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I lefebvriani

Ultimo Aggiornamento: 18/02/2013 22:40
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23/12/2011

Fellay: il Concilio non è in armonia con i Vangeli

CONCILIO VATICANO II. LA CERIMONIA D'APERTURA, 11 OTTOBRE 1962
Dopo aver risposto alla Santa Sede, il superiore della Fraternità San Pio X scrive: «I massoni hanno espresso la loro gioia nel sentire risuonare sotto la cupola di San Pietro» le loro tesi

ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO

«Bisogna arrivare a metà del XX secolo per assistere a quell’incredibile avvenimento di un concilio che, in nome dell’adattamento alla situazione concreta della società umana in piena decadenza, modifica la proclamazione di tutti i tempi: "Bisogna che Egli regni" (1 Cor. 15, 25). Si pretende che questo modo di fare sia in armonia con i Vangeli, mentre invece è proprio il contrario». Lo scrive il vescovo Bernard Fellay, superiore della Fraternità San Pio X, nella lettera inviata agli amici e benefattori in occasione del Natale.

Sono le prime pubbliche dichiarazioni del capo dei lefebvriani dopo l’invio della risposta al preambolo dottrinale preparato dalla Santa Sede. Il preambolo non è mai stato pubblicato, né è stata resa pubblica la replica della Fraternità. Dalla lettera si può forse desumere qualcosa. Secondo Fellay, il Vaticano II ha accettato la tesi dei «sofisti del liberalismo», secondo i lefebvriani «lo Stato, la società umana, anch’essa creatura di Dio, doveva trattare alla pari l’unica vera religione e tutte quelle false, accordando ugualmente a ciascuna il diritto di esistere, di svilupparsi senza impedimenti e di esercitare il suo culto».

Per questo, «gli stessi massoni hanno espresso allora la loro gioia nel sentire risuonare sotto la cupola di San Pietro queste tesi che sono loro proprie» (Fellay cita in proposito un libro pubblicato 47 anni fa da Yves Marsaudon). Il vescovo ripropone la dottrina classica della tolleranza, ricordando che «il diritto alla libertà religiosa, così come è proclamato dal Vaticano II, è altra cosa. È questo uno dei punti sui quali siamo in contrasto con la Santa Sede».

«Questa libertà religiosa – spiega Fellay – ponendo su un piano di parità il vero e il falso, dispensa deliberatamente lo Stato e la società umana dai loro doveri di onorare e servire Dio, loro Creatore. Essa apre la strada a tutte le licenze in materia religiosa. È come se si fosse rinunciato alla prerogativa della Chiesa di essere l’unica via di salvezza per tutti gli uomini. Quelli che vi credono ancora non lo dicono più. Molti fanno pensare perfino il contrario».

Un’altra condanna il superiore della Fraternità la pronuncia per l’ecumenismo. «Col pretesto di poter essere più vicini ai nostri "fratelli separati", non si proclamano più quelle verità che tuttavia sono salvifiche, perché costoro non vogliono sentirle. Deliberatamente, non si cerca più di convertirli… Dov’è dunque la Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo? Dov’è finita la fierezza dei cattolici? Sono i capi che li fanno diventare pusillanimi, come si è potuto constatare recentemente in Francia, quando si è trattato di biasimare dei lavori teatrali blasfemi. Se simili offese fossero state fatte ai musulmani, il paese sarebbe stato messo a ferro e a fuoco!».

Una terza «pietra d’inciampo» per il vescovo lefebvriano «è legata alla diminuzione dell’autorità». Gesù, spiega Fellay, ha conferito alla Chiesa «un capo visibile che è il suo Vicario sulla terra, Pietro e i suoi successori… Lui solo ha un potere pieno, sovrano, immediato su tutti e ciascuno dei membri della Chiesa. È per questo che la Chiesa si è sempre proclamata una monarchia, governata da uno solo». Il vescovo critica quindi «la forma di democrazia importata nella Chiesa con la collegialità e con la parodia parlamentare delle conferenze episcopali», che «permette ogni sorta di abuso». Vale la pena di sottolineare e tenere a mente questa professione di fede «in Pietro e nei suoi successori» e la critica a quanti nella Chiesa non riconoscono l’autorità papale, dato che proviene da una comunità guidata da quattro vescovi ordinati senza il mandato del Papa, che non ha uno status canonico e che non è dunque in piena comunione con il Papa.

Per Fellay all’origine di tutti i problemi ce n’è uno solo: «Per piacere al mondo, o quanto meno per adattarvisi e trattare con esso, si è sacrificata in una maniera o in un’altra l’autorità di Nostro Signore Gesù Cristo». E «fino a quando non si espellerà l’aria liberale che impesta la Chiesa, essa continuerà a deperire». È a causa «di questa dolorosa realtà che le nostre relazioni con Roma sono difficili».

Parole che lasciano immaginare come la trattativa in vista di un accordo sia ancora irta di ostacoli.


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17/01/2012

Lefebvriani, ecco la seconda risposta di Fellay

Un primo testo era giunto Oltretevere in dicembre, ma era stato considerato inadeguato: così la Santa Sede ha sollecitato un nuovo documento, appena arrivato, che ora viene esaminato

ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO

La risposta vera e propria del superiore della Fraternità San Pio X Bernard Fellay, formulata secondo le richieste della Santa Sede, è arrivata in Vaticano soltanto la settimana scorsa. La prima risposta, giunta Oltretevere lo scorso 21 dicembre, non era stata considerata adeguata da parte delle autorità vaticane, che hanno invitato il responsabile dei lefebvriani di riformularla, considerando quel primo invio più una «documentazione» che una risposta. Il vescovo Fellay ha dunque preparato un secondo testo, più stringato, relativo al preambolo dottrinale che la Congregazione per la dottrina della fede gli aveva consegnato lo scorso settembre. Questo secondo testo viene ora attentamente esaminato dai consultori della Commissione Ecclesia Dei che seguono il dossier lefebrviani e ci potrebbero volere del tempo.

La prossima settimana si riunisce nel palazzo del Sant’Uffizio la plenaria della Congregazione per la dottrina della fede. All’ordine del giorno c’è la possibilità di una comunicazione riguardante i rapporti con la Fraternità San Pio X, ma è difficile che la riunione possa essere decisiva, in quanto la seconda risposta di Fellay, che accetta delle parti del preambolo dottrinale mettendone in discussione altre, richiede tempo per essere esaminata. È probabile che una decisione più precisa sul da farsi venga presa non ora, ma in febbraio, nel corso di una «Feria IV», come vengono definite le congregazioni ordinarie dell’ex Sant’Uffizio.

Come si ricorderà, nel preambolo dottrinale proposto dalla Commissione Ecclesia Dei presieduta dal cardinale William Levada e guidata da monsignor Guido Pozzo, si chiedeva ai lefebvriani di sottoscrivere la professione di fede, ciò che è considerato indispensabile per essere cattolici. La professione prevede tre gradi diversi di assenso richiesti e distingue tra verità rivelate, dichiarazioni dogmatiche e magistero ordinario. A proposito di quest’ultimo, afferma che il cattolico è chiamato ad assicurare un «religioso ossequio della volontà e dell’intelletto» agli insegnamenti che il Papa e il collegio dei vescovi «propongono quando esercitano il loro magistero autentico», anche se non sono proclamati in modo dogmatico, come nel caso della maggior parte dei documenti del magistero.

Nel consegnare il preambolo, le autorità vaticane avevano precisato che questo testo non veniva reso pubblico perché non ancora definitivo, cioè passibile di cambiamenti – non sostanziali – o di eventuali integrazioni. Da settembre a dicembre si sono rincorse voci sul dissenso interno alla Fraternità, da parte di coloro che non ritengono possibile un accordo con Roma. Lo stesso Fellay aveva parlato più volte dell’argomento. In un primo momento aveva affermato che il preambolo rappresenta un grande passo avanti. Poi, dopo un’importante riunione con i capi dei distretti della Fraternità, pur ribadendo l’importanza del dialogo intrapreso, aveva affermato di non poter accogliere il preambolo così com’è, aggiungendo: «Se Roma ci chiede di accettare in ogni caso, noi non possiamo». Fellay ha quindi inviato la prima risposta, che non è stata considerata tale dal Vaticano. E ora ha spedito la seconda.

Il fatto che la nuova e più adeguata risposta – che è stata considerata nei sacri palazzi «un passo in avanti» - abbia bisogno di essere attentamente studiata e approfondita, sta a significare che non è né un «sì» né un «no» definitivo al testo del preambolo. Ma accoglie alcune parti del testo vaticano, esprimendo invece riserve su altre. E soprattutto chiede ulteriori chiarificazioni e integrazioni. I lefebvriani non intendono infatti dare il loro assenso ai testi conciliari che riguardano la collegialità, l’ecumenismo, il dialogo interreligioso e la libertà religiosa perché li ritengono in contrasto con la tradizione. Proprio il concetto di tradizione, «Traditio», e il suo valore, rappresenta il punto nodale del dibattito che ha caratterizzato i colloqui tra la Fraternità e la Santa Sede. I lefebvriani criticano alcuni passaggi conciliari ritenendoli in contrasto con la tradizione della Chiesa.

Da cardinale Joseph Ratzinger aveva più volte insistito sulla necessità di non considerare il Concilio come un «superdogma». Da Papa, Benedetto XVI, nell’ormai famoso discorso alla curia romana del dicembre 2005, ha insistito sulla necessità di interpretare il Vaticano II secondo l’ermeneutica della «riforma» nella «continuità». Il Catechismo della Chiesa cattolica, di cui nel 2012 si celebra il ventennale con uno speciale Anno della Fede, ha già proposto questa chiave interpretativa su alcuni dei punti che i lefebvriani considerano controversi.

È ancora prematuro ipotizzare quale sarà lo sbocco finale di questo dialogo che in questa fase procede a distanza e per iscritto. Ma nessuna parola definitiva è ancora stata detta: il Papa vuole fare tutto il possibile per sanare la frattura creatasi con i lefebvriani, e Fellay questo lo sa bene.


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Da "Fides et forma"...

SABATO 4 FEBBRAIO 2012

MONS. FELLAY: "ACCETTATECI COSI' COME SIAMO, SIAMO PRONTI!"

Mi stupisce che dell'omelia di Mons. Fellay nel seminario di Winona per la festa della Candelora siano stati diffusi ad arte solo alcuni estratti che in qualche modo sembrerebbero preannunciare una rottura del dialogo con la Fraternità. Perciò vi riproduco il testo in italiano da me tradotto con alcune sottolineature importanti. Mons. Fellay non dice "non firmeremo mai un accordo". Dice al contrario che la Fraternità è disposta a firmare la professione di fede e il giuramento di fedeltà al Pontefice, ma non un giuramento di fedeltà alla dottrina sull'ecumenismo e sulla libertà religiosa.
L'articolo di Alessandro Speciale su Vatican Insider dal titolo fuorviante "Diciamo no alla proposta del Vaticano" è pertanto da considerarsi una palese opera di informazione scorretta condita dalla solita retorica sui Lefebvriani definiti "ultra-tradizionalisti" (ma che vuol dire "ultra-tradizionalisti"?). F.C.

