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I lefebvriani

Ultimo Aggiornamento: 18/02/2013 22:40
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22/01/2009 09:21
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"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
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Dal blog di Lella...

Esclusivo: Benedetto XVI revoca la scomunica ai Lefebvriani

di Paolo Rodari

Benedetto XVI ha deciso. Il decreto contenente la revoca della scomunica per i vescovi scismatici lefebvriani è pronto. E uscirà nei prossimi giorni, probabilmente entro questa domenica. L’ha redatto e firmato, per volere del Papa, il presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, l’arcivescovo Francesco Coccopalmerio.

Si tratta di un atto di grande magnanimità del Pontefice.

Dal giorno della sua pubblicazione i successori di Marcel Lefevbre alla guida della Fraternità San Pio X, ovvero gli “ultra tradizionalisti” Bernard Fellay, Alfonso de Gallareta, Tissier de Mallerais e Richard Williamson non saranno più scomunicati.
Ratzinger ha deciso dopo che erano stati gli stessi vescovi a scrivere al cardinale Darío Castrillón Hoyos, presidente della Ecclesia Dei, chiedendogli la possibilità di essere reintegrati in seno alla Chiesa cattolica.
Certo, manca ancora un accordo su come e dove la Fraternità si posizionerà all’interno della Chiesa, ma intanto un passo enorme, senz’altro il più decisivo, sulla strada della piena comunione con Roma è stato fatto.
Fu nel 1969 che Lefebvre si ritirò con un manipolo di seminaristi a Econe, in Svizzera. Lo scopo era fuggire da Roma, la città che aveva aperto le porte al Concilio Vaticano II. Lefebvre rigettò sempre le conquiste del Concilio (anche se la sua firma appare sotto tutti i suoi documenti) e, in particolare, la conseguente riforma liturgica. La rottura con Roma avvenne il 30 giugno 1988. Ratzinger era prefetto della Dottrina delle fede e assistette, impotente, all’ordinazione da parte di Lefebvre di quattro vescovi. Un gesto che pose Lefebvre ipso facto nella scomunica latae sententiae. Il Papa, nel settembre 2007, promulgò il Motu Proprio Summorum Pontificum col quale vennero riaperti nuovi spazi per l’uso liturgico del messale antico.
Un gesto che tolse un grosso ostacolo sulla strada del ritorno dei lefebvriani a Roma. Un ritorno oggi definitivo e che ricuce una ferita dolorosissima per tutta la Chiesa.

© Copyright Il Riformista, 22 gennaio 2009


CHE DIRE! ABBIAMO UN GRANDISSIMO PAPA!!!!!!

W IL PAPAAAAAAAAA!!!!!!


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OOPS! L'HO POSTO LA STESSA NOTIZIA SCRITTA DA ANDREA TORNIELLI NELLA CARTELLA SULLE NOTIZE DEL PAPA - E MOLTO PIU DI UNA QUESTIONE DI LITURGIA E SI TRATTA ANCHE DELLA MAGNANIMITA, LA PAZIENZA E LA PERSEVARANZA DEL NOSTRO PAPINO SAGGISSIMO.




[Modificato da TERESA BENEDETTA 22/01/2009 09:42]
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Re:

TERESA BENEDETTA, 22/01/2009 9.41:

OOPS! L'HO POSTO LA STESSA NOTIZIA SCRITTA DA ANDREA TORNIELLI NELLA CARTELLA SULLE NOTIZE DEL PAPA - E MOLTO PIU DI UNA QUESTIONE DI LITURGIA E SI TRATTA ANCHE DELLA MAGNANIMITA, LA PAZIENZA E LA PERSEVARANZA DEL NOSTRO PAPINO SAGGISSIMO.




Sì, non importa, Teresita, hai fatto comunque bene di postarla lì!!! Ho postato qua quella di Rodari perché mi è venuta in mente l'idea di aprire una discussione dedicata ai lefevbriani.

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Dal blog Cantuale Antonianum...

giovedì 22 gennaio 2009

Conferme ufficiose: la scomunica revocata

Tornielli e Rodari, confer- mano l'ormai imminente decreto che revoche- rebbe la scomunica ai vescovi lefebvriani, annunciata per primo dalla "Cicogna nella torre".


Si parla appunto di revoca, non di "nullità".
Questo mi pare comunque più serio, se verrà confermato. Si intende cioè che i vescovi (sia consacranti che illecitamente consacrati 21 anni fa) erano davvero incorsi nella scomunica latae sententiae, e in seguito alla loro richiesta (che c'è stata) e alla loro conversione (che speriamo ci sia davvero, il papa lo sa) sono riaccolti nella chiesa cattolica. L'accettazione del Concilio, la validità della nuova messa e degli ordini, l'obbedienza al Papa sono tutti requisiti da tempo richiesti e necessari a confermare la volontà di comunione con la sede di Pietro. La nullità avrebbe comportato il riconoscimento di un errore da parte di Lefebvre, che vedeva minacciata di estinzione la sua fraternità, ma la cui coscienza, soggettivamente, era in buona fede nell'agire in reale "stato di emergenza" senza mandato papale. Il che, francamente, stando a tutte le conoscenze di dialoghi tra Santa Sede e Mons. Lefebvre, non mi pare così facilmente sostenibile. Ma nella chiesa non si sa mai...


Probabilmente, poi, nello stesso decreto (o in un documento accompagnatorio), preparato dall'esperto giurista card. Coccopalmerio ci sarà anche qualche parola per revocare la sospensione e l'interdetto che colpisce i preti e i diaconi ordinati dai vescovi lefebvriani. Anche questi 500 ministri di Dio, pur non scomunicati secondo alcuni, sono in una posizione irregolare davanti alla Chiesa. Non dimentichiamoli per favore.
Ma una cosa è la revoca della scomunica (anche Paolo VI ha revocato la scomunica degli ortodossi) e un'altra cosa è il ritorno nella piena "comunione gerarchica" di questi 4 vescovi, i quali rimangono senza giurisdizione (e bisogna vedere come potranno essere sistemati).


Infine c'è il problema Williamson, uno dei quattro, il quale è soggetto ad intemperanze verbali esagerate, sia nei confronti del papa, che del Concilio Vaticano II, sia - ultimamente - contro gli ebrei: un vero revisionista ai limiti dell'apologia nazi-fascista, stando alle fonti (si spera sincere).
Anche fr. Z, nel suo arcinoto blog, è preoccupatissimo per il ritorno di questo ex-anglicano fattosi lefebvriano e ora in arrivo nella chiesa di Roma. Addirittura spererebbe in un ritorno di 3 sui 4 pur di non dover affrontare la patata surriscaldata che sicuramente sarà.


