Google+
 

Documenti emanati dai dicasteri e da altri organismi della Curia Romana e della Santa Sede durante il pontificato di Benedetto XVI

Ultimo Aggiornamento: 25/02/2013 19:30
Autore
Stampa | Notifica email    
13/10/2009 16:25
OFFLINE
Post: 12.387
Post: 2.174
Registrato il: 22/08/2006
Registrato il: 20/01/2009
Utente Comunità
Utente Veteran
CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELLA MOSTRA "ASTRUM 2009: ASTRONOMIA E STRUMENTI. IL PATRIMONIO STORICO ITALIANO QUATTROCENTO ANNI DOPO GALILEO" (MUSEI VATICANI, 16 OTTOBRE 2009 - 16 GENNAIO 2010)


Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione della Mostra "Astrum 2009: Astronomia e strumenti. Il Patrimonio storico italiano quattrocento anni dopo Galileo" (Musei Vaticani, 16 ottobre 2009 - 16 gennaio 2010).

Intervengono: S.E. Mons. Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura; il Rev.do P. José Gabriel Funes, S.I., Direttore della Specola Vaticana; il Prof. Antonio Paolucci, Direttore dei Musei Vaticani; il Prof. Tommaso Maccacaro, Presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica e la Prof.ssa Ileana Chinnici, Curatrice della Mostra.

Pubblichiamo di seguito gli interventi del Prof. Tommaso Maccacaro e della Prof.ssa Ileana Chinnici:


INTERVENTO DEL PROF. TOMMASO MACCACARO

È con particolare soddisfazione che l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) presenta, insieme alla Specola Vaticana e ai Musei Vaticani, Astrum 2009, la prima esposizione nazionale di strumentazione astronomica di interesse storico.

L’INAF, nato dalla confluenza in Istituto Nazionale dei 12 Osservatori Astronomici professionali italiani, cui si sono successivamente aggiunti Istituti di ricerca astrofisica già del CNR, dispone di un imponente patrimonio storico strumentale, bibliografico e archivistico e ha, tra i suoi compiti istituzionali, la conservazione e la valorizzazione di questo patrimonio.

Ecco quindi, nell’occasione delle celebrazioni del 2009 – Anno Internazionale dell’Astronomia, il piacere di rendere accessibile al grande pubblico, e in una sede di grande prestigio, una selezione di strumenti che illustrano il percorso e il progresso dell’astronomia negli ultimi secoli. Sono strumenti che erano lo stato dell’arte per i colleghi del passato e che sono stati effettivamente utilizzati per osservare gli astri, misurarne le proprietà, acquisire dati e verificare ipotesi, così come oggi lo sono i giganteschi telescopi e la complessa strumentazione che costruiamo e istalliamo nei siti più remoti del pianeta (se non addirittura in orbita intorno alla Terra). Volumi e documenti d’archivio, tra cui gioielli come il manoscritto originale del Sidereus Nuncius, completano e arricchiscono il percorso espositivo.

La mostra si apre con una sezione dedicata alla strumentazione pre-galileiana quando ancora tutte le osservazioni avvenivano ad occhio nudo ed erano limitate a censire e misurare i moti dei corpi celesti, per arrivare poi ai tempi nostri, caratterizzati da strumentazione talmente complessa e imponente da poter essere qui rappresentata solamente tramite fotografie, filmati o componenti.

Particolare attenzione merita il cannocchiale di Galileo, che rappresenta il primo elemento di discontinuità nella progressione della strumentazione astronomica. L’astronomia moderna nasce infatti 400 anni fa, nell’occasione delle prime osservazioni del cielo con il cannocchiale, quando la visione degli astri è mediata e per la prima volta potenziata dall’ausilio di strumentazione. Ulteriori successive discontinuità verranno introdotte con la sostituzione dell’occhio umano da parte di ricettori ben più sensibili, versatili e affidabili, che permetteranno l’archiviazione del dato – a partire dalle lastre fotografiche e fino ai moderni rivelatori – e infine con la conquista, per le osservazioni astronomiche, dell’intero spettro elettromagnetico, visualizzando così quanto era precedentemente invisibile.

Guardando gli strumenti antichi in mostra, e le immagini di quelli contemporanei, vale la pena soffermarsi col pensiero sull’impatto non solo strettamente scientifico ma anche e soprattutto culturale che l’Astronomia ha avuto (e continua ad avere) sul progresso del pensiero e sulla nostra percezione del mondo, nonché del nostro ruolo in esso. Sono osservazioni astronomiche quelle che ci hanno fatto capire che la terra (e l’Uomo) non occupano una posizione o un ruolo privilegiato nell’Universo. Sono state proprio quelle osservazioni di Galileo del 1609 a portare alla validazione del modello Copernicano e alla conseguente rivoluzione nella concezione del "mondo". Altre osservazioni ci hanno successivamente illuso di aver scoperto i misteri del Cosmo, avendone apparentemente determinato età, composizione e fato, ma più recentemente ci hanno fatto capire che in realtà, dopo tanti sforzi, forse abbiamo solo trovato conferma che è sempre maggiore quanto non conosciamo di quanto sappiamo, se è vero che l’Universo è costituito in massima parte da materia e da energia oscura che sfuggono alla nostra comprensione.

Guardando questi strumenti mi chiedo come saranno quelli che utilizzeremo nei prossimi 400 anni e mi chiedo a quali ulteriori rivoluzioni della conoscenza ci condurranno. Magari risolvendo il mistero della nostra apparente solitudine cosmica.



INTERVENTO DELLA PROF.SSA ILEANA CHINNICI


L’Italia possiede un patrimonio storico astronomico unico al mondo, per numero e valore delle collezioni. Esso testimonia l’attività di ricerca che da secoli ha impegnato gli astronomi italiani, e che ha permesso di cogliere risultati scientifici di grande valore.

Tale patrimonio, costituito da edifici, strumenti, libri e carte d’archivio, è in larga parte conservato nei diversi Osservatori di cui è costellato il territorio nazionale, eredità della geografia pre-unitaria, che vedeva la presenza di uno o più Osservatori astronomici negli Stati o staterelli in cui era suddivisa la Penisola.

Alla dotazione acquisita nel corso degli anni dagli Osservatori si sono aggiunte pregevoli collezioni, come quella del Museo Astronomico e Copernicano, che comprende una splendida raccolta di strumenti pre-galileiani e che dal 1923 è stato annesso all’Osservatorio di Roma.

Negli ultimi vent’anni particolare attenzione è stata rivolta al patrimonio storico strumentale da parte degli Osservatori che ne erano in possesso, nei quali si è dato avvio ad un’opera di inventariazione, catalogazione e restauro dei pezzi.

Quest’opera, inizialmente affidata all’impegno di pochi singoli, nel corso degli anni ha avviato un processo di crescente sensibilizzazione verso la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, coinvolgendo le varie Direzioni degli Osservatori che hanno promosso il recupero delle loro collezioni e, laddove possibile, la loro musealizzazione.

Il recente riordino della ricerca astronomica italiana, che ha visto confluire nell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) gli Osservatori astronomici insieme ad alcuni Istituti del CNR, ha fatto sì che questo patrimonio, pur rimanendo localizzato nei rispettivi Osservatori, fosse oggetto di una speciale attenzione da parte del Dipartimento Strutture INAF. Nel 2005, infatti, il Dipartimento ha istituito il Servizio Musei INAF, col preciso scopo di occuparsi della tutela e valorizzazione del proprio patrimonio storico strumentale, ubicato nelle diverse strutture. Nell’ambito delle celebrazioni dell’Anno Internazionale dell’Astronomia, quattrocentesimo dalle prime osservazioni telescopiche di Galileo, Astrum 2009 è stata concepita per dare visibilità a questo patrimonio, arricchito da libri, carte d’archivio e pezzi provenienti da altre pregevoli collezioni, contribuendo in tal modo a far prendere consapevolezza della ricchezza e del valore della tradizione astronomica italiana, nell’auspicio che il pubblico si avvicini all’astronomia di oggi e del passato non come privilegio di pochi ma come patrimonio di tutti.

14/10/2009 16:56
OFFLINE
Post: 12.399
Post: 2.179
Registrato il: 22/08/2006
Registrato il: 20/01/2009
Utente Comunità
Utente Veteran
SCAMBIO DI STRUMENTI DI RATIFICA FRA LA SANTA SEDE E LA REPUBBLICA AUSTRIACA

Questa mattina, alle ore 12, nel Palazzo Apostolico Vaticano, Sua Eminenza il Signor Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, e Sua Eccellenza il Signor Martin Bolldorf, Ambasciatore d’Austria presso la Santa Sede, hanno proceduto allo scambio dei documenti di ratifica del sesto Accordo Addizionale alla Convenzione fra la Santa Sede e la Repubblica Austriaca per il Regolamento dei Rapporti Patrimoniali del 23 giugno 1960, firmato a Vienna il 5 marzo 2009.

Erano presenti Sua Eccellenza Mons. Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati, i Monsignori Fortunatus Nwachukwu, Capo del Protocollo, Antonio Guido Filipazzi, Nicolas Thevenin e Lech Piechota, e il Signor Moritz Ehrmann, Addetto dell’Ambasciata d’Austria presso la Santa Sede.

14/10/2009 16:57
OFFLINE
Post: 12.400
Post: 2.180
Registrato il: 22/08/2006
Registrato il: 20/01/2009
Utente Comunità
Utente Veteran
CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELLA "RELAZIONE DOPO LA DISCUSSIONE " (RELATIO POST DISCEPTATIONEM) DELLA II ASSEMBLEA SPECIALE PER L’AFRICA DEL SINODO DEI VESCOVI

Alle ore 12.45 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha avuto luogo la Conferenza Stampa di presentazione della "Relazione dopo la discussione" (Relatio post disceptationem) della II Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi.

Sono intervenuti: l’Em.mo Card. Wilfrid Fox Napier, O.F.M., Arcivescovo di Durban (Sud Africa), Presidente Delegato; l’Em.mo Card. Théodore-Adrien Sarr, Arcivescovo di Dakar (Senegal), Primo Vice-Presidente del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (S.E.C.A.M.), Presidente Delegato; l’Em.mo Card. John Njue, Arcivescovo di Nairobi (Kenya), Presidente della Commissione per l’Informazione; S.E. Mons. Manuel António Mendes dos Santos, C.M.F., Vescovo di São Tomé e Príncipe (São Tomé e Príncipe), Membro della Commissione per l’Informazione.



15/10/2009 16:33
OFFLINE
Post: 12.414
Post: 2.188
Registrato il: 22/08/2006
Registrato il: 20/01/2009
Utente Comunità
Utente Veteran
DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, P. FEDERICO LOMBARDI, S.I.

Il prossimo lunedì 26 ottobre, nella mattinata, avrà luogo il primo incontro dei previsti colloqui con la Fraternità San Pio X.

Vi parteciperanno, per parte della Commissione Ecclesia Dei, oltre al Segretario della stessa Commissione, Mons. Guido Pozzo, il Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, S.E. Mons. Luis F. Ladaria Ferrer, S.I., e gli esperti già nominati: il Rev. P. Charles Morerod, O.P., Segretario della Commissione teologica internazionale, Consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede, il Rev. Mons. Fernando Ocáriz, Vicario Generale dell’Opus Dei, Consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede, il Rev. P. Karl Josef Becker, S.I., Consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede.

L’incontro avrà luogo presso il Palazzo del Sant’Ufficio. I contenuti delle conversazioni, che riguarderanno le questioni dottrinali aperte, rimarranno strettamente riservati.

Al termine dell’incontro verrà rilasciato un comunicato.