Estratto dall'omelia di Mons. Fellay del 2 Febbraio 2012 pubblicato sul sito del DICI:

"Non siamo un gruppo indipendente. Anche se stiamo "lottando" con Roma, siamo ancora, per così dire, con Roma. Stiamo lottando con Roma, oppure, se volete, contro Roma, e al tempo stesso siamo con Roma. E noi affermiamo e noi continuiamo a dire che siamo cattolici. Noi vogliamo rimanere cattolici. Molte volte ho detto a Roma, tentate di buttarci fuori. E vediamo che forse sarebbe molto più facile per noi restare fuori... Avremmo tanti altri vantaggi. Saremmo trattati molto meglio! Guardate i protestanti, come si aprono le chiese per loro. Per noi, si chiudono. E noi diciamo, non fa niente. Facciamo le cose di fronte a Dio. Soffriamo dalla Chiesa, perfetto. Non ci piace, naturalmente. Ma dobbiamo stare lì nella verità.

E dobbiamo ribadire che noi apparteniamo alla Chiesa. Siamo cattolici. Noi vogliamo essere e vogliamo rimanere cattolici, ed è molto importante ribadire ciò. E' anche importante che alla fine non sogniamo una Chiesa cattolica che è solo un frutto della nostra immaginazione, ma che non è più quella di oggi. E' con quella di oggi che abbiamo problemi. Questo è ciò che crea ancora più difficoltà: proprio il fatto che abbiamo dei problemi con essa. Questo non ci permette, per così dire, di chiudere la porta. Al contrario, è nostro dovere andare continuamente lì, bussare alla porta, e non chiedere se possiamo entrare (perché vi siamo già dentro), ma pregare perché si convertano, perché possono cambiare atteggiamento verso di noi e tornare a ciò che ci fa Chiesa. Si tratta di un grande mistero, non è semplice. Poiché allo stesso tempo dobbiamo dire, sì, noi riconosciamo questa Chiesa - è quello che diciamo nel Credo, credo nella Chiesa cattolica - in modo da accettare che ci sia un Papa, accettare che ci sia una gerarchia, noi accettiamo tutto questo.

Eppure praticamente, a molti livelli, dobbiamo dire dei "no". Non perché non ci piaccia, ma perché la Chiesa ha già parlato di queste questioni. Anche molte di queste cose le ha condannate. E così, nelle nostre discussioni con Roma siamo stati, per così dire, bloccati lì. Il problema chiave nelle nostre discussioni con Roma è stato davvero il Magistero, l'insegnamento della Chiesa. Perché dicono, "noi siamo il Papa, noi siamo la Santa Sede" - e diciamo sì. E così dicono, "abbiamo il potere supremo", e diciamo, sì. Dicono, "noi siamo l'ultima istanza di insegnamento e siamo necessari" - Roma è necessaria perché noi abbiamo fede, e diciamo, sì. E poi dicono "quindi, obbedite." E noi diciamo no. E così ci dicono, siete protestanti! Avete messo la ragione al di sopra del Magistero di oggi. E noi rispondiamo, siete modernisti. Pretendete che l'insegnamento di oggi possa essere diverso dall'insegnamento di ieri. Noi diciamo, quando ci atteniamo a ciò che la Chiesa ha insegnato ieri, per necessità dobbiamo aderire all'insegnamento della Chiesa oggi. Poiché la verità non è legata al tempo. La verità è al di sopra di esso. Ciò che è stato detto una volta vincola per sempre. Questi sono i dogmi. Dio è così, Dio è al di sopra del tempo. E la fede è l'adesione alla verità di Dio. E' al di sopra del tempo. Ecco perché la Chiesa di oggi è legata e deve essere come (e non solo come) la Chiesa di ieri. E così quando si vede l'attuale Papa affermare che ci deve essere continuità nella Chiesa, noi diciamo: naturalmente! Questo è ciò che abbiamo detto in ogni momento. Quando si parla di tradizione, è proprio questo il significato. Si dice, ci deve essere Tradizione, ci deve essere continuità. Quindi vi è continuità. Ci viene detto quindi, il Vaticano II è stato fatto dalla Chiesa, la Chiesa deve essere un continuo, perciò il Vaticano II è Tradizione. E noi diciamo, prego?

Si va ancora oltre, miei cari fratelli. Questo è accaduto durante i dialoghi dottrinali. Al termine dei dialoghi, arriva l'invito da Roma. In questo invito c'è una proposta di una sistemazione canonica, che è quella di regolarizzare la nostra situazione. E posso dire, ciò che viene presentato oggi, che è già diverso da quello che è stato presentato il 14 settembre, si può considerare come un'ottima soluzione. Sono soddisfatte tutte le nostre esigenze, si può dire, sul piano pratico. Quindi non c'è un gran problema su questo punto. Il problema rimane ad un altro livello - a livello della dottrina. Ma anche lì si va molto lontano - molto lontano, miei cari fratelli. La chiave è un principio. Dicono, "dovete accettare questo, dovete accettare il fatto che per i punti che fanno difficoltà in merito al Concilio - punti che sono ambigui, dove c'è un conflitto - questi punti, come l'ecumenismo, come la libertà religiosa, questi punti devono essere intesi in coerenza con l'insegnamento perenne della Chiesa. Quindi, se c'è qualcosa di ambiguo nel Concilio, è necessario intenderlo come la Chiesa lo ha sempre insegnato, nel corso dei secoli." Vanno ancora oltre e affermano: "si deve rifiutare tutto ciò che è contrario a questo insegnamento tradizionale della Chiesa."

Beh, questo è ciò che abbiamo sempre detto. Incredibile, non è vero? Che Roma ci stia imponendo questo principio. Incredibile. Poi ci si potrebbe chiedere, allora perché non accettare? Ebbene, miei cari fratelli, vi è ancora un problema. Il problema è che in questo testo danno due esempi di cosa e come dobbiamo capire questi principi. Questi due esempi che ci forniscono sono l'ecumenismo e la libertà religiosa, come sono descritti nel nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica, che sono esattamente i punti per i quali critichiamo il Concilio. In altre parole, Roma ci dice, lo abbiamo fatto sempre. Siamo tradizionalisti; il Vaticano II è Tradizione. La libertà religiosa, l'ecumenismo sono la Tradizione. Sono in piena coerenza con la Tradizione. Vi potreste chiedere solo, dove andiamo? Che tipo di parole possiamo pronunciare, siamo d'accordo o no? Se anche i principi che abbiamo preservato e affermato, ci dicono: "sì, va bene, potete affermarli, perché questo è ciò che intendiamo" ...che è esattamente il contrario di ciò che intendiamo. Penso che non potessimo procedere oltre nella confusione.

In altre parole, miei cari fratelli, ciò significa che i nostri interlocutori danno un altro significato alla parola "tradizione", e anche magari alla parola "coerenza". Ed è per questo che siamo stati costretti a dire di no. Non firmeremo quel documento. Siamo d'accordo con il principio, ma si vede che la conclusione è il contrario. Grande mistero! Grande mistero! Allora, cosa succederà adesso? Bene, abbiamo inviato la nostra risposta a Roma. Continuano a dire che stanno riflettendo su di essa, il che significa che probabilmente sono in difficoltà. Allo stesso tempo penso che solo ora potremmo vedere cosa vogliono veramente. Ci vogliono veramente nella Chiesa o no? Lo abbiamo detto loro molto chiaramente, se ci accettate così come siamo, senza cambiamenti, senza obbligarci ad accettare queste cose, allora siamo pronti. Ma se volete farci accettare queste cose, non lo siamo. In realtà abbiamo appena citato l'Arcivescovo Lefebvre che ha detto questo già nel 1987 - diverse volte prima, ma l'ultima volta che l'ha detto fu nel 1987. In altre parole, miei cari fratelli, umanamente parlando, è difficile dire come sarà il futuro, ma sappiamo che quando abbiamo a che fare con la Chiesa, abbiamo a che fare con Dio, abbiamo a che fare con la divina provvidenza, e sappiamo che questa Chiesa è la Sua Chiesa. Gli esseri umani possono causare alcuni disagi, alcune distruzioni. Possono causare turbolenze, ma Dio è superiore ad esse, ed Egli sa, da tutti questi avvenimenti - questi avvenimenti umani, queste le linee storte, Dio sa come dirigere la sua Chiesa attraverso queste prove."

(...) Si vedrà, miei cari fratelli. Per noi, è chiarissimo. Noi dobbiamo sempre sostenere la verità, professare la fede. Noi non faremo marcia indietro, qualunque cosa accada. C'è qualche minaccia adesso da parte di Roma, certo. Si vedrà. Noi lasciamo tutto questo nelle mani del Buon Dio e della Santissima Vergine. Oh! Sì, noi dobbiamo continuare la nostra crociata del Rosario. Noi contiamo su di essa, noi contiamo su Dio. E ciò che deve accadere, accadrà. Io non posso promettervi una bella primavera. Non so cosa accadrà in primavera. So solo che la battaglia per la fede continuerà, qualunque cosa accada. Sia che saremo riconosciuti, sia che non lo saremo. Potete stare certi che i progressisti non saranno contenti. Essi continueranno, e noi continueremo a combatterli.


PUBBLICATO DA FRANCESCO COLAFEMMINA A 02:26



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Papa: a lefebvriani, risposte non sufficienti a superare problemi

Citta' del Vaticano, 16 mar. (Adnkronos)

Questa mattina Benedetto XVI ha incontrato il Superiore della Fraternita' di San Pio X monsignor Bernard Fellay in Vaticano per un colloquio di due ore. Il Papa ha consegnato al leader dei lefebvriani una lettera della Congregazione per la dottrina della fede nella quale si precisa che la risposta della Fraternita' all'offerta di accordo della Santa Sede per far rientrare il gruppo nel senso della Chiesa, ''non e' sufficiente a superare i problemi dottrinali che sono alla base della frattura tra Santa Sede e Fraternita'''. (Adnkronos)


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PAPA A CUBA: LOMBARDI, INCONTRO CON FIDEL E' EVENTO POSSIBILE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 16 mar.

L'incontro a Cuba tra Fidel Castro e Benedetto XVI "e' una eventualita' possibile.
Non e' annunciato nel programma ma se Fidel Castro chiedera' di incontrarlo il Papa lo vedra' volentieri".
Il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha risposto cosi' alle domande dei giornalisti sull'ipotesi di un colloquio tra il Pontefice e il "lider maximo" durante il viaggio che Ratzinger compira' a Cuba dal 26 al 28 marzo.
"Se l'incontro ci sara' - ha assicurato padre Lombardi - sara' comunicato con le modalita' gia' utilizzate in precedenza durante i viaggi, quando si inseriscono nuovi appuntamenti nel programma". Quanto a eventuali incontri a Cuba con rappresentanti delle opposizioni, padre Lombardi ha risposto invece: "Non coltivate attese in questo senso".
Nel corso del briefing tenuto oggi in Vaticano, il portavoce ha sottolineato che a Cuba Benedetto XVI potra' visitare un luogo molto significativo che il suo predecessore Giovanni Paolo II non pote' raggiungere nello storico viaggio del 1998: il Santuario della Vergine del Cobra. Secondo il portavoce, le due piazza dove il Papa celebrera' a Cuba potranno contenere in totale quasi un milione di persone.

© Copyright (AGI)

PAPA IN MESSICO: LOMBARDI,NON CHIESTO INCONTRO CON VITTIME MACIEL

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 16 mar.

Durante il viaggio in Messico, dal 23 al 26 marzo, non e' previsto un incontro di Benedetto XVI con le vittime di Marcial Maciel, il sacerdote messicano fondatore dei Legionari di Cristo, riconosciuto colpevole di numerosi stupri.
"Anche in altre occasioni gli incontri con le vittime degli abusi non erano previsti, questa volta pero' rispetto agli altri viaggi c'e' da aggiungere che i vescovi non lo hanno chiesto, quindi si potrebbe escludere questa eventualita'", ha precisato in merito padre Lombardi.

