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I lefebvriani

Ultimo Aggiornamento: 18/02/2013 22:40
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04/02/2009 19:29
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Disastro doppio in Vaticano: di governo e di comunicazione

È questo il bilancio della revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani. La solitudine di papa Benedetto, l'inettitudine della curia e i colpi a vuoto della segreteria di stato

di Sandro Magister

ROMA, 4 febbraio 2009

A distanza di qualche giorno dai fatti, la revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani si manifesta sempre più in Vaticano come un doppio disastro, di governo e di comunicazione.
Nel disastro, papa Benedetto XVI si è trovato a essere il più esposto, praticamente solo.
In curia e fuori sono numerosi quelli che caricano sul papa la colpa di tutto. In effetti è stata sua, di papa Joseph Ratzinger, la decisione di offrire ai vescovi lefebvriani un gesto di benevolenza. La revoca della scomunica faceva seguito ad altri precedenti gesti di apertura, anch'essi personalmente voluti dal papa, l'ultimo dei quali era stato il motu proprio "Summorum Pontificum" del 7 luglio 2007, con la liberalizzazione del rito antico della messa.
Come già in precedenza, anche questa volta Benedetto XVI non aveva preteso niente in cambio, preventivamente, dai lefebvriani. Le sue sono state finora aperture unilaterali. I critici del papa hanno fatto leva su questo per accusarlo di ingenuità, o di cedimento, o addirittura di voler riportare la Chiesa a prima del Concilio Vaticano II.

In realtà, l'intenzione di Benedetto XVI è stata spiegata da lui con assoluta chiarezza in uno dei discorsi capitali del suo pontificato, quello letto alla curia romana il 22 dicembre 2005. In quel discorso, papa Ratzinger sostenne che il Vaticano II non segnava alcuna rottura con la tradizione della Chiesa, anzi, era in continuità con la tradizione anche là dove sembrava segnare una svolta netta rispetto al passato, ad esempio quando riconosceva la libertà religiosa come diritto inalienabile di ogni persona.

Con quel discorso Benedetto XVI parlava all'intero corpo cattolico. Ma nello stesso tempo anche ai lefebvriani, ai quali indicava la strada maestra per sanare lo scisma e ritornare all'unità con la Chiesa sui punti da loro più contestati: non solo la libertà religiosa, ma anche la liturgia, l'ecumenismo, il rapporto con l'ebraismo e le altre religioni.

Su tutti questi punti, dopo il Concilio Vaticano II i lefebvriani si erano progressivamente separati dalla Chiesa cattolica. Nel 1975 la Fraternità Sacerdotale San Pio X – la struttura nella quale si erano organizzati – non ubbidì all'ordine di scioglimento e si costituì in Chiesa parallela, con propri vescovi, sacerdoti, seminari.
Nel 1976 il fondatore, l'arcivescovo Marcel Lefebvre, fu sospeso "a divinis". Nel 1988 la scomunica a Lefebvre e a quattro nuovi vescovi da lui ordinati senza l'autorizzazione del papa – a loro volta sospesi "a divinis" – fu l'atto culminante di uno scisma già in corso da anni.
La revoca di questa scomunica non ha dunque affatto sanato lo scisma tra Roma e i lefebvriani, così come la revoca delle scomuniche tra Roma e il patriarcato di Costantinopoli – decisa il 7 dicembre 1965 da Paolo VI e Atenagora – non ha affatto segnato il ritorno all'unità tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse d'Oriente. Nell'uno e nell'altro caso, la cessata scomunica ha inteso solo valere come un primo passo per ricomporre lo scisma, che resta.

A conferma di questo c'è una nota del pontificio consiglio per i testi legislativi, emessa il 24 agosto 1996. In essa si legge che la scomunica scattata nel 1988 contro i vescovi lefebvriani "ha costituito la consumazione di una progressiva situazione globale d’indole scismatica" e che "finché non vi siano cambiamenti che conducano al ristabilimento della necessaria 'communio hierarchica', tutto il movimento lefebvriano è da ritenersi scismatico".

Questo era lo stato dei fatti, su cui è intervenuta la decisione di Benedetto XVI di revocare la scomunica ai quattro vescovi lefebvriani.

Ma di tutto questo poco o nulla si leggeva e capiva, nel decreto diramato il 24 gennaio dalla Santa Sede.

Nella "vulgata" diffusa dai media, con questo decreto la Chiesa di Roma semplicemente sembrava accogliere nel proprio seno i lefebvriani.

* * *

Ad aggravare l'incomprensione ci fu poi la clamorosa risonanza di un'intervista di uno dei quattro vescovi graziati, l'inglese Richard Williamson, nella quale egli sosteneva tesi negazioniste riguardo alla Shoah.
L'intervista era stata registrata da una tv svedese il 1 novembre 2008, ma fu diffusa il 21 gennaio, il giorno stesso in cui in Vaticano fu firmato il decreto di revoca della scomunica a Williamson e agli altri tre vescovi lefebvriani.

Nei media di tutto il mondo la notizia divenne quindi la seguente: il papa assolve dalla scomunica e accoglie nella Chiesa un vescovo negazionista.

La tempesta che ne derivò fu tremenda. Dal mondo ebraico, ma non solo, non si contarono le proteste. Dal Vaticano si corse ai ripari affannosamente in più modi, con dichiarazioni ed articoli su "L'Osservatore Romano". La polemica si attenuò solo dopo che intervenne Benedetto XVI in persona, con due chiarimenti letti al termine dell'udienza generale di mercoledì 28 gennaio: uno sui lefebvriani e sul loro dovere di "riconoscimento del magistero e dell’autorità del papa e del Concilio Vaticano II", l'altro sulla Shoah.

La domanda sorge naturale: tutto ciò era proprio inevitabile, una volta posta la decisione del papa di revocare la scomunica ai vescovi lefebvriani? Oppure il disastro è stato prodotto da errori ed omissioni degli uomini che dovrebbero mettere in opera le decisioni del papa? I fatti propendono per questa seconda ipotesi.
Il decreto di revoca della scomunica porta la firma del cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della congregazione per i vescovi. Un altro cardinale, Darío Castrillón Hoyos, è il presidente della pontificia commissione "Ecclesia Dei" che si occupa fin dalla sua costituzione, nel 1988, dei seguaci di Lefebvre. Sia l'uno che l'altro hanno dichiarato di essere stati colti di sorpresa, a cose fatte, dall'intervista del vescovo Williamson e di non aver mai saputo che egli fosse un negatore della Shoah.

Ma un approfondito esame del profilo personale di Williamson e degli altri tre vescovi non era il primo dovere d'ufficio dei due cardinali? Che non l'abbiano fatto appare inescusabile.

Tale esame non era neppure difficile. Williamson non ha mai nascosto la sua avversione al giudaismo.

Ha difeso in pubblico l'autenticità dei "Protocolli dei Savi di Sion". Nel 1989, in Canada, rischiò d'essere processato per aver esaltato i libri di un autore negazionista, Ernst Zundel. Dopo l'11 settembre 2001 aderì a tesi complottistiche per spiegare l'abbattimento delle Torri Gemelle. Bastava un clic su Google per rintracciare questi precedenti.

Un'altra grave falla ha riguardato il pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani. La ricomposizione dello scisma con i lefebvriani fa parte, logicamente, delle sue competenze, che comprendono anche i rapporti tra la Chiesa e l'ebraismo. Ma il cardinale che lo presiede, Walter Kasper, ha detto di essere stato tenuto fuori dalla delibera: cosa tanto più sorprendente in quanto l'emissione del decreto di revoca della scomunica è avvenuta durante l'annuale settimana di preghiera per l'unità dei cristiani e a pochi giorni dalla giornata mondiale di memoria della Shoah.

Non solo. È apparso del tutto carente anche il lancio mediatico della decisione. La sala stampa del Vaticano si è limitata, sabato 24 gennaio, a distribuire il testo del decreto, nonostante la notizia fosse già trapelata da alcuni giorni e su di essa già stesse montando la polemica accesa dalle dichiarazioni negazioniste di Williamson.

