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I libri che parlano di lui...

Ultimo Aggiornamento: 13/04/2014 13:33
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PAPA: ACCATTOLI, CON VESTE BIANCA CONVIVE ANCORA IL MAGLIONE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 23 nov.

Tutti ricordano bene la prima volta che Joseph Ratzinger si affaccio' dalla Loggia delle Benedizioni vestito da Papa. Quel 19 aprile di cinque anni fa un dettagio mostrave che almeno per lui l'elezione era arrivata inattesa: dalla veste bianca spuntavano le maniche nere di un maglione, un modo di vestirsi piuttosto informale, piu' da professore che da cardinale.
Il libro "Luce del mondo", commenta oggi il decano dei vaticanisti, Luigi Accattoli, incaricato dalla Sala Stampa della Santa Sede di presentare l'intervista concessa al collega Peter Seewald, conferma che "la chiamata alla Cattedra di Pietro lo sorprese quel pomeriggio d'aprile in maglione nero e con quel maglione nero sotto l'abito bianco e ci dice qualcosa sull'uomo in maglione, su quello con l'abito bianco e sul rapporto tra i due".

© Copyright (AGI)


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23/11/2010 21:21
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Papa: Seewald, per giornali argomento 'Chiesa e sesso' sempre intrigante

Citta' del Vaticano, 23 nov. - (Adnkronos)

I giornali hanno sempre bisogno di titoloni e Chiesa e sesso e' un argomento sempre intrigante, tuttavia l'importante e' che si torni a discutere dei temi veri e che il Papa passi ''alla controffensiva''.
E' quanto ha detto il giornalista Peter Seewlad, coautore insieme al Papa del libro ''Luce del mondo" ai microfoni della Radio Vaticana. Rispondendo a una domanda relativa alla rottura in anticipo dell'embargo che c'era sul libro e al dibattito che si e' scatenato sul profilattico, Seewald ha osservato: ''Beh, sono nel campo delle comunicazioni sociali da tempo e so ormai come vanno le cose. So che la situazione si e' acuita e non e' quasi piu' possibile volgere uno sguardo differenziato e approfondito su un determinato argomento: c'e' un argomento stuzzicante, e 'Chiesa e sesso' e' sempre un tema intrigante!, e quindi ci sono i fautori ed i denigratori, e i media aizzano le persone le une contro le altre''.
''Ovviamente - ha aggiunto il giornalista - e' un peccato e non dovrebbe far si', questo meccanismo, che si dimenticasse quale grande occasione offra questo libro. Ma io non sono preoccupato, perche' il lettore puo' scegliere di leggere e di approfondire''.

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PAPA: COME GIOVANNI XXIII DISTINGUE PECCATO DA PECCATORE

(AGI) - CdV, 23 nov.

(di Salvatore Izzo)

Nel suo libro "Luce del mondo" Benedetto XVI mostra un volto molto simile a quello di Giovanni XXIII, compiendo come lui lo sforzo di distinguere sempre il peccato dal peccatore.
L'omosessualita' e' "una grande prova", spiega, di fronte alla quale una persona puo' trovarsi, "cosi' come una persona puo' dovere sopportare altre prove". Ma "non per questo diviene moralmente giusta". E la stessa misericordia invita ad avere verso i sacerdoti che lasciano perche' innamorati: "laddove un sacerdote vive insieme a una donna si deve esaminare se esista una vera volonta' matrimoniale e se i due possano contrarre un buon matrimonio. Se cosi' fosse, dovranno imboccare quella strada". "Se invece si trattasse di una caduta della volonta' morale, senza un autentico legame interiore, sara' necessario - spiega - trovare vie di risanamento per lui e per lei.
In ogni caso e' necessario provvedere al fatto che i bambini, che sono il bene piu' prezioso, siano tutelati e che possano vivere nel contesto educativo vivo del quale hanno bisogno". Durissimo e' invece sul tema degli abusi sessuali commessi da ecclesiastici sui minori e critica - piu' o meno con le parole del card.Schoenborn che tante polemiche hanno suscitato, ritardi e coperture nella gestione del caso di Marcial Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo.
"Purtroppo - afferma nel libro-intervista presentato oggi in Vaticano - abbiamo affrontato la questione solo con molta lentezza e con grande ritardo.
In qualche modo era molto ben coperta e solo dal 2000 abbiamo iniziato ad avere dei punti di riferimento concreti. Era necessario avere prove certe per essere sicuri che le accuse avessero un fondamento". In proposito, il Papa ammette di capire quanti lasciano la Chiesa cattolica per protesta dopo lo scandalo della pedofilia. "Penso naturalmente in primo luogo - confida - alle vittime stesse.
Posso capire che a loro riesca difficile credere ancora che la Chiesa sia fonte del bene, che essa trasmetta la luce di Cristo, che essa aiuti a vivere. E anche altri, che pure hanno solo questa percezione negativa, non riescono piu' a vedere l'insieme, quello che e' vivo nella Chiesa. Tanto piu' essa deve impegnarsi affinche' questa grandezza e questa vitalita' tornino ad essere visibili, nonostante tutta la negativita'".
Questa l'analisi del Papa sulla coincidenza tra l'emergere dello scandalo pedofilia e l'anno sacerdotale: "E' immaginabile che il diavolo non riuscisse a sopportare l'anno sacerdotale e allora ci ha scaraventato in faccia il sudiciume. Ha voluto mostrare al mondo quanta sporcizia c'e' anche proprio tra i sacerdoti", aggiunge Benedetto XVI, dicendosi certo che "queste terribili rivelazioni siano state alla fine un gesto della Provvidenza, che ci mortifica, che ci costringe a ricominciare di nuovo".
"Dal punto di vista giornalistico il viaggio in Africa e' stato del tutto oscurato da un'unica mia frase", ammette a proposito della risposta che diede nel 2009 in volo verso il Camerun, a una domanda sulla posizione della Chiesa rispetto ai preservativi. "Mi e' stato chiesto - racconta Benedetto XVI - perche' la Chiesa cattolica, relativamente all'Aids, assumesse una posizione irrealistica ed inefficace. Cosi' mi sono sentito sfidato perche' la Chiesa fa piu' di tutti gli altri. E continuo a sostenerlo, perche' la Chiesa e' l'unica istituzione veramente vicina alle persone, molto concretamente: nel prevenire, nell'educare, nell'aiutare, nel consigliare e nello stare a fianco; e perche' come nessun altro si cura di tanti malati di Aids e in particolare di tantissimi bambini colpiti da questa malattia".
Ed ammette anche di aver sbagliato il tono nel discorso di Ratisbona (non la sostanza, ovviamente. "Avevo concepito quel discorso - rivela - come una lezione strettamente accademica, senza rendermi conto che il discorso di un Papa non viene considerato dal punto di vista accademico, ma da quello politico". Non si considerarono pero' i particolari, e "fu invece estrapolato un passo e dato ad esso un significato politico, che in realta' non aveva. Quel passo trattava di un antico dialogo che, ora come allora, considero di grande interesse". "L'imperatore Manuele, di cui si parla - ricorda - a quel tempo era gia' vassallo del Regno ottomano. Non poteva quindi scagliarsi contro i musulmani; ma, nell'ambito del dialogo intellettuale, poteva porre domande vive. Ma - commenta il Papa - l'attuale comunicazione politica e' tale da non permettere la comprensione di simili correlazioni".
Nel libro, e qui torna la somiglianza con Giovanni XXIII, il Papa del Concilio, Benedetto XVI confida anche le sue "speranze".
Una riguarda l' "unificazione" della Chiesa in Cina, divisa tra ufficiale e clandestina, possa avvenire durante il suo pontificato. Lo afferma rispondendo a una domanda di Peter Seewald per il libro-intervista "Luce del mondo", pubblicato oggi. Un segnale importante in questa direzione, per Benedetto XVI, sono le ordinazioni di vescovi approvati da Roma. "Anche se sorgeranno sempre nuove difficolta' - spiega - si ha la grande speranza di poter superare definitivamente questa divisione. E' un obiettivo che mi sta particolarmente a cuore e per il quale prego ogni giorno il Signore". "Matura sempre piu' il contesto in cui potra' avvenire", sottolinea, anche l'incontro tra il Papa e il patriarca di Mosca, che Benedetto XVI "spera" di realizzare durante il proprio pontificato ma per questo, osserva, "dipende da quanti anni di vita mi concedera' ancora il buon Dio". "Direi di si"', risponde infatti il Pontefice alla domanda se sia possibile "un incontro non troppo lontano tra Roma e Mosca".