© Copyright (AGI)

PAPA: PADRE LOMBARDI,STA MOLTO BENE E AFFRONTA VIAGGIO GRAVOSO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 16 mar.

"Il Papa sta molto bene, lo vedete voi come lo vedo io. Ha la sua eta' ma svolge con efficacia tutti gli impegni".
Lo ha affermato padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, in occasione del briefing tenuto oggi in Vaticano per presentare il viaggio in Messico e a Cuba, che impegnera' l'85enne Joseph Ratzinger dal 23 al 28 marzo.
"Il Papa - ha detto ancora il gesuita in merito a questo pellegrinaggio - affronta anche impegni molto gravosi per la sua eta' e le sue forze. E questo e' segno che sta bene. Tutti abbiamo saputo che dal primo marzo e' piu' anziano di quanto lo era Giovanni Paolo II". Quanto al programma che in Messico ha escluso la Capitale, padre Lombardi ha ricordato che per il Papa "l'altiutudine di Citta' del Messico non e' consigliabile". In ogni caso, ha precisato, "non e' previsto che Benedetto XVI utilizzi pedana mobile, eventualmente seguira' le processioni con la Papamobile".

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PAPA A CUBA: LOMBARDI, SU EMBARGO S.SEDE CHIARA, NO DIMOSTRAZIONI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 16 feb.

"La posizione della Santa Sede sull'embargo nei confronti di Cuba e' gia' stata ripetuta molte volte: la Santa Sede ritiene che sia qualcosa di cui il popolo soffre le conseguenze e che non raggiunge lo scopo.
La Santa Sede - dunque - non lo ritiene una scelta positiva e utile".
Lo ha precisato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, nel briefing tenuto questa mattina sul viaggio che Papa Benedetto XVI compira' a Cuba dal 26 al 28 marzo. Padre Lombardi non ha voluto pero' anticipare se tale posizione sara' esplicitata anche nei discorsi del Pontefice a Cuba ed ha sostanzialmente escluso che possa esservi un incontro con l'opposizione, suggerendo ai giornalisti di "non coltivare attese in questo senso".
Il gesuita, ha anche spiegato che la Santa Sede condivide la posizone del cardinale dell'Avana, Jaime Ortega, contrario ad altri gesti dimostrativi come quello dell'occupazione della Cattedrale che si e' concluso questa notte.
In merito Lombardi ha rinviato al comunicato dell'arcidiocesi, per la quale "si e' posta fine ad una crisi che non avrebbe mai dovuto verificarsi". L'auspicio e' che "eventi simili non si ripetano e che l'armonia che tutti desiderano possa essere effettivamente raggiunta". Per il cardinale Ortega (e padre Lombardi che lo ha citato) "la Chiesa ascolta e accoglie tutti, e intercede per tutti" ma nessuno "ha il diritto di trasformare le chiese in trincee politiche. Nessuno ha il diritto di distruggere lo spirito celebrativo dei fedeli cubani e di molti altri cittadini che attendono con gioia e speranza la visita di Papa Benedetto XVI a Cuba".

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16/03/2012

La Santa Sede dà ancora un mese ai lefebvriani per decidere

LEFEBVRIANI

Consegnata una lettera a Fellay: il Papa vuole «evitare una rottura ecclesiale dalle conseguenze dolorose e incalcolabili». Ma la Fraternità deve accettare il preambolo dottrinale

ANDREA TORNIELLI
ROMA

I lefebvriani hanno un mese di tempo per prendere la loro decisione finale sulla possibilità di rientrare nella piena comunione con la Santa Sede. Questa mattina presso la Congregazione per la dottrina della fede il prefetto, cardinale William Levada, ha consegnato una lettera con la risposta vaticana nelle mani del vescovo Bernard Fellay, nella quale si rinnova la richiesta di accettare il preambolo dottrinale, il testo che la Santa Sede la base imprescindibile per regolarizzare la Fraternità San Pio X.

Come si ricorderà, il preambolo venne consegnato a Fellay lo scorso settembre. In sostanza, il testo chiede ai lefebvriani di sottoscrivere la «professione di fede» che chiunque assuma un ufficio ecclesiastico deve fare e dunque di aderire agli insegnamenti del magistero in materia di fede e di morale. Per quanto riguarda il Concilio Vaticano II, vero nodo cruciale nei rapporti con i lefebvriani, si chiede alla Fraternità di leggere il suo magistero secondo l’ermeneutica proposta da Benedetto XVI, in continuità con la tradizione.

«La risposta della Fraternità Sacerdotale San Pio X in merito al preambolo dottrinale – si legge nel comunicato diffuso oggi dalla Sala Stampa vaticana – pervenuta nel gennaio 2012, è stata sottoposta all’esame della Congregazione per la dottrina della fede» e successivamente al giudizio del Papa. «In ottemperanza alla decisione di Papa Benedetto XVI – continua la nota – con una lettera consegnata in data odierna, si è comunicato a monsignor Fellay la valutazione della sua risposta». Seguono parole molto chiare che per la prima volta fanno balenare la possibilità che il rientro non avvenga e che si vada verso uno scisma vero e proprio.

Nella lettera si fa infatti presente che la posizione espressa da Fellay «non è sufficiente a superare i problemi dottrinali che sono alla base della frattura tra la Santa Sede e detta Fraternità. Al termine dell’odierno incontro, guidato dalla preoccupazione di evitare una rottura ecclesiale dalle conseguenze dolorose e incalcolabili, si è rivolto l’invito al Superiore Generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X di voler chiarificare la sua posizione al fine di poter giungere alla ricomposizione della frattura esistente, come auspicato da Papa Benedetto XVI».

Nelle due risposte inviate a dicembre e quindi a gennaio, Fellay non aveva sottoscritto il preambolo, prendendo ancora tempo, senza chiudere la porta al dialogo con Roma. Ora il Papa e il cardinale Levada vogliono chiarezza. Il tono della risposta vaticana è stato determinato dalla risposta scritta inviata dal superiore lefebvriano. Quest’ultimo, durante l’incontro di stamane, è apparso perà più conciliante, e nel colloquio riservato che si è tenuto nel palazzo dell’ex Sant’Uffizio ha detto di «non avere difficoltà ad accettare la professione di fede» e ha anche affermato di non avere difficoltà con i principi espressi nel preambolo: il problema – ha aggiunto Fellay – non sono i principi, ma la loro applicazione, e cioè il fatto che nella Chiesa di oggi manca la fedeltà al magistero.

Il dialogo non si è dunque interrotto, la porta rimane ancora aperta, la possibilità di una ricomposizione esiste ancora. Subito dopo Pasqua si saprà se Fellay e la Fraternità San Pio X avrà deciso di accettare il preambolo oppure no. Nel caso la risposta fosse negativa, la Santa Sede prenderà atto che i lefebvriani non intendono accettare i punti giudicati fondamentali e basilari, e dunque si porranno fuori dalla comunione cattolica, con «conseguenze dolorose e incalcolabili». È evidente, dall’atteggiamento tenuto dal superiore della Fraternità, che il problema non è soltanto rappresentato dal testo proposto dal vaticano, ma anche è anche e soprattutto rappresentato dalle posizioni polarizzate all’interno dello stesso gruppo tradizionalista. Circa una metà della Fraternità vorrebbe rientrare nella piena comunione con Roma e vive questo distacco con dolore. L’altra metà, invece, è disposta a dire sì soltanto se «Roma si converte», cioè fa proprie le posizioni lefebvriane.

Benedetto XVI, appena diventato Papa, ha fatto di tutto per sanare la ferita che si era aperta dopo le ordinazioni episcopali illegittime che Lefebvre celebrò nel 1988 e la conseguente scomunica. Il Papa ha liberalizzato la messa antica (come gli chiedeva Fellay) e nel gennaio 2009 ha tolto la scomunica ai quattro vescovi lefebvriani, facendo poi iniziare i dialoghi dottrinali che si sono conclusi con la consegna del preambolo.


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30/03/2012 20:38
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Dal blog di Andrea Tornielli...

Lefebvriani, lo spiraglio positivo

Padre Franz Schmidberger, il primo successore dell’arcivescovo Marcel Lefebvre alla guida della Fraternità San Pio X, oggi superiore del Distretto tedesco, ha fatto leggere in tutte le messe celebrate ieri in Germania dai lefebvriani un comunicato.

Schmidberger ricorda che lo scorso 16 marzo a Roma il cardinale William Levada, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ha consegnato al superiore generale della Fraternità, il vescovo Bernard Fellay, «una lettera con spiegazioni in cui ci viene richiesto in modo ultimativo di esprimerci in modo più positivo sul preambolo dottrinale del 14 settembre 2011 di quanto non sia accaduto fino a ora». La scadenza ultima per la risposta è fissata per il 15 aprile 2012.

«Sebbene la lettera si esprima anche in un tono sgradevole – commenta Schmidberger riguardo alla risposta di Roma – vi sono fondate speranze per una soluzione soddisfacente».

«Qualora essa giungesse a compimento – conclude la nota – tutte le forze della tradizione nella Chiesa verrebbero notevolmente rafforzate; in caso contrario esse verrebbero indebolite e scoraggiate. Ne va quindi in primo luogo non della nostra Fraternità, ma del bene della Chiesa».


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Dal blog di Andrea Tornielli...

Le parole del vescovo Fellay

Cari amici, domenica scorsa nelle Chiese del Distretto tedesco della Fraternità San Pio X era stato letto un comunicato di padre Franz Schmidberger, nel quale si parlava della possibilità di sviluppi positivi nel rapporto tra la Santa Sede e i lefebvriani. Come ricorderete, lo scorso 16 marzo il cardinale William Levada ha consegnato nelle mani del vescovo Bernard Fellay la lettera di risposta vaticana, chiedendogli di decidere in merito al preambolo dottrinale entro un mese.

Ieri è stato diffusa una nota della Casa Generalizia di Menzingen, dunque dello stesso Fellay, che invita tutti i fedeli a pregare e a intensificare la “crociata del Rosario”, “affinché si faccia la Volontà divina, essa sola, secondo l’esempio datoci da Nostro Signore Gesù Cristo nell’Orto degli Ulivi: non mea voluntas, sed tua fiat (Luca 22, 42)”.

“Perché la Fraternità San Pio X che vuole solo il bene della Chiesa e la salvezza delle anime, si rivolge fiduciosa alla Santissima Vergine Maria, affinché Ella le ottenga dal suo Divino Figlio i lumi necessari per conoscere chiaramente la Sua volontà e per compierla coraggiosamente”.

Questo comunicato mi ha colpito: non c’è un accenno o un accento polemico verso “Roma”, si parla soltanto del “bene della Chiesa” e della “salvezza delle anime”, chiedendo preghiere per ottenere “i lumi necessari” sulla decisione da prendere affinché sia secondo la “volontà divina”. Mi sembra che non vi sia nessuna opposizione con quanto affermato nei giorni scorsi da Schmidberger, il quale aveva detto: “Vi sono fondate speranze per una soluzione soddisfacente. Qualora essa giungesse a compimento tutte le forze della tradizione nella Chiesa verrebbero notevolmente rafforzate; in caso contrario esse verrebbero indebolite e scoraggiate. Ne va quindi in primo luogo non della nostra Fraternità, ma del bene della Chiesa».

