranza affidabile", che, dandoci la certezza di giungere ad una meta "grande", giustifichi "la fatica del cammino" (cfr n.1). Solo questa "grande speranza-certezza" ci assicura che nonostante i fallimenti della vita personale e le contraddizioni della storia nel suo insieme, ci custodisce sempre il "potere indistruttibile dell’Amore". Quando allora a sorreggerci è tale speranza non rischiamo mai di perdere il coraggio di contribuire, come hanno fatto i santi, alla salvezza dell’umanità, aprendo "noi stessi e il mondo all’ingresso di Dio: della verità, dell’amore, del bene" (cfr n. 35). Ci aiuti san Bonaventura a "dispiegare le ali" della speranza che ci spinge ad essere, come lui, incessanti cercatori di Dio, cantori delle bellezze del creato e testimoni di quell’Amore e di quella Bellezza che "tutto muove".

Grazie, cari amici, ancora una volta per la vostra accoglienza. Mentre vi assicuro un ricordo nella preghiera imparto, per intercessione di san Bonaventura e specialmente di Maria, Vergine fedele e Stella della speranza, una speciale Benedizione Apostolica, che volentieri estendo a tutti gli abitanti di questa Terra bella e ricca di santi. Grazie per la vostra attenzione.

[© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana. Con aggiunte a braccio a cura di ZENIT]


07/09/2009 16:48
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A Bagnoregio, città di San Bonaventura, il Papa invita a cercare Dio con una fede amica dell'intelligenza


Si è conclusa nella serata di ieri la visita pastorale di Benedetto XVI a Viterbo e Bagnoregio. Nel borgo che ha dato i natali a Giovanni Fidanza, poi fra Bonaventura, il Papa è giunto nel pomeriggio dopo la sosta di preghiera al Santuario della Madonna della Quercia. Nella concattedrale ha venerato la reliquia del braccio di San Bonaventura e dopo il saluto del sindaco e del vescovo, in Piazza Sant’Agostino ha incontrato la cittadinanza pronunciando un discorso su San Bonaventura. Il servizio di Antonella Palermo:

Venire a Bagnoregio ha significato per il Papa compiere un viaggio nel proprio passato spirituale e intellettuale. Il discorso che ha infatti rivolto alla cittadinanza nella piazza di Sant’Agostino è stato un affettuoso ricordo del francescano San Bonaventura, uno dei maestri per la sua formazione teologica. Instancabile cercatore di Dio, serafico cantore del creato, messaggero di speranza: questi i tratti salienti che il Santo Padre ha voluto evidenziare dalla sua terra natale. Citando quella che fu la sua tesi di abilitazione all’insegnamento, San Bonaventura e la teologia della storia (ed. Porziuncola, 2006), il Papa ha sottolineato come “alla sapienza, che fiorisce in santità, Bonaventura orienta ogni passo della sua speculazione e tensione mistica”. Bonaventura vive nel 1200 una fede “amica dell’intelligenza” che diventa vita nuova secondo il progetto di Dio. E’ a questo modello che Benedetto XVI, da sempre affascinato ai temi del dialogo tra fede e ragione, ha voluto rimandare i teologi e i sacerdoti di oggi:


“Traccia così un percorso di fede impegnativo, nel quale ‘non basta la lettura senza l’unzione, la speculazione senza la devozione, la ricerca senza l’ammirazione, la considerazione senza l’esultanza, l’industria senza la pietà, la scienza senza la carità, l’intelligenza senza l’umiltà, lo studio senza la grazia divina, lo specchio senza la sapienza divinamente ispirata’”.


“Questo cammino di purificazione – ha spiegato il Papa alla luce de 'L’itinerario della mente a Dio’ opera fondamentale di Bonaventura – coinvolge tutta la persona per arrivare, attraverso Cristo, all’amore trasformante della Trinità”. A pochi giorni dalla Giornata per la Salvaguardia del Creato, Benedetto XVI è tornato a rilanciare la necessità di una riscoperta della bellezza del creato come dono divino”:


“Quanto sarebbe utile che anche oggi si riscoprisse la bellezza, il valore del creato, alla luce della bontà e della bellezza divine! In Cristo l’universo stesso, nota San Bonaventura, può tornare ad essere voce che parla di Dio e ci spinge ad esplorarne la presenza; ci esorta ad onorarlo e a glorificarlo in tutte le cose (cfr. ibid. I,15). Si avverte qui l'animo di San Francesco, di cui il nostro Santo condivise l'amore per tutte le creature".


“Sperare è volare”, dice San Bonaventura. “Chi spera deve alzare il capo rivolgendo verso l’alto i suoi pensieri, verso l’altezza della nostra esistenza, cioè verso Dio”. Questo il brano di uno dei sermoni del Doctor Seraphicus, scelto da Ratzinger per sottolineare – come ha fatto nella sua Enciclica Spe Salvi - la necessità di una “speranza affidabile”:


“Solo questa 'grande speranza -certezza' ci assicura che nonostante i fallimenti della vita personale e le contraddizioni della storia nel suo insieme ci custodisce sempre il 'potere indistruttibile dell’Amore'. Quando allora a sorreggerci è tale speranza non rischiamo mai di perdere il coraggio di contribuire, come hanno fatto i Santi, alla salvezza dell’umanità, aprendo noi stessi e il mondo all’ingresso di Dio: della verità dell’amore e della luce”.


