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Discorsi, omelie, udienze, angelus e altri documenti

Ultimo Aggiornamento: 02/03/2013 17:43
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27/03/2009 16:21
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COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE


Questa mattina, nel Palazzo Apostolico in Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza il Presidente della Repubblica di Cipro, Sua Eccellenza il Sig. Demetris Christofias, il quale ha successivamente incontrato l’Em.mo Card. Segretario di Stato Tarcisio Bertone e l’Ecc.mo Segretario per i Rapporti con gli Stati Dominique Mamberti.

I cordiali colloqui hanno affrontato alcuni temi riguardanti la situazione del Paese e il suo futuro. Il Presidente Christofias non ha mancato di informare in merito alla condizione di numerose chiese ed edifici cristiani nel nord dell’isola. Gli interlocutori hanno condiviso l’auspicio che i negoziati in corso tra le Parti possano portare alla soluzione dell’annosa questione cipriota.

Sono state scambiate idee sulla situazione internazionale, tra l’altro per quanto riguarda il Continente africano.

Si è, infine, sottolineata l’importanza di buone relazioni tra cattolici e ortodossi e tra cristiani e musulmani, chiamati tutti a collaborare in favore del bene della società e della convivenza pacifica dei popoli.

28/03/2009 15:55
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LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

S.E. Mons. Walter Mixa, Ordinario Militare per la Repubblica Federale di Germania;

Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale dell’Argentina, in Visita "ad Limina Apostolorum":

S.E. Mons. Charbel Georges Merhi, Vescovo di San Charbel en Buenos Aires dei Maroniti;

S.E. Mons. Mario Aurelio Poli, Vescovo di Santa Rosa;

S.E. Mons. Juan Horacio Suárez, Vescovo di Gregorio de Laferrere.

Il Papa riceve questa mattina in Udienza;

Giovani Volontari del Servizio Civile nazionale italiano.

Il Santo Padre riceve questo pomeriggio in Udienza:

Em.mo Card. Giovanni Battista Re, Prefetto della Congregazione per i Vescovi.




RINUNCE E NOMINE



NOMINA DEL VESCOVO DI CHIOGGIA (ITALIA)

Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Chioggia (Italia) il Rev.do Mons. Adriano Tessarollo, del clero della diocesi di Vicenza, finora Parroco di San Pietro Apostolo in Schio.

Rev.do Mons. Adriano Tessarollo

Il Rev.do Mons. Adriano Tessarollo è nato il 2 maggio 1946 a Tezze sul Brenta, diocesi e provincia di Vicenza.

Dopo le scuole elementari è entrato nel Seminario Minore di Vicenza e poi in quello Maggiore, dove ha percorso tutto il cammino formativo fino all’ordinazione sacerdotale, ricevuta il 6 giugno 1971 nella Cattedrale di Vicenza.

Successivamente ha frequentato il Pontificio Istituto Biblico in Roma conseguendo, nel 1974, la Licenza in Sacra Scrittura.

Questi gli incarichi più significativi da lui ricoperti: nel 1976 è stato nominato Docente di Sacra Scrittura nello Studio Teologico del Seminario di Vicenza ed ha collaborato come Professore con diversi Istituti di Scienze Religiose e Studi Teologici di altre diocesi; nel 1985 è stato designato Assistente del Consiglio della Federazione dell'Istituto Secolare della Compagnia di S. Angela Merici e nel 1995 è stato insignito del titolo di Canonico Onorario della Cattedrale; nel 1988 ha ricevuto l’incarico di Preside dello Studio Teologico del Seminario di Vicenza; nel 1992 è stato nominato Parroco di Montemezzo e, nel 1998, Amministratore parrocchiale di Valdimolino; dal 1993 ha svolto l’incarico di Vicario Episcopale per la Formazione Permanente del Clero; nel 2005 è stato nominato Direttore dell’Ufficio diocesano per l’Evangelizzazione e la Catechesi; dal 2007 è Arciprete Parroco della Parrocchia di San Pietro Apostolo in Schio e Protonotario Apostolico "durante munere".

Ha pubblicato diversi articoli su riviste di catechesi e pastorale.



NOMINA DELL’INVIATO SPECIALE ALLA CELEBRAZIONE CONCLUSIVA DEL MILLENNIO DELLA DEDICAZIONE DELLA CONCATTEDRALE DI SARSINA (ITALIA) (31 MAGGIO 2009)

Il Papa ha nominato l’Em.mo Card. Salvatore De Giorgi, Arcivescovo emerito di Palermo, Suo Inviato Speciale alla celebrazione conclusiva del millennio della dedicazione della Concattedrale di Sarsina (Italia), che avrà luogo il 31 maggio 2009.

28/03/2009 15:56
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UDIENZA AI GIOVANI VOLONTARI DEL SERVIZIO CIVILE NAZIONALE ITALIANO

Alle ore 12.15 di questa mattina, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre riceve in Udienza i Giovani Volontari del Servizio Civile nazionale italiano e rivolge loro il discorso che riportiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari giovani!

Benvenuti e grazie per questa vostra gradita visita. Per me è sempre una gioia incontrare i giovani; in questo caso, sono ancor più contento perché voi siete volontari del servizio civile, caratteristica questa che rafforza la mia stima per voi, e mi invita a proporvi alcune riflessioni legate alla vostra specifica attività. Prima, però, desidero salutare il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, il senatore Carlo Giovanardi, che ha promosso questo incontro a nome del Governo italiano, ringraziandolo anche per le sue gentili parole. Come pure saluto le altre Autorità presenti.

Cari amici, che cosa può dire il Papa a giovani impegnati nel servizio civile nazionale? Innanzitutto, può congratularsi per l’entusiasmo che vi anima e per la generosità con cui portate a compimento questa vostra missione di pace. Permettete poi che vi proponga una riflessione che, potrei dire, vi riguarda in modo più diretto, una riflessione tratta dalla Costituzione del Concilio Vaticano II Gaudium et spes – "gioia e speranza" – che concerne la Chiesa nel mondo contemporaneo. Nella parte finale di questo documento conciliare, dove viene affrontato anche il tema della pace tra i popoli, si trova un’espressione fondamentale sulla quale è bene soffermarsi: "La pace non è stata mai stabilmente raggiunta, ma è da costruirsi continuamente" (n. 78). Quanto reale è questa osservazione! Purtroppo, guerre e violenze non cessano mai, e la ricerca della pace è sempre faticosa. In anni segnati dal pericolo di possibili conflitti planetari, il Concilio Vaticano II denunciava con forza – in questo testo – la corsa agli armamenti. "La corsa agli armamenti, alla quale si rivolgono molte nazioni, non è la via sicura per conservare saldamente la pace", ed aggiungeva subito che la corsa al riarmo "è una delle piaghe più gravi dell’umanità e danneggia in modo intollerabile i poveri" (GS, 81). A tale preoccupata constatazione i Padri Conciliari facevano seguire un auspicio: "Nuove strade – essi affermavano – converrà cercare partendo dalla riforma degli spiriti, perché possa essere rimosso questo scandalo e al mondo, liberato dall’ansietà che l’opprime, possa essere restituita la vera pace" (ibid.).

"Nuove strade", dunque, "partendo dalla riforma degli spiriti", dal rinnovamento degli animi e delle coscienze. Oggi come allora l’autentica conversione dei cuori rappresenta la via giusta, la sola che possa condurre ciascuno di noi e l’intera umanità all’auspicata pace. È la via indicata da Gesù: Lui – che è il Re dell’universo – non è venuto a portare la pace nel mondo con un esercito, ma attraverso il rifiuto della violenza. Lo disse esplicitamente a Pietro, nell’orto degli Ulivi: "Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno" (Mt 26,52); e poi a Ponzio Pilato: "Se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù" (Gv 18,36).

È la via che hanno seguito e seguono non solo i discepoli di Cristo, ma tanti uomini e donne di buona volontà, testimoni coraggiosi della forza della non violenza. Sempre nella Gaudium et spes, il Concilio affermava: "Noi non possiamo non lodare coloro che, rinunciando alla violenza nella rivendicazione dei loro diritti, ricorrono a quei mezzi di difesa che sono, del resto, alla portata anche dei più deboli, purché ciò si possa fare senza pregiudizio dei diritti e dei doveri degli altri o della comunità" (n. 78). A questa categoria di operatori di pace appartenete anche voi, cari giovani amici. Siate, dunque, sempre e dappertutto strumenti di pace, rigettando con decisione l’egoismo e l’ingiustizia, l’indifferenza e l’odio, per costruire e diffondere con pazienza e perseveranza la giustizia, l’uguaglianza, la libertà, la riconciliazione, l’accoglienza, il perdono in ogni comunità.

Mi piace qui rivolgere a voi, cari giovani, l’invito con cui ho concluso l’annuale messaggio del 1° gennaio scorso per la Giornata Mondiale della Pace, esortandovi "ad allargare il cuore verso le necessità dei poveri e a fare quanto è concretamente possibile per venire in loro soccorso. Resta infatti incontestabilmente vero l’assioma secondo cui «combattere la povertà è costruire la pace»". Molti di voi – penso ad esempio a quanti operano con la Caritas ed in altre strutture sociali – sono quotidianamente impegnati in servizi alle persone in difficoltà. Ma in ogni caso, nella varietà degli ambiti delle vostre attività, ciascuno, attraverso questa esperienza di volontariato, può rafforzare la propria sensibilità sociale, conoscere più da vicino i problemi della gente e farsi promotore attivo di una solidarietà concreta. È questo sicuramente il principale obiettivo del servizio civile nazionale, un obiettivo formativo: educare le giovani generazioni a coltivare un senso di attenzione responsabile nei confronti delle persone bisognose e del bene comune.

Cari ragazzi e ragazze, un giorno Gesù disse alla gente che lo seguiva: "Chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà" (Mc 8,35). In queste parole c’è una verità non solo cristiana, bensì universalmente umana: la vita è un mistero d’amore, che tanto più ci appartiene quanto più la doniamo. Anzi, quanto più ci doniamo, cioè facciamo dono di noi stessi, del nostro tempo, delle nostre risorse e qualità per il bene degli altri. Lo dice una celebre preghiera attribuita a san Francesco d’Assisi, che inizia così: "O Signore, fa’ di me uno strumento della tua pace"; e termina con queste parole: "Perché è dando che si riceve, perdonando che si è perdonati, morendo che si risuscita a vita eterna". Cari amici, sia sempre questa la logica della vostra vita; non solo adesso che siete giovani, ma anche domani, quando rivestirete – ve lo auguro – ruoli significativi nella società e formerete una famiglia. Siate persone pronte a spendersi per gli altri, disposte anche a soffrire per il bene e la giustizia. Per questo assicuro la mia preghiera, affidandovi alla protezione di Maria Santissima. Vi auguro un buon servizio e vi benedico tutti di cuore insieme con i vostri cari e le persone che quotidianamente incontrate.

29/03/2009 16:29
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VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA DEL SANTO VOLTO DI GESÙ ALLA MAGLIANA

Alle ore 9 di questa mattina - V Domenica di Quaresima - il Santo Padre Benedetto XVI si è recato in visita pastorale alla parrocchia del Santo Volto di Gesù alla Magliana, nel settore ovest della diocesi di Roma.

Nel corso della Celebrazione Eucaristica, dopo la proclamazione del Santo Vangelo, il Papa ha tenuto l’omelia.

(Testo in corso di trascrizione)

29/03/2009 16:30
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LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS

Di ritorno dalla visita pastorale alla Parrocchia romana del Santo Volto di Gesù alla Magliana, a mezzogiorno il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro per il consueto appuntamento domenicale.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Desidero prima di tutto ringraziare Iddio e quanti, in vario modo, hanno collaborato alla buona riuscita del viaggio apostolico che ho potuto compiere in Africa nei giorni scorsi, ed invoco sui semi sparsi in terra africana l’abbondanza delle benedizioni del Cielo. Di questa significativa esperienza pastorale mi propongo di parlare più ampiamente mercoledì prossimo nell’Udienza generale, ma non posso non cogliere questa occasione per manifestare l’emozione profonda che ho provato incontrando le comunità cattoliche e le popolazioni del Camerun e dell’Angola. Soprattutto mi hanno impressionato due aspetti, entrambi molto importanti. Il primo è la gioia visibile nei volti della gente, la gioia di sentirsi parte dell’unica famiglia di Dio, e ringrazio il Signore per aver potuto condividere con le moltitudini di questi nostri fratelli e sorelle momenti di festa semplice, corale e piena di fede. Il secondo aspetto è proprio il forte senso del sacro che si respirava nelle celebrazioni liturgiche, caratteristica questa comune a tutti i popoli africani ed emersa, potrei dire, in ogni momento della mia permanenza tra quelle care popolazioni. La visita mi ha permesso di vedere e comprendere meglio la realtà della Chiesa in Africa nella varietà delle sue esperienze e delle sfide che si trova ad affrontare in questo tempo.

Pensando proprio alle sfide che segnano il cammino della Chiesa nel continente africano, ed in ogni altra parte del mondo, avvertiamo quanto siano attuali le parole del Vangelo di questa quinta domenica di Quaresima. Gesù, nell’imminenza della sua passione, dichiara: "Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv 12,24). Ormai non è più l’ora delle parole e dei discorsi; è giunta l’ora decisiva, per la quale il Figlio di Dio è venuto nel mondo, e malgrado la sua anima sia turbata, Egli si rende disponibile a compiere fino in fondo la volontà del Padre. E questa è la volontà di Dio: dare la vita eterna a noi che l’abbiamo perduta. Perché ciò si realizzi bisogna però che Gesù muoia, come un chicco di grano che Dio Padre ha seminato nel mondo. Solo così infatti potrà germogliare e crescere una nuova umanità, libera dal dominio del peccato e capace di vivere in fraternità, come figli e figlie dell’unico Padre che è nei cieli.

Nella grande festa della fede vissuta insieme in Africa, abbiamo sperimentato che questa nuova umanità è viva, pur con i suoi limiti umani. Là dove i missionari, come Gesù, hanno dato e continuano a spendere la vita per il Vangelo, si raccolgono frutti abbondanti. A loro desidero rivolgere un particolare pensiero di gratitudine per il bene che fanno. Si tratta di religiose, religiosi, laici e laiche. E’ stato bello per me vedere il frutto del loro amore a Cristo e constatare la profonda riconoscenza che i cristiani hanno per essi. Rendiamone grazie a Dio, e preghiamo Maria Santissima perché nel mondo intero si diffonda il messaggio della speranza e dell’amore di Cristo.



DOPO L’ANGELUS

Saluto con grande affetto i numerosi africani che vivono a Roma, tra cui molti studenti, qui accompagnati da Mons. Robert Sarah, Segretario della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Carissimi, avete voluto venire a manifestare gioia e riconoscenza per il mio viaggio apostolico in Africa. Vi ringrazio di cuore. Prego per voi, per le vostre famiglie e per i vostri Paesi di origine. Grazie!

Giovedì prossimo, alle ore 18, presiederò in San Pietro la Santa Messa nel quarto anniversario della morte del mio amato predecessore il Servo di Dio Giovanni Paolo II. Invito a partecipare specialmente i giovani di Roma, per prepararci insieme alla Giornata Mondiale della Gioventù, che sarà celebrata a livello diocesano nella Domenica delle Palme.

Je vous accueille avec joie, chers frères et sœurs de langue française. Ce jour nous donne d’entrer dans le temps liturgique de la Passion. Cette dernière étape du Carême nous invite à vivre un moment d’intimité avec Jésus. Préparons-nous à célébrer au mieux la Semaine Sainte qui s’annonce ! Avec vous, je veux rendre grâce au Seigneur pour le voyage pastoral que je viens d’effectuer en Afrique. L’accueil chaleureux des africains a rempli mon cœur de Pasteur d’une profonde joie. En lui redisant toute mon affection j’encourage cette Église jeune, vivante, pleine d’avenir et de dynamisme à suivre le Christ avec foi, espérance et charité ! Que Dieu vous bénisse tous !

I am pleased to welcome all the English-speaking pilgrims to this Angelus, especially students and teachers from Holy Trinity Catholic High School in Edmonton, Canada. In today’s liturgy, Jesus teaches that "unless a grain of wheat falls to the ground and dies, it remains just a grain of wheat; but if it dies, it produces much fruit". In these final weeks of Lent, let us intensify our prayer, fasting and almsgiving. In this way, we will prepare ourselves to meditate on Christ’s passion and death, so as to rejoice fully in the glory of his Resurrection. God bless you all!

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, en particular a los profesores y estudiantes del Colegio San José, de Reus, y al grupo Santa María de la Estrella, de Argentina. En este último domingo de Cuaresma, os animo a vivir con especial fervor estos días que aún nos quedan de preparación para la Pascua. Que la Santísima Virgen María nos alcance la gracia de estar bien dispuestos para celebrar intensamente los grandes misterios de nuestra Redención. Muchas gracias y feliz domingo.

