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Discorsi, omelie, udienze, angelus e altri documenti

Ultimo Aggiornamento: 02/03/2013 17:43
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21/02/2009 01:34
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Il Papa chiede la difesa della cultura delle comunità indigene rurali

Va garantito a tutti un equo accesso
alle risorse della terra





Va garantito a tutti un equo accesso alle risorse della terra. È l'appello lanciato da Benedetto XVI durante l'udienza ai partecipanti alla trentunesima sessione del Consiglio dei governatori del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo, ricevuti nella Sala Clementina venerdì mattina, 20 febbraio. Il Papa ha chiesto in particolare la realizzazione di progetti di sviluppo che difendano la terra e la cultura tradizionale delle comunità rurali locali.


Signor presidente del Consiglio Governativo,
Governatori, Rappresentanti Permanenti degli Stati membri, funzionari dell'Ifad,
Signore e Signori,
sono lieto di avere l'opportunità di incontrare tutti voi a conclusione delle celebrazioni del xxx anniversario della creazione del Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo. Ringrazio il presidente uscente, signor Lennart Båge, per le sue cortesi parole e porgo congratulazioni e buoni auspici al signor Kanayo Nwanze per la sua elezione a questo alto ufficio. Ringrazio tutti voi per essere qui oggi e vi assicuro delle mie preghiere per l'opera importante che svolgete nel promuovere lo sviluppo agricolo. La vostra opera è particolarmente cruciale in questo momento a motivo dell'effetto dannoso sulla sicurezza alimentare dell'attuale instabilità dei prezzi dei prodotti agricoli. Ciò richiede strategie nuove e lungimiranti per la lotta alla povertà rurale e per la promozione dello sviluppo rurale. Come sapete, la Santa Sede condivide pienamente il vostro impegno per superare la povertà e la fame, e per aiutare le popolazioni più povere del mondo. Prego affinché la celebrazione dell'anniversario dell'Ifad sia per voi un incentivo a perseguire nei prossimi anni questi obiettivi meritevoli con energia e determinazione rinnovate.
Fin dall'inizio, il Fondo Internazionale ha ottenuto una forma esemplare di cooperazione e corresponsabilità fra nazioni in diverse fasi di sviluppo. Quando Paesi prosperi e nazioni in via di sviluppo si uniscono per prendere decisioni congiunte e per definire criteri specifici relativamente al contributo che ogni Paese deve dare al Fondo, si può veramente affermare che i vari Stati membri si incontrano sullo stesso piano, esprimendo la loro solidarietà reciproca e il loro impegno comune per sradicare la povertà e la fame. In un mondo sempre più interdipendente, i processi decisionali congiunti di questo tipo sono essenziali se gli affari internazionali devono essere condotti con equità e avvedutezza.
Ugualmente lodevole è l'enfasi posta dall'Ifad sulla promozione delle opportunità di sviluppo nelle comunità rurali, con l'intenzione di far sì che, a lungo termine, esse divengano indipendenti dall'aiuto esterno. L'assistenza fornita ai produttori locali serve a edificare l'economia e contribuisce allo sviluppo generale della nazione interessata. In questo senso, i progetti di "credito rurale", elaborati per aiutare i piccoli proprietari terrieri e gli agricoltori che invece non possiedono terreni propri, possono promuovere la più ampia economia e garantire una sicurezza alimentare maggiore a tutti. Questi progetti aiuteranno anche le comunità indigene a prosperare nella propria terra e a vivere in armonia con la loro cultura tradizionale, invece di essere costrette allo sradicamento per cercare occupazione in città sovraffollate, piene di problemi sociali, in cui spesso devono sopportare condizioni di vita squallide.
Questo approccio ha il merito particolare di restituire al settore agricolo il proprio posto nell'economia e nel tessuto sociale delle nazioni in via di sviluppo. A questo proposito un contributo prezioso può essere reso dalle Organizzazioni Non Governative, alcune delle quali sono strettamente legate alla Chiesa cattolica e sono impegnate nell'applicazione della sua dottrina sociale. Il principio di solidarietà richiede che ogni gruppo nella società sia libero di rendere il proprio contributo al bene generale. Troppo spesso, agli agricoltori delle nazioni in via di sviluppo viene negata quest'opportunità, il loro lavoro viene sfruttato avidamente e i loro prodotti vengono stornati verso mercati lontani con pochissimo o nessun beneficio per la comunità locale stessa.
Circa cinquant'anni fa, il mio predecessore Papa Giovanni XXIII ebbe a dire a proposito del compito di lavorare la terra: "I lavoratori della terra possono facilmente costatare quanto sia nobile il loro lavoro... perché lo si vive nel tempio maestoso della creazione... È un lavoro inoltre che presenta" una dignità propria (Mater et magistra, n. 130-131). Tutto il lavoro umano è partecipazione alla provvidenza creativa di Dio Onnipotente, ma l'agricoltura lo è in maniera preminente. Una società autenticamente umana saprà sempre come apprezzare e ricompensare in modo appropriato il contributo reso dal settore agricolo. Se sostenuto nel modo giusto, esso ha il potenziale di liberare una nazione dalla povertà e di gettare le fondamenta di una sempre maggiore prosperità.
Signore e Signori, mentre rendiamo grazie per i risultati di questi ultimi trent'anni, dobbiamo rinnovare la determinazione ad agire in armonia e solidarietà con tutti i differenti elementi della famiglia umana per garantire un accesso equo alle risorse della Terra ora e in futuro. La motivazione a comportarsi così scaturisce dall'amore: amore per i poveri, amore che non può tollerare ingiustizia o privazione, amore che rifiuta di riposare fino a quando la povertà e la fame non saranno bandite.
Gli obiettivi dello sradicamento della miseria e della fame e della promozione della sicurezza alimentare e dello sviluppo rurale, lungi dall'essere eccessivamente ambiziosi o irrealistici, divengono, in questo contesto, imperativi vincolanti per l'intera comunità internazionale. Prego con fervore affinché le attività di organizzazioni come la vostra continuino a rendere un significativo contributo al raggiungimento di questi obiettivi. Nel ringraziarvi e nell'incoraggiarvi a perseverare nella buona opera che svolgete, vi affido alla sollecitudine costante del nostro Padre amorevole, il Creatore del Cielo e della Terra e di tutto ciò che è in essa. Che Dio vi benedica tutti!