A Maria, invocata proprio come Stella della Speranza, il Papa aveva rivolto la preghiera recitata al Santuario della Madonna della Quercia. Affidando alle claustrali della Tuscia le preghiere per la nascita di nuove vocazioni e per i sacerdoti – nell’anno a loro dedicato – Benedetto XVI si è congedato da questa terra lasciando un’eredità spirituale e una testimonianza a lungo attese.


Per un bilancio della visita ascoltiamo il vescovo di Viterbo, mons. Lorenzo Chiarinelli, al microfono di Antonella Palermo:

R. – La preparazione e l’attesa sono state molto intense, ma l’evento ha superato sia l’attesa che i desideri più profondi del cuore. L’incontro con il Papa ha avuto una dimensione profondamente ecclesiale: il successore di Pietro, che incontra una comunità di credenti. E si è palpata questa dimensione soprattutto nella celebrazione liturgica, dove il coinvolgimento, il silenzio, l’intensa preghiera si coglievano immediatamente in chiunque. Questo è stato uno dei momenti più belli per tutti, anche per gli osservatori più estranei. E allora il cuore si è riempito, perché è intorno all’Eucaristia che la Chiesa rivela tutta se stessa e da lì trae forza per il suo cammino.


D. - Quali frutti spirituali, Eccellenza, Viterbo e Bagnoregio possono portare con sé dopo questa visita?


R. – Il frutto importante, che non è sempre facile cogliere, è proprio questo: che la Chiesa, potremmo dire quasi con una formula, “sia sempre più Chiesa”, e cioè lo spazio dove il Signore ha la sua accoglienza e rivela la potenza del suo dono, e proprio per questo è in grado di essere nel mondo segno e strumento di un’umanità che si rinnova e di una società più fraterna. Le due realtà sono collegate: laddove l’autenticità del credere - e il Papa molto ha insistito sulla fede – diventa più profonda, lì, la germinazione sul piano sociale, culturale, delle relazioni e della convivenza umana diventa più profonda. Ecco perché il Papa dice: “Siate credenti e questo farà germogliare la pienezza del messaggio del Regno di Dio”.


D. – Qual è stato il momento che lei personalmente ha vissuto con particolare partecipazione emotiva?


R. – Ecco, potrebbe essere un’elencazione molto lunga questa, ma oltre al momento eucaristico, che è stato di grande densità, ce ne sono stati due. Uno, l’ingresso nel Conclave, perché l’abbiamo voluto spoglio, e questa nudità stava ad indicare che quello è il luogo privilegiato dello Spirito Santo, e con il Papa, laddove sono stati eletti cinque Papi. In questa sala nuda con le cinque effigi c’è stata grande emozione. E poi il ricordo del cammino del teologo Ratzinger, dagli anni ’50, con Bonaventura. Questo, credo, abbia toccato profondamente anche la memoria e le corde più vive del cuore di Benedetto XVI, che ci ha fatto uno dei regali più belli che potevamo attendere.



Radio Vaticana

07/09/2009 18:26
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Il compito di Pietro

Per la sedicesima volta Benedetto XVI ha visitato una diocesi d'Italia, la nazione di cui il vescovo di Roma è primate. Con uno scopo semplice e limpido, sottolineato dal motto scelto per la visita: confermare i fedeli, come disse Gesù a Pietro durante l'ultima cena, secondo il racconto dell'evangelista Luca. E il Romano Pontefice lo ha fatto con la sua presenza e la sua parola, accolto con un affetto espresso in modo emblematico nella carezza che un'anziana religiosa ha fatto alla mano convalescente del Papa prima di baciarla, un gesto di devozione e cura femminili tanto toccante quanto spontaneo e imprevisto.
Come è abituale, durante la celebrazione liturgica svoltasi a Viterbo con un raccoglimento davvero impressionante, Benedetto XVI ha spiegato le Scritture e, partendo dall'immagine del deserto del cuore umano chiuso a Dio e al prossimo, ha mostrato come Gesù sia passato, anche in terre pagane, risanando e indicando la via per una nuova umanità, buona e senza discriminazioni, che offra al mondo di oggi un esempio di autentica fraternità. Sullo sfondo, la figura di Bonaventura che cercò la "sapienza radicata in Cristo" e al quale si appassionò il giovane ricercatore Ratzinger al punto da dedicare al grande teologo francescano la sua tesi di abilitazione alla docenza.
Ai fedeli della diocesi di Viterbo il Papa ha parlato rivolgendosi a tutti i cattolici italiani, circondato dal suo cardinale vicario con i vescovi del Lazio e accolto con cordialità dalle autorità civili in un quadro di evidente serenità istituzionale. Riprendendo le linee spirituali e pastorali del vescovo dell'antica città già sede pontificia, Benedetto XVI ha sottolineato l'importanza dell'educazione - priorità tanto delle comunità cristiane quanto di tutta la società - e l'urgenza di "vivere e testimoniare la fede nei vari ambiti della società", indicandone esplicitamente alcuni: l'impegno sociale, l'azione politica, lo sviluppo umano integrale, che è al centro dell'enciclica Caritas in veritate, testo che ha suscitato un larghissimo interesse, anche al di là dei confini visibili della Chiesa cattolica.
Il Papa è naturalmente ben consapevole del cambiamento delle stagioni storiche e dei contesti sociali, così come delle difficoltà che si presentano in ogni tempo. Ma altrettanto chiara è la sua convinzione che resta immutata l'esigenza di "vivere il Vangelo in solidarietà" con tutti. Per questo chiede ai cattolici italiani - a ogni componente della Chiesa ma in particolare al laicato - di sapere essere all'altezza della loro storia al servizio della dignità di ogni persona umana e per il bene comune del Paese.
E ai cattolici di una terra singolarmente legata alla sede romana, come a ogni fedele in Italia e nel mondo, Benedetto XVI ha chiesto di pregare per lui. Per potere "svolgere sempre con fedeltà e amore la missione di Pastore di tutto il gregge di Cristo". Come i suoi predecessori, tra i quali il Papa ha ricordato - e certo non per caso - l'esempio di san Leone Magno, originario della Tuscia, "che rese un grande servizio alla verità nella carità, attraverso un assiduo esercizio della parola".

g. m. v.


