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Viaggio apostolico in Spagna

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    00 04/11/2010 00:50
    I tre momenti chiave della visita del Papa a Santiago
    Pronuncerà due discorsi e un'omelia

    di Inma Álvarez


    SANTIAGO DE COMPOSTELA, mercoledì, 3 novembre 2010 (ZENIT.org).- Pur se breve, perché durerà appena otto ore, il viaggio del Papa questo sabato a Santiago de Compostela sarà intenso per gesti e discorsi. Benedetto XVI ha tre appuntamenti importanti, con un discorso per ciascuno di essi.

    Il primo avrà luogo all'aeroporto di Lavacolla, appena atterrato alle 11.30, e non sarà aperto al pubblico. Si tratterà della cerimonia ufficiale di benvenuto, alla quale saranno presenti i principi delle Asturie, Felipe e Letizia, e l'Arcivescovo di Santiago, monsignor Julián Barrio.

    Il Papa, com'è abitudine, riceverà gli onori riservati a un Capo di Stato, e si dirigerà poi alla tribuna delle autorità per i discorsi ufficiali. Ci sarà anche un incontro privato con i principi delle Asturie in una sala dell'aeroporto.

    Alle 12.30 inizierà il lento percorso fino alla Cattedrale di Santiago, durante il quale saluterà le migliaia di fedeli che lo attenderanno sulla via.

    Abbraccio a Santiago

    Il secondo momento sarà la visita alla Cattedrale di Santiago con l'abbraccio all'Apostolo, il gesto simbolico che ogni pellegrino compie arrivando a Compostela.

    Al suo arrivo, il Papa entrerà nella Cattedrale dalla Piazza de la Inmaculada attraverso la Porta dell'Azabachería, dove sarà ricevuto dal Capitolo e da dove benedirà il tempio.

    Una volta all'interno, il Pontefice attraverserà la Basilica percorrendo il corridoio centrale e uscirà nella Piazza dell'Obradoiro attraverso il Pórtico de la Gloria, da dove saluterà brevemente i pellegrini.

    Poi rientrerà e attraverserà tutto il tempio in senso contrario fino alla navata laterale, da dove uscirà di nuovo all'esterno attraverso la Puerta Real fino alla Plaza de Quintana, e camminerà fino alla vicina Porta Santa, salutando i pellegrini presenti.

    Dopo essere rientrato per la Porta Santa, che è aperta solo in occasione dei giubilei, il Papa si dirigerà nella cripta, dove riposano i resti dell'Apostolo. Darà in seguito il tradizionale abbraccio al busto del Santo e si dirigerà al presbiterio, da dove pronuncerà un discorso.

    Al momento del congedo, e non potrebbe essere altrimenti, verrà attivato il famoso Botafumeiro, un immenso incensiere che oscilla, con l'aiuto di varie persone, lungo tutta la navata centrale della Cattedrale e viene utilizzato solo nei momenti solenni.

    Santa Messa

    Nel pomeriggio, dopo aver pranzato nel Palazzo Arcivescovile, il Papa tornerà nella Cattedrale, celebrando la Messa all'aperto nella Piazza dell'Obradoiro.

    Al momento di inizio della Messa, alle 16.30, suoneranno contemporaneamente tutte le campane della città e della Diocesi. Durante questa celebrazione, che durerà due ore, il Papa pronuncerà il terzo intervento, l'omelia.

    Sarà il suo ultimo discorso, visto che al termine della cerimonia si dirigerà direttamente, in un'automobile chiusa, all'aeroporto di Santiago per volare alla volta di Barcellona, meta della seconda parte del suo viaggio.

    Per la Messa è stata costruita una struttura, opera dell'architetto Iago Segara, che avrà anche la funzione di proteggere il Papa e i concelebranti in caso di pioggia, un fenomeno abituale in Galizia. Ci sarà poi un'enorme croce di granito nero, opera di Manolo Paz.

    Sull'altare verranno collocate opere di enorme valore artistico, tra cui il calice dell'Arcivescovo Múzquiz, del 1818, e la pisside dell'Arcivescovo Monroy, del 1698. Ci saranno anche 150 pissidi realizzate da “Oleiros” di Buño, in terracotta vetrificata.

    Ci sarà inoltre un retablo ligneo del XIX secolo della Madonna del Carmelo, l'invocazione più popolare della Vergine patrona dei marinai in Galizia. Al termine della Messa, è tra l'altro previsto che un coro della Scuola Navale Militare di Marín intoni la “Salve Marinera”, un inno alla Stella Maris.

    I brani musicali saranno eseguiti dalla Reale Filarmonica della Galizia e dalla Cappella Musicale della Cattedrale, i cui membri si troveranno sotto il Pórtico de la Gloria.

    Tra gli altri pezzi, sono previsti passi della Missa Brevis di Mozart, dell'oratorio Saul di Haendel, la Cantata 156 di Bach, composizioni di canto gregoriano e opere di compositori spagnoli attuali, come Nemesio García Carril, Antonio Suárez Carneiro e Juan Durán.

    [Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]













    Con la sua visita in Spagna, il Papa realizzerà due suoi desideri

    MADRID, mercoledì, 3 novembre 2010 (ZENIT.org).- Con la sua visita di questo fine settimana in Spagna, Papa Benedetto XVI realizzerà due desideri che nutriva da tempo: recarsi in pellegrinaggio a Santiago de Compostela e poter contemplare in loco il tempio della Sagrada Familia di Gaudí.

    Lo ha spiegato il responsabile della struttura informativa per il viaggio e direttore della Sala Stampa della Conferenza Episcopale Spagnola, Isidro Catela, questo martedì durante un incontro stampa a Madrid.

    Benedetto XVI visiterà per la prima volta queste due città spagnole. Aveva progettato di recarsi in precedenza sia a Santiago de Compostela, con il fratello, che a Barcellona, ma alla fine non gli è stato possibile.

    Catela ha anche sottolineato che il Pontefice ammira Gaudí e la sua opera, e ha spiegato che dopo la dedicazione del tempio di questo architetto, il 7 novembre, potrebbe già celebrarsi il culto pubblico nella navata centrale della Sagrada Familia.

    A Barcellona, inoltre, Benedetto XVI vuole trasmettere un messaggio d'amore e di difesa della dignità di ogni vita umana, con la sua visita alla sede centrale dell'opera benefico-sociale del Bambino Gesù.

    Su quest'opera, Catela ha spiegato che all'inizio si dedicava all'assistenza di persone affette dalla Sindrome di Down, ma “attualmente il numero di queste persone è diminuito notevolmente perché una buona parte viene eliminata prima di nascere”.

    “Hanno favorito questo le legislazioni che contemplano l'aborto come un 'diritto'”, ha lamentato.

    “Se, come accade ad esempio nell'attuale legislazione spagnola, la salute è 'completo benessere fisico, mentale e sociale' e questo benessere viene considerato minacciato dal nascituro, questo può essere trattato come un ostacolo per la qualità della vita, la cui eliminazione diventa quindi lecita”, ha aggiunto.

    Durante la visita del Papa alla sede centrale di questa istituzione dell'Arcivescovado di Barcellona, domenica pomeriggio, “si sottolineeranno il grande lavoro che svolge la Chiesa e la sua difesa della dignità di ogni vita umana, dal concepimento alla morte naturale, così come della vita di tutti, indipendentemente dalle loro capacità fisiche, psichiche o intellettuali”.

    Nell'incontro di lavoro, svoltosi nella sede della Conferenza Episcopale Spagnola, è stato ripercorso l'intenso programma della visita papale in Spagna, che durerà 32 ore e includerà incontri con i reali di Spagna nella Sala Museo della Sagrada Familia e con i principi delle Asturie nella Sala delle Autorità dell'aeroporto di Santiago.

    Ci saranno anche brevi incontri con il presidente del Governo, José Luis Rodríguez Zapatero, all'aeroporto di Barcellona prima della cerimonia di congedo e con il presidente del Partido Popular, Mariano Rajoy, nella sacrestia allestita nella Piazza dell'Obradoiro dopo la Messa di sabato a Santiago de Compostela.

    Per questa visita papale si sono accreditati 3.250 giornalisti di 327 mezzi di comunicazione, 646 dei quali seguiranno in loco tutto il viaggio, 931 saranno solo a Santiago e 1.673 solo a Barcellona.

    Secondo la Conferenza Episcopale Spagnola, esistono tre chiavi per comprendere questa visita del Papa in Spagna: l'Europa e il Cammino di Santiago; Gaudí e la Sagrada Familia; la dignità di ogni vita e della vita di tutti.

    In questo senso, è stata ricordata la visita di Papa Giovanni Paolo II a Santiago de Compostela nel 1989 per la Giornata Mondiale della Gioventù, quando esortò l'Europa a ritrovarsi, ad essere se stessa, a scoprire le proprie origini e a ravvivare le sue radici cristiane.

    E' stata ricordata anche la visita del Pontefice polacco a Barcellona, anche in quel caso un 7 novembre, ma del 1982, durante la quale invitò a vedere la famiglia come un'autentica Chiesa domestica, un luogo consacrato al dialogo con Dio e una scuola di sequela di Cristo attraverso le vie indicate nel Vangelo, fermento di convivenza e di virtù sociali.

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    00 04/11/2010 13:37
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    Il Papa in Spagna per «la difesa dell’uomo»

    In un documento i vescovi indicano tra le linee il rispetto della vita dal concepimento alla sua fine naturale

    Michela Coricelli

    MADRID.

    Ha già visitato Valencia nel 2006, in occasione dell’Incontro mondiale delle famiglie. Fra tre giorni è atteso a Santiago di Compostela e a Barcellona.
    Ad agosto del prossimo anno - quando ritornerà per la Giornata mondiale della gioventù a Madrid - «la Spagna si trasformerà nel paese più visitato dal Papa», sottolineano con orgoglio fonti della Conferenza episcopale iberica. Sono tre le chiavi principali per comprendere l’imminente viaggio di Benedetto XVI in Spagna: il pellegrinaggio compostelano, la consacrazione dell’opera d’arte di Antoni Gaudì (la Sagrada Familia) e la difesa della vita. La prima tappa - sabato - è il capoluogo della Galizia, cuore dell’Europa che «si costruì pellegrinando», come scrisse Goethe. Impossibile non ricordare le parole di Giovanni Paolo II, quando - nel 1989 - alla 'vecchia Europa', da Santiago, lanciò un «grido pieno di amore: Ritrova te stessa. Sii te stessa. Scopri le tue origini. Ravviva le tue radici».
    Visitare Santiago - assicurano alla Conferenza episcopale di Madrid è sempre stato un profondo desiderio di Benedetto XVI. Il suo arrivo coinciderà, fra l’altro, con l’Anno Santo compostelano.
    Almeno 200mila persone si preparano a ricevere il Pontefice per le vie della città galiziana.
    Sabato sera Benedetto XVI raggiungerà Barcellona, dove consacrerà, domenica, la Sagrada Familia di Gaudì.
    Successivamente visiterà l’Opera benefico-sociale Niño Dios, istituzione dell’arcivescovado di Barcellona che dal 1892 si occupa di persone disabili, dall’infanzia all’età adulta. Se inizialmente l’istituto si dedicava soprattutto a bambini e ragazzi con sindrome di Down, oggi sottolinea la Conferenza episcopale spagnola - queste persone sono diminuite notevolmente, «in buona parte perché vengono eliminate prima della nascita»: un chiaro riferimento alla legislazione sull’aborto, modificata quattro mesi fa.
    La visita del Papa sottolineerà «il grande lavoro che svolge la Chiesa e la sua difesa della dignità di ogni vita umana, dal concepimento alla morte naturale», «indipendentemente dalle capacità fisiche, psichiche o intellettuali» di ciascuno.

    © Copyright Avvenire, 3 novembre 2010


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    Delicata la "missione" del Pontefice nella Spagna laicista di Zapatero

    Due le tappe ad alto impatto simbolico: Compostela e Barcellona

    Francesco Cerri

    MADRID

    Sarà una missione nel paese-simbolo dell'Europa in "transizione" morale quella di Benedetto XVI, che sarà sabato e domenica nella Spagna "laicista" del premier Josè Luis Zapatero, dove il 73% della popolazione continua però a dichiararsi di fede cattolica.
    Il Papa farà due tappe ad alto impatto simbolico in terra iberica: prima, da «pellegrino», sabato a Santiago, in Galizia, storica meta del "cammino" di Compostela che per secoli, dal Medioevo è stato per tutta l'Europa un solco di diffusione della fede ma anche e soprattutto di idee, architettura, arte, cultura. Domenica a Barcellona, invece, consacrerà la Sagrada Familia, la straordinaria chiesa di Gaudì in costruzione da 128 anni, simbolo di fusione fra arte e religione. «Avrò la gioia», ha detto il Papa durante l'udienza generale, di consacrare «il meraviglioso tempio del geniale architetto Antonio Gaudì».
    Benedetto XVI arriva in un paese che per il Vaticano è diventato negli ultimi anni il nuovo baluardo del "laicismo".
    «Prima in Europa quando si parlava di una nazione laica per eccellenza, si pensava alla Francia. Da qualche tempo il primo posto spetta forse alla Spagna, o quanto meno una tendenza molto accentuata», ha detto in un'intervista il "ministro della cultura" vaticano mons. Gianfranco Ravasi. In Spagna il Papa metterà in guardia contro la «scristianizzazione» dell'Europa, ritiene il sottosegretario della Congregazione per il clero mons. Celso Mora. Il paese che accoglie il Papa sabato non è più la Spagna «prima figlia della Chiesa» dei «Re cattolicissimi». Ma rimane un paese fortemente segnato dalla sua storia cristiana. Come in tutta Europa i cattolici sono in calo, ma lento. Erano il 90% della popolazione dopo la fine della dittatura franchista, nel 1980, l'83% nel 1996, il 73% nel settembre di quest'anno, secondo i dati del Cis spagnolo.
    Fra i più giovani però il calo è più accentuato: il 76% dei giovani fra i 15 e i 29 anni si dichiaravano cattolici nel 1980, oggi il 52%.
    «Il Papa arriva nella Spagna meno cattolica di tutta la sua storia», afferma il quotidiano della sinistra Publico. Gli anni di Zapatero dal 2004 hanno probabilmente accentuato la tendenza. Leggi come quelle sui matrimoni e le adozioni gay, sui divorzi-express, sulla depenalizzazione dell'aborto, duramente contestate dalla gerarchia cattolica, hanno allargato il solco. Durante la visita è previsto che il Papa ribadisca il messaggio della difesa della vita. Il Partido Popular spagnolo ha presentato un ricorso alla Corte costituzionale contro la nuova legge sull'aborto.
    Circa 200 mila persone lo seguiranno a Santiago de Compostela, altre 400 mila a Barcellona. E la politica si mobilita. Zapatero ha insistito per essere ricevuto all'aeroporto di Barcellona.

    © Copyright Gazzetta del sud, 4 novembre 2010


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    Il Pontefice in Spagna deciso a rilanciare i "valori tradizionali"

    Fausto Gasparroni

    CITTA' DEL VATICANO

    L'occasione del nuovo viaggio di Benedetto XVI in Spagna, il 18. all'estero del suo Pontificato, che lo porterà domani a Santiago de Compostela e domenica a Barcellona, ha in sé qualcosa di "storico": nella tappa catalana – dopo quella in Galizia come pellegrino nell'anno santo compostelano – Ratzinger consacrerà infatti la chiesa della Sagrada Familia, il visionario capolavoro di Antonio Gaudì, in costruzione da ben 128 anni.
    E proprio la dedicazione del tempio simbolo di Barcellona, intitolato alla Famiglia di Nazareth darà al Pontefice l'atout, oltre che per gli attesi riferimenti sul rapporto tra arte e fede, anche per un nuovo richiamo sul valore della famiglia tradizionale, fondata sul matrimonio cristiano, e sulla difesa a oltranza della vita. Messaggi, questi, che come sempre saranno rivolti a una platea universale ma che avranno come uditorio diretto proprio quella Spagna di Zapatero in cui le scelte governative sui temi etici, vedi matrimoni e adozioni gay, divorzi-express e depenalizzazione dell'aborto, hanno attirato gli strali della gerarchia cattolica.
    La visita, comunque, verso la quale già sono cominciate, come spesso succede, le manifestazioni dei movimenti anti-Papa e le polemiche sui costi, ha una finalità prima di tutto pastorale. A Santiago de Compostela, dopo l'accoglienza all'aeroporto da parte dei Principi delle Asturie Felipe e Letizia, sabato il Papa si farà pellegrino tra i pellegrini, e nella visita alla Cattedrale compirà tutto il rituale caro alle milioni di persone che da tutta Europa percorrono il "cammino", compresa la preghiera presso la tomba dell'apostolo Giacomo e compreso l'abbraccio della statua. Nel pomeriggio celebrerà la messa nella Plaza del Obradoiro, la piazza dove si trovavano le botteghe degli scalpellini per la costruzione della Cattedrale. In quest'occasione vedrà anche il leader dell'opposizione spagnola, il galiziano Mariano Rajoy, presidente del Pp.
    La sera stessa si trasferirà a Barcellona, per la storica consacrazione, domenica, della Sagrada Familia, la cui secolare edificazione dovrebbe concludersi solo entro una ventina d'anni.

    © Copyright Gazzetta del sud, 5 novembre 2010


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    00 05/11/2010 20:02
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    L'orgoglio della Galizia, la terra che vive di cristianità

    di Andrea Tornielli

    nostro inviato a Santiago de Compostela (Spagna)

    «Ma per passare attraverso la porta santa, devo provare di aver fatto tutte le tappe del cammino?». «No, possono entrare tutti». Ingrid è una signora olandese di mezza età, con il pile rosso e gli scarponi ormai sformati. Parla un inglese perfetto e ha percorso a piedi la bellezza di 800 chilometri, «per ritrovare» se stessa, e «per riflettere» sulla sua vita, prima di arrivare all’agognata meta, il santuario di Santiago de Compostela, cuore cattolico della Galizia. Il santuario che sabato riceverà un pellegrino d’eccezione, Benedetto XVI.
    Mentre si susseguono nel mondo le notizie sui cristiani perseguitati, in questa regione spagnola che raramente ottiene l’onore della cronaca c’è un popolo di silenziosi camminatori provenienti da ogni parte del mondo che riscoprono l’antica tradizione medioevale e cristiana del pellegrinaggio, attraversando borghi e città permeate di cattolicesimo. Come ha fatto Ingrid, per un mese, da sola, dormendo in ricoveri e ostelli, con lo zaino sempre in spalla, sotto il sole cocente o la pioggia fitta, che in questo angolo di terra affacciata sull’Atlantico scende abbondante da ottobre a maggio. Ha camminato cercando se stessa, senza l’assillo del telefonino, senza salire e scendere dall’auto, e ora vuole attraversare la porta santa, per ottenere l’indulgenza.
    Le otto ore che Papa Ratzinger trascorrerà in Galizia, a Santiago, sono un regalo per questi pellegrini e per la gente della regione nell’Anno Santo compostelano che si concluderà il 31 dicembre prossimo. Un popolo accogliente, abituato a convivere con i viandanti del cammino, abituato a salutarli e ad assisterli. Giovani e vecchi, uomini, donne e bambini, a piedi ma anche in bicicletta, qualcuno a cavallo, con gli inconfondibili impermeabili variopinti e la conchiglia simbolo del pellegrinaggio, qui fanno parte del paesaggio. Otto milioni sono le persone che sono sfilate quest’anno davanti alla tomba dove secondo la tradizione si conservano i resti dell’apostolo san Giacomo. Più di 250mila di questi hanno fatto il cammino a piedi, segliendo quante e quali delle tante tappe e dei tanti possibili percorsi fare, e hanno ottenuto, arrivati a Santiago, l’agognata «Compostela», il «certificato» del pellegrino. Sono un numero straordinario, se si pensa che nel 1985 i camminatori non erano più di cinquemila all’anno.
    Quella del cammino non è soltanto una tradizione religiosa e spirituale. C’è anche il cosiddetto «Xacobeo underground», rappresentanto da un dieci per cento di «pellegrini» mossi da interessi turistici o culturali. Anche se guardando i volti stanchi ma pieni di gioia di coloro che arrivano alla meta è difficile immaginare che abbiano percorso centinaia di chilometri a piedi senza un’esperienza spirituale, culminata nel tradizionale abrazo alla grande statua del santo che campeggia alle spalle dell’altar maggiore della basilica.
    Ma c’è un’altra realtà che emerge percorrendo le strade galiziane. L’atmosfera è lontana anni luce dal turismo modaiolo di Barcellona, come pure dalle rivendicazioni autonomistiche esasperate, che affliggono altre regioni spagnole. La Galizia – dove pure la lingua «gallega» è parlata dal 97 per cento della popolazione – è la dimostrazione che si può essere pienamente se stessi, rispettando la propria identità e le proprie tradizioni, pur rimanendo ben inseriti in un contesto nazionale più ampio. Come sottolinea il presidente della Giunta galiziana, Alberto Nuñes Feijo, 49 anni, che incontriamo nell’hotel più antico del mondo, il «Parador Hostal Reyes Católicos», fatto costruire nel 1499 dal re per ospitare i pellegrini: «Noi teniamo molto all’unità nazionale. Abbiamo un’identità e una lingua, abbiamo il nostro modo di vedere le cose, le nostre tradizioni, la nostra cucina, ma ci sentiamo spagnoli. Guardando ad altre realtà del nostro Paese, come quelle catalana e basca, credo che il problema sia rappresentato da una classe dirigente che crea conflitti artificiali».
    Insomma, una regione operosa e pacifica, dove all’esperienza spirituale del cammino verso la tomba dell’apostolo si possono aggiungere altre tappe come Cabo Fisterra, un tempo «finis terrae», il promontorio affacciato sull’Atlantico un tempo considerato l’ultimo confine del mondo, dove si arriva dopo essersi rifocillati di buon pesce, come già i pellegrini medioevali raccontavano nelle loro suggestive cronache.

    © Copyright Il Giornale, 5 novembre 2010


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    Papa/ La Sagrada Familia, capolavoro incompiuto

    Verrà consacrata domenica da Benedetto XVI come "basilica minore"

    Roma, 5 nov. (Apcom)

    L'ultimo capolavoro - incompiuto - dell'edilizia religiosa cristiana, dichiarato dall'Unesco patrimonio mondiale dell'umanità: 128 anni dopo l'inizio dei lavori, Benedetto XVI consacrerà domenica la Sagrada Familia di Barcellona come "basilica minore", coronando il sogno artistico e religioso del suo artefice, Antoni Gaudì.
    Il "Tempio Espiatorio della Sacra Famiglia" prese vita infatti nel 1882 grazie a una fondazione le cui pie intenzioni erano quelle di costruire un nuovo edificio religioso a riparazione di chiese e conventi bruciati nei disordini allora frequenti: la formula del "tempio espiatorio" faceva sì che i finanziamenti provenissero esclusivamente da privati.
    Una controversia con l'architetto incaricato portò nel 1884 i responsabili a chiamare Gaudì, il quale, dopo aver ampliato enormemente il modesto progetto iniziale rendendolo ricco di simbolismi e allegorie religiose, gli dedicò gli ultimi quindici anni della sua vita - compreso il tempo passato a mendicare fondi a visitatori del cantiere e recalcitranti esponenti della borghesia catalana - abbandonando ogni altro incarico fino alla morte, avvenuta nel 1926 in un incidente stradale.
    Le peculiari abitudini lavorative di Gaudì, artista totale autore anche delle sculture e alle decorazioni, la mancanza di progetti definitivi dell'intera struttura (un vero "work in progress") e una cronica mancanza di fondi hanno reso difficile la prosecuzione dei lavori, ripresi al termine della Guerra Civile. Nel conflitto finirono infatti in fumo i pochi bozzetti lasciati da Gaudì: curiosamente, l'incarico non venne affidato al logico successore e principale collaboratore di Gaudì, l'ugualmente cattolico e visionario Josep Jujol, in cattivi rapporti con le autorità, ma a un altro architetto.
    Il completamento dell'opera, ai ritmi previsti, non potrà aversi prima del 2065: da notare che Salvador Dalì, forse poco fiducioso nelle capacità dei successori di Gaudì, propose di lasciarla incompiuta ricoprendola semplicemente con del plexiglas.
    La Sagrada Familia - la "Cattedrale dei poveri", come la definisce il titolo di un celebre quadro d'epoca - è finita al centro si non poche polemiche amministrative: il comune di Barcellona non concesse mai una esplicita autorizzazione all'avvio dei lavori. Gaudì si limitò infatti a chiedere una modifica dei permessi concessi due anni prima, all'epoca della posa delle prima pietra, senza ottenere risposta perché la richiesta non venne mai esaminata dal Comune; in base al principio del chi tace acconsente, i lavori andarono avanti.
    Passati 125 anni, un portavoce del comitato che gestisce l'opera ha riconosciuto l'illecito amministrativo, sottolineando però che Gaudì presentò dei nuovi piani alla fine dell'Ottocento e nuovamente nel 1916, mentre la documentazione relativa all'andamento dei lavori venne presentata al comune nel 1990: "Dato che si tratta di un edificio eccezionale, segue iter differenti".
    Infine, la querelle relativa ai lavori per la costruzione del tunnel ferroviario per l'alta velocità che dovrebbe passare a pochi metri dalle fondamenta della chiesa. Secondo i non pochi critici lo scavo potrebbe causare delle micro-crepe nella struttura - che risale alla fine dell'Ottocento ed è costruita con materiali il cui comportamento a lungo termine è ancora poco documentato - o delle instabilità nel terreno; il progetto alternativo, più complicato dal punto di vista delle stazioni di transito, era noto come "percorso litoraneo" ma è stato boccaito dal governo di Madrid.