Entrambi i comunicati non si limitano a sottolineare l’importanza del passaggio cruciale per i rapporti tra la Fraternità e la Santa Sede, ma si evince anche, a mio avviso, che la possibilità di una risposta positiva al preambolo si avvicina.


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12/04/2012 19:49
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Dal blog di Lella...

Vaticano/ Lefebvriani inviano precisazione: Poi Roma risponderà

Il portavoce a 'Tmnews':Non cambia sostanzialmente prima risposta

Roma 12 apr. (TMNews)

I Lefebvriani stanno inviando in questi giorni una precisazione al Vaticano, in seguito ad una perentoria comunicazione diffusa dalla Santa Sede a metà marzo, e attendono, successivamente, un ulteriore pronunciamento vaticano: lo ha dichiarato da Parigi a 'Tmnews' il portavoce della fraternità sacerdotale tradizionalista l'abate Alain Lorans.
"Stiamo comunicando la risposta al Vaticano, poi attendiamo una risposta del Vaticano", ha dichiarato il responsabile della comunicazione dei Lefebvriani, "solo dopo potremo comunicare ufficialmente con i giornalisti".
Lo scorso 16 marzo il Vaticano aveva comunicato ai Lefebvriani che "non è sufficiente" la risposta precedentemente data dal gruppo scismatico alle condizioni dottrinali fissate dalla Santa Sede (il cosiddetto 'preambolo'). Una lettera in questo senso, approvata dal Papa, era stata consegnata al superiore dei Lefebvriani, monsignor Bernard Fellay, in un incontro avvenuto quel giorno in Vaticano. I seguaci di monsignor Marcel Lefebvre - precisò in quell'occasione il portavoce vaticano, il gesuita Federico Lombardi - hanno "un mese" di tempo per un'ulteriore risposta. La scadenza cadrebbe, con un'applicazione matematica del computo temporale, lunedì prossimo 16 aprile, data dell'85esimo compleanno del Papa.
Il portavoce dei Lefebvriani, ora, precisa che quell'indicazione temporale "non era un ultimatum, ma una scadenza". Quanto alla comunicazione che mons. Fellay sta inviando in questi giorni a Roma non si tratterebbe di una seconda risposta vera e propria, quanto di alcune "chiarificazioni", che, comunque, "non modificano sostanzialmente la prima risposta". Per l'abate Lorans, di conseguenza, "nei prossimi giorni le cose si chiariranno".

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13/04/2012 12:08
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Dal blog di Sandro Magister...

Per i lefebvriani è l'ultima chiamata all'ovile

Altrimenti è scisma. Ma Roma farà di tutto per evitare l'irreparabile. Dall'Australia, il teologo John Lamont spiega che una riconciliazione è possibile

di Sandro Magister

ROMA, 13 aprile 2012 – Nei prossimi giorni è attesa la risposta della Fraternità Sacerdotale San Pio X all'ultima chiamata della Chiesa di Roma per un suo ritorno all'ovile.

I pronostici oscillano tra ottimismo e pessimismo. La partita in corso tra la Santa Sede e la comunità fondata dall'arcivescovo Marcel Lefebvre ha avuto inizio con la remissione della scomunica, il 21 gennaio del 2009, ai quattro vescovi della comunità illegittimamente ordinati dallo stesso Lefebvre. È entrata nel vivo con otto incontri a Roma tra le due parti, tra il mese di ottobre 2009 e il mese di aprile 2011. È culminata con la consegna ai lefebvriani il 14 settembre 2011, da parte della congregazione per la dottrina della fede, di un "preambolo dottrinale" come "base fondamentale per il conseguimento della piena riconciliazione". Ed è proseguita con l'accettazione solo parziale di tale preambolo da parte del lefebvriani, accettazione giudicata da Roma "non sufficiente" per sanare la "frattura".

Fin qui i tempi regolamentari della partita, col fischietto che è suonato lo scorso 16 marzo con un comunicato emesso dalla Santa Sede. Ma in quello stesso giorno sono cominciati i tempi supplementari, che potrebbero durare ancora a lungo. Nello stesso comunicato del 16 marzo Roma ha offerto ai lefebvriani la possibilità di un'ulteriore risposta. Che è quella ora attesa da un giorno all'altro.

Ma qual è esattamente la causa dottrinale della divisione? E perché c'è frattura tra Roma e i lefebvriani per il loro rifiuto di alcune dottrine del Concilio Vaticano II, mentre contemporaneamente altre correnti cattoliche di segno opposto continuano ad abitare indisturbate la Chiesa nonostante anch'esse rigettino insegnamenti capitali dello stesso Concilio?

Sono queste le due domande da cui prende le mosse la nota di John R.T. Lamont, riprodotta qui sotto.

Ad esse egli fa seguire altre tre domande concatenate. Che non approdano a risposte esaustive. Ma consentono di gettare sulla controversia uno sguardo nuovo, a tratti inaspettato: non pregiudizialmente ostile nei confronti della Fraternità Sacerdotale San Pio X, anzi, tale da apparire fin troppo comprensivo delle sue ragioni.

L'autore, licenziato in filosofia a Oxford e in teologia a Ottawa con il grande teologo domenicano Jean-Marie-Tillard, vive in Australia e insegna a Sydney all'Istituto Cattolico e all'Università di Notre Dame, con il mandato canonico dell'arcidiocesi per l'insegnamento della teologia.

Ha pubblicato vari libri e saggi anche su riviste non specialistiche, come l'americana "First Things".

Sull'ultimo numero della rivista internazionale "Divinitas" diretta da monsignor Brunero Gherardini è uscito in questi giorni un suo articolo su come interpretare l'insegnamento del Concilio sulla libertà religiosa: "Pour une lecture pieuse de Vatican II au sujet de la liberté religieuse", Divinitas vol. 55, 2012/1, pp. 70-92.

La seguente nota è stata scritta da John R.T. Lamont espressamente per www.chiesa.

__________



LE DOMANDE DI UN TEOLOGO

di John R.T. Lamont


In un comunicato del 16 marzo 2012, la Santa Sede ha annunciato che il vescovo Bernard Fellay, superiore generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X, FSSPX, è stato informato che la risposta della Fraternità al preambolo dottrinale presentatole dalla congregazione per la dottrina della fede è stata giudicata "non sufficiente a superare i problemi dottrinali che sono alla base della frattura tra la Santa Sede e detta Fraternità". Il comunicato non chiarisce se questo giudizio è emesso dalla CDF e approvato dal papa, o se è il giudizio dello stesso papa. Questo giudizio è l'ultimo, finora, di un processo di discussione sulle questioni di dottrina tra la CDF e la FSSPX. La natura e la serietà di questo giudizio solleva importanti interrogativi per un teologo cattolico. Il compito di questo articolo è di rispondere a tali interrogativi.

La segretezza dei colloqui dottrinali in corso rende difficile esprimere un commento sul giudizio. La ragione di questa segretezza è difficile da afferrare, poiché gli argomenti della discussione non riguardano dettagli pratici di una sistemazione canonica – che avrebbe chiaramente beneficiato della riservatezza – ma materie di fede di di dottrina, che riguardano non solo le parti implicate ma tutti i fedeli cattolici. Tuttavia, è stato detto abbastanza in pubblico sulla posizione della FSSPX per consentire una valutazione della situazione. Ci sono due cose che necessitano di essere considerate qui: la frattura tra la Santa Sede e la FSSPX che è stata prodotta dai problemi dottrinali in discussione, e la natura di questi stessi problemi dottrinali.

In una replica a uno studio di Fernando Ocáriz sull'autorità dottrinale del Concilio Vaticano II, padre Jean-Michel Gleize della FSSPX ha elencato gli elementi di questo Concilio che la FSSPX trova inaccettabili:

"Su almeno quattro punti gli insegnamenti del Concilio Vaticano II sono talmente in contraddizione logica con i pronunciamenti del precedente magistero tradizionale, che è impossibile interpretarli nella linea degli altri insegnamenti già contenuti nei precedenti documenti del magistero della Chiesa. Il Vaticano II quindi ha rotto l'unità del magistero, nella misura in cui ha rotto con l'unità del suo oggetto. I quattro punti sono i seguenti.

"La dottrina della libertà religiosa, così come è espressa nel n. 2 della dichiarazione 'Dignitatis humanae', contraddice gli insegnamenti di Gregorio XVI nella 'Mirari vos' e di Pio IX nella 'Quanta cura', così come quelli di Leone XIII nella 'Immortale Dei' e quelli di Pio XI nella 'Quas primas'.

"La dottrina della Chiesa, così come è espressa nel n. 8 della costituzione 'Lumen gentium', contraddice gli insegnamenti di Pio XII nella 'Mystici corporis' e nella 'Humani generis'.

"La dottrina sull'ecumenismo, così come espressa nel n. 8 della 'Lumen gentium' e nel n. 3 del decreto 'Unitatis redintegratio', contraddice gli insegnamenti di Pio IX nelle proposizioni 16 e 17 del 'Syllabus', quelli di Leone XIII nella 'Satis cognitum' e quelli di Pio XI nella 'Mortalium animos'.

"La dottrina della collegialità, così come espressa nel n. 22 della costituzione 'Lumen gentium', incluso il n. 3 della 'Nota praevia', contraddice gli insergnamenti del Concilio Vaticano I sull'unicità del soggetto del supremo potere nella Chiesa, e la costituzione 'Pater aeternus'".

Padre Gleize ha preso parte alla discussione dottrinale tra la FSSPX e le autorità romane, così come ha fatto anche Ocáriz. Possiamo ragionevolmente assumere le affermazioni citate come una descrizione dei punti dottrinali sui quali la FSSPX non intende transigere e che sono stati presi dalla Santa Sede come inevitabile origine della frattura.


Il Vaticano II come la ragione della frattura?


Il primo interrogativo in cui si imbatte un teologo riguardo alla posizione della FSSPX concerne la questione dell'autorità del Concilio Vaticano II. L'articolo di Ocáriz al quale ha replicato padre Gleize, pubblicato sul numero del 2 dicembre 2011 de "L'Osservatore Romano", sembra sostenere che un rigetto dell'autorità del Vaticano II sia la base della frattura riscontrata dalla Santa Sede. Ma per chiunque sia al corrente sia della posizione teologica della FSSPX sia del clima dell'opinione teologica nella Chiesa cattolica, questa tesi è difficile da capire. I punti menzionati da padre Gleize sono solo quattro del voluminoso insegnamento del Vaticano II. La FSSPX non rigetta il Vaticano II nella sua interezza: al contrario, il vescovo Fellay ha affermato che la Fraternità accetta il 95 per cento dei suoi insegnamenti. Ciò significa che la FSSPX è più fedele agli insegnamenti del Vaticano II di buona parte del clero e della gerarchia della Chiesa cattolica.

Si considerino le seguenti asserzioni di questo Concilio:

"Dei Verbum" 11:

"La santa madre Chiesa, per fede apostolica, ritiene sacri e canonici tutti interi i libri sia del Vecchio che del Nuovo Testamento, con tutte le loro parti, perché scritti per ispirazione dello Spirito Santo (cfr. Gv 20,31; 2 Tm 3,16); hanno Dio per autore e come tali sono stati consegnati alla Chiesa per la composizione dei libri sacri, Dio scelse e si servì di uomini nel possesso delle loro facoltà e capacità, affinché, agendo egli in essi e per loro mezzo, scrivessero come veri autori, tutte e soltanto quelle cose che egli voleva fossero scritte".