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"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
07/09/2009 19:01
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Tutte le tappe della visita del pontefice a Viterbo e Bagnoregio

Una giornata indimenticabile

di Giuseppe Ferlicca

E' stata una celebrazione esemplare. In una giornata indimenticabile.
Un Papa molto soddisfatto, quello che ha commentato a pranzo, alla Domus La Quercia, la liturgia mattutina a Valle Faul.
A tavola con venticinque vescovi e il suo seguito, il Santo Padre si è soffermato sulla messa e l'Angelus a Viterbo.
“E' stata – ha detto - una celebrazione esemplare, con gente composta e devota". La compostezza dei devoti viterbesi è stata notata.
Qualcuno ha anche notato a tratti, pochi applausi. Non perché nella Tuscia le persone sono più fredde. Più semplicemente, sono state seguite le indicazioni impartite dai cerimonieri, che hanno chiesto di non applaudire, per dare alla cerimonia stessa un tono più solenne.
Il pranzo è stato un momento in cui il Santo Padre si è potuto rilassare prima di riprendere il programma previsto, con l'incontro di preghiera alla Domus , quindi il trasferimento a Bagnoregio.
Sono stati serviti piatti tutti preparati con prodotti locali. Si parla di porzioni molto abbondanti, che il Santo Padre ha accompagnato bevendo aranciata.
Una giornata molto intensa, ravvivata dalla presenza di ventimila persone in città.
Tutto è iniziato la allo stadio Rocchi, con l'arrivo salutato dalle autorità, primo fra tutti il sottosegretario Letta in rappresentanza del Governo. Quindi il trasferimento in piazza San Lorenzo.
Alla loggia del palazzo Papale, il saluto del sindaco Marini e delle altre autorità e una visita privata alla sala del conclave. Quindi la cerimonia a Valle Faul. Intensa.
Poi a Santa Rosa , un momento di preghiera davanti al corpo incorrotto di Santa Rosa, prima del bagno di folla con i facchini e mini facchini di Santa Rosa, che hanno donato al Papa una miniatura della Macchina.
Sul sagrato, Papa Ratzinger ha ammirato Fiore del Cielo, incontrando il costruttore Granziera e gli ideatori, Arturo Vittori e Andreas Vogler.
“Mi ha fatto i complimenti – dice Vittori – il vescovo poi gli ha detto che sono il fratello dell'astronauta e si è complimentato nuovamente.
Con Andreas hanno parlato in tedesco e gli ha detto di quando lavorava a Monaco”.
Poi alla Domus La Quercia. Prima dell'incontro di preghiera in cattedrale con 120 suore di clausura in rappresentanza dei dodici monasteri, il Papa ha ricevuto gli organizzatori della visita, insieme ad altri.
Tra cui anche l'ex assessore provinciale Renzo Trappolini.
Uno dei principali artefici dell'evento.
E' stato proprio durante una visita in Vaticano, con il vescovo Chiarinelli e il presidente Mazzoli, che Trappolini, prendendo spunto dagli studi del Pontefice su San Bonaventura, ha proposto la visita.
Particolarmente sentito l'incontro con le suore, che hanno festeggiato il Santo Padre, festeggiamenti proseguiti all'uscita della cattedrale, quando la folla sulla piazza ha salutato con calore il Pontefice. Poi la partenza per Bagnoregio, salutato da due ali di folla.
La visita nella Tuscia si è conclusa alle 19, con il rientro a Castel Gandolfo.

© Copyright Tuscia Web


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E il pontefice parla con Santa Rosa

Il faccia a faccia tra il successore di Cristo e la giovinetta che, da secoli, è l’emblema di Viterbo. Dopo l’adorazione si alza e quasi carezza l’urna.

