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10/03/2009 21:42
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VATICANO. Parla il cardinale Antonio Cañizares LIovera

«Perché cerco sempre l’incontro e il dialogo»

Intervista con il nuovo prefetto della Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti: gli studi di liturgia, la sua esperienza di vescovo, il rapporto con il governo spagnolo, il Concilio Vaticano II e la revoca alla scomunica dei lefebvriani

Intervista con il cardinale Antonio Cañizares Llovera di Gianni Cardinale

Il cardinale Antonio Cañizares Llovera, spagnolo originario della regione valenciana, 64 anni da compiere a ottobre, è il nuovo prefetto della Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti. Con lui la Spagna torna ad avere un capodicastero nella Curia romana. Di carattere gioviale, anche se con la fama di essere un “duro”, il porporato ci riceve negli uffici che si affacciano su piazza San Pietro. Prima di approdare a Roma il cardinale è stato vescovo di Avila, quindi di Granada e, da ultimo, di Toledo. È stato anche vicepresidente della Conferenza episcopale spagnola. Il fatto che ora la sua residenza si trovi nell’Urbe non gli impedisce di mantenere un forte legame con il suo Paese. Anche per questo ha accettato di scrivere settimanalmente per il quotidiano madrileno La Razón.

Eminenza, lei è stato nominato dal Papa prefetto della Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti lo scorso 9 dicembre. Di questa sua chiamata a Roma si parlava ormai da tempo.

ANTONIO Cañizares Llovera: In effetti era così. Era diventata quasi una persecuzione, non potevo apparire in pubblico che i giornalisti, ma non solo loro, mi chiedevano: quando parte per Roma? Ma erano “rumori”. E tali sono rimasti fino a quando il Papa mi ha comunicato la sua decisione nel corso dell’udienza che mi ha concesso il 20 novembre 2008.

La nomina è stata pubblicata il giorno in cui la Chiesa fa memoria anche di santa Leocadia di Toledo. Non è un caso…

Cañizares Llovera: Ovviamente no, è stato un omaggio a questa ragazza martire del IV secolo, caduta sotto la terribile persecuzione di Diocleziano, che è anche protettrice della gioventù toledana. È stato bello per Toledo che la nomina sia stata annunciata in quel giorno: perché era una giovane testimone della preghiera e della carità. Ma il 9 dicembre si festeggia anche san Juan Diego, cui apparì la Madonna di Guadalupe. È un giorno importante per tutta l’America Latina e quindi anche per la Spagna!

Come affronta questo nuovo incarico? Ha compiuto degli studi in Liturgia?

Cañizares Llovera: Fin dagli inizi della mia formazione sacerdotale mi sono sempre appassionato alla liturgia. Prima della tesi dottorale in Teologia pastorale e catechetica ho studiato le letture nel Triduo pasquale della liturgia ispanica. Da sacerdote ho insegnato Liturgia e Catechesi. Da vescovo, prima ad Avila, poi a Granada e quindi a Toledo, una delle mie principali preoccupazioni è stata che nelle diocesi che il Signore mi aveva affidato la liturgia eucaristica venisse celebrata dappertutto con sobrietà e bellezza, e sempre nel rispetto delle norme stabilite dalla Chiesa. La messa infatti è davvero la fonte e il culmine della vita cristiana – come ci ha ricordato il Concilio Vaticano II –, e per questo non può essere celebrata in modo indegno. L’Eucaristia è davvero il cuore della Chiesa, e quindi l’adorazione eucaristica, all’interno della celebrazione liturgica ma non solo, è un’azione decisiva per la vita delle nostre comunità.

La sua formazione sacerdotale è maturata durante la transizione dal pre al post Concilio...

Cañizares Llovera: In effetti sono entrato nel seminario diocesano di Valencia nel 1961, a 16 anni, quindi dal 1964 al 1968 ho studiato alla Pontificia Università di Salamanca dove ho conseguito la laurea in Teologia. Nel 1970 sono stato ordinato sacerdote e l’anno successivo ho conseguito, nello stesso Ateneo, il dottorato con la specializzazione in Catechesi.