© Copyright (AGI)


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24/11/2010 08:52
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«Joseph Ratzinger si mette a nudo e sfata tutti i miti»

Paolo Rodari, vaticanista del Foglio, spiega a Tempi perché è interessante il libro intervista a Benedetto XVI "Luce del mondo": «Mai un papa prima d'ora aveva fatto un libro di risposte dirette ad un giornalista; ancora una volta dimostra di non essere il Panzerkardinal, come viene dipinto; sul profilattico, nessuna rivoluzione; le parti più belle sulla sua vita privata»

di Leone Grotti

«Mai un papa prima d'ora aveva fatto un libro di risposte dirette ad un giornalista. Questo è un elemento che merita rispetto e attenzione: prima di Benedetto XVI, nessun ponterfice era uscito dai discorsi, dalle omelie, dagli Angelus per parlare in modo colloquiale con la stampa». Così Paolo Rodari, vaticanista del Foglio, ha descritto a Tempi la novità che il libro-intervista a Benedetto XVI Luce del mondo. Il Papa, la Chiesa e i segni dei tempi, uscito oggi in libreria, porta con sé.

Ma Benedetto XVI non era un pontefice poco comunicativo, il Panzerkardinal, il watchdog della dottrina cattolica?

Joseph Ratzinger è riuscito ancora una volta a sfatare questo mito e si è rivelato invece affabile e desideroso di andare incontro all'uomo e alle sue domande.

E' vero che in questo libro il Papa rivoluziona la dottrina cattolica sull'uso del preservativo, come molti giornali hanno scritto?

No, non è vero. Benedetto XVI ha fatto un passo nuovo, ma non rispetto alla dottrina, ha solo fatto un'esemplificazione eccezionale. Posto che concentrarsi sul profilattico equivale a banalizzare la sessualità e non risolve il problema dell'Aids, dice il Papa, nel caso in cui l’esercizio della sessualità rappresenti un vero rischio per la vita dell’altro, è meglio che "un prostituto" usi il profilattico, e così faccia “un primo passo sulla strada di una sessualità più umana”, rispetto al farsi complice della diffusione dell'Aids.

Perché allora i giornali hanno male interpretato?
C'è stato un errore a monte. E' stata fatta uscire una anticipazione del libro monca, solo una parte delle risposte del Papa è stata diffusa. Il discorso in realtà è inserito nel contesto della discussione seguita ad alcune parole pronunciate sul tema del profilattico e dell'Aids nel corso del suo viaggio in Africa nel 2009. Poteva sembrare uno stravolgimento, ma non lo è.

Quali sono le parti cruciali del libro di Peter Seewald?

Il nodo principale, secondo me, è la risposta che Benedetto XVI dà alle sfide poste dalla modernità. Il Papa non si è sottratto a quesiti sulla sessualità, l'omosessualità, i preti donne e la pedofilia. Ma sono anche interessanti le considerazioni che fa intorno al vescovo Williamson, quando dice che se fosse stato a conoscenza delle sue tesi negazioniste non gli avrebbe revocato la scomunica, e al discorso di Ratisbona, quando afferma che non poteva immaginare che le sue parole come papa avrebbero avuto determinati risvolti politici.

Quali sono i brani che più ti hanno interessato?

Quelli in cui il Papa si mette a nudo e parla della sua vita privata. Le parti più belle e accattivanti sono quelle in cui racconta di quando pensava a cosa dire nel suo primo discorso da pontefice, quelle in cui parla delle sue passioni.

Che Papa viene fuori da queste confessioni?

Esce un Joseph Ratzinger umano, che ama studiare, leggere e conversare; un Joseph Ratzinger che non ama incontrare troppa gente insieme ma che è attento a tutti quelli che incontra; un Joseph Ratzinger che è ritirato ma non distante.

© Copyright Tempi, 24 novembre 2010


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Dal blog di Sandro Magister...

Cronologia di un disastro. L’impresentabile appendice di “Luce del mondo”



Gemono i torchi della Libreria Editrice Vaticana, per l’urgente ristampa del libro-intervista di Benedetto XVI, andato subito a ruba.
Ma geme anche chi sfoglia la prima edizione del libro. La non brillante traduzione italiana dell’intervista, punteggiata qua e là da errori grossolani, è già stata oggetto di critiche. E nella ristampa si è garantito che gli errori saranno corretti.
Il peggio, però, non è lì. È nell’incredibile pasticcio delle pagine finali: l’appendice con la cronologia di Joseph Ratzinger prima e dopo l’elezione al papato.
Sono 24 pagine sconclusionate, impresentabili. Per averne un’idea, eccone l’ultima riga:
“7 novembre: consacrazione agli altari nella Chiesa de ‘La Sagrada Familia’ a Barcellona”.
Si può sintetizzare peggio di così l’accaduto?
Ma il disastro supremo è alle pagine 259 e 260.
Da semplice sacerdote e professore, come risulta fin lì, Joseph Ratzinger è di colpo fatto entrare nei due conclavi del 1978, dove – si dice in barba alle regole di segretezza – “contribuisce in modo determinante all’elezione di Papa Giovanni Paolo II”.
Quindi: non una parola sulla sua nomina, nel 1977, ad arcivescovo di Monaco e Frisinga, né sulla sua consacrazione episcopale, né sulla sua nomina a cardinale nello stesso anno. Ma si può infilare in una cronologia dell’attuale papa un buco così?
Poi si gira la pagina e cosa si scopre?
Che nel 1983 “viene consacrato vescovo e gli viene assegnata la sede suburbicaria di Velletri-Segni”.
Qui l’abbaglio preso dall’anonimo compilatore è al di là di ogni immaginazione. Scambia per consacrazione all’episcopato di Ratzinger (già vescovo da sei anni!) l’assegnazione del titolo cardinalizio della Chiesa suburbicaria di Velletri-Segni.
Si può ancora infierire su altre perle di quest’orrida cronologia. Ma basta questo per chiedersi: come è possibile che la scrittura di un testo del genere sia stata affidata a un dilettante allo sbaraglio? E come può essere passato indenne un simile disastro al controllo dell’editore vaticano? E che ne sarà nella ristampa del libro?


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26/11/2010 21:37
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"Luce del mondo": il commento di Lucio Brunelli