Aggiornamento e approfondimento: pare proprio che ANCHE I SACERDOTI E DIACONI lefebvriani siano da considerare scomunicati.
leggete questo documento chiarificatore del Pontificio consiglio per l'interpretazione dei testi legislativi, riporto solo la parte in questione, il resto lo leggete qui:


5. Come dichiara il motu proprio n. 5c, la scomunica latae sententiae per scisma riguarda coloro che "aderiscono formalmente" a detto movimento scismatico. Anche se la questione sull'esatta portata della nozione "adesione formale allo scisma" andrebbe posta alla competente Congregazione per la dottrina della fede, sembra a questo pontificio consiglio che tale adesione debba implicare due elementi complementari:

a) uno di natura interna, consistente nel condividere liberamente e coscientemente la sostanza dello scisma, ossia nell'optare in tal modo per i seguaci di Lefebvre che si metta tale opzione al di sopra dell'obbedienza al Papa (alla radice di questo atteggiamento vi saranno abitualmente posizioni contrarie al magistero della Chiesa);

b) un altro d'indole esterna, consistente nell'esteriorizzazione di quell'opzione, il cui segno più manifesto sarà la partecipazione esclusiva agli atti "ecclesiali" lefebvriani, senza prendere parte agli atti della Chiesa cattolica (si tratta comunque di un segno non univoco, poiché c'è la possibilità che qualche fedele prenda parte alle funzioni liturgiche dei seguaci di Lefebvre senza condividere però il loro spirito scismatico).

6. Nel caso dei diaconi e dei sacerdoti lefebvriani sembra indubbio che la loro attività ministeriale nell'ambito del movimento scismatico è un segno più che evidente del fatto che si danno i due requisiti di cui sopra (n. 5) e che vi è quindi una adesione formale.


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22/01/2009 23:13
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Dal blog di Lella...

VATICANO: LEFEBVRIANI, NO COMMENT FINO A PUBBLICAZIONE TESTO SANTA SEDE

(ASCA) - Roma, 22 gen

''In assenza di una dichiarazione ufficiale da parte della Santa Sede, la Fraternita' Sacerdotale San Pio non commenta le voci su una possibile revoca della scomunica.
Non ci sara' alcuna comunicazione fino alla pubblicazione di un testo da parte del Vaticano'': e' la risposta dell'abata Alan Lorans, direttore dei servizi di informazione della Fraternita' scismatica fondata da mons. Lefebvre, in risposta alle notizie di stampa su una imminente revoca della scomunica sui quattro vescovi lefebvriani da parte di papa Benedetto XVI.

© Copyright Asca

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23/01/2009 20:43
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Vescovi lefebvriani assolti dalla scomunica -
Ma uno di loro nega la Shoah


1/22/09


La notizia dell’imminente revoca della scomunica ai quattro vescovi della Fraternità Sacerdotale di San Pio X fondata da Marcel Lefebvre ha fatto salire di colpo la temperatura di una polemica riguardante uno di loro.

Nell’occhio del ciclone c’è il vescovo lefebvriano Richard Williamson, inglese di nascita. Lo scorso 1 novembre, festa di Tutti i Santi, Williamson ordinò diacono, in Germania, a Zaitkofen, un giovane svedese convertitosi al cattolicesimo, Sten Sandmark. A seguire la cerimonia c’era una televisione di Stoccolma. Al termine, il reporter intervistò sia il vescovo che il nuovo ordinato.

La conversazione toccò il tema del nazismo. E a questo punto il vescovo Williamson intervenne dicendo di non credere che sei milioni di ebrei fossero stati sterminati. Negò che si fosse fatto uso di camere a gas e disse di associarsi ai “revisionisti” che abbassano il numero degli ebrei uccisi a due-trecentomila.

“Se questo non è antisemitismo, allora cos’è?”, obiettò il giornalista.

E il vescovo: “Se l’antisemitismo è una cosa cattiva, esso è contro la verità. Quando una cosa è vera, essa non è cattiva. La parola anti-semitismo non mi riguarda”.

L’intervista andò in onda, finì anche su internet, e la polemica nei giorni scorsi è salita alle stelle. Il settimanale tedesco “Der Spiegel” vi ha imbastito un articolo. Gli ebrei hanno protestato, i vescovi tedeschi si sono dissociati sdegnati dalle affermazioni del loro confratello, pur scomunicato. E anche la diocesi di Stoccolma ha preso le distanze.

Il 20 gennaio la Fraternità Sacerdotale di San Pio X ha cercato di limitare i danni, con due comunicati emessi dai suoi distretti di Gran Bretagna-Scandinavia e di Germania: “Gesù era ebreo, Maria era ebrea, gli apostoli erano ebrei, e quindi nessun vero cristiano può essere antisemita. Le affermazioni fatte dal vescovo Williamson sono esclusivamente sue e non riflettono le vedute della Società di San Pio X. Inoltre, papa Pio XI nella sua enciclica ‘Mit Brennender Sorge’ condannò il regime senza Dio del nazismo e i suoi crimini”.

Trovi qui la traduzione in inglese dell’articolo di “Der Spiegel”, con il video dell’intervista:
“Traditionalist bishop may be charged with holocaust denial in Germany“.
cathcon.blogspot.com/2009/01/traditionalist-bishop-may-be-char...

E qui, sempre in inglese, i comunicati della diocesi cattolica di Stoccolma e dei lefebvriani:
“Williamson to be Charged? Diocese of Stockholm and SSPX District Superiors Respond“.
www.remnantnewspaper.com/Archives/2009-williamson_to_be_cha...



[Modificato da TERESA BENEDETTA 23/01/2009 20:52]
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Lefebvre: la storia di un scisma lungo venti anni. Il ruolo di Ratzinger e quello dei vescovi francesi

È difficile sapere come l’episcopato francese prenderà la notizia della decisione del Papa di revocare la scomunica (il decreto, firmato dal Pontificio Consiglio per i testi legislativi, uscirà nei prossimi giorni) ai quattro vescovi scismatici appartenenti alla Fraternità San Pio X fondata nel 1970 da Marcel Lefebvre. Una cosa, comunque, la si può dire: in una parte di questo episcopato la notizia non susciterà particolari emozioni. Anzi.
Non è un mistero, infatti, che nei mesi passati, prima ancora che il Papa approvasse nel settembre del 2007 il motu proprio Summorum Pontificum col quale liberalizzò il cosiddetto rito antico (è il messale di San Pio V riformato nel 1962 da Giovanni XXIII) era stato l’allora presidente della conferenza episcopale francese, il cardinale Jean-Pierre Ricard, a esprimersi su tale decisione in molto critico. Questi, infatti, paventava (le sue previsioni si sono dimostrate poi fondate) che con il motu proprio si sarebbe aperta la strada al rientro dei lefebvriani nella Chiesa cattolica.

E la cosa non gli andava a genio: la Chiesa francese, infatti, viveva (e vive tutt’oggi) una profonda crisi. Le celebrazioni eucaristiche hanno raggiunto il minimo storico di presenza di fedeli.

Nell’ultimo anno, nei seminari di tutte le novantuno diocesi francesi, sono entrati soltanto centoventi seminaristi e quaranta di questi provenienti da comunità tradizionaliste, non scismatiche come quella lefebvriana, ma comunque legate a una visione di Chiesa similare a quella della Fraternità San Pio X.

Insomma, oltralpe sono le comunità tradizionaliste che stanno sempre più prendendo piede e la cosa, per una gerarchia ecclesiastica che più che in altre parti d’Europa ha spinto sull’applicazione in chiave intra-mondana della riforma liturgica del post Concilio Vaticano II, fa preoccupare.