Quindi lei è il primo prefetto della Congregazione per il Culto divino ad aver celebrato da subito col Novus Ordo postconciliare...

Cañizares Llovera: Evidentemente è così. Ho celebrato con il Messale del 1962 solo recentemente, nel 2007, quando ho ordinato due sacerdoti dell’Istituto Cristo Re a Gricigliano, vicino Firenze.

Che ricordo ha di quella fase di riforma liturgica?

Cañizares Llovera: Credo che un approfondimento e un rinnovamento della liturgia fossero necessari. Ma per come l’ho vissuta io non è stata una operazione perfettamente riuscita. La prima parte della costituzione Sacrosanctum Concilium non è entrata nel cuore del popolo cristiano. C’è stato un cambiamento nelle forme, una riforma, ma non un vero rinnovamento come chiede la Sacrosanctum Concilium.
A volte si è cambiato per il semplice gusto di cambiare rispetto a un passato percepito come tutto negativo e superato. A volte si è concepita la riforma come una rottura e non come uno sviluppo organico della Tradizione. Da qui tutti i problemi suscitati dai tradizionalisti legati al rito del 1962.

Quindi si è trattato di una riforma che, nei fatti, non ha rispettato pienamente il dettato conciliare?

Cañizares Llovera: Più che altro direi che è stata una riforma che è stata applicata e soprattutto è stata vissuta come un cambiamento assoluto, come se si dovesse creare un abisso tra il pre e il post Concilio, in un contesto in cui “preconciliare” era usato come un insulto.

A dire il vero anche oggi di solito è così. Comunque, quando è stata pubblicata la sua nomina c’è chi ha descritto la sua evoluzione teologica come una parabola partita da posizioni piuttosto progressiste e approdata su lidi conservatori. In pratica lo stesso itinerario che viene “imputato” a papa Benedetto. Le ci si riconosce?

Cañizares Llovera: Nel 1967, quando studiavo da sacerdote, lessi un articolo dell’allora professore Joseph Ratzinger sul rinnovamento della Chiesa dopo il Concilio, articolo che metteva in guardia da alcune derive che erano già in atto. Lo condivisi in pieno.
Il Concilio è stata una benedizione per la Chiesa. Io l’ho sempre vissuto non come una rottura con la Tradizione ma come una conferma della Tradizione, aggiornata per poter essere offerta all’uomo di oggi.
In questo non credo di essere cambiato. Chi mi conosce bene sa che nella mia vita non ci sono state “inversioni ad u”. Basta leggere quello che ha scritto Juan Martin Velasco sul País dopo la mia nomina.

Lei sui mass media è conosciuto come il “piccolo Ratzinger”. Che effetto le fa questo epiteto?

Cañizares Llovera: Bah [sorride, ndr], sarà perché entrambi abbiamo i capelli completamente bianchi... Forse il soprannome è nato quando, tra il 1985 e il 1992, sono stato segretario della Commissione episcopale per la Dottrina della fede. Per me ovviamente è stato sempre un grandissimo onore essere paragonato al cardinale Ratzinger, a maggior ragione oggi. Ma sia chiaro, non me ne ritengo degno. Non sum dignus. Sinceramente.

Lei personalmente quando lo ha conosciuto?

Cañizares Llovera: Nel 1987, durante una riunione dei presidenti delle Commissioni episcopali europee per la Dottrina della fede. Poi questa conoscenza si è potuta approfondire anche per la mia collaborazione alla stesura del Catechismo della Chiesa cattolica pubblicato nel 1992, e alla sua traduzione in lingua spagnola. E, da ultimo, con la nomina a membro della Congregazione per la Dottrina della fede.

Un altro aspetto che la stampa ha messo in luce è quello del suo atteggiamento nei confronti dell’attuale governo spagnolo. L’hanno definita un “anti Zapatero di ferro”...

