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Viaggio apostolico in Giordania e Israele

Ultimo Aggiornamento: 08/07/2009 21:40
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05/05/2009 17:08
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Cresce l'attesa dei cattolici in Terra Santa per l'arrivo del Papa. Mons. Twal: abbiamo bisogno dell'incoraggiamento del Santo Padre


Davanti ad una folta schiera di giornalisti e cineoperatori, il nunzio apostolico in Israele, l'arcivescovo Antonio Franco, il Patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal, il vicario patriarcale latino per Israele, mons. Marcuzzo, e il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, hanno tenuto a Gerusalemme una conferenza stampa nel corso della quale hanno illustrato gli ultimi preparativi in vista dell’arrivo di Benedetto XVI. Da Gerusalemme, il nostro inviato Roberto Piermarini.

“Vi abbiamo invitato perchè, come giornalisti, avete una missione: presentare nel mondo migliore questa visita, comprendendo la specificità di questo pellegrinaggio papale, che sarà un’incessante preghiera per la ricerca dell’unità e della pace in questa terra così tormentata”. E’ questo lo spirito con il quale vuole essere accolto Benedetto XVI. Lo hanno affermato il nunzio apostolico in Israele, mons. Franco, e il Patriarca latino di Gerusalemme, mons. Twal, nell’incontro che hanno avuto in mattinata con i giornalisti al centro Notre-Dame di Gerusalemme. In particolare, mons. Twal non ha nascosto che il viaggio papale, nel contesto palestinese e israeliano, possa essere strumentalizzato, vista la delicata situazione politica che si vive nella regione. Ma una visita al campo palestinese "Aida Refugee", vicino a Betlemme, ad esempio, è stato voluto dal Papa per immergersi nella drammatica realtà delle migliaia di profughi palestinesi, che spesso dimentica la comunità internazionale. Da Gaza, ha sottolineato mons. Twal, è stata fatta la richiesta per l’accesso alla Messa a Betlemme per 250 cristiani palestinesi, ma fino ad oggi il governo israeliano ha concesso il permesso solo a un centinaio di loro.


“Perché il Papa non andrà a Gaza?” ha chiesto un giornalista. Perché a Gaza i cattolici sono una piccolissima minoranza. Diverso il discorso per la Cisgiordania: lì, ha detto mons. Twal, dei 15 mila cristiani palestinesi, 11 mila hanno ottenuto il permesso per recarsi in territorio israeliano per partecipare agli incontri con il Papa. Sui problemi della sicurezza a Nazareth, è intervenuto il vicario mons. Marcuzzo, il quale ha assicurato che non ci sono rischi per il Papa, il quale tra l’altro userà la "papamobile" nella Messa presso il Monte del Precipizio e che le contestazioni alla visita sono state da parte di alcune sparute frange estremiste, già isolate dalla sicurezza. E’ stato anche chiesto dai giornalisti se è vero che il presidente Perez restituirà alla Chiesa il Cenacolo. “La questione è oggetto di lunghe consultazioni”, ha detto mons. Franco, “ma ancora non c’è niente di definitivo”.


Sulla presenza del Papa al Mausoleo dell’Olocausto, lo Yad Vashem, che in una delle sue sale contiene un’offensiva didascalia contro Pio XII, il nunzio apostolico ha detto che il Papa non ha mai messo in discussione la visita in questo luogo, perché vuole rispettare le vittime della Shoah. Mons. Marcuzzo ha invitato la stampa a non dimenticare il senso di questa visita pastorale e spirituale del Papa in Medio Oriente, che affronterà quattro temi in ognuna delle sue tappe più significative: in Giordania la Chiesa, a Nazareth la vita, a Gerusalemme la pace e la riconciliazione e a Betlemme la famiglia. Infine, mons. Franco ha ricordato le parole del Papa al Regina Caeli di domenica, quando ha sottolineato che si recherà sui luoghi santi per confermare e incoraggiare i cristiani di Terra Santa, facendosi pellegrino di pace, rilanciando il dialogo e la riconciliazione.