Nicola Moncada

L’impressione è stata netta. Il Papa, in piedi accanto a lei, ha parlato con Rosa. Il linguaggio, non terreno, è risultato inudibile ai presenti. E, tuttavia, eloquente.
Tra il Papa che, dopo averla adorata, s’era accostato all’urna, quasi sfiorandola con una mano, e la Santa che, otto secoli fa, s’era fatta umile “ancella di Cristo”, è successo qualcosa. Il Papa, immobile, lievemente chino, ha contemplato la Santa. La Santa, nel suo giaciglio, si lasciava guardare. Ma era come se, al di là del vetro, ci fosse qualcosa di vigile. Sì: è stato un faccia a faccia in cui, tra i due, è corso qualcosa. Parole indicibili in lingua umana: ma che, in un ordine “altro”, erano un lungo discorso. Un discorso dolcissimo, sommesso, fermo. Il Papa, nel Santuario, c’era entrato poco prima.
Ad accoglierlo, le Clarisse, con la madre badessa, e ragazze che vorrebbero diventare delle novizie. Accanto al Papa, leggermente discosto, il Vescovo, Lorenzo Chiarinelli. Il Papa, in un Santuario assorto, vuoto, silenzioso, s’è inginocchiato. E ha pregato. Poi, ha incontrato la Santa. Di Rosa, il Papa, con la guida sempre sollecita e misurata del Vescovo, ha guardato anche il cuore. Era a destra dell’urna. Sulla sinistra, un tavolo. Sopra, una Bibbia, una papalina (che, realizzata dalle Clarisse e indossata dal Papa, è stata poi conservata per ricordo), una supplica (delle suore, che imploravano la benedizione del Papa, e che il Papa ha firmato) e un documento impressionante: la pergamena, lunga mezzo metro e larga pochi centimetri, su cui, al tempo di Rosa o subito dopo, un cronista rimasto anonimo scrisse quella che, oggi, è nota come la “Vita I”: la prima storia di Santa Rosa. La storia, se così si può dire, originale. Perchè, nella “Vita II”, vengono aggiunti altri miracoli: ma sono quelli della tradizione francescana.
Su quella carta, la prima immagine di Santa Rosa: un disegno, assai stilizzato, con un ovale che è, insieme, dolce e assorto, il mento leggermente pronunciato, gli occhi chini a terra. E, in mano, un grosso ramoscello d’olivo. Era commovente, quella “Vita I”, così gelosamente custodita negli archivi e che, dalle sue righe, pareva ancora sprigionare l’effluvio spirituale della Santa.Poi, all'uscita dal Santuario, l’incontro con una delegazione di miifacchini: il Papa, appena meno blindato dal protocollo, ha mostrato la sua larga umanità con i piccoli. Ha parlato da padre e, insieme, come uno di loro.

© Copyright Corriere di Viterbo, 7 settembre 2009


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Il diacono accanto al Papa? Un poliziotto

Tiratori scelti, artificieri, cani antisabotaggio e agenti “infiltrati” a Viterbo e Bagnoregio. L’eccezionale lavoro di una sicurezza “invisibile”.

(nm)

Durante la messa a Valle Faul, sedeva accanto al Papa, vestito di verde e di bianco.
Sembrava (ed era) un diacono. Ma, nello stesso tempo, era anche un noto uomo di polizia: l’ispettore Trevi, in forza alla questura di Viterbo e, in passato, al vertice del Commissariato di Tarquinia. Non è stata, questa, la sola sorpresa che ha riservato l’imponente apparato della sicurezza. C’erano altri “infiltrati”: come un infermiere.
Per la sicurezza del Papa, non è stato trascurato nulla: sia a Viterbo, sia a Bagnoregio. Con gli uomini del questore Urti che, tramite il capo di Gabinetto, Ada Morgese, hanno tenuto contatti, per settimane, con i colleghi del Vaticano. E, in particolare, con la Gendarmeria vaticana e l’Ispettorato di polizia del Vaticano. Complessivamente, per quel che riguarda le forze dell’ordine viterbesi, sono stati impiegati oltre duecento uomini. Con l’ausilio, tra gli altri, dei tiratori scelti, degli artificieri e dei cani antisabotaggio. Sovrintendente di tutti i servizi, sia a Viterbo che a Bagnoregio, è stato il vicario, Vincenzo Cianchella. Direttori dei servizi, rispettivamente, Di Fusco a Bagnoregio e Monaco a Viterbo. Alla Quercia, prezioso è stato il ruolo del dirigente dell’Anticrimine, Peruzzi. Da sottolineare che, per qualche ora, alla Domus, è entrata in vigore l’extraterritorialità. Quell’ambito, infatti, è stato preso in consegna dalla Gendarmeria vaticana. Si trattava, infatti, di uno spazio della Curia. Curia che, per l’appuntamento della Quercia, aveva selezionato le quaranta presenze per la cerimonia del baciamano. Notabili viterbesi, sponsor, persone che, per essere ammesse alla presenza del Papa, avevano ragioni particolari e specialissime. Centoventi, invece, sono state le suore, provenienti dai dodici monasteri della Tuscia, che sono entrate nel Santuario della Quercia (e che, alla vista del papa, hanno fatto un tifo da concerto rock). Molte le suore giovani, le straniere. Tutte entusiaste, sorridenti, piene di letizia e di amabilità. Splendide le loro vesti. Bianche, rosse, del colore del cielo. “Fiaccole” della spiritualità, le ha definite il Papa.
Ma tutte, per entrare, hanno dovuto esibire il loro pass. A esaminarli, una graziosa scout. Una delle migliori espressioni di quel volontariato che, da tempo, si sta guadagnando, in silenzio, posizioni di assoluto rilievo nella società viterbese. Il risultato, per comune riconoscimento, è stato uno dei più riusciti servizi per la sicurezza del Papa mai realizzati negli ultimi anni. Va detto che, a contribuire al felice esito della giornata, è stata anche la popolazione. La disciplina della gente. Non, però, l’atteggiamento di tanti uomini, della politica e delle istituzioni, che, a vario titolo, pretendevano di avere accesso ai luoghi riservati della visita papale senza che, alla loro richiesta, corrispondesse un qualche fondamento.
Tra coloro che, il 6 settembre, hanno avuto una buona ragione d’essere presenti, l’ex sindaco di Bagnoregio, Erino Pompei, e l’assessore provinciale Aldo Fabbrini. Pare abbiano portato, a suo tempo, una copia rilegata della sua tesi di laurea su San Bonaventura a Ratzinger; dopo che, già tre anni fa, era stato Pompei a iniziare il lungo, delicato e sotterraneo lavoro per far venire il Pontefice nella Tuscia.