Un’intervista non è un’enciclica. Ma il libro-colloquio con Peter Seewald, Luce del mondo, rivela l’uomo Joseph Ratzinger e il papa Benedetto XVI in un modo straordinariamente efficace.
Le 280 pagine del volume ci permettono di conoscere il suo pensiero e il suo approccio alla vita senza mediazioni, in un linguaggio chiaro ed accessibile a tutti.
Il media system mondiale ha puntato i riflettori sulla risposta circa l’utilizzo del profilattico.
Nessuno strappo rivoluzionario alla dottrina tradizionale della Chiesa, ovviamente, ma è pur vero che mai nessun pontefice aveva giustificato “come un primo atto di responsabilità” l’uso del preservativo in alcuni limitati casi per diminuire i rischi di contagio da Aids. E se non bisogna forzare le parole del papa non bisogna nemmeno essere più papisti del papa.
Ma certo, sarebbe un’offesa all’intelligenza di Benedetto XVI ridurre tutto il libro a una risposta sulla contraccezione. Vale davvero la pena leggerlo tutto, per intero. I non credenti o gli agnostici vi troveranno tanti spunti interessanti e potranno farsi un’idea comunque più obiettiva di questo papa.
I cristiani - dal semplice fedele domenicale al più alto in grado nella gerarchia cattolica - vi troveranno un conforto per la propria fede e una miniera di insegnamenti utili. Già molti singoli contenuti sono stati anticipati da questo e altri giornali. Ci sono gli argomenti più impegnativi, come l’islam, la crisi finanziaria, lo scandalo dei preti pedofili, il celibato ecclesiastico, l’omosessualità. E gli argomenti più leggeri e privati, come la scoperta ad esempio che a questo papa teutonico in apparenza così serio sa ridere, davanti al piccolo schermo, delle avventure di don Camillo e Peppone. Le sorprese sono continue. E ogni pagina sfogliata si lascia alle spalle uno stereotipo. Impressiona la libertà disarmante con cui Benedetto XVI riconosce alcuni errori. Alcuni commessi in prima persona, come quando ammette di non aver considerato una possibile lettura ‘politica’ della sua lezione a Ratisbona, con il putiferio scatenato nel mondo islamico da una citazione, peraltro malintesa, del profeta Maometto. Altri errori commessi invece dai suoi collaboratori, come quando confida che non avrebbe mai revocato la scomunica al vescovo lefebvriano Williamson, se fosse stato informato in tempo delle sue tesi negazioniste della Shoà. Errare è umano.
La libertà di riconoscere uno sbaglio è possibile solo se quel che si ha davvero a cuore di comunicare non è la propria impossibile perfezione ma una verità più grande di noi.
Luigi Accattoli, uno dei più autorevoli commentatori di cose vaticane, vede il filo più prezioso che unisce le diverse risposte del papa in questa frase: “Oggi si tratta di rendere di nuovo visibile il nocciolo dell’essere cristiani e così anche la semplicità dell’essere cristiani» (pag. 115).
Questo termine, “semplicità”, ricorre ben sei volte nel libro. “Il semplice è il vero e il vero è semplice” (pag. 231) e dunque occorre “vedere ciò che è semplice, tutto dipende da questo» (pag. 232).
Può sembrare strana l’insistenza sulla semplicità da parte di un papa teologo, colto e raffinato culturalmente come pochi suoi predecessori. Ma in definitiva è proprio questo il messaggio che Benedetto XVI sta cercando di veicolare da quando ha iniziato ad esercitare il mestiere del papa. L’insistenza su vocaboli come la semplicità, l’essenziale, il vedere, non nasce da un minimalismo, da una rinuncia alla profondità per esigenze banalmente ‘comunicative’.
Nasce da un giudizio. E’ quel che più serve alla Chiesa in questo tempo. Questo tempo in cui viviamo chiede ai cristiani la semplicità della testimonianza. Che non è un attivismo ma uno “stare con Gesù”. Non c’è nulla da inventare nel cristianesimo, tutto da riscoprire. L’umiltà lieta del papa, la testimonianza della sua semplice preghiera, è forse la strada maestra per questa riscoperta: “Per quel che riguarda il Papa, anche lui è un povero mendicante davanti a Dio, ancora più degli altri uomini.
Naturalmente prego innanzitutto sempre il Signore, al quale sono legato, per così dire, da antica amicizia… Ma invoco anche i santi. Insieme a loro, rafforzato da loro, parlo poi anche con il Dio buono, soprattutto mendicando, ma anche ringraziando; o contento, semplicemente”.

© Copyright Eco di Bergamo, 24 novembre 2010


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PAPA: P. LOMBARDI, IN LIBRO-INTERVISTA SINCERITA' QUASI SCONCERTANTE

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 27 nov

Anche se ''le notizie che hanno accompagnato la pubblicazione si sono spesso concentrate su poche pagine e su pochissimi argomenti'', nelle ''sei lunghe ore di colloquio'' da cui e' nato il suo libro-intervista 'Luce del mondo', papa Benedetto XVI ''ha toccato innumerevoli argomenti che possono interessare la gente di oggi; e lo ha fatto con un linguaggio e uno stile semplice e spontaneo, con una sincerita' a volte quasi sconcertante''. Il portavoce vaticano, p. Federico Lombardi, commenta cosi' l'ultimo sforzo editoriale di papa Ratzinger, in un editoriale per il settimanale informativo ''Octava dies'' del Centro Televisivo Vaticano.
''Ora - osserva p. Lombardi - abbiamo una nuova occasione per conoscere meglio chi e' il nostro papa''.
Quello offerto dal pontefice con il suo volume e' ''un suo nuovo servizio originale, per rispondere a tante domande che volevamo fargli, da quelle piu' profonde e importanti sul senso della nostra vita, a quelle sui problemi che travagliano la Chiesa, alle crisi drammatiche del mondo di oggi, e anche a quelle piu' personali, su di lui e i suoi sentimenti. Un papa che non ci parla solo dalla cattedra del suo magistero solenne o nel corso delle grandi celebrazioni liturgiche, ma ci lascia capire che cammina con noi, fratello e amico con i piedi ben piantati su questa nostra terra - affascinante ma drammatica -, e cosi' ci aiuta meglio a guardare avanti, con fede semplice e salda, e speranza viva''.
''Il papa - conclude il portavoce vaticano - visto da vicino, conosciuto meglio non solo come pontefice ma anche come uomo, attira la simpatia di moltissimi, che ne apprezzano gentilezza e sensibilita', il tratto umile e umano, e l'attenzione per coloro che incontra, piccoli e grandi. L'entusiasmo della gente comune nel corso di tanti viaggi all'estero, come quelli a Malta, in Portogallo, nel Regno Unito o in Spagna, si spiega in gran parte con la migliore conoscenza della persona di Joseph Ratzinger, Benedetto XVI''.

© Copyright Asca


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IL PAPA SI RACCONTA

Ratzinger innovatore della comunicazione: in un libro-intervista dice tutto di se stesso senza reticenze

di Giampaolo Cottini

Uno degli aspetti più significativi dei recenti pontificati è la capacità di trovare forme nuove di comunicazione con l'umanità, per cui da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI il Papa ci ha abituato alla trasmissione di messaggi importanti al di fuori dei canali tradizionali del Magistero ordinario. Utilizzando le modalità dell'odierna comunicazione, più diretta e discorsiva, sia Wojtyla che Ratzinger hanno scelto anche di raccontarsi in forma autobiografica sottoponendosi ad interviste giornalistiche cui rispondere senza reticenze, anche quando il giudizio sulle cose può essere non facile.
È quanto troviamo nel libro-intervista "Luce del mondo", recentemente edito dalla Libreria editrice Vaticana, in cui Benedetto XVI risponde a domande di ogni tipo, con semplicità e chiarezza, raccontando anche particolari normali e quasi banali della sua vita quotidiana senza sentire minimamente sminuita la sacralità del ruolo che occupa, ma anzi rendendosi più prossimo ad ogni uomo proprio nel condividere gli aspetti più intimi o i dettagli più normali della sua giornata da Papa.
Sull'onda delle domande del giornalista tedesco Peter Seewald, l'uomo Joseph Ratzinger racconta con la massima naturalezza i suoi timori dopo l'elezione al pontificato, i ritmi della sua vita privata vissuta insieme ai membri della famiglia pontificia costituita dai segretari e dalle consacrate della comunità dei Memores Domini che lo accudiscono, le sue fatiche fisiche di uomo ultraottantenne, i sentimenti che normalmente accompagnano le sue giornate. Accanto alla narrazione del quotidiano, il Papa non nasconde però anche le sue preoccupazioni per la Chiesa ed in primo luogo il suo dolore per i mali che l'affliggono.
Colpisce a questo proposito, l'esternazione della sua sofferenza personale dinanzi agli scandali dei preti pedofili, che si esprime nel doloroso giudizio sulla "sporcizia" presente nella vita della Chiesa e nella preoccupazione del Pastore che conosce sia la durezza del peccato che la speranza viva di cui la Chiesa è segno. Ne emerge la figura di un Papa che non nasconde nulla né dei suoi sentimenti né delle circostanze oggettive, non per quella trasparenza di cui oggi tanto si parla, ma piuttosto in obbedienza al sentirsi completamente affidato al suo Signore, a quel Gesù di Nazareth cui ha dedicato un libro di straordinaria profondità teologica, ma di cui ama soprattutto parlare come il migliore amico della sua vita.
Il libro si snoda per quasi trecento pagine attraverso un itinerario che abbraccia tutte le questioni scottanti della condizione cristiana ed umana dell'oggi, distinguendo bene le opinioni personali del teologo-Ratzinger dai contenuti certi ed indiscutibili della fede cattolica, e mostrando un'apertura intellettuale che può venire solo dalla fedeltà a Dio che è all'origine della personalità stessa dell'uomo Ratzinger. Ed è bello scoprire che l'essere Papa non solo non toglie amabilità e simpatia umana, ma anzi esalta le naturali virtù di gentilezza e mitezza di un uomo che ha imparato ad obbedire e lasciarsi condurre sempre da un Altro, dalla giovanile chiamata al sacerdozio sino all'accettazione in veneranda età del peso del pontificato. L'esito della lettura di questo diario giornalistico è che si finisce ad amare di più questo Papa, visto in una veste più quotidiana ma che non perde la capacità di "leggere" i segni dei tempi, tracciando un realistico affresco della Chiesa e del mondo di oggi alla luce della verità di cui è testimone vivente e credibile.

www.rmfonline.it/jsp-rmfonline/dettaglio.jsp?codice=201...