C'è un confronto che illumina. Il giorno precedente, 23 gennaio, la stessa sala stampa aveva organizzato con grande pompa il lancio del canale vaticano su YouTube. E pochi giorni dopo, il 29 gennaio, avrebbe lanciato, sempre con grande dispiegamento di persone e di mezzi, un convegno internazionale su Galileo Galilei in programma per la fine di maggio. In entrambi i casi l'obiettivo era di trasmettere ai media il senso autentico dell'una e dell'altra iniziativa.

Niente di simile, invece, è stato fatto per il decreto riguardante i vescovi lefebvriani. Eppure gli elementi per un suo lancio adeguato c'erano tutti. E anche i tempi erano quelli giusti.

Era in corso la settimana di preghiera per l'unità dei cristiani; era imminente la giornata della memoria della Shoah; in Italia c'era stata pochi giorni prima, il 17 gennaio, la giornata per il dialogo tra cattolici ed ebrei. Il cardinale Kasper, il maggior responsabile della curia su entrambi i versanti, sarebbe stato la persona ideale per presentare il decreto, inquadrarlo nella persistente situazione di scisma, indicare le finalità della revoca della scomunica, ricapitolare i punti sui quali i lefebvriani venivano chiamati a riconsiderare le loro posizioni, dall'accettazione piena del Concilio Vaticano II al superamento del loro antigiudaismo. Quanto a Williamson, non sarebbe stato difficile circoscrivere il suo caso: restando fermo sulle sue aberranti tesi negazioniste, si sottraeva egli stesso al gesto di "misericordia" del papa.

Ebbene, se niente di questo è avvenuto, non è per colpa della sala stampa vaticana e del suo direttore, il gesuita Federico Lombardi, ma degli uffici di curia dai quali ricevono i comandi.

Uffici di curia che si riassumono nella segreteria di stato.

* * *

Da Paolo VI in poi, la segreteria di stato è l'apice e il motore della macchina curiale. Ha l'accesso diretto al papa e governa la messa in opera di ogni sua decisione. La affida agli uffici competenti e ne coordina il lavoro.

Ebbene, nell'intera vicenda della revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani, il segretario di stato, cardinale Tarcisio Bertone, pur di solito attivissimo e loquace, si è distinto per la sua assenza.

Il suo primo commento pubblico sulla questione è arrivato il 28 gennaio, in margine a un convegno romano nel quale era conferenziere.
Ma più che le parole, sono mancati da parte sua gli atti adeguati alla gravità della questione. Prima, durante e dopo l'emissione del decreto.

Benedetto XVI è stato lasciato praticamente solo e la curia è stata abbandonata al disordine.

Che papa Ratzinger abbia rinunciato a riformare la curia è ormai sotto gli occhi di tutti. Ma si ipotizzava che egli avesse sopperito a questa sua non scelta affidando la guida degli uffici a un segretario di stato dinamico e di polso, Bertone.

Oggi anche questa ipotesi si rivela in difetto. Con Bertone la curia appare più disordinata che prima, forse anche perché egli non vi si è mai completamente dedicato, per curarne le disfunzioni. Bertone svolge la gran parte della sua attività non dentro le mura vaticane ma fuori, in un incessante giro di conferenze, di celebrazioni, di inaugurazioni. I suoi viaggi all'estero sono frequenti e densi di incontri e di discorsi come quelli di un Giovanni Paolo II in piena salute: dal 15 al 19 gennaio è stato in Messico e in questi giorni è in visita in Spagna. Di conseguenza, il lavoro che gli uffici della segreteria di stato dedicano a queste sue attività esterne è tutto lavoro in meno per il papa. O talvolta è un inutile raddoppio: ad esempio quando Bertone tiene un discorso sullo stesso tema e allo stesso uditorio al quale poco dopo parlerà il papa, con i giornalisti puntualmente in caccia delle differenze tra i due.

La personale devozione di Bertone a Benedetto XVI è al di fuori di ogni dubbio. Non così quella di altri ufficiali di curia, che continuano ad avere campo libero. Può darsi che alcuni avversino consapevolmente questo pontificato. Di certo, i più semplicemente non lo capiscono, non ne sono all'altezza.

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Attacco al Papa dal fronte tedesco: Angela Merkel e il cardinale Karl Lehmann esigono le scuse sul caso Williamson

Due attacchi così duri Papa Benedetto XVI non li aveva ancora ricevuti. Due attacchi arrivati ieri dalla “sua” Germania: il primo ecclesiale, il secondo politico. Oggetto degli attacchi, come è logico di questi tempi, è l’“affaire lefebvriani” e, in particolare, il caso Richard Williamson, uno dei quattro presuli della Fraternità San Pio X ai quali il Pontefice lo scorso 21 gennaio aveva revocato la scomunica comminata loro nel 1988 dalla Congregazione dei vescovi. Williamson è stato duramente criticato nei giorni scorsi per aver sostenuto durante un’intervista a una tv svedese tesi negazioniste sull’Olocausto. Entrambi gli attacchi sono stati dirompenti. Il primo è arrivato dal potentissimo cardinale e vescovo di Magonza, Karl Lehmann, ex presidente della conferenza episcopale tedesca. Il secondo direttamente dal cancelliere tedesco Angela Merkel.
Tra i due, senz’altro, in Vaticano brucia maggiormente quello del cardinale Lehmann: che Karl Lehmann non sia un porporato allineato a Papa Ratzinger lo si sapeva da tempo.
Che Lehmann, nell’episcopato tedesco, sia capofila di una linea ecclesiale che al primato petrino preferirebbe una conduzione della Chiesa più collegiale e “dal basso”, è cosa altrettanto nota.

Ma che questi arrivi a chiedere a Ratzinger di scusarsi pubblicamente per aver tolto la scomunica a Williamson è cosa che nella Santa Sede non ritengono giustificabile.

E a poco valgono le motivazioni di coloro che sostengono che Lehmann sia da capire: troppo forti per costoro sarebbero stati nei giorni scorsi gli attacchi di vari esponenti delle comunità ebraiche contro la Chiesa, contro lo stesso Lehmann, troppo forti per non provocare un’immediata presa di posizione delle gerarchie cattoliche.

In Vaticano non la pensano così: e in questo senso anche le accuse mosse a Ratzinger tre giorni fa da un porporato che, rispetto a Lehmann, è più vicino al Pontefice, ovvero il cardinale arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn, non sono piaciute.

Ma torniamo a Lehmann. Questi, nel giorno in cui i suoi colleghi italiani - ovvero la Cei - esprimevano pieno appoggio al Papa circa la scelta di revocare la scomunica ai lefebvriani, alla radio pubblica “Suedwestrundfunk” ha detto che ormai sono necessarie scuse «ad alto livello». Perché la decisione di Benedetto XVI di riammettere Williamson nel seno della Chiesa è «una catastrofe per i sopravvissuti dell’Olocausto. E ha aggiunto che il Papa «deve» chiarire che la negazione dell’Olocausto non è una trasgressione perdonabile. Lehmann ha anche attaccato il responsabile della Commissione Ecclesia Dei, ovvero il cardinale Darío Castrillon Hoyos che ha sempre sostenuto di non essere stato a conoscenza delle affermazioni negazioniste di Williamson. In sostanza, Lehmann ha chiesto le dimissioni di Castrillon Hoyos, spiegando che, a prescindere dal fatto che egli abbia agito per ignoranza o per negligenza, il Vaticano deve «trarre le conseguenze nei confronti di chi è responsabile».
Poche ore dopo l’affondo di Lehmann, ecco quello della Merkel. Il cancelliere tedesco ha criticato direttamente il Vaticano e anche il Papa, seppure con accenti meno dirompenti di quelli di Lehmann. La Merkel ha infatti detto ieri, durante un incontro con alcuni giornalisti, che i «chiarimenti del Vaticano» sulla revoca della scomunica a Williamson sono «insufficienti». E ancora: «Se una decisione del Vaticano fa emergere l’impressione che l’Olocausto possa essere negato, questa deve essere chiarita. Da parte del Vaticano e del Papa deve essere affermato molto chiaramente che non ci può essere alcuna negazione» sull’argomento. Per la Merkel la decisione su Williamson «non deve passare senza conseguenze», perché «non è soltanto una questione che riguarda le comunità cristiane, cattoliche ed ebraiche in Germania, ma il Papa e il Vaticano dovrebbero chiarire senza ambiguità che non ci può essere alcuna negazione e che vi devono essere relazioni positive con la comunità ebraiche nel complesso».
Due giorni fa dal fronte tedesco era arrivata un’altra accusa gravissima al Vaticano. Ma la cosa singolare è che era arrivata dalla “Germania di curia”.

