Google+
 
Pagina precedente | 1 2 3 4 5 6 7 | Pagina successiva

Viaggio apostolico in Camerun e Angola

Ultimo Aggiornamento: 02/05/2009 17:13
Autore
Stampa | Notifica email    
20/03/2009 16:21
OFFLINE
Post: 9.153
Post: 530
Registrato il: 22/08/2006
Registrato il: 20/01/2009
Utente Comunità
Utente Senior
CAPITOLO I
LA CHIESA IN AFRICA OGGI

5. Lo sguardo che la Chiesa rivolge a questo continente si alimenta alle fonti della vita concreta delle comunità cristiane nel loro contesto ordinario di vita. Il bene che si fa è spesso più discreto ma più profondo del male bruciante e tragico riportato dai media. Le Chiese particolari hanno percepito l’influsso dello Spirito nelle società africane in generale, e nella Chiesa in particolare, specialmente dopo la Prima Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi.


I. Dalla Prima alla Seconda Assemblea Speciale per l’Africa

6. Il contesto sociale africano è andato modificandosi in maniera significativa dopo l’ultima assise sinodale del 1994. Pur se, a grandi linee, determinati problemi fondamentalmente umani restano invariati, alcuni dati invitano ad approfondire le questioni già sollevate quindici anni fa sul piano religioso, politico, economico e culturale.

1. Dal 1994 al 2009: un nuovo contesto sociale

Evoluzioni positive

7. L’azione di grazia è la prima risposta delle Chiese particolari. In effetti, l’emancipazione dei popoli dal giogo dei regimi dittatoriali annuncia una nuova era e l’inizio, pur se timido, di una cultura democratica, come attestano le varie elezioni che hanno avuto luogo in tutto il continente. Durante il periodo di transizione politica di alcuni Paesi, il desiderio della Chiesa di restare imparziale nella condotta degli affari politici è stato riconosciuto e applaudito, mediante l’invito ai Vescovi a presiedere le Conferenze Nazionali Sovrane e le iniziative intraprese dai fedeli laici per promuovere autentiche istituzioni democratiche. Merita, inoltre, di essere rilevato l’esempio dell’accordo quadro tra Santa Sede e Repubblica del Gabon sui principi e su alcune disposizioni giuridiche riguardanti le loro relazioni e la loro collaborazione, firmato il 12 dicembre 1997 e ratificato il 2 giugno 1999.

8. I dirigenti africani hanno assunto maggiore consapevolezza della responsabilità storica nei riguardi dei conflitti, a volte sanguinari, provocati dalle elezioni (segni di crescita politica verso la creazione di uno Stato di diritto). Essi stessi assicurano la mediazione nei Paesi in crisi o cercano vie pacifiche: il contenzioso della penisola di Bakassi tra il Camerun e la Nigeria fu regolato in maniera esemplare sotto l’egida delle Nazioni Unite. Nei riguardi di tutto il continente, la creazione tanto dell’Unione Africana quanto della Nuova Partnership per lo Sviluppo Africano (NEPAD) è da accogliere come segno di una volontà, da parte dei responsabili politici, di offrire una visione e un quadro strategico per permettere all’Africa di uscire dalla povertà e dall’emarginazione in un movimento generale di globalizzazione. Il Meccanismo Africano di Controllo Paritario (MAEP) è uno strumento di cui il continente si è munito per valutare gli sforzi compiuti tanto nella cultura della democrazia quanto in economia. A livello delle Nazioni, l’esempio della Commissione “Verità e Riconciliazione”, in Sudafrica e in altri Stati, è riuscito ad utilizzare il modello tradizionale africano de l’arbre à palabre e degli elementi cristiani (ad esempio la concessione del perdono a colui che confessa il proprio peccato) per evitare al Paese di precipitare nel caos. Pur tuttavia, il carattere volontarista e la mancanza di una qualche forma di riparazione o di compensazione non ne limitano l’efficacia?

9. La Chiesa ha potuto accompagnare in questo processo i cristiani e i non cristiani, in particolare attraverso le organizzazioni di pastorale sociale. E le Comunità Ecclesiali Viventi (CEV) [2] hanno vissuto l’impegno sociale alla luce della Sacra Scrittura.

10. La Chiesa ha visto gli effetti di una forte azione dello Spirito nella crescita delle proprie comunità [3]: battezzati, vocazioni sacerdotali e religiose, movimenti e associazioni di fedeli laici, ecc. Nel continente si è manifestata in diverse forme una grande sete di Dio e, paradossalmente, il proliferare delle sette ne è un ulteriore segno. Oggi la Chiesa, che celebra il bimillenario della nascita di San Paolo, ricorda la convinzione del grande Apostolo delle Genti: «Non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo!» (1 Cor 9, 16). Ma dove, dunque, Cristo invia i suoi discepoli ad annunciare la Buona Novella alle società africane del nostro tempo? Come annunciare Gesù Cristo in Africa nei nuovi aeropaghi del continente (cf. At 17, 22ss.)?