Gerne grüße ich die Pilger und Besucher deutscher Sprache. In diesen Tagen der Vorbereitung auf Ostern wollen wir auf Maria schauen, die ihren Sohn auf seinem Weg des Leidens bis zu seinem Tod am Kreuz begleitet hat. Ihr Ja zu Gottes Heilsplan, das sie bei der Verkündigung des Engels gesprochen hat, löste sie unter dem Kreuz ein. So ist Maria ganz hineingenommen in das Erlösungswerk Christi. Am Hochfest der Verkündigung des Herrn vor 25 Jahren hat mein Vorgänger Papst Johannes Paul II. feierlich die Weihe der Welt an das Unbefleckte Herz Mariens erneuert. Stets wollen auch wir Maria um ihren Schutz und Schirm bitten und uns ihrem mütterlichen Herzen anvertrauen, damit sie uns sicher zu Christus führe, dem Erlöser der Menschen. Euch allen wünsche ich einen gesegneten fünften Fastensonntag.

Serdecznie pozdrawiam Polaków obecnych na Placu świętego Piotra i tych, którzy łączą się z nami w modlitwie przez radio i telewizję. Dziękuję wam za duchowe wsparcie mojej pielgrzymki do Kamerunu i Angoli, podczas której podziwiałem młodość ducha Kościoła w Afryce, entuzjazm życia wiernych i radość ich wiary. Potrzeby tego Kościoła polecam waszej modlitwie. Z serca wam błogosławię i życzę wszystkim dobrej niedzieli.

[Saluto cordialmente i Polacchi presenti in Piazza San Pietro e quanti si uniscono a noi nella preghiera mediante la radio e la televisione. Vi ringrazio per il sostegno spirituale al mio pellegrinaggio in Camerun e Angola, nel quale ho potuto sperimentare la giovinezza dello spirito della Chiesa in Africa, l’entusiasmo della vita dei fedeli e la gioia della loro fede. Affido le necessità di quella Chiesa alla vostra preghiera. Vi benedico tutti di cuore e vi auguro buona domenica.]

Saluto infine i pellegrini di lingua italiana, in particolare i membri del Movimento Apostolico, con l’Arcivescovo di Catanzaro-Squillace, Mons. Antonio Ciliberti; il pellegrinaggio dell'arcidiocesi di Trento, i fedeli provenienti da Barletta, Gallarate, Pordenone, Rosegaferro, Rimini, Jesi, da varie città della Sicilia e dalla parrocchia di San Clemente Papa in Roma. Saluto inoltre la scuola "Montessori" di San Mauro Pascoli e i numerosi gruppi giovanili, come pure le associazioni "Difendere la Vita con Maria" e "Cardio-Salus", che incoraggio nel loro impegno. Assicuro anche un ricordo nella preghiera per la Giornata Mondiale dell’Autismo, che ricorre il prossimo 2 aprile. A tutti auguro una buona domenica.

30/03/2009 16:44
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LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:
Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale dell'Argentina, in Visita "ad Limina Apostolorum":
S.E. Mons. Fabriciano Sigampa, Arcivescovo di Resistencia;
S.E. Mons. Hugo Manuel Salaberry Goyeneche, S.I., Vescovo di Azul;
con il Vescovo emerito
S.E. Mons. Emilio Bianchi di Cárcano;
S.E. Mons. Adolfo Armando Uriona, F.D.P., Vescovo di Añatuya.

S.E. Mons. Paul Hinder, O.F.M. Cap., Vescovo tit. di Macon, Vicario Apostolico di Arabia
con: S.E. Mons. Camillo Ballin,Vescovo tit. di Arna, Vicario Apostolico del Kuwait.

Il Papa riceve oggi in Udienza:
Frère Alois, Priore di Taizé.




RINUNCE E NOMINE


RINUNCIA E SUCCESSIONE DEL VESCOVO DI SUWON (COREA)

Il Santo Padre Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Suwon (Corea), presentata da S.E. Mons. Paul Choi Deok-ki, in conformità al canone 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

Gli succede S.E. Mons. Matthias Ri Iong-hoon, Coadiutore della medesima diocesi.




31/03/2009 16:31
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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA XLVI GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI

Il 3 maggio 2009, IV Domenica di Pasqua, si celebra la 46ma Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni sul tema: "La fiducia nell’iniziativa di Dio e la risposta umana".

Pubblichiamo di seguito il Messaggio che il Santo Padre Benedetto XVI invia per l’occasione ai Vescovi, ai sacerdoti ed ai fedeli di tutto il mondo:


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,

cari fratelli e sorelle!

In occasione della prossima Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni al sacerdozio ed alla vita consacrata, che sarà celebrata il 3 maggio 2009, Quarta Domenica di Pasqua, mi è gradito invitare l’intero Popolo di Dio a riflettere sul tema: La fiducia nell’iniziativa di Dio e la risposta umana. Risuona perenne nella Chiesa l’esortazione di Gesù ai suoi discepoli: "Pregate dunque il Signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!" (Mt 9,38). Pregate! Il pressante appello del Signore sottolinea come la preghiera per le vocazioni debba essere ininterrotta e fiduciosa. Solamente se animata dalla preghiera infatti, la comunità cristiana può effettivamente "avere maggiore fede e speranza nella iniziativa divina" (Esort. ap. postsinodale Sacramentum caritatis, 26).

La vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata costituisce uno speciale dono divino, che si inserisce nel vasto progetto d’amore e di salvezza che Iddio ha su ogni uomo e per 1’intera umanità. L’apostolo Paolo, che ricordiamo in modo speciale durante quest’Anno Paolino nel bimillenario della sua nascita, scrivendo agli Efesini afferma: "Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo, in lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità" (Ef 1,3-4). Nell’universale chiamata alla santità risalta la peculiare iniziativa di Dio, con cui sceglie alcuni perché seguano più da vicino il suo Figlio Gesù Cristo, e di lui siano ministri e testimoni privilegiati. Il divino Maestro chiamò personalmente gli Apostoli "perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demoni" (Mc 3,14-15); essi, a loro volta, si sono associati altri discepoli, fedeli collaboratori nel ministero missionario. E così, rispondendo alla chiamata del Signore e docili all’azione dello Spirito Santo, schiere innumerevoli di presbiteri e di persone consacrate, nel corso dei secoli, si sono poste nella Chiesa a totale servizio del Vangelo. Rendiamo grazie al Signore che anche oggi continua a convocare operai per la sua vigna. Se è pur vero che in talune regioni della terra si registra una preoccupante carenza di presbiteri, e che difficoltà e ostacoli accompagnano il cammino della Chiesa, ci sorregge l’incrollabile certezza che a guidarla saldamente nei sentieri del tempo verso il compimento definitivo del Regno è Lui, il Signore, che liberamente sceglie e invita alla sua sequela persone di ogni cultura e di ogni età, secondo gli imperscrutabili disegni del suo amore misericordioso.

Nostro primo dovere è pertanto di mantenere viva, con preghiera incessante, questa invocazione dell’iniziativa divina nelle famiglie e nelle parrocchie, nei movimenti e nelle associazioni impegnati nell’apostolato, nelle comunità religiose e in tutte le articolazioni della vita diocesana. Dobbiamo pregare perché 1’intero popolo cristiano cresca nella fiducia in Dio, persuaso che il "padrone della messe" non cessa di chiedere ad alcuni di impegnare liberamente la loro esistenza per collaborare con lui più strettamente nell’opera della salvezza. E da parte di quanti sono chiamati si esige attento ascolto e prudente discernimento, generosa e pronta adesione al progetto divino, serio approfondimento di ciò che è proprio della vocazione sacerdotale e religiosa per corrispondervi in modo responsabile e convinto. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda opportunamente che la libera iniziativa di Dio richiede la libera risposta dell’uomo. Una risposta positiva che presuppone sempre 1’accettazione e la condivisione del progetto che Dio ha su ciascuno; una risposta che accolga 1’iniziativa d’amore del Signore e diventi per chi è chiamato un’esigenza morale vincolante, un riconoscente omaggio a Dio e una totale cooperazione al piano che Egli persegue nella storia (cfr n. 2062).

Contemplando il mistero eucaristico, che esprime in modo sommo il libero dono fatto dal Padre nella Persona del Figlio Unigenito per la salvezza degli uomini, e la piena e docile disponibilità di Cristo nel bere fino in fondo il "calice" della volontà di Dio (cfr Mt 26,39), comprendiamo meglio come "la fiducia nell’iniziativa di Dio" modelli e dia valore alla "risposta umana". Nell’Eucaristia, il dono perfetto che realizza il progetto d’amore per la redenzione del mondo, Gesù si immola liberamente per la salvezza dell’umanità. "La Chiesa - ha scritto il mio amato predecessore Giovanni Paolo II - ha ricevuto l’Eucaristia da Cristo suo Signore non come un dono, pur prezioso fra tanti altri, ma come il dono per eccellenza, perché dono di se stesso, della sua persona nella sua santa umanità, nonché della sua opera di salvezza" (Enc. Ecclesia de Eucharistia, 11).

A perpetuare questo mistero salvifico nei secoli, sino al ritorno glorioso del Signore, sono destinati i presbiteri, che proprio in Cristo eucaristico possono contemplare il modello esimio di un "dialogo vocazionale" tra la libera iniziativa del Padre e la fiduciosa risposta del Cristo. Nella celebrazione eucaristica è Cristo stesso che agisce in coloro che Egli sceglie come suoi ministri; li sostiene perché la loro risposta si sviluppi in una dimensione di fiducia e di gratitudine che dirada ogni paura, anche quando si fa più forte 1’esperienza della propria debolezza (cfr Rm 8,26-30), o si fa più aspro il contesto di incomprensione o addirittura di persecuzione (cfr Rm 8,35-39).

La consapevolezza di essere salvati dall’amore di Cristo, che ogni Santa Messa alimenta nei credenti e specialmente nei sacerdoti, non può non suscitare in essi un fiducioso abbandono in Cristo che ha dato la vita per noi. Credere nel Signore ed accettare il suo dono, porta dunque ad affidarsi a Lui con animo grato aderendo al suo progetto salvifico. Se questo avviene, il "chiamato" abbandona volentieri tutto e si pone alla scuola del divino Maestro; ha inizio allora un fecondo dialogo tra Dio e l’uomo, un misterioso incontro tra l’amore del Signore che chiama e la libertà dell’uomo che nell’amore gli risponde, sentendo risuonare nel suo animo le parole di Gesù: "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga" (Gv 15,16).

Questo intreccio d’amore tra l’iniziativa divina e la risposta umana è presente pure, in maniera mirabile, nella vocazione alla vita consacrata. Ricorda il Concilio Vaticano II: "I consigli evangelici della castità consacrata a Dio, della povertà e dell’obbedienza, essendo fondati sulle parole e sugli esempi del Signore, e raccomandati dagli Apostoli, dai Padri, dai dottori e dai pastori della Chiesa, sono un dono divino, che la Chiesa ha ricevuto dal suo Signore e con la sua grazia sempre conserva" (Cost. Lumen gentium, 43). Ancora una volta, è Gesù il modello esemplare di totale e fiduciosa adesione alla volontà del Padre, a cui ogni persona consacrata deve guardare. Attratti da lui, fin dai primi secoli del cristianesimo, molti uomini e donne hanno abbandonato famiglia, possedimenti, ricchezze materiali e tutto quello che umanamente è desiderabile, per seguire generosamente il Cristo e vivere senza compromessi il suo Vangelo, diventato per essi scuola di radicale santità. Anche oggi molti percorrono questo stesso esigente itinerario di perfezione evangelica, e realizzano la loro vocazione con la professione dei consigli evangelici. La testimonianza di questi nostri fratelli e sorelle, nei monasteri di vita contemplativa come negli istituti e nelle congregazioni di vita apostolica, ricorda al popolo di Dio "quel mistero del Regno di Dio che già opera nella storia, ma attende la sua piena attuazione nei cieli" (Esort. ap. postsinodale Vita consecrata, 1).

Chi può ritenersi degno di accedere al ministero sacerdotale? Chi può abbracciare la vita consacrata contando solo sulle sue umane risorse? Ancora una volta, è utile ribadire che la risposta dell’uomo alla chiamata divina, quando si è consapevoli che è Dio a prendere l’iniziativa ed è ancora lui a portare a termine il suo progetto salvifico, non si riveste mai del calcolo timoroso del servo pigro che per paura nascose sotto terra il talento affidatogli (cfr Mt 25,14-30), ma si esprime in una pronta adesione all’invito del Signore, come fece Pietro quando non esitò a gettare nuovamente le reti pur avendo faticato tutta la notte senza prendere nulla, fidandosi della sua parola (cfr Lc 5,5). Senza abdicare affatto alla responsabilità personale, la libera risposta dell’uomo a Dio diviene così "corresponsabilità", responsabilità in e con Cristo, in forza dell’azione del suo Santo Spirito; diventa comunione con Colui che ci rende capaci di portare molto frutto (cfr Gv 15,5).

Emblematica risposta umana, colma di fiducia nell’iniziativa di Dio, è l’"Amen" generoso e pieno della Vergine di Nazaret, pronunciato con umile e decisa adesione ai disegni dell’Altissimo, a Lei comunicati dal messo celeste (cfr Lc 1,38). II suo pronto "si" permise a Lei di diventare la Madre di Dio, la Madre del nostro Salvatore. Maria, dopo questo primo "fiat", tante altre volte dovette ripeterlo, sino al momento culminante della crocifissione di Gesù, quando "stava presso la croce", come annota l’evangelista Giovanni, compartecipe dell’atroce dolore del suo Figlio innocente. E proprio dalla croce, Gesù morente ce l’ha data come Madre ed a Lei ci ha affidati come figli (cfr Gv 19,26-27), Madre specialmente dei sacerdoti e delle persone consacrate. A Lei vorrei affidare quanti avvertono la chiamata di Dio a porsi in cammino nella via del sacerdozio ministeriale o nella vita consacrata.

Cari amici, non scoraggiatevi di fronte alle difficoltà e ai dubbi; fidatevi di Dio e seguite fedelmente Gesù e sarete i testimoni della gioia che scaturisce dall’unione intima con lui. Ad imitazione della Vergine Maria, che le generazioni proclamano beata perché ha creduto (cfr Lc 1,48), impegnatevi con ogni energia spirituale a realizzare il progetto salvifico del Padre celeste, coltivando nel vostro cuore, come Lei, la capacità di stupirvi e di adorare Colui che ha il potere di fare "grandi cose" perché Santo è il suo nome (cfr ibid., 1,49).

Dal Vaticano, 20 Gennaio 2009

BENEDICTUS PP. XVI

31/03/2009 19:55
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VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA DEL SANTO VOLTO DI GESÙ ALLA MAGLIANA, 29.03.2009


SALUTO AI FEDELI PRIMA DELLA SANTA MESSA

Cari fratelli e sorelle, grazie per essere con me in questa bella domenica. Purtroppo piove, ma anche il sole sta arrivando. Forse è il segno di questo tempo pre-pasquale, dove sentiamo i dolori del Signore e tutti i problemi del nostro mondo di oggi, ognuno a suo modo. Ma sappiamo anche che il sole, benché spesso nascosto, esiste; che Dio è vicino, ci aiuta e ci accompagna. In questo senso vogliamo andare adesso verso la Pasqua sapendo che alla nostra vita appartengono sofferenze e difficoltà, ma sapendo anche che dietro sta il sole della bontà divina. In questo senso vi saluto tutti cordialmente: grazie per la vostra presenza. E una buona domenica a tutta questa bella parrocchia, tanti auguri.
Buona domenica!

