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Notizie dal B16F

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2015 04:06
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20/01/2009 22:34
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Dal blog di Lella...

Intervista con il Rabbino Jacob Neusner: “Ratzinger non ci ha tradito”

Il rabbino Jacob Neusner è nato ad Hartford nel Connecticut nel 1932. Raffinato esegeta delle Sacre Scritture ebree, professore di storia e teologia del giudaismo al Bard College di New York, fu nel 1993 che pubblicò un saggio ancora oggi attuale, “A Rabbi talks with Jesus”, che provocò l’interesse dell’allora prefetto della congregazione per la dottrina della fede, il cardinale Joseph Ratzinger. Un interesse sancito anche da una fitta corrispondenza tra i due, oggi ancora non interrotta.
Quando nel 2007 Benedetto XVI fece uscire il suo primo libro da Pontefice, “Gesù di Nazaret”, alcuni motivi di questa intensa amicizia vennero fuori.
Neusner - citato nel testo più volte di due grandi del calibro di Romano Guardini e di sant’Agostino - venne elogiato da Benedetto XVI per la sincera ricerca della verità messa in campo nei suoi studi, una ricerca mai tesa all’adesione al cristianesimo quanto a prendere sul serio la figura di Gesù e la pretesa di verità contenuta nei Vangeli.
Col Riformista Jacob Neusner parla del suo rapporto con Ratzinger e fa il punto sul dialogo percorso tra ebrei e cattolici anche alla luce del conflitto di Gaza il quale, seppure primariamente di rilevanza politica, influisce anche sui rapporti tra le diverse fedi e religioni.

Rabbino Neusner, come giudica le parole del rabbino capo di Venezia Elia Enrico Richetti secondo il quale con Benedetto XVI e la sua reintroduzione dell’antico messale che prevede che il venerdì santo si preghi per gli ebrei, la Chiesa sta cancellando i suoi ultimi «cinquanta anni di storia» nel dialogo tra ebraismo e cattolicesimo?

Non condivido l’opinione del rabbino capo di Venezia circa il futuro del dialogo ebraico-cristiano. Questo dialogo ha dato un grande contributo al reciproco scambio tra le diverse fedi.
Tra l’altro, gli impegni dei Pontefici successori di Pio XII - Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI in particolare - rappresentano una pietra miliare per il futuro dei nostri rapporti.
Quanto alla preghiera del venerdì santo, dico soltanto che tutte le religioni pregano per l’illuminazione degli “altri”. Gli ebrei pregano per l’illuminazione dei gentili e non avviene niente di diverso nella “controparte” cattolica.

Benedetto XVI ha a cuore il rapporto con gli ebrei?

Papa Benedetto XVI, dall’inizio del suo pontificato fino a oggi, non ha tradito gli impegni presi di mantenere buone relazioni tra cattolici-cristiani ed ebrei.

Secondo lei le parole di Richetti sono influenzate dalle prese di posizione del Papa e di altri esponenti della Chiesa sul conflitto di Gaza?

Il conflitto con Hamas riguarda il diritto dello Stato ebraico di esistere. Hamas non vuole fare la pace con lo Stato di Israele ma vuole soltanto che il conflitto continui all’infinito. Se Hamas favorisse la pace con Israele e i palestinesi, affermerebbe che lo Stato d’Israele esiste. E ciò andrebbe contro la sua stessa posizione e contro quella dei suoi sostenitori. E farebbe divenire l’Ehzbollah e Ahmadinejad suoi nemici.

Il dialogo ebrei-cattolici procede tra alti e bassi. Oggi si celebra la giornata del dialogo ebraico-cristiano. A che punto siamo?

Paragonando le relazioni che c’erano tra gli ebrei e la Chiesa cattolica prima di Giovanni XXIII e del Concilio Vaticano II e quelle che ci sono ora, posso dire che oggi le relazioni sono improntate molto più di prima sul rispetto reciproco e sull’amicizia. Ci sono potenti forze all’interno della comunità cattolica e delle istituzioni ebraiche che spingono per l’amicizia: ad esempio, nelle università pontificie romane stima e amicizia vengono alimentate attraverso diversi percorsi accademici. Le comunità ebraiche, poi, sostengono le giovani generazioni che intendono fare proprio un serio lavoro di dialogo tra le due parti.

Si parla di una possibile visita del Papa in Terra Santa? Secondo lei potrebbe essere utile?

Una visita del Papa, nel solco di quella già effettuata da Giovanni Paolo II, non potrà che favorire l’amicizia tra ebrei e cattolici. E rappresenterebbe una pietra miliare circa il riconoscimento cattolico dello Stato ebraico. Un eventuale gesto, poi, di lutto e di memoria al Museo dello Yad Vashem farebbe un’enorme impressione.

Pio XII è giudicato in modo ambivalente. La Chiesa cattolica vorrebbe beatificarlo, mentre allo Yad Vashem ancora resiste una didascalia che lo dipinge in modo ambiguo…

Fino a che gli archivi del Vaticano non saranno stati studiati con oggettività, criticamente e in ogni loro parte, credo che una parola definitiva su Pio XII non la si possa dare. Sarebbe saggio posporre una parola definitiva al termine di questo importante lavoro. Oggi ancora il ricordo di Pio XII è oscuro.

Come giudica la preghiera dei musulmani pro Hamas in due piazze simbolo di Milano e Bologna?

Una persona esterna come me fatica a dire la sua su una questione che riguarda la definizione della nazionalità italiana e della sua cultura. Credo che sia un problema che trascende i confini dell’Italia e riguarda tutta l’Europa. Per noi americani è diverso perché veniamo da una differente tradizione politica nelle relazioni tra le religioni. Credo comunque sia la storia a insegnare che l’Europa si regge sulla cristianità.

© Copyright Il Riformista, 17 gennaio 2009

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