Il 12 settembre scorso, tuttavia, Benedetto XVI, volando verso Parigi, fu chiaro. Egli lanciò un messaggio inequivocabile all’episcopato francese: il motu proprio Summorum Pontificum - disse - «è semplicemente un gesto di tolleranza, in ottica pastorale, per delle persone che sono state formate a questa liturgia, che l’amano, la conoscono, e vogliono vivere con essa». Come a dire: chiunque preghi seguendo l’antico rito (lefebvriani in testa) non va discriminato, in quanto fa parte della Chiesa cattolica a pieno titolo.
Poco dopo il viaggio papale a Parigi (con tappa a Lourdes), furono i lefebvriani a recarsi in pellegrinaggio a Lourdes. Qui il superiore generale della Fraternità San Pio X, Bernard Fellay, lanciò un’iniziativa singolare. La chiamò «Crociata del rosario». In sostanza, chiese a tutti i fedeli lefebvriani di sgranare rosari affinché il Papa ritirasse la scomunica pendente su di lui e sui tre suoi confratelli vescovi. Secondo Fellay in meno di due mesi sono stati recitati in tutto il mondo un milione e settecentotremila rosari. Ultime notizie alla mano, un numero sufficiente per fare divenire il decreto di revoca di scomunica una realtà.
Il decreto verrà reso noto dal pontificio consiglio per i testi legislativi nei prossimi giorni e permetterà a Ratzinger di ricordare con meno dolore quanto accadde nel 1988: allora Giovanni Paolo II comminò la scomunica a Lefebvre dopo che questi rifiutò un accordo già siglato con l’allora prefetto della congregazione per la dottrina della fede, appunto il cardinale Ratzinger.
Certo, molte questioni restano ancora aperte: i lefebvriani non hanno mai detto apertamente di accettare in toto i documenti del Concilio Vaticano II. In particolare, su alcuni aspetti della dottrina sulla Chiesa, si dichiarano ancora perplessi - soprattutto sulle nozioni di libertà religiosa e di ecumenismo -. Eppure, a ben vedere, un accordo di riappacificazione definitiva con Roma sembra ormai più che possibile. Non ci sono divergenze gravi tra le due parti e il gesto di questi giorni di Ratzinger non può che accelerare il tutto.

L’episcopato francese dovrà farsene una ragione. E probabilmente dovrà fare autocritica. E ammettere che il rinnovamento liturgico attuato in Francia negli ultimi decenni ha avuto sviluppi a volte maldestri o grossolani, che senz’altro (volutamene o meno) hanno dato la netta sensazione di una rottura della tradizione. Una sensazione che ha portato Lefebvre a reagire e a scegliere la strada della rottura con Roma pur di non sottomettersi a una Chiesa che, soprattutto in Francia, vedeva inquinata da un vento progressista.

Quando la piena comunione con Roma sarà defintivamente sancita si potrà scoprire sotto quale forma la Fraternità San Pio X farà parte della Chiesa. E si potrà scoprire quale destino avrà la pontifica commissione Ecclesia Dei, istituita da Wojtyla con lo scopo di seguire i rapporti coi lefebvriani.
Si parla di un suo possibile accorpamento con la congregazione per il culto divino. Ecclesia Dei manterrebbe una propria autonomia, ma dedicherebbe principalmente a vagliare la corretta applicazione del motu proprio Summorum Pontificum.
A conti fatti, il decreto di revoca di scomunica che il Papa ha voluto per i vescovi lefebvriani, rappresenta una vittoria per il cardinale Darío Castrillón Hoyos, presidente di Ecclesia Dei. È lui che ha curato in questi anni i rapporti con la Fraternità San Pio X. È stato lui a tenere una fitta corrispondenza con Fellay, alimentatasi soprattutto dopo che questi, pochi mesi dopo l’ultimo conclave, incontrò privatamente Benedetto XVI a Castel Gandolfo.

© Copyright Il Riformista, 23 gennaio 2009


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Curie e Curiali

Ratzinger riabilita i lefebvriani e riporta la tradizione in Francia

PRIMO PIANO

Di Andrea Bevilacqua

Con l'imminente revoca della scomunica per i quattro vescovi scismatici lefebvriani (il decreto uscirà entro domenica dal pontificio consiglio per i testi legislativi e riguarda i superiori della Fraternità San Pio X Bernard Fellay, Alfonso de Gallareta, Tissier de Mallerais e Richard Williamson) è soprattutto l'anima più liberal dell'episcopato francese a subire un duro colpo. Questa, infatti, si era duramente contrapposta alla promulgazione del Motu Proprio Summorum Pontificum col quale Benedetto XVI aveva liberalizzato nel 2007 l'antico rito, perché vedeva in questo gesto la volontà di Roma di ricucire con gli ultra tradizionalisti lefebvriani che parecchio seguito hanno - oltre che in Svizzera - anche in Francia.

La Chiesa francese, infatti, annaspa costretta a fare i conti con le Chiese vuote e la mancanza di vocazioni, mentre le comunità più tradizionaliste (non soltanto quella lefebvriana) si moltiplicano.

L'episcopato francese è tradizionalmente refrattario alla supremazia romana. A ciò si è aggiunto, dal Concilio Vaticano II in poi, un progressismo esasperato, soprattutto in campo liturgico. È principalmente in Francia che quella riforma della liturgia smaccatamente “intramondana” si è affermata con un'escalation inarrestabile.

Benedetto XVI, tuttavia, dovrebbe a breve mettere mano alle sedi vescovili più importanti al fine di portare, in terra francese, un episcopato meno ostile nei confronti di una visione liturgica più ancorata alla tradizione.

Già molto Papa Joseph Ratzinger ha fatto nel 2008: ad aprile Benedetto XVI ha nominato come ausiliare di Nanterre monsignor Nicolas Jean René Brouwet, distintosi per aver partecipato all'annuale «pellegrinaggio della Tradizione» da Parigi a Chartres. Molto più eclatante, a ottobre, è stata la nomina come vescovo di Bayonne di monsignor Marc Aillet, già vicario generale della diocesi di Tolone ma soprattutto membro della Comunità San Martino che era stata fondata a Genova dal cardinal Giuseppe Siri per quei sacerdoti francesi che fuggivano dal progressismo. Pare che, sulla nomina, abbia inciso l'influenza del giovane monsignore di curia Martin Viviès, anch'egli della medesima comunità. Monsignor Aillet celebra spesso la messa col rito antico, ha scritto un piccolo e favorevole trattato sulla messa tradizionale.
Il 21 novembre, alla diocesi di Le Mans, è stato nominato monsignor Yves Le Saux, finora responsabile di preti, diaconi e seminaristi della comunità dell'Emmanuel. Non un gruppo tradizionale, ma comunque uno di quei movimenti che i progressisti vedono come fumo negli occhi. E, subito dopo, ecco la nomina di monsignor Jean-Pierre Batut come vescovo ausiliario di Lione: è stato parroco della chiesa parigina di St-Eugène-Ste Cécile, la cosiddetta «chiesa dell'indulto», dove Batut celebrava nelle due forme del rito romano.