15/10/2009 16:34
OFFLINE
Post: 12.415
Post: 2.189
Registrato il: 22/08/2006
Registrato il: 20/01/2009
Utente Comunità
Utente Veteran
ADDRESS OF THE HOLY SEE AT WORKING SESSION 10 ON "COMBATING RACISM, XENOPHOBIA, AND DISCRIMINATION, ALSO FOCUSING ON INTOLERANCE AND DISCRIMINATION AGAINST CHRISTIANS AND MEMBERS OF OTHER RELIGIONS" AT 2009 OSCE/ODIHIR HUMAN DIMENSION IMPLEMENTATION MEETING (WARSAW 28 SEPTEMBER-9 OCTOBER 2009)

Here below the address delivered by Mgr. Anthony R. Frontiero of the Holy See Delegation on 5th October 2009 at 2009 OSCE/ODIHIR Human Dimension Implementation Meeting on the Working Session 10, "Combating Racism, Xenophobia, and Discrimination, also Focusing on Intolerance and Discrimination against Christians and Members of other Religions":

Mr. Moderator,

The Delegation of the Holy See appreciates this opportunity to participate in this important discussion. Incidents of hate, discrimination, violence and intolerance against Christians and members of other religions continue to occur all too frequently in the OSCE region, and are symptomatic of the lack of peace in the world. Pope Benedict XVI lamented this situation, saying "Speaking of Christians in particular, I must point out with pain that not only are they at times prevented from [publicly and freely professing their religious convictions]: in some States they are actually persecuted, and even recently tragic cases of ferocious violence have been recorded. There are regimes that impose a single religion upon everyone, while secular regimes often lead not so much to violent persecution as to systematic cultural denigration of religious beliefs. In both instances, a fundamental human right is not being respected, with serious repercussions for peaceful co-existence. This can only promote a mentality and culture that is not conducive to peace."1

Authentic tolerance and respect is a civic discipline, not just a personal attitude. The objective of the OSCE commitment to combat intolerance and discrimination against Christians and members of the other religions is not to somehow "level the playing field", or indifference towards world views, but to genuinely the differences among us. Indeed, neutrality toward world views cannot be truly tolerant and respectful. Likewise, an absence of convictions does not define tolerance; and in the absence of some compelling notion of the truth that requires us to be tolerant of those who have a different understanding of the truth of things, there is only scepticism and relativism.2 An authentic notion of tolerance in pluralistic societies demands that in their dealings with unbelievers and those of different faiths, believers should grasp that they must reasonably expect that the dissent they encounter will go on existing. At the same time, however, secular political cultures must encourage unbelievers to grasp the same point in their dealings with believers. When secularized citizens act in their role as citizens, they must to deny in principle that religious images of the world have the potential to express truth. Nor must they refuse their believing fellow citizens the right to make contributions in a religions language to public debates.3

The Round Table Meeting on the theme Intolerance and Discrimination against Christians, held in Vienna in March 2009, was a successful and hopeful event, and revealed the possibility of constructive dialogue toward mutual understanding and respect among Christians, members of other religions, and non-believers. It is hoped that a follow-up to the Round Table will be forthcoming. In the face of ongoing incidents of intolerance, discrimination and violence against Christians and members of other religions, the Delegation of the Holy See proposes that this august body conceive of a new tolerance, not the indifferent tolerance that says, "We should be tolerant because it works better", but the true tolerance of differences engaged civilly. In conclusion, I hold up such a notion described by Pope Benedict XVI, where he says: "Fruitful dialogue between faith and reason cannot but render the work of charity more effective within society, and it constitutes the most appropriate framework for promoting fraternal collaboration between believers and non-believers in their shared commitment to working for justice and the peace of the human family."4 Respecting the order as an Other who is also a seeker of truth and goodness, enables the believer and the Other to enter into a conversation, a dialogue that leads to mutual enrichment rather than to a deeper scepticism about the very possibility of grasping the truth of things. A listing of concrete recommendations on this Item will be furnished to the Secretariat along with the text of my remarks.

Thank you, Mr. Moderator.

_______________________________________

1 Benedict XVI, Message for the World Day of Peace (2007), no.5.

2 Cfr. George Weigel, The Cube and the Cathedral (2005), 110.

3 Cfr. Jürgen Habermas, The Dialecties of Secularization (2005), 50-51.

4 Benedict XVI, Caritas in Veritate, no. 57.



15/10/2009 16:34
OFFLINE
Post: 12.416
Post: 2.190
Registrato il: 22/08/2006
Registrato il: 20/01/2009
Utente Comunità
Utente Veteran
CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL LIBRO DEL CARD. WALTER KASPER "HARVESTING THE FRUITS. BASIC ASPECTS OF CHRISTIAN FAITH IN ECUMENICAL DIALOGUE"


Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del libro dell’Em.mo Card. Walter Kasper "Harvesting the Fruits. Basic Aspects of Christian Faith in Ecumenical Dialogue".

Intervengono: l’Em.mo Card. Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’Unità dei Cristiani e Mons. Mark Langham, Officiale del medesimo Pontificio Consiglio.

Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:


INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. WALTER KASPER

Lo scopo di questa conferenza stampa è la presentazione di un libro, dal titolo: Harvesting the Fruits. Basic Aspects of Christian Faith in Ecumenical Dialogue. Ecumenical Consensus, Convergences and Differences. (Raccolta dei frutti. Aspetti fondamentali della fede cristiana nel dialogo ecumenico. Consensi, convergenze e differenze), che è stato pubblicato recentemente dalla casa editrice Continuum di Londra.

Il libro è il frutto di due anni di lavoro intenso che ho intrapreso insieme agli Officiali del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani (PCPUC), ed in collaborazione con i nostri Consultori ed i nostri partner ecumenici. A tutti coloro che hanno contribuito alla stesura di questo testo va il mio cordiale ringraziamento. La prima bozza del testo era stata ampiamente discussa ed in gran parte approvata durante l’Assemblea Plenaria del PCPUC tenutasi nel dicembre del 2008 e poi, sulla base di questa discussione, attentamente rielaborata. Il testo appena pubblicato sarà presto tradotto in altre lingue europee.

Nell’intervento odierno vorrei innanzitutto esporre l’idea e lo scopo generale di questo libro e, allo stesso tempo, integrarlo nel contesto più ampio dell’ecumenismo attuale, soprattutto nel contesto dell’ecumenismo con le comunità ecclesiali sorte dalla Riforma del XVI secolo. Mons. Mark Langham, uno dei principali collaboratori nell’elaborazione del libro, vi offrirà poi una visione d’insieme della sua struttura e del suo contenuto concreto.

Innanzitutto: Qual è lo scopo di questa pubblicazione? Dal Concilio Vaticano II sono trascorsi più di quarant’anni di dialoghi bilaterali internazionali sia con le Chiese ortodosse e orientali ortodosse, sia con le principali comunità ecclesiali sorte dalla Riforma, cioè con anglicani, luterani, riformati e metodisti e, come terzo schieramento, con le chiese libere, i pentecostali, i carismatici, gli evangelicali ecc. Ciascuno di questi tre gruppi ha le sue specifiche problematiche. In questo libro ci limitiamo ad analizzare le principali comunità protestanti, che sono state le prime ad allacciare con noi un dialogo dopo il Concilio. In questo lasso di tempo siamo stati capaci di produrre una grande quantità di documenti comuni e pensiamo che adesso sia giunto il momento di fare il punto della situazione, guardando sia al passato che al futuro.

1. Lo sguardo al passato. Nel raccogliere i frutti, noi stessi siamo stati positivamente sorpresi da quanto è stato conseguito in questi anni. Si tratta di una raccolta veramente molto ricca, che supera le tante polemiche ed i grandi problemi storici della Riforma. Ciò può rappresentare una chiara risposta alle opinioni che si stanno diffondendo talvolta anche nella Curia Romana, ovvero all’ingiustificata accusa che l’ecumenismo con le comunità protestanti non abbia finora portato frutti e ci abbia lasciato con le mani vuote. Chi leggerà questo libro sarà molto presto convinto del contrario. D’altro canto, nel frattempo è cresciuta una nuova generazione di ecumenisti, laici e sacerdoti, professori e studenti, che non conoscono più ciò che in questi intensi dialoghi è stato raggiunto. Noi non vogliamo che la ricchezza dei risultati conseguiti sia dimenticata e che si debba ricominciare di nuovo da zero. Questi documenti non sono stati redatti per venire poi coperti dalla polvere sugli scaffali di una biblioteca, o per essere semplicemente usati per l’una o per l’altra tesi di laurea. Desideriamo iniziare un processo di recezione di questi ricchi frutti nel corpo della Chiesa stessa, per arrivare ad un nuovo tipo di comportamento ecumenico. Così, con questo libro, ci troviamo alla fine di una prima tappa che è stata copiosa di frutti, e allo stesso tempo stiamo entrando in una nuova fase, che ci auguriamo sarà altrettanto fruttuosa e potrà risolvere i non facili problemi rimasti tuttora aperti.

2. Lo sguardo al futuro: Come avviene oggigiorno in tutto il mondo e praticamente in ogni sfera della vita umana, ci sono rapidi cambiamenti, che si susseguono incalzanti. Lo stesso accade per la situazione ecumenica soprattutto in Occidente dove si riscontrano cambiamenti repentini sotto diversi punti di vista. A) Non siamo più nella situazione degli anni sessanta e settanta dopo il Concilio, che erano anni di un nuovo inizio, ma, come lo percepiamo oggi, anche di facile entusiasmo. Oggi si è diffusa una certa stanchezza, forse anche una certa delusione. Tuttavia, la nuova sobrietà instauratasi può essere anche un segno di maggiore maturazione, che riconosce il peso della realtà. Probabilmente il percorso ecumenico sarà più lungo di quanto fosse sembrato dopo il Concilio. B) Si verificano cambiamenti all’interno delle Comunità ecclesiali dei nostri partner. Talvolta i nostri partner non sono più gli stessi, sono molto diversi da quelli incontrati durante e dopo il Concilio. Ci sono frammentazioni interne, nuovi problemi nel campo dell’etica, problemi sconosciuti nel passato. Anche nella Chiesa cattolica sono avvenuti cambiamenti; talvolta i nostri documenti sono difficili da digerire per i nostri partner.

Con questo libro vogliamo dunque incoraggiare, dare un nuovo slancio. Illustrando i tanti risultati positivi di quarant’anni, vogliamo mostrare che siamo capaci di raggiungere qualcosa se rimaniamo impegnati nell’ecumenismo. Per progredire in tal senso, è naturalmente necessario comprendere a che punto siamo arrivati ed individuare le questioni ancora aperte. Perciò ci siamo sforzati di evidenziare anche i problemi che rimangono da risolvere. Riflettendo sui dialoghi nel loro insieme, abbiamo identificato problemi nell’ermeneutica, nell’antropologia, nell’ecclesiologia ed anche nella comprensione dell’eucaristia. Come si può comprendere, non sono problemi marginali e neppure problemi che appartengono solo al passato: sono questioni attuali che toccano la vita concreta di ogni cristiano. Siamo però convinti che quando si è individuato un problema, si è già a metà della soluzione.

Come primo passo, intendiamo organizzare un simposio nel mese di febbraio 2010, durante il quale, sulla base di questo libro, vogliamo discutere insieme ai nostri consultori ed ai nostri partner il futuro dell’ecumenismo occidentale. Speriamo così che questo libro possa avviare una nuova fase nei nostri dialoghi

Ci sono poi molte altre occasioni per riflettere su come andare avanti. Nei giorni scorsi, si è tenuta la Sessione plenaria della Commissione Fede e Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese, che con la recente elezione di un nuovo Segretario Generale intende porre le questioni ecclesiologiche al centro del dialogo. In questi giorni ha luogo la riunione del Gruppo Misto di Lavoro tra il Consiglio Ecumenico delle Chiese ed il nostro Pontificio Consiglio. A fine ottobre celebreremo il decimo anniversario della Dichiarazione Congiunta sulla Dottrina della Giustificazione ad Augsburg; il prossimo anno si terrà l’Ökumenische Kirchentag a Monaco, la Plenaria della Federazione Luterana Mondiale a Stoccarda ed il Centenario della Conferenza missionaria mondiale a Edimburgo, che nel 1910 ha segnato l’inizio dell’ecumenismo del XX secolo. Inoltre, il prossimo anno celebreremo anche il cinquantesimo anniversario del nostro PCPUC; la celebrazione avrà luogo in concomitanza con la Plenaria del nostro dicastero, che dovrebbe tenersi alla fine del 2010. Veramente, è un momento particolare nella vita ecumenica dei cristiani.

Tutto ciò è portato avanti accanto al lavoro normale: riunioni annuali per 16 dialoghi bilaterali, molteplici incontri e viaggi in tutto il mondo. Nessuno può affermare che stiamo attraversando un "inverno ecumenico". Al contrario, siamo in alta stagione, in piena estate e con questo libro raccogliamo già i primi, ricchissimi frutti: davvero una buona raccolta e – speriamo – un impulso ed una forte spinta per la continuazione dei dialoghi.



INTERVENTO DI MONS. MARK LANGHAM

Il libro "Harvesting the Fruits: Basic Aspects of Christian Faith in Ecumenical Dialogue" è il frutto dell’impegno e dell’accurato lavoro del Cardinale Walter Kasper e del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani.