© Copyright Corriere di Viterbo, 8 settembre 2009

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Quella mano che plana e si risolleva

Ricorda le movenze del direttore d’orchestra o del pianista.

(nm)

E’ un’immagine che, il 6 settembre, si è impressa nella memoria di una moltitudine, delle decine di migliaia di viterbesi e bagnoresi che, assiepati lungo il percorso, si sono protesi verso il Papa. La sua mano, allungandosi verso le mani, le teste (quelle degli anziani, dei bambini, da carezzare) sembrava planare e, nel momento stesso in cui sfiorava, già si ritraeva, per sollevarsi nel gesto del saluto.
Una mano da direttore d’orchestra o, meglio, da pianista. Visto che, nel relax del Papa, c’è, notoriamente, il pianoforte (l’amato Mozart, soprattutto). Planare.
Quella mano lunga, bianca, affusolata, scende appunto dall’alto. Aleggia. Diodati, quando tradusse le prime parole della Bibbia, “e lo spirito di Dio aleggiava sulla distesa delle acque”, si riferì al movimento degli uccelli “quando planano”.
Le mani sono, per un uomo, lo strumento principe con cui opera. Il Papa, con i gesti della sua mano, ha portato conforto. C’è stato chi, il momento della benedizione e della carezza, l’ha atteso per anni. E per anni, quando cominceranno a comprendere, lo ricorderanno i bambini.

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Da Valle Faul a Bagnoregio lo stesso entusiasmo

DAL NOSTRO INVIATO A V ITERBO

PINO CIOCIOLA

La città è dentro il bianco e il giallo che accende mille sue finestre, mille negozi, che scivola giù dal Palazzo dei Papi attraverso un lungo drappo e le bandiere.
L’elicottero che porta a Viterbo Benedetto XVI sorvola Valle Faul qualche minuto dopo le nove e fa nulla che l’applauso il Santo Padre non possa sentirlo, vede di certo, sotto di lui, le migliaia di fazzoletti che sventolano per salutarlo: sono già almeno in 10mila e arriveranno ad essere il doppio tra un’ora, all’inizio della Messa, e soltanto nella piccola Valle.
Fra le vie di questa città respira la storia e molta è quella stessa della Chiesa: questa gente lo sa, ne è fiera, ma stamani la storia è adesso. Forse è per questo che tanti uomini e donne c’erano ventisette anni fa a salutare il Papa quando venne Giovanni Paolo II e ci sono ancora oggi.
«Sono venuta per il Papa e prima sono andata a Messa alle sei e mezza stamattina nella mia chiesa che è tanto bella: quella della Trinità, la vede lì?», dice contenta una signora che ha passato la settantina, indicando una cupola che se fosse appena un po’ più avanti s’affaccerebbe proprio sulla Valle.
Joseph Ratzinger atterra nello stadio. Le strade lungo cui passerà la papamobile sono transennate, piene di persone e bandierine con lo stemma pontificio, che lo aspettano.
Tira un gran vento, fa quasi freddo e quest’ultima è una specie di... sorpresa.
Il Papa varca Porta Fiorentina e poco più in là lo salutano gli sbandieratori di Viterbo e il corteo storico del Pilastro. Più avanti, a piazza San Lorenzo, è la banda musicale viterbese ad accoglierlo suonando l’inno pontificio.
Le stime fatte nelle settimane scorse prevedevano quindicimila fedeli tra Valle Faul e le strade cittadine, ma sono state sbagliate e nemmeno di poco: ci saranno venticinquemila persone, arrivate da tutta la diocesi ed anche dalla provincia (tant’è che la Regione Lazio ha destinato la scorsa settimana 20mila euro al comune per il potenziamento dei mezzi di trasporto necessari a raggiungere il capoluogo della Tuscia). Dare loro una mano tocca a circa quattrocento volontari con la casacca verde, soprattutto ragazzi delle parrocchie (tanti scout) e delle associazioni viterbesi.
Fuori Porta Faul vengono accolti i pullman. Punti informativi e d’assistenza sono tuttavia dislocati in tutto il centro della città: i fedeli, ordinatamente, ricevono una bottiglietta d’acqua, che ha voluto offrire la Coldiretti, una bandana, il libretto della celebrazione e un cappellino, che è bianco e porta il logo e il motto voluti dalla diocesi per questa visita di Benedetto XVI: «Conferma i tuoi fratelli». C’è anche lo stand per l’annullo postale speciale (in accordo sempre fra la diocesi e le Poste italiane) che ricorderà la visita papale.
Il «cuore» forte di questa giornata in qualche modo è però a Valle Faul e poi, nel pomeriggio, anche a Bagnoregio. Nella Valle, per la Messa, c’è tanta gente davvero.
Sotto l’altare – in prima fila – siedono le autorità da una parte e dall’altra i malati e i disabili, tanti: hanno un sorriso nuovo quando Benedetto arriva. La celebrazione la vivono lì, vicini al Papa, commossi a tratti. E forse c’è un’immagine su tutte che raffigura quest’intera Valle stamani: un’anziana donna inginocchiata, a pregare, le mani giunte, il viso sereno e dolce, la sua fronte delicatamente poggiata sulla transenna.
Una suggestione tutta particolare è più tardi, quando il Santo Padre raggiungerà la basilica di Santa Rosa e, col sagrato invaso dai facchini e dai mini facchini che l’hanno trasportata (come ogni anno, da secoli, lo scorso 3 settembre), nella piazza del santuario troverà la maestosa Macchina di Santa Rosa: Fiore del cielo, com’è stata battezzata. Scrosceranno applausi. La religiosità genuina dei viterbesi, soprattutto, diventerà palpabile.
Nel primo pomeriggio Benedetto raggiunge il santuario della Madonna della Quercia, sempre a Viterbo. E poi Bagnoregio, il paesino a pochi minuti dove si custodisce la reliquia di san Bonaventura.
Qui visita la cattedrale di San Nicola, venera quella reliquia, poi in piazza sant’Agostino incontra di nuovo la gente ed è di nuovo festa in un mare di bianco e giallo nel paese. Si avvicina e saluta gli ammalati e i disabili uno a uno, stringe loro le mani e loro baciano le sue, qualcuno emozionandosi, qualcun altro commuovendosi. La papamobile procede a fatica, nelle strade strette, nell’abbraccio dei fedeli.
Ormai fa caldo e anche il vento ha smesso di tirare. La giornata del Papa si conclude, il suo elicottero decolla per riportarlo al Palazzo Apostolico. La gente torna nelle sue case. Sì, la sensazione è che per tutta questa gente la storia sia stata adesso.