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PAPA: OSSERVATORE ROMANO, 1 MLN DI COPIE VENDUTE PER 'LUCE DEL MONDO'

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 19 gen

'Luce del mondo', il libro-interivsta di papa Benedetto XVI con l'amico giornalista Peter Seewald, ha venduto circa un milione di copie. Lo scrive l'Osservatore Romano che al libro del pontefice dedica oggi una serie di articoli che ripercorrono, tra l'altro, la tradizione delle interviste dei papi, iniziata con Leone XIII nel 1892. ''Calcolando per approssimazione la ventina di edizioni in diverse lingue, un totale che sfiora il milione di copie'', scrive il quotidiano pontificio che sottolinea come ''il successo nelle vendite, le prime cinquantamila copie dell'edizione italiana sono andate esaurite immediatamente, la seconda edizione e' stata integralmente prenotata a pochi giorni dalla prima uscita'' non sia solo ''un dato interessante dal punto di vista del marketing; e' anche la spia della fame di risposte e di punti di riferimento stabili che vive il nostro tempo''. ''Un bisogno - aggiunge l'Osservatore - che permette di leggere i numeri a molti zeri delle vendite - dalle centomila copie dell'edizione inglese alle ottantamila di quella francese, alle duecentomila dell'originale tedesco - come un segno dei tempi.

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A colloquio con don Giuseppe Costa

Con la profondità di Romano Guardini

Il successo di "Licht der Welt" rivela molte cose

di Silvia Guidi

Due mesi fa, il 20 novembre, le anticipazioni di Licht der Welt facevano il giro del mondo. "Tanti lettori, anche molti non cristiani, hanno sentito il bisogno di ringraziare, dopo aver finito di leggere il libro" spiega a "L'Osservatore Romano" don Giuseppe Costa, direttore della Libreria Editrice Vaticana, interrogandosi sulle ragioni del successo del libro intervista di Peter Seewald al Papa un successo non solo quantitativo - con cifre reali davvero considerevoli: due edizioni e una ristampa in meno di due mesi, quattordici accordi con altrettante case editrici e trattative in corso per pubblicare le traduzioni in altre undici lingue - ma anche qualitativo, nella capacità di raggiungere e affascinare il lettore con un tono semplice, diretto e colloquiale. Che non rinuncia però a essere audacemente anticonformista nel senso pieno del termine e non viene a patti con lo Zeitgeist (lo "spirito del tempo"); "che cosa vuol dire infatti essere al passo con i tempi - scriveva provocatoriamente qualche giorno fa lo scrittore napoletano Ruggero Guarini - se non essere, sic et simpliciter, dei perfetti conformisti? Nella Russia staliniana voleva dire approvare i gulag, nella Germania nazista i lager; se un uomo è abitato da un desiderio vero, ha in sé qualcosa che tende sempre a resistere o a contrapporsi allo spirito del tempo".

I risultati delle vendite del libro sono sorprendenti, ma non c'è il tempo per fermarsi a fare bilanci; a breve è prevista l'uscita della seconda parte del Gesù di Nazaret. A che punto è il lavoro?

Ho appena spedito stamattina il testo ai vari editori, l'obiettivo è presentarlo nel marzo prossimo; finora, nei rapporti con gli altri editori, sono stati conclusi venti accordi, e altri cinque sono in fieri.

Il testo di Licht der Welt è nato dalla sbobinatura di venti ore di conversazione; Peter Seewald ha posto al Papa domande su ogni aspetto della vita, con che criterio è stato selezionato e ordinato il materiale?

Le domande del libro non sono un centinaio, come avevamo deciso in un primo momento, ma il doppio; la lettura scorre rapida e non c'è stato bisogno di accorciare molto il testo. Come è stato detto spesso durante le presentazioni che si sono svolte in Italia, è un libro in cui non colpiscono solo le risposte del Papa ma le domande che lui stesso pone al Signore. Il "cosa potrei dire?" avanzato in occasione della prima benedizione da successore di Pietro ma anche gli interrogativi sulla realtà odierna: "Come venire a capo di un mondo in cui il progresso diviene un pericolo?"; così come domande sulla Chiesa e su se stesso.

Lo stile stesso delle risposte suggerisce un cambiamento di metodo alla nostra epoca che fonda tutto sull'autonomia, l'"autostima", l'"autodeterminazione"; concepire se stessi come rapporto con Dio è forse il vero leitmotiv del libro

Le pagine più belle, a mio parere, sono proprio le risposte in cui il Papa ci rivela il suo rapporto personale con Dio, con la pacatezza e la profondità di un Romano Guardini, ma il libro non trascura temi importanti dell'attualità, come il rapporto tra l'uomo e il creato, o la situazione attuale della Chiesa. E quando vengono messi in risalto i problemi è sempre in vista di una ulteriore crescita. Insomma, è la critica di un credente che ha a cuore il bene dei suoi fratelli uomini; anche quando si condanna qualcosa è sempre per la vita del peccatore, questo è un aspetto che si può cogliere molto bene all'interno del testo.

La forma del libro-intervista ha sicuramento favorito la diffusione del volume e un accostamento più familiare a temi "alti" altrimenti sentiti come poco accessibili all'uomo della strada.

Anche le vendite in questo senso fanno capire molte cose: tra gli acquirenti ci sono tanti figli che hanno regalato il libro ai genitori, e viceversa, molte persone lo hanno acquistato in più copie per regalarlo a parenti e amici. In questo volume emerge il volto umano di un pontefice di cui spesso si sottolinea la riservatezza; a questa si affianca la straordinaria libertà di Benedetto XVI, che non si tira indietro davanti a nessuna domanda. Licht der Welt viene apprezzato perché nella sua ampia prospettiva tocca vari aspetti della vita del cristiano, fino a diventare un vero e proprio itinerario spirituale; è questo che lo rende un libro al di fuori delle stagioni e ne farà un longseller. E l'immediatezza del linguaggio nelle risposte traspare anche dalla traduzione italiana.

L'attenzione della stampa non è mancata, ma non sempre è stata gradita.

Gli annunci e le anteprime sono stati utili perché hanno contribuito ad attirare l'attenzione dell'opinione pubblica sul libro; poi alcuni, come sempre succede, hanno voluto enfatizzare una parte minima dell'intero messaggio del volume. Ma questo molti lettori l'hanno capito, tanto è vero che Licht der Welt è presto stato apprezzato nella sua interezza. Dopo le numerosissime recensioni, i programmi televisivi e radiofonici, i dibattiti, continuiamo ad avere richieste di presentazioni in tutta Italia.

Come è stato recepito Licht der Welt dai non cristiani?

Tendenzialmente molto bene; mi ha colpito particolarmente la lettera di ringraziamento di uno scrittore ebreo di Milano, commosso dalla chiarezza e dalla semplicità delle risposte del Papa.

(©L'Osservatore Romano - 20 gennaio 2011)


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GIULIANO VIGINI ILLUSTRA LA PECULIARITÀ DEL PONTIFICATO DI RATZINGER

Un professore sul trono di Pietro



Joseph Ratzinger è la cifra di Benedetto XVI.
Nella maggior parte dei casi, l' ascesa alla cattedra di Pietro segna un riorientamento del profilo personale e intellettuale dell' eletto: nelle nuove circostanze, l' azione di governo e il magistero possono rivelare una certa discontinuità, sino a svolte inattese come nel caso di Giovanni XXIII e dell' indizione del Concilio Vaticano II.
Già dalla presenza sulla copertina del doppio nome, Joseph Ratzinger - Benedetto XVI, il volume curato da Giuliano Vigini illustra la peculiarità dell' attuale pontificato: il Papa vuole continuare ad essere «collaboratore della verità» (Mitarbeiter der Wahrheit), secondo quanto aveva già programmaticamente indicato nella scelta del motto per l' ordinazione a vescovo di Monaco e Frisinga (1977). L' esame della multiforme produzione di Benedetto XVI comporta quindi un necessario e costante riferimento ai precedenti scritti teologici di Joseph Ratzinger, a partire dalla tesi dottorale consacrata a La teologia della storia di san Bonaventura; in essa, Ratzinger individuava nel nesso tra rivelazione ed esperienza storica dell' uomo il punto decisivo per ogni riflessione teologica. Nella prima parte della Guida può così essere nitidamente individuato il fondamento dell' attuale magistero: l' espressione di san Paolo «verità nella carità» (Lettera agli Efesini 4,15) si associa strettamente alla corrispondente formula «carità nella verità», cui è dedicata l' omonima enciclica del 2009 che segue quella inaugurale Deus caritas est. A partire da qui, la seconda parte illustra le linee guida (ma sarebbe più corretto chiamarle sollecitudini pastorali) individuate da Benedetto XVI: una nuova evangelizzazione per contrastare la secolarizzazione, l' emergenza educativa che comporta un rinnovamento della Chiesa e, infine, il perseguimento dell' unità dei cristiani e del dialogo interreligioso.