All’inizio del 2007, il Cardinale Kasper discusse per la prima volta con gli Officiali del Pontificio Consiglio il progetto di raccogliere e presentare i risultati dei dialoghi ufficiali tra la Chiesa cattolica e le Chiese storiche protestanti, ovvero luterani, riformati, anglicani e metodisti. L’intento del Cardinale Kasper era quello di far conoscere i frutti di quarant’anni di dialogo ecumenico ad una nuova generazione che, cresciuta nel periodo post-conciliare, probabilmente non conosce a fondo quanto è stato finora realizzato. Inoltre, per la prima volta, fu deciso di evidenziare i risultati di questi quattro dialoghi bilaterali in maniera comparata, raggruppandoli per tema, per consentire un raffronto ed una visione più chiara della portata di quanto conseguito in quarant’anni di dialogo. Si voleva quindi pervenire ad una presentazione, efficace e convincente, delle aree di convergenza ecumenica che potesse favorire il processo di recezione dei risultati nelle varie Chiese.

Guidati dal Cardinale Kasper, gli Officiali del Pontificio Consiglio hanno studiato tutte le dichiarazioni comuni prodotte in questi anni dai quattro dialoghi bilaterali, raccogliendo e riassumendo le informazioni che illustrano in modo più accurato la natura e la portata del consenso ecumenico. Nel loro lavoro di valutazione e di selezione del materiale, gli Officiali sono stati ampiamente assistiti dai Consultori e dai collaboratori del Pontificio Consiglio. Collazionare i testi, raffrontando il modo in cui i vari temi sono stati trattati dai quattro dialoghi bilaterali, ha richiesto uno studio vasto e dettagliato, poiché lo stesso argomento è stato spesso affrontato in maniera diversa dai vari dialoghi. Ciò che in un dialogo può costituire un aspetto centrale, a volte rappresenta in un altro solo una questione marginale. Di conseguenza, per due anni sono occorsi una fitta serie di incontri ed un intenso scambio di corrispondenza per poter giungere ad una coerente presentazione dei temi fondamentali trattati dai dialoghi.

Una prima bozza del documento fu presentata ai membri dell’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani nel dicembre 2008. La reazione, sia al testo in sé che alla sua visione di fondo, fu assolutamente positiva; le osservazioni critiche ed i suggerimenti positivi avanzati portarono all’attenta revisione ed all’adattamento dell’intero testo.

Questa stessa bozza fu inviata ad alcuni teologi delle Chiese e Comunioni ecclesiali interessate. A loro si chiese una reazione sia al testo in generale che al modo specifico in cui veniva presentata la prospettiva della loro tradizione. Le risposte pervenuteci, sia positive che critiche, sono state molto importanti. Esse ci hanno aiutato a produrre un quadro completo e ad esporre in maniera accurata le posizioni dei nostri partners ecumenici.

Alla luce di questi contributi, il Pontificio Consiglio ha riveduto completamente il testo ed il Cardinale Kasper ha ampliato la sua analisi del materiale. Il risultato di tale processo è Harvesting the Fruits.

Al fine di mostrare chiaramente le ampie aree di convergenza ecumenica comuni a tutti e quattro i dialoghi bilaterali, sono stati evidenziati quattro temi principali. Prendendo in prestito la metodologia dal dialogo ecumenico stesso, il primo capitolo inizia con Fundamentals of our Common Faith, i "fondamenti della nostra fede comune" condivisi da tutti i partners di dialogo; si presenta in tal modo la solida base su cui si svilupperanno i capitoli successivi.

Il secondo capitolo si occupa di una questione centrale per la Riforma: Salvation, Justification and Sanctification ("Salvezza, giustificazione e santificazione"). In questo campo, è stato raggiunto un accordo significativo, che costituisce una pietra miliare nelle relazioni ecumeniche. Permangono tuttavia questioni che richiedono ulteriori chiarimenti, come quelle riguardanti il ruolo della dottrina della giustificazione all’interno dell’intera ecclesiologia.

Il terzo capitolo, il più lungo, si sofferma su The Church ("La Chiesa") ed esamina la sua missione, la sua autorità ed il suo ministero, partendo dal modo in cui questi aspetti vengono presentati nelle dichiarazioni comuni. In questo contesto, le polemiche ed i malintesi del XVI secolo sono stati riesaminati ed in parte superati. Rimangono comunque problematiche le questioni centrali, ad esempio su "cosa sia" e "dove sia" la Chiesa. Ciò dimostra che la relazione tra gli elementi spirituali e concreti che definiscono la Chiesa dovrà essere studiata in maniera più approfondita.

Il quarto capitolo si concentra su Baptism and Eucharist ("Battesimo ed Eucaristia"). L’Eucaristia, in particolare, è stata oggetto di un’aspra controversia durante la Riforma, ma grazie ad un intenso dialogo e soprattutto ad una rinnovata enfasi posta sul ruolo dello Spirito Santo è stato possibile pervenire ad importanti convergenze. Si dovranno comunque studiare ulteriormente alcune questioni riguardanti tale sacramento, come il carattere sacrificale della messa, la Presenza Reale del Signore nell’Eucaristia, il significato di "transustanziazione".

Nell’importante capitolo conclusivo, Preliminary Conclusions, il Cardinale Kasper riflette sulla sintesi di questi quattro dialoghi e sull’importanza di quanto è stato conseguito. Harvesting the Fruits riconosce l’eccezionale portata del consenso raggiunto e la ripetuta capacità, da parte dei dialoghi, di affrontare in maniera innovativa e positiva temi che erano stati fonte di divisione nel passato, dimostrando così che molte delle controversie storiche sorte nel XVI secolo sono state ormai superate. Il libro, tuttavia, non manca di sottolineare anche le questioni che, emerse nei dialoghi, rimangono tuttora aperte e non possono essere semplicemente accantonate o celate sotto ampie generalizzazioni.

Harvesting the Fruits celebra i risultati positivi di quarant’anni di dialogo ecumenico, non semplicemente come "archivio del passato", ma soprattutto come "invito al futuro", volto a favorire un nuovo sguardo ed un nuovo studio su quanto finora realizzato. Il libro evidenzia anche importanti questioni di metodo e di contenuto del dialogo ecumenico. Crediamo che esso si rivelerà un utile strumento per tutti coloro che sono impegnati in questo campo, nel loro sforzo di concentrarsi sugli aspetti importanti e necessari dei dialoghi.

Ringraziamo la Casa editrice, Continuum Press, per la sua collaborazione e per la qualità del suo lavoro. Ci auguriamo che Harvesting the Fruits trovi il suo posto non soltanto sugli scaffali dei teologi e degli esperti nella materia, ma anche là dove i cristiani divisi si incontrano per pregare e per lavorare insieme, sul cammino comune verso la ricomposizione dell’unità di tutti i discepoli di Cristo.





16/10/2009 01:12
OFFLINE
Post: 12.433
Post: 2.197
Registrato il: 22/08/2006
Registrato il: 20/01/2009
Utente Comunità
Utente Veteran
Intervento della Santa Sede all'Osce sull'intolleranza anticristiana


CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 15 ottobre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il testo dell'intervento pronunciato il 5 ottobre da monsignor Anthony Frontiero, del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, nell'ambito dell'incontro sulla realizzazione degli impegni assunti nella “dimensione umana” dell'Osce, durante la sessione dedicata al tema: “Combattere il razzismo, la xenofobia e la discriminazione, puntando l'attenzione anche sull'intolleranza e sulla discriminazione contro i cristiani e i membri di altre religioni”.

* * *

Signor Moderatore,

la Delegazione della Santa Sede apprezza l'opportunità di partecipare a quest'importante dibattito. Incidenti causati dall'odio, dalla discriminazione, dalla violenza e dall'intolleranza contro cristiani e membri di altre religioni continuano a verificarsi troppo spesso nella regione dell'Osce e sono sintomatici della mancanza di pace nel mondo. Papa Benedetto XVI ha deplorato questa situazione affermando: «Parlando in particolare dei cristiani, debbo rilevare con dolore che essi non soltanto sono a volte impediti; in alcuni Stati vengono addirittura perseguitati, ed anche di recente si sono dovuti registrare tragici episodi di efferata violenza. Vi sono regimi che impongono a tutti un'unica religione, mentre regimi indifferenti alimentano non una persecuzione violenta, ma un sistematico dileggio culturale nei confronti delle credenze religiose. In ogni caso, non viene rispettato un diritto fondamentale, con gravi ripercussioni sulla convivenza pacifica. Ciò non può che promuovere una mentalità e una cultura negative per la pace». (Benedetto XVI, Messaggio in occasione della Giornata Mondiale della pace (2007), n. 5).

La tolleranza e il rispetto autentici sono una disciplina civile, non solo un'attitudine personale. L'obiettivo dell'impegno dell'Osce di combattere l'intolleranza e la discriminazione contro i cristiani e contro i membri di altre religioni non è in qualche modo «livellare il campo da gioco» o rimanere indifferenti verso diverse visioni del mondo, ma rispettare autenticamente le differenze fra tali visioni. Un'assenza di convinzioni non è sinonimo di tolleranza. In mancanza di una nozione convincente della verità che ci richiede di essere tolleranti verso chi ha un'idea diversa della verità delle cose, ci sono solo scetticismo e relativismo (cfr. George Weigel, The Cube and the Cathedral [2005], 110). Una nozione autentica di tolleranza in società pluralistiche richiede che, nel trattare con i non credenti e con quanti hanno diverse fedi, i credenti comprendano di dover ragionevolmente aspettarsi che il dissenso che incontrano continuerà a esistere. Tuttavia, nello stesso tempo, le culture politiche laiche devono incoraggiare i non credenti ad assumere lo stesso atteggiamento nel trattare con i non credenti. Quando i cittadini laici agiscono nel loro ruolo di cittadini, non devono negare per principio che le immagini religiose del mondo abbiano il potenziale di esprimere la verità né devono negare ai loro cittadini il diritto di rendere contributi ai dibattiti pubblici con un linguaggio religioso (cfr. Jurgen Habermas, The Dialectics of Secularization (2005), 50-51).

L'incontro della tavola rotonda sul tema Intolleranza e Discriminazione contro i cristiani, svoltosi a Vienna a marzo del 2009, è stato un evento di successo e di speranza, e ha rivelato la possibilità di un dialogo costruttivo verso una comprensione e un rispetto reciproci fra cristiani, membri di altre religioni e non credenti. Si auspica un seguito di tale tavola rotonda. Di fronte agli incidenti di intolleranza, discriminazione e violenza contro i cristiani e contro i membri di altre religioni, la Delegazione della Santa Sede propone che questo importante organismo concepisca una nuova tolleranza, non quella indifferente che dice: «Dovremmo essere tolleranti perché funziona meglio», ma una tolleranza autentica di differenze civilmente assunte. In conclusione, sostengo la nozione descritta da Papa Benedetto XVI quando dice: «Il dialogo fecondo fra fede e ragione non può che rendere l'opera di carità più efficace nella società, e costituisce il quadro più appropriato per promuovere la collaborazione fraterna fra credenti e non credenti nel loro impegno condiviso per operare per la giustizia e per la pace della famiglia umana» (Caritas in veritate, n. 57). Rispettare l'altro come persona che ricerca la verità e la bontà, permette ai credenti e agli altri di affrontare un dialogo che porta all'arricchimento reciproco piuttosto che a uno scetticismo più profondo sulla possibilità stessa di afferrare la verità delle cose. Una lista di raccomandazioni concrete su questo item sarà fornita al Segretariato insieme con il testo delle mie osservazioni.

[Traduzione del testo in inglese a cura de “L'Osservatore Romano”]

16/10/2009 16:39
OFFLINE
Post: 12.445
Post: 2.201
Registrato il: 22/08/2006
Registrato il: 20/01/2009
Utente Comunità
Utente Veteran
MESSAGGIO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO AGLI INDÙ IN OCCASIONE DELLA FESTA DI DIWALI 2009


La festa di Diwali è celebrata da tutti gli indù ed è conosciuta come Deepavali ossia "fila di lampade ad olio". Simbolicamente fondata su un’antica mitologia, essa rappresenta la vittoria della verità sulla menzogna, della luce sulle tenebre, della vita sulla morte, del bene sul male. La celebrazione vera e propria dura tre giorni segnando l’inizio di un nuovo anno, la riconciliazione familiare, specialmente tra fratelli e sorelle, e l’adorazione a Dio.