© Copyright Avvenire, 8 settembre 2009

Papa Ratzi Superstar









"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
09/09/2009 00:57
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Ad ali spiegate. Benedetto XVI a Bagnoregio
di Robert Moynihan*


ROMA, martedì, 8 settembre 2009 (ZENIT.org).- A volte pensiamo che i problemi fisici e materiali siano i più importanti, perché sono molto evidenti: piove, abbiamo bisogno di un riparo; arriva l'inverno, dobbiamo fare scorta di cibo; il bambino ha la febbre, servono medicine per curarlo.
Se guardiamo ai Vangeli e consideriamo la nostra vita, però, iniziamo a riconoscere che i nostri problemi più seri sono quelli spirituali.

E' per questo che Gesù va al di là della guarigione fisica, non si limita a guarire il cielo e il sordo – cosa che abbiamo letto nel Vangelo domenicale (Mc 7,34), quando ha pronunciato la parola aramaica “Effatà” (“Apriti”) e gli orecchi del sordo si sono aperti. (Ci sono solo tre occasioni in cui Marco riporta Gesù che parla in aramaico: in questo caso, quando dice “Talità kum” - “Fanciulla, io ti dico, alzati” - in Mc 5,41 e al momento della crocifissione (Mc 15,34), quando grida “Eloì, Eloì, lemà sabactàni? - “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”).


E' per questa ragione che Gesù perdona i peccati. Perché cadere nel peccato porta alla disperazione e alla morte. Il peccato è il pesante fardello che Gesù vuole rimuovere dalle spalle degli uomini, dal loro cuore.

E' il suo perdono dei peccati a indignare i capi religiosi del suo tempo – perché solo Dio può perdonare i peccati.

Gesù ha portato la speranza. L'ha portata ai ciechi, ai sordi, ai morenti, ha perfino risuscitato i morti. Ha portato speranza anche ai peccatori, a quanti erano spiritualmente morti. Ha portato la speranza di una nuova vita a quanti non speravano più ed erano in preda alla disperazione.

Benedetto XVI è il Vicario di Cristo, il Successore di Pietro.

In quanto tale, la sua missione, nel suo senso più profondo, è semplicemente quella di portare speranza.

Il Papa concepisce la propria missione in questo modo: deve portare speranza a un mondo che, nonostante tanta ricchezza e tanto potere apparenti, è spiritualmente impoverito.

E' la missione di portare significato ai tanti che possono essere arrivati a pensare che la vita non ha più senso.

E' questo il contributo di Benedetto XVI nella battaglia tra la “cultura della vita” e la “cultura della morte”. Si batte in favore del significato, del vero “Logos” che è il significato stesso, e facendo questo porta speranza a chi l'ha persa.

Domenica pomeriggio, il Papa si è recato a Bagnoregio, il paese natale di San Bonaventura, per continuare la sua missione.

Nella sua omelia, ha fatto un riferimento alla speranza incredibilmente bello e che vale la pena di ricordare.

Bonaventura visse nel 1200, il cosiddetto Medioevo, quando l'Europa stava costruendo le grandi cattedrali e istituendo le università, di cui beneficiamo ancora oggi.

Bonaventura nacque nel 1221 e morì nel 1274. Anche se non visse a lungo, divenne uno dei maggiori teologi cattolici di tutti i tempi.

Domenica, Benedetto XVI ha celebrato Bonaventura come messaggero di speranza.

Il Santo Padre ha parlato di come Giovanni Fidanza – il nome di battesimo di Bonaventura – sia divenuto “Fra Bonaventura”, un frate francescano, e poi Ministro Generale dell'Ordine francescano, che tentava di rinnovare la fede cristiana dell'epoca con un impegno alla totale povertà.

“Non è facile sintetizzare l’ampia dottrina filosofica, teologica e mistica lasciataci da san Bonaventura”, ha detto il Pontefice, ma ha aggiunto che se dovesse scegliere un elemento sottolineerebbe la “sapienza radicata in Cristo”.

Bonaventura ha orientato ogni passo del suo pensiero “alla sapienza che fiorisce in santità”.

Il santo, ha ricordato il Papa, “fu, in primo luogo, un instancabile cercatore di Dio sin da quando frequentava gli studi a Parigi, e continuò ad esserlo sino alla morte”, e i suoi scritti indicavano la strada che doveva prendere questa ricerca.