Ovvero da un porporato tedesco che lavora in Vaticano, il cardinale Walter Kasper, presidente della Pontificia commissione per i rapporti con l’ebraismo: questi ha detto che sulla revoca della scomunica «ci sono stati errori di gestione della curia».

Parole durissime anche queste, alle quali oltre il Tevere c’è chi ritiene sia arrivato il momento di replicare con forza. E, ieri sera, il portavoce vaticano padre Lombardi ha legittimamente replicato. Riferendosi alla Merkel ha detto che «la condanna di dichiarazioni negazioniste da parte del Papa non poteva essere più chiara e dal contesto risulta evidente che essa si riferiva anche alle posizioni di Williamson e a tutte le posizioni analoghe».

© Copyright Il Riformista, 4 febbraio 2009


Lehmann e Schornborn...
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[Modificato da Paparatzifan 04/02/2009 19:58]
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Lefebvriani/ Merkel: non mi sono immischiata in interessi Chiesa

Portavoce: si è sempre tenuta fuori da questioni religiose

Berlino, 4 feb. (Ap) - La "cancelliera" tedesca Angela Merkel ha respinto l'accusa di essersi immischiata negli interessi della Chiesa cattolica con le critiche dirette ieri al Papa di fronte alla revoca della scomunica del vescovo negazionista Richard Williamson.
La leader tedesca si è espressa su "una questione di principio politica", ha precisato oggi il portavoce del governo Ulrich Wilhelm a Berlino. La "cancelliera" si è sempre tenuta fuori dagli affari religiosi e intende farlo anche in futuro.
Su una possibili crisi nelle relazioni tra Berlino e il Vaticano, il portavoce non ha voluto confermare: "Non lo posso affermare", ha detto.
Con toni abbastanza duri, ieri Merkel ha invitato papa Benedetto XVI a fornire un chiarimento nella discussione innescata dalla riabilitazione di Williamson. "Si tratta di chiarire in modo netto, da parte del Papa e del Vaticano, che non può esserci nessuna negazione" dell'Olocausto e che deve esserci "un rapporto positivo" col mondo ebraico, ha detto la cancelliera in una conferenza stampa a Berlino. "Dal mio punto di vista questi chiarimenti non ci sono ancora stati in modo sufficiente", ha aggiunto.
Questo pomeriggio Merkel ha telefonato con il presidente della conferenza episcopale tedesca, Robert Zollitsch. Del colloquio non sono stati forniti dettagli. Nella riunione di governo oggi, inoltre, l'argomento non era all'ordine del giorno.


Ma stiamo scherzando?????
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I Preti tedeschi: i nostri Vescovi non lo difendono, ma noi sosteniamo il Papa

Comunicato del Priesternetzwerk
(Network di Preti cattolici)

Vista la campagna scatenata contro il nostro S. Padre, Papa Benedetto XVI in relazione alla revoca delle scomuniche dei quattro vescovi della Fraternità sacerdotale S. Pio X, il Network di Preti Cattolici esprime il suo profondo choc:

- Per le reazioni, talvolta inaccurate nei fatti e di solito cariche di aggressione di larga parte della stampa tedesca

- Per la ambigua e sfuggente attitudine, in parte apertamente critica del papa, da cui alcuni rappresentanti dell’Episcopato tedesco non sono immuni [ricordiamo che hanno pronunziato parole veramente odiose contro il Papa sia il card. Lehmann, sia il card. di Berlino Sterzinsky, per citare i più in vista; il secondo chiede niente meno che la revoca del decreto papale (e quindi la "riscomunica" dei lefebvriani) ed è arrivato a dire: "La gente dice: se la Chiesa è in questo ciclone, allora forse non è così credibile come pensavamo": v. qui. Meno male che i due porporati sono entrambi vicini alla pensione]

- Per l’inopportuno e pesante intervento di politici tedesco [il Cancelliere Angela Merkel, figlia tra l’altro di pastore protestante, n.d.T.] negli affari interni della Chiesa e che viole le più elementari regole di decenza.

Le indescrivibili mancanze di un vescovo della Frat. S. Pio X sono apparentemente un’occasione benvenuta per una maggioranza di cattolici – preti e laici – per sminuire indebitamente e sfidare il Papa. Se la stampa popolare tedesca afferma che la presente crisi provocherà che una maggioranza di cattolici non obbedirà più al Papa, allora noi diciamo l’opposto: lo scoppio di odio contro Papa Benedetto XVI mostra una volta di più a quale basso livello il cattolicesimo in Germania è già sprofondato. Dà da pensare che manchino completamente in questi giorni voci che invochino il buon senso e la confidenza nell’autorità del papa. Il fatto che alcuni docenti di facoltà teologiche aggiungano la ciliegina sulla torta, era da aspettarselo e non serve menzionarlo specificamente.

Nella vergogna di questa situazione, noi diamo ancora una volta al S. Padre la nostra solidarietà intera e senza riserve. Lo ringraziamo per i suoi sforzi instancabili per l’unità della Chiesa. E lo assicuriamo delle nostre speciali preghiere, in questi tempi difficili, specie nella celebrazione della S. Messa

Magonza / Aachen

Dal Blog "Messainlatino.it"


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Rik Torfs: Benedetto XVI schiaccia la morale sotto un’apparenza di ingannevole perfezione

“Il caso del vescovo negazionista inglese Richard Williamson ha messo Papa Ratzinger in una posizione di imbarazzo – scrive nel giornale belga De Standaard il professore di diritto cattolico Rik Torfs – Non direi, come hanno fatto invece in molti, che Benedetto XVI sia un nazista. Lo riterrei piuttosto un conservatore sentimentale. Gli uomini come lui raramente mettono in funzione camere a gas ma restano comunque potenzialmente pericolosi.”
“Joseph Ratzinger – scrive ancora Torfs – ha nostalgia del passato fastoso della Chiesa. Lo zelo con cui va alla ricerca dei sostenitori degli antichi rituali liturgici fa di lui un religioso pronto ad accettare i danni collaterali senza farsi troppi problemi.
Per la posizione in cui si trova, Papa Benedetto XVI cerca di mantenere il formalismo del passato anche se il costo morale sarà molto alto. E’ il classico esempio di un conservatorismo inoffensivo all’apparenza ma in realtà assai perverso e pericoloso.
La morale viene schiacciata dalla necessità di apparire sempre al meglio, in ogni circostanza, una perfezione consciamente ingannevole. Con il suo atteggiamento Papa Ratzinger ha in pratica minimizzato l’importanza storica ed umana dell’Olocausto.”

© Copyright Ticino Libero

VERGOGNA!!!!!
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[Modificato da Paparatzifan 05/02/2009 16:47]
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Spaemann: Ratzinger, dai media una caricatura

Andrea Galli

Sulla stampa tedesca prevale un’«isteria collettiva» dopo il gesto del Papa verso i lefebvriani: parla il filosofo .
Robert Spaemann, uno dei più importanti pensatori tedeschi viventi, professore emerito di Filosofia alla presso la Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco, dice di sentirsi «fisicamente male» nel prendere in mano la stampa tedesca di questi giorni e nel leggere gli «incredibili giudizi sulla figura di Benedetto XVI e sul suo Magistero».

Professore, persino Angela Merkel si è sentita in diritto di chiedere 'chiarimenti' al Vaticano sulla sua posizione riguardo all’Olocausto. Cosa sta succedendo?

«In questo momento in Germania c’è una specie di isteria collettiva, difficilmente spiegabile con i nudi fatti, perché dubitare della posizione del Papa nei confronti del mondo ebraico o della sua radicale condanna dell’antigiudaismo è semplicemente assurdo.
Il motivo di questo accanimento va ricercato piuttosto in questo: nei media tedeschi Benedetto XVI è stato presentato in questi anni, ostinatamente, come un oscuro dogmatico, come un Panzer­Papst.
E in molti giornalisti e commentatori si è accumulata un grande frustrazione nel vedere che il Papa non rientrava in questa caricatura. Ora pensano di aver trovato l’occasione che conferma i loro pregiudizi. Il secondo motivo è che c’è una grande opposizione a una riconciliazione della Chiesa con il mondo tradizionalista, così l’intervista del vescovo lefebvriano Williamson è stata vista come un assist formidabile per cercare di affossare questo processo».