Quest’anno la festa sarà celebrata da molti indù il 17 ottobre.

Per l’occasione il Pontificio Consiglio per il Dialogo Inter-religioso ha inviato agli indù il messaggio sul tema: "Indù e Cristiani: impegnati per lo sviluppo umano integrale".

Questo il testo del Messaggio, a firma del Presidente del Pontificio Consiglio, Em.mo Card. Jean-Louis Tauran, e del Segretario, S.E. Mons. Pier Luigi Celata:



Indù e cristiani: impegnati per lo sviluppo umano integrale

Cari amici indù,

1. È per me una gioia presentarvi ancora una volta, a nome del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, l’augurio di un felice Deepavali! Le feste religiose ci offrono l’opportunità di ravvivare il nostro rapporto con Dio e tra noi. Mentre eleviamo le nostre menti ed i nostri cuori verso Dio, la Luce Suprema, questa festa delle luci possa rafforzare l’amicizia fra di noi e donare a tutti la benedizione della gioia e della pace.

2. Facendo onore alla tradizione di questo Pontificio Consiglio di condividere una riflessione su un argomento di comune interesse, vorrei proporre quest’anno alla nostra considerazione la necessità di lavorare insieme per lo sviluppo umano integrale.

3. Lo sviluppo umano integrale comporta un progresso nella direzione del vero bene di ciascun individuo, comunità e società, in ogni dimensione della vita umana: sociale, economica, politica, intellettuale, emozionale, spirituale e religiosa. Il Papa Paolo VI l’ha descritto come: "lo sviluppo di tutto l’uomo e di tutti gli uomini" (Populorum Progressio, 1967, n. 42) "da condizioni meno umane a condizioni più umane" (ibid., n. 20). Ed il Papa Benedetto XVI ha scritto recentemente che: "lo sviluppo umano integrale suppone la libertà responsabile della persona e dei popoli" (Caritas in veritate, n. 17).

4. Tale autentico sviluppo umano si può raggiungere solo attraverso l’assunzione di una responsabilità condivisa gli uni per gli altri ed impegnandosi seriamente in azioni di collaborazione. Ciò scaturisce dalla nostra stessa natura di esseri umani e dalla nostra appartenenza all’unica famiglia umana.

5. Nel processo dello sviluppo integrale, la protezione della vita umana ed il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali della persona, sono responsabilità di ciascuno, sia individualmente che collettivamente.

6. Il rispetto per gli altri implica, dunque, il riconoscimento della loro libertà: libertà di coscienza, di pensiero e di religione. Quando le persone si sentono rispettate nelle loro scelte di fondo come esseri religiosi, solo allora esse sono in grado di incontrare gli altri e di cooperare per il progresso dell’umanità. Ciò forma un ordine sociale più pacifico che contribuisce allo sviluppo.

7. Lo sviluppo umano integrale richiede anche la volontà politica di lavorare per garantire una maggiore protezione dei diritti umani ed una coesistenza pacifica. Sviluppo, libertà e pace sono indissolubilmente legati e si completano reciprocamente. Una pace duratura e relazioni armoniose emergono in un’atmosfera di libertà; allo stesso modo, lo sviluppo umano integrale si realizza in un ambiente pacifico.

Tutti insieme, come persone di buona volontà, uniamoci per dissipare ogni tenebra che nasconde una vera visione di coesistenza, l’armonia religiosa e lo sviluppo integrale per ogni singola persona.

Possa essere il Deepavali un’occasione per celebrare la nostra amicizia e proclamare fermamente la vittoria del bene sul male, della luce sulle tenebre e per lavorare insieme al fine di conseguire un’era di vera libertà ‘per tutti’ e di un integrale sviluppo umano ‘di tutti’. Ancora una volta, vi porgo i migliori auguri per uno splendido e gioioso Deepavali.

Jean-Louis Cardinal Tauran

Presidente

Arcivescovo Pier Luigi Celata

Segretario

17/10/2009 15:59
OFFLINE
Post: 12.463
Post: 2.208
Registrato il: 22/08/2006
Registrato il: 20/01/2009
Utente Comunità
Utente Veteran
STATEMENT OF THE HOLY SEE AT THE 64th SESSION OF THE UN GENERAL ASSEMBLY ON AGENDA 48: COMMEMORATION OF THE INTERNATIONAL CONFERENCE ON POPULATION AND DEVELOPMENT (CAIRO 1994)

Here below the statement delivered by H.E. Archbishop Celestino Migliore, Apostolic Nuncio, Permanent Observer of the Holy See, on 13 October 2009 at the 64th Session of the Un General Assembly on Agenda 48: Integrated and coordinated implementation of and follow-up to the outcomes of the major United Nations conferences and summits in the economic, social and related fields - Commemoration of the fifteenth anniversary of the International Conference on Population and Development:

Mr. President,

As we call to mind the 15th anniversary of the International Conference on Population and Development (ICPD), we recognize the many challenges facing the international community to achieve the goal of greater sustained economic and social development.

When States came together in Cairo in 1994, many of them were under the impression that a population explosion was going to occur and hamper the ability to achieve adequate global economic development. Now fifteen years later, we see that this perception was unfounded. In many developed countries, population demographics have declined to the point where some national legislators are now encouraging an increase in birth rates to assure continued economic growth. Similarly, in many parts of the developing world, development has been occurring at previously unachieved rates and the greatest threat to development results not from a population explosion but from irresponsible world and local economic management. For nearly a century, attempts have been made to link global population with the food, energy, natural resources and environmental crises. Yet, on the contrary, it has been consistently demonstrated by human ingenuity and the ability of people to work together that human persons are the world’s greatest resource.

The ICPD Report reiterated the need for States to promote and strengthen the family as a vital element of producing greater social and economic development. The ever increasing presence of women in the job market has raised new challenges for the family and women both in the work sector and at home. Sexual and economic exploitation, trafficking of women and girls and discriminatory practices in the job market have challenged governments to promote and apply policies to end these injustices and support the family in its proper responsibilities.

Demographic policies must also take into account the needs of migrants as part of an overall responsibility to place the human person at the center of all development policies. Too often migration is seen by governments and individuals as an unwitting consequence of globalization and negative stereotypes of migrants are used to promote policies which have a dehumanizing effect and create unconscionable divisions within families. As noted in the most recent "Human Development Report", migration exists in all regions of the world with migrants often providing necessary skills and talents to destination countries while at the same time ensuring valuable support to their countries of origin. While other aspects of the ICPD Program of Action have received greater attention in the past, to truly achieve all the constructive proposals of the ICPD Report, greater efforts must be made to enact human centered policies which recognize the shared benefits of migration. More must be done to make the ICPD’s appeal for achieving development in all countries a means for addressing the reasons behind migration and to enact policies which protect migrants from illegal trafficking.

The ICPD’s call for universal access to quality education continues to serve as the most effective means for promoting sustainable economic, social and political development. It also goes without saying that access to education for women and girls at all levels is at the heart of empowering women within society and promoting equality between men and women.

Too often in addressing the role of the ICPD on maternal health, attempts are made to promote a notion of sexual and reproductive health which is detrimental to unborn human life and the integral needs of women and men within society. Efforts to address maternal mortality, obstetric fistula, child mortality, prenatal and antenatal care, sexually transmitted diseases and other health matters are hampered by sanitary policies which fail to take into account the right to life of the unborn child and promote birth control as a development policy and disguised health service. Suggesting that reproductive health includes a right to abortion explicitly violates the language of the ICPD, defies moral and legal standards within local communities and divides efforts to address the real needs of mothers and children.

Renewing our effort to respond to the integral health and social needs of the community entails taking into account the social, cultural and spiritual needs of all and adhering to the international standard set in the ICPD which calls for national laws to be fully respected.

For its part, the Catholic Church remains committed to providing access to health care for everyone. Through its over 5,000 hospitals, 18,000 health clinics, and 15,000 homes for the elderly and disabled, as well as other health care programs throughout the world, Catholic based institutions are committed to providing the right to quality and effective and morally responsible health care for all.

Ultimately, the ICPD Final Report like many development instruments must seek to assure the development especially of the most vulnerable within society. In this regard, providing for the overall physical, emotional and spiritual wellbeing of children is paramount to ensure that future generations may know abject poverty and child mortality as a historical remnant rather than a daily reality.

Thank you Mr. President.

22/10/2009 17:05
OFFLINE
Post: 12.541
Post: 2.243
Registrato il: 22/08/2006
Registrato il: 20/01/2009
Utente Comunità
Utente Veteran
INTERVENTO DELLA SANTA SEDE ALLA 35a SESSIONE DELLA CONFERENZA GENERALE DELL’UNESCO

Mons. Francesco Follo, Osservatore Permanente e Capo Delegazione della Santa Sede alla 35a Sessione della Conferenza Generale dell’UNESCO, attualmente in corso a Parigi, ha pronunciato il 10 ottobre scorso l’intervento che pubblichiamo di seguito:


INTERVENTO DI MONS. FRANCESCO FOLLO

M. le Président de la Conférence Générale,

M. le Directeur Général,

Excellences,

C'est pour moi un grand honneur de prendre la parole devant cette Assemblée prestigieuse et de vous présenter les félicitations les plus vives de Sa Sainteté le Pape Benoît XVI pour votre élection.

Je voudrais également exprimer les remerciements et l'appréciation du Saint-Siège pour les travaux du Secrétariat de l'UNESCO. Les documents élaborés, surtout les 35 C/3, C/5 et C/6, ont retenu son attention. Ils manifestent les réalisations et les défis majeurs que l'exercice de chacune des cinq fonctions de l'UNESCO a eu à étudier. Ils mettent, entre autre, l'accent sur le développement durable, comme le soulignent, par exemple, certains thèmes des Conférences sur l'Education, afin de tenter d'apporter une réponse à la gravité de la crise financière, économique et sociale qui touche notre monde. Le souci de répondre aux questions relatives à la gestion de la planète, c'est-à-dire de la cité, s'étend aussi à la gouvernance des océans.

A ce propos, dans sa dernière Encyclique Caritas in Veritate, le Saint-Père insiste sur l'importance des valeurs morales qui doivent fonder une analyse de la mondialisation. Il considère que " la mondialisation réclame certainement une autorité, puisqu'est en jeu le problème du bien commun qu'il faut poursuivre ensemble; cependant cette autorité devra être exercée de manière subsidiaire et polyarchique pour, d'une part, ne pas porter atteinte à la liberté et, d'autre part, être concrètement efficace. " (Cf. n. 57).

Permettez-moi donc de vous soumettre une réflexion sur les principes fondamentaux qui soutiennent tout le projet de l'UNESCO. Il est possible d'en relever trois : la vérité, la culture et la cité. Une telle réflexion peut être utile pour toutes les initiatives dont l'Unesco se fait promoteur ou partenaire.

Quelle relation ces trois dimensions - la vérité, la culture et la cité - ont-elles entre elles ? La culture sert de terme médian, de lien entre la vérité et la cité. D'une part, elle permet aux hommes de vivre ensemble et elle cimente ce même " vivre ensemble ". En effet, il n'y a pas de communauté humaine sans culture, ni de culture sans communauté humaine - donc sans cité. D'autre part, les cultures ne mériteraient que l'attention des ethnologues si elles n'étaient pas porteuses que de ce qu'on appelle " des valeurs ", ou mieux dit, des vérités. Il s'agit en fait de vérités sur l'homme, sur l'ensemble des hommes, et donc sur la cité.

" La complexité et la gravité de la situation économique actuelle, a écrit aussi Benoît XVI dans la même Encyclique, nous préoccupent à juste titre, mais nous devons assumer avec réalisme, confiance et espérance les nouvelles responsabilités auxquelles nous appelle la situation d'un monde qui a besoin de se renouveler en profondeur au niveau culturel et de redécouvrir les valeurs de fond sur lesquelles construire un avenir meilleur " (n. 21).

Il est important de prendre conscience que l'économie est au service de l'homme. L'homme est un citoyen et la cité est le lieu où les hommes débattent de la vérité, le lieu parfois où ils la trouvent, le lieu souvent où elle leur est enseignée. La stabilité économique est nécessaire pour favoriser ce débat, mais la culture - ce que les Grecs nommaient paideia, donc l'accès de l'homme à sa pleine humanité - n'est pas un luxe réservé seulement aux économies prospères. C'est l'homme et la culture que l'économie doit servir. Et, l'un des nobles objectifs de l'UNESCO serait de le proclamer et de le promouvoir.