“Poiché Dio è in alto”, scrisse nel suo “De reductione artium ad theologiam”, “è necessario che la mente si innalzi a Lui con tutte le forze”.

Ma come può farlo la mente umana? La nostra mente, con lo studio e la riflessione, può davvero arrivare vicino a Dio?

Bonaventura, ha spiegato il Papa, credeva che lo studio e la riflessione non fossero di per sé sufficienti. Lo studio deve essere accompagnato dalla grazia, insegnava, la scienza dall'amore, l'intelligenza dall'umiltà (“Itinerarium mentis in Deum”, prol. 4).

“Questo cammino di purificazione coinvolge tutta la persona per arrivare, attraverso Cristo, all’amore trasformante della Trinità”, ha commentato Benedetto XVI. “La fede è pertanto perfezionamento delle nostre capacità conoscitive e partecipazione alla conoscenza che Dio ha di se stesso e del mondo; la speranza l’avvertiamo come preparazione all’incontro con il Signore, che segnerà il pieno compimento di quell’amicizia che fin d’ora ci lega a Lui. E la carità ci introduce nella vita divina, facendoci considerare fratelli tutti gli uomini”.

Il Pontefice ha quindi parlato specificamente della speranza.

“San Bonaventura fu messaggero di speranza. Una bella immagine della speranza la troviamo in una delle sue prediche di Avvento, dove paragona il movimento della speranza al volo dell’uccello, che dispiega le ali nel modo più ampio possibile, e per muoverle impiega tutte le sue forze. Rende, in un certo senso, tutto se stesso movimento per andare in alto e volare”.

“Sperare è volare, dice san Bonaventura. Ma la speranza esige che tutte le nostre membra si facciano movimento e si proiettino verso la vera altezza del nostro essere, verso le promesse di Dio. Chi spera - egli afferma - 'deve alzare il capo, rivolgendo verso l’alto i suoi pensieri, verso l’altezza della nostra esistenza, cioè verso Dio' (Sermo XVI, Dominica I Adv., Opera omnia, IX, 40a)”.

Ogni cuore umano ha sete di speranza, ha proseguito il Vescovo di Roma avviandosi alla conclusione del suo intervento. “Nell’Enciclica Spe salvi ho notato che non basta però una qualsiasi speranza per affrontare e superare le difficoltà del presente; è indispensabile una 'speranza affidabile', che, dandoci la certezza di giungere ad una meta 'grande', giustifichi 'la fatica del cammino'”.

“Solo questa 'grande speranza-certezza' ci assicura che nonostante i fallimenti della vita personale e le contraddizioni della storia nel suo insieme, ci custodisce sempre il 'potere indistruttibile dell’Amore'”.

“Quando allora a sorreggerci è tale speranza non rischiamo mai di perdere il coraggio di contribuire, come hanno fatto i santi, alla salvezza dell’umanità, aprendo noi stessi e il mondo all’ingresso di Dio: della verità, dell’amore, della luce” (cfr. Spe salvi, n. 35).

“Ci aiuti san Bonaventura a 'dispiegare le ali' della speranza che ci spinge ad essere, come lui, incessanti cercatori di Dio, cantori delle bellezze del creato e testimoni di quell’Amore e di quella Bellezza che 'tutto muove'”, ha concluso.

Se seguiamo gli insegnamenti di Papa Benedetto, e quelli di Bonaventura, e ci concentriamo sulla ricerca della “speranza affidabile” annunciata da Gesù Cristo, possiamo anche noi dare alla nostra anima le ali di cui ha bisogno per volare, nonostante tutte le prove di questo mondo che ci affliggono. Allora anche noi potremo elevarci come gli uccelli mettendo in moto tutto il nostro essere e diventando, in qualche modo, quella speranza autentica che tanto desideriamo.

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Robert Moynihan è fondatore ed editore del mensile “Inside the Vatican” e autore del libro “Let God's Light Shine Forth: the Spiritual Vision of Pope Benedict XVI” (2005, Doubleday). Si può consultare il suo blog su www.insidethevatican.com. Il suo indirizzo di posta elettronica è: editor@insidethevatican.com.



[Traduzione dall'inglese di Roberta Sciamplicotti]

25/09/2009 22:20
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Benedetto XVI.L'abbraccio dei dodicimila

IL PROGRAMMA. La diocesi e la prefettura pontificia hanno messo a punto i dettagli della visita papale dell'8 novembre. Le tappe di Botticino, Brescia e Concesio. Tanti saranno ammessi in piazza Paolo VI 2000 volontari di Ana, Agesci e oratori