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Alle ore 9 di questa mattina - V Domenica di Quaresima - il Santo Padre Benedetto XVI si è recato in visita pastorale alla parrocchia del Santo Volto di Gesù alla Magliana, nel settore ovest della diocesi di Roma.
Al suo arrivo, prima della Santa Messa celebrata nell’edifico sacro inaugurato tre anni fa, il Papa è uscito sul sagrato per salutare i numerosi fedeli che non avendo trovato posto in chiesa seguivano la celebrazione dal grande schermo allestito all’esterno.
Conclusa il Sacro Rito, il Papa ha incontrato prima i bambini che si preparano a ricevere la Prima Comunione, quindi il Consiglio pastorale. Prima di lasciare la parrocchia, il Santo Padre ha nuovamente salutato i fedeli raccolti sul sagrato.
Riportiamo di seguito il testo dell’omelia tenuta dal Santo Padre Benedetto XVI nel corso della Celebrazione Eucaristica e i diversi saluti da Lui pronunciati nel corso della visita pastorale alla parrocchia del Santo Volto di Gesù alla Magliana:


OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

nell’odierna pagina del Vangelo, san Giovanni riferisce un episodio avvenuto nell’ultima fase della vita pubblica di Cristo, nell’imminenza ormai della Pasqua ebraica, che sarà la sua Pasqua di morte e risurrezione. Mentre si trovava a Gerusalemme – narra l’Evangelista – alcuni greci, proseliti del giudaismo, incuriositi ed attratti da quanto Egli andava compiendo, si avvicinarono a Filippo, uno dei Dodici che aveva un nome greco e proveniva dalla Galilea. "Signore, gli dissero, vogliamo vedere Gesù". Filippo chiamò a sua volta Andrea, uno dei primi apostoli molto vicino al Signore, anch’egli con un nome greco, ed entrambi "andarono a dirlo a Gesù" (cfr Gv 12,20-21).
Nella richiesta di questi anonimi greci possiamo leggere la sete che è nel cuore di ogni uomo di vedere e di conoscere Cristo; e la risposta di Gesù ci orienta al mistero della Pasqua, manifestazione gloriosa della sua missione salvifica. "È venuta l’ora – Egli dichiara – che il Figlio dell’uomo sia glorificato» (Gv 12,23). Sì! Sta per giungere l’ora della glorificazione del Figlio dell’uomo, ma questo comporterà il passaggio doloroso attraverso la passione e la morte in croce. Solo così infatti si realizzerà il piano divino della salvezza che è per tutti, giudei e pagani. Tutti sono infatti invitati a far parte dell’unico popolo della nuova e definitiva alleanza. In questa luce, comprendiamo anche la solenne proclamazione con cui si chiude il brano evangelico: "E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me" (Gv 12,32), come pure il commento dell’Evangelista: "Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire" (Gv 12,33). La croce: l’altezza dell’amore è l’altezza di Gesù e a quest’altezza Egli attira tutti.

Molto opportunamente la liturgia ci fa meditare questo testo del Vangelo di Giovanni nell’odierna quinta domenica di Quaresima, mentre si avvicinano i giorni della Passione del Signore, nella quale ci immergeremo spiritualmente a partire da domenica prossima, detta appunto domenica delle Palme e della Passione del Signore. E’ come se la Chiesa ci stimolasse a condividere lo stato d’animo di Gesù, volendoci preparare a rivivere il mistero della sua crocifissione, morte e risurrezione non come spettatori estranei, bensì come protagonisti insieme con Lui, coinvolti nel suo mistero di croce e di risurrezione. Laddove infatti è Cristo devono trovarsi anche i suoi discepoli, che sono chiamati a seguirlo, a solidarizzare con Lui nel momento del combattimento, per essere compartecipi della sua vittoria.

In che consista la nostra associazione alla sua missione lo spiega il Signore stesso. Parlando della sua prossima morte gloriosa, egli utilizza una semplice e insieme suggestiva immagine: "Se il chicco di grano caduto in terra, non muore, rimane solo, se invece muore, produce molto frutto" (Gv 12,24). Paragona se stesso a un "chicco di grano disfatto, per portare a tutti molto frutto", secondo una efficace espressione di sant’Atanasio; e solo mediante la morte, la croce, Cristo porta molto frutto per tutti i secoli. Non bastava infatti che il Figlio di Dio si fosse incarnato. Per portare a compimento il piano divino della salvezza universale, occorreva che Egli venisse ucciso e sepolto: solo così tutta la realtà umana sarebbe stata accettata e, mediante la sua morte e risurrezione, si sarebbe reso manifesto il trionfo della Vita, il trionfo dell’Amore; si sarebbe dimostrato che l’amore è più forte della morte.

Tuttavia, l’uomo Gesù – che era un vero uomo con i nostri stessi sentimenti - avvertiva il peso della prova e la tristezza amara per la tragica fine che lo attendeva. Proprio essendo Uomo-Dio, sperimentava tanto maggiormente il terrore di fronte all’abisso del peccato umano e di quanto vi è di sporco nell’umanità, che Egli doveva portare con sé e consumare nel fuoco del suo amore. Tutto questo Egli doveva portare con sé e trasformare nel suo amore. "Adesso – Egli confessa – l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora?" (Gv 12,27). Affiora la tentazione di chiedere: "Salvami, non permettere la croce, dammi la vita!" Cogliamo in questa sua accorata invocazione un anticipo della struggente preghiera del Getsemani, quando, sperimentando il dramma della solitudine e della paura, implorerà il Padre di allontanare da Lui il calice della passione. Allo stesso tempo, però, non viene meno la sua filiale adesione al disegno divino, perché proprio per questo sa di essere giunto a quest’ora, e con fiducia prega: "Padre, glorifica il tuo nome" (Gv 12,28). Con questo vuol dire: "Accetto la croce" - nella quale si glorifica il nome di Dio, cioè la grandezza del suo amore. Anche qui Gesù anticipa le parole del Monte degli Ulivi: "Non la mia, ma la tua volontà sia fatta". Egli trasforma la sua volontà umana e la identifica con quella di Dio. Questo è il grande evento del Monte degli Ulivi, il percorso che dovrebbe realizzarsi fondamentalmente in ogni nostra preghiera: trasformare, lasciare che la grazia trasformi la nostra volontà egoistica e la apra ad uniformarsi alla volontà divina. Gli stessi sentimenti affiorano nel brano della Lettera agli Ebrei, proclamato nella seconda lettura. Prostrato da un’angoscia estrema a causa della morte che incombe, Gesù offre a Dio preghiere e suppliche "con forti grida e lacrime" (Eb 5,7). Invoca aiuto da Colui che può liberarlo, sempre però restando abbandonato nelle mani del Padre. E proprio per questa sua filiale fiducia verso Dio – nota l’autore – è stato esaudito, nel senso che è risorto, ha ricevuto la vita nuova e definitiva. La Lettera agli Ebrei ci fa capire che queste preghiere insistenti di Gesù, con lacrime e grida, erano il vero atto del sommo sacerdote, col quale offriva se stesso e l’umanità al Padre, trasformando così il mondo.

Cari fratelli e sorelle, questo è il cammino esigente della croce che Gesù indica a tutti i suoi discepoli. Più volte ha detto: "Se uno mi vuole servire, mi segua". Non c’è alternativa per il cristiano, che voglia realizzare la propria vocazione. E’ la "legge" della Croce descritta con l’immagine del chicco di grano che muore per germinare a nuova vita; è la "logica" della Croce richiamata anche nel Vangelo odierno: "Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna". "Odiare" la propria vita è una espressione semitica forte e paradossale, che ben sottolinea la radicale totalità che deve contraddistinguere chi segue Cristo e si pone, per suo amore, al servizio dei fratelli: perde la vita e così la trova. Non esiste altra via per sperimentare la gioia e la vera fecondità dell’Amore: la via del darsi, del donarsi, del perdersi per trovarsi.

Cari amici, l’invito di Gesù risuona particolarmente eloquente nell’odierna celebrazione in questa vostra Parrocchia. Essa è infatti dedicata al Santo Volto di Gesù: quel Volto che "alcuni greci", di cui parla il Vangelo, desideravano vedere; quel Volto che nei prossimi giorni della Passione contempleremo sfigurato a causa dei peccati, dell’indifferenza e dell’ingratitudine degli uomini; quel Volto radioso di luce e sfolgorante di gloria, che brillerà nell’alba del giorno di Pasqua. Manteniamo fissi il cuore e la mente sul Volto di Cristo, cari fedeli, che saluto con affetto ad iniziare dal vostro Parroco, don Luigi Coluzzi, al quale sono grato anche per essersi fatto interprete dei vostri sentimenti. Grazie per la vostra cordiale accoglienza: sono veramente lieto di trovarmi in mezzo a voi in occasione del 3° anniversario della dedicazione di questa vostra chiesa e tutti vi saluto con affetto. Un saluto speciale rivolgo al Cardinale Vicario, come anche al Cardinale Fiorenzo Angelini, che ha contribuito alla realizzazione di questo nuovo complesso parrocchiale, al Vescovo Ausiliare del Settore, al Vescovo Mons. Marcello Costalunga e agli altri Presuli presenti, ai sacerdoti collaboratori parrocchiali, alle benemerite religiose della Congregazione delle Povere Figlie della Visitazione, che proprio di fronte a questa bella chiesa accudiscono gli ospiti nella loro Casa di Riposo per anziani. Saluto i catechisti, il Consiglio e gli operatori pastorali e quanti collaborano alla vita della Parrocchia; saluto i bambini, i giovani e le famiglie. Estendo con piacere il mio pensiero agli abitanti della Magliana, particolarmente agli anziani, ai malati, alle persone sole e in difficoltà. Per tutti e ciascuno prego in questa Santa Messa.

Cari fratelli e sorelle, lasciatevi illuminare dallo splendore del Volto di Cristo, e la vostra giovane comunità – che può ora usufruire di un nuovo complesso parrocchiale, moderno nella sua struttura e funzionale – camminerà unita, accomunata dall’impegno di annunciare e testimoniare il Vangelo in questo quartiere. So quanta cura voi ponete nella formazione liturgica, valorizzando ogni risorsa della vostra comunità: i lettori, il coro e quanti si dedicano all’animazione delle celebrazioni. E’ importante che la preghiera, personale e liturgica, occupi sempre il primo posto nella nostra vita. So con quanto impegno vi dedicate alla catechesi, perché risponda alle attese dei ragazzi, tanto di quelli che si apprestano a ricevere i sacramenti della Prima Comunione e della Confermazione, quanto di quelli che frequentano l’Oratorio. Vi preoccupate anche di assicurare una catechesi adatta ai genitori, che invitate a compiere un percorso di formazione cristiana insieme ai loro figli. Volete così aiutare le famiglie a vivere insieme gli appuntamenti sacramentali educando ed educandosi alla fede "in famiglia", che deve essere la prima e naturale "scuola" di vita cristiana per tutti i suoi membri. Mi rallegro con voi perché la vostra parrocchia è aperta ed accogliente, animata e resa viva da un amore sincero verso Dio e verso tutti i fratelli, ad imitazione di san Massimiliano Maria Kolbe, a cui in origine essa era dedicata. Ad Auschwitz, con eroico coraggio, egli sacrificò se stesso per salvare la vita altrui. In questo nostro tempo, segnato da una generale crisi sociale ed economica, molto meritevole è lo sforzo che state compiendo, attraverso soprattutto la Caritas parrocchiale e il gruppo S. Egidio, per andare incontro, come è possibile, alle attese dei più poveri e bisognosi.

Uno speciale incoraggiamento vorrei riservare a voi, cari giovani: lasciatevi coinvolgere dal fascino di Cristo! Fissando, con gli occhi della fede, il suo Volto, chiedetegli: "Gesù, cosa vuoi che io faccia con Te e per Te?". Rimanete quindi in ascolto e, guidati dal suo Spirito, assecondate il disegno che Egli ha su di voi. Preparatevi seriamente a costruire famiglie unite e fedeli al Vangelo e ad essere suoi testimoni nella società; se poi Lui vi chiama, siate pronti a dedicare totalmente la vostra esistenza al suo servizio nella Chiesa come sacerdoti o come religiosi e religiose. Io vi assicuro la mia preghiera; in particolare, vi aspetto giovedì prossimo nella Basilica di San Pietro per prepararci alla Giornata Mondiale della Gioventù, che, come sapete, si celebra quest’anno a livello diocesano, Domenica prossima. Ricorderemo insieme il mio caro e venerato predecessore Giovanni Paolo II, nel IV anniversario della sua morte. In molte circostanze egli ha incoraggiato i giovani ad incontrare Cristo e a seguirlo con entusiasmo e generosità.
Cari fratelli e sorelle di questa comunità parrocchiale, l’infinito amore di Cristo che brilla nel suo Volto risplenda in ogni vostro atteggiamento, e diventi la vostra "quotidianità". Come esortava sant’Agostino in una omelia pasquale, "Cristo ha patito; moriamo al peccato. Cristo è risuscitato; viviamo per Dio. Cristo è passato da questo mondo al Padre; non si attacchi qui il nostro cuore, ma lo segua nelle cose di lassù. Il nostro capo fu appeso sul legno; crocifiggiamo la concupiscenza della carne. Giacque nel sepolcro; sepolti con Lui dimentichiamo le cose passate. Siede in cielo; trasferiamo i nostri desideri alle cose supreme" (S. Agostino, Discorso 229/D,1).
Animati da tale consapevolezza, proseguiamo la celebrazione eucaristica, invocando la materna intercessione di Maria, perché la nostra esistenza diventi un riflesso di quella di Cristo. Preghiamo perché quanti ci incontrano percepiscano sempre nei nostri gesti e nelle nostre parole la pacificante e consolatrice bontà del suo Volto. Amen!

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SALUTO AI BAMBINI DELLA PRIMA COMUNIONE

Cari bambini,

Innanzitutto una buona domenica. Sono felice di essere oggi con voi, anche se il tempo è brutto e ci siamo alzati un'ora prima perché è cambiata l'ora, ma tuttavia siamo tutti riuniti e so che vi state preparando alla prima comunione, all'incontro con Gesù. Oggi abbiamo sentito nel Vangelo che persone della Grecia hanno detto: vogliamo vedere Gesù. Noi tutti vogliamo vedere e conoscere Gesù, che è presente tra noi. Adesso fate questo cammino di preparazione e poi nel momento della prima comunione Lui sarà vicinissimo a voi, e voi potrete sentire come Egli sarà con voi. A Pasqua, con la bellezza della festa, potremo meglio sentire quale festa rechi al cuore la presenza di Gesù risorto. E allora vi auguro una buona domenica, una buona preparazione alla Pasqua e alla comunione e molta gioia nelle vacanze e poi naturalmente buone feste per la prima comunione: il centro non è il pranzo, ma il centro sarà Gesù stesso, poi anche il pranzo può essere buono. Auguri a tutti voi. Pregate per me, io prego per voi.

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Papa Ratzi Superstar









"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
01/04/2009 01:48
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Scambio di lettere fra Benedetto XVI e il Primo Ministro della Gran Bretagna, Gordon Brown alla vigilia del G20


Il Santo Padre, Benedetto XVI, il 30 marzo ha indirizzato una lettera al Primo Ministro britannico, Gordon Brown, alla vigilia del vertice del G20 a Londra, assicurando la sua preghiera e auspicando l’impegno dei leaders partecipanti all’incontro per affrontare le più gravi urgenze della situazione mondiale e in particolare dell’Africa, da lui recentemente visitata. Il Primo Ministro ha sollecitamente risposto il 31 marzo alla Lettera del Papa, manifestando la sua adesione all’appello e indicando linee concrete di impegno per rispondervi.

Seguono i testi integrali della Lettera del Santo Padre e della risposta (in inglese) dal Primo Ministro, Gordon Brown.


A Sua Eccellenza
l’On. Gordon Brown,
Primo Ministro del Regno Unito


Signor Primo Ministro,

Nella Sua recente visita in Vaticano, Ella ha voluto cortesemente informarmi sul Vertice delle 20 economie più grandi del mondo, che si terrà a Londra nei giorni 2-3 aprile 2009, allo scopo di coordinare con urgenza le misure necessarie per stabilizzare i mercati finanziari e consentire alle aziende e alle famiglie di superare il presente periodo di grave recessione, per rilanciare una crescita sostenibile dell’economia mondiale e per riformare e rafforzare sostanzialmente i sistemi di governabilità globale affinché tale crisi non si ripeta nel futuro.

Vorrei ora, con questa mia lettera, manifestare a Lei e ai Capi di Stato e ai Capi di Governo che parteciperanno al Vertice il ringraziamento della Chiesa Cattolica, così come il mio apprezzamento personale, per gli alti obiettivi che l’incontro si propone e che si fondano sulla convinzione, condivisa da tutti i Governi e gli Organismi internazionali partecipanti, che l’uscita dall’attuale crisi globale solo si può realizzare insieme, evitando soluzioni improntate all’egoismo nazionalistico e al protezionismo.

Scrivo questo messaggio di ritorno dall’Africa, dove ho potuto toccare con mano sia la realtà di una povertà bruciante e di una esclusione cronica, che la crisi rischia di aggravare drammaticamente, sia le straordinarie risorse umane di cui quel Continente gode e che può mettere a disposizione dell’intero pianeta.

Il Vertice di Londra, così come il Vertice di Washington che lo precedette nel 2008, per motivi pratici di urgenza si è limitato a convocare gli Stati che rappresentano il 90 % del PIL e l’80 % del commercio mondiale. In questo contesto, l’Africa subsahariana è presente con un unico Stato e qualche Organismo regionale. Tale situazione deve indurre i partecipanti al Vertice a una profonda riflessione, perché appunto coloro la cui voce ha meno forza nello scenario politico sono quelli che soffrono di più i danni di una crisi di cui non portano la responsabilità. Essi poi, a lungo termine, sono quelli che hanno più potenzialità per contribuire al progresso di tutti.