"Dei Verbum" 19:

"I quattro Vangeli, di cui la Chiesa afferma senza esitazione la storicità, trasmettono fedelmente quanto Gesù Figlio di Dio, durante la sua vita tra gli uomini, effettivamente operò e insegnò per la loro eterna salvezza, fino al giorno in cui fu assunto in cielo (cfr At 1,1-2)".

"Lumen gentium" 3:

"Ogni volta che il sacrificio della croce, col quale Cristo, nostro agnello pasquale, è stato immolato viene celebrato sull'altare, si rinnova l'opera della nostra redenzione".

"Lumen gentium" 8:

"La Fraternità costituita di organi gerarchici e il corpo mistico di Cristo, l'assemblea visibile e la comunità spirituale, la Chiesa terrestre e la Chiesa arricchita di beni celesti, non si devono considerare come due cose diverse; esse formano piuttosto una sola complessa realtà risultante di un duplice elemento, umano e divino".

"Lumen gentium" 10:

"Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l'uno all'altro, poiché l'uno e l'altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano dell'unico sacerdozio di Cristo. Il sacerdote ministeriale, con la potestà sacra di cui è investito, forma e regge il popolo sacerdotale, compie il sacrificio eucaristico nel ruolo di Cristo e lo offre a Dio a nome di tutto il popolo; i fedeli, in virtù del loro regale sacerdozio, concorrono all'offerta dell'Eucaristia, ed esercitano il loro sacerdozio col ricevere i sacramenti, con la preghiera e il ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa, con l'abnegazione e la carità operosa".

"Lumen gentium" 14:

"Il Concilio, basandosi sulla sacra Scrittura e sulla tradizione, insegna che questa Chiesa peregrinante è necessaria alla salvezza. Solo il Cristo, infatti, presente in mezzo a noi nel suo corpo che è la Chiesa, è il mediatore e la via della salvezza; ora egli stesso, inculcando espressamente la necessità della fede e del battesimo (cfr. Gv 3,5), ha nello stesso tempo confermato la necessità della Chiesa, nella quale gli uomini entrano per il battesimo come per una porta".

"Gaudium et spes" 48:

"Per la sua stessa natura l'istituto del matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati alla procreazione e alla educazione della prole e in queste trovano il loro coronamento".

"Gaudium et spes" 51:

"La vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; l'aborto e l'infanticidio sono delitti abominevoli".

La grande maggioranza dei teologi nelle istituzioni cattoliche in Europa, Nordamerica, Asia e Australia tende a rigettare tutti o la maggior parte di questi insegnamenti. Questi teologi sono seguiti dalla maggioranza degli ordini religiosi e da una parte consistente dei vescovi in queste aree. Sarebbe difficile, ad esempio, trovare un gesuita che insegna teologia in qualsiasi istituzione gesuita che accetti anche uno solo di essi. I testi citati sono solo una selezione degli insegnamenti del Vaticano II che sono rigettati da questi gruppi; e potrebbero essere molto aumentati di numero.

Ebbene, tali insegnamenti fanno parte proprio di quel 95 per cento del Vaticano II che la FSSPX accetta. E a differenza del 5 per cento di quel Concilio rigettato dalla FSSPX, gli insegnamenti riportati sopra sono centrali per la fede e la morale cattoliche, e includono alcuni degli insegnamenti fondamentali di Cristo stesso.

Il primo interrogativo che il comunicato della Santa Sede solleva per un teologo è quindi: perché il rigetto da parte della FSSPX di una piccola parte degli insegnamenti del Vaticano II dà origine a una frattura tra la Fraternità e la Santa Sede, mentre il rigetto di molto più numerosi e importanti insegnamenti del Vaticano II da parte di altri gruppi nella Chiesa lascia questi gruppi tranquilli al loro posto e nel possesso di una piena condizione canonica? Il rigetto dell'autorità del Vaticano II da parte della FSSPX non può essere la risposta a questo interrogativo. In realtà la FSSPX mostra maggiore rispetto per l'autorità del Vaticano II della maggior parte degli ordini religiosi nella Chiesa.

È interessante notare che i testi del Vaticano II rigettati dalla FSSPX sono accettati da quei gruppi dentro la Chiesa che rigettano altri insegnamenti di questo Concilio. Uno potrebbe quindi supporre che sono proprio questi specifici testi – sulla libertà religiosa, la Chiesa, l'ecumenismo, la collegialità – che fanno problema. La frattura tra la Santa Sede e la FSSPX nasce poiché la Fraternità rigetta questi particolari elementi del Vaticano II, non per una intenzione della Santa Sede di difendere il Vaticano II in blocco. Mentre la frattura non sorge con i gruppi al di fuori della Fraternità che rigettano molto di più del Vaticano II poiché questi gruppi accettano questi particolari elementi. Ma se questo è il caso, il primo interrogativo semplicemente si ripropone con maggior forza.


Problemi con la dottrina cattolica?


Se la frattura tra la Santa Sede e la FSSPX non nasce dal rigetto dell'autorità del Concilio Vaticano II da parte della Fraternità, potrebbe essere il caso che la frattura sorga dalla posizione dottrinale della FSSPX stessa. Dopo tutto ci sono due facce della posizione della FSSPX sul Vaticano II. La prima faccia è la tesi secondo cui alcune affermazioni del Vaticano II sono false e non debbono essere accettate; questa è la faccia che rifiuta l'autorità del Concilio. L'altra faccia è la positiva descrizione della dottrina che dovrebbe essere accettata al posto delle presunte false affermazioni. Questa seconda faccia è l'aspetto più importante della discussione tra la FSSPX e le autorità romane. Dopo tutto, la finalità dell'esistenza di insegnamenti magisteriali è di comunicare la vera dottrina ai cattolici, e la loro autorità sui cattolici deriva da questa finalità. Questa faccia della posizione della FSSPX consiste in affermazioni sulle dottrine che i cattolici dovrebbero credere, affermazioni che in se stesse non dicono nulla sui contenuti o l'autorità del Vaticano II. Dobbiamo quindi considerare se queste affermazioni possono dare origine a una frattura tra la Santa Sede e la FSSPX.

Nel giudicare la posizione dottrinale della FSSPX deve essere tenuto presente che c'è una differenza essenziale tra la posizione della FSSPX sul Vaticano II e la posizione di quei settori dentro la Chiesa che rigettano gli insegnamenti sopra citati della "Dei Verbum", della "Lumen gentium" e della "Gaudium et spes". Questi settori semplicemente sostengono che certe dottrine della Chiesa cattolica non sono vere. Essi rigettano l'insegnamento cattolico, punto. Invece la FSSPX non sostiene che l'insegnamento della Chiesa cattolica è falso. Essa sostiene che alcune delle affermazioni del Vaticano II contraddicono altri insegnamenti magisteriali che hanno più grande autorità, e quindi accettare le dottrine della Chiesa cattolica richiede di accettare questi insegnamenti più autorevoli e di respingere la piccola porzione di errori presenti nel Vaticano II. Essa sostiene che il reale insegnamento della Chiesa cattolica deve essere trovato in precedenti e più autorevoli affermazioni.

In positivo, quindi, la posizione dottrinale della FSSPX consiste nel sostenere gli insegnamenti di una parte dei pronunciamenti magisteriali. I più importanti dei pronunciamenti in questione sono elencati da padre Glaize: l'enciclica di Gregorio XVI "Mirari vos", l'enciclica di Pio IX "Quanta cura" con il relativo "Syllabus", le encicliche di Leone XIII "Immortale Dei" e "Satis cognitum", le encicliche di Pio XI "Quas primas" e "Mortalium animos", le encicliche di Pio XII "Mystici corporis" e "Humani generis", e la costituzione del Concilio Vaticano I "Pastor aeternus". Questi sono tutti pronunciamenti magisteriali di grande autorità, e in qualche caso includono definizioni dogmatiche infallibili, cosa che non accade con il Concilio Vaticano II.

Ciò fa nascere il secondo interrogativo riguardo alla posizione della Santa Sede sulla FSSPX, che induce un teologo a chiedersi: come ci possono essere obiezioni alla FSSPX quando essa sostiene la verità di pronunciamenti magisteriali di grande autorità?

È un interrogativo che ha già in sé una risposta: non ci possono essere simili obiezioni. Se la posizione della FSSPX sulla dottrina può essere giudicata obiettabile, deve essere sostenuto che questa sua posizione non coincide con ciò che quei pronunciamenti magisteriali realmente insegnano, e quindi che la FSSPX falsifica il significato di tali pronunciamenti. Questa tesi non è facile da sostenere, poiché quando quei precedenti pronunciamenti furono promulgati, essi diedero origine a un considerevole corpo di studi teologici finalizzati alla loro interpretazione. Il significato che la FSSPX assegna ad essi è derivato da questo insieme di studi, e corrisponde a come quei pronunciamenti erano compresi nel tempo in cui furono prodotti.

Ciò rende ancor più puntuale e urgente il terzo interrogativo che sorge in un teologo: che cosa quei pronunciamenti insegnano davvero, se non è ciò che la FSSPX dice che essi insegnano?

La risposta che molti daranno è che i significati effettivi di quei pronunciamenti sono dati da, o almeno sono in armonia con, i testi del Concilio Vaticano II che la FSSPX rigetta. Possiamo ammettere questa risposta come vera, ma ciò non ci aiuterà nel rispondere alla domanda. I testi del Vaticano II non offrono molte spiegazioni del significato di quei precedenti pronunciamenti. Ad esempio, la "Dignitatis humanae" dice semplicemente che il suo insegnamento "lascia intatta la dottrina tradizionale cattolica sul dovere morale dei singoli e delle società verso la vera religione e l'unica Chiesa di Cristo". Con ciò non offre alcuna spiegazione del contenuto di questa dottrina.

L'inadeguatezza di questa risposta conduce al quarto interrogativo, che è il seguente: qual è l'insegnamento autorevole della Chiesa cattolica sui punti che sono disputati tra la FSSPX e la Santa Sede?

Nessun dubbio che le discussioni dottrinali tra le due parti abbiano implicato un esame della questione, ma la segretezza di tali discussioni lascia il resto della Chiesa al buio su questa materia. Senza una risposta al quarto interrogativo, non c'è possibilità di risposta a questa quinta domanda: perché le posizioni dottrinali della FSSPX danno origine a una frattura tra la Fraternità e la Santa Sede?

Ma questa quinta domanda, pur significativa, non ha l'importanza della quarta. La natura dell'insegnamento della Chiesa cattolica sulla libertà religiosa, l'ecumenismo, la Chiesa e la collegialità è di grande importanza per tutti i cattolici. Le domande sollevate dalle discussioni tra la Santa Sede e la FSSPX riguardano la Chiesa tutta, non soltanto le parti impegnate a discutere.


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14/04/2012

Lefebvriani-Santa Sede, l’accordo è vicino

Arriva la risposta di Fellay. Per la Fraternità San Pio X si profila la «prelatura personale» direttamente dipendente dal Papa

ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO

L’accordo tra la Santa Sede e la Fraternità San Pio X fondata da monsignor Marcel Lefebvre potrebbe essere questione di giorni, forse anche di ore. Il superiore della Fraternità, il vescovo Bernard Fellay, avrebbe sottoscritto una nuova versione del preambolo dottrinale consegnatogli lo scorso settembre dal cardinale William Levada, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e presidente della pontificia commissione Ecclesia Dei.