Il libro: Joseph Ratzinger - Benedetto XVI, «Una guida alla lettura», a cura di Giuliano Vigini, Libreria Editrice Vaticana, pagine 148, Euro 10

© Copyright Corriere della sera, 26 giugno 2011


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Un libro di monsignor Georg Ratzinger

Mio fratello il Papa



«Mio fratello, il Papa» (Mein Bruder, der Papst) è il titolo, semplice ed efficace, del libro che monsignor Georg Ratzinger ha preparato insieme al giornalista e scrittore tedesco Michael Hesemann.
Sono 256 pagine frutto di una serie di colloqui svoltisi nella tarda primavera di quest’anno a Ratisbona e durante i quali il fratello maggiore di Benedetto XVI ha raccontato al suo interlocutore i ricordi di un’intera vita. Il volume, pubblicato a Monaco da Herbig e corredato da una quarantina di immagini, sarà in libreria il prossimo 12 settembre, proprio alla vigilia della visita che il Pontefice effettuerà in Germania.
Occasione del libro è tuttavia il sessantesimo anniversario dell’ordinazione sacerdotale di Georg e Joseph Ratzinger (a Frisinga, il 29 giugno 1951), ricorrenza non usuale che i due fratelli hanno celebrato insieme nella basilica Vaticana nella festa dei santi Pietro e Paolo.
La testimonianza del Prälat Georg Ratzinger, che è la persona più vicina a Benedetto XVI, inizia dagli anni dell’infanzia e racconta tra l’altro come nel seno della famiglia sia nata e maturata la decisione del giovane Joseph di servire la Chiesa nel sacerdozio, sino ad arrivare agli anni del pontificato.

(©L'Osservatore Romano 21 luglio 2011)


[Modificato da Paparatzifan 20/07/2011 19:25]
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Due libri per presentare vita e pensiero di Joseph Ratzinger



Friburgo si prepara ad accogliere il Pontefice a settembre

L'arcidiocesi di Friburgo ha presentato, mercoledì scorso, 27 luglio, due nuovi libri sulla vita e il ministero di Benedetto XVI per far conoscere ancora meglio in Germania la persona e il pensiero del Papa.
Un'iniziativa promossa nella prospettiva del viaggio che il Pontefice compirà nel suo Paese natale dal 22 al 25 settembre, facendo tappa a Berlino, Erfurt, Etzelsbach e proprio a Friburgo.
Le pubblicazioni si inseriscono dunque nell'ambito della preparazione spirituale ad accogliere il Papa tedesco.
"Dove c'è Dio, là c'è futuro. Benedetto XVI - Persona e Ministero" (Wo Gott ist, da ist Zukunft. Benedikt XVI. - Person und Amt) è il titolo del primo volume.
"Con Benedetto XVI accogliamo il titolare di un ministero quasi bimillenario, le cui dimensioni quasi non riusciamo a valutare" scrive, nella prefazione, l'arcivescovo di Friburgo, monsignor Robert Zollitsch, presidente della Conferenza episcopale tedesca. Nelle 116 pagine del volume, una serie di brevi saggi mostrano come il Papa interpreta oggi il ministero episcopale e petrino. Particolarmente curati i capitoli che raccontano la vita di Joseph Ratzinger, con informazioni dettagliate sul Pontificato.
Il secondo libro ha per titolo "Dove c'è Dio, là c'è futuro. Temi centrali del pensiero di Joseph Ratzinger / Benedetto XVI" (Wo Gott ist, da ist Zukunft. Zentrale Themen im Denken von Joseph Ratzinger / Benedikt XVI). Il volume passa in rassegna, in 220 pagine, le più significative questioni teologiche secondo l'insegnamento del Papa. Si va dai temi centrali della religione, della cultura e della società, alla teologia come orientamento della Chiesa e al cammino della Chiesa stessa verso il futuro. L'opera, completata da una bibliografia di Joseph Ratzinger, è adatta a un pubblico che ha una preparazione teologica.
Infine l'arcidiocesi, nel suo portale internet, ha messo a disposizione il file audio di tre meditazioni (www.ebfr.de/papstaudio), tenute nel 1972 dall'allora professor Joseph Ratzinger all'Accademia cattolica di Friburgo sul tema dell'incarnazione in prospettiva teologica.
Intanto cresce l'attesa per il libro che monsignor Georg Ratzinger ha preparato insieme al giornalista e scrittore tedesco Michael Hesemann "Mio fratello, il Papa" (Mein Bruder, der Papst).
Il volume, pubblicato a Monaco da Herbig, sarà in libreria il prossimo 12 settembre, proprio alla vigilia del viaggio del Pontefice in Germania.
Le 256 pagine del volume sono frutto di una serie di colloqui svoltisi nella tarda primavera di quest'anno a Ratisbona e durante i quali il fratello maggiore di Benedetto XVI ha raccontato all'interlocutore i suoi ricordi, dalla vita in famiglia fino al Pontificato.

(©L'Osservatore Romano 31 luglio 2011)


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Felpato, leggero, gioioso: ecco lo stile di Benedetto XVI

Alessandra Borghese ci spiega il senso del suo libro, "Aplomb Vaticano"



Alfonso Piscitelli

Aplomb Vaticano. L'ultimo libro di Alessandra Borghese è dedicata allo "stile", a quell'aura che avvolge l'istituzione più antica dell'Occidente e che ha il suo centro in Roma, sul colle Vaticano. Perché evidentemente la religione è anche questione di stile, come sanno da secoli artisti, musicisti, cultori del bello, che nella Chiesa Cattolica hanno trovato il più munifico dei mecenati. Il libro di Alessandra Borghese, nasce capitolo dopo capitolo, sulle colonne di Style Magazine, il mensile del Corriere della Sera ed ora viene pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana.

All'autrice abbiamo chiesto di tratteggiare lo stile peculiare di Benedetto XVI.

«È sempre difficile parlare dello stile di un Pontefice - ci risponde la principessa Borghese - potrebbe sembrare un argomento futile, accessorio. Chiaramente, la sostanza di un Pontificato è ben altra e nel caso di papa Ratzinger siamo di fronte a un pensiero teologico di eccezionale elevatezza. D'altro canto, Benedetto XVI ha un suo stile immediatamente riconoscibile: è uno stile gioioso e nello stesso tempo leggero, felpato. Benedetto XVI non lo senti arrivare ed è qui…».

È uno stile un po' "felino".

E infatti il Papa è amante dei gatti. Lo stile di Ratzinger è anche profondamente bavarese: è dalla cultura della Mitteleuropa cattolica che gli deriva l'amore per la musica, come strumento privilegiato per lodare Dio e cantare la sua magnificenza. Vi è poi nel suo carattere una attenzione a simboli, che non possono essere considerati dettagli: Ratzinger ha voluto rinnovare gli antichi splendori del cerimoniale, ha rimesso il crocifisso sull'altare centrale, ha recuperato paramenti che erano caduti in disuso e tutto questo non può essere considerato un vezzo estetico. Valorizzare la bellezza della liturgia è per Benedetto XVI il modo per testimoniare la vitalità della tradizione storica della spiritualità cattolica.

C'è stata un po' di ironia sulla sua ricercatezza estetica…

Ben venga l'ironia, e del resto Ratzinger è stato attaccato in modi peggiori. Già prima della sua elezione veniva chiamato il Panzerkardinal... A me personalmente piace e mi piace molto il suo impegno nel rinnovare la bellezza della liturgia. Benedetto XVI non vuole che si applauda durante le messe, a conclusione delle sue omelie. Vuole che in chiesa regnino la concentrazione e il silenzio.

Però ci sono tante messe con i canti che imitano i Pooh…

In una chiesa addirittura ho sentito echeggiare le note di Gianna Nannini, grande cantante, ma poco consona al contesto sacro. In casi come questo la responsabilità è del singolo prete…
Purtroppo, non è solo qualche prete isolato. Questa tendenza liturgica un po' "casual" col passare degli anni si è diffusa e, con l'intenzione di avvicinare il cristianesimo ai giovani, ha finito col distruggere la bellezza del Trascendente.
L'intenzione era appunto buona: rendere più accessibile la religione. Però questo risultato non lo si raggiunge certo abbassando la qualità o spettacolarizzando il rito.