La culture se trouve donc dans le lieu où les hommes se préoccupent de la vérité et la cherchent. Il serait possible d'en évoquer deux formes. La première semble évidente : c'est celle de l'enseignement, ou de l'éducation, que la cité doit prodiguer à ceux qui la constituent. La cité ne peut reposer sur des approximations ou des erreurs collectives. Si elle se veut éducatrice, elle doit nécessairement traiter le citoyen en homme, en personne raisonnable et respectable. La seconde forme que doit revêtir l'intérêt de la cité pour la vérité, est l'ouverture de l'esprit, qui est une forme de l'humilité car elle accepte, à travers sa disponibilité, la richesse de l'autre et des autres cultures.

L'Église, pour sa part, s'est intéressée très rapidement au développement des sciences de manière particulière. La théologie médiévale avait dégagé le terrain que devaient occuper les sciences. La première académie scientifique qui a été fondée est l'Académie Pontificale des Sciences. Elle a été créée en 1603. Entre " science " et " humanité ", un fossé ne peut être creusé, mais il l'a certainement été. Nous parlons couramment et trop souvent de culture, en général, et de culture scientifique, en particulier, comme de deux réalités séparées ou indifférentes l'une à l'autre, voire même opposées. Il conviendrait donc de combler ce fossé petit-à-petit.

La cité est une réalité naturelle et il lui appartient de secréter des cultures. Celles-ci ne méritent, pourtant, d'être appelées ainsi que lorsqu'elles acceptent d'être inspirées et fondées sur le respect de l'homme.

Qu'est-ce que l'homme ? C'est une question vaste et complexe à laquelle toute culture vraiment humaine est confrontée et doit répondre. La réponse à cette question ne sera remarquable que si elle dépasse toutes les barrières culturelles sans les ignorer. La réponse vraie ne peut se trouver qu'en l'homme dans sa vérité. Cette vérité toujours à réapprendre est une réalité possible. Par exemple, nous sommes des êtres humains car nous avons eu le droit de naître. Cette réalité engendre par elle-même d'autres droits. Evitons, donc, de parler de ces droits sans avoir conscience et sans faire référence au fait qu'ils s'enracinent dans le profond respect pour l'homme total, depuis sa conception jusqu'à sa mort naturelles. Une culture ne peut se dire noble qu'en fonction de son aptitude à saisir l'homme en sa vérité et à lui reconnaître les droits liés à la vérité de son être. Sans oublier que, comme le dit le Pape Benoît XVI, " l'homme est toujours au-delà de ce que l'on en voit ou de ce que l'on en perçoit par l'expérience. Négliger le questionnement sur l'être de l'homme conduit inévitablement à refuser de rechercher la vérité objective sur l'être dans son intégralité et, de ce fait, à ne plus être capable de reconnaître le fondement sur lequel repose la dignité de l'homme, de tout homme "1.

Cherchons, donc, à ne pas enfermer chaque culture en elle-même, comme si nous avions affaire à une entité autonome et autosuffisante. Si notre institution, l'UNESCO, a un sens, c'est bien pour manifester non seulement que les hommes cultivés peuvent converser ensemble - ce que nous faisons assurément -, mais bien plus pour faire comprendre qu'une culture vit toujours en interaction avec d'autres cultures, et que " la " culture est un événement plus qu'un fait établi et acquis.

Nous sommes conscients non seulement que les grandes cultures ont une valeur universelle, mais aussi qu'elles dialoguent entre elles dans différents domaines où elles se rencontrent et se complètent. Les cultures, peu-à-peu, se ravivent lorsqu'elles acceptent une interpénétration réciproque basée sur le respect l'une de l'autre, et principalement sur le respect de l'homme qui est maître et sujet de la culture . En allant plus avant, il est possible de dire que l'inter-culturalité existe déjà, mais elle a aussi un devoir à réaliser davantage. L'inter-culturalité n'est authentique que si elle permet à l'avenir d'être fidèle au passé, dans ce qu'il a de meilleur, pour chercher à construire un futur positif pour l'homme et la cité.

L'UNESCO pourrait, peut-être, miser davantage sur son rôle d'agence " pensante " à l'intérieur du système des Nations Unies, et ainsi renforcer les moyens et les outils qu'elle a pour être un véritable " laboratoire d'idées ", ouvert à la contribution de tous. En ce sens, il est nécessaire de reconnaître, voire même de redécouvrir l'utilité et la nécessité de la réflexion philosophique, considérée malheureusement trop souvent comme la plus inutile des disciplines parce qu'elle est la plus libre des intérêts particuliers et parties. Elle est une discipline utile et indispensable parce qu'elle est particulièrement au service de l'homme, et donc du bien de l'humanité entière, de la cité. En promouvant tout ce qui contribue à faire grandir la dignité de l'homme, de son esprit et de son intelligence, l'UNESCO sera fidèle à sa vocation et à sa haute mission.

Merci de votre attention !

______________________________________________

1 Discours du Pape Benoit XVI aux participants au colloque inter-académique promu par l'Académie des Sciences de Paris et l'Académie Pontificale des sciences sociales, Salles des Papes, 28 janvier 2008.


23/10/2009 01:00
OFFLINE
Post: 12.553
Post: 2.246
Registrato il: 22/08/2006
Registrato il: 20/01/2009
Utente Comunità
Utente Veteran
Intervento della Santa Sede alla 35ª sessione della Conferenza generale dell'Unesco
“La cultura si trova là dove gli uomini si preoccupano della verità e la cercano”



CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 22 ottobre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'intervento pronunciato il 10 ottobre a Parigi da monsignor Francesco Follo, Osservatore permanente della Santa Sede presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura (Unesco), sul tema “La cultura si trova là dove gli uomini si preoccupano della verità e la cercano”, nell'ambito del dibattito di politica generale della 35ª sessione della Conferenza generale dell'Unesco.

* * *

Signor Presidente della Conferenza Generale,

Signor Direttore Generale,

Eccellenze,

È per me un grande onore prendere la parola davanti a questa prestigiosa Assemblea e presentarle le felicitazioni più vive di Sua Santità Papa Benedetto xvi per la sua elezione.

Desidero altresì esprimere i ringraziamenti e l'apprezzamento della Santa Sede per i lavori della Segreteria dell'Unesco. I documenti elaborati, soprattutto i 35 C/3, C/5 e C/6, hanno richiamato la sua attenzione. Essi mostrano le realizzazioni e le sfide principali che l'Unesco deve esaminare nell'esercizio di ognuna delle sue cinque funzioni. Pongono inoltre l'accento sullo sviluppo sostenibile, come sottolineano, per esempio, alcuni temi delle Conferenze sull'educazione, al fine di cercare di dare una risposta alla gravità della crisi finanziaria, economica e sociale che il nostro mondo sta vivendo. La preoccupazione di rispondere alle domande relative alla gestione del pianeta, vale a dire della «città», si estende anche al governo degli oceani.

A tale proposito, nella sua ultima enciclica Caritas in veritate, il Santo Padre insiste sull'importanza dei valori morali che devono sottendere un'analisi della globalizzazione. Egli ritiene che «la globalizzazione ha certo bisogno di autorità, in quanto pone il problema di un bene comune globale da perseguire; tale autorità, però, dovrà essere organizzata in modo sussidiario e poliarchico, sia per non ledere la libertà sia per risultare concretamente efficace» (n. 57).

Permettetemi dunque di sottoporvi una riflessione sui principi fondamentali che sostengono tutto il progetto dell'Unesco. Se ne possono individuare tre: la verità, la cultura e la «città». Una simile riflessione può essere utile per tutte le iniziative di cui l'Unesco è promotrice o parte attiva.

Quale relazione hanno fra di loro queste tre dimensioni, ossia la verità, la cultura e la «città»? La cultura serve da termine intermedio, da legame fra la verità e la «città». Da un lato essa permette agli uomini di vivere insieme e cementa questo stesso «vivere insieme». In effetti, non c'è comunità umana senza cultura, né cultura senza comunità umana, ossia senza «città». D'altro canto, le culture meriterebbero solo l'attenzione degli etnologi se non fossero portatrici di quelli che vengono chiamati «valori» o, per meglio dire, verità. Si tratta di fatto di verità sull'uomo, sull'insieme degli uomini, e dunque sulla «città».

«La complessità e la gravità dell'attuale situazione economica» ha scritto Benedetto xvi nella stessa enciclica, «giustamente ci preoccupa, ma dobbiamo assumere con realismo, fiducia e speranza le nuove responsabilità a cui ci chiama lo scenario di un mondo che ha bisogno di un profondo rinnovamento culturale e della riscoperta di valori di fondo su cui costruire un futuro migliore» (n. 21).

È importante prendere coscienza del fatto che l'economia è al servizio dell'uomo. L'uomo è un cittadino e la «città» è il luogo in cui gli uomini discutono della verità, il luogo in cui a volte la trovano, il luogo in cui spesso viene insegnata loro. Per favorire questo dibattito è necessaria la stabilità economica, ma la cultura — quella che i greci chiamavano paideia, dunque l'accesso dell'uomo alla sua piena umanità — non è un lusso riservato solo alle economie prospere. L'economia deve servire l'uomo e la cultura. E uno dei nobili obiettivi dell'Unesco è di proclamare e di promuovere ciò.

La cultura si trova dunque là dove gli uomini si preoccupano della verità e la cercano. È possibile ricordarne due forme. La prima sembra evidente: è quella dell'insegnamento, o dell'educazione, che la «città» deve prodigare a quanti la costituiscono. La «città» non può riposare su approssimazioni o su errori collettivi. Se vuole essere educatrice, deve necessariamente trattare i cittadini come uomini, come persone ragionevoli e rispettabili. La seconda forma che deve suscitare l'interesse della «città» per la verità è l'apertura della mente, che è una forma dell'umiltà poiché accetta, attraverso la sua disponibilità, la ricchezza dell'altro e delle altre culture.

La Chiesa, da parte sua, si è interessata molto rapidamente e in maniera particolare allo sviluppo delle scienze. La teologia medievale aveva individuato il terreno che dovevano occupare le scienze. La prima accademia scientifica ad essere fondata è stata la Pontificia Accademia delle Scienze. È stata creata nel 1603. Fra «scienza» e «umanità» non può essere scavato un fossato, ma indubbiamente lo è stato. Noi parliamo correntemente e troppo spesso della cultura in generale e della cultura scientifica in particoalre come di due realtà separate o indifferenti l'una all'altra, anzi persino opposte. Converrebbe dunque colmare poco a poco questo fossato.

La «città» è una realtà naturale e spetta a essa emanare culture. Queste ultime tuttavia meritano di essere chiamate così solo quando accettano di essere ispirate dal rispetto dell'uomo e fondate su di esso.

Cos'è l'uomo? È una domanda vasta e complessa con la quale ogni cultura veramente umana deve confrontarsi e alla quale deve rispondere. La risposta a tale domanda sarà degna di nota solo se supererà le barriere culturali senza ignorarle. La risposta vera non può che trovarsi nell'uomo, nella sua verità. Questa verità, sempre da riscoprire, è una realtà possibile. Per esempio, noi siamo esseri umani poiché abbiamo avuto il diritto di nascere. Questa realtà genera di per sé altri diritti. Evitiamo dunque di parlare di questi diritti senza avere coscienza e senza fare riferimento al fatto che sono radicati nel profondo rispetto per l'uomo totale, dal suo concepimento fino alla sua morte naturali. Una cultura non si può dire nobile se non in funzione della sua attitudine a cogliere l'uomo nella sua verità e a riconoscergli i diritti legati alla verità del suo essere. Senza dimenticare che, come dice Papa Benedetto xvi, «l'uomo va sempre al di là di quello che di lui si vede o si percepisce attraverso l'esperienza. Trascurare l'interrogativo sull'essere dell'uomo porta inevitabilmente a rifiutare di ricercare la verità obiettiva sull'essere nella sua integrità e, in tal modo, a non essere più capaci di riconoscere il fondamento sul quale riposa la dignità dell'uomo, di ogni uomo» (Discorso ai partecipanti al convegno inter-accademico promosso dalla Académie des Sciences di Parigi e dalla Pontificia Accademia delle Scienze, Sala dei Papi, 28 gennaio 2008).