Ufficialmente in Vaticano si sta ancora attendendo l’arrivo della risposta di Fellay, al quale lo scorso 16 marzo era stata richiesta una decisione definitiva. Ma secondo le informazioni raccolte dal vaticanista di Le Figaro, Jean-Marie Guenois, molto si è mosso a livello «ufficioso», e l’accordo sarebbe ormai vicino.

Nel settembre 2011, al termine di un percorso di colloqui dottrinali – voluti dalla Fraternità San Pio X – la Santa Sede aveva presentato un breve documento chiedendo ai lefebvriani di sottoscriverlo. Il testo, suscettibile di piccole modifiche, conteneva sostanzialmente tre punti, e la richiesta di sottoscrivere la «professione di fede» richiesta a chiunque assuma un ufficio ecclesiastico. E dunque ad assicurare un «religioso ossequio della volontà e dell’intelletto» agli insegnamenti che il Papa e il collegio dei vescovi «propongono quando esercitano il loro magistero autentico», anche se non sono proclamati in modo dogmatico, come nel caso della maggior parte dei documenti del magistero.

Sottoscrivere il preambolo, hanno ripetuto le autorità vaticane, non avrebbe significato porre fine «alla legittima discussione, lo studio e la spiegazione teologica di singole espressioni o formulazioni presenti nei documenti del Concilio Vaticano II». Com’è noto, la Fraternità San Pio X si era detta disposta ad accettare la gran parte dei testi conciliari, ma non la dottrina della libertà religiosa, così come è espressa nel secondo paragrafo della dichiarazione Dignitatis humanae, come pure la dottrina della Chiesa espressa nel n. 8 della costituzione Lumen gentium; la dottrina sull’ecumenismo, nel n. 3 del decreto Unitatis redintegratio, e infine la dottrina della collegialità, come espressa nel n. 22 della Lumen gentium.

Sembra che alla fine si sia arrivati a un testo condiviso. Del resto, lo stesso Fellay durante l’incontro del settembre 2011 aveva detto ai suoi interlocutori romani che non c’erano problemi ad accettare il primo e il secondo punto dei preambolo, mentre più problematica era l’accettazione del terzo. Ma nella risposta inviata in due riprese tra dicembre e gennaio, e quindi in più di una dichiarazione pubblica, il superiore della San Pio X aveva dichiarato inaccettabile il testo dottrinale proposto dal Vaticano.

Lo scorso 16 marzo, l’incontro decisivo e la richiesta della Santa Sede a Fellay affinché rispondesse entro un mese. È noto che Benedetto XVI tenga particolarmente a chiudere la ferita che egli vide aprirsi da Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede nel 1988, quando Lefebvre, dopo aver praticamente raggiunto un accordo con il Vaticano, decise di non firmarlo e consacrando quattro nuovi vescovi senza mandato del Papa compì un’azione scismatica. Papa Ratzinger ha liberalizzato la messa antica e tolto le scomuniche ai quattro vescovi lefebvriani, e ha acconsentito anche alla terza richiesta della Fraternità, quella di intavolare un confronto dottrinale con le autorità romane, incentrato soprattutto sull’interpretazione dei testi conciliari.

L’inquadramento canonico per la Fraternità San Pio X dovrebbe essere quello della «prelatura personale», figura giuridica innovativa inserita nel Codice di diritto canonico del 1983 e fino ad oggi utilizzata soltanto per l’Opus Dei.


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17/04/2012

Lefebvriani, la risposta positiva è arrivata

Il superiore della Fraternità San Pio X ha sottoscritto il preambolo dottrinale proposto dalla Santa Sede, anche se con qualche lieve modifica

ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO

La risposta della Fraternità San Pio X è arrivata in Vaticano ed è positiva: secondo le indiscrezioni raccolte da Vatican Insider il superiore dei lefebvriani, il vescovo Bernard Fellay, avrebbe firmato il preambolo dottrinale che la Santa Sede aveva proposto lo scorso settembre, come condizione per arrivare alla piena comunione e all’inquadramento canonico.

Una conferma ufficiale dell’avvenuta risposta dovrebbe avvenire nelle prossime ore. Da quanto si apprende, il testo del preambolo inviato da Fellay propone alcune modifiche non sostanziali rispetto alla versione consegnata dalle autorità vaticane: come si ricorderà, la stessa Commissione Ecclesia Dei non aveva voluto rendere pubblico il documento (due pagine piuttosto dense), proprio perché c’era la possibilità di introdurre eventuali piccole modifiche che però non ne stravolgessero il senso.

In sostanza, il preambolo contiene la «professio fidei», la professione di fede richiesta da chi assume un ufficio ecclesiastico. E dunque stabilisce che va dato un «religioso ossequio della volontà e dell’intelletto» agli insegnamenti che il Papa e il collegio dei vescovi «propongono quando esercitano il loro magistero autentico», anche se non sono proclamati e definiti in modo dogmatico, come nel caso della maggior parte dei documenti del magistero. La Santa Sede ha più volte ripetuto ai suoi interlocutori della Fraternità San Pio X che sottoscrivere il preambolo dottrinale non avrebbe significato porre fine «alla legittima discussione, lo studio e la spiegazione teologica di singole espressioni o formulazioni presenti nei documenti del Concilio Vaticano II».

Ora il testo del preambolo con le modifiche proposte da Fellay, e da lui sottoscritto in quanto superiore della Fraternità San Pio X, sarà sottoposto a Benedetto XVI, che il giorno dopo l’ottantacinquesimo compleanno e alla vigilia del settimo anniversario dell’elezione, riceve una risposta positiva dai lefebvriani. Risposta da lui lungamente attesa e auspicata, che nelle prossime settimane metterà fine alla ferita apertasi nel 1988 con le ordinazioni episcopali illegittime celebrate dall’arcivescovo Marcel Lefebvre.

Non è escluso che la risposta di Fellay venga esaminata dai cardinali della Congregazione per la dottrina della fede, nella prossima riunione della «Feria quarta», che dovrebbe tenersi nella prima metà di maggio. Mentre qualche settimana in più sarà necessaria perché avvenga la sistemazione canonica: la proposta più probabile è quella di istituire una «prelatura personale», figura giuridica introdotta nel Codice di diritto canonico nel 1983 e finora utilizzata solo per l’Opus Dei. Il prelato dipende direttamente dalla Santa Sede. La Fraternità San Pio X continuerà a celebrare la messa secondo il messale antico, e a formare i suoi preti nei suoi seminari.


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Da "Radiovaticana.org"...

La nuova risposta della Fraternità San Pio X presto all’esame del Papa

E’ giunto ieri in Vaticano il testo di risposta della Fraternità Sacerdotale San Pio X, che era stato richiesto dal cardinale William Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Il servizio di Roberta Gisotti:

La richiesta c’era stata nell’incontro del 16 marzo scorso in Vaticano con il superiore generale della Fraternità Bernard Fellay. In quella occasione il cardinale Levada, preoccupato di evitare una rottura ecclesiale dalle conseguenze "dolorose e incalcolabili", aveva invitato mons. Fellay a chiarire entro un mese la sua posizione “al fine di poter giungere alla ricomposizione della frattura esistente, come auspicato dal Papa.” La risposta di mons. Fellay sarà ora esaminata dal dicastero vaticano e successivamente sottoposta al giudizio del Santo Padre. A renderlo noto è la Commissione Ecclesia Dei, incaricata di facilitare la piena comunione dei membri della Fraternità fondata da mons. Marcel Lefebvre che desiderano rimanere uniti al Successore di Pietro nella Chiesa cattolica. La risposta di mons. Fellay è “sensibilmente diversa” dalla precedente, giudicata dalla Santa Sede “insufficiente”, e sarà valutata “in tempi brevi, ha aggiunto padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, che - interpellato dai giornalisti - ha definito il nuovo testo “un passo avanti e un fatto incoraggiante”. Il testo, giunto dalla Fraternità lefebvriana, contiene - ha anticipato padre Lombardi – “anche proposte di integrazione o precisazioni sul testo del Preambolo”, il documento dottrinale, consegnato il 14 marzo dello scorso anno dalla Congregazione per la Dottrina della Fede alla Fraternità Sacerdotale San Pio X, posto come “base fondamentale per il conseguimento della piena riconciliazione con la Sede Apostolica.” Un processo iniziato – ricordiamo - il 29 gennaio del 2009, con la decisione di Benedetto XVI di revocare la scomunica a quattro presuli consacrati dall’arcivescovo Lefebvre e di aprire al tempo stesso dei colloqui dottrinali con la Fraternità.


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LEFEBVRIANI: VATICANO ANNUNCIA, E' ARRIVATA RISPOSTA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 18 apr.

"In data 17 aprile 2012 e' pervenuto, come richiesto nell'incontro del 16 marzo 2012, svoltosi presso la sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, il testo della risposta di monsignor Bernard Fellay, superiore generale della Fraternita' Sacerdotale San Pio X. Il suddetto testo sara' esaminato dal Dicastero e successivamente sottoposto al giudizio del Santo Padre".
Lo annuncia un comunicato della Pontificia Commissione Ecclesia Dei diffuso oggi dalla Sala Stampa della Santa Sede.

© Copyright (AGI)

LEFEBVRIANI: LOMBARDI, TRA QUALCHE SETTIMANA POSSIBILE ACCORDO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 18 apr.

Nella lettera inviata in Vaticano da monsignor Bernard Fellay "ci sono proposte o richieste di precisazioni e integrazioni" rispetto al testo del "preambolo dottrinale" che gli era stato sottoposto a seguito ai colloqui tra la Commissione Ecclesia Dei e la Fraternita' San Pio X. Lo ha sottolineato il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi.
"La riposta - ha aggiunto - e' diversa dalla precedente ed e' incoraggiante, ma Va comunque valutata. Ed e' questo, ha spiegato il portavoce della Santa Sede, "che deve fare la Congregazione della Dottrina della Fede. E alla fine dovra' esprimersi il Papa". Per tutto questo, ha assicurato padre Lombardi, "i tempi saranno rapidi: qualche settimana". "Fino ad allora - ha detto ancora il portavoce - non possiamo considerare i contatti conclusi ma c'e' stato un passo avanti con questa risposta differente e incoraggiante".

© Copyright (AGI)

LEFEBVRIANI: LOMBARDI, FORSE PUBBLICATO SOLO TESTO DEFINITIVO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 18 apr.

Incalzato dai giornalisti, il portavoce della Santa Sede ha spiegato che il testo del "preambolo dottrinale" sottoposto dalla Congregazione della Dottrina della Fede alla Fraternita' San Pio X "probabilmente non sara' pubblicato nella sua forma originaria". "Immagino che il preambolo - ha risposto - verra' pubblicato quando sara' un testo definitivo". "Quello inviato - ha detto ancora il portavoce vaticano - era un testo di contatto e approfondimento. E' normale che resti riservato se si operano ulteriori approfondimenti e precisazioni. Quando sara' raggiunto un accordo, immagino che il testo sara' pubblicato".

© Copyright (AGI)

LEFEBVRIANI: AMICI DI RATZINGER, CHIESA NON E' NATA 50 ANNI FA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 18 apr.