Cañizares Llovera: Per carità. Io non sono “anti” nessuno. Per definizione. Non appartiene al mio Dna. Penso poi che pochi vescovi abbiano una relazione più vicina con il governo della Spagna come il sottoscritto. Lo dimostrano, per esempio, i rapporti cordiali con la vicepresidente socialista, María Teresa Fernández de la Vega, e con il responsabile del governo socialista della Castilla-La Mancha, dove si trova Toledo. E pure con i governi socialisti dell’Andalusia, quando ero arcivescovo di Granada, i rapporti sono stati sempre buoni. Allo stesso modo sono molto amico di tanti esponenti del Partito popolare, già da quando ero vescovo di Avila – il cui sindaco, Ángel Acebes, era di quel Partito – o da quando ero sacerdote a Valencia [roccaforte del Pp, ndr]. Non sono un uomo di opposizione per partito preso a cui piace fare la “guerra”. Cerco sempre l’incontro e il dialogo. Ciò non mi impedisce, ripeto, di dire apertamente quello che la mia coscienza di cristiano e il mio dovere di pastore della Chiesa mi obbligano a dire.

In effetti la sua voce non poche volte si è alzata a criticare le iniziative del governo…

Cañizares Llovera: Come vescovo ho un dovere particolare nei confronti dei fedeli e di tutti gli spagnoli. Ho il dovere di difendere i diritti dei più deboli, come sono i non nati; ho il dovere di difendere il matrimonio così come è voluto dalla legge naturale; ho il dovere di difendere la libertà religiosa, la libertà dei genitori di educare i figli in base ai propri princìpi, la libertà della Chiesa. Come vede, si tratta di promuovere i grandi “sì” alla vita e alla famiglia così come ci viene richiesto dal Vangelo di Gesù. Per il bene dell’uomo e di tutta la società. Noi non vogliamo imporre nulla. Vogliamo avere la libertà di proporre. Noi amiamo la libertà. Senza la libertà una società non ha futuro. Il pericolo oggi è che questa libertà venga annullata.

In che senso?

Cañizares Llovera: La libertà non è possibile senza la verità e senza la ragione. Il pericolo di oggi è quello di voler separare la libertà dalla verità. In questo senso può darsi che alcune mie affermazioni siano percepite come critiche nei confronti di alcuni provvedimenti del governo. Ma su queste questioni la Chiesa non può tacere. Tradirebbe Gesù. Siamo la Sua Chiesa e non possiamo andare contro quello che lui ha detto e contro i comandamenti di Dio. Noi siamo rispettosi del potere costituito. Dobbiamo esserlo, ce lo ricordano più volte le Lettere di san Pietro e di san Paolo, ma non per questo la nostra parola – su questioni centrali che riguardano la fede e la morale – può essere incatenata. Spero di essere stato chiaro.

Quindi non è vero – come pure è stato scritto – che lei è stato trasferito qui a Roma per fare un favore al governo spagnolo infastidito dal suo atteggiamento critico…

Cañizares Llovera: Fantapolitica. Non ha nulla a che vedere con la realtà. Tant’è che poi è stato scritto il contrario. La mia venuta qui a Roma non ha a che vedere con la questione dei rapporti Stato-Chiesa in Spagna. Assolutamente.

Lei è anche membro della Pontificia Commissione «Ecclesia Dei». Come valuta il motu proprio Summorum Pontificum?

Cañizares Llovera: Anche se qualcuno lo ha accolto con malumore è stato un gesto di straordinario buon senso ecclesiale. Con cui si è riconosciuto pienamente valido un rito che ha nutrito spiritualmente la Chiesa latina per più di quattro secoli. Credo che questo motu proprio sia una grazia che fortificherà la fede di gruppi tradizionalisti che già sono organicamente presenti nella Chiesa e che aiuterà il rientro dei cosiddetti lefebvriani… Sarà anche un aiuto per tutti.

Lei ha avuto contatti con i lefebvriani: che cosa pensa della revoca della scomunica nei confronti dei vescovi e le polemiche che ne sono seguite?