Com’è stata comunicata la notizia della revoca della scomunica dei quattro vescovi lefebvriani?

«Non sono stati spiegati per nulla né il senso profondo di questa decisione né i giusti termini della questione. Il Papa, per esempio, ha tolto la scomunica latae sententiae anche ai vescovi cinesi ordinati illecitamente – i vescovi della 'Chiesa patriottica' – che in diversi casi hanno persino mantenuto il proprio incarico. Quando ciò è avvenuto nessuno ha protestato. Ora Benedetto XVI ha compiuto un gesto simile e io penso che non avrebbe potuto fare altrimenti, volendo essere davvero un padre e un pastore, dal momento che ripetutamente gli era stato chiesto da parte lefebvriana di togliere una scomunica che era causa di un 'grande dolore'.
Se non l’avesse fatto per considerazioni di mera opportunità 'politica' non si sarebbe comportato da padre.
Questi quattro vescovi possono ora di nuovo confessarsi, ottenere l’assoluzione dei propri peccati, fare la comunione e morire con i sacramenti. E non sono stati riconfermati nella loro posizione a differenza dei vescovi cinesi. Tutto ciò è stato completamente omesso negli articoli che sono usciti in questi giorni. Anche se, bisogna aggiungere, per come è stata gestita la comunicazione di questa vicenda da parte vaticana, va riconosciuto che anche lì qualcosa non sembra funzionare appieno».

Quali sono gli ostacoli che in Germania rendono difficile a molti, nei media, comprendere questo papato?

«Come le dicevo prima, più che di mancata comprensione, si tratta della difficoltà ad accettare un Pontefice che sfugge a categorie logore e false. Un Papa che semplicemente ripropone con linearità la dottrina della Chiesa e lo fa senza quella durezza che tanti si aspettavano, ma con grande dolcezza e pacatezza. Davvero pensando a Benedetto XVI vengono in mente le parole del salmista, 'impugnabant me gratis', mi hanno combattuto senza motivo».

Quanto pesa, in questi voluti fraintendimenti, l’ostilità all’ermeneutica che Benedetto XVI dà del Concilio Vaticano II, visto come riforma della Chiesa nella continuità con la tradizione?

«Pesa molto. Gia l’applicazione del motu proprio Summorum Pontificum ha incontrato grandi resistenze e critiche. Ora coloro che hanno ostacolato il tutto propongono questa associazione aberrante: Messa antica uguale a negazione dell’Olocausto. Nemmeno il Diavolo avrebbe potuto escogitare un modo più efficace per diffamare una decisione papale che, come diceva lei, va nel senso di un’ermeneutica della continuità per quanto riguarda il Vaticano II.

In questo i cosiddetti 'progressisti' sono il rovescio della medaglia dei tradizionalisti.
Entrambi, da posizioni opposte, sostengono che il Vaticano II è stata un nuovo e radicale inizio, con il quale la Chiesa preconciliare è stata in qualche modo liquidata. Nel sostenere questo, si sostengono a vicenda.
Il Papa ha sempre ribadito l’assoluta importanza del Vaticano II, ma da leggere in continuità con i precedenti, non come l’inizio di una epoca totalmente nuova della Chiesa. E un Concilio non dogmatico, sui cui singoli punti è lecita una discussione. Quello che mi augurò avverrà ora con la Fraternità di san Pio V: che non ci sia più da parte sua un rifiuto in blocco del Vaticano II, ma piuttosto un confronto aperto e franco sui punti che restano per loro problematici».

© Copyright Avvenire, 5 febbraio 2009


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LEFEBVRIANI: VATICANISTA E GIALLISTA DIVISI SUL DOSSIER

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 5 feb.

C'e' una ''regia occulta'' dietro l'affaire Williamson che sta provocando una bufera senza precedenti sulla Curia Romana e sullo stesso Pontefice?
Questa tesi e' sostenuta da alcuni quotidiani che citano un dossier preparato in Vaticano, nel quale sono sottolineate alcune coincidenze sospette.
Le elenca sul suo blog ''Antidoti'' il giallista e apologeta Rino Camilleri, autore di ''I delitti della stanza chiusa'' ma anche di ''La vera storia dell'Inquisizione'', oltre che presenza quotidiana sul Giornale dove in poche righe presenta il santo del giorno: ''1) Le frasi incriminate di mons. Williamson sono un 'fuori onda' mandato fraudolentemente in tv, sebbene l'intervistato avesse chiesto esplicitamente all'intervistatore di non metterlo a rischio di galera (che incombe sui negazionisti).
2) L'intervista e' di mesi or sono ma, guarda caso, viene messa in circolo proprio il giorno in cui il Papa revoca la scomunica ai lefebvriani: la cosa puzza, visto che anche all'interno della Chiesa non sono pochi quelli che vedono le 'restaurazioni' di questo Papa come fumo negli occhi.
3) L'operazione militare a Gaza e' cessata giusto a ridosso della Giornata della Memoria (alla vigilia della quale e' stata data comunicazione della revoca).
4) C'e' chi vorrebbe che il Papa revocasse la revoca (infatti, il Papa e' costretto da mesi a giustificarsi per aver permesso il rito latino) e, magari, dichiarasse le camere a gas dogma cattolico''.
Ma non tutti i vaticanisti sono d'accordo con la tesi del complotto. Luigi Accattoli, firma autorevole prima di Repubblica e poi del Corriere della Sera, ora segue quotidianamente la vicenda sul suo blog registrando il susseguirsi degli attacchi dall'esterno e dall'interno, nonostante il chiarimento offerto dal Papa mercoledi' scorso all'Udienza Generale e le ripetute prima precisazioni del suo portavoce e poi addirittura della Segreteria di Stato: ''condivido - dichiara - le mosse del Papa.
Trovo ridicola l'idea di un complotto curiale per contrastarlo, mi pare invece evidente che vi siano stati errori di istruttoria, di esecuzione e di accompagnamento delle decisioni papali. Considero esagerata l'eco mediatica sullo specifico aspetto di negazione della Shoah ma trovo che abbia portato ad acquisizioni non secondarie. Non ritengo - scrive Accattoli - che Benedetto debba dire altro al momento. Penso che ogni ben intenzionato che abbia a cuore le sorti del nome cristiano farebbe bene a sostenere il Papa nella sua intenzione di misericordia e riconciliazione''.
Sul suo blog, il giornalista Accattoli si dice ''sicuro che il confronto con la componente moderata della Fraternita' lefebvriana debba essere preso in seria considerazione''.
Di questo, per la verita', e' convinto anche lo scrittore Camilleri, per il quale ''certi vescovi arrivano alla ferocia con la 'destra' dei cattolici, mentre nulla, mai, dicono ai vari don Gallo eccetera''.
Alla fine i tradizionalisti non vogliono che pregare e celebrare come si e' fatto per tanti secoli e certo la severita' di chi protesta per il perdono accordatogli appare dissonante con la strenua difesa delle affermazioni del Concilio in tema di tolleranza e pluralismo, che spingerebbero invece verso una Chiesa senza scomuniche e inquisizioni.
Fa riflettere pero' il susseguirsi in questi quasi quattro anni di pontificato ratzingeriano di devastanti ''incendi mediatici'': il primo scoppiato a Ratisbona nel settembre 2006, quando le affermazioni papali sull'Islam furono presentate come un ''J'accuse'' mentre erano un invito a distinguere tra i valori del Corano e le interpretazioni fondamentaliste, l'ultimo poche settimane fa con l'equivoco sulla posizione vaticana in merito alla depenalizzazione dell'omosessualita', quando il ''distinguo'' in merito alla risoluzione proposta dalla Francia, avanzato dell'osservatore permanente all'Onu, arcivescovo Celestino Migliore, che non non voleva fosse qualificato come discriminazione anche il ''no'' cattolico alle leggi sulle coppie e le adozioni gay, e' stato irresponsabilmente interpretato come un invito della Chiesa a condannare a morte tutti gli omosessuali. In entrambi i casi le precisazioni vaticane hanno stentato a spegnere le fiamme che dilagavano.
Ma il sistema dei media funziona cosi' e il combinato disposto tra la superficialita' e la fretta dei cronisti, la mentalita' anticlericale di alcuni e l'interesse politico di altri (il caso dei Lefebvriani coincide temporalemente con le grandi difficolta' del Governo Olmert), risulta micidiale per chi, come la Chiesa, vuole argomentare pacatamente e senza offese, e per di piu' non sempre riesce a reagire con la dovuta rapidita'. Il problema non e' cercare una ''regia occulta'' che lavora per screditare il Papa, e che per alcuni avrebbe addentellati fin dentro le Mura Leonine, ma attrezzarsi a fronteggiare sui media e nel dibattito culturale ''l'inquisizione laica'' che, denuncia Camilleri, ''dilaga e reprime i non politicamente corretti, cattolici in primis''.
''Perche' - si chiede il giallista - solo questi ultimi devono, sempre, tenere a freno la lingua? Perche' a furia di prudenza, devono ammutolire del tutto?''.