Discernimento, nello Spirito Santo, delle radici delle nostre sofferenze

11. Tutto ben considerato alla luce dello Spirito Santo, le Chiese particolari ritengono che nel cuore ferito dell’uomo si annidi la causa di tutto ciò che destabilizza il continente africano [4]. L’egoismo alimenta l’attrattiva del guadagno, la corruzione e l’avarizia, mentre spinge alla sottrazione indebita di beni e ricchezze destinati a intere popolazioni. Inoltre, la sete di potere provoca il disprezzo di tutte le regole elementari di buon governo, utilizza l’ignoranza dei popoli, manipola le differenze politiche, etniche, tribali e religiose, e istalla la cultura del guerriero come eroe e quella del debito per sacrifici passati o torti commessi. Ciò che contamina la società africana è, fondamentalmente, ciò che proviene dal cuore dell’uomo (cf. Mt 15,18-19; Mc 7,15; v. anche Gen 4).
12. In connivenza con uomini e donne del continente africano, forze internazionali sfruttano questa miseria del cuore umano che non è specifica delle società africane. Esse fomentano le guerre per la vendita delle armi. Sostengono poteri politici irrispettosi dei diritti umani e dei principi democratici per assicurarsi, come contropartita, dei vantaggi economici (sfruttamento delle risorse naturali, acquisizione di mercati importanti, ecc.). Minacciano, infine, di destabilizzare le nazioni e di eliminare tutti coloro che vogliono affrancarsi dalla loro tutela.

13. La globalizzazione è un fatto di questo secolo e, anche se tende ad emarginare il continente africano, è impossibile parlare dei problemi e delle soluzioni dell’Africa senza implicare altri continenti e le loro istituzioni economiche e finanziarie, come pure la loro rete d’informazione il cui impatto sulle società africane è considerevole. Le comunità ecclesiali invitano, pertanto, i Padri sinodali ad esaminare questi drammi di cui le società africane sono in parte responsabili e in parte vittime [5].

2. L’Assemblea sinodale in una traiettoria di continuità
14. I Pastori d’Africa, in unione con il Vescovo di Roma che presiede alla comunione universale della carità [6], hanno ritenuto che un approfondimento dei problemi già sollevati nel corso della precedente Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, e ripresi nell’Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa, meritasse una maggiore attenzione. Si tratta di iscrivere il cammino sinodale attuale nella traiettoria di quello precedente, tanto a livello delle domande che saranno oggetto della riflessione collegiale, quanto dell’atteggiamento cristiano richiesto.

15. In effetti, i problemi sopra menzionati erano già stati oggetto di attenzione da parte dei Padri sinodali [7]. La Chiesa in Africa si era presentata, allora, con modello di Famiglia di Dio, evangelizzatrice mediante la testimonianza: «Mi sarete testimoni» (At 1, 8). Agli albori del XXI secolo, essa intende proseguire la riflessione sulla sua missione di comunione e sul suo impegno a servire la società come nuova dimensione dell’annuncio del Vangelo, essendo «sale della terra» e «luce del mondo» (Mt 5, 13.14) [8].

16. I Lineamenta hanno invitato, in riferimento all’Esortazione Apostolica Postsinodale Ecclesia in Africa, «a fare un inventario e un esame di coscienza; in altri termini, dobbiamo porci tre interrogativi: cosa ha fatto Ecclesia in Africa? Cosa abbiamo fatto di Ecclesia in Africa? Cosa resta da fare […] in funzione del nuovo contesto africano?» [9].

Dopo la Prima Assemblea Speciale ed Ecclesia in Africa
17. Affinché la Chiesa in Africa si manifesti appropriatamente, la Prima Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi ha proposto il modello della Chiesa Famiglia di Dio, segnalando tra le condizioni di una testimonianza credibile: la riconciliazione, la giustizia e la pace. Essa raccomandava, inoltre, la formazione dei cristiani alla giustizia e alla pace, il rafforzamento del ruolo profetico della Chiesa, la giusta remunerazione dei lavoratori [10] e l’istituzione di Commissioni Giustizia e Pace [11]. Cosa permette di constatare uno sguardo retrospettivo?