© Copyright Italia Oggi, 23 gennaio 2009


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«Noi riconosciamo l’autorità del Papa»

di Andrea Tornielli

Roma

«Se il Papa deciderà di ritirare il decreto di scomunica nei confronti dei quattro vescovi della Fraternità San Pio X, per noi sarà una grande gioia...».

Don Davide Pagliarani, dal 2006 superiore del distretto italiano della Fraternità fondata da monsignor Lefebvre, dal quale dipendono circa 25 celebrazioni domenicali secondo l’antico rito nel nostro Paese, sottolinea con particolare enfasi il «se».

E al telefono con il Giornale ribadisce di non sapere nulla della notizia pubblicata ieri dal nostro quotidiano. La revoca della scomunica decisa da Papa Ratzinger sarà pubblicata già sabato o al massimo entro la prossima settimana, a conclusione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.
I quattro vescovi in queste ore attendono in silenzio, anche se stanno facendo il giro del mondo le dichiarazioni improvvide e imbarazzanti, vicine alle tesi negazioniste sull’Olocausto, rilasciate lo scorso novembre da uno di loro, Richard Williamson, nel corso di un’intervista televisiva.
Il superiore generale della Fraternità, monsignor Bernard Fellay, primo firmatario della lettera con la quale è stato chiesto al Pontefice di ritirare la scomunica, nei giorni scorsi è stato a Roma e ha incontrato anche il cardinale Antonio Cañizares, nuovo Prefetto della Congregazione del culto divino. Va ricordato che il ritiro della scomunica (comminata nel 1988 da Giovanni Paolo II dopo che monsignor Lefebvre aveva consacrato illecitamente vescovi quattro suoi sacerdoti) rappresenta un atto di magnanimità di Benedetto XVI anche se non significa la soluzione di ogni problema tra la Santa Sede e la Fraternità.

Don Davide, come reagisce alla notizia?

«Io non ho notizie, non so se quanto lei mi dice sia vero...».

Diciamo così: se il Papa toglierà la scomunica, come reagirà?

«È chiaro che si tratterebbe di un atto che coinvolge tutta la Fraternità, anche se dal punto di vista canonico riguarda soltanto i quattro vescovi. Sarebbe accolto con grande gioia dai sacerdoti e da tutti i nostri fedeli».

Può spiegare che cos’è la «crociata del rosario» che monsignor Fellay ha lanciato nei mesi scorsi?

«L’iniziativa è stata proposta dal superiore della Fraternità l’ultima domenica di ottobre, nella quale secondo il calendario liturgico dell’antico rito romano si celebra la festa di Cristo Re. In quei giorni si è svolto un pellegrinaggio a Lourdes, al quale hanno partecipato, con i quattro vescovi, circa ventimila fedeli. In quella occasione monsignor Fellay ha lanciato la “crociata del rosario”, chiedendo ai fedeli di recitare rosari alla Vergine per una precisa intenzione: far sì che il Pontefice accogliesse la richiesta del ritiro della scomunica».

Si è parlato di più di un milione di rosari. È vero?

«Grazie a Dio alla fine sono stati molti di più, un milione e settecentomila».

Con la revoca della scomunica vi sentirete più uniti al Papa...

«Se la scomunica sarà revocata, ripeto, sarà una grande gioia per tutti noi. Ma vorrei ricordare che mai la Fraternità San Pio X ha avuto l’intenzione di separarsi dal Papa. Riconosciamo il Papa, preghiamo ogni giorno per lui. Lo stesso fatto di chiedere il ritiro della scomunica attesta questa volontà. La Fraternità non rifiuta l’autorità dei Papi né di quelli che si sono succeduti prima del Concilio Vaticano II, né di quelli che si sono succeduti dopo il Concilio».

Però sia monsignor Lefebvre che i suoi successori hanno criticato aspramente sia i Pontefici che alcuni documenti conciliari.

«Su questo la posizione della Fraternità è sempre stata chiara e non ha subito modifiche. Fin dal 2001 abbiamo chiesto che fosse ridata piena cittadinanza alla Messa antica e abbiamo espresso la volontà di discutere alcuni punti e problemi dottrinali che sono emersi con la riforma liturgica e con alcuni dei testi conciliari. Ma ciò non significa rifiutare l’autorità del Papa».

© Copyright Il Giornale, 23 gennaio 2009


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Ecco i frutti dell' ottavario per la preghiera per l' unità dei cristiani!!!!!!!!!!!!!!! [SM=g6398] [SM=g6398] [SM=g6398]
GIORNO DI IMMENSA GIOIA [SM=g8021] [SM=g8021] [SM=g8021] [SM=g8431] [SM=g8431] [SM=g8431]
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Re:

Benedicta1983XVI, 24/01/2009 15.36:

Ecco i frutti dell' ottavario per la preghiera per l' unità dei cristiani!!!!!!!!!!!!!!! [SM=g6398] [SM=g6398] [SM=g6398]
GIORNO DI IMMENSA GIOIA [SM=g8021] [SM=g8021] [SM=g8021] [SM=g8431] [SM=g8431] [SM=g8431]




Credo che la Madonna non poteva non ascoltare queste preghiere ferventi!!!!
Il Signore e la Madonna siano benedetti per sempre!!!!


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Comunicato del Superiore generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X

La scomunica dei vescovi consacrati da Sua Eccellenza Mons. Marcel Lefebvre il 30 giugno 1988, dichiarata dalla Congregazione dei Vescovi con decreto del 1 luglio 1988 e da noi sempre contestata, è stata ritirata con un altro decreto della medesima Congregazione in data 21 gennaio 2009, su mandato del papa Benedetto XVI.

Noi esprimiamo la nostra gratitudine filiale al santo Padre per questo atto che, al di là della Fraternità Sacerdotale San Pio X, rappresenterà un beneficio per tutta la Chiesa. La Nostra Fraternità desidera poter aiutare sempre di più il papa nel portare rimedio alla crisi senza precedenti che attualmente investe il mondo cattolico e che il papa Giovanni Paolo II ha definito come situazione di "apostasia silenziosa".

Oltre ad esprimere la nostra riconoscenza verso il Santo Padre e verso tutti coloro che lo hanno aiutato a compiere questo atto coraggioso, ci rallegriamo del fatto che il decreto del 21 Gennaio consideri come necessari dei "colloqui" con la Santa Sede, colloqui che permetteranno alla Fraternità Sacerdotale San Pio X di mettere sul tappeto le ragioni dottrinali di fondo che essa ritiene essere all'origine degli attuali problemi della Chiesa.

In questa nuova situazione, nutriamo la ferma speranza di giungere presto al riconoscimento dei diritti della Tradizione cattolica.