Cañizares Llovera: Non ho avuto contatti col mondo cosiddetto “lefebvriano”. Riguardo alla revoca della scomunica il mio pensiero è semplice.
È stato un gesto di misericordia gratuita del Santo Padre, per aiutare un loro pieno inserimento nella Chiesa cattolica. È ovvio che questo potrà avvenire solo dopo che loro riconosceranno tutto il Magistero della Chiesa, compreso quello espresso dal Concilio Vaticano II e dagli ultimi pontefici. Ma dobbiamo riconoscere che l’unità è inseparabile dalla croce.

E riguardo alle affermazioni negazioniste o riduzioniste della Shoah del vescovo Williamson?

Cañizares Llovera: Si tratta di farneticazioni che il Papa e la Santa Sede hanno ripetutamente e fermamente respinto. Spero e prego che quanto prima vengano ufficialmente e chiaramente rinnegate dall’interessato.
Aggiungo però che non è stato un bello spettacolo il modo in cui il Papa è stato trattato, anche da chi è dentro la Chiesa, in tutta questa vicenda. Per fortuna almeno, la Chiesa spagnola ha emesso un bel comunicato di filiale sostegno al nostro grande Benedetto XVI.

Torniamo alla liturgia. Lei in quanto arcivescovo di Toledo ha celebrato anche nell’antichissimo rito mozarabico…

Cañizares Llovera: In effetti ogni giorno nella Cattedrale di Toledo si celebra la messa, e si recitano le lodi, anche secondo questo antichissimo rito, che sopravvisse alla riforma tridentina. Bisogna ricordare infatti – e a qualcuno forse non piace farlo – che il cosiddetto Messale di san Pio V non abolì tutti i riti precedenti. Vennero infatti “salvati” quei riti che potevano vantare almeno due secoli di storia. E il rito mozarabico – insieme, ad esempio, al rito proprio dell’ordine domenicano – era tra questi. Così dopo il Concilio di Trento non ci fu una assoluta uniformità nella liturgia della Chiesa latina.

Quali sono, oltre a quelle di cui abbiamo già parlato, le questioni che dovrà affrontare nello svolgere questa nuova missione?

Cañizares Llovera: Aiutare tutta la Chiesa a seguire pienamente quanto ha indicato il Concilio Vaticano II nella costituzione Sacrosanctum Concilium. Aiutare a comprendere pienamente quanto il Catechismo della Chiesa cattolica dice riguardo alla liturgia. Fare tesoro di quanto il Santo Padre – quando era il cardinale Joseph Ratzinger – ha scritto sull’argomento, specialmente nel bellissimo libro Introduzione allo spirito della liturgia. Fare tesoro di come il Santo Padre – coadiuvato dall’Ufficio delle cerimonie liturgiche presieduto da monsignor Guido Marini – celebra la liturgia. Le liturgie pontificie infatti sono sempre state, e sono tuttora, esemplari per tutto l’orbe cattolico.

In una intervista concessa in Spagna lei ha elogiato la decisione del Papa di distribuire l’eucaristia, nelle liturgie da lui presiedute, solo in ginocchio e solo nella bocca. Si prevedono cambiamenti a riguardo nella disciplina universale della Chiesa?

Cañizares Llovera: Come è noto l’attuale disciplina universale della Chiesa prevede che di norma la comunione venga distribuita nella bocca dei fedeli. C’è poi un indulto che permette, su richiesta degli episcopati, di distribuire la comunione anche sul palmo della mano. Questo è bene ricordarlo. Il Papa, poi, per dare maggiore risalto alla dovuta reverenza con cui dobbiamo accostarci al Corpo di Gesù, ha voluto che i fedeli che prendono la comunione dalle sue mani lo facciano in ginocchio. Mi è sembrata una iniziativa bella ed edificante del vescovo di Roma. Le norme attuali non obbligano nessuno a fare lo stesso. Ma neanche lo impediscono.

Lei già conosce l’Italia e la Curia romana?

Cañizares Llovera: Conosco queste due realtà meno di quanto dovrei. Spero di recuperare presto.

Dalla Spagna che impressione ha avuto della Chiesa italiana?