18. Le risposte delle Chiese particolari riconoscono, in grande maggioranza, che l’Esortazione Ecclesia in Africa è stata e continua ad essere vissuta. In alcuni luoghi, essa non è ancora sufficientemente diffusa ed applicata, nonostante le sue chiare raccomandazioni. Si deve continuare a compiere ogni sforzo affinché il suo messaggio, che resta sempre attuale e pertinente, venga assimilato. A questo scopo, si suggerisce l’utilizzo della radio, della stampa, delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. La catechesi, le celebrazioni liturgiche e i congressi teologici, da parte loro, possono apportare il proprio contributo specifico. È quindi auspicabile che sia intrapresa una valutazione approfondita da parte di esperti di come è stata accolta l’Esortazione Apostolica Postsinodale, per rilevare ciò che è stato fatto e mettere in luce ciò che resta ancora da fare.

19. Alcune Chiese particolari hanno analizzato, nel proprio ambito specifico, quelle raccomandazioni dell’Esortazione Postsinodale che hanno trovato applicazione:

- Le Assemblee plenarie del Simposio delle Conferenze Episcopali d’Africa e Madagascar (SCEAM/SECAM); in particolare quelle del 1997 e 2000.

- Il piano d’azione pastorale: alcune Conferenze Episcopali e alcune diocesi si sono munite di piani d’azione pastorale.

- L’Apostolato biblico, compresa la traduzione della Bibbia nelle lingue locali [12], ha permesso una ripresa di interesse per la lettura della Sacra Scrittura, e ha reso le celebrazioni della Parola di Dio più dinamiche, più partecipative e, pertanto, più effettive.

- Le Comunità Ecclesiali Viventi [13]: esse sono veri luoghi di studio, meditazione e condivisione della Parola di Dio; favoriscono un’espressione della fede cristiana nel quadro tipico di una comunità tradizionale africana. L’esperienza d’integrazione dei funerali nella liturgia eucaristica presso il domicilio del defunto, per ricordare la speranza cristiana nella risurrezione e indicare la famiglia come cellula viva della Chiesa Famiglia di Dio, si è rivelata un potente sostegno della fede [14].

- La famiglia [15]: l’evangelizzazione della famiglia è consistita, tra l’altro, nel considerare lo spazio familiare, «chiesa domestica», come luogo di incontro dei cristiani, e nel lottare contro ogni comportamento in contraddizione con il piano divino sulla famiglia: ad esempio l’omosessualità, la prostituzione e l’aborto.

- I giovani [16]: la Chiesa ha eretto o consolidato delle strutture per guidare i giovani; si è preoccupata anche di nominare dei cappellani per l’apostolato dei giovani e per coordinarne la partecipazione alla vita della Chiesa sul piano nazionale e internazionale.

- I congressi e i simposi teologici: numerosi incontri di ricerca e riflessione hanno permesso di approfondire le questioni sollevate dalla Prima Assemblea e da Ecclesia in Africa.

- La Chiesa come mediatrice [17]: la Chiesa ha servito da mediazione tra parti in conflitto e ha difeso e sostenuto la causa dei più vulnerabili della società («la voce di chi non ha voce»).

- Lo sviluppo integrale [18]:attraverso la Caritas e altre organizzazioni di pastorale sociale, la Chiesa è presente nella lotta contro le povertà umane d’ogni genere. Sono stati organizzati sinodi diocesani e interdiocesani per riflettere sulla sfida rappresentata dalla povertà e dalla dipendenza economica.

- Le Commissioni Giustizia e Pace [19]:esse sono state veri strumenti d’evangelizzazione risvegliando le coscienze cristiane alla difesa dei diritti umani, il buon governo, ecc.; insieme ad altre organizzazioni ecclesiali orientate verso il sociale, hanno contribuito alla formazione civica di cristiani e non cristiani per promuovere la giustizia, la pace e la riconciliazione.

- I mezzi di comunicazione sociale [20]: l’investimento della Chiesa nei mass media, in particolare nella radio, continua ad aumentare; si tratta di mezzi potenti per comunicare riconciliazione, giustizia e pace come dimensione della Buona Novella della salvezza.

- Il dialogo ecumenico e interreligioso [21]: esso si è manifestato in maniera tangibile come strumento di rispetto reciproco nelle azioni per la salute (in particolare l’HIV/AIDS, la malaria e il colera), per la promozione della pace, il buon governo e la democrazia, ma anche in altre iniziative concrete.

- Il flagello dell’AIDS [22]: sono state create strutture (ospedali e centri sanitari) e organizzazioni per la lotta contro questo flagello e per l’accompagnamento dei malati e dei loro familiari.