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Un Rabbino americano osserva: sproporzionate le reazioni contro il Papa!

Riportiamo le osservazioni del Rabbino Irwin Kula (nella foto), riportate nel sito on line del Washington Post e da noi tradotte (nonostante lo slang ed il linguaggio a tratti colloquiale: di qui una traduzione che, cercando di rispettare la lettera, violenta qua e là la nostra lingua). Un solo commento: quindici giorni di attacchi dissennati contro il Papa (che non ha certo colpe per le opinioni altrui!) cominciano a ripercuotersi anche contro gli attaccanti, facendo mettere in dubbio ad ogni osservatore un po' imparziale il loro buon senso e pefino la loro buona fede.

La risposta ebraica ufficiale alla recente decisione del Papa Benedetto XVI di occuparsi della Fraternità S. Pio X e revocare le scomuniche di quattro vescovi (pur non determinandone ancora lo status), dice molto circa lo stato psico-sociale della leadership dell’Ebraismo americano o almeno della leadership che pretende di parlare per gli Ebrei americani.
Le certamente snervanti, se non offensive, vedute negazioniste che di uno di quei vescovi, il britannico Richard Williamson, un vecchio uomo oscuro, irrilevante, irritabile, ha esibito alla televisione svedese, ha provocato l’ira di niente meno che la Lega Antidiffamazione, l’American Jewish Committee, il B'nai B'rith International, l’International Jewish Commission on Interreligious Consultations e l’U.S. Holocaust Memorial Museum.
"Questa decisione mina la forte relazione tra Cattolici e Ebrei", hanno protestato. "Siamo stupefatti che il Vaticano abbia ignorato le nostre preoccupazioni", hanno proclamato. Questo avrà "serie implicazioni per le relazioni giudeo-cattoliche" e ci sarà "un costo politico per il Vaticano", hanno minacciato. E da Israele, il Rabbinato Capo in Israele, uno degli establishment religiosi più corrotti nelle democrazie occidentali, è entrato nella mischia mettendo in dubbio l’imminente visita del Papa in Israele.
Tutto questo baccano e assalto ansioso, solo per una materia interna alla Chiesa, concernente quella sorta di bilioso, irritabile, volgare, indefinibile tipo – lo zio sudicio che ti imbarazza ogni volta che è in pubblico – che tutti sappiamo esistere [anche] nelle nostre comunità.

Come erede di otto generazioni di rabbini e avendo perso molti parenti nell’Olocausto, sarà una mia impressione, ma questa reazione ebraica mi sembra oltraggiosamente eccessiva.

Forse milioni di Ebrei americani si preoccupano che il Papa abbia revocato la scomunica di questo vescovo mai sentito, così che le maggiori organizzazione ebraiche debbano spendere così tanta energia e attenzione a ciò e trasformarla in una causa celebre, degna della prima pagina? Ed è questo il modo di parlare, dopo decenni di fruttuoso lavoro tra religioni per migliorare le relazioni?
Come è che l’opinione di qualche vescovo bilioso senza potere evochi denunce di una crisi nelle relazioni giudeo-cattoliche, nonostante i cambiamenti rivoluzionari negli insegnamenti della Chiesa sugli Ebrei dopo il Vaticano II? Dov’è la "proporzionalità", dove il beneficio del dubbio – un imperativo religioso e spirituale centrale – in risposta a qualcosa che è sicuramente sconvolgente ma che nello schema delle cose è men che insignificante, specie data la storica visita di questo Papa ad Auschwitz, in cui senza ambiguità ha riconosciuto il male perpetrato contro gli Ebrei durante l’Olocausto e in questo modo "si è pentito" per qualsiasi contributo che insegnamenti della Chiesa distorti avessero fornito per preparare il terreno da cui questo male è eruttato?
[..]
Probabilmente occorreva un po’ di comprensione per ciò che deve significare governare una comunità spirituale (con la quale io dissento su molti punti) di un miliardo e ducentomilioni di persone, cercando di creare un qualche senso di unità da destra a sinistra, dall’estremo liberalismo all’estremo tradizionalismo [..]
Che ne direste di dare a questo Papa, che noi sappiamo essere, col suo predecessore, probabilmente tra i papi più sensibili sui temi dell’antisemitismo, dell’Olocausto, e delle relazioni coll’Ebraismo e con gli Ebrei, un po’ di tregua, dato come sta cercando di medicare la sua propria comunità? E è possibile che il desiderio/speranza/necessità del Papa di ricucire la Chiesa (ha anche cercato il teologo liberale Hans Kueng) possa essere di maggiore importanza, sia per la Chiesa sia invero per la religione su questo pianeta, che il fatto che gli Ebrei siano sconvolti per la revoca della scomunica a un vescovo irrilevante.
Piacerebbe a noi Ebrei essere giudicati per le cose più irose, stravaganti, offensive e stupide che un qualunque rabbino nel mondo ha detto sui Cattolici o i Cristiani? Noi Ebrei non siamo più organizzati per scomunicare, e un rabbino non può essere destituito come fa invece la Chiesa col suo clero, ma sicuramente ci sono singoli rabbini che dicono cose così esecrabili sugli "altri", che pur se ancora chiamiamo quella persona "rabbi", non vorremmo essere giudicati per quello.
E non è possibile che riportare Richard Williamson in seno alla Chiesa possa davvero influenzarlo per vedere quanto si sbaglia su questo argomento, visto come la Chiesa è chiara circa l’Olocausto e il suo impegno sulle relazioni giudeo-cattoliche? Dopo tutto il Papa stesso ha detto "Spero che il mio gesto sia seguito dall'impegno da parte loro di fare gli ulteriori passi necessari per realizzare la piena comunione con la Chiesa, così testimoniando vera fedeltà e vero riconoscimento del magistero e dell’autorità del papa e del Concilio Vaticano II". Non c’è altro modo di interpretare ciò, che concludere che per essere pienamente reintegrati nella Chiesa cattolica, tutti quelli che hanno passato il primo test devono ora passare il grosso ostacolo: o accettare quel che la Chiesa insegna, o restare ai margini. E ciò che la Chiesa insegna, tra le altre cose, è la necessità di rispettare gli Ebrei.
Inoltre, non dovrebbe la leadership delle organizzazioni di difesa ebraiche, che a suo credito è probabilmente la più efficiente di qualsiasi altro gruppo etnico o religioso in questo paese, cercare di capire le categorie interne dell’altro, specie dopo decadi di lavoro interconfessionale e intercomunitario? In questo caso, che c’è una differenza tra l’eresia – un’accusa da cui il Papa sta cercando di guarire parte della sua comunità – e la stupidità. E qual è il costo di non vedere la differenza tra eresia e stupidità?
Infine, quando il Papa, nonché funzionari vaticani, hanno detto pochi giorni dopo che le opinioni di Williamson sono "assolutamente indifendibili", e che, nelle parole esatte del Papa, la Chiesa prova "piena e indispensabile solidarietà con gli Ebrei contro ogni negazione dell’Olocausto", dove è stata un po’ di umiltà nella risposta? Non sarebbe stato interessante, nonché eticamente obbligato, per quelli che inizialmente avevano attaccato riconoscere che forse avevano reagito eccessivamente e che sapevano che la Chiesa e specie questo Papa sono molto sensibili a questi argomenti? E spiegare al Papa e alla Chiesa di capire per favore che noi, del tutto a ragione o meno, siamo ancora molto, molto sensibili e molto vulnerabili circa l’Olocausto e che ci dispiace quindi se abbiamo ecceduto nelle reazioni, e che siamo profondamente grati per la non ambigua ripetizione da parte del Papa di ciò che sappiamo essere la sua opinione e l’insegnamento cattolico contemporaneo.