    © Copyright Apcom


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    LA SPAGNA ATTENDE IL PAPA

    (AGI) - CdV, 5 nov.

    (di Salvatore Izzo)

    La Spagna e' e restera' una grande nazione cattolica.
    Lo riaffermano i vescovi iberici alla vigilia del viaggio che portera' Papa Ratzinger - per la seconda volta dall'inizio del Pontificato - nel loro Paese, dove visitera' domani Santiago de Compostela e domenica Barcellona (incontrando anche i reali, il premier Zapatero e il capo dell'opposizione). "Rivitalizzare la nostra fede, la nostra identita' cristiana e la nostra testimonianza personale e comunitaria di fronte alla nostra societa' e' il frutto principale che dobbiamo cercare di ottenere da questo avvenimento che vivremo i prossimi giorni", spiega il card. Lluis Martinez Sistach, arcivescovo di Barcellona, per il quale "la visita apostolica e' un autentico dono di Dio".
    Il cardinale invita a ricevere Benedetto XVI "come colui che viene nel nome del Signore", ricordando anche il suo impegno nella difesa dell'uomo e dei suoi diritti, a partire dal diritto di liberta' religiosa.
    "La sua venuta - sottolinea - vuole essere anche un segno di affetto verso i fratelli di altre confessioni cristiane e verso i credenti di altre religioni presenti tra noi".
    Santiago de Compostela, prima tappa del viaggio apostolico, "e' la meta di un popolo numeroso che si mette in cammino in umilta' e in ricerca. Innumerevoli itinerari di persone singole attraverso i secoli, che riflettono, pregano, faticano per ritrovare se stesse e incontrare Dio. Infinite vicende diverse di vita, con il loro segreto e il loro mistero profondo, confluiscono nel grande fiume del popolo in cammino", tiene a ricordare da parte sua il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi.
    "Il Papa - aggiunge - oggi e' pellegrino con i pellegrini, lui come persona, lui come pastore. Quante persone vagano senza trovare la direzione e la meta.
    Verso Santiago il cammino di moltissimi ha trovato una stella, una meta. Insieme al Papa affrontiamo con fiducia i nostri cammini".
    Come e' noto ben 8 milioni di persone sono sfilate quest'anno davanti alla tomba dove secondo la tradizione si conservano i resti dell'apostolo Giacomo. Piu' di 250mila di questi hanno fatto il cammino a piedi, segliendo quante e quali delle tante tappe e dei tanti possibili percorsi fare, e hanno ottenuto, arrivati a Santiago, l'agognata "Compostela", il "certificato" del pellegrino. Sono un numero straordinario, se si pensa che nel 1985 non erano piu' di cinquemila all'anno. "Anche la costruzione della Sagrada Familia a Barcellona - ricorda padre Lombardi illustrando la seconda tappa del viaggio ai microfoni della Radio Vaticana - e' impresa di un popolo umile e numeroso. E' questo popolo che la fa crescere lentamente con i sui piccoli contributi e la sua devozione, non i poteri di questo mondo. Gaudi' rimane anima di questa impresa, ma essa va aldila' della sua opera, aldila' nel tempo e nelle espressioni artistiche, pur conservandone l'ispirazione potentissima di fede e di arte.
    Cosi' cresce la casa dove il popolo credente ritrova se stesso nell'incontro con Cristo, con Dio. Ma sulle sue mura esterne ogni uomo, anche non credente, puo' leggere i significati piu' profondi della vicenda umana.
    Linguaggio universale di annuncio di salvezza. Qui il Papa ha voluto venire a pregare con il popolo. E poi l'incontro con i piccoli e i sofferenti nel pomeriggio di domenica.
    Non puo' mancare. Non esiste comunita' credente senza amore fattivo, capace di trasformare, trasfigurare la sofferenza in speranza e in gioia.
    La carita' vissuta e' la stella del cammino, la lingua quotidiana che tutti possono capire. Di qui passa necessariamente la strada del Papa".
    "L'insieme del tempio sia un vero e proprio simbolo, un'opera d'arte in sintonia con l'epoca in cui viviamo. All'esterno mostrera' immagini apologetiche e catechetiche, per introdurre i fedeli alla contemplazione del mondo soprannaturale rappresentato all'interno", aveva scritto Antonio Gaudi' immaginando come sarebbe stata la "sua" chiesa dedicata alla "Sagrada Familia", l'immensa cattedrale in costruzione a Barcellona, dove il cantiere ogni anno viene visitato da oltre due milioni e mezzo di persone (in media settemila cinquecento al giorno).
    Benedetto XVI domenica a Barcellona potra' consacrarla, anche se e' pronta solo la navata centrale mentre ci vorranno ancora tre decenni circa a completare l'opera del grande architetto spagnolo, del quale e' in corso il processo di beatificazione. Gaudi' vi lavoro' per 43 anni, dal 1883 al 1926, come i costruttori delle grandi cattedrali, in maniera sempre piu' intensa ed esclusiva, fino a trasferirsi dentro al cantiere.
    Alla sua morte era conclusa la cripta e qualche torre, ma egli vedeva l'immensa opera nei dettagli. Il progetto, che esclude l'uso del cemento armato ed e' basato su calcoli matematici talmente sofisticati che solo i computer di oggi riescono a decrittarli, e' portato avanti da diversi architetti, ma il suo principale erede di oggi e' Jordi Bopnet y Armengol, l'architetto che meglio conosce i sereti di questa mastodontica "Bibbia di pietra", intervistato dal mensile cattolico "Luoghi dell'infinito".
    Con la sua presenza Benedetto XVI riaffermera' il valore di questo progetto che non ha paragoni in nessun altro luogo del mondo: basti pensare che una volta finito l'edificio sara' alto ben 170 metri e sulla sua guglia principale svettera' la croce a quattro braccia che il maestro aveva disegnato come cuspide della citta' catalana.
    E finalmente diventera' realta' il "sogno" del maestro.
    "Sull'altare maggiore - immaginava Gaudi' - si adorera' il Divino Crocifisso, dal cui braccio verticale uscira' una vite, a simboleggiare le parole di Cristo: 'Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto; chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca'. La vite formera' un baldacchino che sara' allo stesso tempo un lampadario. Cinquanta lampade penderanno da esso, a ricordo della frase del Salvatore: 'Io sono la luce del mondo"' come nel primitivo altare di san Giovanni in Laterano". Manca pero' ancora la facciata della Gloria, quella principale, con la quale, immaginava Gaudi', "si rendera' onore alla Santissima Trinita', alla Sacra Famiglia, alle sue virtu' e alla sua esemplarita' nel lavoro. Saranno presentate tutte le verita' di Fede, Speranza e Carita', e lo stato dell'anima dopo la morte, con il suo castigo o premio. Verranno raffigurate scene descritte nell'Apocalisse di san Giovanni. La facciata avra' un portico, le cui colonne mostreranno, nei capitelli, i doni dello Spirito Santo e i simboli delle virtu', mentre alla base saranno raffigurati i vizi opposti. Sopra le cinque porte un fregio e, in aggetto nella parte centrale, i progenitori del genere umano, Adamo ed Eva. Al di sopra, san Giuseppe con Gesu' adolescente rappresentati nel loro lavoro di falegnami, ricordo e glorificazione del lavoro umano della Sacra Famiglia.
    Nelle gallerie alte, a presiedere alla porta centrale, il gruppo di Cristo Nostro Signore, con gli strumenti della Passione, circondato da angeli, nel momento del giudizio delle anime". Gaudi' era cosciente che il suo ingente monumento avrebbe richiesto tempi molto lunghi e l'intervento di architetti e artisti diversi in epoche di gusti e tecnologie diverse. Cosi' non volle fissare le tecniche costruttive perche' sapeva che i progressi futuri avrebbero suggerito soluzioni migliori.
    Ma per lo stesso motivo lascio' terminate certe parti fino alla minuzia perche' servissero d'orientamento in tempi avvenire. Cosi' e' stato.
    Nella Guerra civile furono distrutti i progetti.
    "Oggi, con le navate concluse, e' bellissimo - ha scritto nei giorni scorsi Avvenire presentando il nuovo viaggio del Papa in Spagna - sentire ancora la sua voce dinanzi a cio' che e' stato costruito un secolo dopo: "Stiamo studiando il modo di imprimere agilita' e permettere il passaggio della luce, ottenendo leggerezza tramite l'assenza di masse murarie, mediante un sistema di archi parabolici che conducono le spinte fino alle fondamenta. Il tempio sara' molto luminoso, con belle filtrazioni di luce, combinandosi quella che scendera' dalle alte torri con quella dei finestroni di cristallo".

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    PAPA: SCEGLIE ALITALIA PER VIAGGIO A SANTIAGO DE COMPOSTELA

    Alitalia e' la compagnia scelta da Sua Santita' Benedetto XVI per il viaggio apostolico che avra' inizio domani 6 novembre con il volo AZ 4000 da Roma Fiumicino a Santiago De Compostela. Alitalia e' onorata di essere la Compagnia prescelta dalla Santa Sede per i viaggi apostolici di Sua Santita' all'estero e di mettere a servizio della delegazione pontificia l'affidabilita' e la qualita' dei propri servizi. Il volo - precisa un comunicato - sara' effettuato con l'Airbus A320 ''Citta' di Fiumicino'', uno dei nuovi aerei entrati di recente nella flotta di Alitalia. L'equipaggio e' composto da 2 comandanti, 1 primo ufficiale e 7 assistenti di volo, scelti tra quanti si sono distinti per professionalita' e impegno nel corso della loro carriera professionale. Coordinatore del Volo e' il Comandante Roberto Germano, Direttore Operazioni Volo Alitalia. Il comandante titolare e' Giacomo Belloni, Capo Pilota del Settore Airbus, con 11.000 ore di volo all'attivo. Sara' inoltre presente il team operativo dedicato ai Voli Speciali Alitalia. L'Airbus decollera' dall'aeroporto di Roma Fiumicino alle 8.30 ed arrivera' all'aeroporto internazionale di Santiago De Compostela alle 11.30.

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    00 06/11/2010 09:05
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    Santiago de Compostela

    di Julián Barrio Barrio
    Arcivescovo di Santiago de Compostela

    La Chiesa in Spagna, e in particolare a Santiago de Compostela, rende grazie a Dio ed esprime la sua immensa gioia e il suo entusiasmo per la presenza fra noi di Papa Benedetto XVI, che ha voluto visitare la città dell'apostolo in questo Anno santo compostelano 2010. La famiglia cristiana e molte persone di buona volontà, adulti, giovani e bambini, lo accoglieranno con cuore totalmente aperto.
    La comunione visibile con il successore di Pietro, fisicamente presente in mezzo a noi, ci offrirà ancora una volta la possibilità di esprimere spontaneamente l'amore per la sua persona, il suo magistero e il suo servizio universale e di fedeltà alla Chiesa. Nella ricca lingua castigliana non c'è parola migliore, per ricambiare questo dono di Dio, di "grazie".
    Questa visita apostolica è un evento di grazia per la nostra Chiesa particolare di Santiago de Compostela e per tutta la Chiesa in Spagna. Il Papa viene principalmente come "pellegrino della fede" e così potrà incontrare l'espressione viva del popolo cristiano. Quando il Papa si fa pellegrino, nella sua qualità di Pastore universale della Chiesa, di fatto è la Chiesa intera a farsi pellegrina insieme a lui. Per questo motivo il suo pellegrinaggio assume un grande significato pastorale, dottrinale e spirituale. Benedetto XVI viene per la prima volta nella città dell'Apostolo Giacomo il Maggiore. Questa non è più il finis terrae, come era chiamata nell'antichità. Oggi è il punto d'arrivo d'infiniti cammini attraverso i quali giungono ad essa pellegrini da tutti gli angoli dell'universo.
    La diocesi compostelana è l'unica, fra quelle spagnole, a essere fondata sulla memoria e sulla presenza di uno degli apostoli: Giacomo il maggiore, "patrono delle Spagne", cardine dell'articolazione cristiana della Spagna, unita strettamente attorno a questo apostolo nel corso della storia. È così che Santiago de Compostela rifulge a capo della Spagna cristiana e anche dei vasti mondi nei quali la presenza evangelizzatrice degli spagnoli è stata una realtà.
    Il flusso costante di pellegrini, che non è solo dei nostri giorni, grazie ai nuovi fattori che trasmettono dinamismo alla vita e alle comunicazioni umane, sta registrando un aumento significativo. Oggi i punti di partenza del cammino di Santiago si trovano in tutti gli angoli dell'Europa e del mondo.
    Dante Alighieri ha scritto che il pellegrinaggio a Santiago è il più bel pellegrinaggio che un cristiano possa fare prima della sua morte. Santiago de Compostela, in momenti difficili per i pellegrinaggi nei luoghi santi, iniziò a essere conosciuta come "la Gerusalemme d'Occidente", entrando così a far parte della triade sacra e storica composta proprio da Gerusalemme, Roma e Compostela. Un'asse spirituale che ora il successore di Pietro rafforza, confermando la dimensione di universalità accanto a quelle di ispanità e di europeità che il cammino di Santiago possiede.
    Parlare dell'apostolo Giacomo il maggiore significa parlare della fede degli spagnoli e, logicamente, della fede dei membri di questa Chiesa particolare compostelana. La figura storica e devozionale dell'apostolo fa sempre riferimento a questa fede. Termini o nomi come "promotore", "colonna", "difensore" e "condottiero" della nostra fede, appaiono nei testi liturgici, letterari o popolari che hanno generato, in tanti secoli, la tradizione giacobea. Si potrebbe dire che se vogliamo che "l'oggi dei cristiani spagnoli" si avvicini o si accordi meglio "all'oggi di Dio", abbiamo bisogno dell'ardore e del coraggio di una nuova evangelizzazione che ravvivi, stimoli e riaccenda la nostra fede, scuotendoci con forza dal nostro torpore.
    C'è una percezione ampiamente condivisa del momento di crisi della fede cristiana ai giorni nostri. Lo si percepisce nel magistero personale o collettivo dell'episcopato spagnolo e nel magistero ordinario di Papa Benedetto XVI. È una realtà che traspare nel deficit morale della nostra cultura, riducendo la realtà a pura artificialità nelle cosmovisioni moderne. Negli studi su "l'oggi degli spagnoli", si segnala come il progressivo allontanamento da Dio generi la proliferazione degli idoli, propri di una società che sta perdendo i suoi punti di riferimento teologici. In ogni caso, la debolezza indotta nel cattolicesimo spagnolo lede seriamente le radici cristiane della Spagna, uno dei cui prototipi è la tradizione giacobea, che è un canto all'evangelizzazione. L'apostolicità che Compostela emana si deve al soffio evangelizzatore dell'apostolo Giacomo, testimone e martire precoce del Vangelo di Gesù Cristo.
    D'altro canto, Papa Benedetto XVI viene a Santiago perché conosce molto bene la situazione storica e quella attuale dell'Europa e sa cosa hanno significato il cammino di Santiago, il pellegrinaggio giacobeo e la tomba dell'apostolo nella costruzione della civiltà europea. Come scrisse giustamente Goethe: "L'Europa si fece pellegrinando a Compostela". Il cammino di Santiago è stato crogiolo di culture, centro di trasmissione e di scambio d'idee e di correnti artistiche, punto d'incontro in pace e armonia di lingue e popoli.
    In definitiva, "un asse portante della prima coscienza comune d'Europa" e un fattore di unità nella diversità. Preoccupato per la situazione in Europa, il Papa va incontro all'apostolo Giacomo per chiedergli che questo continente riscopra che solo attraverso questo cammino di conversione percorso dai pellegrini si possono recuperare le radici cristiane. Papa Benedetto XVI vuole rendere reale ed efficace il desiderio di una nuova evangelizzazione. La storia e il carisma della città dell'apostolo fanno di essa una singolare e affermata piattaforma per rafforzarci in quella evangelizzazione che la fede cristiana attende ed esige. Proprio qui si manifestano e si sommano le categorie di apostolicità e di universalità per fare appello a quella nuova evangelizzazione che potrebbe avvicinare in modo considerevole "l'oggi contemporaneo" all'"oggi eterno di Dio".
    La presenza del Papa a Santiago fa di lui un pellegrino fra gli altri pellegrini, come testimone qualificato di Cristo risorto, rivelando la sua preoccupazione di unire cammini alla ricerca di quel cammino che è Via, Verità e Vita, in un tempo di crisi, di perplessità, e per alcune persone persino di un certo timore di fronte al futuro.
    Desideriamo camminare con il Papa e sappiamo che lui vuole camminare con noi, soprattutto nel campo della missione della Chiesa, che deve essere svolta con autenticità, con verità, con responsabilità. Le sue parole ci serviranno per vivere il momento attuale della Chiesa in Spagna e in Europa con una prospettiva di futuro pieno di vera speranza. Il rinnovato sforzo evangelizzatore dei cristiani, sostenuto dalla grazia di Dio, porterà veramente una nuova primavera con grandi frutti non solo per la Chiesa, ma anche per tutta l'umanità del XXI secolo.

    (©L'Osservatore Romano - 6 novembre 2010)


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    00 06/11/2010 12:42
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    Papa/ Benedetto XVI esorta Europa a ritrovare radici cristiane

    E a non preoccuparsi solo di necessità materiali

    Roma, 6 nov. (Apcom)

    Come il suo predecessore Giovanni Paolo II, papa Benedetto XVI esorta il Vecchio Continente a "dare nuovo vigore alle sue radici cristiane". Nel discorso pronunciato al suo arrivo, stamane, a Santiago di Compostela, in Spagna, il pontefice ha invitato la Spagna e l'Europa a "edificare il loro presente e a progettare il loro futuro a partire dalla vertià autentica dell'uomo, dalla libertà che rispetta questa verità e mai la ferisce, e dalla giustizia per tutti, iniziando dai piu poveri e derelitti".
    "Una Spagna e un'Europa - ha proseguito il papa - non solo preoccupate delle necessità materiali degli uomini, ma anche di quelle morali e sociali, di quelle spirituali e religiose, perché tutte questo sono esigenze autentiche dell'unico uomo e solo cosi si opera in modo efficace, integro e fecondo per il suo bene".

    © Copyright Apcom

    PAPA: NUOVO VIGORE PER EUROPA DA RADICI CRISTIANE E RISPETTO VERITA'

    (ASCA) - Citta' del Vaticano, 6 nov

    ''Come il Servo di Dio Giovanni Paolo II, che da Compostela esorto' il Vecchio Continente a dare nuovo vigore alle sue radici cristiane, anch'io vorrei esortare la Spagna e l'Europa a edificare il loro presente e a progettare il loro futuro a partire dalla verita' autentica dell'uomo, dalla liberta' che rispetta questa verita' e mai la ferisce, e dalla giustizia per tutti, iniziando dai piu' poveri e derelitti''. Lo ha detto papa Benedetto XVI nel discorso pronunciato al suo arrivo all'aeroporto internazionale di Santiago de Compostela, in Spagna, prima tappa del suo viaggio di due giorni in Spagna. Il pontefice e' stato accolto dalle Altezze Reali i Principi delle Asturie Felipe di Spagna e la Consorte Letizia e dall'Arcivescovo di Santiago de Compostela, mons. Julia'n Barrio Barrio. Sono inoltre presenti Autorita' politiche del Governo Centrale, dell'Autonomia della Galizia e del Comune di Santiago, i cardinali spagnoli e il Comitato esecutivo della Conferenza Episcopale Spagnola, con alcune centinaia di fedeli. Dopo gli onori militari e l'esecuzione degli inni nazionali e dopo il discorso del principe Felipe, e' stato il pontefice a prendere la parola, ricordando che Spagna e Europa devono essere ''non solo preoccupate delle necessita' materiali degli uomini, ma anche di quelle morali e sociali, di quelle spirituali e religiose, perche' tutte queste sono esigenze autentiche dell'unico uomo e solo cosi' si opera in modo efficace, integro e fecondo per il suo bene''.

    © Copyright Asca


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    00 06/11/2010 14:24
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    VERSO SANTIAGO DE COMPOSTELA - Conferenza stampa sull'aereo

    «Fede e laicità si devono incontrare»

    Benedetto XVI in Spagna, dove consacrerà la Sagrada Familia: il dissidio tra arte e Chiesa fa male a entrambe

    DAL VOLO PAPALE – Lo «scontro tra fede e modernità» in Spagna e in Occidente e il futuro della fede: la necessità di «un incontro, non uno scontro!» tra «fede e laicità». Nel volo che lo porta a Santiago de Compostela, Benedetto XVI parla del suo viaggio e soprattutto dispiega un tema centrale del suo pontificato. Parole importanti che il pontefice dice ai giornalisti che lo attendono in fondo all’aereo, rispondendo alle domande lette da padre Federico Lombardi.

    Santità, nel messaggio per il recente congresso dei santuari che si svolgeva proprio a Santiago di Compostela, lei ha detto di vivere il suo pontificato con i sentimenti del pellegrino. Anche nel suo stemma c’è la conchiglia del pellegrino. Vuole dirci qualcosa sulla prospettiva del pellegrinaggio, anche nella sua vita personale e nella sua spiritualità, e sui sentimenti con cui si reca come pellegrino a Santiago?

    «Buongiorno! Potrei dire che l’essere in cammino è già iscritto nella mia biografia. Ma questa forse è una cosa esteriore, tuttavia mi ha fatto pensare all’instabilità di questa vita, all’essere in cammino. Del pellegrinaggio uno potrebbe dire: Dio è dappertutto, non c’è bisogno di andare in un altro luogo, ma è anche vero che la fede secondo la sua essenza è un essere pellegrino.
    La Lettera agli ebrei dimostra che cosa vede nella figura di Abramo che esce nella sua terra e rimane un pellegrino verso il futuro per tutta la vita, e questo movimento abramico rimane nell’atto della fede, è un essere pellegrino soprattutto interiormente, ma deve anche esprimersi esteriormente. Qualche volta, uscire dalla quotidianità, dal mondo dell’utile, dell’utilitarismo, uscire solo per essere veramente in cammino verso la trascendenza, trascendere se stesso e la quotidianità e così trovare anche una nuova libertà, un tempo di ripensamento interiore, di identificazione di se stesso, di vedere l’altro, Dio, e così è anche il pellegrinaggio sempre: non solo un uscire da se stesso verso il più grande ma anche un andare insieme. Il pellegrinaggio riunisce, andiamo insieme verso l’altro e così ci troviamo reciprocamente. Basta dire che i cammini di san Giacomo sono un elemento nella formazione dell’unità spirituale del Continente europeo, qui peregrinando si sono trovati, hanno trovato l’identità comune europea, e anche oggi rinasce questo movimento, questi sogno di essere in movimento spiritualmente e fisicamente, di trovarsi l’un l’altro e di trovare così silenzio, libertà, rinnovamento, e di trovare Dio.

    Grazie, Santità, adesso spostiamo lo sguardo verso Barcellona. Quale significato può avere la consacrazione di un tempio come la Sagrada Familia all’inizio del secolo XXI? E c’è qualche aspetto specifico della visione di Gaudì che l’ha colpita in particolare?