Occorre pertanto fare ricorso ai meccanismi e agli strumenti multilaterali esistenti nel complesso delle Nazioni Unite e delle agenzie ad essa collegate, affinché sia ascoltata la voce di tutti i Paesi del mondo e affinché le misure e i provvedimenti decisi negli incontri del G20 siano condivisi da tutti.

Allo stesso tempo, vorrei aggiungere un altro motivo di riflessione per il Vertice. Le crisi finanziarie scattano nel momento in cui, anche a causa del venir meno di un corretto comportamento etico, manca la fiducia degli agenti economici negli strumenti e nei sistemi finanziari. Tuttavia, la finanza, il commercio e i sistemi di produzione sono creazioni umane contingenti che, quando diventano oggetto di fiducia cieca, portano in sé stesse la radice del loro fallimento. L’unico fondamento vero e solido è la fiducia nell’uomo. Perciò tutte le misure proposte per arginare la crisi devono cercare, in ultima analisi, di offrire sicurezza alle famiglie e stabilità ai lavoratori e di ripristinare, tramite opportune regole e controlli, l’etica nelle finanze.

La crisi attuale ha sollevato lo spettro della cancellazione o della drastica riduzione dei piani di aiuto estero, specialmente per l’Africa e per gli altri Paesi meno sviluppati. L’aiuto allo sviluppo, comprese le condizioni commerciali e finanziarie favorevoli ai Paesi meno sviluppati e la remissione del debito estero dei Paesi più poveri e più indebitati, non è stata la causa della crisi e, per un motivo di giustizia fondamentale, non deve esserne la vittima.

Se un elemento centrale della crisi attuale è da riscontrare in un deficit di etica nelle strutture economiche, questa stessa crisi ci insegna che l’etica non è “fuori” dall’economia, ma “dentro” e che l’economia non funziona se non porta in sé l’elemento etico.

Perciò, la rinnovata fiducia nell’uomo, che deve informare ogni passo verso la soluzione della crisi, troverà la sua migliore concretizzazione nel coraggioso e generoso potenziamento di una cooperazione internazionale capace di promuovere un reale sviluppo umano ed integrale. La fattiva fiducia nell’uomo, soprattutto la fiducia negli uomini e nelle donne più povere – dell’Africa e di altre regioni del mondo colpite dalla povertà estrema – sarà la prova che veramente si vuole uscire dalla crisi senza esclusioni e in modo permanente e che si vuole evitare decisamente il ripetersi di situazioni simili a quelle che oggi ci tocca vivere.

Vorrei inoltre unire la mia voce a quella degli appartenenti a diverse religioni e culture che condividono la convinzione che l’eliminazione della povertà estrema entro il 2015, a cui si sono impegnati i Governanti nel Vertice ONU del Millennio, continua ad essere uno dei compiti più importanti del nostro tempo.

Implorando la benedizione di Dio per il Vertice di Londra e per tutti gli incontri multilaterali che, in questi tempi, cercano di trovare elementi per la soluzione della crisi finanziaria, colgo l’occasione per esprimerLe di nuovo, Onorevole Sig. Primo Ministro, la mia stima e porgerLe un deferente e cordiale saluto.

Dal Vaticano, 30 marzo 2009

Testo in lingua inglese delle risposta del Primo ministro Britannico Gordon Brown :

Your Holiness
Thank you for your letter of 30 March about the London G20 Summit. It was a pleasure to meet you recently. I was inspired by our discussion to redouble my efforts to ensure the G20 Summit does not forget the poor or climate change.
Millions of families around the world are struggling as the recession takes its toll. We must provide real help to get people through these tough times and take action to lay the foundations for recovery. That is why we must get an ambitious outcome from the London Summit on 2 April.
As you say, the world's poorest are most at risk from this crisis, even though they have not been responsible for creating it. Protecting the poorest is one of my top priorities and we stand ready to support the most vulnerable in society. It is vital that rich countries keep their promises on aid, even in these tough times.
The UK has also already announced a contribution to the World Bank's Rapid Social Response Fund that will protect some of the poorest from the impact of the crisis. We are calling on others to make a contribution, to provide real help for people in difficulty. We must not turn away from the poor at a time when they most need our help. I hope the G20 will also help create momentum for the vital Copenhagen Climate talks and back a low carbon recovery. I am committed to doing all I can to help ensure our transition to a greener future.
As well as helping the poorest and supporting a low carbon recovery, the G20 must also take bold action to help kickstart global trade and give the IMF the funds it needs to support big emerging economies, increasingly starved of global finance. Millions of jobs will depend on this.
Finally we must agree tough measures to better regulate banks and hedge funds and ensure the shadow banking system is regulated.
As you say, the poorest, particularly Africa, need a greater voice in the G20. This is why we have extended the participation at the London Summit beyond the traditional members of the G20 to include African and Asian regional representation, in the form of the New Economic Partnership for African Development (NEPAD) and the Association of South East Asian Nations (ASEAN). We will of course also have the heads of the IMF and World Bank, who work to support the economies of the emerging and developing world, and I am delighted that the UN Secretary General will be joining us. Additionally, in advance of the London Summit, I hosted detailed discussions in London with African leaders to hear views and have taken these into account.
This is a decisive moment for the world economy. We have a choice to make. We can either let the recession run its course, or we can resolve as a world community to unite, to stand with millions of people struggling in these tough times, to fight back against this global recession that is hurting so many people in every continent. I hope that the world's leaders can come together to rise to this challenge.


[Radio Vaticana]

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LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI riceve questo pomeriggio in Udienza:

Partecipanti all’Incontro della Commissione sulla Chiesa cattolica in Cina.



RINUNCE E NOMINE


RINUNCIA DELL’AUSILIARE DI AMBOINA (INDONESIA)

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia all'ufficio di Ausiliare della Diocesi di Amboina (Indonesia), presentata da S.E. Mons. Josephus Tethool, M.S.C., Vescovo titolare di Apisa maggiore, in conformità ai canoni 411 e 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.


NOMINA DELL’AUSILIARE DI ARACAJU (BRASILE)

Il Papa ha nominato Vescovo Ausiliare dell’arcidiocesi di Aracaju (Brasile) il Rev.do Can. Henrique Soares da Costa, del clero dell’arcidiocesi di Maceió, finora Rettore della chiesa "Nossa Senhora do Livramento" a Maceió, assegnandogli la sede titolare vescovile di Acufida.

Rev.do Can. Henrique Soares da Costa
Il Rev.do Can. Soares da Costa, è nato l’11 marzo 1963 nella città di Penedo, Stato di Alagoas, Brasile. Ha iniziato il suo cammino vocazionale entrando nel Seminario dell’arcidiocesi di Maceió e ha compiuto gli studi di Filosofia presso l’Università Federale di Alagoas (1981-1983) e quelli di Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana a Roma, ottenendo la licenza in Teologia Dogmatica (1990-1994).

Il 15 agosto 1991 è stato ordinato sacerdote ed è stato incardinato nell’arcidiocesi di Maceió.

In Maceió ha ricoperto i seguenti incarichi: Formatore nel Seminario arcidiocesano, Professore di Teologia in diversi Seminari e Istituti, Cappellano del Monastero della Santissima Trinità delle Suore Serve della Santissima Trinità di Rovigo, Vicario Episcopale per i Laici nell’arcidiocesi di Maceió, Rettore della chiesa Nossa Senhora do Livramento a Maceió, Canonico del Capitolo della Cattedrale Metropolitana, Membro supplente del Consiglio della Cultura dello Stato di Alagoas, Membro del Consiglio Presbiterale, Responsabile per i Diaconi Permanenti e per la Scuola Diaconale arcidiocesana, Coordinatore della Commissione arcidiocesana per l’Educazione Politica.


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L’UDIENZA GENERALE

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 in Piazza S. Pietro dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di fedeli e pellegrini provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana il Papa si è soffermato sul Suo recente Viaggio Apostolico in Camerun e Angola.
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è concluso con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.


CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Cari fratelli e sorelle!

Come ho preannunciato domenica scorsa all’Angelus, quest’oggi mi soffermo a parlare del recente viaggio apostolico in Africa, il primo del mio pontificato in quel continente. Esso si è limitato al Camerun e all’Angola, ma idealmente con la mia visita ho voluto abbracciare tutti i popoli africani e benedirli nel nome del Signore. Ho sperimentato la tradizionale calorosa accoglienza africana, che mi è stata riservata dappertutto, e colgo volentieri questa occasione per esprimere nuovamente la mia viva gratitudine agli Episcopati dei due Paesi, ai Capi di Stato, a tutte le Autorità e a quanti in vario modo si sono prodigati per la riuscita di questa mia visita pastorale.

Il mio soggiorno in terra africana è iniziato il 17 marzo a Yaoundé, capitale del Camerun, dove sono venuto a trovarmi immediatamente nel cuore dell’Africa, e non solo geograficamente. Questo Paese infatti riassume molte caratteristiche di quel grande continente, prima fra tutte la sua anima profondamente religiosa, che accomuna tutti i numerosissimi gruppi etnici che lo popolano. In Camerun, oltre un quarto degli abitanti sono cattolici, e convivono pacificamente con le altre comunità religiose. Per questo il mio amato predecessore Giovanni Paolo II, nel 1995, scelse proprio la capitale di questa nazione per promulgare l’Esortazione apostolica Ecclesia in Africa, dopo la prima Assemblea sinodale dedicata appunto al continente africano. Questa volta, il Papa vi è tornato per consegnare l’Instrumentum laboris della seconda Assemblea sinodale per l’Africa, in programma a Roma per il prossimo ottobre e che avrà per tema: "La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace: «Voi siete il sale della terra … Voi siete la luce del mondo» (Mt 5,13-14)".

Negli incontri che, a due giorni di distanza, ho avuto con gli Episcopati, rispettivamente del Camerun e dell’Angola e São Tomé e Príncipe, ho voluto – tanto più in questo Anno Paolino – richiamare l’urgenza dell’evangelizzazione, che compete in primo luogo proprio ai Vescovi, sottolineando la dimensione collegiale, fondata sulla comunione sacramentale. Li ho esortati ad essere sempre di esempio per i loro sacerdoti e per tutti i fedeli, e a seguire attentamente la formazione dei seminaristi, che grazie a Dio sono numerosi, e dei catechisti, che diventano sempre più necessari per la vita della Chiesa in Africa. Ho incoraggiato i Vescovi a promuovere la pastorale del matrimonio e della famiglia, della liturgia e della cultura, anche per mettere in grado i laici di resistere all’attacco delle sette e dei gruppi esoterici. Li ho voluti confermare con affetto nell’esercizio della carità e nella difesa dei diritti dei poveri.

Ripenso poi alla solenne celebrazione dei Vespri che si è tenuta a Yaoundé, nella chiesa di Maria Regina degli Apostoli, Patrona del Camerun, un tempio grande e moderno, che sorge nel luogo in cui operarono i primi evangelizzatori del Camerun, i Missionari Spiritani. Nella vigilia della solennità di san Giuseppe, alla cui custodia premurosa Dio ha affidato i suoi tesori più preziosi, Maria e Gesù, abbiamo reso gloria all’unico Padre che è nei cieli, insieme ai rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali. Contemplando la figura spirituale di san Giuseppe, che ha consacrato la sua esistenza a Cristo e alla Vergine Maria, ho invitato i sacerdoti, le persone consacrate e i membri dei movimenti ecclesiali a restare sempre fedeli alla loro vocazione, vivendo alla presenza di Dio e nell’obbedienza gioiosa alla sua Parola.

Nella Nunziatura Apostolica di Yaoundé ho avuto l’opportunità di incontrare anche i rappresentanti della comunità musulmana in Camerun, ribadendo l’importanza del dialogo inter-religioso e della collaborazione tra cristiani e musulmani per aiutare il mondo ad aprirsi a Dio. E’ stato un incontro veramente molto cordiale.

Sicuramente uno dei momenti culminanti del viaggio è stata la consegna dell’Instrumentum laboris della II Assemblea sinodale per l’Africa, avvenuta il 19 marzo – giorno di San Giuseppe e mio onomastico - nello stadio di Yaoundé, al termine della solenne Celebrazione eucaristica in onore di san Giuseppe. Ciò è avvenuto nella coralità del popolo di Dio, "tra canti di gioia e di lode di una moltitudine in festa" – come dice il Salmo (42,5), del quale abbiamo fatto una concreta esperienza. L’Assemblea sinodale si svolgerà a Roma, ma essa è in un certo senso già iniziata nel cuore del continente africano, nel cuore della famiglia cristiana che là vive, soffre e spera. Per questo mi è parsa felice la coincidenza della pubblicazione dello "Strumento di lavoro" con la festa di san Giuseppe, modello di fede e di speranza come il primo patriarca Abramo. La fede nel "Dio vicino", che in Gesù ci ha mostrato il suo volto d’amore, è la garanzia di una speranza affidabile, per l’Africa e per il mondo intero, garanzia di un futuro di riconciliazione, di giustizia e di pace.

Dopo la solenne assemblea liturgica e la festosa presentazione del Documento di lavoro, nella Nunziatura Apostolica di Yaoundé ho potuto intrattenermi con i Membri del Consiglio Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi e vivere con essi un momento di intensa comunione: abbiamo insieme riflettuto sulla storia dell’Africa in una prospettiva teologica e pastorale. Era quasi come una prima riunione del Sinodo stesso, in un dibattito fraterno tra i diversi episcopati e il Papa sulle prospettive del Sinodo della riconciliazione e della pace in Africa. Il cristianesimo, infatti, - e questo si poteva vedere - ha affondato fin dalle origini profonde radici nel suolo africano, come attestano i numerosi martiri e santi, pastori, dottori e catechisti fioriti dapprima nel nord e poi, in epoche successive, nel resto del continente: pensiamo a Cipriano, ad Agostino, alla madre Monica, ad Atanasio; e poi ai martiri dell’Uganda, a Giuseppina Bakhita e a tanti altri. Nella stagione attuale, che vede l’Africa impegnata a consolidare l’indipendenza politica e la costruzione delle identità nazionali in un contesto ormai globalizzato, la Chiesa accompagna gli africani richiamando il grande messaggio del Concilio Vaticano II, applicato mediante la prima e, ora, la seconda Assemblea sinodale speciale. In mezzo ai conflitti purtroppo numerosi e drammatici che ancora affliggono diverse regioni di quel continente, la Chiesa sa di dover essere segno e strumento di unità e di riconciliazione, perché tutta l’Africa possa costruire insieme un avvenire di giustizia, di solidarietà e di pace, attuando gli insegnamenti del Vangelo.

Un segno forte dell’azione umanizzante del messaggio di Cristo è senz’altro il Centro Cardinal Léger di Yaoundé, destinato alla riabilitazione delle persone portatrici di handicap. Ne fu fondatore il Cardinale canadese Paul Émil Léger, che là volle ritirarsi dopo il Concilio, nel 1968, per lavorare tra i poveri. In quel Centro, successivamente ceduto allo Stato, ho incontrato numerosi fratelli e sorelle che versano in situazioni di sofferenza, condividendo con loro – ma anche attingendo da loro – la speranza che proviene dalla fede, anche in situazioni di sofferenza.

Seconda tappa – e seconda parte del mio viaggio – è stata l’Angola, Paese anch’esso per certi aspetti emblematico: uscito infatti da una lunga guerra interna, è ora impegnato nell’opera di riconciliazione e di ricostruzione nazionale. Ma come potrebbero essere autentiche questa riconciliazione e questa ricostruzione se avvenissero a scapito dei più poveri, che hanno diritto come tutti a partecipare alle risorse della loro terra? Ecco perché, con questa mia visita, il cui primo obiettivo è stato ovviamente di confermare nella fede la Chiesa, ho inteso anche incoraggiare il processo sociale in atto. In Angola si tocca veramente con mano quanto più volte i miei venerati Predecessori hanno ripetuto: tutto è perduto con la guerra, tutto può rinascere con la pace. Ma per ricostruire una nazione ci vogliono grandi energie morali. E qui, ancora una volta, risulta importante il ruolo della Chiesa, chiamata a svolgere una funzione educativa, lavorando in profondità per rinnovare e formare le coscienze.