Da Messainlatino.it



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SHOAH: PADRE LOMBARDI, CI SONO STATI PROBLEMI DI COMUNICAZIONE

(ASCA-AFP)

Parigi, 5 feb - Il direttore della sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ammette che la comunicazione sul decreto con il quale e' stata revocata la scomunica ai quattro vescovi lefebvriani e' stata gestita male. ''Il problema di questo decreto - afferma padre Lombardi in un'intervista che il quotidiano cattolico francese La Croix pubblichera' domani - e' che e' stato negoziato fino all'ultimo momento e alcuni punti sono restati confusi. Inoltre, dal momento che si trattava di un negoziato con un'altra parte, il documento si trovava gia' su alcuni siti e giornali. Non avevamo in mano il controllo di questa comunicazione''. Tornando sulla ''concomitanza'' tra la questione della scomunica e la diffusione delle frasi negazioniste di Monsignor Richard Williamson, padre Lombardi osserva che ''le persone che hanno gestito questo caso non si sono rese conto della gravita''' delle affermazioni. ''Quello che e' sicuro e' che il papa ignorava'' le posizioni di Williamson, aggiunge padre Lombardi, sottolineando che ''se c'era una persona che doveva esserne a conoscenza, quella era il cardinale Castrillon Hoyos'', il presidente della Commissione 'Ecclesia Dei'' responsabile del dialogo con i lefebvriani. Secondo padre Lombardi, ''all'interno della Curia deve essere ancora creata una cultura della comunicazione'' e se il decreto fosse stato accompagnato da una nota esplicativa, si sarebbero evitate ''settimane di passione''.

Asca


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Abrahamowicz: "Vaticano II peggio di un'eresia"

di Redazione

Padova - Arriva a breve la risposta al Santo padre Benedetto XVI da pèarte del capo dei lefebvriani del Nordest. Dopo la richiesta del Pontefice di ritrattare le posizioni sull'Olocausto, don Floriano Abrahamowicz, attacca il Concilio Vaticano II definendolo "peggio di un’eresia".
L'attacco arriva proprio all’indomani della nota con cui la segreteria di Stato vaticana ha chiarito come "il pieno riconoscimento del Concilio Vaticano II" sia "condizione indispensabile per il futuro riconoscimento della Fraternità Pio X". Don Floriano Abrahamowicz aveva detto nei giorni scorsi, commentando le affermazioni negazioniste del vescovo Richard Williamson, che le camere a gas nei campi di sterminio esistevano "almeno per disinfettare".

Attacco al Concilio Vaticano II

Per don Floriano Abrahamowicz, "il Concilio Vaticano II è stato peggio di un’eresia, perché l’eresia significa prendere una parte della verità, renderla assoluta e negare il resto". Parlando nel corso di un programma dell’emittente televisiva Canale Italia, Abrahamowicz ha detto che "San Pio X ci spiega che il modernismo è la cloaca maxima delle eresie e non si capisce niente in questo modernismo: una pagina dice la verità, giri la pagina c’è l’errore. In questo senso dico che il Concilio Vaticano II è una cloca maxima". "Ecco perché - ha proseguito - i padri conciliari, tra i quali Lefebvre, facevano una fatica grande perché ad ogni pagina dovevano mettere una pezza".

La polemica sulla Shoah

Nei giorni scorsi Abrahamowicz aveva detto che "le camere a gas sono esistite almeno per disinfettare, ma non so dire se abbiano fatto morti oppure no, perché non ho approfondito la questione". Oggi afferma: "Non ho intenzione di abiurare rispetto a quanto detto, ci sono poi state delle rettifiche da parte di alcuni giornali".
"Per me la Shoah è un genocidio, ma non è stato il solo, se guardiamo alla storia del Novecento - ha concluso - sarebbe opportuno formare gli studenti un anno sul genocidio degli ebrei, un altro anno ad esempio farli studiare su cos’era il genocidio armeno, un altro anno studiamo il genocidio di Stalin".

© Copyright Il Giornale


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Re: Dal blog di Lella...

Paparatzifan, 05/02/2009 21.37:


Abrahamowicz: "Vaticano II peggio di un'eresia"




Vogliamo ancora gettare più benzina sul fuoco? Perché non ci diamo una calmata! Siamo già stanchi di tutto questo balletto!!!! [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473]

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Andrea Tornielli Scrive: February 5th, 2009 at 10:52 am

Cari amici, a dirla tutta sembra anche a me che la nota della Segreteria di Stato, nel tentativo - tardivo - di rimediare, si sia spinta troppo in là.
Attenzione: ho detto e scritto più volte di ritenere inaccettabili i negazionismi sulle camere a gas e i riduzionismi secondo i quali sarebbero morti nei campi sono due o trecentomila ebrei, e per di più di stenti, dunque non massacrati intenzionalmente (!!!?). Ritengo che Williamson, e non solo per queste sue gravissime affermazioni, doveva essere invitato a ritirarsi e a fare il parroco.
Ma, mettere nero su bianco in una nota vaticana che per svolgere funzioni episcipali bisogna prima rinnegare le dichiarazioni negazioniste sulla Shoah configura un precedente canonico.
Le interpretazioni della storia (anche quelle più assurde) non appartengono al depositum fidei.
Le camere a gas e i numeri dello sterminio nazista non sono un tema dottrinale, ma una questione di buon senso storico.
E un vescovo deve avere buon senso, non può essere uno scriteriato. Dunque, nel testo scritto, ci si poteva limitare a citare la condanna di qualsiasi forma di antisemitismo, ricordando la dichiarazione conciliare Nostra aetate, mentre una pubblica ritrattazione sulle camere a gas andava chiesta direttamente e a voce all’interessato, dicendogli a chiare lettere che senza di essa non sarebbe stato riammesso.
Il Papa ha già condannato negazionismo e riduzionismo la settimana scorsa, e più volte ha parlato de sei milioni di ebrei uccisi nei lager. Ma mettere per iscritto che la riammissione alle funzioni episcopali è subordinata a una ritrattazione delle tesi negazioniste mi pare troppo: andava fatto sapere, non scritto.
Ci si può chiedere, infatti, quali altre negazioni o interpretazioni (anche assurde) precludano la possibilità di svolgere funzioni episcopali.
E ci si può chiedere perché un cardinale stimato e seguitissimo, Carlo Maria Martini, possa affermare, in un libro pubblicato e controllato (con l’editing curato dai collaboratori della curia milanese), regalato agli abbonati de “La Civiltà Cattolica”, non solo che l’enciclica di Paolo VI è sorpassata ma anche che Papa Montini l’ha scritta sapendo di dire una bugia -leggete “Conversazioni notturne a Gerusalemme”, è proprio così! - senza che questo comporti nulla, se non applausi.
Mi direte: la negazione delle camere a gas indica mancanza di buon senso e di criterio, la critica all’Humanae vitae - specie se fatta dai pulpiti giusti e politically correct - è un’altra cosa. Sono d’accordissimo.
La piena adesione al magistero del Concilio Vaticano II e dei Papi Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI venga fatta valere per tutti e in tutti i casi. Martini dia il buon esempio.

dal blog di Andrea Tornielli


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SHOAH: INTEGRALISTI CATTOLICI FRANCESI, NESSUN AMALGAMA CON WILLIAMSON