    «In realtà questa cattedrale è un anche segno proprio per il nostro tempo. Trovo nella visione di Gaudì tre elementi soprattutto. Il primo, questa sintesi tra continuità e novità, tradizione e creatività. Gaudì ha avuto questo coraggio di inserirsi nella grande tradizione delle cattedrali, di osare nel suo secolo, con una visione totalmente nuova, di nuovo questa realtà cattedrale luogo dell’incontro tra Dio e l’uomo in una grande solennità, e questo coraggio di stare nella tradizione ma di un creatività nuova che rinnova la tradizione e dimostra così l’unità e il progresso della storia, è una cosa bella. Secondo, Gaudì voleva questo trinomio: libro della natura, libro della Scrittura, libro della liturgia. E questa sintesi è proprio oggi di grande importanza. Nella liturgia, la Scrittura diventa presente, diventa realtà oggi, non è più una Scrittura di duemila anni fa ma va celebrata, realizzata. E nella celebrazione della Scrittura parla la creazione, trova il creato e trova la sua vera risposta, perché come ci dice San Paolo, la creatura soffre, e invece di essere distrutta, disprezzata, aspetta i figli di Dio, cioè quelli che la vedono nella luce di Dio. E così questa sintesi tra senso del creato, scrittura e adorazione è proprio un messaggio molto importante per l’oggi. E finalmente, terzo punto, è nata questa cattedrale da una devozione tipica dell’Ottocento: San Giuseppe, la Sacra Famiglia di Nazareth, il mistero di Nazareth, ma proprio questa devozione di ieri, si potrebbe dire, è di grandissima attualità perché il problema della famiglia, del rinnovamento della famiglia come cellula fondamentale della società è il grande tema di oggi e ci indica dove possiamo andare sia nella costruzione della società sia nella unità tra fede e vita, tra religione e società. Famiglia è il tema fondamentale che si esprime qui, dicendo che Dio stesso si è fatto figlio nella famiglia e ci chiama a costruire e vivere la famiglia».

    E continuando su questa linea, Gaudì e la Sagrada Familia rappresentano, come lei ha detto, il binomio fede e arte. Come può la fede ritrovare oggi il suo posto nel mondo dell’arte e della cultura? E’ questo uno dei temi importanti del suo pontificato?

    «E’ così. Voi sapete che io insisto molto sulla relazione tra fede e ragione, che la fede, e la fede cristiana, ha la sua identità solo nell’apertura alla ragione, e che la ragione diventa se stessa se si trascende verso la fede. Ma ugualmente importante è la relazione tra fede e arte, perché la verità, scopo e vita della ragione, si esprime nella bellezza e diventa se stessa nella bellezza, si trova come verità. E quindi dove c’è la verità deve nascere la bellezza, dove l’essere umano si realizza in modo corretto, buono, si esprime nella bellezza. La relazione tra verità e bellezza è inscindibile e perciò abbiamo bisogno della bellezza. Nella Chiesa, dall’inizio, anche nella grande modestia e povertà del tempo delle persecuzioni, l’arte, la pittura, l’esprimersi della salvezza di Dio nelle immagini del mondo, il canto, e poi anche l’edificio, tutto questo è costitutivo per la Chiesa e rimane costitutivo per sempre. Così la Chiesa era madre delle arti per secoli e secoli, il grande tesoro dell’arte, musica architettura pittura, è nato dalla fede nella Chiesa. Oggi c’è un certo dissenso, ma questo fa male sia all’arte sia alla fede: l’arte che perdesse la radice della trascendenza, non andrebbe più verso Dio, sarebbe un’arte dimezzata, perderebbe la radice viva; e una fede che avesse l’arte solo nel passato, non sarebbe più fede nel presente, ed è oggi che si deve esprimere di nuovo come verità che è sempre presente. Perciò il dialogo o l’incontro, direi, tra arte fede è inscritto nella più profonda essenza della fede, dobbiamo fare di tutto perché anche oggi la fede si esprima in autentica arte, come Gaudì nella continuità e della novità, e perché l’arte non perda il contatto con la fede».

    In questi mesi si sta avviando il nuovo dicastero per la nuova evangelizzazione. E molti si sono domandati se proprio la Spagna, con gli sviluppi della secolarizzazione e della diminuzione rapida della pratica religiosa, sia uno dei Paesi a cui lei ha pensato come obiettivo per questo nuovo dicastero, o addirittura se non ne sia l’obiettivo principale…

    «Con questo dicastero ho pensato di per sé al mondo intero perché la novità del pensiero, la difficoltà di pensare nei concetti della Scrittura, della teologia, è universale, ma c’è naturalmente un centro e questo è il mondo occidentale con il suo secolarismo, la sua laicità, e la continuità della fede che deve cercare di rinnovarsi per essere fede oggi e per rispondere alla sfida della laicità. Nell’Occidente tutti i grandi Paesi hanno il loro proprio modo di vivere questo problema: abbiamo avuto ad esempio i viaggi in Francia, nella Repubblica Ceca, nel Regno Unito, dove dappertutto è presente in modo specifico per questa nazione, per questa storia, lo stesso problema, e questo vale anche in modo forte per la Spagna. La Spagna era sempre da una parte un Paese originario della fede, pensiamo che la rinascita del cattolicesimo nell’epoca moderna avviene soprattutto grazie alla Spagna, figure come Sant’Ignazio di Loyola, Santa Teresa e San Giovanni d’Avila, sono figure che hanno finalmente rinnovato il cattolicesimo e formato la fisionomia del cattolicesimo moderno. Ma è ugualmente vero che in Spagna è nata anche una laicità, un anticlericalismo, un secolarismo forte e aggressivo come abbiamo visto proprio negli anni Trenta, e questa disputa, più questo scontro tra fede e modernità, ambedue molto vivaci, si realizza anche oggi di nuovo in Spagna: perciò per il futuro della fede e dell’incontro – non lo scontro!- ma incontro tra fede e laicità, ha un punto centrale anche proprio nella cultura spagnola. In questo senso ho pensato a tutti i grandi Paesi dell’Occidente ma soprattutto anche alla Spagna».

    Con il viaggio a Madrid dell’anno prossimo per la giornata mondiale della gioventù, lei avrà fatto tre viaggi in Spagna, cosa che non avviene per nessun altro Paese. Come mai questo privilegio? E’ un segno di amore o di particolare preoccupazione?

    «Naturalmente è un segno di amore. Si potrebbe dire che è per caso che vengo tre volte in Spagna. La prima, il grande incontro internazionale delle famiglie, a Valencia: come il Papa potrebbe essere assente, se le famiglie del mondo si incontrano? Il prossimo anno la Gmg, l’incontro della gioventù del mondo a Madrid, e il Papa non può essere assente in questa occasione. E finalmente abbiamo l’anno santo di San Giacomo, abbiamo la consacrazione dopo più di cento anni di lavoro della cattedrale della Sagrada Familia di Barcellona, come potrebbe non venire il Papa? Di per sé quindi le occasioni sono le sfide, quasi una necessità di andarci, ma proprio il fatto che proprio in Spagna si concentrino tante occasioni, mostra anche che è realmente un Paese pieno di dinamismo, pieno di forza della fede, e la fede risponde alle sfide che sonon ugualmente presenti in Spagna: perciò diciamo il caso ha fatto sì che venga, ma questo caso dimostra una realtà più profonda, la forza della fede e la forza della sfida per la fede».

    Grazie Santità. E ora se vuole dire qualche altra cosa per concludere questo nostro incontro, c’è qualche messaggio particolare che lei spera di dare alla Spagna e al mondo di oggi con questo viaggio?

    «Io direi che questo viaggio ha due temi. Ha il tema del pellegrinaggio, dell’essere in cammino, e ha il tema della bellezza, della espressione della verità nella bellezza, della continuità tra tradizione e rinnovamento. Io penso che questi due temi del viaggio siano anche un messaggio: essere in cammino, non perdere il cammino della fede, cercare la bellezza della fede, la novità e la tradizione della fede che sa esprimersi e sa incontrarsi con la bellezza moderna, con il mondo di oggi. Grazie».

    Gian Guido Vecchi

    www.corriere.it/politica/10_novembre_06/papa-integrale-vecchi_80bfff00-e99f-11df-9dd3-00144f02aa...


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    00 06/11/2010 16:28
    VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI A SANTIAGO DE COMPOSTELA E BARCELONA (6 - 7 NOVEMBRE 2010) (I)





    LA PARTENZA DA ROMA


    Ha avuto inizio questa mattina il 18° Viaggio internazionale del Santo Padre Benedetto XVI, che lo porta a Santiago de Compostela in occasione dell’Anno Santo Compostelano e a Barcelona per la dedicazione della Chiesa della Sagrada Familia.

    L’aereo con a bordo il Santo Padre - un AZ A320 dell’Alitalia - è partito dall’aeroporto internazionale Leonardo da Vinci di Fiumicino (Roma) alle ore 8.30. L’arrivo all’aeroporto internazionale Lavacolla di Santiago de Compostela è previsto per le ore 11.30.



    TELEGRAMMI A CAPI DI STATO

    Nel momento di lasciare il territorio italiano e nel sorvolare poi lo spazio aereo della Francia, il Santo Padre Benedetto XVI fa pervenire ai rispettivi Capi di Stato i seguenti messaggi telegrafici:

    A SUA ECCELLENZA

    ON. GIORGIO NAPOLITANO

    PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

    PALAZZO DEL QUIRINALE

    ROMA

    MI È CARO RIVOLGERE A LEI SIGNOR PRESIDENTE UN DEFERENTE SALUTO NEL MOMENTO IN CUI LASCIO ROMA PER RECARMI IN SPAGNA IN OCCASIONE DELL’ANNO COMPOSTELANO E PER LA DEDICAZIONE DELL’IMPONENTE CHIESA DELLA SACRA FAMIGLIA A BARCELLONA (.) MENTRE INVOCO SULL’INTERA NAZIONE COPIOSI DONI DI BENE INVIO A LEI E AL POPOLO ITALIANO LA MIA BENEDIZIONE

    BENEDICTUS PP. XVI




    SON EXCELLENCE MONSIEUR NICOLAS SARKOZY
    PRÉSIDENT DE LA RÉPUBLIQUE FRANÇAISE
    PARIS

    AU MOMENT OÙ JE SURVOLE LA FRANCE POUR ME RENDRE EN VOYAGE APOSTOLIQUE EN ESPAGNE J’ADRESSE À VOTRE EXCELLENCE MES SALUTATIONS CORDIALES (.) QUE DIEU BÉNISSE LA FRANCE ET DONNE À TOUS SES HABITANTS PROSPÉRITÉ ET BONHEUR

    BENEDICTUS PP. XVI












    VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI A SANTIAGO DE COMPOSTELA E BARCELONA (6 - 7 NOVEMBRE 2010) (II)


    CERIMONIA DI BENVENUTO ALL’AEROPORTO INTERNAZIONALE DI SANTIAGO DE COMPOSTELA



    All’arrivo all’aeroporto internazionale di Santiago de Compostela, alle ore 11.30, il Santo Padre Benedetto XVI è accolto dalle loro Altezze Reali i Principi delle Asturie Felipe di Spagna e la Consorte Letizia e dall’Arcivescovo di Santiago de Compostela S.E. Mons. Julián Barrio Barrio. Sono inoltre presenti Autorità politiche del Governo Centrale, dell’Autonomia della Galizia e del Comune di Santiago, i Cardinali spagnoli e il Comitato esecutivo della Conferenza Episcopale Spagnola, con alcune centinaia di fedeli.
    Dopo gli onori militari e l’esecuzione degli inni nazionali e dopo il discorso di Sua Altezza Reale Felipe di Spagna, Principe delle Asturie, il Papa pronuncia il discorso che riportiamo di seguito:

    DISCORSO DEL SANTO PADRE

    In spagnolo:

    Altezze Reali,

    Distinte Autorità Nazionali, Regionali e Locali,

    Signor Arcivescovo di Santiago di Compostela,

    Signor Cardinale Presidente della Conferenza Episcopale Spagnola,

    Signori Cardinali e Fratelli nell’Episcopato,

    Cari fratelli e sorelle,

    Amici tutti.

    Grazie, Altezza, per le deferenti parole che mi ha rivolto a nome di tutti, e che sono l’eco profondo dei sentimenti di affetto verso il Successore di Pietro dei figli e delle figlie di queste nobili terre.

    Saluto cordialmente coloro che sono qui presenti e tutti quelli che si uniscono a noi attraverso i mezzi di comunicazione sociale, ringraziando anche quanti hanno collaborato generosamente, ai diversi livelli ecclesiale e civile, perché questo breve ma intenso viaggio a Santiago di Compostela e Barcellona sia molto fruttuoso.

    Nel più profondo del suo essere, l’uomo è sempre in cammino, è alla ricerca della verità. La Chiesa partecipa a questo anelito profondo dell’essere umano e si pone essa stessa in cammino, accompagnando l’uomo che anela alla pienezza del proprio essere. Allo stesso tempo, la Chiesa compie il proprio cammino interiore, quello che la conduce attraverso la fede, la speranza e l’amore, a farsi trasparenza di Cristo per il mondo. Questa è la sua missione e questo è il suo cammino: essere sempre più, in mezzo agli uomini, presenza di Cristo, "il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione" (1Cor 1,30). Perciò, anch’io mi sono messo in cammino per confermare nella fede i miei fratelli (cfr Lc 22,32).

    Vengo come pellegrino in questo Anno Santo Compostelano e porto nel cuore lo stesso amore a Cristo che spingeva l’Apostolo Paolo a intraprendere i suoi viaggi, con l’anelito di giungere anche in Spagna (cfr Rm 15,22-29). Desidero unirmi così alla grande schiera di uomini e donne che, lungo i secoli, sono venuti a Compostela da tutti gli angoli della Penisola Iberica e d’Europa, e anzi del mondo intero, per mettersi ai piedi di san Giacomo e lasciarsi trasformare dalla testimonianza della sua fede. Essi, con le orme dei loro passi e pieni di speranza, andarono creando una via di cultura, di preghiera, di misericordia e di conversione, che si è concretizzata in chiese e ospedali, in ostelli, ponti e monasteri. In questa maniera, la Spagna e l’Europa svilupparono una fisionomia spirituale marcata in modo indelebile dal Vangelo.

    Proprio come messaggero e testimone del Vangelo, andrò anche a Barcellona, per rinvigorire la fede del suo popolo accogliente e dinamico. Una fede seminata già agli albori del cristianesimo, e che germinò e crebbe al calore di innumerevoli esempi di santità, dando origine a tante istituzioni di beneficienza, cultura ed educazione. Fede che ispirò il geniale architetto Antoni Gaudí a intraprendere in quella città, con il fervore e la collaborazione di molti, quella meraviglia che è la chiesa della Sacra Famiglia. Avrò la gioia di dedicare quella chiesa, nella quale si riflette tutta la grandezza dello spirito umano che si apre a Dio.

    Provo una gioia profonda nell’essere di nuovo in Spagna, che ha dato al mondo una moltitudine di grandi Santi, fondatori e poeti, come Ignazio di Loyola, Teresa di Gesù, Giovanni della Croce, Francesco Saverio, fra tanti altri; Spagna che nel secolo XX ha suscitato nuove istituzioni, gruppi e comunità di vita cristiana e di azione apostolica e, negli ultimi decenni, cammina in concordia e unità, in libertà e pace, guardando al futuro con speranza e responsabilità. Mossa dal suo ricco patrimonio di valori umani e spirituali, cerca pure di progredire in mezzo alle difficoltà e offrire la sua solidarietà alla comunità internazionale.

    Questi apporti e iniziative della vostra lunga storia, e anche di oggi, insieme al significato di questi due luoghi della vostra bella geografia che visiterò in questa occasione, mi spronano ad allargare il mio pensiero a tutti i popoli di Spagna e d’Europa. Come il Servo di Dio Giovanni Paolo II, che da Compostela esortò il Vecchio Continente a dare nuovo vigore alle sue radici cristiane, anch’io vorrei esortare la Spagna e l’Europa a edificare il loro presente e a progettare il loro futuro a partire dalla verità autentica dell’uomo, dalla libertà che rispetta questa verità e mai la ferisce, e dalla giustizia per tutti, iniziando dai più poveri e derelitti. Una Spagna e un’Europa non solo preoccupate delle necessità materiali degli uomini, ma anche di quelle morali e sociali, di quelle spirituali e religiose, perché tutte queste sono esigenze autentiche dell’unico uomo e solo così si opera in modo efficace, integro e fecondo per il suo bene.

    In gallego:

    Cari amici, vi ripeto la mia gratitudine per il vostro cordiale benvenuto e la vostra presenza in questo aeroporto. Rinnovo il mio affetto e la mia vicinanza agli amatissimi figli di Galizia, di Catalogna e degli altri popoli della Spagna. Nell’affidare all’intercessione di san Giacomo Apostolo la mia presenza tra voi, supplico Dio che giunga a tutti la sua benedizione. Molte grazie.






    INCONTRO PRIVATO CON I PRINCIPI DELLE ASTURIE ALL’AEROPORTO INTERNAZIONALE DI SANTIAGO DE COMPOSTELA

    Alle ore 12.15, subito dopo la cerimonia di benvenuto, nella "Sala de Autoridades" dell’aeroporto internazionale di Santiago de Compostela, ha luogo un breve incontro privato tra il Santo Padre Benedetto XVI e le loro Altezze Reali i Principi delle Asturie, Felipe e Letizia.
    Il Papa si trasferisce quindi in auto alla Cattedrale di Santiago de Compostela.









    Discorso del Papa nella Cattedrale di Santiago de Compostela
    Dopo aver abbracciato la statua dell’Apostolo



    SANTIAGO DE COMPOSTELA, sabato, 6 novembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo sabato da Benedetto XVI nella Cattedrale di Santiago de Compostela, dove si trovavano riuniti religiosi e religiose spagnoli, assieme ad una rappresentanza di anziani e malati.

    * * *



    In spagnolo:

    Signori Cardinali,

    Cari Fratelli nell’Episcopato,

    Distinte Autorità,

    Cari sacerdoti, seminaristi, religiosi e religiose,

    Cari fratelli e sorelle,

    Amici tutti.

    In gallego:

    Ringrazio Monsignor Julián Barrio Barrio, Arcivescovo di Santiago di Compostela, per le cortesi parole che mi ha appena rivolto e alle quali rispondo con piacere, salutando tutti con affetto nel Signore e ringraziandovi per la vostra presenza in questo luogo così significativo.

    In spagnolo:

    Andare in pellegrinaggio non è semplicemente visitare un luogo qualsiasi per ammirare i suoi tesori di natura, arte o storia. Andare in pellegrinaggio significa, piuttosto, uscire da noi stessi per andare incontro a Dio là dove Egli si è manifestato, là dove la grazia divina si è mostrata con particolare splendore e ha prodotto abbondanti frutti di conversione e santità tra i credenti. I cristiani andarono in pellegrinaggio, anzitutto, nei luoghi legati alla passione, morte e resurrezione del Signore, in Terra Santa. Poi a Roma, città del martirio di Pietro e Paolo, e anche a Compostela, che, unita alla memoria di san Giacomo, ha accolto pellegrini di tutto il mondo, desiderosi di rafforzare il loro spirito con la testimonianza di fede e amore dell’Apostolo.

    In questo Anno Santo Compostelano, come Successore di Pietro, ho voluto anch’io venire in pellegrinaggio alla Casa del "Señor Santiago" [san Giacomo ndt.], che si appresta a celebrare l’anniversario degli ottocento anni dalla sua consacrazione, per confermare la vostra fede e ravvivare la vostra speranza, e per affidare all’intercessione dell’Apostolo i vostri aneliti, fatiche e opere per il Vangelo. Nell’abbracciare la sua venerata immagine, ho pregato anche per tutti i figli della Chiesa, che ha la sua origine nel mistero di comunione che è Dio. Mediante la fede, siamo introdotti nel mistero di amore che è la Santissima Trinità. Siamo, in un certo modo, abbracciati da Dio, trasformati dal suo amore. La Chiesa è questo abbraccio di Dio nel quale gli uomini imparano anche ad abbracciare i propri fratelli, scoprendo in essi l’immagine e somiglianza divina, che costituisce la verità più profonda del loro essere, e che è origine della vera libertà.

    Tra verità e libertà vi è una relazione stretta e necessaria. La ricerca onesta della verità, l’aspirazione ad essa, è la condizione per un’autentica libertà. Non si può vivere l’una senza l’altra. La Chiesa, che desidera servire con tutte le sue forze la persona umana e la sua dignità, è al servizio di entrambe, della verità e della libertà. Non può rinunciare ad esse, perché è in gioco l’essere umano, perché la spinge l’amore all’uomo, "il quale in terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stessa" (Gaudium et spes, 24), e perché senza tale aspirazione alla verità, alla giustizia e alla libertà, l’uomo si perderebbe esso stesso.

    Permettetemi che da Compostela, cuore spirituale della Galizia e, allo stesso tempo, scuola di universalità senza confini, esorti tutti i fedeli di questa cara Arcidiocesi, e tutti quelli della Chiesa in Spagna, a vivere illuminati dalla verità di Cristo, professando la fede con gioia, coerenza e semplicità, in casa, nel lavoro e nell’impegno come cittadini.

    Che la gioia di sentirvi figli amati di Dio vi spinga anche ad una amore sempre più profondo per la Chiesa, collaborando con essa nella sua opera di portare Cristo a tutti gli uomini. Pregate il Padrone della messe, perché molti giovani si consacrino a questa missione nel ministero sacerdotale e nella vita consacrata: oggi, come sempre, vale la pena dedicarsi per tutta la vita a proporre la novità del Vangelo.

    Non voglio concludere senza prima esprimere felicitazione e ringraziamento a tutti i cattolici spagnoli per la generosità con la quale sostengono tante istituzioni di carità e di promozione umana. Non stancatevi di mantenere queste opere, che apportano beneficio a tutta la società, e la cui efficacia si è manifestata in modo speciale nell’attuale crisi economica, così come in occasione delle gravi calamità naturali che hanno colpito vari Paesi.

    In gallego:

    Con questi sentimenti, prego l’Altissimo che conceda a tutta l’audacia che ebbe san Giacomo per essere testimone di Cristo Risorto, e così rimaniate fedeli nei cammini della santità e vi spendiate per la gloria di Dio e il bene dei fratelli più abbandonati. Molte grazie.




    [© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]























    Il Papa alla Spagna: progettare il futuro partendo dalla verità dell'uomo
    Cerimonia di benvenuto all'aeroporto di Santiago de Compostela

    di Inma Álvarez


    SANTIAGO DE COMPOSTELA, sabato, 6 novembre 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha invitato questo sabato la Spagna e l'Europa a “edificare il loro presente e a progettare il loro futuro a partire dalla verità autentica dell’uomo, dalla libertà che rispetta questa verità e mai la ferisce, e dalla giustizia per tutti, iniziando dai più poveri e derelitti”.

    Nel discorso che ha pronunciato durante la cerimonia di benvenuto a Santiago de Compostela, il Pontefice ha parlato dell'importanza di costruire “una Spagna e un’Europa non solo preoccupate delle necessità materiali degli uomini, ma anche di quelle morali e sociali, di quelle spirituali e religiose”.

    “Tutte queste sono esigenze autentiche dell’unico uomo e solo così si opera in modo efficace, integro e fecondo per il suo bene”, ha aggiunto.

    Il Papa, accompagnato alla tribuna delle autorità dai Principi delle Asturie, eredi al trono del Paese, ha espresso la sua “gioia profonda nell’essere di nuovo in Spagna, che ha dato al mondo una moltitudine di grandi Santi, fondatori e poeti”.

    Un altro dei contributi del Paese è stato rappresentato, nel XX secolo, da “nuove istituzioni, gruppi e comunità di vita cristiana e di azione apostolica”, ha sottolineato.

    “Vengo come pellegrino in questo Anno Santo Compostelano e porto nel cuore lo stesso amore a Cristo che spingeva l’Apostolo Paolo a intraprendere i suoi viaggi, con l’anelito di giungere anche in Spagna”, ha proseguito il Papa.

    Il Vescovo di Roma vuole così unirsi “alla grande schiera di uomini e donne che, lungo i secoli, sono venuti a Compostela da tutti gli angoli della Penisola Iberica e d’Europa, e anzi del mondo intero”.

    “Essi, con le orme dei loro passi e pieni di speranza, andarono creando una via di cultura, di preghiera, di misericordia e di conversione, che si è concretizzata in chiese e ospedali, in ostelli, ponti e monasteri”.

    Grazie al Cammino di Santiago, ha affermato, “la Spagna e l’Europa svilupparono una fisionomia spirituale marcata in modo indelebile dal Vangelo”.

    Uomo in cammino

    Il Papa ha dedicato una parte del suo discorso all'importanza dell'esperienza del pellegrinaggio.

    “Nel più profondo del suo essere, l’uomo è sempre in cammino, è alla ricerca della verità. La Chiesa partecipa a questo anelito profondo dell’essere umano e si pone essa stessa in cammino, accompagnando l’uomo che anela alla pienezza del proprio essere”.

    Allo stesso tempo, ha spiegato, “la Chiesa compie il proprio cammino interiore, quello che la conduce attraverso la fede, la speranza e l’amore, a farsi trasparenza di Cristo per il mondo”.