(©L'Osservatore Romano - 21 febbraio 2009)










Il Papa ai partecipanti alla plenaria della Pontificia Commissione per l'America Latina

Preti solo per essere discepoli
e missionari di Gesù Cristo




Sacerdoti formati secondo il cuore di Cristo per rispondere alle sfide poste alla Chiesa in America Latina. Lo raccomanda il Papa nel discorso rivolto venerdì mattina, 20 febbraio, ai partecipanti alla plenaria della Pontificia Commissione per l'America Latina, ricevuti in udienza nella Sala del Concistoro. La Plenaria sta riflettendo proprio sulla situazione attuale della formazione sacerdotale offerta nei seminari del continente.

Signori cardinali,
Cari fratelli nell'episcopato,
Saluto cordialmente i consiglieri e i membri della Pontificia Commissione per l'America Latina, che nella loro assemblea plenaria hanno riflettuto su "la situazione attuale della formazione sacerdotale nei seminari" di quel continente. Ringrazio per le parole che, a nome di tutti, mi ha rivolto il presidente della commissione, il cardinale Giovanni Battista Re, presentandomi le linee centrali dei lavori e le raccomandazioni pastorali delineatesi in questo incontro.
Rendo grazie a Dio per i frutti ecclesiali di questa Pontificia Commissione fin dalla sua creazione nel 1958, quando Papa Pio XII vide la necessità di creare un organismo della Santa Sede per intensificare e coordinare più strettamente l'opera svolta a favore della Chiesa in America Latina, dinanzi all'esiguo numero dei suoi sacerdoti e missionari. Il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II sostenne e potenziò questa iniziativa, al fine di mettere in risalto la speciale sollecitudine pastorale del Successore di Pietro per le Chiese che peregrinano in quelle amate terre. In questa nuova tappa della Commissione, non posso non menzionare con viva gratitudine il lavoro realizzato da colui che per lunghi anni è stato il suo Vicepresidente, il vescovo Cipriano Calderón Polo, scomparso di recente, il cui generoso lavoro e fedele servizio alla Chiesa sarà premiato dal Signore.
Lo scorso anno ho ricevuto molti vescovi dell'America Latina e dei Caraibi nella loro visita ad limina. Con essi ho parlato della realtà delle Chiese particolari che sono state affidate loro, potendo così conoscere più da vicino le speranze e le difficoltà del loro ministero apostolico. Li accompagno tutti con la mia preghiera, affinché continuino ad esercitare con fedeltà e gioia il loro servizio al Popolo di Dio, promuovendo nel momento presente la "Missione continentale", che è stata avviata quale frutto della v Conferenza Generale dell'Episcopato dell'America Latina e dei Caraibi (cfr. Documento conclusivo, n. 362).
Serbo un grato ricordo della mia permanenza ad Aparecida, dove abbiamo vissuto un'esperienza di intensa comunione ecclesiale, con l'unico desiderio di accogliere il Vangelo con umiltà e di seminarlo generosamente. Il tema scelto - Discepoli e missionari di Gesù Cristo affinché i nostri popoli in Lui abbiano vita - continua a orientare gli sforzi dei membri della Chiesa in quelle amate nazioni.