Cañizares Llovera: Molto buona. La Chiesa italiana ci è stata di esempio. E lo è stata anche per me personalmente. È una Chiesa di popolo che sa parlare con chiarezza e rispetto, e che allo stesso tempo svolge una grande opera di aiuto alle frange più bisognose della società italiana.

Lei ha preso possesso del suo ufficio pochi giorni dopo la nomina. Ma prima di stabilirsi qui a Roma è tornato un paio di volte in Spagna: ha avuto colloqui col re e con il premier Zapatero e ha accompagnato il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, nella sua visita a Madrid di inizio febbraio. Quali sono i timori e le speranze per il suo Paese?

Cañizares Llovera: Temo che l’ondata laicista e relativista che investe la società prosegua intaccando principi e valori fondamentali su cui si è costruita la nostra nazione: la fede cattolica, la vita, la famiglia, l’educazione. Spero e prego che la Chiesa sia capace di presentare agli spagnoli il volto autentico di Gesù, che gli spagnoli aprano o riaprano il proprio cuore a Gesù che offre a tutti la speranza di una vita nuova, più bella e degna di essere vissuta. Spero e prego che i miei concittadini aprano il cuore e la mente a Gesù e non recidano le radici cristiane che sono alla base della nostra storia e dell’unità del nostro Paese.

Da arcivescovo di Granada ha avuto modo di vedere da vicino quale è stata l’influenza e l’eredità arabo-musulmana nella storia della Spagna. Che riflessioni ha fatto in proposito?

Cañizares Llovera: La dominazione musulmana è durata secoli. E sembrava una questione finita. Non le nascondo che non manca una certa preoccupazione, perché nel mondo islamico c’è chi oggi vorrebbe recuperare all’islam le nostre terre. Fermo restando che noi cattolici vogliamo avere buoni rapporti con tutti, musulmani compresi, questi progetti – che non sembrano essere solo teorici – non possono non turbarci.

Teme per l’unità del suo Paese?

Cañizares Llovera: L’unità della Spagna è un bene morale, prepolitico, costitutivo della nostra identità. Non è solo una questione politica. Questa unità ha origine nel terzo Concilio di Toledo del 589, quando il re visigoto Recaredo si è convertito alla vera fede e ha abbandonato l’arianesimo, favorendo così un pieno amalgama tra le componenti latina e germanica della popolazione. Il cardinale Ratzinger lo ricordò in una sua conferenza in cui disse che il Concilio di Toledo fu in qualche modo anche l’atto fondativo dell’Europa. Per questo ritengo che l’unità della Spagna sia un bene non negoziabile.

Però nel corpo episcopale spagnolo ci sono a riguardo sensibilità diverse da parte dei presuli delle regioni più autonomiste…

Cañizares Llovera: La Conferenza episcopale spagnola ha approvato un documento in cui l’unità del Paese è considerata un bene morale. E lo ha fatto con un voto chiarissimo.

Cosa pensa della causa di beatificazione di Isabella di Castiglia?

Cañizares Llovera: Isabella era una donna di grande fede, una sposa esemplare, una regina con uno zelo apostolico unico, una grande cristiana. Diede il permesso a Colombo di recarsi oltreoceano solo a patto che il suo primo fine fosse quello di evangelizzare le terre che avrebbe scoperto. Credo e spero che quanto prima possa salire all’onore degli altari. Confesso che da arcivescovo di Granada spesso, specialmente quando avevo qualche problema importante da affrontare, andavo a pregare davanti alla tomba di Isabella che si trova nella Cattedrale, e sempre ho sentito il suo aiuto.

In una intervista a La Razón ha detto che l’ultimo film che ha visto è stato La vita è bella di Roberto Benigni.

Cañizares Llovera: È un film bellissimo, aperto alla vita e alla speranza. A dire il vero è la quarta volta che lo vedo. E ogni volta che lo faccio mi commuovo sempre di più. La vita è veramente bella perché è un dono di Dio.

© Copyright 30Giorni, febbraio 2009


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