    Benedetto XVI si è anche riferito alla seconda tappa del suo viaggio, Barcellona, alludendo alla “fede del suo popolo accogliente e dinamico. Una fede seminata già agli albori del cristianesimo, e che germinò e crebbe al calore di innumerevoli esempi di santità, dando origine a tante istituzioni di beneficenza, cultura ed educazione”.

    Questa fede, ha aggiunto, “ispirò il geniale architetto Antoni Gaudí a intraprendere in quella città, con il fervore e la collaborazione di molti, quella meraviglia che è la chiesa della Sacra Famiglia”.

    “Avrò la gioia di dedicare quella chiesa, nella quale si riflette tutta la grandezza dello spirito umano che si apre a Dio”, ha rimarcato.

    Il Papa ha voluto poi congedarsi in galiziano, la lingua della regione di Santiago de Compostela, esprimendo “affetto” e “vicinanza” “agli amatissimi figli di Galizia, di Catalogna e degli altri popoli della Spagna”.

    “Nell’affidare all’intercessione di san Giacomo Apostolo la mia presenza tra voi, supplico Dio che giunga a tutti la sua benedizione”, ha concluso.

    Il Principe Felipe, che ha dato il benvenuto al Papa a nome dei reali Juan Carlos e Sofía, ha ricordato nel suo discorso l'importanza delle precedenti due visite a Santiago di Giovanni Paolo II.

    “Da quelle occasioni è derivato un autentico boom del numero di pellegrini che arrivano a Compostela. Provengono da tutta la Spagna, dal resto d'Europa e dall'America Latina. Arrivano in numero sempre maggiore anche dal resto del mondo, dagli altri continenti, sottolineando così la proiezione e la dimensione universale del Cammino”, ha riconosciuto l'erede al trono.

    Lo stesso Principe e la moglie hanno compiuto nel maggio scorso varie tappe del Cammino, “questo grande Cammino di incontro e di dialogo, così legato alla nostra storia e alla nostra cultura, che percorre e unisce l'Europa da secoli” e che è stato “il primo progetto europeo comune”.

    Il Principe ha anche espresso l'apprezzamento degli spagnoli per l'impegno del Papa “nei confronti della pace, della libertà e della dignità dell'essere umano”.

    “Ci conforta in modo particolare nei tempi complessi e di crisi che vive il mondo. Tempi in cui la guerra e il terrorismo, la fame e la povertà, l'ingiustizia e il dolore richiedono la fermezza, l'impegno personale e lo sforzo dei governanti della Terra e di tutti gli uomini e le donne di buona volontà”.

    [Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]












    “Chi verrà alla Sagrada Familia vedrà qualcosa di straordinario”
    Intervista all'architetto che dirige i lavori del tempio, Jordi Bonet

    di Patricia Navas


    BARCELLONA, sabato, 6 novembre 2010 (ZENIT.org).- Uno dei segreti del successo della Sagrada Familia di Barcellona, visitata da 8.000-10.000 persone al giorno e che il Papa consacrerà il 7 novembre, è la sua architettura innovativa, sostiene l'architetto che dirige i lavori del tempio espiatorio, Jordi Bonet.

    “Non c'è niente di simile in tutto il mondo”, indica in questa intervista rilasciata a ZENIT. “Le persone che vengono qui devono sapere che vedranno qualcosa di straordinario”.

    Figlio dell'architetto Lluís Bonet, uno dei primi continuatori della Sagrada Familia, l'attuale direttore dei lavori sottolinea la novità dell'architettura che Gaudí ha progettato per il tempio espiatorio: forme a doppia curvatura, navate ideate come un bosco, colonne inclinate, colori... Bonet riconosce in Antonio Gaudí “un uomo pietoso, di fede, e geniale”.

    A che punto è la Sagrada Familia?

    Jordi Bonet: Il tempio è già coperto. Non si tratta solo della navata centrale, ma di tutto lo spazio che occupa la chiesa, che include, oltre a questa, le navate laterali, il transetto, le cappelle absidali, il deambulatorio...

    Perché ci possa essere la consacrazione è necessario che la chiesa sia del tutto chiusa, perché non entrino vento e acqua.

    Che cosa manca per terminare la Sagrada Familia nel suo insieme?

    Jordi Bonet: Mancano quasi 100 metri della torre dedicata a Gesù. Mancano anche i cimborri dedicati alla Vergine e ai quattro evangelisti e le quattro torri della facciata della Gloria dedicate a Pietro, Paolo, Andrea e Giacomo.

    Ciò richiederà anni, ma l'interno della chiesa sarà praticamente finito. Non tutto, perché ad esempio le vetrate delle navate laterali verranno collocate man mano che giungeranno le rispettive donazioni.

    L'aspetto economico è fonte di problemi?

    Jordi Bonet: Da questo punto di vista siamo ben messi: riceviamo donazioni da qualsiasi luogo. I promotori della Sagrada Familia, i Devoti di San Giuseppe, hanno iniziato a pagare tutto, ma poi si sono uniti i barcellonesi, gli spagnoli, quelli delle colonie spagnole... Le acquasantiere, ad esempio, sono state finanziate dai fedeli delle Filippine.

    E' bello vedere che sta collaborando a quest'opera gente di tutto il mondo.

    Che cosa significa per la Giunta costruttrice della Sagrada Familia che sarà Benedetto XVI a consacrare il tempio?

    Jordi Bonet: E' un privilegio che il Papa venga a Barcellona. La Sagrada Familia è un tempio di livello universale.

    In fondo, Gaudí era un uomo pietoso, di fede, e geniale. Le sue opere erano sempre realizzate come esperimenti che potevano servire per la Sagrada Familia.

    Lì applica per la prima volta al mondo una serie di elementi che scopre nella natura e possono essere usati nell'architettura: forme a doppia curvatura, enormemente resistenti, che si possono realizzare con una tecnologia mediterranea: le volte catalane.

    Queste forme nuove suscitano vera ammirazione in tutti coloro che visitano il tempio. E' naturale che il Papa abbia voluto essere presente e intervenire alla sua consacrazione.

    Quante persone visitano la Sagrada Familia?

    Jordi Bonet: E' difficile dare una risposta esatta: tra ottomila e diecimila persone al giorno. E' un caso unico al mondo, tante visite a un tempio in costruzione.

    Le persone che vengono qui devono sapere che vedranno qualcosa di straordinario. Pochi mesi fa, ha visitato il tempio il Segretario di Stato vaticano, il Cardinale Tarcisio Bertone, e ha scritto sul libro d'oro della Sagrada Familia: “Ho ammirato il Dante dell'architettura”.

    In che cosa crede che risieda il segreto del suo successo?

    Jordi Bonet: L'architettura è molto innovativa, non c'è niente di simile in tutto il mondo.

    Gaudí diceva di voler superare il gotico. Per questo non ci sono grandi contrafforti né sordini, ma ci sono colonne inclinate. Ha ideato le navate della Sagrada Familia come un bosco, in cui la luce entra dall'alto.

    Quando è iniziata la costruzione di questa chiesa emblematica?

    Jordi Bonet: La prima pietra è stata collocata nel giorno di San Giuseppe del 1882. La cripta è stata terminata dallo stesso Gaudí, che non è stato il primo architetto del tempio, che è stato invece l'architetto diocesano Villar.

    Terminata la cripta, è stata ricevuta una donazione così consistente che i giuseppini hanno deciso che diventasse un tempio monumentale e si è passati da uno a diciotto campanili.

    Gaudí ha visto che ciò sarebbe durato secoli e che non sarebbe arrivato a vederlo. Per questo ha lasciato le sue idee plasmate in alcuni plastici, che si sono salvati dall'incendio del suo studio nel 1936.

    Partendo da un lavoro di ricerca, abbiamo trovato le leggi geometriche che Gaudí aveva ideato.

    Diceva che l'architettura deve essere viva e che la vita si mostra con il colore e il movimento. Con l'aiuto della geometria, produce questa nuova architettura con forme a doppia curvatura generate da linee rette.

    In seguito questo metodo è stato usato ad esempio nella Cattedrale di Brasilia, che è un enorme iperboloide, o nei paraboloidi iperbolici al Padiglione Philips di Le Corbussier. Gaudí, ripeto, era un genio.

    Crede che nella costruzione della Sagrada Familia si sia fedeli a questa idea originale?

    Jordi Bonet: Certamente. Abbiamo plastici in scala 1:10. Chieda agli architetti se si costruiscono edifici su quella scala. Gaudí lo faceva perché era una cosa così nuova che aveva bisogno di essere compresa, sia dagli architetti che da quanti donavano denaro.

    I plastici sono stati restaurati e abbiamo trovato tutte le leggi geometriche che ci permettono di fare esattamente ciò che egli voleva.

    La costruzione di un tunnel vicino alle fondamenta per farvi passare il treno ad alta velocità ha danneggiato in qualche modo la Sagrada Familia?

    Jordi Bonet: Sì, ha danneggiato e probabilmente danneggerà nel corso del tempo, perché le reazioni del sottosuolo non sono immediate.

    Ci hanno fatto perdere moltissimo tempo e dal 2007 siamo in causa contro la costruzione di questo tunnel, ma i tribunali non si sono ancora pronunciati.

    Ci hanno fatto spendere molte energie e molto tempo, lottando contro qualcosa che sembra incredibile che si sia potuto realizzare, pensando che la tecnica può tutto.

    Può davvero fare cose valide, ma a volte sbaglia, e pensiamo che sia stata una temerarietà.

    Quali rischi esistono, per la costruzione del tunnel e per il successivo passaggio del treno?

    Jordi Bonet: Il primo rischio è che il tunnel dell'AVE passi sotto il livello freatico, dove ci sono acque sotterranee. Alcuni antichi torrenti passavano per la via Sardenya e per la piazza Gaudí e vi continua a scorrere acqua.

    Fin dall'inizio non abbiamo voluto perforare sotto il livello freatico, perché l'acqua comporta sempre pericoli. Tutte le fondamenta della Sagrada Familia si trovano al di sopra del livello freatico.

    Il tunnel di per sé provoca come un muro di contenimento. Il muro di schermi che si sono voluti collocare per evitare danni alla Sagrada Familia è, in fondo, un'altra diga.

    L'acqua che scorre sotto il suolo, allora, vede salire il proprio livello, il che provoca una pressione: quanto più è alta l'acqua, maggiore è la pressione.

    Ciò può far sì che la sabbia che si trova in questa parte del sottosuolo venga trascinata e restiamo con le nostre fondamenta senza la parte di terreno che le deve sostenere. Può accadere tra tre o trent'anni, non si sa, ma è già avvenuto in altri luoghi.

    C'è un altro rischio. Sappiamo che non si realizzano i calcoli dovuti. Il muro schermo è un trasmettitore di vibrazioni del passaggio del treno, e anche se si introducono elementi per ridurre le vibrazioni non ridurranno la lunghezza d'onda. Speriamo che non si produca una risonanza, che causa la caduta di ponti.

    Abbiamo collocato dei sensori e trasmettiamo all'Audiencia Nacional i nuovi dati. L'UNESCO ha detto che se si superano determinati parametri bisogna fermare i lavori di scavo.

    Vedremo se si presterà attenzione all'UNESCO. Visto che non è vincolante, il Ministero procede con il suo ritmo e fa ciò che ritiene di dover fare, anche se alla lunga può provocare problemi.

    Con molta cognizione di causa, pochi giorni fa, l'architetto e cattedratico di strutture dell'Università Politecnica della Catalogna Margarit ha denunciato che è una barbarie far passare il tunnel a così poca distanza dalle fondamenta della Sagrada Familia e della Casa Milà.

    Il potere, però, non vuole cambiare idea perché non vuole riconoscere di essersi sbagliato.

    Il tracciato del progetto è stato modificato nel 2003 per evitare che passasse sotto il tempio, e si è stabilito che il tunnel passasse sotto alcune case, con tutte le amministrazioni d'accordo.

    Nel 2004, però, quando il tunnel è stato fatto passare sotto il quartiere barcellonese del Carmelo, è avvenuto il disastro, perché hanno pensato che si sistemasse la cosa evitando che il tunnel passasse sotto delle abitazioni.

    Ma su questo ci sono esperienze, mentre queste opere di Gaudí sono eccezionali, non c'è alcuna esperienza e può costare caro.

    Dove si trova ora il macchinario che sta perforando?

    Jordi Bonet: Credo che ora stia nelle vicinanze di piazza Gaudí.

    Il sottosuolo è traditore, ti trovi ad aver a che fare con un problema quando meno te lo aspetti. Il macchinario della Linea 9 della metropolitana di Barcellona è stato arenato un anno, e può succedere.

    Nel sottosuolo sai che cosa accade in un punto preciso, ma a venti centimetri il tipo di terreno può cambiare.

    Ultimamente si è parlato di crepe nella Sagrada Familia. Hanno a che vedere con i lavori dell'AVE?

    Jordi Bonet: Alcune di quelle crepe hanno più di 80 anni. Le stiamo sistemando e termineremo di farlo in base alle nostre possibilità.

    Non suscitano preoccupazioni. Sono vecchie, in parte sono state provocate durante la rivoluzione avvenuta pochi giorni dopo la ribellione del 1936, perché c'erano ponteggi di legno che sono stati incendiati con benzina.

    E' in corso il processo di canonizzazione di Antonio Gaudí. Personalmente crede che sia un santo?

    Jordi Bonet: Io non l'ho conosciuto, ma mio padre, che ha avuto a che fare con lui dal 1914, lo ammirava e direi addirittura che lo venerava.

    Suo padre ha partecipato alla costruzione del tempio?

    Jordi Bonet: Sì. Mio padre è stato colui che gli ha portato i campioni del mosaico di Venezia serviti per collocare il colore nei campanili che Gaudí ha costruito direttamente e dei quali è rimasto soddisfatto.

    Quando crede che verrà terminato il tempio?

    Jordi Bonet: Non lo so. Se indicassi una data mentirei. Non sappiamo cosa accadrà. Ci vorranno sicuramente altri 10 o 12 anni. Quando gli ponevano questa domanda, Gaudí rispondeva: “Il mio cliente non ha fretta”.

    [Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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    00 07/11/2010 00:44
    Risposte di Benedetto XVI ai giornalisti sul volo per la Spagna


    SANTIAGO DE COMPOSTELA, sabato, 6 novembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il testo del colloquio tenutosi questo sabato tra Benedetto XVI e i giornalisti presenti sul volo papale diretto a Santiago de Compostela.

    Le domande sono state poste a nome dei giornalisti da padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede.

    * * *

    Padre Lombardi: Santità, nel messaggio per il recente congresso dei santuari che si svolgeva proprio a Santiago di Compostela, lei ha detto di vivere il suo pontificato con i sentimenti del pellegrino. Anche nel suo stemma c’è la conchiglia del pellegrino. Vuole dirci qualcosa sulla prospettiva del pellegrinaggio, anche nella sua vita personale e nella sua spiritualità, e sui sentimenti con cui si reca come pellegrino a Santiago?

    Benedetto XVI: Buongiorno! Potrei dire che l’essere in cammino è già iscritto nella mia biografia. Ma questa forse è una cosa esteriore, tuttavia mi ha fatto pensare all’instabilità di questa vita, all’essere in cammino. Del pellegrinaggio uno potrebbe dire: Dio è dappertutto, non c’è bisogno di andare in un altro luogo, ma è anche vero che la fede secondo la sua essenza è un essere pellegrino.

    La Lettera agli Ebrei dimostra che cosa vede nella figura di Abramo che esce nella sua terra e rimane un pellegrino verso il futuro per tutta la vita, e questo movimento abramico rimane nell’atto della fede, è un essere pellegrino soprattutto interiormente, ma deve anche esprimersi esteriormente. Qualche volta, uscire dalla quotidianità, dal mondo dell’utile, dell’utilitarismo, uscire solo per essere veramente in cammino verso la trascendenza, trascendere se stesso e la quotidianità e così trovare anche una nuova libertà, un tempo di ripensamento interiore, di identificazione di se stesso, di vedere l’altro, Dio, e così è anche il pellegrinaggio sempre: non solo un uscire da se stesso verso il più grande ma anche un andare insieme. Il pellegrinaggio riunisce, andiamo insieme verso l’altro e così ci troviamo reciprocamente. Basta dire che i cammini di san Giacomo sono un elemento nella formazione dell’unità spirituale del Continente europeo, qui peregrinando si sono trovati, hanno trovato l’identità comune europea, e anche oggi rinasce questo movimento, questi sogni di essere in movimento spiritualmente e fisicamente, di trovarsi l’un l’altro e di trovare così silenzio, libertà, rinnovamento, e di trovare Dio.

    Padre Lombardi: Grazie, Santità, adesso spostiamo lo sguardo verso Barcellona. Quale significato può avere la consacrazione di un tempio come la Sagrada Familia all’inizio del secolo XXI? E c’è qualche aspetto specifico della visione di Gaudì che l’ha colpita in particolare?

    Benedetto XVI: In realtà questa cattedrale è anche un segno proprio per il nostro tempo. Trovo nella visione di Gaudì tre elementi soprattutto. Il primo, questa sintesi tra continuità e novità, tradizione e creatività. Gaudì ha avuto questo coraggio di inserirsi nella grande tradizione delle cattedrali, di osare nel suo secolo, con una visione totalmente nuova, di nuovo questa realtà cattedrale luogo dell’incontro tra Dio e l’uomo in una grande solennità, e questo coraggio di stare nella tradizione ma di una creatività nuova che rinnova la tradizione e dimostra così l’unità e il progresso della storia, è una cosa bella. Secondo, Gaudì voleva questo trinomio: libro della natura, libro della Scrittura, libro della liturgia. E questa sintesi è proprio oggi di grande importanza. Nella liturgia, la Scrittura diventa presente, diventa realtà oggi, non è più una Scrittura di duemila anni fa ma va celebrata, realizzata. E nella celebrazione della Scrittura parla la creazione, trova il creato e trova la sua vera risposta, perché come ci dice San Paolo, la creatura soffre, e invece di essere distrutta, disprezzata, aspetta i figli di Dio, cioè quelli che la vedono nella luce di Dio. E così questa sintesi tra senso del creato, scrittura e adorazione è proprio un messaggio molto importante per l’oggi. E finalmente, terzo punto, è nata questa cattedrale da una devozione tipica dell’Ottocento: San Giuseppe, la Sacra Famiglia di Nazareth, il mistero di Nazareth, ma proprio questa devozione di ieri, si potrebbe dire, è di grandissima attualità perché il problema della famiglia, del rinnovamento della famiglia come cellula fondamentale della società è il grande tema di oggi e ci indica dove possiamo andare sia nella costruzione della società sia nella unità tra fede e vita, tra religione e società. La famiglia è il tema fondamentale che si esprime qui, dicendo che Dio stesso si è fatto figlio nella famiglia e ci chiama a costruire e vivere la famiglia.

    Padre Lombardi: E continuando su questa linea, Gaudì e la Sagrada Familia rappresentano, come lei ha detto, il binomio fede e arte. Come può la fede ritrovare oggi il suo posto nel mondo dell’arte e della cultura? E’ questo uno dei temi importanti del suo pontificato?

    Benedetto XVI: E’ così. Voi sapete che io insisto molto sulla relazione tra fede e ragione, che la fede, e la fede cristiana, ha la sua identità solo nell’apertura alla ragione, e che la ragione diventa se stessa se si trascende verso la fede. Ma ugualmente importante è la relazione tra fede e arte, perché la verità, scopo e vita della ragione, si esprime nella bellezza e diventa se stessa nella bellezza, si trova come verità. E quindi dove c’è la verità deve nascere la bellezza, dove l’essere umano si realizza in modo corretto, buono, si esprime nella bellezza. La relazione tra verità e bellezza è inscindibile e perciò abbiamo bisogno della bellezza. Nella Chiesa, dall’inizio, anche nella grande modestia e povertà del tempo delle persecuzioni, l’arte, la pittura, l’esprimersi della salvezza di Dio nelle immagini del mondo, il canto, e poi anche l’edificio, tutto questo è costitutivo per la Chiesa e rimane costitutivo per sempre. Così la Chiesa è stata madre delle arti per secoli e secoli, il grande tesoro dell’arte – musica, architettura, pittura – è nato dalla fede nella Chiesa. Oggi c’è un certo dissenso, ma questo fa male sia all’arte sia alla fede: l’arte che perdesse la radice della trascendenza, non andrebbe più verso Dio, sarebbe un’arte dimezzata, perderebbe la radice viva; e una fede che avesse l’arte solo nel passato, non sarebbe più fede nel presente, ed è oggi che si deve esprimere di nuovo come verità che è sempre presente. Perciò il dialogo o l’incontro, direi, tra arte e fede è inscritto nella più profonda essenza della fede, dobbiamo fare di tutto perché anche oggi la fede si esprima in autentica arte, come Gaudì nella continuità e della novità, e perché l’arte non perda il contatto con la fede.

    Padre Lombardi: In questi mesi si sta avviando il nuovo dicastero per la nuova evangelizzazione. E molti si sono domandati se proprio la Spagna, con gli sviluppi della secolarizzazione e della diminuzione rapida della pratica religiosa, sia uno dei Paesi a cui lei ha pensato come obiettivo per questo nuovo dicastero, o addirittura se non ne sia l’obiettivo principale…

    Benedetto XVI: Con questo dicastero ho pensato di per sé al mondo intero perché la novità del pensiero, la difficoltà di pensare nei concetti della Scrittura, della teologia, è universale, ma c’è naturalmente un centro e questo è il mondo occidentale con il suo secolarismo, la sua laicità, e la continuità della fede che deve cercare di rinnovarsi per essere fede oggi e per rispondere alla sfida della laicità. Nell’Occidente tutti i grandi Paesi hanno il loro proprio modo di vivere questo problema: abbiamo avuto ad esempio i viaggi in Francia, nella Repubblica Ceca, nel Regno Unito, dove dappertutto è presente in modo specifico per questa nazione, per questa storia, lo stesso problema, e questo vale anche in modo forte per la Spagna. La Spagna è stato sempre da una parte un Paese originario della fede, pensiamo che la rinascita del cattolicesimo nell’epoca moderna avviene soprattutto grazie alla Spagna, figure come Sant’Ignazio di Loyola, Santa Teresa e San Giovanni d’Avila, sono figure che hanno finalmente rinnovato il cattolicesimo e formato la fisionomia del cattolicesimo moderno. Ma è ugualmente vero che in Spagna è nata anche una laicità, un anticlericalismo, un secolarismo forte e aggressivo come abbiamo visto proprio negli anni Trenta, e questa disputa, più questo scontro tra fede e modernità, ambedue molto vivaci, si realizza anche oggi di nuovo in Spagna: perciò per il futuro della fede e dell’incontro – non lo scontro! - ma incontro tra fede e laicità, ha un punto centrale anche proprio nella cultura spagnola. In questo senso ho pensato a tutti i grandi Paesi dell’Occidente ma soprattutto anche alla Spagna.

    Padre Lombardi: Con il viaggio a Madrid dell’anno prossimo per la Giornata mondiale della gioventù, lei avrà fatto tre viaggi in Spagna, cosa che non avviene per nessun altro Paese. Come mai questo privilegio? E’ un segno di amore o di particolare preoccupazione?

    Benedetto XVI: Naturalmente è un segno di amore. Si potrebbe dire che è per caso che vengo tre volte in Spagna. La prima, il grande incontro internazionale delle famiglie, a Valencia: come il Papa potrebbe essere assente, se le famiglie del mondo si incontrano? Il prossimo anno la Gmg, l’incontro della gioventù del mondo a Madrid, e il Papa non può essere assente in questa occasione. E finalmente abbiamo l’Anno Santo di San Giacomo, abbiamo la consacrazione dopo più di cento anni di lavoro della cattedrale della Sagrada Familia di Barcellona, come potrebbe non venire il Papa? Di per sé quindi le occasioni sono le sfide, quasi una necessità di andarci, ma proprio il fatto che proprio in Spagna si concentrino tante occasioni, mostra anche che è realmente un Paese pieno di dinamismo, pieno di forza della fede, e la fede risponde alle sfide che sono ugualmente presenti in Spagna: perciò diciamo il caso ha fatto sì che venissi, ma questo caso dimostra una realtà più profonda, la forza della fede e la forza della sfida per la fede.

    Padre Lombardi: Grazie Santità. E ora se vuole dire qualche altra cosa per concludere questo nostro incontro, c’è qualche messaggio particolare che lei spera di dare alla Spagna e al mondo di oggi con questo viaggio?