Il Patrono della città di Luanda, capitale dell’Angola, è san Paolo: per questo ho scelto di celebrare l’Eucaristia con i sacerdoti, i seminaristi, i religiosi, i catechisti e gli altri operatori pastorali, sabato 21 marzo, nella chiesa dedicata all’Apostolo. Ancora una volta l’esperienza personale di san Paolo ci ha parlato dell’incontro con Cristo Risorto, capace di trasformare le persone e la società. Cambiano i contesti storici – e bisogna tenerne conto –, ma Cristo resta la vera forza di rinnovamento radicale dell’uomo e della comunità umana. Perciò ritornare a Dio, convertirsi a Cristo significa andare avanti, verso la pienezza della vita.

Per esprimere la vicinanza della Chiesa agli sforzi di ricostruzione dell’Angola e di tante regioni africane, a Luanda ho voluto dedicare due incontri speciali rispettivamente ai giovani e alle donne. Con i giovani, nello stadio, è stata una festa di gioia e di speranza, rattristata purtroppo dalla morte di due ragazze, rimaste schiacciate nella calca dell’ingresso. L’Africa è un continente molto giovane, ma troppi suoi figli, bambini e adolescenti hanno già subito gravi ferite, che solo Gesù Cristo, il Crocifisso-Risorto, può sanare infondendo in loro, con il suo Spirito, la forza di amare e di impegnarsi per la giustizia e la pace. Alle donne, poi, ho reso omaggio per il servizio che tante di loro offrono alla fede, alla dignità umana, alla vita, alla famiglia. Ho ribadito il loro pieno diritto ad impegnarsi nella vita pubblica, tuttavia senza che venga mortificato il loro ruolo nella famiglia, missione questa fondamentale da svolgere sempre in responsabile condivisione con tutti gli altri elementi della società e soprattutto con i mariti e padri. Ecco dunque il messaggio che ho lasciato alle nuove generazioni e al mondo femminile, estendendolo poi a tutti nella grande assemblea eucaristica di domenica 22 marzo, concelebrata con i Vescovi dei Paesi dell’Africa Australe, con la partecipazione di un milione di fedeli. Se i popoli africani – ho detto loro –, come l’antico Israele, fondano la loro speranza sulla Parola di Dio, ricchi del loro patrimonio religioso e culturale, possono realmente costruire un futuro di riconciliazione e di stabile pacificazione per tutti.

Cari fratelli e sorelle, quante altre considerazioni ho nel cuore e quanti ricordi mi riaffiorano alla mente pensando a questo viaggio! Vi chiedo di ringraziare il Signore per le meraviglie che Egli ha compiuto e che continua a compiere in Africa grazie all’azione generosa dei missionari, dei religiosi e delle religiose, dei volontari, dei sacerdoti, dei catechisti, in giovani comunità piene di entusiasmo e di fede. Vi domando pure di pregare per le popolazioni africane, a me molto care, perché possano affrontare con coraggio le grandi sfide sociali, economiche e spirituali del momento presente. Tutto e tutti affidiamo alla materna intercessione di Maria Santissima, Regina dell’Africa, e dei Santi e Beati africani.



SINTESI DELLA CATECHESI NELLE DIVERSE LINGUE


○ Sintesi della catechesi in lingua francese

Chers Frères et Sœurs,

Par mon récent voyage au Cameroun et en Angola, j’ai voulu aller à la rencontre de tous les peuples de l’Afrique. J’ai vivement apprécié le chaleureux accueil africain qui m’a été réservé et j’adresse à nouveau ma vive gratitude aux Épiscopats et aux Autorités de ces pays, ainsi qu’aux personnes qui ont œuvré à la réussite de ma visite. À Yaoundé, j’ai remis aux Présidents des Conférences épiscopales du continent l’Instrumentum laboris de la seconde Assemblée synodale pour l’Afrique qui aura lieu à Rome en octobre prochain. Avec les épiscopats du Cameroun, d’Angola, de São Tomé et Principé, j’ai rappelé aussi l’urgence de l’évangélisation. Une visite émouvante au Centre Cardinal Léger à Yaoundé m’a permis de partager avec les malades et les handicapés l’espérance qui provient de la foi. En Angola, où mon premier objectif était de confirmer l’Église dans la foi, j’ai aussi encouragé le processus de réconciliation et de reconstruction nationale en cours, après une longue guerre. Deux rencontres ont été particulièrement significatives, avec les jeunes et avec les femmes. Remerciez avec moi le Seigneur pour les merveilles qu’il a accomplies et qu’il continue d’accomplir en Afrique dans des communautés jeunes, pleines d’enthousiasme et de foi. Priez aussi pour les populations africaines, qui me sont très chères, afin qu’elles puissent affronter avec courage les grands défis sociaux, économiques et spirituels de notre temps.

Je suis heureux d’accueillir les pèlerins francophones. Je salue particulièrement les jeunes des lycées et collèges, ainsi que les diocésains d’Annecy et la paroisse Saint-Pierre et Saint-Paul de Montréal. Que la semaine sainte qui approche soit pour vous tous l’occasion de faire grandir votre foi dans le Christ mort et ressuscité. Que Dieu vous bénisse !


○ Sintesi della catechesi in lingua inglese

Dear Brothers and Sisters,

Today I wish to thank Almighty God for the many blessings which accompanied my first Apostolic Visit to Africa. I am deeply grateful to the leaders, local authorities and Bishops for the warm and enthusiastic welcome they extended to me. My stay began in Cameroon, where I had the pleasure of meeting various Catholic groups as well as representatives of the Muslim community. I was struck by the profound religious spirit of this nation and the desire of its citizens to live and work together in peace. My journey then took me to Angola, a country that continues to strive for reconciliation and reconstruction after a long civil war. I encouraged all Angolans to contribute to these tasks, especially by forming the consciences of young people. I am grateful for the opportunity to have met with seminarians, catechists, women’s groups, young people and many others during my sojourn in that country. A particularly significant moment of my visit was the presentation of the Instrumentum Laboris for the Second Special Assembly for Africa of the Synod of Bishops As the Church prepares for this important meeting dedicated to the theme "The Church in Africa in Service to Reconciliation, Justice and Peace", I ask you all to join me in praying that it will bear abundant fruit among the beloved people of this great continent.

I welcome all the English-speaking visitors present today, including the school and university groups from Denmark, England, and America. As Holy Week draws close, may your visit to Rome be a time of deep spiritual renewal. Upon all of you I invoke God’s abundant blessings of joy and peace.


○ Sintesi della catechesi in lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern!

Bei der heutigen Audienz möchte ich Rückschau halten auf meine jüngste Reise nach Afrika. Die Stationen dieser Reise waren Kamerun und Angola, aber symbolisch galt mein Besuch allen Völkern des Kontinents. Überall durfte ich die für Afrika typische herzliche Aufnahme erfahren, und ich danke allen, die zum Gelingen der Reise beigetragen haben.

In Yaoundé, der Hauptstadt Kameruns, konnte ich den Bischöfen das Arbeitsdokument für die zweite Afrikasynode überreichen, die im Oktober hier in Rom stattfinden wird. Von Anfang an hat das Christentum seine Wurzeln in afrikanischen Boden eingesenkt. Der Glaube an Gott, der uns in Jesus Christus nahe ist und sein liebendes Angesicht gezeigt hat, gibt Afrika und der ganzen Welt sichere Hoffnung. Inmitten der leider zahlreichen Konflikte in Afrika ist es daher Aufgabe der Kirche, ein Werkzeug der Einheit und der Versöhnung zu sein, um vom Evangelium her gemeinsam eine Zukunft der Gerechtigkeit, der Solidarität und des Friedens aufzubauen. In Angola, das lange von Krieg heimgesucht war, wollte ich daran erinnern, daß Versöhnung und echter Wiederaufbau nur mit sozialer Gerechtigkeit einhergehen können. Zwei besondere Momente waren die Begegnungen mit den Frauen und mit den Jugendlichen. Afrika ist ein junger Kontinent, und das Treffen mit den jungen Menschen war ein Fest der Freude und Hoffnung. Im Dank für alles, was Gott in Afrika an Großem gewirkt hat und durch den Einsatz glaubensbegeisterter Gemeinden weiterhin wirkt, wollen wir die Menschen dieses Kontinents mit unserem Gebet unterstützen, daß sie die gegenwärtigen Herausforderungen mutig zu meistern vermögen.

Mit Freude heiße ich alle deutschsprachigen Besucher willkommen. Besonders grüße ich die Priester aus dem Erzbistum München und Freising in Begleitung von Weihbischof Siebler. Christus hat uns in seiner Kirche geeint. An uns liegt es, Salz der Erde und Licht der Welt sein, um seine Botschaft des Heils wirksam zu verkünden. Der Herr segne euch alle.


○ Sintesi della catechesi in lingua spagnola

Queridos hermanos y hermanas:

Con mi reciente viaje apostólico en Camerún y Angola, he querido abrazar y bendecir a todos los pueblos africanos. En Camerún pude comprobar el alma religiosa de este gran Continente, y sus profundas raíces cristianas. A los obispos recordé la urgencia de la evangelización, y les animé a ser ejemplares, a promover la pastoral matrimonial y familiar, y al ejercicio de la caridad hacia los más pobres. A los sacerdotes, consagrados y fieles laicos, les invité a ser siempre fieles a su vocación. Uno de los momentos culminantes fue la entrega del Instrumentum laboris del segundo Sínodo para África. En Angola quise alentar el proceso de reconciliación y reconstrucción nacional, en el que la Iglesia está llamada a ocupar un papel importante. También rendí homenaje al servicio que las mujeres ofrecen a la fe, a la vida y a la familia. Los pueblos africanos, apoyándose en la Palabra de Dios y en su rico patrimonio religioso y cultural, podrán realmente construir un futuro de reconciliación y de paz. Demos gracias al Señor por las maravillas que ha hecho, y sigue haciendo, en África, y recemos para que se enfrenten con ánimo a los grandes desafíos del presente.

Saludo cordialmente a los fieles de lengua española, en particular, a los peregrinos y estudiantes venidos de España, México, Argentina y otros países latinoamericanos. Que vuestra peregrinación a Roma os confirme en la fe y el deseo de participar con un corazón renovado en el misterio pascual de Cristo. Que Dios os bendiga.



SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE


○ Saluto in lingua portoghese

A minha saudação amiga para os fiéis da diocese de Portalegre, para o grupo da escola do Olhão e demais peregrinos de língua portuguesa, nomeadamente de Angola e São Tomé e Príncipe, cujos compatriotas acabo de encontrar na minha Visita a África. No Sucessor de Pedro, viram personificada esta grande Família de Deus – a Igreja –, da qual todos os povos são chamados a fazer parte e à qual, por graça divina e adesão da fé, nós pertencemos. O anúncio desta verdade despertou neles a certeza de que nunca estão sozinhos; e recomeçaram a esperar e a sorrir. Amados peregrinos, peço-vos que rezeis pelos povos da África para enfrentarem com coragem os grandes desafios deste tempo. Presença consoladora junto à cruz de seus filhos é Maria Santíssima, a cuja materna protecção confio a vida e família deles e de cada um de vós, ao dar-vos a minha Bênção.


○ Saluto in lingua polacca

Witam serdecznie pielgrzymów polskich. Jutro przypada czwarta rocznica śmierci Sługi Bożego Jana Pawła II. Wiem, że tak licznie przybywacie do jego grobu. Niech spuścizna duchowa waszego Wielkiego Rodaka inspiruje wasze życie osobiste, rodzinne, społeczne i narodowe. Wraz z wami upraszam w modlitwie dar jego beatyfikacji. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.

[Saluto cordialmente i pellegrini polacchi. Domani ricorre il quarto anniversario della morte del Servo di Dio Giovanni Paolo II. So che state arrivando in gran numero alla sua tomba. Che l’eredità spirituale del vostro Grande Connazionale ispiri la vostra vita personale, familiare, sociale e nazionale. Insieme con voi chiedo nella preghiera il dono della sua beatificazione. Sia lodato Gesù Cristo.]


○ Saluto in lingua slovacca

S láskou pozdravujem slovenských pútnikov, osobitne z farnosti Bratislava-Lamač.

Bratia a sestry, Pôstna doba nás pobįda, aby sme uznali v Ježišovi Kristovi našu najväčšiu nįdej. Pozývam vás, aby ste boli vo svete vernými svedkami jeho Radostnej zvesti o vykúpení.Zo srdca žehnám vás i vaše rodiny. Pochvįlenż buļ Ježiš Kristus!

[Saluto con affetto i pellegrini slovacchi, particolarmente quelli provenienti dalla parrocchia di Bratislava-Lamač.

Fratelli e sorelle, il tempo della Quaresima ci esorta a riconoscere Gesù Cristo come nostra suprema speranza. Vi invito ad essere nel mondo testimoni fedeli della Buona Novella della redenzione. Di cuore benedico voi e le vostre famiglie. Sia lodato Gesù Cristo!]


○ Saluto in lingua croata

Velika mi je radost pozdraviti hrvatske hodočasnike, a osobito vjernike iz župe Svetog Kaja iz Solina. Približavamo se Cvjetnici i spomenu Gospodinova ulaska u Jeruzalem. I on se približava nama. Neka njegova blizina i vama bude trajni razlog radosti kroz sve dane života. Hvaljen Isus i Marija!

[Con grande gioia saluto i pellegrini croati, particolarmente i fedeli della parrocchia di San Kajo di Solin. Ci avviciniamo alla Domenica delle Palme e alla memoria dell’entrata del Signore a Gerusalemme. Anche lui si avvicina a noi. La sua vicinanza sia anche per voi motivo costante di gioia per tutti i giorni della vita. Siano lodati Gesù e Maria!]


○ Saluto in lingua italiana

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i fedeli di Genova che, guidati dal loro Arcivescovo, il Cardinale Angelo Bagnasco, sono venuti a ricambiare la mia visita alla loro Comunità diocesana. Saluto i pellegrini delle Diocesi di Carpi, con il loro Pastore Mons. Elio Tinti, di Isernia-Venafro, accompagnati dal Vescovo Mons. Salvatore Visco, e i fedeli della parrocchia Sant’Anna in Nettuno, con il Vescovo di Albano, Mons. Marcello Semeraro. Saluto il pellegrinaggio delle Suore Calasanziane in occasione della chiusura dell’anno dedicato alla fondatrice la Beata Celestina Donati. Ringrazio tutti per la gradita presenza, ed assicuro la mia preghiera affinché si rafforzi in ciascuno il desiderio di testimoniare con ardore missionario Cristo e il suo Vangelo.

Rivolgo ora un pensiero speciale ai rappresentanti della "Fondazione Don Primo Mazzolari" di Bozzolo, guidati dal Vescovo di Mantova, Mons. Roberto Busti. Cari amici, il cinquantesimo anniversario della morte di don Mazzolari sia occasione opportuna per riscoprirne l’eredità spirituale e promuovere la riflessione sull’attualità del pensiero di un così significativo protagonista del cattolicesimo italiano del Novecento. Auspico che il suo profilo sacerdotale limpido di alta umanità e di filiale fedeltà al messaggio cristiano e alla Chiesa, possa contribuire a una fervorosa celebrazione dell’Anno Sacerdotale, che avrà inizio il 19 giugno prossimo.

Saluto infine i giovani, i malati, gli sposi novelli. Nell'imminenza della Settimana Santa, in cui ripercorreremo i momenti della passione, morte e risurrezione di Cristo, desidero invitarvi a compiere una pausa di intimo raccoglimento, per contemplare questo sommo Mistero, da cui scaturisce la nostra salvezza. Troverete in esso, cari giovani, la sorgente della gioia e voi, cari ammalati, la consolazione sentendo a voi vicino il volto sofferente del Salvatore. A voi, cari sposi novelli, auguro di andare avanti con fiducia nella strada comune appena intrapresa, sostenuti dalla gioia di Cristo crocifisso e risorto.

02/04/2009 16:18
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LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

Em.mo Card. Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova (Italia), Presidente della Conferenza Episcopale Italiana.

Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale di Argentina, in Visita "ad Limina Apostolorum":
S.E. Mons. Andrés Stanovnik, Arcivescovo di Corrientes;
S.E. Mons. Luis Urbanč, Vescovo di Catamarca.

Gruppo degli Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale dell’Argentina, in Visita "ad Limina Apostolorum".



RINUNCE E NOMINE


RINUNCIA E SUCCESSIONE DEL VESCOVO DI ROURKELA (INDIA)

Il Santo Padre Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Rourkela (India), presentata da S.E. Mons. Alphonse Bilung, S.V.D., in conformità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

Gli succede S.E. Mons. John Barwa, S.V.D., Coadiutore della medesima Diocesi.