Cerchiamo dunque di non rinchiudere ogni cultura in se stessa, come se avessimo a che fare con un'entità autonoma e autosufficiente. Se la nostra istituzione, l'Unesco, ha un senso, è proprio quello di mostrare non solo che gli uomini istruiti possono conversare insieme — cosa che noi sicuramente facciamo —, ma anche e soprattutto di far comprendere che una cultura vive sempre in interazione con altre culture, e che «la» cultura è un evento più che un fatto stabilito e acquisito.

Siamo consapevoli che le grandi culture non solo hanno un valore universale, ma che dialogano anche fra loro nei diversi ambiti in cui s'incontrano e si completano. Le culture si ravvivano, poco a poco, quando accettano una interpenetrazione reciproca basata sul rispetto l'una dell'altra, e soprattutto sul rispetto dell'uomo che è padrone e soggetto della cultura. Andando oltre, è possibile dire che l'inter-culturalità esiste già, ma ha anche un dovere da realizzare maggiormente. L'interculturalità è autentica solo se permette al futuro di essere fedele al passato, in ciò che esso ha di meglio, per cercare di costruire un futuro positivo per l'uomo e per la «città».

L'Unesco potrà, forse, puntare maggiormente sul suo ruolo di agenzia «pensante» all'interno del sistema delle Nazioni Unite e rafforzare così i mezzi e gli strumenti che ha per essere un vero «laboratorio d'idee», aperto al contributo di tutti. In tal senso, è necessario riconoscere, anzi persino riscoprire, l'utilità e la necessità della riflessione filosofica, purtroppo considerata troppo spesso come la più inutile delle discipline poiché è la più libera dagli interessi particolari e di parte. È invece una disciplina utile e indispensabile perché è particolarmente al servizio dell'uomo, e dunque del bene dell'umanità intera, della «città». Promuovendo tutto ciò che contribuisce ad accrescere la dignità dell'uomo, della sua mente e della sua intelligenza, l'Unesco sarà fedele alla sua vocazione e alla sua alta missione.

Grazie per la vostra attenzione!

[Traduzione del testo in francese a cura de “L'Osservatore Romano”]

23/10/2009 15:57
OFFLINE
Post: 12.558
Post: 2.248
Registrato il: 22/08/2006
Registrato il: 20/01/2009
Utente Comunità
Utente Veteran
CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DELLA II ASSEMBLEA SPECIALE PER L’AFRICA DEL SINODO DEI VESCOVI

Questa mattina, alle ore 12.45, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha avuto luogo la Conferenza Stampa per la presentazione del Messaggio della II Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi.

Sono intervenuti: S.E. Mons. John Olorunfemi Onaiyekan, Arcivescovo di Abuja (Nigeria), Presidente della Commissione per il Messaggio; S.E. Mons. Youssef Ibrahim Sarraf, Vescovo di Le Caire dei Caldei (Egitto), Vice-Presidente della Commissione per il Messaggio; S.E. Mons. Francisco João Silota, M. Afr., Vescovo di Chimoio (Mozambico), Secondo Vice Presidente del Simposio delle Conferenze Episcopali d'Africa e Madagascar (S.E.C.A.M.), Membro della Commissione per il Messaggio.

24/10/2009 15:58
OFFLINE
Post: 12.575
Post: 2.256
Registrato il: 22/08/2006
Registrato il: 20/01/2009
Utente Comunità
Utente Veteran
STATEMENT OF THE HOLY SEE AT THE 64th SESSION OF THE UNITED NATIONS GENERAL ASSEMBLY ON THE RULE OF LAW AT THE NATIONAL AND INTERNATIONAL LEVELS

Here below is the statement by H.E. Archbishop Celestino Migliore, Permanent Observer of the Holy See at the 64th session of the United Nations General Assembly before the Sixth Committee on item 83: The rule of law at the national and international levels (New York, 15 October 2009):

Mr. Chairman,

The rule of law serves as the foundation for a more just society. With too many people somewhat excluded from the protections and benefits of the rule of law and with a global financial crisis affecting all regions, to promote the rule of law at the international level becomes an increasingly vital tool for achieving the goals originally established by the UN Charter.

We must remember that law alone is not the aim, as countries too often use laws as a source of oppression and violence so as to "rule by law." Rather, what is needed is to take into account that underlying any law is a fundamental value or truth which must be upheld in order for it to have any real meaning and purpose. This link between the rule of law and justice is embedded in the purpose of this Organization which is to maintain international peace and security in "conformity with the principles of justice and international law." Thus, to speak only of the rule of law without including the need for justice would be inadequate and risk replacing the rule of law with a rule by law.

While the primary responsibility for promoting and creating a just rule of law lies with the national and local authorities, in a globalized society the need for just rules and laws to govern groups beyond national boundaries is of utmost importance. International law recognizes this fundamental fact and seeks to ensure the mechanisms for greater solidarity, thus promoting the rights and responsibilities of individuals and societies beyond national boundaries. Hence, bodies dealing with international law, as well as national authorities, must remain vigilant in ensuring that their law continues to respect the abilities of individual states and local communities to govern their affairs in a just manner, only intervening when an issue has global consequences or the State and local community fails to uphold the responsibility to protect.

International law continues to be of particular importance in the areas of peace and security, economic development and environmental degradation. Widespread corruption, international and national conflicts, terrorism, sexual violence as a means of war and other human rights abuses, too often are perpetuated by or are due to the lack of adherence to a just rule of law at various levels. In this regard, treaties and international legal norms have been instrumental in promoting better respect for the rule of law and creating greater trust between States. Moreover, efforts to promote mediation of disputes provide valuable practical and technical support to nations. To these ends, members of this Committee and the General Assembly, as well as ECOSOC’s various subsidiary bodies must all the more work together.

In the area of economics, the rule of law at the international level has become ever more necessary. The interconnected nature of global business and trade no longer allows for individual nations to control and regulate their own economy because, as the recent financial crisis demonstrates, failure to properly regulate a single market or commodity can lead to devastating effects across the globe. In this respect, my delegation supports the Secretary-General’s efforts to firmly ground the rule of law in the work of the development agenda of the United Nations and highlight the links between poverty, legal exclusion and injustice. In addition, greater efforts must be made to reform the United Nations and the various international financial systems in order to play a proper role in responsible financial regulation. We also support endeavors by States and international organizations to work together to create a just rule of law system for fair trade which respects the inherent dignity of workers. In a global market, so-called outsourcing can lead to a disconnect between a company’s responsibility to its workers, suppliers, consumers and the environment. For this reason, national and international rule of law must not focus solely upon determining the role of markets but also take into account the rights of workers and the community.

To be effective, a just rule of law requires judicial administration, responsible running of institutions and social and political support. Focusing solely upon the technical and administrative aspects of the implementation of the rule of law has proven to be and will continue to be ineffective for we must address the underlying cultural support which is necessary to respect those for whom the law exists. In this regard, the Holy See and its various organizations remain committed to supporting the rule of law at the national and international levels. Its educational institutions in many countries around the world provide individuals quality education in the fundamental nature of law and its proper application, which can only lead to the eradication of corruption. In addition, through many of its organizations around the world numerous committed men and women are present in jails and prisons to provide physical, psychological and spiritual support to the incarcerated and help provide them with the skills necessary to become productive law abiding citizens.

The reform of the United Nations and its various bodies is of utmost importance to promote the rule of law at the international level. International treaty bodies which expand the scope and meaning of treaties beyond their originally agreed content lose proper respect for the role of subsidiarity, thus undermining the intent of the treaties themselves and risk losing credibility. Furthermore, continuing efforts to reform the Security Council and the United Nations system helps to enhance the UN’s credibility around the world.

Mr. Chairman, my delegation looks forward to working with the membership during this session and in the various rule of law bodies within the United Nations to ensure that the rule of law truly becomes a just rule of law.

Thank you Mr. Chairman.

24/10/2009 15:59
OFFLINE
Post: 12.576
Post: 2.257
Registrato il: 22/08/2006
Registrato il: 20/01/2009
Utente Comunità
Utente Veteran
CONFERENZA STAMPA A CONCLUSIONE DEI LAVORI DELLA II ASSEMBLEA SPECIALE PER L’AFRICA DEL SINODO DEI VESCOVI

Questa mattina, alle ore 12.45, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha avuto luogo la Conferenza Stampa a conclusione dei lavori della II Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi.

Sono intervenuti: l’Em.mo Card. Peter Kodwo Appiah Turkson, Arcivescovo di Cape Coast (Ghana), Presidente dell'Associazione delle Conferenze Episcopali dell'Africa Occidentale (A.C.E.A.O./A.E.C.W.A.), Relatore Generale; S.E. Mons. Damião António Franklin, Arcivescovo di Luanda (Angola), Presidente della Conferenza Episcopale, Segretario Speciale; S.E. Mons. Edmond Djitangar, Vescovo di Sarh (Ciad), Segretario Speciale.

26/10/2009 16:53
OFFLINE
Post: 12.608
Post: 2.273
Registrato il: 22/08/2006
Registrato il: 20/01/2009
Utente Comunità
Utente Veteran
INTERVENTO DELLA SANTA SEDE SULLE POPOLAZIONI INDIGENE DAVANTI ALLA III COMMISSIONE DELLA 64ma SESSIONE DELL’ASSEMBLEA GENERALE DELL’O.N.U.

Il 19 ottobre 2009, in occasione della 64a Sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, S.E. Mons. Celestino Migliore, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha pronunciato nella III Commissione un intervento sulle popolazioni indigene che riportiamo qui di seguito:


INTERVENTO DI S.E. MONS. CELESTINO MIGLIORE

Mr Chairman,

For the Holy See, speaking on this agenda item is more than an intellectual exercise, for it comes from its long-standing commitment to addressing the social, personal and spiritual needs of the world's more than 370 million indigenous people. Since the adoption of the Declaration on the Rights of Indigenous Peoples (DRIP) by the General Assembly in September 2007, the rights of indigenous peoples have drawn special international attention and my delegation believes that the celebration of the Second International Decade of the World’s Indigenous Peoples will help foster greater interest in and respect for these communities.

To revitalize the activities of the Decade, my delegation believes that pertinent initiatives should be guided by principles of respect for the identity and culture of indigenous populations. Understanding and respecting their cultural traditions, religious consciousness and their long-standing ability to decide and control their development programs foster better interaction and cooperation between peoples and governments.

It has been noted by the Special Rapporteur on the situation of human rights and fundamental freedoms of indigenous peoples that human rights violations continue and that the DRIP is not being fully implemented. My delegation would like to recall the conviction so often resounding in this hall that the recognition of the fundamental dignity of every person and promotion of human rights remain the most effective strategy for their comprehensive development. We have to work harder to make indigenous peoples aware of their own human dignity and empower their communities to shape their life according to their own traditions.

In times of change and economic crises, the challenges facing indigenous peoples should not be forgotten. In the process of downsizing social security systems, due consideration should be given to them with models of authentic development which avoid destruction of land, water and other forms of environmental exploitation in the name of short-term economic advantage. In this regard, my delegation urges corporations to conduct their enterprise in a way which does not harm the rights of indigenous peoples and promotes responsible use of the environment.

In the midst of social and economic change, traditional networks of solidarity have more to do; promotion of indigenous initiatives to defend their rights must therefore be honoured. The concept of mobility of labour has given rise to increased migration, which leads to situations of human decline, and creates new forms of psychological instability and enormous cultural degradation. Interaction between cultures has a positive value, but it should be effected through intercultural dialogue not by domination or subjugation.

In the Second Decade, for the sake of social welfare, the problem of food insecurity needs to be addressed within a long-term perspective, eliminating the structural causes that give rise to it and promoting the agricultural development of poorer countries. Agricultural reform requires of indigenous populations greater investment in rural infrastructures, irrigation systems, transportation and organization of markets as well as greater access to agricultural technology. The 2009 International Day of the World’s Indigenous People focused on HIV/AIDS related issues. In the Second Decade, the vulnerability of indigenous peoples, especially children and women, to this epidemic must draw special attention and appropriate health education is essential to preventing its transmission. All these issues are to be accomplished with the involvement of local communities and respecting moral values based on human nature.

It is also necessary to cultivate a public conscience that recognizes food and access to water as universal rights of all human beings, without distinction or discrimination. The right to food, like the right to water, has an important place within the pursuit of other rights, beginning with the fundamental right to life.

Indigenous communities are deeply rooted in cultures, traditions and practices of respect for Earth, creation and human life. Openness to life has long been at the centre of the indigenous people’s spirituality and if personal and social sensitivity towards the acceptance of new life is lost, then other forms of acceptance that are valuable for society also wither away.

Thank you, Mr Chairman.