Menzingen, il 24 gennaio 2009

+ Bernard Fellay


[Modificato da Paparatzifan 24/01/2009 17:19]
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Lettera di S.E. Mons. Bernard Fellay ai fedeli

Carissimi fedeli,

Come annuncio nel comunicato annesso a questo, “la scomunica dei vescovi consacrati da Sua Eccellenza Mons. Marcel Lefebvre il 30 giugno 1988, dichiarata dalla Congregazione dei Vescovi con decreto del 1 luglio 1988 e da noi sempre contestata, è stata ritirata con un altro decreto della medesima Congregazione in data 21 gennaio 2009, su mandato del papa Benedetto XVI”.
Si tratta dell’intenzione di preghiera che vi ho affidato a Lourdes, il giorno della festa di Cristo Re 2008. Voi avete risposto al di là delle nostre speranze, poiché unmilionesettecentotremila corone del rosario sono state recitate per ottenere attraverso l’intercessione della Madonna la fine di questo obbrobrio che pesava, nella persona dei vescovi della Fraternità, su tutti coloro che in un modo o nell’altro sono attaccati alla Tradizione.
Ringraziamo vivamente la Vergine Santissima che ha ispirato al Santo Padre questo atto unilaterale, benevolo e coraggioso.
Continuiamo a pregare per lui con fervore.

Grazie a questo gesto, i cattolici del mondo intero attaccati alla Tradizione non saranno più stigmatizzati e condannati per avere mantenuto la fede dei loro padri. La Tradizione Cattolica non è più scomunicata. Quantunque non lo sia mai stata in sé, essa lo è stata molto spesso e crudelmente nei fatti. Esattamente come la messa tridentina, che non era stata mai abrogata in sé, come ha giustamente ricordato il Santo Padre attraverso il Motu Proprio Summorum pontificum del 7 luglio 2007.

Il decreto del 21 Gennaio cita la lettera al Card. Castrillon Hoyos nella quale esprimevo il nostro attaccamento “alla Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo che è la Chiesa Cattolica”, ribadendo la nostra accettazione del suo insegnamento bimillenario e la nostra fede nel Primato di Pietro.
Ricordavo quanto noi soffriamo della situazione attuale della Chiesa in cui questo insegnamento e questo primato sono vilipesi, e aggiungevo: “Noi siamo pronti a scrivere il Credo con il nostro sangue, a firmare il giuramento antimodernista, la professione di fede di Pio IV, noi accettiamo e facciamo nostri tutti i concili fino al Vaticano II sul quale noi esprimiamo delle riserve”. In tutto questo, noi abbiamo la convinzione di restare fedeli alla linea di condotta tracciata dal nostro fondatore Mons. Marcel Lefebvre di cui noi speriamo la pronta riabilitazione.

Inoltre noi desideriamo intraprendere questi “colloqui” - che il decreto definisce “necessari” - sulle questioni dottrinali che si oppongono al magistero perenne.
Noi non possiamo che constatare la crisi senza precedenti che oggi investe la Chiesa: crisi di vocazioni, crisi della pratica religiosa, del catechismo e della frequentazione dei sacramenti… Prima di noi, Paolo VI parlava addirittura di una infiltrazione del “fumo di Satana” e della “autodemolizione” della Chiesa. Giovanni Paolo II non ha esitato a dire che il cattolicesimo in Europa era come in uno stato di “apostasia silenziosa”. Poco tempo prima della sua elezione al Supremo Pontificato, Benedetto XVI stesso paragonava la Chiesa a una “barca in cui l’acqua entra da tutte le parti”. Pertanto noi intendiamo, in questi colloqui con le autorità romane, esaminare le cause profonde della situazione attuale e, apportandovi il rimedio adeguato, giungere a una vera restaurazione della Chiesa.

Cari fedeli, la Chiesa è nelle mani di sua Madre, la Santissima Vergine Maria. In Lei noi confidiamo. Noi Le abbiamo chiesto la libertà della Messa di sempre, dappertutto e per tutti. Noi Le abbiamo chiesto il ritiro del decreto delle scomuniche. Noi Le chiediamo nelle nostre preghiere, a Lei che è la Sede della Sapienza, queste necessarie chiarificazioni dottrinali di cui le anime turbate hanno tanto bisogno.



Menzingen, il 24 gennaio 2009

+ Bernard Fellay


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IL PAPA PERDONA I LEFEBVRIANI, VIA LA SCOMUNICA

(AGI) - CdV, 24 gen.

(di Salvatore Izzo)

La grande generosita' del gesto compiuto oggi da Benedetto XVI e' sottolineata in diverse dichiarazioni di episcopati europei che auspicano pero' che i vescovi non piu' scomunicati possano compiere l'ulteriore passo di un'adesione convinta al Concilio Vaticano II, con toni che inevitabilmente ricordano un po' quelli del fratello del ''figliol prodigo'' che nella parabola si lamentano della festa organizzata per il peccatore che ritorna.
''Nella sua decisione - afferma in una nota il presidente dei vescovi svizzeri mons. Kurt Koch - il Papa e' stato guidato dalla convinzione che dopo il riconoscimento del magistero e dell'autorita' del Papa vi sono buone prospettive che i pendenti colloqui sulle questioni ancora irrisolte dell'eredita' vincolante del Concilio Vaticano II possano giungere a buon fine.
In questo modo la piena riconciliazione deve trovare la sua visibile espressione nella piena comunione sulla base di una fede comuna.
Spero e prego - conclude - che questa riconciliazione abbia luogo''.
''Il Papa mostra la possibilita' del ritorno nella piena comunione con la Chiesa Cattolica e non lascia al contempo alcun dubbio sul fatto che le conclusioni del Concilio Vaticano II sono un fondamento irrinunciabile per la vita della Chiesa'', fa eco il presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, mons. Robert Zollitsch.
''Ogni volta che la Chiesa sospende una pena io me ne rallegro", conferma da Parigi il card. Andre' Vingt-Trois intervistato sul sito della Conferenza Episcopale.
''E' un'opportunita', una porta aperta, per permettere a dei cristiani di ritrovare la pienezza della comunione con la Chiesa. A condizione - conclude il presidente dei vescovi francesi - che essi lo desiderino o l'accettino. E' un gesto di apertura per fortificare l'unità della Chiesa''.
Da parte loro i lefebvriani si rallegrano del fatto che ''la tradizione cattolica non e' piu' scomunicata'', come scrive il vescovo Bernard Fellay, superiore della Fraternita' San Pio X, nella lettera con la quale comunica la decisione del Papa di revocare le scomuniche. Coerentemente il presule ribadisce che da parte della Fraternita' restano le obiezioni mosse da mons. Lefebvre al Concilio, quasi per rispondere anticipatamente alle obiezioni di quanti criticheranno la sua irremovibilita' (e con cio' tacceranno il Papa di ingenuita').
"Non possiamo - spiega - che constatare la crisi senza precedenti che scuote la Chiesa oggi: crisi di vocazioni, crisi della pratica religiosa, del catechismo e della frequentazione dei sacramenti".
"Prima di noi - ricorda il superiore dei lefebvriani - Paolo VI parlava addirittura dell'infiltrazione di 'fumi di Satana' nella Chiesa. Giovanni Paolo II non ha esitato a dire che il cattolicesimo in Europa era come in stato di 'apostasia silenziosa'. Poco tempo prima della sua elezione a Sovrano Pontefice, Benedetto XVI stesso comparava la Chiesa ad una 'nave che prende acqua da tutte le parti'. Cosi' vogliamo, nei colloqui con il Vaticano, esaminare le cause profonde della situazione presente, apportandovi il rimedio adeguato, giungere ad una
restaurazione solida della Chiesa'''.
''Siamo pronti - conclude la lettera - a scrivere col sangue il nostro credo, a firmare il giuramento anti-modernista, la professione di fede di Pio IV, accettiamo e facciamo nostri tutti i Concili fino al Vaticano II, sul quale manteniamo delle riserve''. L'Osservatore Romano pero' indica nella lettura ratzingeriana della storia della Chiesa come ''continuita''' la linea di un compromesso che potra' essere raggiunto: per il giornale, infatti, il Vaticano II non e' minimamente messo in discussione dal perdono ai quattro vescovi.
''E' un concilio - spiega il direttore Giovanni Maria Vian - che, come tutti gli altri, deve essere storicizzato e non mitizzato, inseparabile dai suoi testi, che proprio dal punto di vista storico non possono essere contrapposti a un supposto 'spirito' del Vaticano II''.
Per l'Osservatore, ''i problemi della recezione del Concilio Vaticano II sono nati dal fatto che due interpretazioni contrarie si sono trovate a confronto e hanno litigato tra loro. L'una ha causato confusione.
L'altra, silenziosamente, ha portato e porta frutti visibili''.

