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Notizie dal B16F

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2015 04:06
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Lefebvriani, l’Osservatore Romano ribadisce: “E’ fuori discussione la fedeltà del Santo Padre al Concilio”

CITTA’ DEL VATICANO - "Ultimo Papa ad avere partecipato in pieno e con passione, come giovanissimo teologo, al Concilio, Benedetto XVI ha delineato nel 2005 l'interpretazione cattolica del Vaticano II: un avvenimento che va letto non nella logica di una discontinuita' che, assolutizzandolo, lo isolerebbe dalla tradizione, ma in quella della riforma, che lo apre al futuro". Lo scrive l'Osservatore Romano nell'editoriale del suo direttore Giovanni Maria Vian. Per il giornale, il Vaticano II non e' minimamente messo in discussione dal perdono di del Pontefice ai quattro vescovi lefebvriani, ai quali ha tolto la scomunica. Il Vaticano II, spiega l'articolo, "e' un Concilio che, come tutti gli altri, deve essere storicizzato e non mitizzato, inseparabile dai suoi testi, che proprio dal punto di vista storico non possono essere contrapposti a un supposto 'spirito' del Vaticano II". L'articolo ricorda che "mezzo secolo fa, il 25 gennaio 1959, l'annuncio del Vaticano II da parte di Giovanni XXIII fu una clamorosa sorpresa, che di colpo oltrepasso' i confini visibili della Chiesa Cattolica". E che "Paolo VI vide subito, e con chiarezza, le prospettive storiche e religiose del Vaticano II. La piu' vasta assemblea mai celebrata nella storia fu intuita e aperta da un Papa settantottenne, un secolo dopo l'interruzione del Vaticano i (voluto da Pio IX quasi alla stessa eta'), portando con coraggio alla luce un'idea gia' ventilata sotto i pontificati di Pio XI e Pio XII". La storia della Chiesa, insomma, procede senza fratture ma con un'evoluzione graduale come sottolineo' nel 1985 "un'assemblea sinodale voluta da Giovanni Paolo II, che il Concilio visse da giovane vescovo". E questo spiega "una recezione controversa e non facile per l'incidenza delle decisioni conciliari nella vita della Chiesa, nella liturgia, nella missione, nei rapporti con le altre confessioni cristiane, l'ebraismo, le altre religioni, con l'affermazione della liberta' religiosa, nell'atteggiamento verso il mondo". A sostegno della tesi di una continuita' sostanziale tra prima e dopo il Concilio, l'Osservatore ripropone alcuni brani del primo discorso di Benedetto XVI alla Curia Romana (22 dicembre 2005), che mettono in luce il contrasto tra le due interpretazioni, quella della discontinuita' e quella della continuita'. "La Chiesa", aveva affermato il Papa, "e', tanto prima quanto dopo il Concilio, la stessa Chiesa una, Santa, cattolica ed apostolica in cammino attraverso i tempi. Chi si era aspettato che con questo 'si'' fondamentale all'eta' moderna tutte le tensioni si dileguassero e l'apertura verso il mondo cosi' realizzata trasformasse tutto in pura armonia, aveva sottovalutato le interiori tensioni e anche le contraddizioni della stessa eta' moderna; aveva sottovalutato la pericolosa fragilita' della natura umana che in tutti i periodi della storia e in ogni costellazione storica e' una minaccia per il cammino dell'uomo". Nella visione del Papa, "questi pericoli, con le nuove possibilita' e con il nuovo potere dell'uomo sulla materia e su se stesso, non sono scomparsi, ma assumono invece nuove dimensioni: uno sguardo sulla storia attuale lo dimostra chiaramente. Anche nel nostro tempo la Chiesa resta un 'segno di contraddizione'". E infatti, non e' senza motivo se ''ancora da cardinale Karol Wojtyla aveva dato questo titolo agli Esercizi spirituali predicati nel 1976 a Papa Paolo VI e alla Curia romana. Non poteva essere intenzione del Concilio abolire questa contraddizione del Vangelo nei confronti dei pericoli e degli errori dell'uomo. Era invece senz'altro suo intendimento accantonare contraddizioni erronee o superflue, per presentare a questo nostro mondo l'esigenza del Vangelo in tutta la sua grandezza e purezza". Dunque "il passo fatto dal Concilio verso l'eta' moderna, che in modo assai impreciso e' stato presentato come 'apertura verso il mondo', appartiene in definitiva al perenne problema del rapporto tra fede e ragione, che si ripresenta in sempre nuove forme". Sintetizza cosi' l'Osservatore: "I problemi della recezione del Concilio Vaticano II sono nati dal fatto che due interpretazioni contrarie si sono trovate a confronto e hanno litigato tra loro L'una ha causato confusione. L'altra, silenziosamente, ha portato e porta frutti visibili". Tornando alla revoca della scomunica, dunque, l'Osservatore Romano considera il perdono di Benedetto XVI ai vescovi lefebvriani un dono del Concilio Vaticano II. ''I buoni frutti del Concilio - scrive il ancora direttore Giovanni Maria Vian - sono innumerevoli e tra questi vi e' ora il gesto di misericordia nei confronti dei vescovi scomunicati nel 1988. Un gesto che sarebbe piaciuto a Giovanni XIII e ai suoi successori, e un'offerta limpida che Benedetto XVI, Papa di pace, ha voluto rendere pubblica in coincidenza con l'anniversario dell'annuncio del Vaticano II, con l'intenzione chiara di vedere presto sanata una frattura dolorosa''. Una intenzione che, continua la nota, 'non sara' offuscata da inaccettabili opinioni negazioniste e atteggiamenti verso l'ebraismo di alcuni membri delle comunita' a cui il vescovo di Roma tende la mano''. ''A mezzo secolo dall'annuncio - infatti - il Vaticano II e' vivo nella Chiesa. Cosi' come il Concilio resta nelle mani di ogni fedele perche' piu' chiara e forte sia la testimonianza nel mondo di quanti credono in Cristo''.