- L’autosufficienza [23]: alcune Chiese particolari hanno creato progetti capaci di produrre risorse (ad es. banche, compagnie d’assicurazione, unità di produzione agricola, ecc.) per sostenere l’opera d’evangelizzazione.

I compiti da realizzare
20. I compiti definiti dalla Prima Assemblea sono un cantiere aperto che occorre portare avanti. La Seconda Assemblea dovrebbe correggere la mancanza di un sistema di follow-up dell’applicazione dei risultati dell’Assemblea e dell’Esortazione Apostolica Postsinodale. Alcune Chiese particolari hanno proposto come luoghi di attenzione i seguenti settori sociali:

- La famiglia. Si fa sentire un bisogno di creatività per rispondere alle necessità spirituali e morali della famiglia. Alcune Chiese particolari, che cercano di accompagnare le famiglie nelle sfide che esse incontrano e di guidare gli sposi, si domandano se non si debbano elaborare strategie e programmi di servizio.

- La dignità della donna. Un gran numero di Chiese particolari ritengono che la dignità della donna debba ancora essere promossa tanto nella Chiesa quanto nella società. In effetti, le donne e, in generale, i laici non sono ancora pienamente integrati nelle strutture di responsabilità della Chiesa e nella progettazione del suo programma pastorale.

- La missione profetica. La ricerca della pace e della giustizia è parte integrante della missione profetica legata all’annuncio del Vangelo (cf. Lc 4, 16-19). Spesso tale azione è bloccata dalla pressione dei poteri e dalla limitatezza delle risorse finanziarie. Le questioni di giustizia e pace sono assegnate alle Commissioni Giustizia e Pace mentre lo sviluppo alla Caritas o agli organismi d’azione pastorale specializzati in questo settore. Come rendere visibile l’unità intrinseca dei due aspetti?

- Le comunicazioni e le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Resta ancora da compiere uno sforzo affinché le radio diventino genuinamente cattoliche. I media hanno bisogno di essere evangelizzati, mediante la formazione di coloro che li animano. Le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione sono oggi un contesto imprescindibile d’evangelizzazione. Quali sono le vie attraverso le quali la Chiesa vi si può impegnare?

- L’autosufficienza. Numerosi programmi ecclesiali in Africa dipendono ancora, in vasta misura, da donatori. Questo stato di fatto non presenta il rischio, da una parte, di beneficiare di fondi provenienti da organizzazioni che non rispettano i diritti umani, e, dall’altra, di ipotecare l’autonomia e la proprietà dei programmi, dei progetti e delle strutture a scapito della Chiesa e dei beneficiari?


II. Alcuni punti critici della vita delle società africane

21. I problemi sottoposti ai Padri sinodali interpellano vivamente la coscienza cristiana. Tali problemi sono presenti non solo nella società ma anche nella stessa Chiesa, poiché i cristiani sono figli e figlie delle loro società. «Tutte le Chiese d’Africa […] portano in sé questa fragilità della situazione attuale dei Paesi africani a numerosi livelli istituzionali, finanziari, teologici, culturali e anche giuridici» [24]. Li possiamo raggruppare in tre ambiti: politico, economico e culturale.

1. L’ambito socio-politico

22. In questi ultimi anni sono apparsi, sul piano politico, segni che fanno sperare in una maturazione delle coscienze civiche; una società civile attiva si fa sempre più visibile nella lotta per i diritti umani; uomini e donne in politica si mostrano assetati della rinascita del continente in ogni ambito, mentre la preoccupazione di una risoluzione interafricana dei conflitti, constatata qua e là, dimostra che alcuni esponenti delle classi politiche africane hanno una viva consapevolezza del fatto che spetta loro educare politicamente i propri popoli e guidare le proprie Nazioni verso una vita di pace e prosperità.

23. Tuttavia, la società continua a lottare per liberarsi di molteplici impedimenti. Alcuni dirigenti politici danno prova di insensibilità verso i bisogni del popolo, perseguono interessi personali, disprezzano le nozioni di bene comune, perdono il senso dello Stato e dei principi democratici, elaborano politiche faziose, partigiane, clienteliste, etnocentriste e incitano alla divisione per poter regnare. In alcuni luoghi, il partito al potere tende ad identificarsi con lo Stato. La nozione di autorità è concepita allora come “potere” – partito al potere, condivisione dei poteri – e non come “servizio” (cf. Mt 20, 24ss.; v. anche 1 Re 3). Si constata, inoltre, con tristezza, che i politici, uomini e donne, dimostrano una grave mancanza di cultura in materia politica, violano senza scrupolo i diritti umani e strumentalizzano tanto la religione quanto le istituzioni religiose, di cui ignorano, d’altronde, la missione e la funzione nella società. Non stupisce, quindi, che alle controversie politiche essi oppongano risposte bellicose. La mancanza di coscienza ed educazione civica dei cittadini viene quindi sfruttata a danno di questi ultimi. Solo un ambiente politico stabile può favorire la crescita economica e lo sviluppo socio-culturale.