© Copyright (AGI)


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La cifra di un pontificato

di Gianteo Bordero

Benedetto XVI, con la revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani, scrive un'altra pagina importante del suo pontificato.

Una pagina destinata a rimanere e, probabilmente, a diventare la cifra del papato ratzingeriano. Sanare uno scisma, infatti, significa medicare la ferita più profonda che possa essere inferta all'unità del corpo mistico di Cristo, la Chiesa: la divisione tra le sue membra.

Dividere è facile, unire è molto più difficile. Papa Benedetto, rispondendo all'esortazione di Gesù nel Vangelo di Giovanni («Che siano una sola cosa affinché il mondo creda»), si avvia a chiudere definitivamente una delle vicende più dolorose nella storia della Chiesa degli ultimi due secoli. «Uno scisma piccolo - afferma Gianni Baget Bozzo intervistato dal Foglio - ma che ha avuto un ruolo importante nel post-Concilio».

I segnali di una pacificazione definitiva tra Roma ed Ecône (la cittadina svizzera nella quale monsignor Lefebvre aveva fondato il suo seminario alla fine degli anni Sessanta dopo la rottura definitiva con il Vaticano a causa delle riforme conciliari) si erano intensificati sin dai primi mesi del pontificato di Benedetto XVI: già sul finire dell'agosto 2005, infatti, Ratzinger aveva incontrato a Castel Gandolfo Bernard Fellay, superiore generale della Fraternità San Pio X.
I comunicati ufficiali scaturiti da quell'incontro - sia quello della Santa Sede che quello dei lefebvriani - sottolineavano il desiderio reciproco di procedere gradualmente ad un riavvicinamento nel nome del comune amore per la Chiesa.

Ma l'evento decisivo è stato senz'altro la promulgazione del motu proprio «Summorum pontificum», del 7 luglio 2007, con il quale Benedetto XVI ha deciso di «liberalizzare» l'uso del messale romano di San Pio V (nella sua ultima versione risalente al 1962, Giovanni XXIII regnante) affermando che esso non è stato abrogato dalla riforma liturgica del 1970 e che il nuovo messale di Paolo VI rappresenta la forma ordinaria, ma non esclusiva, della liturgia cattolica.
Un gesto, questo, che ha provocato numerose contestazioni all'interno della Chiesa, soprattutto da parte di coloro che - per usare un'espressione dello stesso Papa Ratzinger - considerano il Vaticano II come un momento di «rottura» rispetto al passato, una sorta di rifondazione della Chiesa scaturita dal compromesso con la modernità.
Le contestazioni hanno assunto forme più o meno eclatanti, soprattutto in Francia (patria di Lefebvre), e lo stesso Benedetto XVI, durante il suo viaggio a Lourdes dello scorso anno, ha dovuto richiamare i vescovi transalpini al rispetto del motu proprio.

Ma le diffuse proteste non hanno fermato Papa Ratzinger. Anzi. Dopo aver ricevuto lo scorso 15 dicembre fa una lettera di monsignor Fellay che chiedeva la revoca della scomunica promulgata da Giovanni Paolo II nel 1988 («Siamo sempre fermamente determinati nella volontà di rimanere cattolici e di mettere tutte le nostre forze al servizio della Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo, che è la Chiesa cattolica romana. Noi accettiamo i suoi insegnamenti con animo filiale. Noi crediamo fermamente al Primato di Pietro e alle sue prerogative, e per questo ci fa tanto soffrire l'attuale situazione» scriveva Fellay nella missiva) e dopo aver appreso che la Fraternità San Pio X ha organizzato per il Natale 2008 una preghiera del rosario volta a «ottenere dalla Madonna il ritiro del decreto», ha valutato che i tempi erano maturi per il passo decisivo.

Il testo della revoca è stato diffuso questa mattina dalla sala stampa vaticana.
In esso la Santa Sede afferma che «con questo atto si desidera consolidare le reciproche relazioni di fiducia e intensificare e dare stabilità ai rapporti della Fraternità San Pio X con questa Sede Apostolica. Questo dono di pace, al termine delle celebrazioni natalizie, vuol essere anche un segno per promuovere l'unità nella carità della Chiesa universale e arrivare a togliere lo scandalo della divisione. Si auspica che questo passo sia seguito dalla sollecita realizzazione della piena comunione con la Chiesa di tutta la Fraternità San Pio X, testimoniando così vera fedeltà e vero riconoscimento del Magistero e dell'autorità del Papa con la prova dell'unità visibile».
Vedremo ora, dunque, se gli auspici del Vaticano troveranno rapida realizzazione.

Ma quello che sin d'ora si può dire è che Benedetto XVI, che già quand'era come cardinale alla guida dell'ex Sant'Uffizio aveva provato ripetutamente a raggiungere un accordo con i lefebvriani, ha compiuto un gesto di alto valore storico ed ecclesiologico.

Riammettendo i vescovi ordinati da Lefebvre alla piena comunione con Roma, egli chiude definitivamente un'epoca, si lascia alle spalle la deleteria spaccatura post-conciliare tra tradizionalisti e progressisti, riconosce che anche i primi avevano delle ragioni che solo le mode teologiche del momento hanno impedito di valutare sino in fondo.
Riprendendo un'immagine usata da Jean Guitton in un suo famoso saggio, potremmo dire che, con la sua decisione, Papa Ratzinger contribuisce a ricucire la veste di Cristo dilacerata nella storia dagli scismi e dalla divisione tra i cristiani.
Guitton sostiene che gli strappi, sin dalla grande eresia ariana, hanno sempre fatto assumere alla Chiesa maggiore coscienza di sé e della sua missione. Ora che uno di questi strappi si appresta ad essere sanato, è augurabile che i motivi che l'hanno causato possano essere finalmente letti alla luce della ritrovata unità delle membra, e non con le lenti di un fanatismo ideologico e teologico che ha fatto solo tanto male alla Chiesa in questi ultimi decenni.