Lefebvriani, soddisfazione moderata da Padre Lombardi: “Si sono sottomessi all’autorità del Pontefice ma c’è ancora da lavorare per la piena comunione”

CITTA’ DEL VATICANO - ''I vescovi della Fraternita' San Pio X hanno richiesto la remissione della scomunica attestando esplicitamente la loro volonta' di essere nella Chiesa cattolica romana e di credere fermamente al Primato di Pietro''. E' quanto afferma il direttore della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, in una nota diffusa dall'emittente radiofonica della Santa Sede. Padre Lombardi spiega anche che ''e' bello che la remissione della scomunica avvenga nell'imminenza del 50esimo anniversario dell'annuncio del Concilio Vaticano II, in modo che questo evento fondamentale possa ora non essere piu' considerato occasione di tensione, ma di comunione''. ''Il testo del decreto - afferma ancora padre Lombardi - mette in luce che, di per se', si e' ancora in cammino verso la piena comunione, di cui il Santo Padre auspica la sollecita realizzazione. Ad esempio, aspetti come lo status della Fraternita' e dei sacerdoti che vi appartengono non sono definiti nel decreto pubblicato. Ma la preghiera della Chiesa e' tutta concorde con quella del Papa, perche' ogni difficolta' venga presto superata e si possa parlare di comunione in senso pieno e senza incertezza alcuna''. Padre Lombardi ricorda anche come il Cardinale Ratzinger sia stato ''protagonista dei rapporti con Monsignor Lefebvre nel 1988 e gia' a quel tempo aveva cercato di fare tutto il possibile per servire l'unione della Chiesa. Allora non era bastato e le consacrazioni episcopali del 30 giugno di quell'anno, compiute senza mandato pontificio, avevano creato una situazione di grave frattura''. E tuttavia, ''la Commissione Ecclesia Dei, costituita da Giovanni Paolo II in quella circostanza, ha lavorato con pazienza per conservare aperte le vie del dialogo e diverse comunita' in vario modo collegate al movimento lefebvriano hanno gia' potuto, nel corso degli anni, rientrare in piena comunione con la Chiesa cattolica''. Inoltre, ''la Fraternita' Sacerdotale San Pio X, con quattro vescovi, rimaneva in ogni caso la comunita' piu' importante con cui ristabilire la comunione. Benedetto XVI ha manifestato in modo indubitabile il suo impegno per fare tutto il possibile per raggiungere questo obiettivo''. Quindi il direttore della Sala stampa vaticana ha ricordato ''il Motu Proprio Summorum Pontificum sulla liberalizzazione della Messa in latino e i chiarimenti interpretativi del Papa circa la vera lettura da dare del Concilio Vaticano II. ''Tutto cio' - ha concluso padre Lombardi - ha creato naturalmente un clima favorevole, in cui i vescovi della Fraternita' San Pio X hanno richiesto la remissione della scomunica attestando esplicitamente la loro volonta' di essere nella Chiesa cattolica romana e di credere fermamente al Primato di Pietro''.