    Benedetto XVI: Io direi che questo viaggio ha due temi. Ha il tema del pellegrinaggio, dell’essere in cammino, e ha il tema della bellezza, della espressione della verità nella bellezza, della continuità tra tradizione e rinnovamento. Io penso che questi due temi del viaggio siano anche un messaggio: essere in cammino, non perdere il cammino della fede, cercare la bellezza della fede, la novità e la tradizione della fede che sa esprimersi e sa incontrarsi con la bellezza moderna, con il mondo di oggi. Grazie.

    [Trascrizione non ufficiale a cura di ZENIT]








    VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI A SANTIAGO DE COMPOSTELA E BARCELONA (6 - 7 NOVEMBRE 2010) (III)


    VISITA ALLA CATTEDRALE DI SANTIAGO DE COMPOSTELA



    Lasciato l’aeroporto, alle ore 13 il Santo Padre Benedetto XVI giunge alla Cattedrale di Santiago de Compostela. Al Suo arrivo, è accolto dal Capitolo della Cattedrale all’ingresso della Plaza de la Inmaculada.

    Quindi il Papa inizia il percorso di ogni pellegrino compostelano: entra in Cattedrale dalla Porta di Azbacheria e si sofferma per un momento di adorazione nella Cappella del Santissimo Sacramento. Raggiunge poi il Portico della Gloria e si affaccia a salutare i fedeli presenti in Plaza del Obradoiro. In seguito, uscito dalla Porta Reale e rientrato dalla Porta Santa, scende nella cripta per venerare la tomba dell'Apostolo San Giacomo. Infine, seguendo un’antica tradizione, il Santo Padre abbraccia la statua dell’Apostolo davanti all’altare maggiore.

    All’interno della Cattedrale si trovano riuniti religiosi e religiose spagnoli, assieme ad una rappresentanza di anziani e malati. Qui, introdotto dall’indirizzo di saluto dell’Arcivescovo di Santiago de Compostela, S.E. Mons. Julián Barrio Barrio, il Santo Padre Benedetto XVI rivolge ai presenti le parole che pubblichiamo di seguito:

    SALUTO DEL SANTO PADRE


    In spagnolo:

    Signori Cardinali,

    Cari Fratelli nell’Episcopato,

    Distinte Autorità,

    Cari sacerdoti, seminaristi, religiosi e religiose,

    Cari fratelli e sorelle,

    Amici tutti.

    In gallego:

    Ringrazio Monsignor Julián Barrio Barrio, Arcivescovo di Santiago di Compostela, per le cortesi parole che mi ha appena rivolto e alle quali rispondo con piacere, salutando tutti con affetto nel Signore e ringraziandovi per la vostra presenza in questo luogo così significativo.

    In spagnolo:

    Andare in pellegrinaggio non è semplicemente visitare un luogo qualsiasi per ammirare i suoi tesori di natura, arte o storia. Andare in pellegrinaggio significa, piuttosto, uscire da noi stessi per andare incontro a Dio là dove Egli si è manifestato, là dove la grazia divina si è mostrata con particolare splendore e ha prodotto abbondanti frutti di conversione e santità tra i credenti. I cristiani andarono in pellegrinaggio, anzitutto, nei luoghi legati alla passione, morte e resurrezione del Signore, in Terra Santa. Poi a Roma, città del martirio di Pietro e Paolo, e anche a Compostela, che, unita alla memoria di san Giacomo, ha accolto pellegrini di tutto il mondo, desiderosi di rafforzare il loro spirito con la testimonianza di fede e amore dell’Apostolo.

    In questo Anno Santo Compostelano, come Successore di Pietro, ho voluto anch’io venire in pellegrinaggio alla Casa del "Señor Santiago" [san Giacomo ndt.], che si appresta a celebrare l’anniversario degli ottocento anni dalla sua consacrazione, per confermare la vostra fede e ravvivare la vostra speranza, e per affidare all’intercessione dell’Apostolo i vostri aneliti, fatiche e opere per il Vangelo. Nell’abbracciare la sua venerata immagine, ho pregato anche per tutti i figli della Chiesa, che ha la sua origine nel mistero di comunione che è Dio. Mediante la fede, siamo introdotti nel mistero di amore che è la Santissima Trinità. Siamo, in un certo modo, abbracciati da Dio, trasformati dal suo amore. La Chiesa è questo abbraccio di Dio nel quale gli uomini imparano anche ad abbracciare i propri fratelli, scoprendo in essi l’immagine e somiglianza divina, che costituisce la verità più profonda del loro essere, e che è origine della vera libertà.

    Tra verità e libertà vi è una relazione stretta e necessaria. La ricerca onesta della verità, l’aspirazione ad essa, è la condizione per un’autentica libertà. Non si può vivere l’una senza l’altra. La Chiesa, che desidera servire con tutte le sue forze la persona umana e la sua dignità, è al servizio di entrambe, della verità e della libertà. Non può rinunciare ad esse, perché è in gioco l’essere umano, perché la spinge l’amore all’uomo, "il quale in terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stessa" (Gaudium et spes, 24), e perché senza tale aspirazione alla verità, alla giustizia e alla libertà, l’uomo si perderebbe esso stesso.

    Permettetemi che da Compostela, cuore spirituale della Galizia e, allo stesso tempo, scuola di universalità senza confini, esorti tutti i fedeli di questa cara Arcidiocesi, e tutti quelli della Chiesa in Spagna, a vivere illuminati dalla verità di Cristo, professando la fede con gioia, coerenza e semplicità, in casa, nel lavoro e nell’impegno come cittadini.

    Che la gioia di sentirvi figli amati di Dio vi spinga anche ad una amore sempre più profondo per la Chiesa, collaborando con essa nella sua opera di portare Cristo a tutti gli uomini. Pregate il Padrone della messe, perché molti giovani si consacrino a questa missione nel ministero sacerdotale e nella vita consacrata: oggi, come sempre, vale la pena dedicarsi per tutta la vita a proporre la novità del Vangelo.

    Non voglio concludere senza prima esprimere felicitazione e ringraziamento a tutti i cattolici spagnoli per la generosità con la quale sostengono tante istituzioni di carità e di promozione umana. Non stancatevi di mantenere queste opere, che apportano beneficio a tutta la società, e la cui efficacia si è manifestata in modo speciale nell’attuale crisi economica, così come in occasione delle gravi calamità naturali che hanno colpito vari Paesi.

    In gallego:

    Con questi sentimenti, prego l’Altissimo che conceda a tutta l’audacia che ebbe san Giacomo per essere testimone di Cristo Risorto, e così rimaniate fedeli nei cammini della santità e vi spendiate per la gloria di Dio e il bene dei fratelli più abbandonati. Molte grazie.



    Terminato il discorso, il Papa mette l’incenso nel "botafumeiro" che viene azionato, secondo la tradizione secolare, mentre si canta l’Inno all’Apostolo Giacomo. La visita alla Cattedrale di Santiago de Compostela termina con la preghiera e la benedizione.

    Quindi il Papa si reca a piedi all’Arcivescovado dove, alle ore 13.45, pranza con i Cardinali spagnoli, con i membri del Comitato Esecutivo della Conferenza Episcopale e con il Seguito papale.












    VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI A SANTIAGO DE COMPOSTELA E BARCELONA (6 - 7 NOVEMBRE 2010) (IV)


    SANTA MESSA IN OCCASIONE DELL’ANNO GIUBILARE COMPOSTELANO NELLA PLAZA DEL OBRADOIRO DI SANTIAGO DE COMPOSTELA




    Nel pomeriggio, lasciato l’Arcivescovado, il Santo Padre Benedetto XVI raggiunge in auto la Plaza del Obradoiro di Santiago de Compostela, dove, alle ore 16.30, presiede la Santa Messa in occasione dell’Anno Giubilare Compostelano. Sono presenti alla Celebrazione i Principi delle Asturie. I fedeli e i pellegrini che non hanno trovato posto in Plaza del Obradoiro seguono la Santa Messa sui megaschermi nelle piazze vicine.
    Nel corso della Celebrazione Eucaristica, introdotta dal saluto dell’Arcivescovo di Santiago de Compostela, S.E. Mons. Julián Barrio Barrio, dopo la proclamazione del Santo Vangelo il Papa pronuncia l’omelia che riportiamo di seguito:

    OMELIA DEL SANTO PADRE


    In gallego:

    Amatissimi fratelli in Gesù Cristo.
    Rendo grazie a Dio per il dono di poter essere qui, in questa splendida piazza ricolma di arte, cultura e significato spirituale. In questo Anno Santo, giungo come pellegrino tra i pellegrini, accompagnando tanti che vengono fin qui assetati della fede in Cristo risorto. Fede annunciata e trasmessa fedelmente dagli Apostoli, come san Giacomo il Maggiore, che si venera a Compostela da tempo immemorabile.

    In spagnolo:

    Sono grato per le gentili parole di benvenuto di Monsignor Julián Barrio Barrio, Arcivescovo di questa Chiesa particolare, e per la cortese presenza delle Loro Altezze Reali i Principi delle Asturie, dei Signori Cardinali, così come dei numerosi Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio. Il mio saluto cordiale giunga anche ai Parlamentari Europei, membri dell’intergruppo "Camino de Santiago", come pure alle Autorità Nazionali, Regionali e Locali che hanno voluto essere presenti a questa celebrazione. Tutto ciò è segno di deferenza verso il Successore di Pietro e anche del profondo sentimento che san Giacomo di Compostela risveglia in Galizia e negli altri luoghi della Spagna, la quale riconosce l’Apostolo come suo Patrono e protettore. Un caloroso saluto anche alle persone consacrate, seminaristi e fedeli che partecipano a questa Eucaristia e, con un’emozione particolare, ai pellegrini, costruttori del genuino spirito giacobeo, senza il quale si capirebbe poco o nulla di quello che qui si svolge.

    Una frase della prima lettura afferma con ammirevole semplicità: "Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù" (At 4,33). In effetti, al punto di partenza di tutto ciò che il cristianesimo è stato e continua ad essere non si trova un’iniziativa o un progetto umano, ma Dio, che dichiara Gesù giusto e santo di fronte alla sentenza del tribunale umano che lo condannò come blasfemo e sovversivo; Dio, che ha strappato Gesù Cristo dalla morte; Dio, che farà giustizia a tutti quelli che sono ingiustamente gli umiliati della storia.

    "Di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono" (At 5,32), dicono gli apostoli. Così infatti essi diedero testimonianza della vita, morte e resurrezione di Cristo Gesù, che conobbero mentre predicava e compiva miracoli. A noi, cari fratelli, spetta oggi seguire l’esempio degli apostoli, conoscendo il Signore ogni giorno di più e dando una testimonianza chiara e valida del suo Vangelo. Non vi è maggior tesoro che possiamo offrire ai nostri contemporanei. Così imiteremo anche san Paolo che, in mezzo a tante tribolazioni, naufragi e solitudini, proclamava esultante: "Noi […] abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi" (2Cor 4,7).

    Insieme a queste parole dell’Apostolo dei gentili, vi sono le parole stesse del Vangelo che abbiamo appena ascoltato, e che invitano a vivere secondo l’umiltà di Cristo, il quale, seguendo in tutto la volontà del Padre, è venuto per servire, "e dare la propria vita in riscatto per molti" (Mt 20, 28). Per i discepoli che vogliono seguire e imitare Cristo, servire il fratello non è più una mera opzione, ma parte essenziale del proprio essere. Un servizio che non si misura in base ai criteri mondani dell’immediato, del materiale e dell’apparente, ma perché rende presente l’amore di Dio per tutti gli uomini e in tutte le loro dimensioni, e dà testimonianza di Lui, anche con i gesti più semplici. Nel proporre questo nuovo modo di relazionarsi nella comunità, basato sulla logica dell’amore e del servizio, Gesù si rivolge anche ai "capi dei popoli", perché dove non vi è impegno per gli altri sorgono forme di prepotenza e sfruttamento che non lasciano spazio a un’autentica promozione umana integrale. E vorrei che questo messaggio giungesse soprattutto ai giovani: proprio a voi, questo contenuto essenziale del Vangelo indica la via perché, rinunciando a un modo di pensare egoistico, di breve portata, come tante volte vi si propone, e assumendo quello di Gesù, possiate realizzarvi pienamente ed essere seme di speranza.

    Questo è ciò che ci ricorda anche la celebrazione di questo Anno Santo Compostelano. E questo è quello che nel segreto del cuore, sapendolo esplicitamente o sentendolo senza saperlo esprimere a parole, vivono tanti pellegrini che camminano fino a Santiago di Compostela per abbracciare l’Apostolo. La stanchezza dell’andare, la varietà dei paesaggi, l’incontro con persone di altra nazionalità, li aprono a ciò che di più profondo e comune ci unisce agli uomini: esseri in ricerca, esseri che hanno bisogno di verità e di bellezza, di un’esperienza di grazia, di carità e di pace, di perdono e di redenzione. E nel più nascosto di tutti questi uomini risuona la presenza di Dio e l’azione dello Spirito Santo. Sì, ogni uomo che fa silenzio dentro di sé e prende le distanze dalle brame, desideri e faccende immediati, l’uomo che prega, Dio lo illumina affinché lo incontri e riconosca Cristo. Chi compie il pellegrinaggio a Santiago, in fondo, lo fa per incontrarsi soprattutto con Dio, che, riflesso nella maestà di Cristo, lo accoglie e benedice nell’arrivare al Portico della Gloria.

    Da qui, come messaggero del Vangelo che Pietro e Giacomo firmarono con il proprio sangue, desidero volgere lo sguardo all’Europa che andò in pellegrinaggio a Compostela. Quali sono le sue grandi necessità, timori e speranze? Qual è il contributo specifico e fondamentale della Chiesa a questa Europa, che ha percorso nell’ultimo mezzo secolo un cammino verso nuove configurazioni e progetti? Il suo apporto è centrato in una realtà così semplice e decisiva come questa: che Dio esiste e che è Lui che ci ha dato la vita. Solo Lui è assoluto, amore fedele e immutabile, meta infinita che traspare dietro tutti i beni, verità e bellezze meravigliose di questo mondo; meravigliose ma insufficienti per il cuore dell’uomo. Lo comprese bene santa Teresa di Gesù quando scrisse: "Solo Dio basta".

    È una tragedia che in Europa, soprattutto nel XIX secolo, si affermasse e diffondesse la convinzione che Dio è l’antagonista dell’uomo e il nemico della sua liberà. Con questo si voleva mettere in ombra la vera fede biblica in Dio, che mandò nel mondo suo Figlio Gesù Cristo perché nessuno muoia, ma tutti abbiano la vita eterna (cfr Gv 3,16).

    L’autore sacro afferma perentorio davanti a un paganesimo per il quale Dio è invidioso dell’uomo o lo disprezza: come Dio avrebbe creato tutte le cose se non le avesse amate, Lui che nella sua infinita pienezza non ha bisogno di nulla? (cfr Sap 11,24-26). Come si sarebbe rivelato agli uomini se non avesse voluto proteggerli? Dio è l’origine del nostro essere e il fondamento e culmine della nostra libertà, non il suo oppositore. Come l’uomo mortale si può fondare su se stesso e come l’uomo peccatore si può riconciliare con se stesso? Come è possibile che si sia fatto pubblico silenzio sulla realtà prima ed essenziale della vita umana? Come ciò che è più determinante in essa può essere rinchiuso nella mera intimità o relegato nella penombra? Noi uomini non possiamo vivere nelle tenebre, senza vedere la luce del sole. E, allora, com’è possibile che si neghi a Dio, sole delle intelligenze, forza delle volontà e calamita dei nostri cuori, il diritto di proporre questa luce che dissipa ogni tenebra? Perciò, è necessario che Dio torni a risuonare gioiosamente sotto i cieli dell’Europa; che questa parola santa non si pronunci mai invano; che non venga stravolta facendola servire a fini che non le sono propri. Occorre che venga proferita santamente. È necessario che la percepiamo così nella vita di ogni giorno, nel silenzio del lavoro, nell’amore fraterno e nelle difficoltà che gli anni portano con sé.

    L’Europa deve aprirsi a Dio, uscire all’incontro con Lui senza paura, lavorare con la sua grazia per quella dignità dell’uomo che avevano scoperto le migliori tradizioni: oltre a quella biblica, fondamentale a tale riguardo, quelle dell’epoca classica, medievale e moderna, dalle quali nacquero le grandi creazioni filosofiche e letterarie, culturali e sociali dell’Europa.

    Questo Dio e questo uomo sono quelli che si sono manifestati concretamente e storicamente in Cristo. Cristo che possiamo trovare nei cammini che conducono a Compostela, dato che in essi vi è una croce che accoglie e orienta ai crocicchi. Questa croce, segno supremo dell’amore portato fino all’estremo, e perciò dono e perdono allo stesso tempo, dev’essere la nostra stella polare nella notte del tempo. Croce e amore, croce e luce sono stati sinonimi nella nostra storia, perché Cristo si lasciò inchiodare in essa per darci la suprema testimonianza del suo amore, per invitarci al perdono e alla riconciliazione, per insegnarci a vincere il male con il bene. Non smettete di imparare le lezioni di questo Cristo dei crocicchi dei cammini e della vita, in lui ci viene incontro Dio come amico, padre e guida. O Croce benedetta, brilla sempre nelle terre dell’Europa!

    Lasciate che proclami da qui la gloria dell’uomo, che avverta delle minacce alla sua dignità per la privazione dei suoi valori e ricchezze originari, l’emarginazione o la morte inflitte ai più deboli e poveri. Non si può dar culto a Dio senza proteggere l’uomo suo figlio e non si serve l’uomo senza chiedersi chi è suo Padre e rispondere alla domanda su di lui. L’Europa della scienza e delle tecnologie, l’Europa della civilizzazione e della cultura, deve essere allo stesso tempo l’Europa aperta alla trascendenza e alla fraternità con altri continenti, al Dio vivo e vero a partire dall’uomo vivo e vero. Questo è ciò che la Chiesa desidera apportare all’Europa: avere cura di Dio e avere cura dell’uomo, a partire dalla comprensione che di entrambi ci viene offerta in Gesù Cristo.

    Cari amici, eleviamo uno sguardo di speranza a tutto ciò che Dio ci ha promesso e ci offre. Che Egli ci doni la sua forza, rinvigorisca quest’Arcidiocesi compostelana, vivifichi la fede dei suoi figli e li aiuti a mantenersi fedeli alla loro vocazione di seminare e dare vigore al Vangelo, anche in altre terre.

    In gallego:

    Che san Giacomo, l’amico del Signore, ottenga abbondanti benedizioni per la Galizia, per le altre genti della Spagna, dell’Europa e di tanti altri luoghi al di là dei mari, dove l’Apostolo è segno di identità cristiana e promotore dell’annuncio di Cristo. Amen!




    Al termine della Celebrazione Eucaristica, il Santo Padre saluta il Sig. Mariano Rajoy Brey, Presidente del Partito Popolare e capo dell’opposizione, con la Consorte.

    Quindi si trasferisce in auto all’aeroporto internazionale Lavacolla di Santiago de Compostela da dove, preso congedo dai Principi delle Asturie, alle ore 19.15 parte a bordo di un Iberia A321 alla volta di Barcelona.

    All’arrivo all’aeroporto internazionale di El Prat (Barcelona), previsto per le ore 21.00, il Papa è accolto da alcune Autorità locali. Subito dopo raggiunge in auto l’Arcivescovado di Barcelona, ove pernotta.













    Benedetto XVI spera in un nuovo incontro tra fede e laicità
    Obiettivo non solo del viaggio in Spagna, ma del suo pontificato



    SANTIAGO DE COMPOSTELA, sabato, 6 novembre 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha detto questo sabato ai giornalisti presenti sull'aereo che lo portava da Roma a Santiago de Compostela che con questo viaggio e con il suo pontificato cerca un nuovo incontro tra fede e laicità.

    Questo è anche il motivo, ha spiegato, per cui ha appena creato nella Santa Sede il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, perché la fede “deve cercare di rinnovarsi per essere fede oggi e per rispondere alla sfida della laicità”.

    “Nell’Occidente tutti i grandi Paesi hanno il loro proprio modo di vivere questo problema”, ha aggiunto, ricordando i suoi viaggi in Francia, nella Repubblica Ceca, nel Regno Unito.

    Ovunque è presente lo stesso problema, “e questo vale anche in modo forte per la Spagna”.

    “In Spagna è nata anche una laicità, un anticlericalismo, un secolarismo forte e aggressivo come abbiamo visto proprio negli anni Trenta, e questa disputa, più questo scontro tra fede e modernità, ambedue molto vivaci, si realizza anche oggi di nuovo in Spagna”.

    Per questo motivo, ha difeso “per il futuro della fede e dell’incontro – non lo scontro! - ma incontro tra fede e laicità”.














    Il Papa lascia in Spagna due messaggi: pellegrinaggio e bellezza
    Ispirati alle sue due mete, il Cammino di Santiago e la Sagrada Familia di Barcellona



    SANTIAGO DE COMPOSTELA, sabato, 6 novembre 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI è giunto in Spagna per lasciare due messaggi, come ha spiegato egli stesso in una conferenza stampa concessa nell'aereo papale durante il viaggio verso Santiago de Compostela: la vita dell'essere umano è un pellegrinaggio, e la necessità che ha il mondo dell'autentica bellezza.

    Questi due temi corrispondono alle due tappe delle giornate che il Pontefice sta trascorrendo nella Penisola iberica: Santiago de Compostela, meta leggendaria di pellegrini, e la Sagrada Familia di Antoni Gaudí a Barcellona, una delle manifestazioni di maggior successo degli ultimi tempi, in cui la bellezza abbraccia la fede e si ispira ad essa.

    Il Papa lo ha affermato con chiarezza nella sesta e ultima risposta alle domande che gli hanno posto i giornalisti che lo accompagnavano sull'aereo, in cui gli si chiedeva di rivelare il “messaggio particolare” che offre al mondo questa visita.

    “Io direi che questo viaggio ha due temi – ha spiegato il Santo Padre –. Ha il tema del pellegrinaggio, dell’essere in cammino; e ha il tema della bellezza, della espressione della verità nella bellezza, della continuità tra tradizione e rinnovamento”.

    Secondo il Vescovo di Roma, questi due temi sono anche il suo messaggio: “essere in cammino, non perdere il cammino della fede; cercare la bellezza della fede, la novità e la tradizione della fede che sa esprimersi e sa incontrarsi con la bellezza moderna, con il mondo di oggi”.

    La fede è pellegrinaggio

    In precedenza, spiegando il senso del pellegrinaggio, aveva dichiarato che “la fede secondo la sua essenza è un essere pellegrino”, “soprattutto interiormente, ma deve anche esprimersi esteriormente”.

    Il pellegrinaggio, ha sottolineato, permette di “uscire dalla quotidianità”, “dall’utilitarismo”, di “essere veramente in cammino verso la trascendenza”, “e così trovare anche una nuova libertà, un tempo di ripensamento interiore, di identificazione di se stesso, di vedere l’altro, Dio”.

    Peregrinare significa “non solo un uscire da se stesso verso il più grande, ma anche un andare insieme”.

    “Il pellegrinaggio riunisce, andiamo insieme verso l’altro e così ci troviamo reciprocamente. Basta dire che i cammini di san Giacomo sono un elemento nella formazione dell’unità spirituale del Continente europeo”.

    L'essere umano ha bisogno della bellezza

    Il secondo messaggio che il Papa lascia nella sua visita in Spagna è simboleggiato dalla Sagrada Familia, della quale lo colpiscono in particolare tre elementi.

    Il primo è la “sintesi tra continuità e novità, tradizione e creatività” raggiunta da Gaudí, la cui causa di beatificazione è in corso.

    “Gaudí ha avuto questo coraggio di inserirsi nella grande tradizione delle cattedrali, di osare nel suo secolo, con una visione totalmente nuova”, il coraggio “di stare nella tradizione” ma con “una creatività nuova che rinnova la tradizione e dimostra così l’unità e il progresso della storia”.

    Il secondo elemento che colpisce il Papa è formato dal trinomio che presenta il tempio: “libro della natura, libro della Scrittura, libro della liturgia”.

    “E questa sintesi è proprio oggi di grande importanza – riconosce –. Nella liturgia, la Scrittura diventa presente, diventa realtà oggi, non è più una Scrittura di duemila anni fa ma va celebrata, realizzata. E nella celebrazione della Scrittura parla la creazione, trova il creato e trova la sua vera risposta, perché come ci dice San Paolo, la creatura soffre, e invece di essere distrutta, disprezzata, aspetta i figli di Dio, cioè quelli che la vedono nella luce di Dio”.

    “Questa sintesi tra senso del creato, scrittura e adorazione è proprio un messaggio molto importante per l’oggi”, ha sottolineato.

    Il terzo aspetto che impressiona il Papa è il motivo per il quale questo tempio catalano è nato alla fine del XIX secolo: promuovere la devozione alla Sacra Famiglia di Nazareth.