© Copyright Ragionpolitica, 24 gennaio 2009


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"Dai lefebvriani uno schiaffo a Wojtyla"

Il grido d'allarme del teologo Gianni Gennari, testimone diretto della stagione conciliare

GIACOMO GALEAZZI

Il teologo Gianni Gennari, testimone diretto della stagione conciliare avverte: "Attenti a fidarsi dei lefebvriani. Ricordiamoci tutti l’accordo che era stato firmato con Roma il 5 maggio. Il 6 monsignor Lefebvre se lo è rimangiato e lo ha deriso. Ai tempi delle ordinazioni del 1988 eseguite da Lefebvre contro la volontà del Papa, c’erano canonisti che negavano persino la loro validità perché per la validità dei sacramenti serve l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa, ma dal momento che Lefebvre considerava la Chiesa completamente fuori gioco a causa del Concilio Vaticano II, le ordinazioni di per sè non solo sarebbero illecite ma serebbero adirittura invalide. Milingo, che più volte ho pubblicamente contestato, di fronte ai vescovi lefebvriani è un fiore di ortodossia, perché ha commesso una cosa illegittima ma non ha contestato nessun punto di fede. Lui contesta la legge del celibato che non è certamente una legge di fede. Sono scandalizzato, turbato, addolorato per la revoca della scomunica ai vescovi scismatici lefebvriani. Ci sono dietro almeno 40 anni di calunnie verso i Papi. Maolo VI lo chiamavano, come era scritto sui manifesti a Roma dai lefebvriani, Papa bastardo, messa bastarda. Per anni. I preti sono stati picchiati dai lefebvriani. Alla parrocchia della Natività di Roma hanno rotto la testa a un sacerdote, hanno bruciato la porta della parrocchia, hanno fatto cacciare don Luigi Della Torre semplicemente perché era il liturgista più noto che aveva lavorato per la messa in italiano, poi le calunnie contro monsignor Bugnini, contro il Concilio Vaticano II. La rivista ufficiosa dei lefebvriani italiani «Sì sì, no no» per anni ha riempito le pagine di calunnie, anche di carattere personale, scrivendo che la sede era vacante, che l’ultimo Papa era Pio XII. Con la demonizzazione di qualsiasi tentativo di ecumenismo. E' ancora più sconvolgente presentare la revoca della scomunica nel giorno in cui si chiude la settimana per l’unità dei cristiani e nel giorno in cui si celebrano i 50 anni dall’indizione del Concilio Vaticano II, cui ero presente a cinque metri da Giovanni XXIII. 50 anni dopo, nello stesso giorno, si fa un discorso del genere e mi meraviglio come il cardinale Re (creatura di Paolo VI e di monsignor Benelli) abbia potuto firmare un decreto simile. Non so se è vero che qualche altro vescovo abbia rifiutato la propria firma al documento, ma questo sarebbe stato un atto di coscienza. Tutto ciò è uno schiaffo a Giovani Paolo II. Se le cose sono andate come dice il superiore dei lefebvriani Fellay, oggi ad essere clamorosamente smentito è proprio Karol Wojtyla. Il 30 giugno 1988, il giorno della scomunica, il cardinale Jospeh Ratzinger mandò un telegramma molto chiaro e netto a monsignor Lefebvre per bloccare le consacrazioni vietate dal Papa. Qui c’è qualcosa che non fila. Io non so cosa ci sia dietro, chi ha indotto Benedetto XVI, chi lo ha costretto. Il Papa sa bene quanto gli voglio bene, quanto gli sono grato, ma resto scandalizzato dalla revoca delle scomuniche. Dire, come ha fatto monsignor Bernard Fellay, che adesso è stata ripristinata la dottrina cattolica, significa dare uno schiaffo direttamente a Giovanni Paolo II che ha sancito la scomunica, ma anche al cardinale Ratzinger, a Paolo VI, a Giovanni XXIII, che per i dissidenti erano dei traditori della dottrina. C’era bisogno che loro rientrassero il 24 gennaio 2009 perché si ripistinasse la dottrina cattolica? Serviva aspettare che questi quattro vescovi non fossero più scomunicati? . Ma stiamo scherzando? Ma di cosa parliamo? Mi viene da piangere, non è tollerabile una cosa del genere. C’è qualcosa che non funzione. La fede in Cristo e nella Chiesa eretta da Lui rimane, ma se dipendesse soltanto da gesti umani ci sarebbe soltanto da dire "arrivederci e grazie." Siamo di fronte a una vergogna, una vera vergogna. Questa insistente, sottile, spregiudicata opera di calunnia che per quarant’anni i lefebvriani hanno fatto contro tutti e tutti non può essere cancellata con un colpo di spugna. I cardinali Casaroli, Silvestrini, Martini sono stati tacciati di esseri dei lupi che disperdevano il gregge dei fedeli, dei banditi. I seguaci di Lefebvre hanno accusato tutti in Curia di essere massoni, persino Poletti e Ruini. Ma come è pensabile riprenderli nella Chiesa come se nulla fosse? Dicono di riconoscere l’autorità del Papa. Ma quale? E perché solo adesso? S per il documento di revoca delle loro scomuniche? Gli fa comodo? O noi non sappiamo qualcosa? Mi auguro che ci siano delle condizioni che sono state messe ai lefebvriani, in cui devono rinnegare esplicitamente quattro decenni di calunnie, di violenza, di menzogne , di insulti. Se non fanno questo non è credibile nulla. Oppure loro si serviranno di questo decreto come fece Lefebvre il 5 maggio 1988, firmando un accordo e rimangiandoselo il giorno dopo. Né fece nulla in risposta ai tentativi del cardinale Ratzinger di scongiurare uno scisma. A cosa stiamo assistendo? Qui c’è un mistero che non capisco. Per non disperare ci vuole tutta la fede, che non dipende per fortuna dai preti e neppure dai Papi. Questa è una cosa sconvolgente".


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Paparatzifan, 24/01/2009 21.45:


"Dai lefebvriani uno schiaffo a Wojtyla"

Il grido d'allarme del teologo Gianni Gennari, testimone diretto della stagione conciliare

GIACOMO GALEAZZI

Qui c’è un mistero che non capisco. Per non disperare ci vuole tutta la fede, che non dipende per fortuna dai preti e neppure dai Papi. Questa è una cosa sconvolgente".





Tu non capisci? Io non capisco te! [SM=g7564] Non capisco che tu non veda che si tratta di un atto di misericordia!
Hai mai letto la parabola del figliol prodigo?


