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Dal blog di Lella...
Padre Lombardi: il “caso Williamson” potrebbe avere conseguenze positive
Incontro a Madrid con i delegati per le comunicazioni delle Diocesi spagnole
di Inma Álvarez
MADRID, martedì, 17 febbraio 2009 (ZENIT.org).
Il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi S.I., ha spiegato questo lunedì a Madrid i dettagli comunicativi del “caso Williamson” di fronte ai delegati per le comunicazioni sociali delle Diocesi spagnole e ha sottolineato gli effetti positivi che lo sforzo di chiarificazione ha avuto per le relazioni con il mondo ebraico.
Padre Lombardi è intervenuto all'assemblea annuale della Commissione dei Mezzi di Comunicazione Sociale della Conferenza Episcopale (CEMCS) e ha dedicato parte della sua esposizione alla necessità di affrontare i momenti di crisi comunicativa nella Chiesa con “chiarezza” e “senza paura”.
Il portavoce vaticano ha ammesso che il momento di tensione dopo la pubblicazione del decreto di remissione della scomunica ai Vescovi “lefebvriani” da parte del Papa il 24 gennaio scorso è stato dovuto a una “drammatica coincidenza” con la conoscenza in quei giorni delle dichiarazioni del Vescovo Richard Williamson.
Tale coincidenza, ha spiegato padre Lombardi, “ha creato una situazione di confusione e tensione molto grande, visto che in teoria erano due questioni distinte”. Alla situazione ha contribuito “la mancanza di conoscenza da parte del pubblico di ciò che è una scomunica e di cosa implica la sua remissione”.
“Il problema era spiegare da un lato che questo decreto si riferiva alla scomunica di vent'anni fa, e che si trattava di cercare di recuperare il rapporto con un gruppo, non con persone concrete”.
“Dall'altro lato si trattava di spiegare che, purtroppo, una di queste persone aveva detto cose inaccettabili e quindi gettava un'ombra molto grave sul fatto stesso di cercare di creare questo dialogo”.
Il punto fondamentale della comunicazione di quei giorni, ha osservato il portavoce vaticano, è stato “spiegare l'intenzione del Papa nel compiere questo gesto, che non presupponeva affatto il rifiuto del Concilio Vaticano II, ma l'eliminazione di un ostacolo per ricostruire una comunione nella Chiesa che è importante”.
Lo spirito che ha mosso il Papa, ha constatato, è molto ben riflesso nella lettera che accompagna il Motu Proprio “Summorum Pontificum”, sulla Messa tridentina: “fare tutto il possibile, e in coscienza si sente in dovere di farlo, per rimediare a una situazione di rottura che corre il rischio di cristallizzarsi e durare, creando una comunità scismatica”.
Sull'ipotesi che fosse necessaria una maggiore conoscenza degli atteggiamenti personali dei Vescovi scomunicati, padre Lombardi ha spiegato che chi ha gestito i contatti con la Fraternità San Pio X “aveva trattato con il Vescovo Fellay, capo della comunità”, e non direttamente con questo Vescovo, che risiede in Argentina.
“Ci sono stati errori e problemi di comunicazione”, ha ammesso, ma “certamente il Papa non era al corrente della posizione di Williamson”.
Effetti positivi
Lo sforzo della Santa Sede per chiarire la questione ha avuto “effetti positivi” sia nel rapporto con il mondo ebraico che nell'avvio del dialogo con la Fraternità San Pio X, ha spiegato Lombardi.
Il portavoce si è poi riferito alla visita di rappresentanti ebraici nordamericani al Papa giovedì 12 febbraio e alle proprie impressioni parlando con loro della questione.
“Ho parlato con loro e soprattutto con il rabbino Rosen, che è la guida della delegazione ebraica che partecipa al dialogo interreligioso con il Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani”, ha spiegato.
“Non solo avevano compreso che l'atteggiamento del Papa era sempre stato completamente negativo nei confronti delle negazioni dell'Olocausto”, ma questo turbamento ha confermato loro “la sua cordialità e il suo affetto personale per il popolo ebraico”.
Questa occasione, ha aggiunto, “può anche presupporre un nuovo passo avanti tra l'ebraismo e il cristianesimo, se viene vissuta positivamente”.
Padre Lombardi ha compiuto un'analogia con il caso del discorso del Papa a Ratisbona, che ha creato una situazione di tensione con il mondo islamico.
“A causa di quella crisi ha preso il via una serie di contatti nuovi e di approfondimenti con le varie istanze del mondo musulmano, e ora siamo molto più avanti, credo, rispetto a prima di Ratisbona”, ha affermato.
Questa crisi ha anche aiutato a preparare il dialogo con i lefebvriani, perché “le condizioni di un dialogo, di un cammino e la loro chiarificazione interna sulle proprie posizioni sono ora molto più esigenti”.
[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]
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