02/04/2009 16:19
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VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" DEI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI ARGENTINA (2° GRUPPO)

Alle ore 12.00 di questa mattina, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI incontra i Presuli della Conferenza Episcopale di Argentina (2° gruppo), ricevuti in questi giorni, in separate udienze, in occasione della Visita "ad Limina Apostolorum", e rivolge loro il discorso che riportiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Queridos Hermanos en el Episcopado:

1. Me da una inmensa alegría poder recibiros en esta mañana, Pastores del Pueblo de Dios en Argentina, venidos a Roma con motivo de la visita ad limina Apostolorum. Mi pensamiento se dirige también a todas las diócesis que representáis y a vuestros sacerdotes, religiosos, religiosas y fieles, que con abnegación y entusiasmo trabajan por la edificación del Reino de Dios en esa querida Nación.

Deseo, en primer lugar, agradecer las amables palabras que, en nombre de todos, me ha dirigido Mons. Alfonso Delgado Evers, Arzobispo de San Juan de Cuyo, quien ha querido reiterar vuestros sentimientos de comunión con el Sucesor de Pedro, reforzando así el vínculo interior que nos une en la fe, en el amor fraterno y en la oración.

2. Como en muchas otras partes del mundo, también en Argentina sentís la urgencia de llevar a cabo una extensa e incisiva acción evangelizadora que, teniendo en cuenta los valores cristianos que han configurado la historia y la cultura de vuestro País, lleve a un renacimiento espiritual y moral de vuestras comunidades, y de toda la sociedad. Os mueve a ello, además, el vigoroso impulso misionero que la V Conferencia General del Episcopado Latinoamericano y del Caribe, celebrada en Aparecida, ha querido suscitar en toda la Iglesia de América Latina (cf. Documento conclusivo, n. 213).

3. Mi venerado predecesor, el Papa Pablo VI, afirmaba en la Exhortación apostólica Evangelii nuntiandi que «evangelizar es, ante todo, dar testimonio, de una manera sencilla y directa, de Dios revelado por Jesucristo mediante el Espíritu Santo. Testimoniar que ha amado al mundo en su Hijo» (n. 26). Por tanto, no consiste solamente en transmitir o enseñar una doctrina, sino en anunciar a Cristo, el misterio de su Persona y su amor, porque estamos verdaderamente convencidos de que «nada hay más hermoso que haber sido alcanzados, sorprendidos, por el Evangelio, por Cristo. Nada más bello que conocerle y comunicar a los otros la amistad con Él» (Homilía en la Santa Misa de inicio de Pontificado, 24 abril 2005).

Este anuncio nítido y explícito de Cristo como Salvador de los hombres, se inserta en esa búsqueda apasionante de la verdad, la belleza y el bien que caracteriza al ser humano. Teniendo en cuenta, además, que «la verdad no se impone sino por la fuerza de la misma verdad» (Dignitatis humanae, 1), y que los conocimientos adquiridos por otros o transmitidos por la propia cultura enriquecen al hombre con verdades que por sí solo no podría conseguir, consideramos que «el anuncio y el testimonio del Evangelio son el primer servicio que los cristianos pueden dar a cada persona y a todo el género humano» (Discurso al Congreso de la Congregación para la Evangelización de los Pueblos, 11 marzo 2006).

4. Todo empeño evangelizador brota de un triple amor: a la Palabra de Dios, a la Iglesia y al mundo. Ya que a través de la Sagrada Escritura, Cristo se nos da a conocer en su Persona, en su vida y en su doctrina, «la tarea prioritaria de la Iglesia, al inicio de este nuevo milenio, consiste ante todo en alimentarse de la Palabra de Dios, para hacer eficaz el compromiso de la nueva evangelización, del anuncio en nuestro tiempo» (Homilía en la Conclusión de la XII Asamblea General del Sínodo de los Obispos, 26 octubre 2008). Teniendo en cuenta que la Palabra de Dios da siempre fruto abundante (cf. Is 55, 10-11; Mt 13, 23), y que sólo ella puede cambiar profundamente el corazón del hombre, os animo, queridos Hermanos, a facilitar el acceso de todos los fieles a la Sagrada Escritura (cf. Dei Verbum, 22.25) para que, poniendo la Palabra de Dios en el centro de sus vidas, acojan a Cristo como Redentor y su luz ilumine todos los ámbitos de la humanidad (cf. Homilía en la Apertura de la XII Asamblea General del Sínodo de los Obispos, 5 octubre 2008).

Puesto que la Palabra de Dios no se puede comprender separada y al margen de la Iglesia, es necesario fomentar el espíritu de comunión y de fidelidad al Magisterio, especialmente en los que tienen la misión de transmitir íntegro el mensaje del Evangelio. El evangelizador, pues, ha de ser un hijo fiel de la Iglesia y, además, lleno de amor a los hombres, para saber ofrecerles la gran esperanza que llevamos en nuestra alma (cf. 1 Pe 3, 15).

5. Se ha de tener siempre muy presente que la primera forma de evangelización es el testimonio de la propia vida (cf. Lumen gentium, 35). La santidad de vida es un don precioso que podéis ofrecer a vuestras comunidades en el camino de la verdadera renovación de la Iglesia. Hoy más que nunca la santidad es una exigencia de perenne actualidad, ya que el hombre de nuestro tiempo siente necesidad urgente del testimonio claro y atrayente de una vida coherente y ejemplar.

A este respecto, os encomiendo encarecidamente que prestéis una atención especial a los presbíteros, vuestros más cercanos colaboradores. Los retos de la época actual requieren más que nunca sacerdotes virtuosos, llenos de espíritu de oración y sacrificio, con una sólida formación y entregados al servicio de Cristo y de la Iglesia mediante el ejercicio de la caridad. El sacerdote tiene la gran responsabilidad de aparecer ante los fieles irreprochable en su conducta, siguiendo de cerca a Cristo y con el apoyo y aliento de los fieles, sobre todo con su oración, comprensión y afecto espiritual.

6. El anuncio del Evangelio concierne a todos en la Iglesia; también a los fieles laicos, destinados a esta misión gracias al bautismo y la confirmación (cf. Lumen gentium, 33). Os exhorto, amados Hermanos en el Episcopado, a procurar que los seglares sean cada vez más conscientes de su vocación, como miembros vivos de la Iglesia y auténticos discípulos y misioneros de Cristo en todas las cosas (cf. Gaudium et spes, 43). Cuántos beneficios cabe esperar, también para la sociedad civil, del resurgir de un laicado maduro, que busque la santidad en sus quehaceres temporales, en plena comunión con sus Pastores, y firme en su vocación apostólica de ser fermento evangélico en el mundo.

7. Encomiendo con especial devoción a la Virgen María, Nuestra Señora de Luján, todos vuestros afanes pastorales, vuestras preocupaciones y personas. A vosotros, a vuestros sacerdotes, religiosos, seminaristas y fieles, imparto, con todo afecto en el Señor, una especial Bendición Apostólica.


02/04/2009 16:20
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TELEGRAMMA DI CORDOGLIO DEL SANTO PADRE PER LA MORTE DEL CARDINALE UMBERTO BETTI, O.F.M.

Pubblichiamo di seguito il telegramma di cordoglio per la morte, avvenuta ieri sera 1° aprile, dell’Em.mo Card. Umberto Betti, O.F.M., inviato dal Santo Padre Benedetto XVI al Rev.do Padre José Rodriguez Carballo, Ministro Generale dell’Ordine dei Frati Minori:


TELEGRAMMA DEL SANTO PADRE

REV.DO PADRE JOSÉ RODRIGUEZ CARBALLO
MINISTRO GENERALE ORDINE FRATI MINORI
VIA SANTA MARIA MEDIATRICE, 25 - 00165 ROMA

HO APPRESO CON PROFONDO DOLORE LA NOTIZIA DELLA SCOMPARSA DELL’EMINENTISSIMO CARDINALE UMBERTO BETTI E PARTECIPANDO SPIRITUALMENTE AL LUTTO CHE HA COLPITO CODESTO ORDINE DEI FRATI MINORI ESPRIMO IL MIO VIVO CORDOGLIO(.) RICORDO CON ANIMO GRATO AL SIGNORE IL MINISTERO SVOLTO CON ZELO DAL COMPIANTO PORPORATO PARTICOLARMENTE QUALE ILLUSTRE TEOLOGO PERITO DEL CONCILIO VATICANO SECONDO APPREZZATO CONSULTORE DELLA CONGREGAZIONE DELLA DOTTRINA DELLA FEDE E DELLA SEGRETERIA DI STATO E MAGNIFICO RETTORE DELLA PONTIFICIA UNIVERSITÀ LATERANENSE (.) INNALZO FERVIDE PREGHIERE DI SUFFRAGIO PER COSÌ BENEMERITO SERVITORE DEL VANGELO E INVOCANDO DALLA DIVINA BONTÀ LA PACE ETERNA PER LA SUA ANIMA ELETTA INVIO A CONFORTO DEI FAMILIARI DEI CONFRATELLI E DI QUANTI PIANGONO LA SUA DIPARTITA UNA SPECIALE BENEDIZIONE APOSTOLICA

BENEDICTUS PP. XVI

03/04/2009 01:38
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Benedetto XVI: l'evangelizzazione, urgenza del nostro tempo
Udienza ai Vescovi dell'Argentina



CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 2 aprile 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso che Benedetto XVI ha pronunciato questo giovedì ricevendo in udienza i Vescovi dell'Argentina in visita ad limina apostolorum, secondo la traduzione de "L'Osservatore Romano".

* * *

Cari Fratelli nell'Episcopato

1. È per me un'immensa gioia potervi ricevere questa mattina, pastori del popolo di Dio in Argentina, venuti a Roma in occasione della visita ad limina Apostolorum. Il mio pensiero si volge anche a tutte le diocesi che rappresentate e ai vostri sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli, che con abnegazione ed entusiasmo lavorano per l'edificazione del Regno di Dio in questa amata nazione.

In primo luogo, desidero ringraziare per le cordiali parole che, a nome di tutti, mi ha rivolto monsignor Alfonso Delgado Evers, arcivescovo di San Juan de Cuyo, il quale ha voluto ribadire i vostri sentimenti di comunione con il Successore di Pietro, rafforzando così il vincolo interiore che ci unisce nella fede, nell'amore fraterno e nella preghiera.

2. Come in molte altre parti del mondo, anche in Argentina sentite l'urgenza di portare avanti una vasta e incisiva azione evangelizzatrice che, tenendo conto dei valori cristiani che hanno modellato la storia e la cultura del vostro Paese, porti a una rinascita spirituale e morale delle vostre comunità, e di tutta la società. Vi spinge a farlo anche il vigoroso impulso missionario che la v conferenza generale dell'episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, tenutasi ad Aparecida, ha voluto suscitare in tutta la Chiesa dell'America Latina (cfr. Documento conclusivo, n. 213).

3. Il mio venerato predecessore, Papa Paolo vi, ha affermato nell'esortazione apostolica Evangelii nuntiandi che «evangelizzare è anzitutto testimoniare, in maniera semplice e diretta, Dio rivelato a Gesù Cristo, nello Spirito Santo. Testimoniare che nel suo Figlio ha amato il mondo» (n. 26). Non consiste dunque solo nel trasmettere o nell'insegnare una dottrina, ma anche nell'annunciare Cristo, il mistero della sua persona e il suo amore, poiché siamo veramente convinti che «non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l'amicizia con Lui» (Omelia nella santa messa per l'inizio del ministero Petrino, 24 aprile 2005).

Questo annuncio limpido ed esplicito di Cristo come Salvatore degli uomini, s'inserisce nella ricerca appassionante della verità, della bellezza e del bene che caratterizza l'essere umano. Inoltre, tenendo conto che «la verità non s'impone che con la forza della verità stessa» (Dignitatis humanae, n. 1), e che le conoscenze acquisite da altri o trasmesse dalla propria cultura arricchiscono l'uomo con verità che da solo non potrebbe raggiungere, riteniamo che «l'annuncio e la testimonianza del Vangelo sono il primo servizio che i cristiani possono rendere a ogni persona e all'intero genere umano» (Discorso al congresso della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, 11 marzo 2006).

4. Qualsiasi impegno evangelizzatore nasce da un triplice amore: per la Parola di Dio, la Chiesa e il mondo. Poiché attraverso la Sacra Scrittura Cristo ci permette di conoscerlo nella sua persona, nella sua vita e nella sua dottrina, «compito prioritario della Chiesa, all'inizio di questo nuovo millennio, è innanzitutto nutrirsi della Parola di Dio, per rendere efficace l'impegno della nuova evangelizzazione, dell'annuncio nei nostri tempi» (Omelia a conclusione della xii assemblea generale del Sinodo dei vescovi, 26 ottobre 2008). Tenendo conto che la Parola di Dio reca sempre frutti abbondanti (cfr. Is 55, 10-11; Mt 13, 23), e che solo essa può cambiare profondamente il cuore dell'uomo, vi incoraggio, cari fratelli, a facilitare l'accesso di tutti i fedeli alla Sacra Scrittura (cfr. Dei Verbum, nn. 22 e 25), affinché, ponendo la Parola di Dio al centro della loro vita, accolgano Cristo come redentore e la sua luce illumini tutti gli ambiti dell'umanità (cfr. Omelia nell'apertura della xii assemblea generale del Sinodo dei vescovi, 5 ottobre 2008).

Visto che la Parola di Dio non si può comprendere se la si separa dalla Chiesa e la si pone al suo margine, è necessario promuovere lo spirito di comunione e di fedeltà al magistero, soprattutto in quanti hanno la missione di trasmettere integralmente il messaggio del Vangelo. L'evangelizzatore, quindi, deve essere un figlio fedele della Chiesa e, inoltre, deve essere pieno di amore per gli uomini, per sapere offrire loro la grande speranza che portiamo nella nostra anima (cfr. 1 Pt 3, 15).

5. Bisogna sempre tenere presente che la prima forma di evangelizzazione è la testimonianza della propria vita (cfr. Lumen gentium, n. 35). La santità di vita è un dono prezioso che potete offrire alle vostre comunità nel cammino del vero rinnovamento della Chiesa. Oggi più che mai la santità è un'esigenza sempre attuale, poiché l'uomo del nostro tempo sente il bisogno urgente della testimonianza chiara e attraente di una vita coerente ed esemplare.

A tale proposito, vi esorto vivamente a prestare un'attenzione speciale ai presbiteri, vostri più diretti collaboratori. Le sfide dell'epoca attuale richiedono più che mai sacerdoti virtuosi, pieni di spirito di preghiera e di sacrificio, con una salda formazione e dediti al servizio di Cristo e della Chiesa mediante l'esercizio della carità. Il sacerdote ha la grande responsabilità di apparire dinanzi ai fedeli irreprensibile nella sua condotta, seguendo da vicino Cristo e con il sostegno e l'incoraggiamento dei fedeli, soprattutto con la loro preghiera, comprensione e affetto spirituale.

6. L'annuncio del Vangelo riguarda tutti nella Chiesa; anche i fedeli laici, destinati a questa missione grazie al battesimo e alla confermazione (cfr. Lumen gentium, n. 33). Vi esorto, amati Fratelli nell'Episcopato, a far sì che i laici siano sempre più consapevoli della loro vocazione, come membra vive della Chiesa e autentici discepoli e missionari di Cristo in tutte le cose (cfr. Gaudium et spes, n. 43). Quanti benefici ci si può aspettare, anche per la società civile, dal risorgere di un laicato maturo, che ricerchi la santità nelle sue attività temporali, in piena comunione con i suoi Pastori, e saldo nella sua vocazione apostolica di essere fermento evangelico nel mondo.

7. Affido con particolare devozione alla Vergine Maria, Nuestra Señora de Luján, tutti i vostri aneliti pastorali, le vostre preoccupazioni e persone. A voi, ai vostri sacerdoti, ai religiosi, ai seminaristi e ai fedeli, imparto, con affetto nel Signore, una speciale Benedizione Apostolica.



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Il Papa: l'eredità di Giovanni Paolo II, "la fiaccola della fede e della speranza"
Omelia nel quarto anniversario della morte di Papa Wojtyła



CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 2 aprile 209 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito il testo dell'omelia che Benedetto XVI ha pronunciato questo giovedì nell'Eucaristia solenne celebrata nella Basilica di San Pietro con i Cardinali e i giovani di Roma in occasione del quarto anniversario della morte di Giovanni Paolo II.

* * *

Cari fratelli e sorelle!

Quattro anni or sono, proprio in questo giorno, l'amato mio Predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II, concludeva il suo pellegrinaggio terreno, dopo un non breve periodo di grande sofferenza. Celebriamo la Santa Eucaristia in suffragio della sua anima, mentre ringraziamo il Signore di averlo dato alla Chiesa, per tanti anni, come zelante e generoso Pastore. Ci riunisce questa sera il suo ricordo, che continua ad essere vivo nel cuore della gente, come dimostra anche l'ininterrotto pellegrinaggio di fedeli alla sua tomba, nelle Grotte Vaticane. È pertanto con emozione e gioia che presiedo questa Santa Messa, mentre saluto e ringrazio per la presenza voi, venerati Fratelli nell'episcopato e nel sacerdozio, e voi, cari fedeli venuti da varie parti del mondo, specialmente dalla Polonia, per tale significativa ricorrenza.