Mentre si attende l'annuncio ufficiale della firma di monsignor Bernard Fellay sul "preambolo dottrinale" che segnera' il ritorno dei lefebvriani alla piena comunione con la Chiesa di Roma, non mancano - soprattutto sulla stampa francese - le reazioni negative dei cattolici progressisti. Se ne occupa in un post il blog degli "Amici di Papa Ratzinger", criticando "interventi in cui il Vaticano II viene impugnato come una spada per giudicare i buoni ed i cattivi, i moderni ed i retrogradi". "Rileggiamo - suggerisce il blog - la Lettera del Papa ai vescovi e comprenderemo che la Chiesa vive nel mondo ma non e' del mondo, che si e' andati molto avanti rispetto al 1962 e che e' tempo che si inizi a parlare dei testi del Concilio e non del suo presunto spirito".
In questo senso - argomenta il post - l'Anno della Fede sara' fondamentale. Ci si chieda se la sfiducia derivi dalla Messa Tridentina o piuttosto da una costante forzatura dei testi dell'ultima Assise Conciliare e dalla confusione che ne e' derivata. Infine si comprenda che la Chiesa e' nata duemila anni fa e non cinquant'anni fa". "Per me, e per tantissimi altri (anche giovani preti... non sara' questo che fa paura?), il problema dell'ossessivo ed ossessionante richiamo al Concilio - confida la curatrice del blog, Raffaella - non si pone. E' tutta la storia della Chiesa che si deve studiare cosi' come il Magistero di tutti i Papi, da Pietro a Benedetto XVI. Male fa chi pretende di cancellare il Concilio Vaticano II, male fa chi sostiene, piu' o meno velatamente, che la Chiesa sia nata negli anni Sessanta imponendo quasi la cancellazione della Tradizione precedente".

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LEFEBVRIANI: LOMBARDI, SANARE FRATTURA SENZA APRIRNE ALTRE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 21 apr.

A Benedetto XVI "auguriamo di poter condurre in porto il dialogo con la Fraternita' San Pio X come egli auspica, cioe' in modo che si superi una dolorosa frattura senza che se ne aprano di nuove". Lo ha affermato il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi in una nota trasmessa oggi dalla Radio Vaticana.
Nella nota, allargando il ragionamento a tutti gli sforzi che il Pontefice compie a favore dell'unita' dei cristiani e della concordia all'interno della Chiesa Cattolica (che e' certamente una delle sue principali preoccupazioni) padre Lombardi ha pure augurato a Papa Ratzinger "che i suoi richiami e inviti alla comunione nella Chiesa, per i gruppi dissenzienti, siano ascoltati con rispetto e attenzione, e capiti nella loro importanza".

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Dal "Corriere della Sera"...

Lefebvriani - Finisce l' ultimo Scisma ma nella Chiesa non sarà Pace

Lo scisma dei lefebvriani - che forse sta per finire - dura da ventitré anni, ma la fronda anticonciliare da cui germogliò risale a quarantaquattro anni addietro e ha una data d' avvio fortemente simbolica: il 1968. Al riassorbimento dello scisma - parola greca che vuol dire frattura - sta lavorando con decisione papa Benedetto e pare che il negoziato tra la Santa Sede e la Fraternità San Pio X, avviato tre anni fa, stia andando bene. Non è detta l' ultima parola ma le pessime previsioni della metà di marzo ora sono ribaltate. È da settembre che Papa e Curia attendono che la Fraternità sottoscriva un «preambolo dottrinale» in cui è affermata l' accettazione del Vaticano II con menzione dell' ecumenismo e sulla libertà religiosa, dal rifiuto dei quali è nato lo scisma. Fino alla metà di marzo dalla Fraternità era venuta la dichiarazione che quel «preambolo» non lo potevano firmare, accompagnata da controproposte che la Congregazione per la dottrina della Fede e il Papa hanno ritenuto «non sufficienti». L' ultima risposta arrivata in Vaticano lunedì 16, per posta elettronica, è parsa «sensibilmente diversa» dalle precedenti, tale da costituire - a detta del portavoce Lombardi - «un passo avanti e un fatto incoraggiante». Non hanno detto che accettano il «preambolo», ma che lo potrebbero accettare se venissero apportate alcune «integrazioni o precisazioni». La Congregazione per la dottrina valuterà le richieste e Benedetto prenderà una decisione. Ma non è detto che la possibile soluzione positiva apra un periodo di pace nella cattolicità. Il ritorno alla «comunione con Roma» dell' attuale dirigenza lefebvriana potrebbe provocare il distacco della frangia intransigente che ha giudicato «scandalose» la beatificazione di papa Wojtyla e la convocazione della Giornata di Assisi dello scorso ottobre. Negli episcopati il rientro dei lefebvriani «moderati» inasprirà il dibattito sugli aggiustamenti benedettiani dell' eredità wojtyliana. A cinquant' anni dall' avvio del Vaticano II il conflitto sulla sua interpretazione è più acceso che mai.

www.luigiaccattoli.it

Accattoli Luigi

Pagina 58
(21 aprile 2012) - Corriere della Sera


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Da "Vatican Insider"...

21/04/2012

Chi «spara» sull’accordo tra Roma e i lefebvriani?

Sono giorni decisivi. Fa discutere la divulgazione di una lettera del segretario di Ecclesia Dei al superiore dell’Istituto Buon Pastore, che è in comunione con Roma

ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO

Gli ultimi, decisivi passi che dovrebbero segnare il rientro nella piena comunione con Roma della Fraternità San Pio X fondata dall’arcivescovo Marcel Lefebvre avverranno nei prossimi giorni: la Commissione Ecclesia Dei si riunirà in settimana per esaminare la risposta appena inviata dal superiore della Fraternità, il vescovo Bernard Fellay. Si tratta, com’è noto, del testo del «preambolo dottrinale» preparato dalle autorità vaticane dopo i colloqui tra la Santa Sede e i lefebvriani, anche se con alcune modifiche che chi ha letto il testo definisce «non sostanziali». L’esame del documento passerà quindi ai cardinali della Congregazione per la dottrina della fede e infine arriverà sul tavolo del Papa (che dovrebbe comunque averlo già ricevuto).

Il momento è delicato: è noto che sia all’interno della Fraternità, come negli episcopati dei Paesi più interessati dalla presenza della Fraternità tradizionalista e anche in qualcuno in Vaticano, vi sono opposizioni. In alcune frange lefebvriane più radicali – che di fatto si avvicinano al sedevacantismo – l’accordo viene visto come l’arrendersi alle profferte di Roma: si sarebbe dovuto, invece, continuare a combattere, fino a «convertire» la Santa Sede per riportare le lancette dell’orologio della storia della Chiesa a cinquant’anni fa. Mentre sull’altro fronte si insiste sul fatto che Benedetto XVI ha teso troppo la mano in spirito di riconciliazione, mentre non si dovrebbe tollerare che vi siano cattolici critici verso il Concilio Vaticano II.

Un esempio di questo clima difficile, e delle tensioni destinate a moltiplicarsi nelle prossime settimane, è la pubblicazione di una lettera riservata che il segretario della Commissione Ecclesia Dei, monsignor Guido Pozzo, ha inviato nei giorni scorsi all’abbé Philippe Laguerie, superiore dell’Istituto Buon Pastore, società di vita apostolica di diritto pontificio che celebra secondo l’antico rito liturgico. La lettera di Pozzo conteneva alcune osservazioni e indicazioni per l’Istituto e faceva seguito a una visita canonica avvenuta qualche tempo fa. La sua divulgazione – a detta dell’abbé Laguerie – sarebbe avvenuta per intralciare il dialogo tra la Santa Sede e i lefebvriani.

Nella lettera Pozzo fa sostanzialmente due rilievi. Il primo riguarda l’uso «esclusivo» del messale di San Pio V, consentito all’Istituto. Ecclesia Dei suggerisce di non parlare di uso «esclusivo», limitandosi a ribadire negli Statuti del Buon Pastore che si tratta del «rito proprio» dell’Istituto. «La questione della pratica della forma straordinaria, così com’è formulata negli Statuti - scrive Pozzo - va precisata nello spirito del Summorum Pontificum. Converrebbe semplicemente definire questa forma come il “rito proprio” dell’Istituto, senza parlare di “esclusività”». Va ricordato peraltro che le costituzioni del Buon Pastore erano precedenti al Motu proprio del Papa che nel 2007 ha liberalizzato l’uso dell’antico messale. Pozzo inoltre entra nel merito delle critiche al Concilio e scrive: «Più che su una critica, sia pure “seria e costruttiva”, del Vaticano II, gli sforzi dei formatori dovranno volgersi alla trasmissione dell’integralità del patrimonio della Chiesa, insistendo sull’ermeneutica del rinnovamento nella continuità e prendendo come base l’integrità della dottrina cattolica esposta nel Catechismo della Chiesa Cattolica».

In sostanza, il segretario di Ecclesia Dei chiede ai tradizionalisti già in comunione con Roma lo sforzo di approfondire le indicazioni di Benedetto XVI nella lettura dei testi conciliari. Ma la divulgazione della lettera riservata sarebbe stata voluta perché contiene rilievi che potrebbero scoraggiare i lefebvriani che si apprestano a seguire il loro superiore Bernard Fellay sulla via della piena comunione con Roma. «Ci sono persone a Roma molto sfavorevoli a qualsiasi accordo» tra la Santa Sede e la Fraternità San Pio X, denuncia l’abbè Philippe Laguerie, in una dichiarazione rimbalzata su alcuni siti e ripresa dall’agenzia Agi. «La divulgazione - afferma il sacerdote tradizionalista, superiore del Buon Pastore - è arrivata da fazioni certamente contrari agli accordi, chierici o laici, della Fraternità di San Pio X».

«In breve - commenta Laguerie - un po’ ovunque alcune persone si immischiano in ciò che non li riguardano, anche se tutti, ovviamente, sono interessati. Il fine non giustifica i mezzi, per nessuno». Quanto all’ipotesi che sia stato proprio un membro del suo Istituto a diffondere la lettera, il superiore lo invita a unirsi ai lefebvriani più ostili al rientro: «Che ci torni, se davvero da lì proviene!». In ogni caso – conclude con parole di estrema durezza – si tratta di «un politico miserabile deciso a far affossare i negoziati della Fraternità e a destabilizzare il suo Istituto… Un sacerdote incapace di conservare un segreto professionale potrebbe rivelare anche quelli confessionali».


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LEFEBVRIANI:EX SUPERIORE,DA PAPA ATTO GIUSTIZIA E CURA PASTORALE


Salvatore Izzo


(AGI) - CdV, 5 mag.