26/10/2009 16:54
OFFLINE
Post: 12.609
Post: 2.274
Registrato il: 22/08/2006
Registrato il: 20/01/2009
Utente Comunità
Utente Veteran
COMUNICATO DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE ECCLESIA DEI


Lunedì 26 ottobre 2009 si è tenuto nel Palazzo del Sant’Uffizio, sede della Congregazione per la Dottrina della Fede e della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, il primo incontro della Commissione di studio, formata da esperti della medesima Commissione e della Fraternità Sacerdotale S. Pio X, allo scopo di esaminare le difficoltà dottrinali che ancora sussistono tra la Fraternità e la Sede Apostolica.

In un clima cordiale, rispettoso e costruttivo si sono evidenziate le maggiori questioni di carattere dottrinale che saranno trattate e discusse nel corso dei colloqui che proseguiranno nei prossimi mesi probabilmente a scadenza bimensile. In particolare si esamineranno le questioni relative al concetto di Tradizione, al Messale di Paolo VI, all’interpretazione del Concilio Vaticano II in continuità con la Tradizione dottrinale cattolica, ai temi dell’unità della Chiesa e dei principi cattolici dell’ecumenismo, del rapporto tra il Cristianesimo e le religioni non cristiane e della libertà religiosa. Nel corso dell’incontro si è anche precisato il metodo e l’organizzazione del lavoro.

27/10/2009 01:30
OFFLINE
Post: 12.618
Post: 2.276
Registrato il: 22/08/2006
Registrato il: 20/01/2009
Utente Comunità
Utente Veteran
Elenco finale delle Proposizioni del Sinodo per l'Africa

www.zenit.org/article-20074?l=italian

27/10/2009 16:47
OFFLINE
Post: 12.625
Post: 2.280
Registrato il: 22/08/2006
Registrato il: 20/01/2009
Utente Comunità
Utente Veteran
STATEMENT OF THE HOLY SEE AT THE 64th SESSION OF THE UN GENERAL ASSEMBLY BEFORE THE PLENARY, ON ITEM 63: NEW ECONOMIC PARTNERSHIP FOR AFRICA’S DEVELOPMENT: PROGRESS IN IMPLEMENTATION AND INTERNATIONAL SUPPORT

Here below the statement delivered by H.E. Archbishop Celestino Migliore, Apostolic Nuncio, Permanent Observer of the Holy See, on 21 October 2009 at the 64th Session of the UN General Assembly on item 63 before the Plenary: New Economic Partnership for Africa’s Development: progress in implementation and international support:

Mr. President,

In congratulating the Secretary General for his Report on the New Economic Partnership for Africa’s Development (NEPAD), my delegation would like to offer some remarks on the overall situation in Africa.

First of all, there are certain prejudices that must be eliminated once and for all. Often when one speaks about Africa, both journalistically and at the academic or political level, one speaks of extreme poverty, coups d’état, corruption and regional conflicts. Also, when speaking positively of Africa, it is always about the future of Africa, as if it had nothing to offer at the present time.

The reality is that Africa, even in its most difficult years, has been able to provide the international community examples and values worthy of admiration and, today, Africa can also offer signs of fulfillment of many of its hopes. Just think about the various cases in which Africa has proven its great capacity to manage the processes of transition to independence or reconstruction after situations of conflict. Consider too, the presence of so many valiant officials in the United Nations and UN Agencies through which Africa shows the world the capability and talents of her people to manage the multilateral sector. Think also of the increasing contribution of the sons and daughters of Africa to the scientific, academic and intellectual life of the developed countries.

Some African countries have succeeded in realizing the dream of a diversified agriculture, which obtains results that were up to this point considered impossible; they have proven that family-farming of small scale or insignificant size can actually be multi-functional, capable of ensuring food security across the country and even generating export balance and managing the conservation of land and natural resources. What is more, many African countries have made impressive strides in the field of elementary education and improving the situation of women.

It remains true, nevertheless, that most of the people living in extreme poverty are in Africa and that the eradication of poverty and hunger, halving the proportion of people whose income is less than one dollar a day by 2015, is beyond the reach of most African countries.

Africa needs, therefore, a factual solidarity not only to cope with the negative impacts of these crises, but to help eradicate the unacceptable scourge of poverty and make available to other countries Africa’s true potential.

Africa requires a strong reinforcement of its basic economic support, consisting of the official development assistance and grants for eradicating extreme poverty and for the creation and maintenance of basic social structures. Long-term financing programs are needed to overcome the external debt of the highly indebted poor countries (HIPC), consolidate the economic and constitutional systems and create a social safety network. Likewise, international trading conditions have to conform to its proper needs and economic challenges.

In the current crisis, developed countries should not reduce their development aid to Africa, on the contrary, they should move in a farsighted vision of the economy and the world to increase their investment for those in poor countries.

In the same vein, Africa needs support for its agricultural programs. In addressing food insecurity, due consideration must be given to the structural systems, such as subsidies in developed countries and commodity dumping which drives down the ability of African farmers to make a living wage. In addition, the long decline in investment in the agricultural sector in Africa must be reversed and a renewed commitment to assisting family farmers to provide sustainable food production must be undertaken. Failure to assist Africans to feed themselves and their neighbors will only result in continued senseless loss of life from inadequate food security and increased conflict over natural resources.

Africa needs also support in diversifying its economies. Recently, the world observed both in a positive and negative manner the institutionalization of the G20 as a strong point of reference to manage the world economy. Positive because the large industrialized countries have felt the need to call to the negotiating table major emerging markets of the South. The involvement of emerging or developing countries now makes it possible to better manage the crisis. Negative for the risk of exclusion of small countries involved in these important discussions. However, one notes that emerging economies that will have an influence on politics and the world economy are those that have succeeded, to a greater or lesser extent, to diversify their industrial and agricultural facilities.

Finally, Mr. President, Africa needs integration support. The NEPAD and all regional as well as sub-regional initiatives of trade, economic and cultural cooperation, conflict management, peace-keeping and reconstruction should be promoted and strengthened. The AU has proven to be a strong focal-point for connecting Africa with the UN and the international financial and trade organizations. Similarly, the AU converges and coordinates the multiple sub-regional multilateral initiatives in Africa. The integrated economy of the present day does not make the role of States redundant but instead commits governments to greater collaboration with one another. The articulation of political authority at the local, national and international levels is one of the best ways of giving direction to the process of economic globalization.

Thank you, Mr. President.

28/10/2009 16:35
OFFLINE
Post: 12.641
Post: 2.288
Registrato il: 22/08/2006
Registrato il: 20/01/2009
Utente Comunità
Utente Veteran
STATEMENT OF THE HOLY SEE AT THE 64th SESSION OF THE UN GENERAL ASSEMBLY BEFORE THE SECOND COMMITTEE, ON ITEM 57: ERADICATION OF POVERTY AND OTHER DEVELOPMENT ISSUES

Here below the statement delivered by H.E. Archbishop Celestino Migliore, Apostolic Nuncio, Permanent Observer of the Holy See, on 22 October 2009 at the 64th Session of the UN General Assembly before the Second Committee, on item 57: Eradication of poverty and other development issues:

Mr. Chairman,

The topic of poverty eradication will continue to be present in the deliberations of the General Assembly as long as human limitations and changing historical circumstances give way to shortcomings, social imbalances and injustices. However, by addressing today once again this item, we renew our commitment to eradicating the main structural causes of poverty.

These days some governments, intergovernmental agencies, academics and other experts are predicting the end of the economic downturn caused by the financial crisis of 2008 and the beginning of recovery in major world economies. Nevertheless, even the most optimistic outlook admits that recovery will be very slow, and there is no guarantee that there will not be any further shocks and setbacks, including those triggered by inappropriate use of measures adopted to curb the effects of the crisis.

Between the potential for recovery and continued setbacks lie some discouraging statistics on the deterioration of public health, social welfare systems and education as well as a widespread sense of social disintegration. All this is difficult to measure, but is clearly discernible in daily life. In the case of the Least Developed Countries (LDCs), where a remarkable growth was experienced over the last decade, the new world situation does not seem to offer much hope.

The real crisis, therefore, is not the disruption of the international economic structures based largely on weak or even fictitious bases, but the sharp worsening of poverty in a world already haunted by intolerable misery.

In addition, those who bear the brunt of the crisis are only marginally mentioned in public discourse despite the fact that their numbers have skyrocketed and opportunities to reintegrate in the eventual economic growth are rather scarce or even non-existent. Several monitoring and advisory agencies have announced that the unemployment rate in industrialized countries has increased over the past 12 months to levels comparable to those in the 1930s and malnutrition rates have increased by 11%, primarily in developing countries. Even if an economic recovery is imminent, for those who remain jobless the crisis is not over and its social and human costs persist.

In this context, it does not seem enough simply to re-launch the global economy and establish some new rules and controls to ensure a less uncertain and traumatic financial sector. It is necessary today more than ever to work towards a qualitative change in the management of international affairs.

Resolution 63/230 notes with concern the decline of official development assistance in the years preceding the outbreak of the crisis, especially in 2006 and 2007. The year 2008 and the first half of 2009 have even seen an acceleration of this trend, apparently justified by a desire to use all available funds to prevent a further financial collapse. Many voices have been raised, however, against such an unfounded argument. In point of fact, the amount necessary to fulfill official development assistance commitments is drastically smaller than that allocated to restore the global financial sector. To delay the necessary developmental assistance reaffirms the moral roots of the crisis – the lack of solidarity and responsibility for long-term effects of economic measures. As was mentioned by my delegation on several occasions, only a constant and sustained investment in all women and men will ensure the minimum economic and political stability needed for the universal common good.

It is therefore necessary to seek the implementation of international political commitments without delay and without excuses. The already launched sale of a portion of the gold reserves of international financial institutions to help the poorest and most indebted countries, as well as the commitment to support poor countries made during the 2005 G8 meeting in Gleneagles and March 2009 G20 summit in London, should not remain mere declarations to be considered after the resolution of the crisis, but need to be implemented and enhanced as urgent steps towards a complete and lasting solution.

The various social commitments taken at the Copenhagen Conference on Social Development (1995) and the General Conference of the International Labor Organization, especially those related to decent work (1999-2000) are essential for a far-reaching action and solution in favor of a balanced and sustained world economic recovery. In addition, international trade agreements and financial statements must always and in every situation ensure sufficient political and economic space to the member states to fulfill their own responsibilities, especially those of human development of the poor, promotion of social integration and the establishment and strengthening of social security networks.

My delegation looks with attention and interest at the proposed topic "Legal Empowerment of the Poor". In fact, the implementation of a national and international economic system that actually serves the interests of the poor requires that they be able to defend and promote their own rights in the context of the rule of law at the national and international levels. But this is not enough; we must promote a true human empowerment of the poor and provide, even in conditions of economic crisis, greater access to education. This needs to go beyond basic education or professional training, both important causes of development, and concern the total formation of the person.

Thank you, Mr. Chairman.



28/10/2009 16:36
OFFLINE
Post: 12.642
Post: 2.289
Registrato il: 22/08/2006
Registrato il: 20/01/2009
Utente Comunità
Utente Veteran
CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELLA MOSTRA AI CRINALI DELLA STORIA. P. MATTEO RICCI (1552-1610) FRA ROMA E PECHINO


Alle ore 12.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo una Conferenza Stampa per la presentazione della Mostra Ai Crinali della Storia. P. Matteo Ricci (1552-1610) fra Roma e Pechino, a cura del Prof. Antonio Paolucci.

La Mostra, organizzata dal Comitato per le Celebrazioni del IV Centenario di Padre Matteo Ricci in collaborazione con i Musei Vaticani, la Curia Generalizia della Compagnia di Gesù e la Pontificia Università Gregoriana, è allestita presso il Braccio di Carlo Magno dal 30 ottobre 2009 al 24 gennaio 2010.

Intervengono alla Conferenza Stampa: S.E. Mons. Claudio Giuliodori, Vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia; il Prof. Antonio Paolucci, Direttore dei Musei Vaticani; il Prof. Giovanni Morello, Presidente della Fondazione per i Beni e le Attività Artistiche della Chiesa; l’On. Avv. Adriano Ciaffi, Presidente del Comitato promotore per le Celebrazioni del IV Centenario della morte di Padre Matteo Ricci; P. Federico Lombardi, S.I., Direttore della Sala Stampa della Santa Sede.