Massimo Tedeschi

Brescia. Dodicimila bresciani in piazza Paolo VI per la messa papale dell'8 novembre. Molti di più, probabilmente, lungo le tappe del tracciato: all'uscita dalla base di Ghedi, durante l'attraversamento di Rezzato, la sosta a Botticino, gli spostamenti in città, la visita a Concesio.
Non meno di duemila volontari (ragazzi degli oratori e dell'Agesci, ma anche personale della Protezione civile ed alpini dell'Ana) saranno mobilitati per vigilare sul percorso del corteo papale: Benedetto XVI lo coprirà, avendo al fianco il vescovo di Brescia mons. Luciano Monari, a bordo della papamobile bianca.
Prende corpo il programma della visita di papa Ratzinger a Brescia il prossimo 8 novembre per rendere omaggio a Paolo VI. Manca ancora il visto della prefettura pontificia (atteso a giorni) ma ieri un briefing di don Adriano Bianchi (direttore dell'Ufficio comunicazioni sociali della diocesi) con la stampa locale ha chiarito numerosi aspetti. Una messe di notizie è peraltro offerta dal sito internet della diocesi (www.diocesi.brescia.it).
L'attenzione mediatica sull'evento è alta. La Rai ha garantito la diretta tv della messa e dell'Angelus papale, le troupe locali e nazionali sono mobilitate.
La sala stampa sarà allestita nella saletta Sant'Agostino in Broletto. In occasione della visita di Giovanni Paolo II a Brescia nel '98 (durata però due giorni) vennero accreditati 500 fra giornalisti e fotografi. Un numero che potrebbe venire avvicinato anche in questa circostanza.
Se la visita di Giovanni Paolo II si svolse in spazi e con tempi larghi (atterraggio in elicottero a Campo Marte, cerimonia pomeridiana in piazza Paolo VI, pernottamento al Centro pastorale Paolo VI, messa domenicale di canonizzazione del beato Giuseppe Tovini allo stadio di Mompiano) stavolta gli spazi e i tempi sono serrati. L'arrivo all'aerobase militare di Ghedi è considerata «sosta tecnica»: il Papa saluterà alcuni rappresentanti della base ma non ci saranno cerimonie pubbliche. Poi di corsa a Botticino dove il Papa sosterà in preghiera nella parrocchiale-santuario di Sera e venererà il corpo di San Arcangelo Tadini. A seguire, sempre con un occhio al cronometro, la corsa attraverso Sant'Eufemia verso il centro della città.

IL CORTEO PAPALE entrerà in città lungo via San Faustino. La papamobile sfilerà in piazza Loggia: una sosta al monumento che ricorda le vittime della strage in questo momento non è prevista, ma non si escludono decisioni diverse. In piazza Paolo VI ci sarà tempo solo per due brevi saluti di accoglienza pronunciati dal vescovo, mons. Luciano Monari, e dal sindaco di Brescia Adriano Paroli. Il Papa poi entrerà in duomo dal portale di sinistra rispetto all'entrata principale, sfilerà davanti al monumento a Paolo VI, sosterà in preghiera davanti al Santissimo, incontrerà i seminaristi e una delegazione di ammalati, fra cui alcuni piccolissimi pazienti oncologici. Poi il corteo liturgico uscirà su via Querini per entrare in piazza Paolo VI.
Durante la cerimonia e la recita dell'Angelus faranno ala al pontefice 400 sacerdoti bresciani. In piazza ci saranno posti a sedere e in piedi. I pass di ingresso sono distribuiti dalle zone pastorali e dai movimenti ecclesiali. Un settore sarà riservato a 2.600 giovani (nella zona sud della piazza), un altro di fronte al sagrato alle autorità. Il governo dovrebbe essere rappresentato dal sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta ma nessuno, in questo momento, si sente di escludere un blitz dell'ultima ora del premier in persona. Chi non riuscirà ad entrare in piazza potrà «consolarsi» con i maxischermi sistemati in Piazza Loggia, Largo Formentone, Corso Zanardelli angolo corso Palestro e Piazzetta S. Luca (ex cinema Crociera).

DOPO LA MESSA il Papa si recherà al centro Paolo VI dove pranzerà, riposerà, incontrerà privatamente alcune persone. Alle 16.15 la partenza alla volta di Concesio: lì visiterà la casa natale di papa Montini e la nuova sede dell'Istituto Paolo VI dove visiterà la biblioteca e la collezione Arte e spiritualità.
Nell'auditorium da 300 posti il Papa presenzierà alla consegna del premio Paolo VI, quest'anno dedicato a un'istituzione formativa. Pare che la scelta sia caduta sull'Istituto delle fonti cristiane «Sources Chrétiennes», collana inaugurata dai futuri cardinali Henri de Lubac e Jean Daniélou e giunta a 530 volumi, tutti dedicati a testi di padri della Chiesa e autori cristiani dal I al XV secolo. Una realtà culturale amatissima dal teologo Ratzinger. Dopo la cerimonia il Papa sosterà per una breve preghiera nella parrocchiale di Concesio infine, alle 18.15, la partenza verso la base di Ghedi. Stavolta su un'auto civile, per concludere le 11 ore trascorse in terra bresciana.

© Copyright Brescia Oggi, 14 ottobre 2009 consultabile online anche qui.

Indispensabili i pass per entrare

L'accesso alla piazza Paolo VI per la messa presieduta dal Papa sarà consentito solo a coloro che avranno il pass gratuito. I pass disponibili (a sedere e in piedi) sono circa 8300. Verranno spediti (mezzo raccomandata) ai vicari zonali suddivisi per ciascuna parrocchia a seconda del numero degli abitanti. Ogni parrocchia avrà a disposizione posti a sedere e posti in piedi. I giovani avranno un settore loro riservato di 2.600 posti in piedi (oltre gli 8.300) gestiti direttamente dall'Ufficio oratori. I pass saranno contrassegnati da un colore che identifica i varchi di accesso (indicati sul pass stesso). Le piazze Loggia e Rovetta sono libere, non serve pass. Saranno attrezzate con maxi schermo, verrà distribuita l'eucaristia, il Papa vi transiterà con la papamobile. Chi non sarà in possesso del pass potrà trovare ampie zone lungo il passaggio del Papa.

© Copyright Brescia Oggi, 14 ottobre 2009


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