2. L’ambito socio-economico

24. Nel mondo degli affari, alcuni dirigenti d’impresa e alcune corporazioni di uomini e donne d’affari hanno la ferma volontà di risanare e raddrizzare l’economia del Paese: le vie di comunicazione in certe regioni, se non a livello continentale, sono migliorate; istituzioni finanziarie sono state create da africani, ecc. In sostanza, si scopre una volontà di creare ricchezza per ridurre la povertà e la miseria, e migliorare la salute delle popolazioni.

25. Questi sforzi sono ancora rallentati dal malfunzionamento delle istituzioni statali che dovrebbero accompagnare gli attori economici. Poiché in Africa manca un mercato interno che potrebbe creare un ambiente economico favorevole alle produzioni locali, i prezzi di queste, spesso fissati dai richiedenti, sono bassi. I piccoli produttori difficilmente hanno accesso ai crediti e il cattivo stato delle infrastrutture di comunicazione impedisce un smercio fluido dei loro prodotti. Ne consegue che i giovani dei villaggi, di fronte alla mancanza di una politica agraria, non riescono più a restare nel loro ambiente. La città, però, non è la risposta poiché il tasso di disoccupazione aumenta. I lavoratori percepiscono salari miseri quando, semplicemente, non sono pagati. In alcune regioni, sussiste ancora la schiavitù. Le tasse sono eccessivamente alte e, a volte, illecite. Inoltre, l’aiuto internazionale alle istituzioni che si preoccupano della sorte delle popolazioni è spesso accompagnato da condizioni inaccettabili. Quanto alle materie prime, sono sfruttate con licenze di cui si ignorano i criteri di attribuzione; i proventi finanziari sono largamente sottratti da alcuni provocando, così, una ripartizione disuguale di tali ricchezze nella società.

26. I programmi di ristrutturazione delle economie africane, proposti dalle istituzioni finanziarie internazionali, si sono rivelati funesti. Le ristrutturazioni “imposte” hanno comportato, da una parte, l’indebolimento delle economie africane e, dall’altra, il degrado del tessuto sociale con l’aumento, di conseguenza, del tasso di criminalità, l’allargamento del divario tra ricchi e poveri, l’esodo dalle zone rurali e la sovrappopolazione delle città [25].

27. La crisi alimentare e quella energetica hanno già colpito il nostro continente e manifestano l’urgenza di soluzioni globali e di reazioni etiche ai disordini provocati dai mercati.

28. Le multinazionali continuano ad invadere gradualmente il continente per appropriarsi delle risorse naturali. Schiacciano le compagnie locali, acquistano migliaia d’ettari espropriando le popolazioni delle loro terre, con la complicità dei dirigenti africani. Inoltre, recano danno all’ambiente e deturpano il creato che ispira la nostra pace e il nostro benessere, e con cui le popolazioni vivono in armonia.

29. La crisi che colpisce oggi le istituzioni finanziarie riguarda anche il continente, a più livelli:

- gli investimenti diretti stranieri rischiano di diminuire;

- le istituzioni finanziarie africane beneficeranno difficilmente di crediti dalle banche occidentali per fare, a loro volta, prestiti alle imprese e agli individui, così che ne risentirà l’economia reale;

- l’aiuto allo sviluppo rischia di soffrirne, in quanto i progetti finanziati da fondi esteri (in difficoltà) potrebbero essere sospesi, e gli impegni dei Paesi industrializzati nei confronti di quelli poveri rischiano ugualmente di esserlo;

- a causa della recessione, sui mercati sviluppati la domanda di produzioni africane (in particolare di materie prime) potrebbe diminuire.

Si impone pertanto una riflessione sul fatto che l’Africa (tranne il Sudafrica) sia esclusa dalla ricerca di soluzioni al sistema finanziario internazionale attuale.

3. L’ambito socio-culturale
30. In numerose regioni del continente, i popoli africani conservano un amore profondo per la loro cultura. Artisti, musicisti, scultori, ecc., danno libero corso al loro genio con opere sempre più apprezzate. Si riconosce che il radicamento culturale condiziona lo sviluppo integrale dei singoli individui e delle collettività. Così, uomini e donne del continente si uniscono per promuovere l’eredità culturale della loro terra. Alcuni Stati vi si sono impegnati risolutamente. Queste attività associate permetteranno di salvaguardare gli autentici valori africani di rispetto degli anziani, della donna come madre, della cultura della solidarietà, dell’aiuto reciproco e dell’ospitalità, dell’unità, della vita, dell’onestà e della verità, della parola data, ecc., minacciate da quelle venute da altri continenti [26] e diffuse attraverso il fenomeno della globalizzazione?