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Ebrei e Concilio. Tensioni dopo il perdono papale

di Paolo Rodari

Come con gli ortodossi, anche coi lefebvriani la Chiesa cattolica fa in qualche modo pace, seppure la piena comunione sia ancora di là da venire.
Ieri, infatti, la Santa Sede ha comunicato che, in data 21 gennaio (il Riformista ha anticipato la cosa tre giorni fa), Benedetto XVI (per certi versi come fece Paolo VI con gli ortodossi nel 1965) ha accettato, tramite un decreto firmato dalla congregazione dei vescovi sentito il parere del pontificio consiglio per i testi legislativi, la richiesta di revoca della scomunica avanzatagli lo scorso dicembre dai quattro vescovi lefebvriani che nel 1988, per il fatto di aver ricevuto l’ordinazione episcopale da Marcel Lefebvre senza mandato pontificio, si erano posti fuori dalla Chiesa. Il decreto non significa che tra le due parti vi sia piena riconciliazione, seppure un enorme passo in avanti è stato compiuto.
A poco sono servite le polemiche - dalle quali il Vaticano si è distanziato con forza - sollevatesi nelle scorse ore nel mondo ebraico intorno alle dichiarazioni di uno dei quattro vescovi lefebvriani, l’inglese Richard Williamson, che qualche settimana addietro aveva detto di non credere che sei milioni di ebrei fossero stati sterminati.
E, insieme, a poco sono servite le polemiche sviluppatesi all’interno del mondo cattolico. Qui c’è chi non ha gradito la scelta del Papa di concedere la revoca della scomunica in coincidenza del cinquantesimo anniversario di convocazione del Concilio Vaticano II. Lefebvre, infatti, si staccò dalla Chiesa cattolica anche a seguito di una certa ermeneutica del Concilio dissona, a suo dire, dal Concilio stesso.

Ma proprio qui sta il punto: revocare la scomunica ai lefebvriani nei giorni in cui si celebra la convocazione del Concilio, non significa rinnegare il Concilio stesso, non significa voler riabilitare un “anti-conciliarista”, quanto ricordare come l’assise fu una tappa importante per la Chiesa a differenza, invece, di una sua scorretta esegesi sviluppatasi successivamente la quale, per la verità, è sempre stata rifiutata anche da Benedetto XVI.

La strada della piena comunione con Roma, comunque, è ancora lunga per i lefebvriani. La loro comunità, la Fraternità San Pio X (ben 450 sacerdoti e circa 40 seminaristi) dovrà peregrinare ancora a lungo. Aperture definitive e chiare su tutti i documenti del Concilio, infatti, dovranno arrivare da Econe prima che alla Fraternità venga assegnato, anche ai sensi del diritto canonico, un suo posto nella Chiesa cattolica (si parla di una sorta di prelatura stile Opus Dei). Ma, certo, già il fatto che fu lo stesso Lefebvre a porre la propria firma in calce a ogni documento del Concilio potrà aiutare anche i suoi fedelissimi a essere un po’ più coraggiosi in merito. Mentre, senz’altro, a poco potranno giovare le riserve in stile a quelle espresse ancora ieri dalla Fraternità sempre sul Vaticano II.
Benedetto XVI ha dimostrato di non temere la prevedibile reazione negativa dell’episcopato francese.

Una parte dei vescovi di Francia, infatti, non solo ha apertamente osteggiato il motu proprio Summorum Pontificum col quale è stato liberalizzato il rito antico. Ma non ha mai nascosto di non vedere di buon occhio un’eventuale revoca della scomunica ai lefebvriani.

E il motivo di questa doppia ostilità è semplice.

La Chiesa francese la quale, più che in altre parti d’Europa, ha messo in campo un’esegesi di rottura del Vaticano II, vive una crisi profondissima. Secondo dati riservati in possesso del Vaticano e noti al Riformista, a novembre 2008 in tutta la Francia c’erano soltanto 741 seminaristi. Di questi, il 12 per cento proviene da comunità tradizionaliste (non lefebvriane ma semplicemente che seguono il rito antico). Ma non basta: volutamente non conteggiate nelle statistiche ufficiali, vi sono altri 205 seminaristi appartenenti anch’essi a comunità cosiddette tradizionaliste: 55 della Comunità San Martino, 60 della Fraternità San Pietro, 50 dell’Istituto Cristo Re, 20 dei canonici di Carcassonne, 20 del Buon Pastore in Chartres. Ai quali vanno aggiunti i 40 seminaristi lefebvriani. In tutto, dunque, 245 seminaristi: un numero considerevole rispetto ai 741 conteggiati ufficialmente.

Benedetto XVI non ha agito in modo sprovveduto. Prima di decidere di rispondere affermativamente ai lefebvriani, ha incontrato più volte i responsabili della pontificia commissione Ecclesia Dei incaricata dal 1988 di seguire i rapporti tra la Fraternità San Pio X e la Santa Sede.

E nelle righe del decreto della congregazione dei vescovi si nota molta prudenza. Il decreto, infatti, rettifica una scomunica nella quale i lefebvriani vi erano incappati liberamente. Ma non dice nulla intorno alla futura collocazione della Fraternità nella Chiesa. Molto dipenderà dai lefebvriani. A loro toccherà scegliere se incamminarsi sulla strada della piena comunione con Roma, oppure su quella della definitiva rottura.

© Copyright Il Riformista, 25 gennaio 2009


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E anche Oltretevere cresce il malumore: «Si nega l’operato di Wojtyla e Paolo VI»

CITTA’ DEL VATICANO - Il superiore dei lefebvriani, monsignor Fellay, ha subito espresso «gratitudine filiale» a Benedetto XVI per la revoca della scomunica. Il decreto papale, a suo dire, «sarà un bene per tutta la Chiesa». Fellay ha scritto in una nota: «La nostra Fraternità desidera poter aiutare sempre più il Papa a portare rimedio alla crisi senza precedenti che scuote attualmente il mondo cattolico e che Giovanni Paolo II aveva designato come stato di 'apostasia silenziosa'».

Di tutt’altra opinione sono autorevoli prelati di curia che, dietro anonimato, fanno presente che il rientro dei lefebvriani non sarà a costo zero.

Anche se il gesto è animato dalla volontà di arrivare all’unità, le conseguenze dell’ingresso degli ultra-tradizionalisti che «non credono al Vaticano II» e che si sono battuti per la riabilitazione della messa in latino secondo il rito antico, porterà «inevitabilmente qualche scompenso». Gli esperti di liturgia appaiono più che scettici e concordano. «Mi chiedo - fa sapere un prelato - a che prezzo avverrà il rientro. Temo che consoliderà quello che fino a due anni fa era solo un rito straordinario. L’ingresso dei lefebvriani non potrà che minare il cammino fatto dal Vaticano II. Inoltre è come disconoscere l’operato di Paolo VI e di Giovanni Paolo II». Papa Montini fece il possibile per comprendere il gesto di monsignor Lefebvre, mentre Papa Wojtyla, prima di arrivare alla decisione di scomunicarlo, promosse una specie di inchiesta interna presso l’episcopato, arrivando all’indulto del 1984. «Il gesto di Papa Ratzinger provocherà una certa destabilizzazione - aggiunge un cardinale -. Farà esplodere ancora di più la corsa all’antico rito creando ulteriori disagi a livello teologico e pastorale nelle parrocchie».
La cancellazione della scomunica è arrivata dopo una lunghissima trattativa tra la Santa Sede e monsignor Fellay. Quest’ultimo in una lettera a Benedetto XVI il 15 dicembre formulava la richiesta di rientrare nei ranghi. «Siamo fermamente determinati di mettere tutte le nostre forze al servizio della Chiesa (...). Noi accettiamo i suoi insegnamenti con animo filiale. Noi crediamo fermamente al Primato di Pietro e alle sue prerogative». Del Vaticano II, però, nessun esplicito riferimento. Forse non è un caso.
F.GIA.

© Copyright Il Messaggero, 25 gennaio 2009


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