[Vorrei salutare i polacchi, in modo particolare, la gioventù polacca. Nel quarto anniversario della morte di Giovanni Paolo II accogliete il suo appello: "Non abbiate paura di affidarvi a Cristo. Egli vi guiderà, vi darà la forza di seguirlo ogni giorno e in ogni situazione» (Tor Vergata, Veglia di preghiera 19.08.2000). Vi auguro che questo pensiero del Servo di Dio vi guidi nelle strade della vostra vita, e vi conduca alla felicità del mattino della Risurrezione.]

Saluto il Cardinale Vicario, il Cardinale Arcivescovo di Cracovia, il caro Cardinale Stanislao, e gli altri Cardinali e tutti gli altri Presuli; saluto i sacerdoti, i religiosi e le religiose. Saluto in modo speciale voi, amati giovani di Roma, che con questa celebrazione vi preparate alla Giornata Mondiale della Gioventù, che vivremo insieme domenica prossima, Domenica delle Palme. La vostra presenza mi richiama alla mente l'entusiasmo che Giovanni Paolo II sapeva infondere nelle nuove generazioni. La sua memoria è stimolo per tutti noi, raccolti in questa Basilica dove in molte occasioni egli ha celebrato l'Eucaristia, a lasciarci illuminare ed interpellare dalla Parola di Dio, poc'anzi proclamata.

Il Vangelo di questo giovedì della quinta settimana di Quaresima propone alla nostra meditazione l'ultima parte del capitolo VIII del Vangelo di Giovanni, che contiene come abbiamo sentito una lunga disputa sull'identità di Gesù. Poco prima Egli si è presentato come "la luce del mondo" (v. 12), usando per ben tre volte (vv. 24.28.58) l'espressione "Io Sono", che in senso forte richiama il nome di Dio rivelato a Mosè (cfr Es 3,14). Ed aggiunge: "Se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte" (v. 51), dichiarando così di essere stato mandato da Dio, che è suo Padre, a portare agli uomini la libertà radicale dal peccato e dalla morte, indispensabile per entrare nella vita eterna. Le sue parole però feriscono l'orgoglio degli interlocutori, ed anche il riferimento al grande patriarca Abramo diventa motivo di conflitto. "In verità, in verità io vi dico: - afferma il Signore - prima che Abramo fosse, Io Sono" (8,58). Senza mezzi termini, dichiara la sua pre-esistenza e, dunque, la sua superiorità rispetto ad Abramo, suscitando - comprensibilmente - la reazione scandalizzata dei Giudei. Ma non può tacere Gesù la propria identità; sa che, alla fine, sarà il Padre stesso a rendergli ragione, glorificandolo con la morte e la risurrezione, perché proprio quando sarà innalzato sulla croce si rivelerà come l'unigenito Figlio di Dio (cfr Gv 8,28; Mc 15,39).

Cari amici, meditando su questa pagina del Vangelo di Giovanni, viene spontaneo considerare quanto sia difficile in verità rendere testimonianza a Cristo. Ed il pensiero va all'amato Servo di Dio Karol Wojtyła - Giovanni Paolo II, che sin da giovane si mostrò intrepido e ardito difensore di Cristo: per Cristo non esitò a spendere ogni energia al fine di diffonderne dappertutto la luce; non accettò di scendere a compromessi quando si trattava di proclamare e difendere la sua Verità; non si stancò mai di diffondere il suo amore. Dall'inizio del pontificato sino al 2 aprile del 2005, non ebbe paura di proclamare, a tutti e sempre, che solo Gesù è il Salvatore e il vero Liberatore dell'uomo e di tutto l'uomo. Nella prima lettura abbiamo sentito le parole ad Abramo "Ti renderò molto, molto fecondo" (Gen 17,6). Se testimoniare la propria adesione al Vangelo non è mai facile, è certamente di conforto la certezza che Dio rende fecondo il nostro impegno, quando è sincero e generoso. Anche da questo punto di vista significativa ci appare l'esperienza spirituale del servo di Dio Giovanni Paolo II. Guardando alla sua esistenza, vi vediamo come realizzata la promessa di fecondità fatta da Dio ad Abramo, ed echeggiata nella prima lettura tratta dal libro della Genesi. Si potrebbe dire che specialmente negli anni del suo lungo pontificato, egli ha generato alla fede molti figli e figlie. Ne siete segno visibile voi, cari giovani presenti questa sera: voi, giovani di Roma e voi, giovani venuti da Sydney e da Madrid, a rappresentare idealmente le schiere di ragazzi e ragazze che hanno partecipato alle ormai 23 Giornate Mondiali della Gioventù, in varie parti del mondo. Quante vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, quante giovani famiglie decise a vivere l'ideale evangelico e a tendere alla santità sono legate alla testimonianza e alla predicazione del mio venerato Predecessore! Quanti ragazzi e ragazze si sono convertiti, o hanno perseverato nel loro cammino cristiano grazie alla sua preghiera, al suo incoraggiamento, al suo sostegno e al suo esempio!

È vero! Giovanni Paolo II riusciva a comunicare una forte carica di speranza, fondata sulla fede in Gesù Cristo, il quale "è lo stesso ieri, oggi e per sempre" (Eb 13,8), come recitava il motto del Grande Giubileo del 2000. Come padre affettuoso e attento educatore, indicava sicuri e saldi punti di riferimento indispensabili per tutti, in special modo per la gioventù. E nell'ora dell'agonia e della morte, questa nuova generazione volle manifestargli di aver compreso i suoi ammaestramenti, raccogliendosi silenziosamente in preghiera in Piazza San Pietro e in tanti altri luoghi del mondo. Sentivano, i giovani, che la sua scomparsa costituiva una perdita: moriva il "loro" Papa, che consideravano "loro padre" nella fede. Avvertivano al tempo stesso che lasciava loro in eredità il suo coraggio e la coerenza della sua testimonianza. Non aveva egli sottolineato più volte il bisogno di una radicale adesione al Vangelo, esortando adulti e giovani a prendere sul serio questa comune responsabilità educativa? Anch'io come sapete ho voluto riprendere questa sua ansia, soffermandomi in diverse occasioni a parlare dell'urgenza educativa che concerne oggi le famiglie, la chiesa, la società e specialmente le nuove generazioni. Nell'età della crescita, i ragazzi hanno bisogno di adulti capaci di proporre loro principi e valori; avvertono il bisogno di persone che sappiano insegnare con la vita, ancor prima che con le parole, a spendersi per alti ideali.

Ma dove attingere luce e saggezza per portare a compimento questa missione, che tutti ci coinvolge nella Chiesa e nella società? Certamente non basta far appello alle risorse umane; occorre fidarsi anche e in primo luogo dell'aiuto divino. "Il Signore è fedele per sempre": così abbiamo pregato poco fa nel Salmo responsoriale, certi che Iddio non abbandona mai quanti a Lui restano fedeli. Ciò richiama il tema della 24a Giornata Mondiale della Gioventù, che sarà celebrata a livello diocesano domenica prossima. Esso è tratto dalla prima Lettera a Timoteo di san Paolo: "Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente" (4,10). L'Apostolo parla a nome della comunità cristiana, a nome di quanti hanno creduto in Cristo e sono diversi dagli "altri che non hanno speranza" (1 Ts 4,13), proprio perché invece sperano, nutrono cioè fiducia nel futuro, una fiducia non basata su idee o previsioni umane, bensì su Dio, il "Dio vivente".

Cari giovani, non si può vivere senza sperare. L'esperienza mostra che ogni cosa, e la nostra vita stessa sono a rischio, possono crollare per qualche motivo a noi interno o esterno, in qualsiasi momento. È normale: tutto ciò che è umano, e dunque anche la speranza, non ha fondamento in se stesso, ma necessita di una "roccia" a cui ancorarsi. Ecco perché Paolo scrive che la speranza umana i cristiani sono chiamati a fondarla sul "Dio vivente". Solo in Lui e con Lui diventa sicura e affidabile. Anzi solo Dio, che in Gesù Cristo ci ha rivelato la pienezza del suo amore, può essere la nostra salda speranza. In Lui, nostra speranza, infatti siamo stati salvati (cfr. Rm 8,24).

Fate però attenzione: in momenti come questo, dato il contesto culturale e sociale nel quale viviamo, potrebbe essere più forte il rischio di ridurre la speranza cristiana a ideologia, a slogan di gruppo, a rivestimento esteriore. Nulla di più contrario al messaggio di Gesù! Egli non vuole che i suoi discepoli "recitino" una parte, magari quella della speranza. Egli vuole che essi "siano" speranza, e possono esserlo soltanto se restano uniti a Lui! Vuole che ognuno di voi, cari giovani amici, sia una piccola sorgente di speranza per il suo prossimo, e che tutti insieme diventiate un'oasi di speranza per la società all'interno della quale siete inseriti. Ora, questo è possibile ad una condizione: che viviate di Lui e in Lui, mediante la preghiera e i Sacramenti, come vi ho scritto nel Messaggio di quest'anno. Se le parole di Cristo rimangono in noi, possiamo propagare la fiamma di quell'amore che Egli ha acceso sulla terra; possiamo portare alta la fiaccola della fede e della speranza, con la quale avanziamo verso di Lui, mentre ne attendiamo il ritorno glorioso alla fine dei tempi. È la fiaccola che il Papa Giovanni Paolo II ci ha lasciato in eredità. L'ha consegnata a me, come suo successore; ed io questa sera la consegno idealmente, ancora una volta, in un modo speciale a voi, giovani di Roma, perché continuiate ad essere sentinelle del mattino, vigili e gioiosi in quest'alba del terzo millennio. Rispondete generosamente all'appello di Cristo! In particolare, durante l'Anno Sacerdotale che inizierà il 19 giugno prossimo, rendetevi prontamente disponibili, se Gesù vi chiama, a seguirlo nella via del sacerdozio e della vita consacrata.

"Ecco ora il momento favorevole; è questo il giorno della salvezza!" Al canto al Vangelo, la liturgia ci ha esortati a rinnovare ora, - ed ogni istante è "momento favorevole" - la nostra decisa volontà di seguire Cristo, certi che Egli è la nostra salvezza. Questo, in fondo, è il messaggio che ci ripete questa sera il caro Papa Giovanni Paolo II. Mentre affidiamo la sua anima eletta alla materna intercessione della Vergine Maria che ha sempre amato teneramente, speriamo vivamente che dal Cielo non cessi di accompagnarci e di intercedere per noi. Aiuti ciascuno di noi a vivere, come lui ha fatto, ripetendo giorno dopo giorno a Dio, per mezzo di Maria con piena fiducia: Totus tuus. Amen!

[© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana, aggiunte a cura di ZENIT]




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LE UDIENZE

Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in Udienza:

S.E. il Sig. Victor Manuel Grimaldi Céspedes, Ambasciatore della Repubblica Dominicana presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali;

S.E. Mons. Angelo Amato, Arcivescovo tit. di Sila, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi;

Em.mo Card. William Joseph Levada, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

Il Papa riceve questa mattina in Udienza:

Em.mo Card. Fiorenzo Angelini, Presidente emerito del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari;

Delegazione del Circolo San Pietro.




RINUNCE E NOMINE


RINUNCIA DELL’ARCIVESCOVO METROPOLITA DI WESTMINSTER (INGHILTERRA) E NOMINA DEL SUCCESSORE

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Westminster (Inghilterra), presentata dall’Em.mo Card. Cormac Murphy O’Connor, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

Il Papa ha nominato Arcivescovo Metropolita di Westminster (Inghilterra) S.E. Mons. Vincent Nichols trasferendolo dalla Sede di Birmingham.

S.E. Mons. Vincent Nichols

S.E. Mons. Vincent Nichols è nato a Crosby, arcidiocesi di Liverpool, l’8 novembre 1945. Dopo gli studi primari e secondari, è entrato nel Venerabile Collegio Inglese a Roma nel 1963. Ha frequentato la Pontificia Università Gregoriana e vi ha conseguito la Licenza in Teologia. Tornato in Inghilterra ha continuato gli studi presso l’Università di Manchester dove ha ottenuto il grado di "Master of Arts", con una tesi sulla teologia di San Giovanni Fisher.

E’ stato ordinato sacerdote il 21 novembre 1969. Rientrato in diocesi, è stato messo a capo di un gruppo di sacerdoti incaricati della pastorale per i poveri. A Liverpool nel 1979 è stato nominato Vice-Cancelliere dell’arcidiocesi e, nell’anno seguente, Direttore dello "Upholland Northern Institute". Nel 1983, è stato eletto Segretario Generale della Conferenza Episcopale d’Inghilterra e Galles.

Eletto Vescovo titolare di Othona e Ausiliare di Westminster il 5 novembre 1991, è stato consacrato il 24 gennaio 1992. Ha avuto la cura pastorale della zona settentrionale dell’arcidiocesi. Ha partecipato a diversi Sinodi a Roma, inclusi quelli per la Vita Consacrata, per l’Oceania, e per l’Europa. Dopo la morte del compianto Cardinale Hume, è stato eletto Amministratore dell’arcidiocesi di Westminster. Il 15 febbraio 2000 è stato promosso Arcivescovo Metropolita di Birmingham.

Mons. Nichols è Membro dello Standing Committee della Conferenza Episcopale e Presidente del Department of Catholic Education and Formation.


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UDIENZA ALLA DELEGAZIONE DEL CIRCOLO SAN PIETRO

Alle ore 12.30 di questa mattina, nella Sala dei Papi del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i membri di una Delegazione del Circolo San Pietro e rivolge loro il discorso che riportiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari Soci del Circolo San Pietro!

Con vero piacere vi incontro e porgo a ciascuno di voi il mio cordiale saluto, che estendo volentieri ai vostri familiari e a quanti operano con voi nelle diverse attività promosse dal vostro benemerito sodalizio. Saluto, in particolare, il Presidente Generale, il Duca Leopoldo Torlonia, che ringrazio per le parole con le quali ha interpretato i comuni sentimenti, e il vostro Assistente spirituale, Mons. Franco Camaldo. L’occasione mi è propizia per rinnovarvi il mio vivo apprezzamento per il servizio che rendete al Papa, e per il contributo che offrite alla comunità cristiana di Roma, specialmente venendo incontro ai bisogni di tanti nostri fratelli poveri e indigenti. Vi ringrazio perché con queste vostre iniziative di solidarietà umana ed evangelica voi rendete presente, in un certo modo, la premura del Successore di Pietro verso chi si trova in condizioni di particolare necessità.

Noi sappiamo che l’autenticità della nostra fedeltà al Vangelo si verifica anche in base all’attenzione e alla sollecitudine concreta che ci sforziamo di manifestare verso il prossimo, specialmente verso i più deboli ed emarginati. Così, il servizio caritativo, che può dispiegarsi in una molteplicità di forme, diventa una privilegiata forma di evangelizzazione, alla luce dell’insegnamento di Gesù, il quale riterrà come fatto a se stesso quanto avremo fatto ai nostri fratelli, specialmente a chi tra loro è "piccolo" e trascurato (cfr Matteo 25,40). Perché allora il nostro servizio non sia soltanto azione filantropica, pur utile e meritevole, è necessario alimentarlo con costante preghiera e fiducia in Dio. Occorre armonizzare il nostro sguardo con lo sguardo di Cristo, il nostro cuore con il suo cuore. In tal modo, il sostegno amorevole offerto agli altri si traduce in partecipazione e consapevole condivisione delle loro speranze e sofferenze, rendendo visibile, e direi quasi tangibile, da una parte la misericordia infinita di Dio verso ogni essere umano, e dall’altra la nostra fede in Lui. Gesù, il suo Figlio Unigenito, morendo in croce, ci ha rivelato l’amore misericordioso del Padre che è sorgente della vera fraternità tra tutti gli uomini, e ci ha indicato l’unica via possibile per diventare credibili testimoni di questo Amore.

Tra qualche giorno, nella Settimana Santa, avremo la possibilità di rivivere intensamente la somma manifestazione dell’Amore divino. Potremo immergerci, ancora una volta, nei misteri della dolorosa passione e della gloriosa risurrezione del Signore nostro Gesù Cristo. Il Triduo Pasquale sia per ciascuno di voi, cari fratelli, occasione propizia per rinsaldare e purificare la vostra fede; per aprirvi alla contemplazione della Croce che è mistero di amore infinito a cui attingere forza per fare della vostra esistenza un dono ai fratelli. La Croce di Cristo – scrive il Papa san Leone Magno – è "sorgente di tutte le benedizioni, è causa di tutte le grazie" (cfr. Disc. 8 sulla passione del Signore, 6 – 8). Dalla Croce scaturisce anche la gioia e la pace del cuore, che rende testimoni di quella speranza di cui si avverte un grande bisogno in questo tempo di crisi economica diffusa e generalizzata. E di tale speranza saranno segni eloquenti le varie iniziative di carità del vostro benemerito Circolo San Pietro, come pure e soprattutto le vostre stesse esistenze, se vi lascerete guidare dallo Spirito di Cristo.