31. Il deterioramento dell’identità culturale ha condotto a uno squilibrio interiore delle persone che si manifesta con la rilassatezza morale, la corruzione e il materialismo, la distruzione del matrimonio autentico e della nozione di famiglia sana, mediante l’abbandono delle persone anziane e la negazione dell’infanzia. In seguito ai conflitti armati si è installata una cultura di violenza, di divisione e il mito del guerriero eroe. Sembra che, col pretesto della modernità, sia in atto un processo organizzato di distruzione dell’identità africana. E ciò si rivela tanto più efficace quanto più permane l’analfabetismo a causa dell’investimento carente nell’educazione da parte dei poteri pubblici. L’educazione dei giovani è così abbandonata all’influenza degli antivalori diffusi dai mass media, da certi politici e da altre figure pubbliche.

32. Alcune credenze e pratiche negative delle culture africane esigono, tuttavia, una vigilanza del tutto speciale: la stregoneria lacera le società dei villaggi e delle città e, in nome della cultura o della tradizione ancestrale, la donna è vittima delle disposizioni in materia di eredità e dei riti tradizionali di vedovanza, della mutilazione sessuale, del matrimonio forzato, della poligamia, ecc.

33. È in questi diversi ambiti che le Chiese particolari si sentono interpellate e si attendono molto dalla riflessione dei Padri sinodali, alla luce della Rivelazione.

III. Riflessioni teologiche sul tema del Sinodo

34. Il sottotitolo del tema sinodale indica la prospettiva in cui le comunità ecclesiali sono invitate a servire la riconciliazione, la giustizia e la pace. Esso la radica nella Parola di Cristo che chiama i suoi discepoli ad agire some «sale della terra» (Mt 5, 13) e «luce del mondo» (Mt 5, 14). È ciò che noi dobbiamo essere affinché, attraverso il nostro agire, lo Spirito di Cristo produca «buone opere» che riconcilino, compiano la giustizia e la pace nella Chiesa e nella società in Africa (cf. Mt 5, 16).

1. I discepoli di Cristo come «Sale» e «Luce»

Il contesto della Parola di Gesù

35. Nell’insegnamento del discorso della montagna in Mt 5, 3-10, Gesù ci introduce nella visione della sua missione: far entrare nel Regno del Padre suo i poveri, gli afflitti, i miti, coloro che hanno fame e sete di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace e i perseguitati per causa della giustizia. Così, tutti coloro che sono suoi discepoli devono collaborare all’avvento di questo Regno, prestando attenzione all’affamato, al malato, allo straniero, all’umiliato (che è nudo), al prigioniero. Poiché dice il Signore, «ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 40).

La traduzione in atto della visione di Cristo

36. Perché questa visione diventi realtà, Gesù coinvolge anzitutto i suoi discepoli, preparandoli a vivere assieme a lui la persecuzione, gli insulti e ogni sorta d’infamia «per causa mia» (Mt 5, 11). Pertanto, impegnarsi nella sequela di Cristo, nella sua missione, vuol dire accettare di soffrire con lui per condividerne la gloria, come attesta la vita dei santi del nostro continente, e particolarmente in questi ultimi secoli, i martiri dell’Uganda (Charles Lwanga e i suoi compagni [martirizzati tra 1885 e il 1887]), i santi Daniel Comboni (1831-1881), Joséphine Bakhita (1869-1947); i beati Charles de Foucauld (1858-1916), Victoire Rasoamanarivo (1848-1894), Isidore Bakanja (1880/1890-1909), Cyprien Michel Iwene Tansi (1903-1964), Clémentine Nengapeta Anuarite (1941-1964). Essi sono stati «sale» nella terra in cui sono vissuti, e «luce» nel mondo che li ha visti vivere.