Colpisce poi l'irruzione dell'orrido moderno nell'architettura sacra. Ha suscitato non poche perplessità tra i fedeli anche il mausoleo di Padre Pio costruito da Renzo Piano.

Renzo Piano è un grande architetto italiano, rinomato in tutte il mondo. Le cito però un aneddoto. Quando Piano stava progettando la chiesa andò in Vaticano a spiegare la sua idea dicendo: io voglio creare una chiesa per l'uomo che deve raccogliersi in sé, per l'uomo che deve trovare sé stesso. Qualcuno molto in alto in Vaticano gli rispose: veramente, architetto, noi cattolici andiamo in Chiesa per trovare Dio!
In ambito ortodosso, prima di disegnare un'icona, il pittore - che non è una star dell'arte moderna, ma un devoto e a volte anche un mistico - si immerge in un lungo periodo di ascesi e meditazione…

Altro esempio che suscita perplessità: Richard Meier, grandissimo architetto, famoso per il nuovo rivestimento dell'Ara Pacis, ha realizzato una chiesa nella periferia di Roma. La chiesa non manca di fascino, ma è priva di tabernacolo; evidentemente la sua concezione religiosa, che non concepisce l'Incarnazione di Cristo, gli faceva apparire superflua la presenza di un tabernacolo in Chiesa…

Per fortuna ci sono le oasi di bellezza e di spiritualità: nel suo libro lei accennava ai monasteri benedettini, che oggi tornano a essere punto di riferimento per molti.
Per anni, tanti uomini di cultura europei andavano lontano, ad esempio in India, per sperimentare momenti di meditazione: dimenticavano che vicino a noi ci sono i monasteri benedettini o cistercensi, che trasmettono in forma vivente la grande tradizionale spirituale dell'Europa cristiana.

Vi sono poi luoghi della fede come Lourdes che attraggono milioni di pellegrini, ma vengono considerati con una punta di snobismo da certi "cattolici adulti" come espressioni di una devozione popolare ingenua.

Lei sta parlando con una che è hospitalier a Lourdes e che ha fatto giuramento di servire i malati che si recano al santuario. Considero la devozione popolare come qualcosa di molto importante, perché consente alla fede di esprimersi pubblicamente. A Lourdes vanno peraltro molti mussulmani, induisti, buddhisti. Negli ultimi tempi è divenuta punto di incontro tra i cattolici e quegli anglicani che avvertono forte il richiamo della devozione mariana.
La devozione mariana è anche un grande terreno comune tra cattolici ed ortodossi.
Certo, e se c'è qualcuno che riuscirà a riavvicinare cattolicesimo e mondo ortodosso questo può essere Benedetto.

Perché?

Innanzitutto perché è molto amico dell'attuale patriarca di Mosca Kirill. Tra loro due c'è grande stima teologica. Ha una certa importanza anche l'origine nazionale: questo Papa non è polacco, ma è tedesco. Quindi vengono meno preclusioni che risalivano al periodo della dominazione sovietica e anche a periodi precedenti della storia slava. Ma il dato più importante è la comprensione profonda che Benedetto XVI ha della spiritualità dei fratelli ortodossi. Ci sono tutti i presupposti per un grande riavvicinamento.
E se si riavvicinano i fratelli ortodossi la vedo brutta per le chiese senza tabernacolo e le messe in stile finto-pooh…

© Copyright Il Secolo d'Italia, 30 luglio 2011


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Le immagini più belle di Benedetto XVI in Terra Santa

«Un album di fotografie e parole da sfogliare insieme, in famiglia, per ricordare, rivivere e lasciar crescere nel cuore, parole e colori, emozioni e propositi di quei giorni benedetti».
Il francescano Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, presenta così nella prefazione il volume Pope Benedict in the Holy Land, realizzato dalla locale assemblea degli ordinari cattolici (Achol), a un anno e mezzo dalla visita compiuta dal Pontefice, dall'8 al 15 maggio 2009.
Non a un libro, dunque, ma a un album hanno pensato il Patriarca di Gerusalemme dei Latini, gli undici vescovi, i cinque religiosi e i due nunzi che hanno voluto la pubblicazione: «come quando si sente, la sera, riuniti, il bisogno di ricordare insieme, partendo da una fotografia che ci è cara, e condividere su quell'immagine, le impressioni di un giorno che si ripresenta ancora nuovo, perché nel confronto dei ricordi risulta ricco di mille sfaccettature di molte verità, tante almeno quante le persone che le hanno vissute», scrive ancora Pizzaballa.
Testi in inglese, arabo, italiano e francese, corredati da bellissime immagini a colori, compongono le 190 pagine del volume, che riporta i 33 tra discorsi e omelie pronunciati da Benedetto XVI in Giordania, in Israele e nei Territori palestinesi.
«Uno strumento -- scrive nell'introduzione il Patriarca Fouad Twal -- per non dimenticare i punti salienti dell'insegnamento del Papa, e poter farne, così, oggetto di riflessione e meditazione. La visita pastorale che Benedetto XVI ci ha offerto aggiunge che è stata per tutte le nostre Chiese (latina, melkita, maronita, siro cattolica, armena e caldea) un'autentica grazia. Non lasciamola cadere nel vuoto».
Quelle del Pontefice sono parole alle quali fa eco il Custode di Terra Santa «mai uguali, ma ognuna diversa, e ancora una volta tutte unite nell'indicare una sola convergenza: la speranza, la certezza di un domani diverso, che sia davvero secondo il cuore di Dio, che davvero risponda alla sete di libertà e di verità del nostro cuore di figli». Perché spiega ancora «questa visita è stato l'incontro voluto con i cristiani di Terra Santa, la nostra gente. Evento preparato, temuto, atteso, accompagnato, vissuto, commentato, analizzato, interpretato in tanti modi diversi, ma che ha trovato unanimità e unità nella sua finalità prima, nell'intenzione che ha mosso i passi del Papa pellegrino: “la mia presenza qui vuole essere segno che voi non siete dimenticati”». Per questo gli abitanti della Terra Santa ora sanno con certezza che la loro regione «è nel cuore di Benedetto XVI». (gianluca biccini)

(©L'Osservatore Romano 7 agosto 2011)


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La Lev pubblica il volume con le catechesi del Papa sui Dottori della Chiesa

La Libreria Editrice Vaticana ha pubblicato l’ultimo volume che raccoglie le recenti catechesi di Benedetto XVI sui Dottori della Chiesa. Si tratta dell’11.mo capitolo di quella “biblioteca” che da diversi anni, durante le udienze generali del mercoledì, il Papa è andato componendo a partire dagli Apostoli, passando per i Padri della Chiesa, fino ai maestri e scrittori – uomini e donne – del Medioevo. Un itinerario che ora si aggiorna con i protagonisti delle catechesi tenute nei primi mesi di quest’anno, che hanno per protagonisti alcune delle massime figure del cristianesimo del 16.mo e del 17.mo secolo. Alessandro De Carolis ne ricorda alcune in questo servizio:

L’unica Santa più vicina ai nostri giorni, con la quale Benedetto XVI chiude il 6 aprile scorso la sua personale “galleria” dedicata ai Dottori della Chiesa, è Teresa di Lisieux, vissuta alla fine dell’Ottocento. Gli altri sono tutti contemporanei fra loro o quasi, ma di un’epoca antecedente di due o trecento anni. Un’epoca difficile per la Chiesa, quella della Riforma luterana e della stagione del Concilio di Trento, segnata dalla dolorosa frattura tra cattolici e protestanti. Tra febbraio e aprile di quest’anno, Benedetto XVI traccia i profili dei “grandi” che attraversano questa fase: Teresa d’Avila, S. Giovanni della Croce, San Francesco di Sales, Sant’Alfonso Maria de’ Liguori. Ma ci sono anche tre figure, forse meno conosciute rispetto a quelle citate, unite da un “filo rosso” che si potrebbe sintetizzare così: in un periodo in cui – per effetto della Riforma protestante – si registra spesso il sopravvento, come dice il Papa, della “retorica dell’ira”, tre Dottori della Chiesa si distinguono per l’intelligenza della fede e, in particolare, per il coraggio della mitezza.

