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I lefebvriani

Ultimo Aggiornamento: 18/02/2013 22:40
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04/08/2012 22:59
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25/07/2012

Lefebvriani, decisione dopo l’estate


La risposta di Fellay non è ancora arrivata. Ma sulle tre «condizioni» della Fraternità potrebbero aprirsi spiragli…

ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO



La risposta del superiore della Fraternità San Pio X al preambolo dottrinale che gli è stato consegnato il 13 giugno non è ancora arrivata a Roma. E quand’anche arrivasse nelle prossime settimane, non potrà essere esaminata, perché il Prefetto della Congregazione, Gerhard Müller parte per le vacanze, lo stesso fanno vice-presidente e segretario della Pontificia commissione Ecclesia Dei. Anche se il capitolo generale dei lefebvriani si è concluso, è possibile che Fellay si prenda ancora qualche tempo prima di inviare la sua risposta.


Il superiore della Fraternità, durante l’incontro di giugno, aveva «promesso di far conoscere la sua risposta in tempi ragionevoli». Ma le autorità romane conoscono bene la situazione interna ai lefebvriani e il compito delicato che svolge Fellay. Per questo non sono intenzionate a mettere fretta. Di certo l’ultima versione del preambolo dottrinale – discussa dai cardinali dell’ex Sant’Uffizio e approvata dal Papa – viene considerata dalla Santa Sede definitiva e non suscettibile di significativi cambiamenti. In Vaticano si fa notare come non corrisponda al vero quanto affermato da chi ritiene che con il preambolo del 13 giugno si sia sostanzialmente tornati al primo testo, preparato dalla Congregazione per la dottrina della fede nel settembre 2011, senza tenere dunque conto delle proposte della Fraternità. «L’ultima versione – conferma una fonte a Vatican Insider – ha recepito diverse proposte e suggerimenti formulati da monsignor Fellay».


Due punti nel preambolo sono stati ripristinati per volere del Papa e della Congregazione per la dottrina della fede: il primo riguarda la messa secondo il Novus Ordo, cioè il rito post-conciliare. Ai lefebvriani viene chiesto di riconoscere non solo la validità della nuova messa, ma anche la sua legittimità. Ciò non significa che non si possano criticare gli abusi liturgici o discutere della riforma liturgica post-conciliare e della sua applicazione.


L’altro punto riguarda il Concilio e il suo magistero. La Santa Sede non può accettare che si attribuiscano ai documenti del Vaticano II degli «errori», e chiede alla Fraternità di distinguere i tra testi del Concilio e l’interpretazione dei testi del Concilio, accettando il fatto che il magistero non può essere giudicato da un’altra istanza – in questo caso la stessa Fraternità – che finirebbe per diventare una sorta di «super-magistero».

«Lo scopo del dialogo è quello di superare le difficoltà di interpretazione del Concilio Vaticano II, ma non possiamo negoziare sulla fede rivelata, questo è impossibile. Un Concilio ecumenico, secondo la fede cattolica, è sempre il supremo magistero della Chiesa», ha dichiarato il nuovo Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Gerhard Müller, intervistato da «Ewtn News». «L’affermazione che gli insegnamenti autentici del Vaticano II - ha aggiunto - siano formalmente in contrasto con la tradizione della Chiesa, è falsa».

In Vaticano, in attesa della risposta di Fellay, si è guardato con molta attenzione alla lettera circolare – riservata, ma finita come al solito sul web – che la segreteria generale della Fraternità San Pio X ha inviato ai vari distretti riassumendo la posizione emersa dai lavori del recente capitolo. Le tre condizioni irrinunciabili («sine qua non») per un accordo con Roma sono state formulate in un modo che lascia aperti degli spiragli: ad esempio si ribadisce la richiesta di usare esclusivamente la liturgia del 1962, ma non si dice nulla riguardo la legittimità della nuova messa.

E anche alla rivendicazione della libertà di critica anche pubblica nei confronti dei «fautori di errori o delle novità del modernismo, del liberalismo, del Concilio Vaticano II e delle loro conseguenze» potrebbe alla fine essere data un’interpretazione meno aspra di quel che sembra. «Tutto dipenderà – ripetono in Vaticano – dalla risposta che monsignor Fellay invierà a Roma».


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