37. I due simboli del sale e della luce esprimono una duplice dimensione nell’identità del discepolo. L’immagine del «sale della terra» caratterizza i discepoli come agenti di trasformazione tra i propri fratelli e sorelle che abitano la terra. In effetti, come il sale cambia il sapore degli alimenti nei quali è aggiunto, così i discepoli di Cristo sono chiamati a vivere in maniera da dare al loro ambiente un sapore migliore d’umanità. Questo impatto della vita del discepolo sfugge allo sguardo, come il sale che si dissolve e diventa invisibile. E, come al gusto, il mondo sentirà l’effetto trasformatore della presenza efficace del discepolo. I santi e i beati che la Chiesa propone come esempi ai cristiani illustrano, con la loro vita, l’efficacia della testimonianza cristiana sulla vita sociale, in quanto la loro azione non ha lasciato indifferente nessuna delle loro società. Bisogna credere che, come il sale conserva, purifica e protegge, così una vita santa conserva quanto di meglio c’è nell’umanità (i suoi valori autentici) e la protegge dalla corruzione (cf. Gen 18, 17-33).

38. Per quanto riguarda la seconda immagine, essa invita i discepoli ad identificarsi con la «luce del mondo». Gesù non li incoraggia a mettersi in mostra; egli, del resto, denuncia gli ipocriti (cf. Mt 6, 1ss.). Ad ogni modo, però, la luce destinata a illuminare non può restare nascosta; come una città collocata sopra un monte, essa sarà sempre visibile (cf. Mt 5, 14-16). In altre parole, il discepolo che illumina non può passare inosservato. Si tratta di essere luce che illumina l’uomo e tutto ciò che in lui è disumano, rendendolo visibile e intelligibile mediante le «buone opere»: dar da mangiare all’affamato, dar da bere all’assetato, accogliere il forestiero, vestire colui che è nudo, visitare i malati e gli anziani, prendersi cura dei prigionieri, ecc. (cf. Mt 25, 35-36). La vita di una comunità ecclesiale che incarna la Parola diventa allora lampada sui passi della società in generale, affinché siano evitati i cammini di morte e si intraprendano invece quelli che conducono alla vita, cioè alla sequela di Gesù, «via, verità e vita» (Gv 14, 6).

39. In definitiva, con queste due immagini Gesù interpella profondamente coloro che lo ascoltano affinché trasformino la società umana con il proprio essere e mostrino, con il proprio esempio di vita, le vie che conducono al Regno di Dio, promesso a quanti sono schiacciati e sottoposti ad angherie, coloro che la società respinge. Il Regno appare allora come la terra di consolazione, di sazietà e misericordia, ereditata dai figli di Dio. Esso si estende grazie all’agire del discepolo, servitore sensibile ad ogni sofferenza umana, traducendo in atto la preghiera insegnataci da Gesù: «Padre […] venga il tuo Regno!» (Mt 6, 10).

2. La Chiesa Famiglia di Dio e la “diaconia”

Una Chiesa Famiglia a servizio

40. Su invito di Gesù Cristo, il Maestro, la comunità dei suoi discepoli, che è la Chiesa, è diventata una Famiglia di figli e figlie del Padre (cf. Mt 5, 16.45.48; 6, 26.32; 7, 11). L’amore vissuto dal Figlio unigenito diventa la caratteristica dei membri di questa Famiglia, chiamata a seguire l’esempio del fratello maggiore con il servizio fraterno o diakonia. In effetti, dopo aver lavato i piedi dei suoi discepoli, Gesù dichiara loro: «Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi» (Gv 13, 15). E nella sua risposta al dottore della legge che sapeva bene come leggere la Legge per trarne l’essenziale, cioè l’amore per Dio e per il prossimo (cf. Lc 10, 25-28), Gesù dice: «va’ e anche tu fa’ lo stesso». Di fatto, l’esempio che gli fornisce nella parabola è un modello di diakonia, in cui l’amore si traduce in atto concreto nella figura del buon Samaritano (cf. Lc 10, 29-37), figura in cui riconosciamo Gesù stesso al capezzale di ogni sofferenza umana, modello per la Chiesa che si preoccupa dell’Africa in cerca di riconciliazione, di giustizia e di pace.

A servizio della giustizia e della pace

41. Secondo le parole del salmista, «giustizia e pace si baceranno» (Sal 84, 11). È una caratteristica del Regno di Dio di cui invochiamo l’avvento quando preghiamo il Padre: «Venga il tuo Regno!». La Chiesa Famiglia sa così di essere inviata affinché in Africa si realizzi un mondo di giustizia e di pace, un mondo in cui Dio regna, perché è stato riconciliato con il proprio Dio e con se stesso. Quali strade intraprendere in questi tempi di turbamenti e ingiustizie che il mondo finge di non vedere?