    “Questa devozione di ieri, si potrebbe dire, è di grandissima attualità perché il problema della famiglia, del rinnovamento della famiglia come cellula fondamentale della società è il grande tema di oggi e ci indica dove possiamo andare sia nella costruzione della società sia nella unità tra fede e vita, tra religione e società”, ha commentato.

    “Famiglia è il tema fondamentale che si esprime qui, dicendo che Dio stesso si è fatto figlio nella famiglia e ci chiama a costruire e vivere la famiglia”, ha aggiunto.
















    Benedetto XVI all'Europa: Dio non è nemico dell'uomo
    “Dio torni a risuonare gioiosamente sotto i cieli dell’Europa”

    di Inma Álvarez


    SANTIAGO DE COMPOSTELA, sabato, 6 novembre 2010 (ZENIT.org).- “L’Europa deve aprirsi a Dio, uscire all’incontro con Lui senza paura”. E' questo il grande messaggio lanciato da Papa Benedetto XVI a Santiago de Compostela, ricordando quell'“Europa, sii te stessa” pronunciato da Giovanni Paolo II nello stesso luogo 18 anni fa.

    Di fronte alle 7.000 persone che sono riuscite ad accedere alla Piazza dell'Obradoiro e le quasi 200.000, secondo stime del Comune di Santiago, che hanno seguito la celebrazione attraverso i maxischermi collocati in vari punti della città, il Papa ha voluto ricordare che Dio non è il nemico dell'uomo.

    “È una tragedia che in Europa, soprattutto nel XIX secolo, si affermasse e diffondesse la convinzione che Dio è l’antagonista dell’uomo e il nemico della sua libertà”.

    “Dio è l’origine del nostro essere e il fondamento e culmine della nostra libertà, non il suo oppositore”, ha sottolineato il Papa. “Come è possibile che si sia fatto pubblico silenzio sulla realtà prima ed essenziale della vita umana?”.

    “Noi uomini non possiamo vivere nelle tenebre, senza vedere la luce del sole. E, allora, com’è possibile che si neghi a Dio, sole delle intelligenze, forza delle volontà e calamita dei nostri cuori, il diritto di proporre questa luce che dissipa ogni tenebra?”, si è chiesto il Papa.

    Di fronte a un paganesimo che propugna una visione di un Signore invidioso e contrario all'uomo, ha dichiarato, “è necessario che Dio torni a risuonare gioiosamente sotto i cieli dell’Europa”.

    Allo stesso modo, è necessario che il nome di Dio, “questa parola santa”, “non si pronunci mai invano; che non venga stravolta facendola servire a fini che non le sono propri”.

    “Occorre che venga proferita santamente. È necessario che la percepiamo così nella vita di ogni giorno, nel silenzio del lavoro, nell’amore fraterno e nelle difficoltà che gli anni portano con sé”.

    Nuova evangelizzazione

    Per questo motivo, il Papa ha sottolineato che “il contributo specifico e fondamentale della Chiesa a questa Europa, che ha percorso nell’ultimo mezzo secolo un cammino verso nuove configurazioni e progetti”, è “che Dio esiste e che è Lui che ci ha dato la vita”.

    “Solo Lui è assoluto, amore fedele e immutabile, meta infinita che traspare dietro tutti i beni, verità e bellezze meravigliose di questo mondo; meravigliose ma insufficienti per il cuore dell’uomo”.

    L'Europa, ha aggiunto il Papa, “deve aprirsi a Dio, uscire all’incontro con Lui senza paura, lavorare con la sua grazia per quella dignità dell’uomo che avevano scoperto le migliori tradizioni: oltre a quella biblica, fondamentale a tale riguardo, quelle dell’epoca classica, medievale e moderna, dalle quali nacquero le grandi creazioni filosofiche e letterarie, culturali e sociali dell’Europa”.

    La croce dei cammini che conducono a Santiago, “segno supremo dell’amore portato fino all’estremo, e perciò dono e perdono allo stesso tempo, dev’essere la nostra stella polare nella notte del tempo”.

    “Non smettete di imparare le lezioni di questo Cristo dei crocicchi dei cammini e della vita, in lui ci viene incontro Dio come amico, padre e guida. O Croce benedetta, brilla sempre nelle terre dell’Europa!”, ha esclamato Benedetto XVI.

    Il Pontefice ha poi voluto avvertire l'Europa del pericolo di vivere dando le spalle a Dio.

    “Lasciate che proclami da qui la gloria dell’uomo, che avverta delle minacce alla sua dignità per la privazione dei suoi valori e ricchezze originari, l’emarginazione o la morte inflitte ai più deboli e poveri”, ha affermato. “Non si può dar culto a Dio senza proteggere l’uomo suo figlio e non si serve l’uomo senza chiedersi chi è suo Padre e rispondere alla domanda su di lui”.

    “L’Europa della scienza e delle tecnologie, l’Europa della civilizzazione e della cultura, deve essere allo stesso tempo l’Europa aperta alla trascendenza e alla fraternità con altri continenti, al Dio vivo e vero a partire dall’uomo vivo e vero”.

    “Questo è ciò che la Chiesa desidera apportare all’Europa: avere cura di Dio e avere cura dell’uomo, a partire dalla comprensione che di entrambi ci viene offerta in Gesù Cristo”, ha rimarcato.

    Per questo, ha invitato i cristiani a “seguire l’esempio degli apostoli, conoscendo il Signore ogni giorno di più e dando una testimonianza chiara e valida del suo Vangelo”.

    “Non vi è maggior tesoro che possiamo offrire ai nostri contemporanei”, ha sottolineato.

    Spirito di servizio

    Per i discepoli che vogliono seguire e imitare Cristo, ha affermato, “servire il fratello non è più una mera opzione, ma parte essenziale del proprio essere”.

    Il servizio che i cristiani sono chiamati a dare “non si misura in base ai criteri mondani dell’immediato, del materiale e dell’apparente, ma perché rende presente l’amore di Dio per tutti gli uomini e in tutte le loro dimensioni, e dà testimonianza di Lui, anche con i gesti più semplici”.

    Il Vescovo di Roma si è rivolto in particolare ai giovani, invitandoli a seguire questo cammino “perché, rinunciando a un modo di pensare egoistico, di breve portata, come tante volte vi si propone, e assumendo quello di Gesù, possiate realizzarvi pienamente ed essere seme di speranza”.

    Ha avuto parole anche per i “capi dei popoli”, ricordando che “dove non vi è impegno per gli altri sorgono forme di prepotenza e sfruttamento che non lasciano spazio a un’autentica promozione umana integrale”.

    “Questo è ciò che ci ricorda anche la celebrazione di questo Anno Santo Compostelano. E questo è quello che nel segreto del cuore, sapendolo esplicitamente o sentendolo senza saperlo esprimere a parole, vivono tanti pellegrini che camminano fino a Santiago di Compostela per abbracciare l’Apostolo”.

    La barca di Santiago

    A questa nuova evangelizzazione si è riferito anche monsignor Julián Barrio, Arcivescovo di Santiago de Compostela, durante il suo discorso di benvenuto al Papa, prima dell'inizio dell'Eucaristia, ricordando che nel Cammino “emergono domande necessarie che cercano risposte chiarificatrici”.

    “Gerusalemme, Roma, Santiago... Rotte per lo spirito dell'essere umano, che si ribella a scomparire sotto l'asfissia del materialismo. Cammini per pensare e scoprire per quale ragione veniamo in questo mondo. Sentieri aperti dalle orme di Dio, rispondendo alla domanda relativa al perché non siamo ancora pienamente felici nel nostro pellegrinaggio terreno anche se ci proviamo tante volte”.

    Per questo, ha sottolineato, sono necessari “la rivitalizzazione della nostra fede, l'ardore e il coraggio di una nuova evangelizzazione per annunciare Cristo in fedeltà e con creatività pastorale, la forza per continuare a peregrinare”.

    Servono anche, ha aggiunto, “la conversione, perché ci sono ferite da guarire”, e “la profondità che ci riscatti dalla superficialità anodina e anestetizzata che ci distrae e ci fa dimenticare che la Chiesa nella sua missione profetica porta il sigillo del martirio, per essere testimone di Cristo crocifisso e risorto”.

    L'Arcivescovo ha poi voluto mostrare la vicinanza della Chiesa a Santiago al Papa con una bella immagine.

    “Quando solcherà i mari del mondo sulla barca di Pietro per svolgere il suo ministero, ricordi che un'altra piccola barca le sarà vicina: quella di Santiago, attenta a qualsiasi segnale che quella di Pietro possa fare per aiutarla come ci dice il racconto evangelico”.


    [Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]
















    Santiago accoglie il Papa con calore nonostante freddo e nebbia
    Molti pellegrini hanno pernottato all'addiaccio per vederlo

    di Inma Álvarez


    SANTIAGO DE COMPOSTELA, sabato, 6 novembre 2010 (ZENIT.org).- Migliaia di persone hanno accompagnato questo sabato Benedetto XVI a Santiago, da quando l'aereo papale è atterrato all'aeroporto di Lavacolla al momento di partire, dopo la Messa, alla volta di Barcellona.

    Santiago era avvolta dalla nebbia, ma questa non ha impedito a migliaia di persone giunte da tutta la Spagna di accompagnare il Pontefice in tutti i momenti della sua breve visita alla tomba dell'Apostolo San Giacomo.

    Grazie a fonti locali, ZENIT ha potuto confermare che la città compostelana era già letteralmente presa d'assalto dal pomeriggio di questo venerdì da gruppi giunti da tutta la Galizia e da luoghi più distanti.

    Molti gruppi hanno dovuto pernottare all'addiaccio, in piazze e luoghi pubblici, per mancanza di spazio, con la paura della pioggia, visto che Santiago è la città spagnola con il più alto indice di precipitazioni.

    L'accesso alla capitale è stato difficile già dal pomeriggio di venerdì. La sera in varie parrocchie sono state celebrate delle veglie di preghiera per il Papa. La Diocesi aveva convocato per venerdì una giornata di digiuno in preparazione della visita.

    Come ha spiegato a ZENIT padre Javier Mira, che lavora nell'Arcidiocesi di Santiago, l'ambiente durante tutta la visita è stato di “grande gioia”. Spiccava la presenza di persone provenienti dalla Catalogna, che accompagneranno il Papa anche questa domenica a Barcellona, per cui dovranno percorrere durante la notte più di mille chilometri.

    “Una gran parte dei pellegrini era rappresentata da famiglie con bambini, molti bambini, che hanno dovuto percorrere un buon tratti a piedi per entrare in città”, ha riferito. “C'era anche gente che ti avvicinava per la strada e ti chiedeva di confessarla lì”.

    All'aeroporto

    Questo sabato mattina, una nebbia fitta ha accolto il Papa al suo arrivo a Santiago de Compostela, al punto da impedire la visibilità in alcuni tratti del percorso papale.

    Nonostante questo, e già dall'accesso al terminal dell'aeroporto, centinaia di persone attendevano il passaggio della comitiva papale fin dalle prime ore del mattino.

    L'aereo del Papa è arrivato a Santiago con qualche minuto di anticipo sull'orario previsto. Lo aspettavano, oltre alle autorità civili, militari e religiose, circa cento famiglie con i propri bambini, che non hanno smesso di acclamarlo da quando l'aereo ha toccato terra.

    Dopo la cerimonia di benvenuto, il Papa ha preso in braccio e ha baciato due bambini, i più piccoli di due delle famiglie presenti, molto numerose (8 e 9 figli).

    In seguito al colloquio privato con i Principi delle Asturie, il Pontefice ha poi avuto, nella sala delle autorità dell'aeroporto, un breve incontro non previsto dal protocollo con Alfredo Pérez Rubalcaba, vice Primo Ministro del Governo spagnolo, in rappresentanza del Presidente Zapatero.

    Benedetto XVI ha quindi percorso gli 11 chilometri che separano l'aeroporto dalla città in auto panoramica, accompagnato dal suo segretario, monsignor Georg Gänswein, e dall'Arcivescovo di Santiago, monsignor Julián Barrio.

    La gente lo ha accompagnato lungo quasi tutto il percorso, tranne le zone boschive o di difficile accesso. La presenza dei fedeli era evidente negli ultimi due chilometri, praticamente già nel centro abitato, soprattutto nei pressi della Porta do Caminho.

    L'organizzazione del viaggio aveva previsto la divisione in settori degli ultimi tratti del percorso, perché “tutti potessero vedere il Papa”.

    C'erano settori riservati ai pellegrini provenienti dal resto della Spagna e dal Portogallo, altri riservati a quelli della Galizia, gli ultimi - vicino alla Cattedrale - per le parrocchie di Santiago.

    I pellegrini hanno accompagnato il Papa sventolando bandiere vaticane e agitando palloncini. A un certo punto, la macchina papale è stata accolta da una pioggia di garofani bianchi e rossi.

    Nella Cattedrale

    Il Papa è arrivato alla Porta dell'Azabachería alle 12.30, venendo accolto dal Decano e dal Capitolo tra l'acclamazione della gente. Nel tempio attendevano il Pontefice i Vescovi spagnoli che non avevano potuto essere presenti all'aeroporto.

    Benedetto XVI ha percorso a piedi l'interno della Cattedrale, dove lo aspettavano soprattutto religiosi, sacerdoti, bambini, anziani e malati.

    Dopo essersi soffermato per qualche istante a pregare davanti al Santissimo, si è diretto verso il Portico de la Gloria, da dove ha salutato le migliaia di fedeli che lo aspettavano nella Piazza dell'Obradoiro. Lì il Decano, José Mª Diez, gli ha spiegato il significato delle rappresentazioni del Portico, un gioiello dell'arte medievale.

    Il Papa è poi rientrato nel tempio ed è uscito da una delle porte dell'abside, la Puerta Real, da dove ha percorso a piedi i pochi metri della Piazza de Quintana che separano dalla Puerta Santa.

    In quel momento, due donne gli si sono avvicinate per rivestirlo di una mantellina scura con la croce di San Giacomo e la conchiglia, il tipico abito del pellegrino compostelano.

    Entrato di nuovo nella Cattedrale, il Papa si è diretto alla tomba dell'Apostolo, nella cripta, per poi salire per il tradizionale abbraccio al busto di San Giacomo.

    Al termine della cerimonia, dopo il suo discorso, il Pontefice ha acceso il Botafumeiro, l'enorme incensiere che oscilla sui fedeli ogni anno santo, sugli accordi dell'inno a San Giacomo.

    [Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]










    Benedetto XVI: la Chiesa è l'“abbraccio di Dio” agli uomini
    Discorso nella Cattedrale di Santiago de Compostela



    SANTIAGO DE COMPOSTELA, sabato, 6 novembre 2010 (ZENIT.org).- La Chiesa è l'“abbraccio di Dio”, ha affermato Papa Benedetto XVI questo sabato pomeriggio incontrando nella Cattedrale di Santiago de Compostela religiose e religiosi spagnoli e una rappresentanza di anziani e malati.

    La città in cui secondo la tradizione riposano i resti dell'Apostolo San Giacomo è la prima tappa della visita pastorale che il Pontefice sta compiendo in Spagna, che si concluderà a Barcellona questa domenica.

    Il Papa ha confessato che durante il tradizionale abbraccio al busto del Santo custodito nella Cattedrale ha pregato “per tutti i figli della Chiesa, che ha la sua origine nel mistero di comunione che è Dio”.

    “Mediante la fede, siamo introdotti nel mistero di amore che è la Santissima Trinità. Siamo, in un certo modo, abbracciati da Dio, trasformati dal suo amore”.

    “La Chiesa è questo abbraccio di Dio nel quale gli uomini imparano anche ad abbracciare i propri fratelli, scoprendo in essi l’immagine e somiglianza divina, che costituisce la verità più profonda del loro essere, e che è origine della vera libertà”, ha aggiunto.

    Verità e libertà

    Tra verità e libertà, ha sottolineato il Papa, c'è “una relazione stretta e necessaria”.

    “La ricerca onesta della verità, l’aspirazione ad essa, è la condizione per un’autentica libertà. Non si può vivere l’una senza l’altra”.

    “La Chiesa, che desidera servire con tutte le sue forze la persona umana e la sua dignità, è al servizio di entrambe, della verità e della libertà. Non può rinunciare ad esse, perché è in gioco l’essere umano, perché la spinge l’amore all’uomo”.

    In questo contesto, il Pontefice ha esortato tutti i fedeli dell'Arcidiocesi di Santiago de Compostela, “e tutti quelli della Chiesa in Spagna”, a “vivere illuminati dalla verità di Cristo, professando la fede con gioia, coerenza e semplicità, in casa, nel lavoro e nell’impegno come cittadini”.

    “Che la gioia di sentirvi figli amati di Dio vi spinga anche ad una amore sempre più profondo per la Chiesa, collaborando con essa nella sua opera di portare Cristo a tutti gli uomini”, ha auspicato, chiedendo di pregare Dio “perché molti giovani si consacrino a questa missione nel ministero sacerdotale e nella vita consacrata”, perché “oggi, come sempre, vale la pena dedicarsi per tutta la vita a proporre la novità del Vangelo”.

    Il valore del pellegrinaggio

    In una delle mete principali dei pellegrini di tutto il mondo, Benedetto XVI ha quindi ricordato che “andare in pellegrinaggio non è semplicemente visitare un luogo qualsiasi per ammirare i suoi tesori di natura, arte o storia”.

    “Significa, piuttosto, uscire da noi stessi per andare incontro a Dio là dove Egli si è manifestato, là dove la grazia divina si è mostrata con particolare splendore e ha prodotto abbondanti frutti di conversione e santità tra i credenti”, ha sottolineato.

    “In questo Anno Santo Compostelano, come Successore di Pietro, ho voluto anch’io venire in pellegrinaggio alla Casa del 'Señor Santiago', che si appresta a celebrare l’anniversario degli ottocento anni dalla sua consacrazione, per confermare la vostra fede e ravvivare la vostra speranza, e per affidare all’intercessione dell’Apostolo i vostri aneliti, fatiche e opere per il Vangelo”.

    Appello alla speranza

    Nel suo saluto al Papa, monsignor Julián Barrio Barrio, Arcivescovo di Santiago de Compostela, ha confessato la gioia per il fatto che “il Successore di Pietro venga a venerare la tomba del protomartire tra gli Apostoli”, “pregando qui per tutta la Chiesa”.

    Il presule ha ringraziato il Pontefice per “la finezza spirituale, la profondità intellettuale e la fermezza evangelica con cui sta guidando la barca di Pietro”.

    “Nella sua persona, il Signore ci ha dato il dono dell''umile lavoratore della sua vigna', disposto giorno dopo giorno a bere il suo calice, spendendo la propria vita per la conversione, la purificazione e la santificazione dei figli della Chiesa”.

    “L'Anno Santo Compostelano che stiamo celebrando è un appello alla speranza cristiana”, ha ricordato, sottolineando che “San Giacomo è il referente della speranza che dà senso, vigore e impulso alla fede, proiettandola giorno dopo giorno verso la sua meta definitiva”.

    “Come Papa pellegrino a Santiago, viene oggi da noi portando la bandiera del principio della speranza”, ha concluso monsignor Barrio.










    Il Papa alla Spagna: progettare il futuro partendo dalla verità dell'uomo
    Cerimonia di benvenuto all'aeroporto di Santiago de Compostela

    di Inma Álvarez


    SANTIAGO DE COMPOSTELA, sabato, 6 novembre 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha invitato questo sabato la Spagna e l'Europa a “edificare il loro presente e a progettare il loro futuro a partire dalla verità autentica dell’uomo, dalla libertà che rispetta questa verità e mai la ferisce, e dalla giustizia per tutti, iniziando dai più poveri e derelitti”.

    Nel discorso che ha pronunciato durante la cerimonia di benvenuto a Santiago de Compostela, il Pontefice ha parlato dell'importanza di costruire “una Spagna e un’Europa non solo preoccupate delle necessità materiali degli uomini, ma anche di quelle morali e sociali, di quelle spirituali e religiose”.

    “Tutte queste sono esigenze autentiche dell’unico uomo e solo così si opera in modo efficace, integro e fecondo per il suo bene”, ha aggiunto.

    Il Papa, accompagnato alla tribuna delle autorità dai Principi delle Asturie, eredi al trono del Paese, ha espresso la sua “gioia profonda nell’essere di nuovo in Spagna, che ha dato al mondo una moltitudine di grandi Santi, fondatori e poeti”.

    Un altro dei contributi del Paese è stato rappresentato, nel XX secolo, da “nuove istituzioni, gruppi e comunità di vita cristiana e di azione apostolica”, ha sottolineato.

    “Vengo come pellegrino in questo Anno Santo Compostelano e porto nel cuore lo stesso amore a Cristo che spingeva l’Apostolo Paolo a intraprendere i suoi viaggi, con l’anelito di giungere anche in Spagna”, ha proseguito il Papa.

    Il Vescovo di Roma vuole così unirsi “alla grande schiera di uomini e donne che, lungo i secoli, sono venuti a Compostela da tutti gli angoli della Penisola Iberica e d’Europa, e anzi del mondo intero”.

    “Essi, con le orme dei loro passi e pieni di speranza, andarono creando una via di cultura, di preghiera, di misericordia e di conversione, che si è concretizzata in chiese e ospedali, in ostelli, ponti e monasteri”.

    Grazie al Cammino di Santiago, ha affermato, “la Spagna e l’Europa svilupparono una fisionomia spirituale marcata in modo indelebile dal Vangelo”.

    Uomo in cammino

    Il Papa ha dedicato una parte del suo discorso all'importanza dell'esperienza del pellegrinaggio.

    “Nel più profondo del suo essere, l’uomo è sempre in cammino, è alla ricerca della verità. La Chiesa partecipa a questo anelito profondo dell’essere umano e si pone essa stessa in cammino, accompagnando l’uomo che anela alla pienezza del proprio essere”.

    Allo stesso tempo, ha spiegato, “la Chiesa compie il proprio cammino interiore, quello che la conduce attraverso la fede, la speranza e l’amore, a farsi trasparenza di Cristo per il mondo”.

    Benedetto XVI si è anche riferito alla seconda tappa del suo viaggio, Barcellona, alludendo alla “fede del suo popolo accogliente e dinamico. Una fede seminata già agli albori del cristianesimo, e che germinò e crebbe al calore di innumerevoli esempi di santità, dando origine a tante istituzioni di beneficenza, cultura ed educazione”.

    Questa fede, ha aggiunto, “ispirò il geniale architetto Antoni Gaudí a intraprendere in quella città, con il fervore e la collaborazione di molti, quella meraviglia che è la chiesa della Sacra Famiglia”.

    “Avrò la gioia di dedicare quella chiesa, nella quale si riflette tutta la grandezza dello spirito umano che si apre a Dio”, ha rimarcato.

    Il Papa ha voluto poi congedarsi in galiziano, la lingua della regione di Santiago de Compostela, esprimendo “affetto” e “vicinanza” “agli amatissimi figli di Galizia, di Catalogna e degli altri popoli della Spagna”.

    “Nell’affidare all’intercessione di san Giacomo Apostolo la mia presenza tra voi, supplico Dio che giunga a tutti la sua benedizione”, ha concluso.

    Il Principe Felipe, che ha dato il benvenuto al Papa a nome dei reali Juan Carlos e Sofía, ha ricordato nel suo discorso l'importanza delle precedenti due visite a Santiago di Giovanni Paolo II.

    “Da quelle occasioni è derivato un autentico boom del numero di pellegrini che arrivano a Compostela. Provengono da tutta la Spagna, dal resto d'Europa e dall'America Latina. Arrivano in numero sempre maggiore anche dal resto del mondo, dagli altri continenti, sottolineando così la proiezione e la dimensione universale del Cammino”, ha riconosciuto l'erede al trono.

    Lo stesso Principe e la moglie hanno compiuto nel maggio scorso varie tappe del Cammino, “questo grande Cammino di incontro e di dialogo, così legato alla nostra storia e alla nostra cultura, che percorre e unisce l'Europa da secoli” e che è stato “il primo progetto europeo comune”.

    Il Principe ha anche espresso l'apprezzamento degli spagnoli per l'impegno del Papa “nei confronti della pace, della libertà e della dignità dell'essere umano”.

    “Ci conforta in modo particolare nei tempi complessi e di crisi che vive il mondo. Tempi in cui la guerra e il terrorismo, la fame e la povertà, l'ingiustizia e il dolore richiedono la fermezza, l'impegno personale e lo sforzo dei governanti della Terra e di tutti gli uomini e le donne di buona volontà”.