(ASCA-AFP) - Parigi, 6 fev

L'abate Regis de Cacqueray-Valmenier, leader degli integralisti cattolici francesi, rifiuta qualunque ''amalgama'' tra le posizioni della Fraternita' San Pio X e le frasi negazioniste di Monsignor Richard Williamson.
La revoca da parte di Papa Benedetto XVI della scomunica dei quattro vescovi integralisti della Fraternita' sacerdotale San Pio X e' stata accolta ''come un dono di pace e una fonte di gioia'', scrive in un comunicato l'abate de Cacqueray-Valmenier.
I quattro vescovi reintegrati sono il leader dell'insieme della Fraternita' sacerdotale Bernard Fellay, un altro francese, Bernard Tissier de Mallerais, l'argentino Alfonso de Gallareta e il britannico Richard Williamson, autore delle frasi negazioniste dell'esistenza delle camere a gas.
''Questa pace e questa gioia sono state macchiate dalle affermazioni negazioniste rilasciate, a titolo personale, da Monsignor Richard Williamson, le quali hanno sollevato un'emozione legittima e un'indignazione considerevole nel mondo intero'', aggiunge il superiore della Fraternita' San Pio X in Francia. Secondo l'abate, e' ''inaccettabile'' fare un ''amalgama'' tra queste frasi e le posizioni dei membri della Fraternita', che al contrario ''condanna con fermezza ogni forma di odio nei confronti degli ebrei, cosi' come ogni forma di odio nei confronti di altre razze, perche' tale odio e' contrario alla giustizia e alla carita'''.
La Fraternita', conclude, condanna tutti i crimini, i massacri e i genocidi, e in particolare quelli compiuti contro il popolo ebraico, perche' ''sono contrari al quinto comandamento di Dio e all'umanita'''.

© Copyright ASCA-AFP


[Modificato da Paparatzifan 06/02/2009 16:28]
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Apc-* Lefebvriani/ Fraternita' italiana, espulso prete negazionista

"Don Floriano non esprime nostre posizioni"

Roma, 6 feb. (Apcom)

La Fraternità San Pio X annuncia l'espulsione di don Floriano Abrahamowicz, il prete responsabile della provincia del Nord-Est, che - come il vescovo Richard Williamson - ha negato la Shoah, dichiarando che le camere a gas sono servite solo per disinfettare.

"Il provvedimento - si legge in una nota diffusa dal distretto italiano della Fraternità - ha effetto a partire da venerdì 6 febbraio ed è stato preso per gravi motivi di disciplina. Don Floriano Abrahamowicz da tempo esprimeva posizioni diverse da quelle ufficiali della Fraternità San Pio X. La decisione dell'espulsione, pur dolorosa - conclude la nota - si è resa necessaria per evitare che venga ulteriormente distorta l'immagine della Fraternità San Pio X e, di conseguenza, sia danneggiata la sua opera al servizio della Chiesa".


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Teologo Kueng: Papa non accolga vescovi nella Chiesa

Roma, 6 feb. (Apcom)

Il Papa torni sui suoi passi e non accolga i quattro vescovi lefebvriani nella Chiesa.. A chiederlo è il teologo tedesco Hans Kueng, intervenuto alla registrazione del programma di Lucia Annunziata 'In Mezz'ora' che andrà in onda domenica pomeriggio su Raitre.

"Il Papa si deve staccare da questo gruppo - afferma Kueng - non è possibile nè accettabile che questi vescovi facciano parte della Chiesa cattolica. Sarebbe un gesto coraggioso se tornasse indietro sulla sua posizione".
Il teologo tedesco critica la decisione del Papa di revocare la scomunica ai quattro vescovi tradizionalisti che "non accettano il Concilio Vaticano II. Non si tratta solo del vescovo che ha negato in modo orribile e inaccettabile la Shoah - ha aggiunto Kueng - ma di tutta la fraternità san Pio X che rinnega il Vaticano II.
Come è possibile che il Papa possa revocare la scomunica a questi vescovi che non accettano la dottrina del Concilio? Non solo sul giudaismo ma anche sulla libertà di religione, libertà di coscienza, la relazione positiva con i protestanti, le buone relazioni con l'Islam; e poi dovrebbero accettare le riforme liturgiche del Concilio Vaticano II".

Il teologo ribelle critica anche il ruolo della Curia all'interno della scelta di Benedetto XVI. "Non è uno sbaglio di comunicazione - ha aggiunto Kueng - ma uno sbaglio di regime, di governo della Chiesa. Il Papa sapeva come già sapeva quando era cardinale che questi vescovi sono antigiudaici. Non è uno sbaglio di comunicazione, ma in un certo senso uno sbaglio di calcolo perchè il Papa non ha pensato alle conseguenze e a così tante opposizioni che avrebbe creato nel mondo. Per questo si parla di un movimento a destra nella Curia romana; il Papa ha scelto collaboratori che hanno una linea conservatrice e reazionaria, e adesso è anche un pò isolato dal popolo cristiano".

A proposito della dichiarazione della Cancelliera tedesca Angela Merkel, il teologo tedesco ha detto di essere d'accordo: "Aveva ragione, ha espresso l'opinione della maggioranza del popolo cattolico del nostro paese e dell'opposizione molto seria degli ebrei".

© Copyright Ssa/Cci




Ma come mi fa ridere!!!! [SM=g7869] [SM=g7869] [SM=g7869] [SM=g7869] [SM=g7869] [SM=g7869] [SM=g7869] [SM=g7869] [SM=g7869] [SM=g7869] [SM=g7869] [SM=g7869] [SM=g7869] [SM=j7808]

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VATICANO: VESCOVO KOCK SU LEVEBVRIANI, PREZZO DA PAGARE PER L'UNITA' TROPPO ALTO

CAPO CONFERENZA EPISCOPALE ELVETICA SCRIVE LETTERA APERTA A CATTOLICI SVIZZERI

Soletta, 6 feb.- (Adnkronos/ats) -

Il presidente della Conferenza dei vescovi svizzeri (CVS) Kurt Koch ha pubblicato oggi una lettera aperta ai cattolici elvetici sulla vicenda Vaticano-lefebvriani. Ci si puo' chiedere se Roma non sia andata troppo incontro alla Fraternita' San Pio X, scrive il responsabile della diocesi di Basilea nella sua missiva di sette pagine, precisando tuttavia di esprimersi a titolo personale.
Il riavvicinamento di Roma con questa comunita' ultrancoservatrice pone la Chiesa cattolica in una situazione difficile, rileva il vescovo.
''Il prezzo da pagare per l'unita' non e' troppo alto?'', prosegue monsignor Koch, aggiungendo di capire tutti coloro che lo pensano. Anche per lui, ''nella situazione attuale e' molto difficile vedere qualcosa di positivo''. Koch ribadisce poi che l'antisemitismo e la negazione dell'Olocausto non trovano posto nella Chiesa cattolica. E aggiunge che se la Fraternita' San Pio X vuole il pieno riconoscimento deve accettare i principi fondamentali del Concilio Vaticano II.
Nella sua lettera, che comincia con ''cari fratelli e sorelle'', Koch critica il modo in cui e' avvenuta la comunicazione in seno alla Chiesa cattolica: sulla revoca della scomunica il presidente della CVS dice di essere stato informato soltanto il giorno stesso, sebbene la Svizzera sia direttamente toccata dalla decisione.
La sede centrale della Fraternita' San Pio X si trova infatti a Econe, in Vallese.
Nonostante le critiche e le domande aperte, Koch difende tuttavia a piu' riprese nella sua lettera Benedetto XVI. ''La storia dara' ragione al papa'', per aver fatto tutto il possibile per sormontare la divisione avvenuta dopo il Concilio Vaticano II, sostiene il vescovo.
Andando incontro alla Fraternita' il pontefice ha pensato anche ai suoi 600.000 fedeli, aggiunge Koch''.

© Copyright (Res/Gs/Adnkronos)



Il prezzo da pagare è quello dell'unità dei cristiani come si auspica il "divinizzato" Vaticano II.

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"Pubblicando subito la Nota esplicativa, ci saremmo risparmiati giornate di passione"

Intervista de La Croix a P. Federico Lombardi S.J. (nella foto), responsabile della sala stampa del Vaticano.