Quando ho presentato un bilancio del mio viaggio apostolico in Brasile ai membri della Curia Romana, mi sono chiesto: "Ha fatto bene Aparecida, nella ricerca di vita per il mondo, a dare la priorità al discepolato di Gesù Cristo e all'evangelizzazione? Era forse un ripiegamento sbagliato nell'interiorità?". A ciò ho risposto con totale certezza: "No! Aparecida ha deciso giustamente, perché proprio mediante il nuovo incontro con Gesù Cristo e il suo Vangelo - e solo così - vengono suscitate le forze che ci rendono capaci di dare la giusta risposta alle sfide del tempo" (Discorso alla Curia Romana, 21 dicembre 2007). Continua a essere fondamentale questo incontro personale con il Signore, alimentato dall'ascolto della sua Parola e dalla partecipazione all'Eucaristia, come pure la necessità di trasmettere con grande entusiasmo la nostra propria esperienza di Cristo.
Noi vescovi, successori degli Apostoli, siamo i primi a dover mantenere sempre viva la chiamata gratuita e amorevole del Signore, come quella che Egli fece ai primi discepoli (cfr. Mc 1, 16-20). Come loro, anche noi siamo stati scelti per "stare con lui" (cfr. Mc 3, 14), per accogliere la sua Parola e ricevere la sua forza, e vivere così come lui, annunciando a tutte le genti la Buona Novella del Regno di Dio.
Per tutti noi, il seminario è stato un tempo decisivo di discernimento e di preparazione. Lì, in dialogo profondo con Cristo, si è rafforzato il nostro desiderio di radicarci profondamente in lui. In quegli anni, abbiamo imparato a sentirci nella Chiesa come a casa nostra, accompagnati da Maria, la Madre di Gesù e amatissima Madre nostra, sempre obbediente alla volontà di Dio. Per questo sono lieto che questa assemblea plenaria abbia dedicato la sua attenzione alla situazione attuale dei seminari in America Latina.
Per avere presbiteri secondo il cuore di Cristo, bisogna confidare nell'azione dello Spirito Santo, più che nelle strategie e nei calcoli umani, e chiedere con grande fede al Signore, "il Signore della messe", di inviare numerose e sante vocazioni al sacerdozio (cfr. Lc 10, 2), unendo sempre a questa supplica l'affetto e la vicinanza a quanti sono nel seminario in vista dei sacri ordini. D'altro canto, la necessità di sacerdoti per affrontare le sfide del mondo di oggi non deve indurre a rinunciare a un attento discernimento dei candidati e neppure a trascurare le esigenze necessarie, persino rigorose, affinché il loro processo formativo contribuisca a fare di essi dei sacerdoti esemplari.
Di conseguenza, le raccomandazioni pastorali di questa assemblea devono essere un punto di riferimento imprescindibile per illuminare l'operato dei vescovi dell'America Latina e dei Caraibi in questo delicato campo della formazione sacerdotale. Oggi più che mai è necessario che i seminaristi, con retta intenzione e senza alcun altro interesse, aspirino al sacerdozio mossi unicamente dalla volontà di essere autentici discepoli e missionari di Gesù Cristo che, in comunione con i propri vescovi, lo rendano presente con il loro ministero e la loro testimonianza di vita. Per questo è estremamente importante curare attentamente la loro formazione umana, spirituale, intellettuale e pastorale, come pure la scelta adeguata dei loro formatori e professori, che devono distinguersi per preparazione accademica, spirito sacerdotale e fedeltà alla Chiesa, in modo da saper infondere nei giovani ciò di cui il Popolo di Dio ha bisogno e si aspetta dai suoi pastori.
Affido alla protezione materna della Santissima Vergine Maria le iniziative di questa assemblea plenaria, supplicandola di accompagnare quanti si stanno preparando al ministero sacerdotale nel loro cammino sulle orme del suo divino Figlio, Gesù Cristo, nostro Redentore. Con questi sentimenti, vi imparto con affetto la benedizione apostolica.



(©L'Osservatore Romano - 21 febbraio 2009)

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