"Se Roma ora ci richiama dall'esilio al quale ci ha costretto nel 1975 con l'abrogazione dell' approvazione canonica della Fraternita', e ancor piu' nel 1988 con il decreto di scomunica ai vescovi consacranti e consacrati, questo e' un atto di giustizia e senza dubbio anche un atto di autentica cura pastorale di Papa Benedetto XVI".
Lo scrive, in una lettera ai seguaci tedeschi della Fraternita' San Pio X, padre Franz Schmidberger, che ne fu il primo superiore dopo la morte del fondatore, monsignor Marcel Lefebvre, e oggi guida il distretto della Germania.
Da sempre favorevole al dialogo con Roma, padre Schmidberger ricorda nella lettera - pubblicata sul sito "messainlatino.it" - quanto affermato in proposito dallo stesso monsignor Lefebvre: "Noi siamo pronti ad aderire, con tutto il cuore e con tutta l'anima, alla Roma cattolica, custode della fede cattolica e delle tradizioni necessarie per conservare questa fede, alla Roma eterna, maestra di saggezza e di verita'". Ma anche "il rifiuto dello spirito del Concilio, di alcune delle dichiarazioni del Concilio e di alcune riforme scaturite dal Concilio" sempre ribadito dal presule francese, che prima dello "scisma" era stato un grande missionario in Africa, divenendo l'arcivescovo di Dakar. "Noi - sottolinea il suo successore quale superiore generale della Fraternita' San Pio X - ci siamo dedicati con tutte le nostre forze a questo compito sin dalla fondazione della Fraternita' nel 1970".
Ma tutto questo, per Franz Schmidberger, non deve mettere in discussione "le relazioni infrangibili con Roma, finche' rappresenta Roma eterna". "Non dobbiamo dimenticare nell'ardore della nostra battaglia - raccomanda il sacerdote - il primo principio di monsignor Lefebvre: la Chiesa e' stata fondata da Cristo su Pietro". E dunque ora che sembra avvicinarsi il momento della definitiva riconciliazione e della piena comunione con la Chiesa di Roma, "non possiamo - avverte - attenderci che dopo il crollo tutto conciliare e postconciliare essa sara' perfetta di nuovo come Chiesa militante entro un giorno. La Chiesa ha nel suo seno sia santi che peccatori. Tra le sue imperfezioni umane possono anche essere annoverati anche gli errori, ove questi si oppongano direttamente alla verita' rivelata.
Una Chiesa militante piena di santi e' propria solo dell'eresia giansenista, esplicitamente condannata dal Magistero". "Naturalmente - conclude Schmidberger - ogni cristiano ha il dovere di combattere il peccato e l'errore, ciascuno secondo le sue possibilita' e la sua posizione nella Chiesa, ma si deve sempre iniziare da noi stessi e rendere coerente la nostra vita con i principi della fede cattolica".


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LEFEBVRIANI: ISTITUTO BUON PASTORE DIFENDE ESCLUSIVITA' RITO


Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 5 mag.


Mentre sembra avvicinarsi il momento della definitiva riconciliazione con la Fraternita' San Pio X , e forse proprio per questo, si acuiscono le tensioni con i tradizionalisti che non seguirono monsignor Lefebvre nello scisma ed ottennero da Papa Wojtyla un "indulto" che consentiva loro di celebrare la messa in latino con il rito antico. Ora che l'"indulto" e' stato allargato a tutti con il motu proprio "Summorum pontificum" di Benedetto XVI, che considera la messa tradizionale "forma straordinaria" dell'unica messa, alcuni temono di perdere la loro specificita'.
La Commissione Ecclesia Dei, competente su questa materia, ha compiuto infatti una visita canonica all'Istituto sacerdotale del Buon Pastore - che insieme alla Fraternita' San Pietro e ai Francescani dell'Immacolata rappresenta uno dei gruppi piu' rilevanti nella galassia tradizionalista gia' compresa nella Chiesa Cattolica - e ha fatto presente che sarebbe auspicabile uniformare allo "spirito" del piu' recente Motu Proprio Summorum Pontificum gli Statuti dell'Istituto, anteriori di un anno, eliminando la parola "exclusive" e sostituendola con il termine "rito proprio".
"Questa espressione, essendo gia' presente negli Statuti in due punti, e' pertanto invocata in contrapposizione all'altra e non ad integrazione di essa", ribatte pero' don Stefano Carusi, teologo e liturgista dell'Istituto, in un articolo scritto sulla rivista "Disputationes Theologicae".
Tra l'altro, una fuga di notizie relativa ai risultati della visita canonica un mese fa era apparsa "sospetta" ai superiori dell'Istituto, per i quali si e' voluto forse scoraggiare i lefebvriani che stanno per rientrare nella Chiesa, avvertendoli che Roma non mantiene i patti con i tradizionalisti.
Il conflitto nasce dal fatto che, liberalizzando l'uso dell'antico messale, Papa Ratzinger ha chiesto ai tradizionalisti un atteggiamento piu' aperto e cioe' di non "escludere, in linea di principio, la celebrazione secondo i libri nuovi". Da qui la richiesta del dicastero vaticano di cassare la parole "exclusive" dagli statuti. Secondo la rivista pero' non c'e' una incompatibilita' legislativa tra la celebrazione "esclusivamente" nel rito tradizionale e il Motu Proprio Summorum Pontificum: "pensiamo - afferma don Carusi -che il termine 'exclusive' debba essere mantenuto, anche in ottemperanza agli impegni da noi pubblicamente presi". "Il Buon Pastore - ricorda - non e' nato per occuparsi del proprio interesse personale ma per offrire una testimonianza della possibilita' di una posizione ecclesiale che includa i citati presupposti".
Dopo 'lo spirito del Concilio' c'e' proprio bisogno, si chiede dunque l'articolo, "anche dello 'spirito del motu proprio', eretto a norma? Negli odierni frangenti, non e' importante richiamare una chiara distinzione tra un'argomentazione e un obbligo, un invito e una legge, un'opinione (magari autorevole) e un chiaro insegnamento? Peraltro, e' realistico attendersi che la Fraternita' San Pio X adotti, adesso o tra sei anni, gli indirizzi che ci vengono suggeriti?".


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6/05/2012

Lefebvriani, in attesa del «sì» del Papa

Entro maggio la conclusione del percorso che dovrebbe riportare la Fraternità San Pio X nella piena comunione con Roma

ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO

La risposta inviata in Vaticano il 17 aprile dal vescovo Bernard Fellay sarà esaminata nei prossimi giorni dai cardinali e vescovi nella «Feria Quarta» della Congregazione per la dottrina della fede, quindi la loro decisione sarà sottoposta a Benedetto XVI. Entro maggio si prevede la conclusione del percorso che dovrebbe riportare la Fraternità San Pio X, fondata da monsignor Lefebvre, nella piena comunione con Roma, 24 anni dopo le consacrazioni illegittime che portarono alla rottura e alla scomunica dello stesso arcivescovo tradizionalista e dei quattro sacerdoti da lui ordinati vescovi senza il mandato del Papa. Nel momento in cui sarà divulgata la decisione finale, verrà reso noto anche il testo del «preambolo dottrinale» che la Santa Sede ha sottoposto a Fellay e alla Fraternità, e che il superiore del gruppo tradizionalista ha restituito a Roma proponendo alcune modifiche non sostanziali.


Negli ultimi giorni si sono moltiplicate le dichiarazioni di alcuni autorevoli esponenti della Fraternità San Pio X, in particolare dell’ala lefebvriana più favorevole al rientro nella piena comunione con Roma. Padre Niklaus Pfluger, primo assistente di Fellay, in una conferenza pubblica Hattersheim, in Germania, ha detto che il superiore della Fraternità nelle attuali circostanze non «considera possibile rifiutare la proposta del Papa», specificando che il volersi estraniare dal desiderio del Pontefice significherebbe «cadere nel sedevacantismo». Pfluger ha chiarito che rimangono dei punti di disaccordo e che la Fraternità rivendica la libertà di criticare alcuni punti dei documenti conciliari. E ha ricordato come già Lefebvre, nel 1988, aveva firmato un accordo dottrinale con la Santa Sede che conteneva «molte più concessioni (a livello dottrinale, ndr) da parte della Fraternità di quelle che Benedetto XVI domanda oggi».


Molto significativo è anche l’editoriale di padre Franz Schmidberger, già superiore della Fraternità San Pio X, che nel numero di maggio del mensile del distretto tedesco scrive: «Se Roma ora ci richiama dall’esilio al quale ci ha costretto nel 1975 con l’abrogazione dell’approvazione» canonica della Fraternità, «e ancor più nel 1988 con il decreto di scomunica» ai vescovi consacranti e consacrati», allora «questo è un atto di giustizia e senza dubbio anche un atto di autentica cura pastorale di Papa Benedetto XVI». Ancor più significativo è l’editoriale di un altro membro storico della Fraternità, don Michele Simoulin, pubblicato nel numero di maggio del bollettino «Seignadou» del priorato di Saint-Joseph-des-Carmes: anche lui torna a parlare dell’accordo siglato da Lefebvre e Ratzinger nel 1988, spiegando che allora la rottura non avvenne a motivo del preambolo dottrinale di allora, ma per un motivo pratico. Lefebvre infatti non si fidò delle rassicurazioni vaticane circa la possibilità di poter consacrare un vescovo suo successore: «Non è dunque su una questione dottrinale, né su quella dello statuto offerto alla Fraternità – scrive don Simoulin – ma sulla data di consacrazione del vescovo concesso, che il processo si è arrestato».

Don Simoulin, rispondendo alle obiezioni interne di quei lefebvriani che non vogliono l’accordo con Roma ricorda che Ratzinger, «divenuto Papa ci ha detto che la messa tridentina non è mai stata abrogata (7 luglio 2007 : «Perciò è lecito celebrare il sacrificio della messa secondo l’edizione tipica del messale romano promulgato dal beato Giovanni XXIII nel 1962 e mai abrogato»); ha riabilitato i nostri quattro vescovi (21 gennaio 2009); ha accettato che conducessimo discussioni dottrinali per due anni, cose che monsignor Lefebvre non esigeva nel 1988. Non è esagerato dire che monsignor Fellay ha ottenuto più di quanto chiedesse monsignor Lefebvre, senza averne il prestigio né l’autorità morale. Dunque, dovremmo essere più esigenti di monsignor Lefebvre e di monsignor Fellay?». Simoulin conclude ribadendo dunque che la situazione odierna è diversa da quella del 1975 e del 1988, e chi afferma il contrario lo fa perché rifiuta «ogni riconciliazione con Roma» mostrando «forse anche una mancanza di fede sulla santità della Chiesa». «La Fraternità San Pio X non è la Chiesa e non può rispettare l’eredità del suo fondatore che conservandone lo spirito, il suo amore per la Chiesa e il suo desiderio di servirla come figlio che la ama».


Rileggere la parte dottrinale del «protocollo d’intesa» firmato da Lefebvre il 5 maggio 1988 è utile per comprendere parte dei contenuti del «preambolo dottrinale» di cui si è parlato negli ultimi mesi, il cui testo è ancora riservato a motivo della possibilità, prevista fin dall’inizio, di modifiche e formulazioni con espressioni differenti. Il fondatore della Fraternità prometteva fedeltà al Papa, dichiarava «accettare la dottrina contenuta nel n° 25 della Costituzione dogmatica Lumen Gentium del Concilio Vaticano II sul magistero ecclesiastico e sull’adesione che gli è dovuta». Per quanto riguarda il dissenso su alcuni passaggi conciliari, affermava: «A proposito di certi punti insegnati dal Concilio Vaticano II o relativi alle riforme posteriori della liturgia e del diritto, che ci sembrano difficilmente conciliabili con la tradizione, ci impegniamo ad assumere un atteggiamento positivo e di comunicazione con la Sede apostolica, evitando ogni polemica». Inoltre, Lefebvre aveva dichiarato «di riconoscere la validità del sacrificio della messa e dei sacramenti celebrati con l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa e secondo i riti indicati nelle edizioni tipiche del messale romano e dei rituali dei sacramenti promulgati dai Papi Paolo VI e Giovanni Paolo II». E prometteva infine «di rispettare la disciplina comune della Chiesa e le leggi ecclesiastiche».

Come si vede anche nel 1988, nel documento concordato con l’allora cardinale Joseph Ratzinger, rimaneva nero su bianco l’esistenza di «certi punti» considerati dai lefebvriani «difficilmente conciliabili» con la tradizione. Ma questo dissenso non avrebbe dovuto impedire la piena comunione. Ventiquattro anni fa gli eventi presero un’altra direzione: ci fu un atto scismatico e ci furono le scomuniche. Ora, quasi un quarto di secolo dopo, quella ferita potrebbe essere rimarginata.


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"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
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