- Il decreto di revoca delle scomuniche dei vescovi integristi ha causato grande emozione. Che cosa vi è mancato per spiegarlo meglio?
Il problema di questo decreto è che è stato negoziato fino all’ultimo momento e che certi punti restavano confusi. Non marcava il completamento del processo, ma una tappa, quindi senza dare un risultato chiaro. Pertanto il comunicato che l’accompagnava lasciava troppi aspetti nel dubbio, dando luogo a differenti interpretazioni. Inoltre, trattandosi di un negoziato con un’altra parte, il documento poteva già essere su alcuni siti e giornali. Noi non avevamo in mano la padronanza di questa comunicazione [P. Lombardi “si lascia scappare” che potrebbero esserci state indiscrezioni dei lefebvriani. Noi, che seguiamo con attenzione la vicenda, possiamo attestare che le prime voci sono state diffuse dal sito La Cigüeña de la Torre, asseritamente (e ci crediamo: l’Avv. Fernandez de la Cigoña è persona affidabile) sulla base di indicazioni del card. Re: cfr. qui]

- Non c’è stata una comunicazione insufficiente?
Per la Chiesa, il problema della comunicazione non è semplice. Si deve dire tutto e subito? Talvolta, è meglio non parlare. Una comunicazione troppo aperta, soprattutto su un negoziato così complesso, può talvolta bloccarlo, o discreditarlo. Ma in questo caso specifico, ciò che è stato più nocivo è la concomitanza tra la questione della scomunica e la diffusione delle posizioni negazioniste – e ingiustificabili – di Mons. Williamson.

- Si sarebbe potuto evitare?
Onestamente, il punto delicato è di sapere chi conoscesse le opinioni di quest’uomo. Quando si propone al Papa di togliere le scomuniche di quattro vescovi, non si tratta di un grosso numero, come se fossero 150. Si conoscono, quei quattro vescovi. Senza dubbio le persone che hanno negoziato non avevano coscienza della gravità delle frasi di Williamson. E’ vero che i negoziati sono stati condotti con Mons. Fellay. Ma le posizioni degli altri quattro vescovi non sono state prese sufficientemente in conto. Ciò che è sicuro, è che il papa lo ignorava. Se c’è qualcuno che doveva saperlo, è il card. Castrillòn Hoyos [questo, a casa nostra, si chiama scarica barile. Il responsabile della comunicazione vaticana, ossia l’intervistato, non è tenuto a documentarsi per presentare al mondo un provvedimento papale? Sarebbe bastata una rapida ricerca in internet…]

- Lei ravvisa un’evoluzione dei media in senso più ostile contro la Chiesa?
I media non sono più o meno cattivi di altre volte. Riflettono il nostro mondo. Siamo lucidi: esistono correnti opposte alla Chiesa, che la considerano come liberticida, ecc. Il messaggio della Chiesa è oggi sovente controcorrente rispetto all’opinione maggioritaria, di cui i media sono naturalmente i portavoce. Ma le reazioni possono anche essere positive. L’abbiamo visto bene per la morte di Giovanni Paolo II. E ci si deve ricordare che i viaggi di Benedetto XVI negli Stati Uniti, in Australia e in Francia, dove pure, all’inizio, l’opinione pubblica era lungi dall’essere conquistata, hanno mostrato che il messaggio poteva essere egualmente ben trasmesso dai media.

- Gli stessi cattolici hanno difficoltà a comprendere le decisioni del Vaticano. Perché?
Certi documenti sono destinati agli specialisti di diritto canonico, altri ai teologi, altri all’insieme dei cattolici e altri a tutti gli uomini. Al giorno d'oggi, quale che sia la natura del documento, esso finisce direttamente sulla pubblica piazza. Questo diventa difficile da gestire.

- In questa crisi la comunicazione non è stata fatta in collegamento con gli episcopati locali?
Quando si è preavvertiti a tempo, si cercano di prendere contatti. A volte, il documento è già nelle mani dei vescovi locali perfino prima che l’abbiamo noi. Credo che una cultura della comunicazione sia ancora da creare in seno alla Curia, dove ogni dicastero comunica in maniera autonoma, non pensa necessariamente a passare per la Sala Stampa né, quando l’informazione è complessa, a redigere una nota esplicativa.

- Che lezione trarre da questa crisi?
Se le spiegazioni della nota del 4 febbraio fossero state date subito alla pubblicazione del decreto, ci saremmo risparmiati parecchie giornate di passione. Soprattutto quando si tratta di soggetti “scottanti”, è preferibile preparare bene le proprie spiegazioni. Ma è impossibile evitare tutte le difficoltà. Dobbiamo essere anche pronti a correre dei rischi. E non si può certo progredire in un cammino di riconciliazione senza togliere le ambiguità.

Isabelle de Gaulmyn


[Modificato da Paparatzifan 06/02/2009 21:09]
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SHOAH: VESCOVI POLACCHI, DA PAPA ATTO DI GRANDE CORAGGIO

(ASCA-AFP) - Varsavia, 6 feb - I vescovi polacchi elogiano la decisione di Papa Benedetto XVI di revocare la scomunica ai quattro vescovi lefebvriani, tra i quali il negazionista Richard Williamson. ''Aprire la porta al dialogo mirato a mettere fine a una scissione dolorosa e' un atto di grande coraggio'', affermano i vescovi in una lettera indirizzato al pontefice, firmata in particolare dal presidente della conferenza episcopale polacca, Monsignor Josef Michalik. I vescovi esprimono la loro ''gratitudine per i gesti e gli atti recenti del successore del Santo Padre che testimoniano la sua sollecitudine per l'unita' della Chiesa''. Nella lettera, i vescovi non fanno alcun riferimento diretto al fatto che Monsignor Williamson abbia negato l'esistenza delle camere a gas dove furono sterminati gli ebrei durante la Seconda guerra mondiale. I vescovi polacchi dicono inoltre di sperare che ''il gesto paterno del papa venga accolto con la stessa apertura di spirito dai prelati e dai fedeli della Fraternita' San Pio X'', alla quale appartengono i quattro vescovi integralisti. I prelati sperano infine che il gesto di Benedetto XVI porti gli integralisti ad ''accettare senza riserve il pieno insegnamento e la disciplina della Chiesa, comprese le conclusioni di consiglio Vaticano II e l'insegnamento degli ultimi pontefici''.

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LEFEBVRIANI: DA MONS. FELLAY NESSUN ANNUNCIO SU PROSSIME ORDINAZIONI

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 6 feb

Mons. Bernard Fellay non ha mai dichiarato alla stampa tedesca di stare per ordinare nuovi sacerdoti della Fraternita' Sacerdotale San Pio X.
Lo affermano all'ASCA fonti della stessa Fraternita', in risposta alle notizie pubblicate ieri dal quotidiano tedesco Kolner Stadt-Anzeiger, secondo il quale Fellay avrebbe annunciato l'ordinazione di nuovi sacerdoti, in contrasto con i divieti imposti dal Vaticano con la remissione della scomunica.
''Mons. Fellay non ha fatto alcune dichiarazione su questo argomento'', informano dalla Fraternita', che non conferma in alcuna misura quanto pubblicato dalla stampa tedesca.

© Copyright asp/sam/alf


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Appello Cattolici Tedeschi a Sostenere Il Papa

(ASCA-AFP) - Berlino, 6 feb

Due organizzazioni cattoliche tedesche hanno esortato i fedeli a sostenere il papa, accusando i media di ''oltraggi smodati'' nella loro copertura del dibattito sulla revoca della scomunica al vescovo lefebvriano negazionista Richard Williamson.
''Gli oppositori del papa, tra i quali figurano purtroppo alcuni vescovi eminenti, usano tutti gli strumenti per cercare di impedirgli di mantenere la sua rotta'', afferma un inserto a pagamento di Pro Sancta Ecclesia nel quotidiano Frankfuter Allegemeine Zeitung.
''Occorre percio' che i fedeli e veri cattolici facciano tutto il possibile per opporsi a questi sforzi, radunandosi dietro il papa e sostenendolo con le loro preghiere, il loro lavoro, nella parola come nei fatti'', aggiunge il testo, sostenuto dall'associazione dei preti e laici cattolici tedeschi.
Un secondo inserto pubblicitario nello stesso giornale, pubblicato su iniziativa del Forum dei cattolici tedeschi, ''condanna tutti i commenti dei media tedeschi mirati a denigrare il papa e a manipolare l'opinione pubblica contro la Chiesa cattolica''.
''In quanto cattolici, noi respingiamo ogni intervento politico negli affari interni della Chiesa cattolica'', aggiunge l'inserto, che invita i fedeli a firmare una petizione di solidarieta' con il papa.


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