Sull’attesa della comunità cattolica, ma no solo, per l’arrivo di Benedetto XVI in Terra Santa, il nostro inviato a Gerusalemme, Roberto Piermarini, ha raccolto la testimonianza del Patriarca latino della Città Santa, mons. Fouad Twal:

R. - Lo attendiamo con gioia, con speranza, con entusiasmo: vediamo in lui un segno della Provvidenza che viene a pregare con noi, per noi tutti, per la pace, per tutti gli abitanti di Terra Santa. E' un padre che comincerà ad incoraggiare i fedeli in Giordania e poi continuerà qui. Dobbiamo avere un cuore grande, non limitarci alle piccole cose, alle meschinità. Al contrario, al bel gesto da parte sua deve corrispondere un bel gesto da parte nostra attraverso tanta ospitalità, accoglienza e coraggio.


D. - Mons. Twal, nel Regina Coeli di domenica scorsa il Papa ha detto che verrà ad incoraggiare i cristiani di Terra Santa che devono affrontare quotidianamente non poche difficoltà. Quali sono queste difficoltà? Lei ha parlato di “calvario della comunità cristiana”…


R. - Basta andare da qui a Betlemme, a Nazareth per vedere questo calvario: tutti i check-point che esistono, il muro che ci si para dinanzi... Non possiamo arrivare all’aeroporto, abbiamo problemi di visti che non arrivano, il problema della riunificazione delle famiglie cristiane tra Gerusalemme est e Ramallah. E ancora, la distruzione delle case, la loro demolizione. Questo è il calvario di una chiesa, però non dimentichiamo che il calvario è stato seguito da una resurrezione. Noi puntiamo sulla resurrezione e non ci fermiamo mai al calvario.


D. - La fa soffrire la lenta ma inesorabile emigrazione all’estero dei cristiani di Terra Santa?


R. - Sì che ci fa soffrire. Ormai, solo a Gerusalemme abbiamo appena 10 mila cristiani - tra cattolici, ortodossi e protestanti - a fronte di una comunità musulmana di 250 mila persone e di quella israeliana di 550 mila. Facciamo il possibile per fermare e limitare al massimo questa emigrazione: però tocca agli stessi cristiani capire che la loro presenza qui è una missione, devono accettare gli ostacoli e non abbandonare davanti ai problemi. E’ qui che c’è la Terra Santa, che ci sono le nostre radici.


D. - Ebrei, cristiani e musulmani sono tutti sensibili a questa visita del Papa?


R. - Tutti sono sensibili e poi siamo "costretti" a vivere gli uni accanto agli altri. Quindi, sarebbe meglio trovare il modo di poter vivere in pace.


D. - Quale importanza ha questo viaggio, invece, dal punto di vista ecumenico?


R. - Molto bello. Noi abbiamo voluto fare un incontro al Patriarcato ortodosso per fortificare i nostri rapporti. Già abbiamo buone relazioni tra noi e le diverse comunità, specialmente con la Chiesa cattolica. Ogni tanto c’è un piccolo problema, ma fa parte dello scenario della Terra Santa, non dobbiamo drammatizzare.


D. - Nella Terra Santa di oggi è difficile avere il coraggio della pace?


R. - No, no. Dobbiamo restituire a questa Terra Santa la sua vocazione di santità. Più che la guerra per il territorio, dovremmo impegnarci di più per la santità, per la riconciliazione, per il perdono, per carità fraterna. Ne abbiamo tanto, tanto bisogno. Questo è il nostro coraggio.


[Radio Vaticana]




Cardinale Sandri: “Benedetto XVI desiderava andare in Terra Santa”
Presentato a Roma un libro sui Luoghi Santi in preparazione al viaggio papale

di Inma Álvarez


ROMA, martedì, 5 maggio 2009 (ZENIT.org).- Il Cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha affermato che il viaggio in Terra Santa era uno degli obiettivi che Papa Benedetto XVI accarezzava fin dai primi momenti del suo pontificato.