Cari amici, come ogni anno, siete venuti quest’oggi a consegnarmi l’obolo di San Pietro, che avete raccolto nelle parrocchie di Roma. Grazie per questo segno di comunione ecclesiale e di concreta partecipazione allo sforzo economico che la Sede Apostolica dispiega per andare incontro alle crescenti urgenze della Chiesa, specialmente nei Paesi più poveri della terra. Desidero, ancora una volta, manifestare il mio vivo apprezzamento per tale vostro servizio, animato da convinta fedeltà e adesione al Successore di Pietro. Il Signore vi renda merito e ricolmi di benedizioni il vostro Circolo; aiuti ciascuno di voi a realizzare pienamente la propria vocazione cristiana in famiglia, nel lavoro e all’interno della vostra Associazione. La Vergine Santa accompagni e sostenga con la sua materna protezione i vostri propositi e i vostri progetti di bene. Da parte mia, vi assicuro la mia preghiera per voi qui presenti, per tutti i soci e i volontari, come pure per quanti vi affiancano nelle varie vostre attività, e per coloro che incontrate nel vostro quotidiano apostolato. Con tali sentimenti, vi imparto con affetto una speciale Benedizione Apostolica, che estendo volentieri alle vostre famiglie e alle persone a voi care.

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LE LETTERE CREDENZIALI DELL’AMBASCIATORE DELLA REPUBBLICA DOMINICANA PRESSO LA SANTA SEDE

Alle ore 11 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza S.E. il Signor Victor Manuel Grimaldi Céspedes, Ambasciatore della Repubblica Dominicana presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto al nuovo ambasciatore, nonché i cenni biografici essenziali di S.E. il Signor Victor Manuel Grimaldi Céspedes:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Señor Embajador:

Le recibo con gran alegría en este solemne acto, en el que Vuestra Excelencia presenta las Cartas Credenciales que lo acreditan como Embajador Extraordinario y Plenipotenciario de la República Dominicana ante la Santa Sede. Le agradezco las deferentes palabras que me ha dirigido, así como el amable saludo de parte del Doctor Leonel Antonio Fernández Reyna, Presidente de esa noble Nación. Le ruego que tenga la bondad de asegurarle que pido al Señor en mis oraciones por su Gobierno y el amado pueblo dominicano, tan cercano al corazón del Papa.

Vuestra Excelencia viene como Representante de un País de profundas raíces católicas y que, como acaba de señalar, evoca ya en su mismo nombre la adhesión al mensaje cristiano de la mayoría de sus gentes, al aludir a Santo Domingo de Guzmán, preclaro predicador de la Palabra de Dios. Hago votos para que las cordiales relaciones diplomáticas que su Nación mantiene con la Sede Apostólica se estrechen aún más en el porvenir.

Como Vuestra Excelencia ha recordado también, la comunidad católica dominicana se prepara para conmemorar el V centenario de la creación de la Arquidiócesis de Santo Domingo, erigida el 8 de agosto de 1511. Esta efeméride, unida a la Misión continental impulsada por la V Conferencia General del Episcopado Latinoamericano y del Caribe, celebrada en Aparecida, está siendo motivo de un renovado dinamismo misionero y evangelizador, que favorecerá la promoción humana de todos los miembros de la sociedad.

La Iglesia, que nunca puede confundirse con la comunidad política, converge con el Estado en el fomento de la dignidad de la persona y en la búsqueda del bien común de la sociedad (cf. Gaudium et spes, 76). En este contexto de recíproca autonomía y sana cooperación, se insertan las iniciativas diplomáticas que, en palabras de mi venerado Predecesor, el Siervo de Dios Juan Pablo II, están al "servicio de la gran causa de la paz, del acercamiento y colaboración entre los pueblos y de un intercambio fructífero para lograr unas relaciones más humanas y más justas" (Discurso al Cuerpo Diplomático acreditado ante la República Dominicana, 11 octubre 1992, n. 1). Por eso, la Santa Sede tiene en alta consideración la labor que Vuestra Excelencia comienza hoy a desempeñar.

Su País ha ido forjando con el tiempo un rico patrimonio cultural, hondamente inscrito en el alma del pueblo, y en el que destacan significativas tradiciones y costumbres, muchas de las cuales tienen su origen y alimento en la doctrina católica, que promueve en quienes la profesan un anhelo de libertad y de conciencia crítica, de responsabilidad y solidaridad.

Hace ya más de cinco siglos, en el suelo de lo que hoy es la República Dominicana, se celebraba por primera vez la Santa Misa en el Continente americano. A partir de entonces, y gracias a una generosa y abnegada labor de evangelización, la fe en Cristo Jesús fue haciéndose cada vez más viva y operante, de modo que desde la Isla de La Española partieron los misioneros encargados de anunciar la Buena Noticia de la salvación en el Continente. De aquella primera simiente surgió posteriormente, como árbol frondoso, la Iglesia en Latinoamérica, que con el pasar de los años ha ido dando abundantes frutos de santidad, cultura y prosperidad de todos los miembros de la sociedad.

En este sentido, es justo reconocer la aportación de la Iglesia, a través de sus instituciones, en beneficio del progreso de su País, sobre todo en el campo educativo, con las diversas universidades, centros de formación técnica, institutos y escuelas parroquiales; y en el ámbito asistencial, con la atención a los numerosos inmigrantes, a los refugiados, discapacitados, enfermos, ancianos, huérfanos y menesterosos. A este respecto, me complace subrayar la fluida colaboración que hay entre las entidades católicas locales y los organismos del Estado en el desarrollo de programas que, buscando siempre el bien común de la sociedad, favorecen a los más necesitados e impulsan auténticos valores morales y espirituales.

Por otra parte, es de suma importancia que en los significativos cambios políticos sociales en los que la República Dominicana está inmersa en los últimos tiempos, se implanten y prolonguen aquellos nobles principios que distinguen la rica historia dominicana desde la fundación de su Patria. Me refiero, ante todo, a la defensa y difusión de valores humanos tan básicos como el reconocimiento y la tutela de la dignidad de la persona, el respeto de la vida humana desde el momento de su concepción hasta su muerte natural y la salvaguardia de la institución familiar basada en el matrimonio entre un hombre y una mujer, ya que éstos son elementos insustituibles e irrenunciables del tejido social.

En los últimos tiempos, gracias al trabajo de las diversas instancias de su País, se han ido produciendo notables logros, tanto en el plano social como económico, que permiten auspiciar un futuro más luminoso y sereno. No obstante, queda aún un largo camino por recorrer para asegurar una vida digna a los dominicanos y erradicar las lacras de la pobreza, el narcotráfico, la marginación y la violencia. Así pues, todo aquello que se oriente al fortalecimiento de las instituciones es fundamental para el bienestar de la sociedad, que se apoya en pilares como el cultivo de la honestidad y la transparencia, la independencia jurídica, el cuidado y respeto del medio ambiente y la potenciación de los servicios sociales, asistenciales, sanitarios y educativos de toda la población. Estos pasos deben ir acompañados por una fuerte determinación para erradicar definitivamente la corrupción, que conlleva tanto sufrimiento, sobre todo para los miembros más pobres e indefensos de la sociedad. En la instauración de un clima de verdadera concordia y de búsqueda de respuestas y soluciones eficaces y estables para los problemas más acuciantes, las Autoridades dominicanas encontrarán siempre la mano tendida de la Iglesia, para la construcción de una civilización más libre, pacífica, justa y fraterna.

Señor Embajador, antes de concluir nuestro encuentro, quisiera renovarle mi cercanía espiritual, junto con mis fervientes deseos para que el importante cometido que le ha sido confiado redunde en beneficio de su Nación. Le ruego que se haga intérprete de esta esperanza ante el Señor Presidente y el Gobierno de la República Dominicana. Vuestra Excelencia, su familia y el personal de esa Misión Diplomática podrán contar siempre con la estima, la buena acogida y el apoyo de esta Sede Apostólica en el desempeño de su alta responsabilidad, para la que deseo copiosos frutos. Suplico al Señor, por intercesión de Nuestra Señora de Altagracia y de Santo Domingo de Guzmán, que colme de dones celestiales a todos los hijos e hijas de ese amado País, a los que imparto complacido la Bendición Apostólica.

S.E. il Signor Victor Manuel Grimaldi Céspedes,

Ambasciatore della Repubblica Dominicana presso la Santa Sede

È nato a Santo Domingo il 22 dicembre 1949.

È sposato ed ha cinque figli.

Collaboratore dei principali giornali nazionali per le attività della Chiesa Cattolica (dal 1969), si è laureato in Ingegneria di Sistemi presso l’Istituto Tecnologico di Santo Domingo (1985) ed ha lavorato nel Programma per la Promozione Sociale, sostenuto dai Fratelli de La Salle, nelle periferie povere della Città Capitale.

Ha successivamente ricoperto i seguenti incarichi: Consultore delle Nazioni Unite per il dialogo del settore pubblico-privato per lo sviluppo (1988-1992); Controllore Generale della Repubblica (1996); Coordinatore del Governo per l’elaborazione di una Agenda nazionale per lo sviluppo (2000-2002).

Ha partecipato a numerosi corsi e seminari all’estero sui problemi politici e sociali ed è un noto scrittore e giornalista politico e storico.

È autore di varie pubblicazioni di carattere storico e sociale.

Parla lo spagnolo e l’inglese.

04/04/2009 01:37
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Discorso del Papa al nuovo ambasciatore della Repubblica Dominicana


CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 3 aprile 2009 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito il testo del discorso che Benedetto XVI ha rivolto questo venerdì al nuovo ambasciatore della Repubblica Dominicana presso la Santa Sede, Víctor Manuel Grimaldi Céspedes, secondo la traduzione de "L'Osservatore Romano".

* * *

Signor Ambasciatore,

La ricevo con grande gioia in questo atto solenne, nel quale lei, Eccellenza, presenta le lettere credenziali che l'accreditano come Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Repubblica Dominicana presso la Santa Sede. La ringrazio per le deferenti parole che mi ha rivolto, e anche per il cordiale saluto da parte del dottor Leonel Antonio Fernández Reyna, Presidente della sua nobile Nazione. Le chiedo gentilmente di assicurarlo che nelle mie preghiere ricordo al Signore il suo Governo e l'amato popolo dominicano, tanto vicino al cuore del Papa.

Lei, Eccellenza, è qui in rappresentanza di un paese dalle profonde radici cattoliche che, come ha appena indicato, ricorda già nel suo stesso nome l'adesione al messaggio cristiano della maggior parte del suo popolo, alludendo a san Domenico di Guzmán, illustre predicatore della Parola di Dio. Formulo voti affinché le cordiali relazioni diplomatiche che la sua Nazione mantiene con la Sede Apostolica s'intensifichino ulteriormente in futuro.

Come anche lei, Eccellenza, ha ricordato, la comunità cattolica dominicana si sta preparando a commemorare il v centenario della creazione dell'arcidiocesi di Santo Domingo, eretta l'8 agosto 1511. Questo anniversario, unito alla missione continentale voluta dalla v Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, tenutasi ad Aparecida, è motivo di un rinnovato dinamismo missionario ed evangelizzatore, che favorirà la promozione umana di tutti i membri della società.

La Chiesa, che non si può mai confondere con la comunità politica, coincide con lo Stato nella promozione della dignità della persona nella ricerca del bene comune della società (cfr. Gaudium et spes, n. 76). In questo contesto di reciproca autonomia e sana cooperazione, s'inseriscono le iniziative diplomatiche che, con le parole del mio venerato Predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo ii, sono «al servizio della grande causa della pace, dell'avvicinamento e della collaborazione fra i popoli e di uno scambio fecondo per arrivare a rapporti più umani e giusti» (Discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Repubblica Dominicana, 11 ottobre 1992, n. 1). Per questo, la Santa Sede ha in grande considerazione il lavoro che lei, Eccellenza, comincia a svolgere oggi.

Il suo paese ha forgiato con il tempo un ricco patrimonio culturale, profondamente inscritto nell'anima del popolo, nel quale risaltano tradizioni e costumi significativi, molti dei quali hanno la propria origine e il proprio alimento nella dottrina cattolica, che promuove in quanti la professano un anelito di libertà e di coscienza critica, di responsabilità e di solidarietà.

Più di cinque secoli fa, nella terra che oggi è la Repubblica Dominicana, si celebrava per la prima volta la Santa Messa nel continente americano. Da allora, e grazie a una generosa e dedita opera di evangelizzazione, la fede in Cristo Gesù divenne sempre più viva e operante, di modo che dall'Isola de La Española partirono i missionari incaricati di annunciare la Buona Novella della salvezza nel continente. Da quel primo seme sorse in seguito, come un albero frondoso, la Chiesa in America Latina, che con il passare degli anni ha prodotto abbondanti frutti di santità, cultura e prosperità di tutti i membri della società.

In tal senso, è giusto riconoscere l'apporto della Chiesa, attraverso le sue istituzioni, a beneficio del progresso del Paese, soprattutto in campo educativo, con le varie università, i centri di formazione tecnica, gli istituti e le scuole parrocchiali, e nell'ambito assistenziale, con l'attenzione rivolta ai numerosi immigranti, ai rifugiati, ai disabili, ai malati, agli anziani, agli orfani e ai bisognosi. A tale proposito, sono lieto di sottolineare la fluida collaborazione esistente fra le entità cattoliche locali e gli organismi dello Stato nello sviluppo di programmi che, ricercando sempre il bene comune della società, favoriscono i più bisognosi e promuovono autentici valori morali e spirituali.

D'altro canto, è di somma importanza che nei significativi cambiamenti politici e sociali nei quali la Repubblica Dominicana è immersa negli ultimi tempi, si stabiliscano e si prolunghino quei nobili principi che contraddistinguono la ricca storia dominicana fin dalla fondazione della patria. Mi riferisco, innanzitutto, alla difesa e alla diffusione di valori umani fondamentali come il riconoscimento e la tutela della dignità della persona, il rispetto della vita umana dal suo concepimento fino alla sua morte naturale e la salvaguardia dell'istituzione familiare basata sul matrimonio fra un uomo e una donna, poiché questi sono elementi insostituibili e irrinunciabili del tessuto sociale.

Negli ultimi tempi, grazie al lavoro delle diverse istanze del suo Paese, sono stati ottenuti notevoli risultati sul piano sia sociale sia economico, che consentono di auspicare un futuro più luminoso e sereno. Resta, tuttavia, ancora un lungo cammino da percorrere per assicurare una vita degna ai dominicani e sradicare le piaghe della povertà, del narcotraffico, dell'emarginazione e della violenza. Pertanto, tutto ciò che è volto a rafforzare le istituzioni è fondamentale per il benessere della società, la quale si fonda su pilastri come la pratica dell'onestà e della trasparenza, l'autonomia giuridica, la cura e il rispetto dell'ambiente e il potenziamento dei servizi sociali, assistenziali, sanitari ed educativi di tutta la popolazione. Questi passi devono essere accompagnati da una forte determinazione a sradicare definitivamente la corruzione, che provoca tanta sofferenza, soprattutto per i membri più poveri e indifesi della società. Nell'instaurare un clima di vera concordia e di ricerca di risposte e soluzioni efficaci e stabili per i problemi più pressanti, le Autorità dominicane troveranno sempre la mano tesa della Chiesa, per la costruzione di una civiltà più libera, pacifica, giusta e fraterna.

Signor Ambasciatore, prima di concludere il nostro incontro, vorrei rinnovarle la mia vicinanza spirituale, unitamente ai miei ferventi auspici affinché l'importante mandato che le è stato affidato rechi beneficio alla sua Nazione. Le chiedo di farsi interprete di questa speranza presso il signor Presidente e il Governo della Repubblica Dominicana. Lei, Eccellenza, la sua famiglia e il personale di questa Missione Diplomatica potrete sempre contare sulla stima, la buona accoglienza e il sostegno di questa Sede Apostolica nello svolgimento della sua alta responsabilità, per la quale auspico copiosi frutti. Supplico il Signore, per intercessione di Nostra Signora di Altagracia e di san Domenico di Guzmán, di colmare di doni celesti tutti i figli e le figlie di questo amato Paese, ai quali imparto con piacere la Benedizione Apostolica.

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