    [Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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    00 07/11/2010 15:18
    VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI A SANTIAGO DE COMPOSTELA E BARCELONA (6 - 7 NOVEMBRE 2010) (V)





    INCONTRO CON LE LORO MAESTÀ I REALI DI SPAGNA NELLA SALA MUSEALE DELLA CHIESA DELLA SAGRADA FAMÍLIA A BARCELONA



    Alle ore 9.00 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI lascia l’Arcivescovado di Barcelona e si trasferisce in auto alla Chiesa della Sagrada Família, il capolavoro incompiuto del grande architetto catalano Antoni Gaudí. Al Suo arrivo, il Papa è accolto dal Presidente della Fondazione Sagrada Família e dall’architetto Jordi Bonet i Armengol, capo del progetto di costruzione della Chiesa.

    Il Papa si reca quindi nella Sala Museale della Chiesa della Sagrada Família, dove incontra le loro Maestà Re Juan Carlos I di Spagna e Sofia di Grecia.



    SANTA MESSA E DEDICAZIONE DELLA CHIESA E DELL’ALTARE DELLA SAGRADA FAMILÍA A BARCELONA



    Alle ore 10.00, il Santo Padre Benedetto XVI presiede la Santa Messa durante la quale ha luogo la Dedicazione della chiesa e dell’altare della Sagrada Família di Barcelona. Nel tempio della Sagrada Família, che al termine della celebrazione odierna viene dichiarato Basilica minore, sono presenti anche le Loro Maestà i Reali di Spagna.

    La Celebrazione Eucaristica è introdotta dall’indirizzo di saluto dell’Arcivescovo di Barcelona, Em.mo Card. Lluís Martínez Sistach, e da una breve presentazione del progetto e dei lavori da parte dell’architetto Jordi Bonet i Armengol. Il Papa consegna poi le chiavi della porta al sacerdote responsabile della chiesa.

    Dopo il rito di aspersione dell’altare ha inizio la Liturgia della Parola. Al termine della proclamazione del Santo Vangelo, il Papa pronuncia l’omelia che riportiamo di seguito:

    OMELIA DEL SANTO PADRE


    In catalano:

    Amatissimi fratelli e sorelle nel Signore.

    "Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete… La gioia del Signore è la vostra forza" (Ne 8,9-11). Con queste parole della prima lettura che abbiamo proclamato desidero salutare tutti voi che siete qui presenti per partecipare a questa celebrazione. Rivolgo un affettuoso saluto alle Loro Maestà i Reali di Spagna, che hanno voluto cordialmente unirsi a noi. Il mio grato saluto va al Signor Cardinale Lluís Martínez Sistach, Arcivescovo di Barcellona, per le parole di benvenuto e il suo invito per la dedicazione di questa chiesa della Sacra Famiglia, meravigliosa sintesi di tecnica, di arte e di fede. Saluto anche il Cardinale Ricardo María Carles Gordó, Arcivescovo emerito di Barcellona, gli altri Signori Cardinali e Fratelli nell’Episcopato, specialmente il Vescovo ausiliare di questa Chiesa particolare, così come i numerosi sacerdoti, diaconi, seminaristi, religiosi e fedeli che partecipano a questa solenne celebrazione. Nello stesso tempo, rivolgo il mio deferente saluto alle Autorità Nazionali, Regionali e Locali, così come ai membri di altre comunità cristiane, che si uniscono alla nostra gioia e lode grata a Dio.

    In spagnolo:

    Questo giorno è un punto significativo in una lunga storia di aspirazioni, di lavoro e di generosità, che dura da più di un secolo. In questi momenti, vorrei ricordare ciascuna delle persone che hanno reso possibile la gioia che oggi pervade tutti noi: dai promotori fino agli esecutori di quest’opera; dagli architetti e muratori della stessa, a tutti quelli che hanno offerto, in un modo o nell’altro, il loro insostituibile contributo per rendere possibile la progressiva costruzione di questo edificio. E ricordiamo, soprattutto, colui che fu anima e artefice di questo progetto: Antoni Gaudí, architetto geniale e cristiano coerente, la cui fiaccola della fede arse fino al termine della sua vita, vissuta con dignità e austerità assoluta. Quest’evento è anche, in qualche modo, il punto culminante e lo sbocco di una storia di questa terra catalana che, soprattutto a partire dalla fine del XIX secolo, diede una moltitudine di santi e di fondatori, di martiri e di poeti cristiani. Storia di santità, di creazioni artistiche e poetiche, nate dalla fede, che oggi raccogliamo e presentiamo come offerta a Dio in questa Eucaristia.

    La gioia che provo nel poter presiedere questa celebrazione si è accresciuta quando ho saputo che questo edificio sacro, fin dalle sue origini, è strettamente legato alla figura di san Giuseppe. Mi ha commosso specialmente la sicurezza con la quale Gaudí, di fronte alle innumerevoli difficoltà che dovette affrontare, esclamava pieno di fiducia nella divina Provvidenza: "San Giuseppe completerà il tempio". Per questo ora non è privo di significato il fatto che sia un Papa il cui nome di battesimo è Giuseppe a dedicarlo.

    Cosa significa dedicare questa chiesa? Nel cuore del mondo, di fronte allo sguardo di Dio e degli uomini, in un umile e gioioso atto di fede, abbiamo innalzato un’immensa mole di materia, frutto della natura e di un incalcolabile sforzo dell’intelligenza umana, costruttrice di quest’opera d’arte. Essa è un segno visibile del Dio invisibile, alla cui gloria svettano queste torri, frecce che indicano l’assoluto della luce e di colui che è la Luce, l’Altezza e la Bellezza medesime.

    In questo ambiente, Gaudí volle unire l’ispirazione che gli veniva dai tre grandi libri dei quali si nutriva come uomo, come credente e come architetto: il libro della natura, il libro della Sacra Scrittura e il libro della Liturgia. Così unì la realtà del mondo e la storia della salvezza, come ci è narrata nella Bibbia e resa presente nella Liturgia. Introdusse dentro l’edificio sacro pietre, alberi e vita umana, affinché tutta la creazione convergesse nella lode divina, ma, allo stesso tempo, portò fuori i "retabli", per porre davanti agli uomini il mistero di Dio rivelato nella nascita, passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo. In questo modo, collaborò in maniera geniale all’edificazione di una coscienza umana ancorata nel mondo, aperta a Dio, illuminata e santificata da Cristo. E realizzò ciò che oggi è uno dei compiti più importanti: superare la scissione tra coscienza umana e coscienza cristiana, tra esistenza in questo mondo temporale e apertura alla vita eterna, tra la bellezza delle cose e Dio come Bellezza. Antoni Gaudí non realizzò tutto questo con parole, ma con pietre, linee, superfici e vertici. In realtà, la bellezza è la grande necessità dell’uomo; è la radice dalla quale sorgono il tronco della nostra pace e i frutti della nostra speranza. La bellezza è anche rivelatrice di Dio perché, come Lui, l’opera bella è pura gratuità, invita alla libertà e strappa dall’egoismo.

    Abbiamo dedicato questo spazio sacro a Dio, che si è rivelato e donato a noi in Cristo per essere definitivamente Dio con gli uomini. La Parola rivelata, l’umanità di Cristo e la sua Chiesa sono le tre espressioni massime della sua manifestazione e del suo dono agli uomini. "Ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo" (1Cor 3, 10-11), dice san Paolo nella seconda lettura. Il Signore Gesù è la pietra che sostiene il peso del mondo, che mantiene la coesione della Chiesa e che raccoglie in ultima unità tutte le conquiste dell’umanità. In Lui abbiamo la Parola e la Presenza di Dio, e da Lui la Chiesa riceve la propria vita, la propria dottrina e la propria missione. La Chiesa non ha consistenza da se stessa; è chiamata ad essere segno e strumento di Cristo, in pura docilità alla sua autorità e in totale servizio al suo mandato. L’unico Cristo fonda l’unica Chiesa; Egli è la roccia sulla quale si fonda la nostra fede. Basati su questa fede, cerchiamo insieme di mostrare al mondo il volto di Dio, che è amore ed è l’unico che può rispondere all’anelito di pienezza dell’uomo. Questo è il grande compito, mostrare a tutti che Dio è Dio di pace e non di violenza, di libertà e non di costrizione, di concordia e non di discordia. In questo senso, credo che la dedicazione di questa chiesa della Sacra Famiglia, in un’epoca nella quale l’uomo pretende di edificare la sua vita alle spalle di Dio, come se non avesse più niente da dirgli, è un avvenimento di grande significato. Gaudí, con la sua opera, ci mostra che Dio è la vera misura dell’uomo, che il segreto della vera originalità consiste, come egli diceva, nel tornare all’origine che è Dio. Lui stesso, aprendo in questo modo il suo spirito a Dio, è stato capace di creare in questa città uno spazio di bellezza, di fede e di speranza, che conduce l’uomo all’incontro con colui che è la verità e la bellezza stessa. Così l’architetto esprimeva i suoi sentimenti: "Una chiesa [è] l’unica cosa degna di rappresentare il sentire di un popolo, poiché la religione è la cosa più elevata nell’uomo".

    Quest’affermare Dio porta con sé la suprema affermazione e tutela della dignità di ogni uomo e di tutti gli uomini: "Non sapete che siete tempio di Dio?... Santo è il tempio di Dio, che siete voi" (1Cor 3, 16-17). Ecco qui unite la verità e la dignità di Dio con la verità e la dignità dell’uomo. Nel consacrare l’altare di questa chiesa, tenendo presente che Cristo è il suo fondamento, noi presentiamo al mondo Dio che è amico degli uomini, e invitiamo gli uomini ad essere amici di Dio. Come insegna l’episodio di Zaccheo, di cui parla il Vangelo odierno (cfr Lc 19,1-10), se l’uomo lascia entrare Dio nella sua vita e nel suo mondo, se lascia che Cristo viva nel suo cuore, non si pentirà, ma anzi sperimenterà la gioia di condividere la sua stessa vita, essendo destinatario del suo amore infinito.

    L’iniziativa della costruzione di questa chiesa si deve all’Associazione degli Amici di san Giuseppe, che vollero dedicarla alla Sacra Famiglia di Nazaret. Da sempre, il focolare formato da Gesù, Maria e Giuseppe è stato considerato una scuola di amore, preghiera e lavoro. I patrocinatori di questa chiesa volevano mostrare al mondo l’amore, il lavoro e il servizio vissuti davanti a Dio, così come li visse la Sacra Famiglia di Nazaret. Le condizioni di vita sono profondamente cambiate e con esse si è progredito enormemente in ambiti tecnici, sociali e culturali. Non possiamo accontentarci di questi progressi. Con essi devono essere sempre presenti i progressi morali, come l’attenzione, la protezione e l’aiuto alla famiglia, poiché l’amore generoso e indissolubile di un uomo e una donna è il quadro efficace e il fondamento della vita umana nella sua gestazione, nella sua nascita, nella sua crescita e nel suo termine naturale. Solo laddove esistono l’amore e la fedeltà, nasce e perdura la vera libertà. Perciò, la Chiesa invoca adeguate misure economiche e sociali affinché la donna possa trovare la sua piena realizzazione in casa e nel lavoro, affinché l’uomo e la donna che si uniscono in matrimonio e formano una famiglia siano decisamente sostenuti dallo Stato, affinché si difenda come sacra e inviolabile la vita dei figli dal momento del loro concepimento, affinché la natalità sia stimata, valorizzata e sostenuta sul piano giuridico, sociale e legislativo. Per questo, la Chiesa si oppone a qualsiasi forma di negazione della vita umana e sostiene ciò che promuove l’ordine naturale nell’ambito dell’istituzione familiare.

    Contemplando ammirato questo ambiente santo di incantevole bellezza, con tanta storia di fede, chiedo a Dio che in questa terra catalana si moltiplichino e consolidino nuovi testimoni di santità, che offrano al mondo il grande servizio che la Chiesa può e deve prestare all’umanità: essere icona della bellezza divina, fiamma ardente di carità, canale perché il mondo creda in Colui che Dio ha mandato (cfr Gv 6,29).

    Cari fratelli, nel dedicare questa splendida chiesa, supplico, al tempo stesso, il Signore delle nostre vite che da questo altare, che ora verrà unto con olio santo e sopra il quale si consumerà il sacrificio d’amore di Cristo, sgorghi un fiume continuo di grazia e di carità su questa città di Barcellona e sui suoi abitanti, e sul mondo intero. Che queste acque feconde riempiano di fede e di vitalità apostolica questa Chiesa arcidiocesana, i suoi Pastori e fedeli.

    In catalano:

    Desidero, infine, affidare all’amorosa protezione della Madre di Dio, Maria Santissima, "Rosa di aprile", "Madre della Mercede", tutti voi qui presenti e tutti coloro che con parole e opere, con il silenzio o la preghiera, hanno reso possibile questo miracolo architettonico. Che Ella presenti al suo divin Figlio anche le gioie e le sofferenze di coloro che giungeranno in futuro in questo luogo sacro, perché, come prega la Liturgia della dedicazione delle chiese, i poveri possano trovare misericordia, gli oppressi conseguire la vera libertà e tutti gli uomini rivestirsi della dignità di figli di Dio. Amen.



    Terminata l’omelia, dopo la recita del Credo, ha luogo il rito di Dedicazione, con il canto delle Litanie dei Santi, l’unzione dell’altare e della pareti della chiesa, l’incensazione e l’illuminazione dell’altare e della chiesa. Viene quindi inaugurata la cappella del Santissimo Sacramento e il Cardinale Lluís Martínez Sistach dà lettura della Bolla che dichiara "Basilica minore" il tempio della Sagrada Família.










    VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI A SANTIAGO DE COMPOSTELA E BARCELONA (6 - 7 NOVEMBRE 2010) (VI)


    RECITA DELL’ANGELUS DALLA BASILICA DELLA SAGRADA FAMÍLIA A BARCELONA



    Al termine della Celebrazione Eucaristica, il Santo Padre Benedetto XVI esce dalla Porta della Carità della chiesa della Sagrada Família di Barcelona, appena dichiarata Basilica minore, e si affaccia dal terrazzo sulla Plaza Antoni Gaudí - di fronte alla facciata della Natività - dove sono radunati i fedeli per la recita dell’Angelus.
    Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

    PAROLE DEL SANTO PADRE


    In spagnolo:

    Fratelli e sorelle nel Nostro Signore Gesù Cristo,

    Ieri, a Porto Alegre, in Brasile, ha avuto luogo la cerimonia di beatificazione della Serva di Dio Maria Barbara della Santissima Trinità, fondatrice della Congregazione delle Suore del Cuore Immacolato di Maria. La fede profonda e l’ardente carità con cui ella seguì Cristo, suscitino in molti il desiderio di dedicare completamente la propria vita alla maggior gloria di Dio e al servizio generoso dei fratelli, soprattutto dei più poveri e bisognosi.

    Oggi ho avuto la grandissima gioia di dedicare questa chiesa a Colui che, Figlio dell’Altissimo, svuotò se stesso facendosi uomo e, protetto da Giuseppe e Maria, nel silenzio della casa di Nazaret, senza parole ci ha insegnato la dignità e il valore primordiale del matrimonio e della famiglia, speranza dell’umanità, nella quale la vita riceve accoglienza, dal suo concepimento fino al suo termine naturale. Egli ci ha anche insegnato che tutta la Chiesa, ascoltando e mettendo in pratica la sua Parola, si trasforma nella sua Famiglia. E, ancor di più, ci ha consegnato la missione di essere seme di fraternità che, seminato in tutti i cuori, alimenti la speranza.

    Impregnato dalla devozione alla Sacra Famiglia di Nazaret, che san José Manyanet diffuse tra il popolo catalano, il genio di Antonio Gaudí, ispirato dall’ardore della sua fede cristiana, riuscì a trasformare questa chiesa in una lode a Dio fatta di pietra. Una lode a Dio che, così come avvenne nella nascita di Cristo, avesse come protagoniste le persone più umili e semplici. In effetti, Gaudí, con la sua opera, voleva portare il Vangelo a tutto il popolo. Per questo concepì i tre portici all’esterno come una catechesi su Gesù Cristo, come un grande rosario, che è la preghiera dei semplici, dove si possono contemplare i misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi di Nostro Signore. Non solo: in collaborazione con il parroco, don Gil Parés, disegnò e finanziò con i propri risparmi la creazione di una scuola per i figli dei muratori e per i bambini delle famiglie più umili del quartiere, allora un sobborgo emarginato di Barcellona. Faceva così diventare realtà la convinzione che esprimeva con queste parole: "I poveri devono sempre trovare accoglienza nella chiesa, che è la carità cristiana".

    In catalano:

    Stamattina ho avuto anche la soddisfazione di dichiarare questa chiesa Basilica minore. In essa, uomini e donne di tutti i continenti ammirano la facciata della Natività. In questo momento noi meditiamo il Mistero dell’Incarnazione ed eleviamo la nostra preghiera alla Madre di Dio con le parole dell’Angelo, affidandole la nostra vita e quella di tutta la Chiesa, mentre imploriamo il dono della pace per tutti gli uomini di buona volontà.



    Al termine, il Santo Padre si trasferisce in auto all’Arcivescovado di Barcelona dove, alle ore 13, pranza con i Cardinali e i Vescovi presenti e con i Membri del Seguito Papale.








    Benedetto XVI: “La famiglia, speranza dell'umanità”
    La Chiesa è la famiglia di Dio



    BARCELLONA, domenica, 7 novembre 2010 (ZENIT.org).- “Oggi ho avuto la grandissima gioia di dedicare questa chiesa a Colui che, Figlio dell’Altissimo, svuotò se stesso facendosi uomo e, protetto da Giuseppe e Maria, nel silenzio della casa di Nazaret, senza parole ci ha insegnato la dignità e il valore primordiale del matrimonio e della famiglia”.

    Dalla Porta della Natività del Tempio della Sagrada Familia di Barcellona (Spagna), davanti a migliaia di persone, Papa Benedetto XVI ha voluto introdurre questa domenica la recita dell'Angelus ricordando l'importanza della famiglia, come aveva già fatto qualche istante prima nell'omelia.

    La famiglia, ha affermato il Papa, è la “speranza dell'umanità”, perché in essa “la vita riceve accoglienza, dal suo concepimento fino al suo termine naturale”.

    Gesù, ha aggiunto il Papa, “ci ha anche insegnato che tutta la Chiesa, ascoltando e mettendo in pratica la sua Parola, si trasforma nella sua Famiglia. E, ancor di più, ci ha consegnato la missione di essere seme di fraternità che, seminato in tutti i cuori, alimenti la speranza”.

    Gaudí, grande devoto alla Sacra Famiglia e “ispirato dall’ardore della sua fede cristiana, riuscì a trasformare questa chiesa in una lode a Dio fatta di pietra. Una lode a Dio che, così come avvenne nella nascita di Cristo, avesse come protagoniste le persone più umili e semplici”.

    L'architetto, ha sottolineato il Papa, “con la sua opera, voleva portare il Vangelo a tutto il popolo. Per questo concepì i tre portici all’esterno come una catechesi su Gesù Cristo, come un grande rosario, che è la preghiera dei semplici, dove si possono contemplare i misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi di Nostro Signore”.

    Lo ha fatto però anche con la vita, perché “disegnò e finanziò con i propri risparmi la creazione di una scuola per i figli dei muratori e per i bambini delle famiglie più umili del quartiere, allora un sobborgo emarginato di Barcellona”.

    “Faceva così diventare realtà la convinzione che esprimeva con queste parole: I poveri devono sempre trovare accoglienza nella chiesa, che è la carità cristiana”, ha indicato.

    Infine, in catalano, il Papa ha auspicato che “uomini e donne di tutti i continenti ammirano la facciata della Natività”.










    Il Papa esprime gioia per la beatificazione di Bárbara Maix
    Avvenuta questo sabato a Porto Alegre (Brasile)




    BARCELLONA, domenica, 7 novembre 2010 (ZENIT.org).- Papa Benedetto XVI ha ricordato questa domenica, introducendo la recita della preghiera mariana dell'Angelus davanti alla Puerta de la Natividad del tempio della Sagrada Familia di Barcellona (Spagna), la beatificazione di Madre Bárbara Maix, avvenuta questo sabato in Brasile.

    Il Pontefice ha auspicato che “la fede profonda e l’ardente carità con cui ella seguì Cristo suscitino in molti il desiderio di dedicare completamente la propria vita alla maggior gloria di Dio e al servizio generoso dei fratelli, soprattutto dei più poveri e bisognosi”.

    Madre Bárbara della Santissima Trinità, Bárbara Maix, è stata beatificata solennemente sabato pomeriggio a Porto Alegre da monsignor Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi.

    Secondo monsignor Amato, Madre Maix, nonostante le sue origini viennesi, “è diventata praticamente una brasiliana con i brasiliani”.

    “La sua figura non è scomparsa nella nebbia dell'oblio, perché ha parlato la lingua evangelica della carità. Una lingua compresa da tutti, grandi e piccoli, colti e ignoranti. Ed è una lingua universale che attraversa i secoli”.









    Il Papa saluta le autorità e migliaia di persone arrivando a Barcellona
    Celebrato un atto spontaneo di accoglienza nella piazza della Cattedrale

    di Patricia Navas



    BARCELLONA, domenica, 7 novembre 2010 (ZENIT.org).- La piazza della Cattedrale di Barcellona ha vibrato questo sabato sera con l'arrivo di Papa Benedetto XVI in automobile all'Arcivescovado e il suo atteso, anche se non previsto ufficialmente, saluto e benedizione dal balcone alle migliaia di persone che lo acclamavano.

    Bandiere del Vaticano, della Spagna e di vari movimenti e gruppi ecclesiali e striscioni con immagini di Benedetto XVI ondeggiavano sullo sfondo di una grande ovazione, tra applausi e canti ritmici con frasi come “Viva il Papa”, “Sì, sì, sì, il Papa è già qui” e “Questa è la gioventù del Papa”.

    Davanti alla Cattedrale, l'automobile chiusa del Pontefice è passata in un corridoio riservato tra la folla, che giungeva fino a pochi metri dal Palazzo vescovile, dove il Pontefice ha trascorso la notte.

    Anche se l'atto non era previsto dal programma ufficiale, che cercava di favorire al massimo il riposo del Papa dopo il suo arrivo a Barcellona, si è subito aperta la porta del balcone, adornato con una bandiera dell'Arcivescovado di Barcellona, e sono apparsi Benedetto XVI, sorridente, e l'Arcivescovo della città, il Cardinale Lluís Martínez Sistach.

    Entrambi hanno pronunciato poche parole, che la folla non ha potuto udire a causa di un'acustica poco potente e del chiasso nella piazza.

    Quanti vi erano riuniti, tuttavia, hanno potuto vedere bene le benedizioni e i saluti del Papa, ai quali hanno risposto alzando le mani, applaudendo e acclamandolo.

    Questo scambio ha rappresentato il punto culminante di un pomeriggio intero di attesa per molti giovani – ai quali alla fine si sono uniti famiglie, sacerdoti, religiosi e persone di ogni età –, in un ambiente festoso di preghiera e incontro nella piazza della Cattedrale.

    E' stato un momento breve, ma il più emotivo delle prime ore del soggiorno del Papa nella capitale catalana, dopo il suo arrivo alle 21.06 da Santiago de Compostela all'aeroporto di El Prat, dove, scendendo dall'aereo, ha salutato i presenti ed è stato brevemente accolto dalle autorità.

    Il Vescovo di Sant Feliu de Llobregat monsignor Agustín Cortés, il sindaco di Barcellona Jordi Hereu, il presidente della Generalitat della Catalogna José Montilla e il delegato del Governo spagnolo in Catalogna Joan Rangel erano tra le autorità che lo attendevano all'aeroporto.

    Il Papa è entrato rapidamente nell'automobile che lo ha portato al Palazzo vescovile di Barcellona, dove ha cenato e pernottato.

    Pomeriggio di attesa

    Già alle 16.00, la Plaza Cataluña ha accolto un ballo di varie centinaia di giovani, alcuni vestiti con i colori della bandiera vaticana.

    Lì e in altri punti del centro cittadino si sono riuniti vari gruppi che si dirigevano alla piazza della Cattedrale per partecipare all'accoglienza spontanea al Papa.

    L'atto è stato guidato da una commissione non ufficiale di giovani rappresentanti di movimenti ecclesiali, parrocchie e altri gruppi, che aveva organizzato la recita del rosario.

    Ogni mistero veniva condotto da un movimento, con meditazioni di un sacerdote e canti, e attraverso un sistema di megafoni che permetteva a tutti i presenti che lo desideravano di ascoltare e partecipare.

    “Noi giovani ci siamo uniti perché il Santo Padre si senta accolto con calore dalla gioventù a Barcellona, una terra tanto arida, tanto complicata”, ha spiegato a ZENIT una delle organizzatrici dell'atto, Myriam Puñet.