A servizio della riconciliazione

42. Gesù Cristo è la fonte della riconciliazione di Dio con l’umanità e con ogni persona. Egli è anche operatore di riconciliazione degli uomini tra di loro (cf. Mt 6, 12; Rm 5, 10-11); è il fondamento della missione della Chiesa. La Chiesa Famiglia di Dio in Africa si sente investita del «ministero della riconciliazione» (2 Cor 5, 18), poiché essa è messaggera del «Vangelo della pace» (Ef 6, 15), che la rende un unico Corpo e Tempio dello Spirito Santo. Su esempio di Cristo, essa è artefice di riconciliazione nel suo corpo di carne. I cristiani, in quanto costruttori di comunione, chiameranno la società africana all’unione dei cuori e ne daranno essi stessi l’esempio con la testimonianza della vita, una vita che riconcilia perché lascia spazio al perdono (cf. Mt 5, 23; Ef 2, 14-15).

43. Gesù dice in effetti: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13, 35). Da allora, prima di ogni azione, ciascuna cellula ecclesiale sarà, con la sua maniera d’essere, un’esortazione ai nostri fratelli e sorelle africani a lasciarsi riconciliare con Dio e gli uni con gli altri (cf. Mt 5, 23ss.; 2 Cor 5, 20). La Chiesa manifesterà così la propria dimensione di sacramento, segno che rende presente, nel cuore dell’Africa, la grazia della riconciliazione operata tra Dio e l’umanità, e tra gli uomini stessi, da Gesù Cristo, diventato nostra Giustizia e nostra Pace.

3. La giustizia del Regno

44. La giustizia che Gesù Cristo ci invita a cercare è anzitutto quella del Regno (cf. Mt 6, 33). È la giustizia illustrata da Giuseppe, chiamato il «giusto» (Mt 1, 19), perché ha ascoltato la sua coscienza abitata dalla Parola di Dio, e ha offerto a Maria, sua sposa, e al bambino nel suo seno, quanto era loro dovuto: la protezione della vita. Questa giustizia più grande del Regno trascende la giustizia della Legge; essa, infatti, è anche virtù [27]. Essa non nega la giustizia umana, ma l’integra e la trascende. È in questo che diventa via che conduce al perdono e all’autentica riconciliazione e restaura la comunione.

45. La Chiesa Famiglia abitata da Cristo, Parola del Padre, si sente chiamata a servire la giustizia del Regno. Essa ha il dovere di vivere la giustizia anzitutto al suo interno, tra i suoi membri, affinché i nostri fratelli e le nostre sorelle in Africa vedano il cammino arduo della redenzione e lo seguano. In effetti, a ciascuna persona è dovuto, in tutta giustizia, il rispetto della sua dignità di figlio o figlia di Dio. Sulla scena del continente africano, ci sono «uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia» (Rm 1, 18). Questa verità deve essere liberata. E «in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù» (Rm 3, 24), come discepoli di Cristo al servizio della giustizia, «anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» e le sorelle (1 Gv 3, 16). Così, anche la nostra terra vivrà pacificata: «La pace è frutto della giustizia (cf. Is 32, 17)» [28].

4. La pace del Regno

46. Di quale pace si tratta? «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi» (Gv 14, 27), ci dice Gesù. La pace del mondo, infatti, è precaria e fragile. La pace vera ci viene offerta da Cristo e in Cristo. «Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia [...] per creare in se stesso [...] un solo uomo nuovo, facendo la pace [...] per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia. Egli è venuto perciò ad annunziare pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito» (Ef 2, 14-18).

47. La missione di servire la pace consisterà, per noi, nel costruirla in ciascuno dei membri del Corpo di Cristo, affinché tutti noi diventiamo donne e uomini nuovi, capaci di operare la pacificazione dell’Africa. La pace, in effetti, non è anzitutto il prodotto di strutture o di realtà esterne, ma nasce soprattutto dal di dentro, dall’interno delle singole persone e delle comunità stesse. La conversione del cuore in «un cuore nuovo» e «uno spirito nuovo» (Ez 36, 26) è la fonte di un’azione trasformatrice efficace. Grazie ad una vita autentica di discepolo, frutto della metanoia (cf. Mc 1, 15), si può sperare nella trasformazione dei comportamenti, delle abitudini e delle mentalità. La nostra identità di discepoli si rivela dunque essenziale per trasformare la nostra società e il mondo in generale in un mondo migliore, più vero, più giusto, più pacificato, più riconciliato, più fraterno e più felice, e ciò con la collaborazione di tutti gli uomini di buona volontà. Così le persone scoraggiate dalla vita a causa di interminabili conflitti, di guerre cicliche, della povertà e delle ingiustizie sociali, politiche ed economiche, vi ritroveranno speranza e gusto di vivere.

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 2 3 4 5 6 7 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi
Cerca nel forum

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 22:10. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com