Lo ha rivelato in alcune dichiarazioni ai giornalisti riuniti per la presentazione del libro “Terra Santa. Viaggio dove la fede è giovane” (ed. AVE), in preparazione al prossimo viaggio papale. Il testo, opera di Giorgio Bernardelli, è stato presentato il 28 aprile nella Sala Marconi della “Radio Vaticana”.

Secondo quanto ha osservato il Cardinale Sandri, “questo desiderio di visitare la Terra Santa era un desiderio del Papa fin dall'inizio”. “Ha dovuto compiere dei viaggi che già erano in un certo senso stabiliti del pontificato precedente, come la Giornata Mondiale della Gioventù a Colonia o la Giornata delle Famiglie in Spagna”.

“Invece il suo grande desiderio come primo viaggio e quindi come significato di tutto il suo pontificato verso Gesù, verso la Parola di Dio, era andare in Terra Santa”, ha aggiunto. “Il viaggio principale che dava il tono di tutto il suo Pontificato era questo”.

Una missione di pace

Per il porporato, la Terra Santa “è testimone di una giovinezza perenne offerta alla Chiesa e tramite la Chiesa all'umanità”.

“Alla Terra Santa è poi affidata una missione di speranza. È la speranza di una celeste Gerusalemme; di una definitiva convocazione dall'Oriente e dall'Occidente di tutti i popoli nella lode del Signore”. Per questo, ha spiegato, “la Gerusalemme storica e i cristiani che la abitano fisicamente o col cuore, e soprattutto con la fede, devono condividere la missione di unità e di pace propria della Chiesa e che trova in questa città una insuperabile icona”.

In questo senso, ha auspicato che la visita del Papa sia “un monito per tutti coloro che sono investiti di una responsabilità, ad ogni livello, perché non si attardino a liberare in modo definitivo la pace, donata al mondo da Cristo Risorto, il Principe della Pace”.

Unità dei cristiani

Il Cardinale Sandri ha anche riferito le proprie esperienze di viaggi precedenti a Gerusalemme, sottolineando che si sta compiendo una grande opera di dialogo, “di incontro tra i nostri cattolici, soprattutto quelli del Patriarcato latino a Gerusalemme, della Custodia di Terra Santa, e i nostri fratelli greco-ortodossi e armeni”.

Questi incontri, ha constatato, mirano a “limare le asprezze che ci possono essere”, perché ciascuno possa mantenere i diritti acquisiti “lungo gli anni, lungo la storia” e si possa dimostrare in questo campo l'unità per “glorificare Gesù Cristo e portare la gente a vederlo”.

“Non so se ci sono degli episodi che si verificano a livelli più bassi nei rapporti di ogni giorno, ma certamente a livello di Chiese c'è un cammino verso l'unità”, ha aggiunto.

Dal canto suo, il porporato non ha ricevuto opinioni contrarie alla visita del Papa da parte dei vari presuli, anzi, l'arrivo del Pontefice viene interpretato come un segno di speranza “pur in mezzo a tante difficoltà”.

La presenza del Papa è “portatrice di serenità, di pace e di stimolo a tutti coloro che sono responsabili della realtà o della situazione di quella gente”.

Anche per l'autore del libro la visita di Benedetto XVI è “un momento importante per la Chiesa. E' quando Pietro ritorna nella terra delle origini, quindi deve essere un momento per scoprire le radici della nostra fede”, così come un'occasione “per il dialogo anche con ebrei e musulmani”.

“Su questo credo che Papa Ratzinger possa stupirci”, ha osservato.

In alcune dichiarazioni a ZENIT, Bernardelli ha affermato che è necessario considerare la Terra Santa nel suo insieme, non soffermandosi solo sulla dimensione biblico-archeologica, “chiudendo gli occhi sulla vita di chi vive oggi in Terra Santa, oppure all'estremo opposto fermandoci solo ai problemi dell'attualità”.

Anche il Cardinale Sandri ha sottolineato che “non c'è luogo al mondo nel quale i cristiani di ogni confessione e i credenti nel vero Dio, come tanti altri cercatori di Dio provenienti dal mondo intero, possano vantare il privilegio e la fatica di una quotidiana frequentazione”.

[Con informazioni di Mercedes de la Torre]

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