All’inizio di febbraio, Benedetto XVI parla di San Pietro Canisio, un gesuita olandese che nella seconda metà del Cinquecento porta il messaggio di Cristo nel cuore del protestantesimo, la Germania, con un ben preciso stile:

“In un momento storico di forti contrasti confessionali, evitava - questa era una cosa straordinaria - l’asprezza e la retorica dell’ira - cosa rara a quei tempi nelle discussioni tra cristiani, dall’una e dall’altra parte - e mirava soltanto alla presentazione delle radici spirituali e alla rivitalizzazione dell’intero corpo della Chiesa”. (Udienza generale, 9 febbraio 2011)

Pietro Canisio parla alla gente con semplice schiettezza, mettendo in evidenza l’importanza della preghiera quotidiana, della Messa domenicale, cioè di una vita cristiana che fa di Gesù il proprio cuore. Non diversamente si muove, nella sua predicazione, San Roberto Bellarmino, di vent’anni più giovane, che arriverà alla porpora cardinalizia senza mai patire un distacco comunicativo dai fedeli della sua diocesi, ai quali racconta sempre, afferma il Papa, “dell’immensa bontà di Dio”:

“Egli evita ogni taglio polemico e aggressivo nei confronti delle idee della Riforma, ma utilizzando gli argomenti della ragione e della Tradizione della Chiesa, illustra in modo chiaro ed efficace la dottrina cattolica (…) La sua predicazione e le sue catechesi presentano quel medesimo carattere di essenzialità che aveva appreso dall’educazione ignaziana, tutta rivolta a concentrare le forze dell’anima sul Signore Gesù intensamente conosciuto, amato e imitato”. (Udienza generale, 23 febbraio 2011)

Nel 1602, anno in cui il cardinale Bellarmino diventa arcivescovo di Capua, all’interno dell’Ordine francescano dei Cappuccini viene eletto ministro generale un altro futuro Santo, Lorenzo da Brindisi. Anche costui, rammenta Benedetto XVI, si rivela un vero “uomo di pace”. La pacatezza dei modi e delle parole lo rende amabile e soprattutto rende efficace il richiamo che rivolge ai cristiani: la “coerenza” della vita “con la fede professata”. La forza di San Lorenzo da Brindisi, afferma il Papa, nasce da una preghiera intensa e coltivata. E questo, soggiunge, lo rende immune dal rischio dell’“attivismo” dal quale devono guardarsi i cristiani contemporanei, non esclusi i sacerdoti:

“Anche oggi la nuova evangelizzazione ha bisogno di apostoli ben preparati, zelanti e coraggiosi, perché la luce e la bellezza del Vangelo prevalgano sugli orientamenti culturali del relativismo etico e dell’indifferenza religiosa, e trasformino i vari modi di pensare e di agire in un autentico umanesimo cristiano”. (Udienza generale, 23 marzo 2011)

© Copyright Radio Vaticana


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Il segretario generale della Conferenza episcopale ripercorre in un libro le tappe del viaggio del Pontefice in Germania

Un grande tedesco alla guida della Chiesa

«L'incontro con un grande tedesco che da guida della Chiesa universale ha reso partecipi i suoi connazionali e i credenti della sua sapienza e soprattutto della sua fede».
Così riassume la visita compiuta da Benedetto XVI in Germania dal 22 al 25 settembre scorsi il gesuita Hans Langendörfer, nel volume, largamente illustrato da bellissime fotografie, Papst Benedikt in Deutschland. Unvergeßliche Begegnungen in Wort und Bild («Papa Benedetto in Germania. Incontri indimenticabili attraverso parole e immagini», Leipzig - Freiburg im Breisgau, St. Benno Verlag - Herder, 2011, pagine 96, euro 9,95).
Il segretario generale della Conferenza episcopale tedesca -- che è stato coordinatore della visita del Papa in Germania -- vuol far rivivere attraverso questo libro i momenti principali del viaggio e ripercorrere le reazioni suscitate, anche attraverso numerose foto significative. Sfogliando le pagine scorrono così le immagini con le tappe del viaggio apostolico: da Berlino, la capitale, a Erfurt, nel cuore del Paese, fino a Friburgo, nella regione meridionale del Baden- Württemberg. Nella sua terra natale, il Pontefice ha incontrato i vertici dello Stato, i rappresentanti della Chiesa cattolica, delle comunità ecumeniche e di altre religioni. Ha celebrato messe davanti a centinaia di migliaia di persone, incoraggiandole nella fede e nella carità. «Il programma è stato intenso e non pochi si erano preoccupati che al Papa potessero mancare le forze, ma è accaduto proprio il contrario. Più passava il tempo, più si poteva percepire come crescesse la gioia del Papa per la visita e come si approfondisse il sentimento di vicinanza» scrive il gesuita nell'introduzione. Ai vescovi tedeschi, in un momento commovente, Papa Ratzinger ha detto quanto si sentisse da loro sostenuto e sorretto.
Il volume è stato presentato a Benedetto XVI dal presidente della Conferenza episcopale tedesca, l'arcivescovo di Friburgo, monsignor Robert Zollitsch, e dallo stesso padre Langendörfer, al termine dell'udienza generale di mercoledì 19 ottobre. Nel riceverlo, il Papa ha sfogliato il volume e ha ringraziato per il dono.

(©L'Osservatore Romano 31 ottobre - 1° novembre 2011)


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Satana in Vaticano: il libro dell’esorcista padre Amorth

Mille storie di «ordinaria» possessione e due esorcismi davvero straordinari: Panorama anticipa un brano di «L’ultimo esorcista» (Edizioni Piemme, 266 pagine, 16,50 euro), dove si descrivono un rito eseguito da Joseph Ratzinger, nel maggio 2009, e uno di Karol Wojtyla. Scritto da padre Gabriele Amorth e Paolo Rodari, il libro esce il 7 febbraio.

Fa caldo in piazza San Pietro. La primavera è oramai inoltrata. Il sole picchia sulla piazza dove una folla di fedeli aspetta il Papa. È mercoledì, il giorno dell’udienza generale. I fedeli sono arrivati da tutto il mondo. Dal fondo della piazza entra un gruppetto di quattro persone. Due donne e due giovani uomini. Le donne sono due mie assistenti. Mi aiutano durante gli esorcismi, pregano per me e per i posseduti e assistono per quanto è loro possibile i posseduti nel loro lungo e difficile percorso di liberazione. I due giovani uomini sono due posseduti. Nessuno lo sa. Lo sanno soltanto loro e le due donne che li «scortano».
Quel mercoledì le donne decidono di portare i due all’udienza del Papa perché pensano che potrebbero trarne giovamento. Non è un mistero che molti gesti e parole del Papa facciano imbestialire Satana. Non è un mistero che anche la sola presenza del Papa inquieti e in qualche modo aiuti i posseduti nella loro battaglia contro colui che li possiede. I quattro si avvicinano verso le transenne in prossimità del palco da dove Benedetto XVI di lì a poco è chiamato a parlare. Le guardie svizzere li fermano. Non hanno i biglietti per proseguire oltre. Le due donne insistono. È importante per loro riuscire a portare i due posseduti il più possibile vicino al Papa. Le guardie svizzere non ammettono deroghe e intimano loro di allontanarsi. Così una delle due donne fa finta di sentirsi male. La sceneggiata ottiene un risultato. I quattro vengono fatti accomodare oltre le transenne, nei posti riservati ai disabili. «Avete visto, Giovanni e Marco?» chiedono le due donne ai due posseduti. «Ce l’abbiamo fatta. Tra poco arriverà il Papa e noi siamo qui vicini a lui». I due non parlano. Sono stranamente silenziosi. È come se coloro che li possiedono (si tratta di due demoni diversi) stiano cominciando a capire chi di lì a poco arriverà in piazza.
Suonano le 10. Dall’arco delle campane, il portone a fianco della basilica vaticana, esce una jeep bianca. Sopra tre uomini. Un guidatore, il Papa in piedi e, seduto al suo fianco, il suo segretario particolare monsignor Georg Gänswein. Le due donne si girano verso Giovanni e Marco. Istintivamente li sorreggono con le braccia. I due, infatti, iniziano ad avere comportamenti strani. Giovanni trema e batte i denti. Le due donne capiscono che qualcuno sta cominciando ad agire nel corpo di Giovanni e di Marco. Qualcuno che col passare dei minuti si mostra sempre più agitato. «Giovanni, mantieni il controllo di te stesso» dice una delle due donne. «Non farti sopraffare. Reagisci. Mantieni il controllo».