Pubblichiamo di seguito l’intervento di S.E. Mons. Claudio Giuliodori nel corso della Conferenza stampa e alcuni cenni biografici di P. Matteo Ricci:


INTERVENTO DI S.E. MONS. CLAUDIO GIULIODORI

Ad Maiorem Dei Gloriam. Il motto dei gesuiti ha trovato in P. Matteo Ricci uno dei più illustri e originali interpreti. La sua straordinaria avventura missionaria lo ha portato a costruire, per la prima volta nella storia, un vero ponte di dialogo e di scambio tra l’Europa e la Cina. Un incontro che ha segnato profondamente il cammino dell’umanità fino ai nostri giorni. Il gesuita maceratese si colloca così su uno dei crinali più rilevanti della storia e il suo metodo di dialogo e inculturazione appare quanto mai attuale e per molti versi ancora insuperato. La mostra allestita presso il Braccio di Carlo Magno in Vaticano, oltre a rendere il dovuto onore a questo gigante della fede e dell’amicizia tra i popoli, vuole offrire a tutti l’occasione per approfondirne la conoscenza e per confrontarsi con un modello di evangelizzazione della cultura e di inculturazione del Vangelo che, sotto vari aspetti, non ha eguali nella storia dell’umanità.

Nel messaggio inviato alla Diocesi di Macerata per l’avvio delle celebrazioni nella ricorrenza del IV centenario, il Santo Padre Benedetto XVI afferma giustamente che "considerando la sua intensa attività scientifica e spirituale non si può non rimanere favorevolmente colpiti dall’innovativa e peculiare capacità che egli ebbe di accostare, con pieno rispetto, le tradizioni culturali e spirituali cinesi nel loro insieme. E’ stato in effetti tale atteggiamento - prosegue il Santo Padre - a contraddistinguere la sua missione tesa a ricercare la possibile armonia fra la nobile e millenaria civiltà cinese e la novità cristiana, che è fermento di liberazione e di autentico rinnovamento all’interno di ogni società, essendo il Vangelo, universale messaggio di salvezza, destinato a tutti gli uomini, a qualsiasi contesto culturale e religioso appartengano".

Abbiamo voluto dedicare una mostra qui a Roma, a ridosso della Basilica di San Pietro, nel cuore della cristianità, ad un missionario vissuto in Cina per ventotto anni, morto e sepolto a Pechino, per sottolineare che tutta la sua opera è scaturita dalla fedeltà a quel mandato missionario di Gesù di cui P. Matteo Ricci si è fatto testimone secondo l’innovativo carisma di Sant’Ignazio di Loyola. Seguendo le orme del fondatore tra il XVI e il XVII secolo partirono verso i quattro angoli della terra schiere di giovani gesuiti dotati di forte personalità, di grandi risorse intellettuali e di una solida e intrepida fede.

P. Matteo Ricci proprio da Roma, giovanissimo e non ancora ordinato sacerdote, dopo essersi formato nel collegio Romano alla scuola dei più illustri maestri del tempo, partì il 18 maggio del 1577 verso l’Oriente con la benedizione di Gregorio XIII. Salperà il 24 marzo del 1778 da Lisbona assieme a 14 compagni per coronare il suo sogno di raggiungere gli estremi confini della terra e dopo sei mesi approderà a Goa dove si trovava la tomba di San Francesco Saverio, morto nel tentativo di entrare in Cina nel 1552, due mesi dopo la nascita di Ricci. Molti tentativi furono fatti senza successo per oltre 30 anni fino a quando, assieme al confratello P. Michele Ruggeri, riuscì ad entrare e a stabilire in Zhaoqing, il 10 settembre del 1583, la prima dimora dei gesuiti per arrivare, tra mille peripezie e difficoltà, il 24 gennaio del 1601 fino a Pechino, sempre incoraggiato dalla Compagnia di Gesù e in particolare dal P. Alessandro Valignano, visitatore delle missioni d’Oriente e grande sostenitore del nuovo metodo adottato dal Ricci.

Da Macerata a Pechino passando per Roma, P. Matteo Ricci compie un’impresa straordinaria. Grazie al suo slancio missionario e sostenuto da una formidabile intelligenza riuscirà a superare la diffidenza e la chiusura del popolo cinese guadagnando stima e prestigio fino ad essere accolto e ospitato a corte per desiderio dell’imperatore Wanli della grande dinastia Ming che ne apprezzerà la saggezza e i doni portati dall’Occidente. "Io mi ritrovo ancora nella Corte di Pachino da otto anni in qua che venni - scrive nel 1608 al fratello Antonio, canonico a Macerata -, e vi sono bene occupato, et qua penso finir la mia vita, poiché così desidera questo re. Si son fatti molti christiani in quattro case che habbiamo in quattro luoghi più principali del regno: e molti vengono alle Messe e si confessano e comunicano le feste principali, et odono con gran gusto la parola di Dio, con che si fa gran frutto; ma molto più con i libri che si stampano in lingua cinese, et quest'anno se ne è stampato uno, che è stato molto accetto, et è stato ristampato in due o tre altre provincie".

Ha disegnato mappamondi che hanno fatto conoscere ai cinesi il resto del mondo a loro sostanzialmente ignoto, evidenziando su queste grandi carte geografiche i luoghi più importanti della cristianità. Ha tradotto in cinese libri di filosofia, di matematica e di astronomia e ha fatto conoscere in Occidente i testi di Confucio. Ha stabilito un dialogo intensissimo con i letterati e gli uomini di cultura più illustri della Cina trasformando questi colloqui in libri, finalizzati anche a preparare il terreno per la semina del Vangelo. Nasce così il Vero significato [della Dottrina] del Signore del Cielo pubblicato a Pechino nel 1603 e si spiega anche lo straordinario successo del libro Dieci Paradossi, pubblicato a Pechino nel 1607, in cui affronta in chiave sapienziale i grandi temi della vita. È riuscito così a mettere solide basi per la penetrazione del Vangelo e per una reciproca conoscenza tra l’Oriente e l’Occidente, tra la Cina e l’Europa, tra Pechino e Roma, aprendo una nuova fase per la storia dell’umanità non dissimile da quanto avvenuto un secolo prima, sul versante opposto del pianeta, con l’impresa di Cristoforo Colombo. E di questo era ben consapevole, tanto che volle lasciare ai posteri una descrizione dettagliata di questa straordinaria avventura missionaria (cfr la monumentale opera del Ricci Della entrata della Compagnia di Gesù e Christianità nella Cina).

"Nonostante le difficoltà e le incomprensioni che incontrò - afferma ancora Benedetto XVI nel suo messaggio - Padre Ricci volle mantenersi fedele, sino alla morte, a questo stile di evangelizzazione, attuando, si potrebbe dire, una metodologia scientifica e una strategia pastorale basate, da una parte, sul rispetto delle sane usanze del luogo che i neofiti cinesi non dovevano abbandonare quando abbracciavano la fede cristiana, e, dall’altra, sulla consapevolezza che la Rivelazione poteva ancor più valorizzarle e completarle. E fu proprio a partire da queste convinzioni che egli, come già avevano fatto i Padri della Chiesa nell’incontro del Vangelo con la cultura greco-romana, impostò il suo lungimirante lavoro di inculturazione del Cristianesimo in Cina, ricercando un’intesa costante con i dotti di quel Paese".

Vorrei concludere con due auspici legati alla mostra e all’insieme della celebrazioni ricciane. La figura di P. Matteo Ricci, restata per tre secoli un po’ nell’ombra a causa delle note vicende dei cosiddetti "riti cinesi", a lui per altro sostanzialmente estranee perché successive, possa trovare il riconoscimento e l’apprezzamento che merita per il suo genio missionario, per la sua statura spirituale e morale, per la sua apertura e lungimiranza culturale. Alla luce di una tale testimonianza possa crescere l’amicizia con il popolo cinese e possano rafforzarsi i vincoli di comunione con i cattolici di questo grande Paese come auspicato dal Santo Padre nella lettera a loro indirizzata nel maggio del 2007 dove viene citato ripetutamente P. Matteo Ricci ricordando il suo stile e il suo metodo (cfr n. 4).

E in questo contesto, possa procedere in modo spedito e positivo anche il riconoscimento del suo cammino di santità secondo quella descrizione del santo che lui stesso ci offre al termine del libro sul Vero significato della Dottrina del Signore del Cielo: "Un santo è colui che si sforza di adorare il Signore del Cielo, che è modesto e auto disciplinato, e le cui parole e azioni superino quelle degli altri uomini, e il compierle sia al di là del potere umano" (cfr traduzione a cura di Alessandra Chiricosta, n. 582, p. 309). Mi sembra davvero che in quanto fatto e testimoniato da P. Matteo Ricci ci sia poco di umano e molto di divino: Ad Maiorem Dei Gloriam.





BIOGRAFIA ESSENZIALE DI P. MATTEO RICCI, S.I. (1552-1610)

1552
Il 6 ottobre nasce a Macerata.

1561-68
Studia al collegio dei Gesuiti a Macerata.

1568
Viene inviato dal padre a Roma a studiare Diritto.

1571
Interrompe gli studi ed entra nel noviziato della Compagnia di Gesù.

1572-77
Emette i primi voti; trascorre alcuni mesi in un collegio in Toscana (forse Firenze), quindi acquisisce una preparazione umanistica e scientifica al Collegio Romano.

1577
Destinato alle missioni d'Oriente, si reca a Lisbona, dal cui porto ogni primavera parte una nave per l'India. Attende sei mesi nel collegio di Coimbra, iniziando forse a studiare teologia.

1578
Salpa il 24 marzo da Lisbona e giunge il 13 settembre a Goa.

1579-82
Compie gli studi teologici; insegna lettere classiche ai ragazzi dei collegi di Goa e Cochin; viene ordinato sacerdote (1580); riceve l'ordine di recarsi a Macao per aiutare il p. Ruggeri nel tentativo di entrare in Cina. Il 7 agosto 1582 giunge a Macao.

1583
In settembre entra in Cina con Ruggeri e fonda con lui la prima residenza di Zhaoqing.

1584
Pubblica il primo Mappamondo cinese. Collabora con Ruggeri alla prima stesura in cinese del Catechismo.

1585
Dopo alcuni tentativi falliti di aprire nuove residenze, Ruggeri è inviato a Roma per sollecitare una ambasciata dal Papa presso l'imperatore della Cina. Ricci rimane a Zhaoqing con il p. De Almeida.

1589
Il nuovo viceré del Guangdong espelle i missionari da Zhaoqing. Dopo varie trattative, Ricci ottiene di essere inviato a Shaozhou, dove fonda la seconda residenza.

1592
La residenza di Shaozhou è assalita da ladri. Ricci si sloga un piede permanentemente.

1593
Inizia a scrivere il Catechismo in cinese.

1594
Primo tentativo di raggiungere Pechino al seguito di un generale cinese destinato al fronte coreano. Giunto a Nachino, deve tornare indietro.

1595
Si ferma a Nanchang, dove fonda la terza residenza e pubblica la prima opera in cinese: il trattato Sull'amicizia.

1597
È nominato superiore della missione cinese.

1598
Al seguito del ministro dei riti Wang Chung Ming raggiunge Pechino, che decide tuttavia di lasciare a causa della guerra di Corea.

1599
Si stabilisce a Nanchino e vi fonda la quarta residenza missionaria.

1600
In maggio parte di nuovo per Pechino, ma è arrestato sul cammino dal potente eunuco Ma Tang, che lo trattiene nella fortezza di Tientsin fino al gennaio 1601.

1601
24 gennaio: in forza di un decreto imperiale, viene accolto nella Città Proibita come ambasciatore d'Europa. Vivrà a Pechino fino alla morte sostenuto dall'imperatore e a spese del pubblico erario.

1602
Ristampa in terza edizione il Mappamondo cinese.

1603
Stampa Catechismo o Vera Spiegazione del Signore del Cielo.

1605
Pubblica il Sommario della dottrina cristiana e le Venticinque sentenze morali.

1607
Pubblica la traduzione dei primi sei libri della Geometria di Euclide, in collaborazione con l'amico Xu Guangqi.

1608
Stampa i Dieci paradossi o Dieci capitoli di un uomo strano; nello stesso anno inizia la redazione della sua opera storica: Della Entrata della Compagnia di Gesù e Christianità nella Cina.

1610
11 maggio, muore a Pechino dopo una breve malattia. L'imperatore, per la prima volta nella storia della Cina, concede un terreno per la sepoltura di uno straniero.


Nuova Discussione
 | 
Rispondi
Cerca nel forum

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 02:44. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com