Persino il ritiro della scomunica a Williamson è motivo di polemica per gli ebrei. I Rabbini Rosen, Di Segni e Laras sul piede di guerra: “Nubi minacciose sul dialogo con i cristiani”

CITTA’ DEL VATICANO - La decisione della Santa Sede di riammettere nel suo seno il vescovo lefebvriano Richard Williamson, autore di dichiarazioni revisioniste sull'Olocausto e ''persona chiaramente antisemita'', ''e' un passo che contamina l'intera Chiesa'', se quest'ultima non esige per prima cosa dal prelato lefebvriano la ritrattazione di cio' che ha detto sulla Shoah. Lo ha dichiarato il rabbino David Rosen, che e' attivamente coinvolto nel dialogo tra l'Ebraismo e la Chiesa cattolica. Nella decisione nei confronti di Williamson, ha sottolineato il rabbino, ''c'e' stata una superficialita' - almeno cosi' voglio sperare - che mostra gravi lacune nel funzionamento interno del Vaticano''. ''Accettare una persona (Williamson) chiaramente antisemita - ha continuato Rosen - e' farsi gioco di Giovani XXIII e di Giovanni Paolo II e di tutti i Papi'' che hanno operato per il dialogo tra le religioni. Il Vaticano, ha proseguito il rabbino, assicura che resta fedele alla ‘Nostra Aetate’ ''ma non conta cio' che dice, conta cio' che fa e fino a quando non esige una ritrattazione (delle dichiarazioni revisioniste sulla Shoah da parte del vescovo Williamson) e' l'intera Chiesa che e' contaminata''. La revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani, afferma Rosen, ''e' una questione interna alla Chiesa fino a quando quest'ultima resta fedele alla ‘Nostra Aetate’, ma se diventa un abbraccio a chi nega la Shoah, allora e' una cosa diversa''. ''Nubi minacciose sembrano addensarsi sul dialogo ebraico cristiano''. Questo il commento del rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, alla decisione di Benedetto XVI di revocare la scomunica a quattro vescovi lefebvriani, tra cui Richard Williamson. Di Segni ha posto anche un problema: ''Se la decisione non e' un sempilce perdono, ma comporta anche la riammissione ai poteri episcopali diventa tutto ancora piu' problematico. La possibilita' di nominare sacerdoti da parte di un vescovo negazionista sarebbe gravissimo''. ''Voglio ricordare inoltre che i lefebvriani all'epoca della visita di Giovanni Paolo II nella sinagoga di Roma distribuirono un manifestino in cui - ha aggiunto - si diceva 'Papa non andare da Caifa', paragonando il rabbino Toaff al sacerdote che aveva condannato Gesu'. Per loro - ha concluso - eravamo e siamo ancora il popolo deicida. Questi sono i lefebvriani''. Un atto ''di cui proprio non si sentiva bisogno''. Cosi' il rabbino Giuseppe Laras, presidente dell'Assemblea rabbinica italiana, definisce invece la decisione di Benedetto XVI di revocare la scomunica ai vescovi lefebvriani. ''E' un momento delicato per il dialogo ebraico-cristiano - ha spiegato Laras -. servivano atti di distensione e non questi episodi e queste dichiarazioni''. ''Certo, con il Giorno della memoria a cosi' breve distanza (il 27 gennaio, ndr) - ha aggiunto ironicamente - non si poteva scegliere momento migliore. Magari sara' una coincidenza, ma tutto questo fa pensare e induce tristi considerazioni. In un momento in cui inoltre viviamo alcune tensioni con il Vaticano, tra queste la preghiera dell'Oremus, non ci voleva proprio questa iniziativa per la quale un vescovo negazionista viene graziato''. ''Non siamo nella testa del Papa, ne' vogliamo entrarci, ma certo - ha concluso Laras - non e' un atto distensivo''.

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