L’altra donna dice le stesse parole a Marco. Giovanni non sembra ascoltare le parole della donna. Salvo, d’improvviso, girarsi e dirle con voce lenta e che sembra venire da non si sa quale mondo: «Io non sono Giovanni». La donna non dice più nulla. Sa che con il diavolo solo un esorcista può parlare. Se lei lo facesse sarebbe molto rischioso. Così rimane in silenzio e si limita a sostenere il corpo di Giovanni, ora completamente in mano al demonio. La jeep gira per tutta la piazza. I due posseduti si piegano per terra. Battono la testa per terra. Le guardie svizzere li osservano ma non intervengono. Sono forse abituate a scene del genere? Forse sì. Forse altre volte hanno assistito alle reazioni dei posseduti innanzi al Papa. La jeep compie un lungo percorso. Poi arriva in cima alla piazza, a pochi metri dal portone della basilica vaticana.
Il Papa scende dall’auto e saluta le persone poste nelle prime file. Giovanni e Marco, insieme, iniziano a ululare. Sdraiati per terra ululano. Ululano fortissimo. «Santità, santità, siamo qui!» urla al Papa una delle due donne cercando di attirare la sua attenzione. Benedetto XVI si gira ma non si avvicina. Vede le due donne e vede i due giovani uomini per terra che urlano, sbavano, tremano, danno in escandescenze. Vede lo sguardo d’odio dei due uomini. Uno sguardo diretto contro di lui. Il Papa non si scompone. Guarda da lontano. Alza un braccio e benedice i quattro. Per i due posseduti è una scossa furente. Una frustata assestata su tutto il corpo. Tanto che cadono 3 metri indietro, sbattuti per terra. Adesso non urlano più. Ma piangono, piangono, piangono. Gemono per tutta l’udienza. Quando poi il Papa se ne va, rientrano in se stessi. Tornano se stessi. E non ricordano nulla. (…).


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L’esorcista che ha visto il diavolo in Vaticano

Padre Amorth: Satana tenta le gerarchie. E il rapimento Orlandi...

GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO

Lavora nell’ombra, spesso osteggiato anche dalla Chiesa. Padre Gabriele Amorth, l’anziano sacerdote paolino che sotto il pontificato wojtyliano divenne l’esorcista ufficiale della diocesi di Roma, continua ancora a combattere indefesso contro colui che egli chiama «Il Grande Nemico»: Satana, il principe dell’inferno.
La sua battaglia è ben enucleata nell’esplosivo libro scritto a quattro mani col giornalista del «Foglio» Paolo Rodari: «L’ultimo esorcista», appena uscito per le edizioni Piemme.
Amorth lotta anche contro i molti che all’esistenza di Satana non credono: «Eminenza, lei dovrebbe leggersi un libro», disse a un cardinale della curia romana che sosteneva che Satana fosse soltanto «frutto della superstizione». «Quale libro?» gli chiese il porporato. «Lei dovrebbe leggere il Vangelo» gli rispose Amorth domandandogli ancora: «Sbaglio o una delle attività principali di Gesù nei Vangeli è quella di compiere esorcismi?».
Amorth esegue ancora oggi dagli otto ai dieci esorcismi al giorno, compresi le domeniche e il giorno di Natale. Per lui Satana è ovunque, anche nelle sacre stanze del Vaticano. Lo sapeva Giovanni Paolo II che, infatti, non rinunciava a fare in prima persona degli esorcismi.
Una prima volta è il 27 marzo 1982. L’allora vescovo di Spoleto, Ottorino Alberti, gli porta una giovane donna, Francesca Fabrizi, che al vederlo si mette a gridare, a rotolarsi per terra, incurante che il Papa intimi più volte al diavolo di uscire da lei. Si quieta di colpo solo quando Giovanni Paolo II le dice, «domani dirò messa per te».
Qualche anno dopo la donna torna dal Papa col marito, tranquilla, felice, in attesa di un bambino. «Non avevo mai visto una cosa simile», confida il Papa al suo prefetto di casa, il cardinale Jacques Martin. «Una scena biblica».
Benedetto XVI non compie esorcismi, ma è talmente odiato da Satana da essere ritenuto dal demonio «peggio di Giovanni Paolo II». Molti cercano l’aiuto di Ratzinger, soprattutto durante le udienze del mercoledì in piazza San Pietro.
Due assistenti di Amorth qualche mese fa ne hanno accompagnati in piazza due. Alla vista del Papa hanno cominciato a urlare, a rotolarsi per terra, a sbavare. Papa Ratzinger li ha notati. Si è avvicinato di qualche passo e li ha benedetti. Per loro è stato come ricevere una potente frustata. Sono volati all’indietro di qualche metro tra lo sgomento generale.
Dice Amorth che Satana ha sempre tentato le gerarchie della Chiesa e in particolare coloro che abitano in Vaticano. Dice che più che la pista del complotto internazionale, dietro la scomparsa di Emanuela Orlandi ci sarebbero a suo avviso le sette sataniche.
Dice: «Io penso che una ragazza di quindici anni non sale su una macchina se non conosce bene la persona che le chiededi salire. Credo dunque che occorrerebbe indagare dentro il Vaticano e non fuori. O comunque indagare intorno alle persone che in qualche modo conoscevano Emanuela. Perché secondo me solo qualcuno che Emanuela conosce bene può averla indotta a salire su una macchina. Spesso le sette sataniche agiscono così: fanno salire su una macchina una ragazza e poi la fanno sparire».
Un libro, anni fa, scritto da Luigi Marinelli e intitolato «Via col vento in Vaticano» denunciò «storie di carriere, arrivismi, avventure amorose». Ma nessuno fece niente: «Doveva essere un allarme per la Chiesa, ma non lo fu».
Satana tenta tutti, religiosi e laici, adulti e bambini. Un caso eclatante quanto ai bambini, o comunque agli adolescenti, si ebbe nell’omicidio di suor Maria Laura Mainetti a Chiavenna, un paesino in provincia di Sondrio, nel giugno del 2000.
I giornali posero l’accento sull’interesse delle ragazze omicide per l’esoterismo e per il cantante rock Marilyn Manson. Che ruolo può aver avuto questa passione musicale nel gesto delle tre ragazze?
Dice Amorth: «Certo, non posso dire che la causa che ha scatenato l’omicidio sia stata una canzone di Manson o addirittura Manson stesso. Ma una cosa va detta. La musica satanica è uno dei principali veicoli di diffusione del satanismo tra i giovani. I messaggi della musica satanica riescono a influenzare la mente e il cuore dei giovani. Attraverso un certo tipo di musica i giovani hanno la possibilità di avvicinarsi ad argomenti nuovi. Sconosciuti. Frontiere del male prima inesplorate».

© Copyright La Stampa, 4 febbraio 2012


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Vaticano: Governatorato, accuse mons. Vigano' infondate ed erronee

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 4 feb

Il Governatorato dello Stato Citta' del Vaticano replica alle accuse contenute nelle due lettere dell'ex-segretario generale mons. Carlo Maria Vigano', oggi nunzio negli Stati Uniti, portate alle luce dalla trasmissione di La7 ''Gli intoccabili''.
''Le asserzioni in esse contenute non possono non causare l'impressione che il Governatorato dello Stato della Citta' del Vaticano, invece di essere uno strumento di governo responsabile, sia un'entita' inaffidabile, in balia di forze oscure'', si legge in un comunicato firmato dal presidente odierno del governatorato, mons. Giuseppe Bertello, dal suo predecessore card. Giovanni Lajolo, superiore di Vigano' all'epoca delle lettere, dall'attuale segretario mons.
Giuseppe Sciacca e dall'ex-vicesegretario generale, ovvero il vice di Vigano', mons. Giorgio Corbellini. Lo stesso Corbellini e' stato intervistato durante la trasmissione che ha rivelato le lettere.
Per il Governatorato, le accuse di Vigano' sono ''frutto di valutazioni erronee, o si basano su timori non suffragati da prove, anzi apertamente contraddetti dalle principali personalita' invocate come testimoni''. Il comunicato ribadisce inoltre la ''piena fiducia e stima'' del Governatorato negli ''illustri membri del Comitato Finanza e Gestione'', un gruppo di banchieri chiamato in causa da Vigano' che li accusava di fare i loro interessi piuttosto che quelli del Vaticano, e ''nelle Direzioni e nei vari Collaboratori'' del Governatorato, sempre accusati dal nunzio negli Stati Uniti, perche' si sono ''rivelati infondati - dopo accurato esame - sospetti e accuse''.

Asca


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