    “Abbiamo convocato questo Rosario per preparare i cuori a questo incontro così rapido ma, speriamo, tanto fecondo e storico”, ha aggiunto.

    Per diffondere la convocazione, i giovani organizzatori hanno usato soprattutto mezzi on-line e il tradizionale passaparola.

    Domenica intensa

    Questa domenica, il Papa è uscito in papamobile alle 9.00 e ha percorso varie vie di Barcellona, nelle quali è stato acclamato da migliaia di persone, fino al suo arrivo al tempio di Gaudí.

    Lì ha incontrato privatamente i reali di Spagna e in seguito ha presieduto la Messa con la dedicazione della Sagrada Familia.

    Dopo la recita dell'Angelus, tornerà al Palazzo episcopale compiendo lo stesso percorso del mattino, pranzando nell'Arcivescovado con Cardinali, Vescovi e il suo seguito.

    Nel pomeriggio, è prevista la visita alla sede centrale dell'Opera Benefico-Sociale del Bambino Gesù, dopo la quale il Papa si recherà all'aeroporto, dove incontrerà brevemente il Presidente del Governo spagnolo, José Luis Rodríguez Zapatero, partendo poi alle 19.15 per Roma.

    [Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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    00 07/11/2010 23:42
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    Sulla stampa iberica vigilia di grandi attese

    «Un Pontefice che arriva davvero a tutti»

    Michela Coricelli

    L’attesa, finalmente, è terminata.
    La Spagna che oggi accoglie Benedetto XVI ha trascorso gli ultimi giorni in un clima di straordinaria aspettativa.
    Il viaggio papale ha occupato pagine intere della stampa iberica. Le due tappe della visita del Pontefice – in queste ore a Santiago di Compostela e domani a Barcellona – vengono interpretate in molteplici chiavi dai mezzi di comunicazione spagnoli: in primis ci sono l’Anno Santo Compostelano e la dedicazione del tempio di Antoni Gaudì, la Sagrada Familia. Ma buona parte della stampa sottolinea anche l’importanza simbolica della visita nella città galiziana (uno dei pilastri portanti della religiosità europea) e a Barcellona (capitale di una delle regioni più secolarizzate del Vecchio Continente).
    «La profondità della sua conoscenza filosofica, ancorata alle radici fondamentali della teologia e ramificata verso una moltitudine di espressioni del sentimento religioso nelle sue versioni più pluralistiche, fa di Benedetto XVI una personalità intellettuale e morale di una sicurezza demolitrice », scrive in uno dei suoi editoriali l’Abc . Il giornale non dimentica il particolare panorama politico spagnolo: «L’assenza di Zapatero nelle principali cerimonie del Papa, mette in evidenza il lungo cammino che deve ancora fare la Spagna» verso una vera e propria «laicità positiva ». Per questa testata, inoltre, la visita sarà «un soffio di speranza per le famiglie»: in una Spagna sempre più vecchia, con il secondo tasso di natalità più basso d’Europa e un allarmante numero di aborti (oltre 115mila nel 2008), la consacrazione dell’opera d’arte di Gaudì a Barcellona «sarà l’occasione idonea perché il papa Benedetto XVI rivolga un appello a favore della rivalorizzazione e della difesa dell’istituzione familiare ». Il quotidiano El Pais , vicino al governo socialista, punta invece sui lavori per terminare l’opera d’arte di Gaudì: «Il denaro del turismo, le nuove tecnologie e l’impegno della Chiesa hanno acellerato la costruzione del tempio che disegnò l’aspirante beato Gaudì».
    Il Papa tedesco è «innamorato della Spagna e preoccupato per la sua trasformazione laicista», secondo El Mundo: il sito del giornale assicura che Benedetto XVI «ammira profondamente i grandi mistici spagnoli». Arriva «il Papa della parola, il Papa della ragione, il Papa della fede, il Papa della spiegazione cosciente che giunge, allo stesso modo, a un bambino o ad un erudito professore universitario», ha scritto due giorni fa La Razon : la visita di Benedetto XVI in Spagna «ci lascerà la forza di un Pontefice che arriva a tutti. Assolutamente a tutti, senza eccezioni».

    © Copyright Avvenire, 6 novembre 2010


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    Iniziato da Santiago de Compostela il secondo viaggio di Benedetto XVI in Spagna

    Possibile in Europa l'incontro tra fede e laicità

    Verità sull'uomo, libertà rispettosa, giustizia per tutti a cominciare dai più poveri: il Papa indica alla Spagna e all'Europa le coordinate su cui edificare il presente e progettare il futuro. Da Santiago de Compostela, dove è giunto sabato mattina, 6 novembre, Benedetto XVI rilancia la sua convinzione che l'uomo europeo non debba chiudersi nell'orizzonte ristretto del contingente ma aprirsi alla trascendenza, preoccupandosi delle necessità materiali, di quelle morali e sociali, di quelle spirituali e religiose. Perché - dice al suo arrivo nel capoluogo galiziano - "tutte queste sono esigenze autentiche dell'uomo" e solo in questo modo "si opera in modo efficace, integro e fecondo per il suo bene".
    Così il Papa entra subito nel vivo di un viaggio che egli stesso si incarica di spiegare e di motivare ai giornalisti in volo verso la Spagna. Si tratta di un cammino - rivela - alla ricerca della fede, per ritrovare in essa il senso della bellezza espresso nella sua forma più alta dall'arte. Un itinerario che dimostra la possibilità per la fede stessa di entrare in contatto con il mondo di oggi. "Essere in cammino - confida - è iscritto nella mia biografia".
    Nelle risposte alle domande poste a nome dei cronisti dal direttore della Sala Stampa della Santa Sede, il gesuita Federico Lombardi, il Pontefice anticipa le tematiche delle due fitte giornate in terra spagnola: il senso del pellegrinaggio; il significato della consacrazione della basilica della Sagrada Familia, capolavoro di Antoni Gaudí; le difficoltà che attraversa l'istituzione familiare; l'efficacia del binomio fede e cultura; la nuova evangelizzazione dell'Europa.
    In particolare Benedetto XVI indica nell'esperienza del pellegrinaggio il paradigma della vita dell'uomo alla continua ricerca di Dio. Essere pellegrino - afferma - è l'essenza della nostra fede. In questa prospettiva, l'itinerario compostelano è significativo perché ricorda i passi delle moltitudini di fedeli che hanno diffuso la fede cristiana in Europa e, in un certo senso, l'hanno profondamente rinnovata. Così anche oggi - aggiunge il Papa - si avverte il bisogno di ritrovarsi, di camminare insieme per riscoprire Dio e rinnovare il vecchio continente.
    Della necessità di "segni" per il nostro tempo il Pontefice parla riferendosi in particolare alla consacrazione della Sagrada Familia a Barcellona. E ricorda che tra i motivi ispiratori del genio di Gaudí c'era la volontà di operare una sintesi fra continuità e novità, fra tradizione e creatività. Il grande architetto catalano - sottolinea - ha avuto il coraggio di inserirsi nella tradizione artistica delle grandi cattedrali e di tradurla in splendida novità, racchiudendo nella sua opera natura, Scrittura e liturgia. In questo processo di rinnovamento nella continuità si inserisce anche la famiglia, che oggi - riconosce il Papa - ha bisogno di essere rinnovata nella fedeltà alla sua essenza di cellula fondamentale della società. Proprio per il suo ruolo specifico, essa rappresenta il nucleo fondamentale intorno al quale ricostruire una convivenza civile dove non ci sia spazio per contrapposizioni artificiose tra religione e società. Per il futuro dell'uomo - si dice certo Benedetto XVI - occorre un incontro e non uno scontro tra fede e laicità, anche laddove le spinte della secolarizzazione si avvertono in forme più aggressive.
    Una persuasione, questa, ribadita successivamente durante la visita alla cattedrale compostelana. La Chiesa - assicura il Papa - "desidera servire con tutte le sue forze la persona umana e la sua dignità", consapevole che la verità è la condizione per un'autentica libertà. Servire i fratelli infatti - ribadisce nel pomeriggio celebrando la messa nella piazza dell'Obradoiro - non è per il cristiano una semplice opzione ma una parte essenziale del proprio essere. Da qui l'appello all'Europa perché sia capace di aprirsi alla trascendenza e alla fraternità: solo avendo cura di Dio, infatti, si può anche avere cura dell'uomo.

    (©L'Osservatore Romano - 7 novembre 2010)


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    Zapatero sceglie la linea morbida ed evita altri attriti con il Vaticano

    Francesco Cerri

    SANTIAGO DE COMPOSTELA
    Sembra lontano anni luce il primo mandato Zapatero, dal 2004 al 2008, quando tutti i giorni o quasi erano scintille fra chiesa cattolica e governo socialista spagnolo sulle grandi riforme di società, disastrose secondo il Vaticano, messe in cantiere a Madrid, dai matrimoni al divorzio express.
    L'accoglienza riservata dal governo spagnolo al viaggio di Benedetto XVI a Valencia, per le Giornate mondiali della famiglia, era stata gelida, ricorda la stampa spagnola. Ma ora le cose sono profondamente cambiate, quanto meno nel tono e nella forma.
    Il Papa è tornato ieri in Spagna, ma accolto questa volta con sorrisi e deferenza dalle autorità socialiste. Josè Luis Zapatero non andrà questa mattina alla messa celebrata a Barcellona per la consacrazione della Sagrada Familia di Antoni Gaudì. Ma ha tenuto a essere in serata all'aeroporto per salutare il papa quando partirà per Roma. Il vicepremier Alfredo Rubalcaba, nuovo "uomo forte" del governo, era ieri ad accogliere il pontefice all'aeroporto di Compostela. E il numero due del Psoe di Zapatero, il ministro dei lavori pubblici Josè Blanco, era nel pomeriggio in piazza dell'Obradorio, davanti alla cattedrale di Compostella, in prima fila alla messa del papa. Le «differenze» fra il governo socialista spagnolo e il Vaticano rimangono, ha confermato in una intervista il "portavoce" del papa, padre Federico Lombardi. Ma i rapporti ora sono «corretti».
    Il governo Zapatero ha comunque aperto la seconda legislatura con la nuova legge di depenalizzazione dell'aborto, fortemente criticata dai vescovi. E il Vaticano critica regolarmente il "laicismo" crescente della società spagnola, però sempre cattolica al 73%. Il Papa, proprio ieri, sull'aereo per Compostela ha espresso preoccupazione per il «confronto molto vivace» fra modernità e fede in Spagna, auspicando una «convergenza fra fede e laicità» e non «uno scontro».
    Ma il tono è tornato a rispetto e cortesia dopo le politiche del 2008 e la svolta più "moderata" impressa dal premier. E anche dalla visita "distensiva" a Madrid di due anni fa del "primo ministro" del Vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone. A un anno e mezzo dalle politiche del marzo 2012, Zapatero e il Psoe, ai minimi storici nei sondaggi, non vogliono una nuova "guerra di religione". Il vicepremier Rubalcaba ha confermato a poche ore dall'arrivo del papa che la nuova legge sulla libertà religiosa, che deve regolamentare fra l'altro la rimozione dei crocifissi e di altri simboli religiosi dalle scuole, promessa nel programma elettorale socialista nel 2008, non è una più priorità del governo. Il ministro alla presidenza ha confermato che è «poco probabile» che arrivi in parlamento prima della fine della legislatura. «Il governo congela se non archivia» il disegno di legge titola La Vanguarduia. La legge è «nell' oblio» conferma El Mundo. L'associazione Europa Laica protesta e accusa il governo di voler perpetuare i «privilegi» della Chiesa cattolica. Il leader della sinistra di Izquierda Unida Cayo Lara dice che Zapatero «si inginocchia» davanti al papa, e critica il fatto che il premier si sposti a Barcellona per salutarlo, cosa che non fa con gli altri capi di stato. E per La Vanguardia il governo «riceve Benedetto XVI con la bandiera bianca».

    © Copyright Gazzetta del sud, 7 novembre 2010


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    00 08/11/2010 01:22
    Congedo di Papa Benedetto XVI dalla Spagna
    “Porto tutti nel mio cuore e prego per tutti”




    BARCELLONA, domenica, 7 novembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il discorso che Papa Benedetto XVI ha pronunciato durante la cerimonia di congedo, all'aeroporto internazionale di El Prat (Barcellona), al termine della sua seconda visita apostolica in Spagna, alla presenza dei Reali e del Primo Ministro, José Luis Rodriguez Zapatero.
    * * *



    In spagnolo:

    Maestà,

    Signor Cardinale Arcivescovo di Barcellona,

    Signor Cardinale Presidente della Conferenza Episcopale Spagnola,

    Signori Cardinali e Fratelli nell’Episcopato,

    Signor Presidente del Governo,

    Distinte Autorità Nazionali, Regionali e Locali,

    Cari fratelli e sorelle,

    Amici tutti.

    Moltissime grazie. Desidererei che queste brevi parole potessero racchiudere i sentimenti di gratitudine che porto nel cuore nel concludere la mia visita a Santiago di Compostela e a Barcellona. Moltissime grazie, Maestà, per aver voluto essere qui presenti. Sono riconoscente per le cortesi parole che Vostra Maestà ha avuto la gentilezza di rivolgermi e che sono espressione dell’affetto di questo nobile popolo verso il Successore di Pietro. Insieme, voglio manifestare la mia cordiale gratitudine alle Autorità che ci accompagnano, ai Signori Arcivescovi di Santiago di Compostela e di Barcellona, all’Episcopato spagnolo e a tante persone che, senza risparmiare sacrifici, hanno collaborato perché questo viaggio riuscisse felicemente. Ringrazio vivamente per tutte le continue e delicate attenzioni che avete riservato in questi giorni al Papa, e che mettono in rilievo l’ospitalità e l’accoglienza delle genti di queste terre, tanto vicine al mio cuore.

    A Compostela ho voluto unirmi, come un pellegrino tra gli altri, alle tante persone della Spagna, dell’Europa e di altri luoghi del mondo che giungono alla tomba dell’Apostolo per rafforzare la propria fede e ricevere il perdono e la pace. Come successore di Pietro, sono inoltre venuto per confermare i miei fratelli nella fede. Quella fede che agli albori del cristianesimo giunse a queste terre e si radicò tanto profondamente che è venuta forgiando lo spirito, le usanze, l’arte e il carattere delle genti che vi abitano. Preservare e accrescere questo ricco patrimonio spirituale, è segno non solo dell’amore di un Paese verso la propria storia e cultura, ma è anche una via privilegiata per trasmettere alle giovani generazioni quei valori fondamentali tanto necessari per edificare un futuro di convivenza armoniosa e solidale.

    Le strade che attraversavano l’Europa per raggiungere Santiago erano molto diverse tra loro, ciascuna con la propria lingua e le proprie peculiarità, ma la fede era la stessa. C’era un linguaggio comune, il Vangelo di Cristo. In qualsiasi luogo, il pellegrino poteva sentirsi come a casa sua. Al di là delle differenze nazionali, era consapevole di essere membro di una grande famiglia, alla quale appartenevano gli altri pellegrini e abitanti che incontrava sul suo cammino. Che questa fede trovi nuovo vigore in questo Continente, e si trasformi in fonte di ispirazione, facendo crescere la solidarietà e il servizio verso tutti, specialmente i gruppi umani e le Nazioni più bisognose.

    In catalano:

    A Barcellona, ho avuto l’immensa gioia di dedicare la Basilica della Sacra Famiglia, che Gaudí concepì come una lode in pietra a Dio, e ho visitato anche una significativa istituzione ecclesiale di carattere benefico e sociale. Sono come due simboli, nella Barcellona di oggi, della fecondità di quella stessa fede, che segnò anche le profondità di questo popolo e che, attraverso la carità e la bellezza del mistero di Dio, contribuisce a creare una società più degna dell’uomo. In effetti, la bellezza, la santità e l’amore di Dio portano l’uomo a vivere nel mondo con speranza.

    In spagnolo:

    Rientro a Roma dopo aver visitato solo due luoghi della vostra meravigliosa terra. Ciò nonostante, con la preghiera e il pensiero ho desiderato abbracciare tutti gli spagnoli, senza eccezione alcuna, e tanti altri che vivono in mezzo a voi senza essere nati qui. Porto tutti nel mio cuore e prego per tutti, in particolare per coloro che soffrono, e li metto sotto la protezione materna di Maria Santissima, tanto venerata e invocata in Galizia, in Catalogna e nelle altre regioni della Spagna. A Lei chiedo anche che vi ottenga dall’Altissimo copiosi doni celesti, che vi aiutino a vivere come una sola famiglia, guidati dalla luce della fede. Vi benedico nel nome del Signore. Con il suo aiuto, ci rivedremo a Madrid il prossimo anno, per celebrare la Giornata Mondiale della Gioventù. Arrivederci.

    [© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]










    Discorso di Benedetto XVI all'Istituto “Nen Déu”
    Nel viaggio apostolico in Spagna




    BARCELLONA, domenica, 7 novembre 2010 (ZENIT.org).- Riportiamo il discorso pronunciato questa domenica pomeriggio da Papa Benedetto XVI nella sua visita all'“Opera Benefico-Sociale del Nen Déu”, istituzione che si dedica all'assistenza di bambini malati e bisognosi.

    * * *

    In spagnolo:

    Signor Cardinale Arcivescovo di Barcellona,

    Venerati Fratelli nell’Episcopato,

    Cari sacerdoti, diaconi, religiose e religiosi,

    Distinte Autorità,

    Cari amici,

    Provo grande gioia nel poter essere qui con tutti voi, che formate questa più che centenaria Opera Benefico-Sociale del Nen Déu [Divino Infante]. Ringrazio, per il cordiale benvenuto che mi hanno offerto, il Cardinale Lluís Martínez Sistach, Arcivescovo di Barcellona, Suor Rosario, Superiora della Comunità, i bambini Antonio e María del Mar, che hanno preso la parola e tutti quelli che hanno così meravigliosamente cantato.

    In catalano:

    Esprimo la mia gratitudine anche ai presenti, in particolare ai membri del Patronato dell’Opera, alla Madre Generale e alle Religiose Francescane dei Sacri Cuori, ai bambini, giovani e adulti accolti in questa istituzione, ai loro genitori e agli altri famigliari, così come al personale e ai volontari che qui esercitano il loro benemerito lavoro.

    Vorrei, allo stesso tempo, manifestare la mia riconoscenza alle Autorità, invitandole a prodigarsi perché i più svantaggiati siano sempre raggiunti dai servizi sociali, e a coloro che sostengono con il loro generoso aiuto entità assistenziali di iniziativa privata, come questa Scuola di Educazione Speciale del Nen Déu. In questi momenti, in cui molte famiglie sperimentano serie difficoltà economiche, dobbiamo moltiplicare, come discepoli di Cristo, i gesti concreti di solidarietà, tangibile e continua, mostrando così che la carità è il distintivo del nostro essere cristiani.

    In spagnolo:

    Con la dedicazione della Basilica della Sacra Famiglia, si è posto in rilievo questa mattina che l’edificio sacro è segno del vero santuario di Dio tra gli uomini. Ora voglio sottolineare come, con lo sforzo di questa e altre analoghe istituzioni ecclesiali – a cui si aggiungerà la nuova Residenza che avete desiderato portasse il nome del Papa – si mostra chiaramente che, per il cristiano, ogni uomo è un vero santuario di Dio, che deve essere trattato con sommo rispetto e affetto, soprattutto quando si trova nel bisogno. La Chiesa vuole così realizzare le parole del Signore nel Vangelo: "In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me" (Mt 25,40). In questa terra, queste parole di Cristo hanno spinto molti figli della Chiesa a dedicare la propria vita all’insegnamento, alla beneficienza o alla cura dei malati e dei diversamente abili. Ispirati dal loro esempio, vi chiedo di continuare a soccorrere i più piccoli e bisognosi, dando loro il meglio di voi stessi.

    Nella cura dei più deboli, molto hanno contribuito i formidabili progressi della sanità negli ultimi decenni, che sono stati accompagnati dalla crescente convinzione dell’importanza che ha, per il buon risultato del processo terapeutico, un rapporto umano attento. Perciò, è esigenza dell’essere umano che i nuovi sviluppi tecnologici nel campo medico non vadano mai a detrimento del rispetto per la vita e la dignità umana, in modo che coloro che soffrono malattie o disabilità psichiche o fisiche possano ricevere sempre quell’amore e quelle attenzioni che permettano loro di sentirsi valorizzati come persone nelle loro necessità concrete.

    Cari bambini e giovani, mi congedo da voi rendendo grazie a Dio per le vostre vite, così preziose ai suoi occhi, e assicurandovi che occupate un posto molto importante nel cuore del Papa. Prego per voi tutti i giorni e vi chiedo di aiutarmi con la vostra preghiera a compiere con fedeltà la missione che Cristo mi ha affidato. Non tralascio inoltre di pregare per coloro che sono al servizio di chi soffre, lavorando instancabilmente perché le persone con disabilità possano occupare il loro giusto posto nella società e non siano emarginate a causa delle loro limitazioni. A questo proposito, vorrei riconoscere, in modo speciale, la testimonianza fedele dei sacerdoti e di coloro che visitano i malati nelle loro case, negli ospedali e in altre istituzioni specializzate. Essi incarnano l’importante ministero della consolazione di fronte alle fragilità della nostra condizione, che la Chiesa cerca di compiere con gli stessi sentimenti del Buon Samaritano (cfr Lc 10,29-37).

    Per intercessione di Nostra Signora della Mercede e della Beata Madre Carmen di Gesù Bambino, Dio benedica tutti voi che formate la grande famiglia di questa splendida Opera, come anche i vostri cari e coloro che cooperano con questa o con simili istituzioni. Di ciò sia pegno la Benedizione Apostolica, che cordialmente imparto a tutti voi.

    [© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]

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    Paparatzifan
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    00 08/11/2010 10:42
    Dal blog di Lella...

    PAPA: VISITA PICCOLI MALATI DELL'OBRA NENE DEU

    Salvatore Izzo

    (AGI) - Barcellona, 7 nov.

    Prima di lasciare Barcellona, Benedetto XVI ha fatto tappa all'Istituto "Obra "Nen Deu", istituto per bambini malati e bisognosi creato nel 1892 da Madre Carmen del Nino Jesus Gonz�lez Ramos Garci'a Prieto, beatificata il 6 maggio 2007, fondatrice delle religiose "Hermanas Franciscanas de los Sagrados Corazones". Al Suo arrivo, alle ore 17.15, il Papa e' stato accolto dalla Madre Superiora dell'Istituto che lo ha accompagnato nella Cappella dove sono presenti le religiose, gli operatori sanitari e circa 200 assistiti con i loro famigliari.

    © Copyright (AGI)

    PAPA: CRISI ECONOMICA CI CHIEDE PIU' SOLIDARIETA'

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 7 nov.

    "In questi momenti, in cui molte famiglie sperimentano serie difficolta' economiche, dobbiamo moltiplicare, come discepoli di Cristo, i gesti concreti di solidarieta', tangibile e continua, mostrando cosi' che la carita' e' il distintivo del nostro essere cristiani". Lo ha detto il Papa visitando l'ospedale pediatrico cattolico "Nen Deu" di Barcellona.

    © Copyright (AGI)

    PAPA: PROGRESSI MEDICINA NON OFFUSCHINO DIGNITA' PERSONA

    Salvatore Izzo

    (AGI) - Barcellona, 7 nov.

    "E' esigenza dell'essere umano che i nuovi sviluppi tecnologici nel campo medico non vadano mai a detrimento del rispetto per la vita e la dignita' umana".
    Lo ha ricordato Benedetto XVI nel discorso pronunciato oggi pomeriggio all'ospedale pediatrico dcattolico di Barcellona, auspicando che "coloro che soffrono malattie o disabilita' psichiche o fisiche possano ricevere sempre quell'amore e quelle attenzioni che permettano loro di sentirsi valorizzati come persone nelle loro necessita' concrete".
    "Nella cura dei piu' deboli - ha osservato in proposito il Papa - molto hanno contribuito i formidabili progressi della sanita' negli ultimi decenni, che sono stati accompagnati dalla crescente convinzione dell'importanza che ha, per il buon risultato del processo terapeutico, un rapporto umano attento".

    © Copyright (AGI)

    PAPA: GRATITUDINE ALLA CATALOGNA PER ASSISTENZA BAMBINI

    Salvatore Izzo

    (AGI) - Barcellona, 7 nov.

    Visitando a Barcellona il centro pediatrico Nen Deu, promosso dalla Chiesa Cattolica ma finanziato dalla regione catalana, il Papa ha voluto manifestare oggi la sua "riconoscenza alle Autorita', invitandole a prodigarsi perche' i piu' svantaggiati siano sempre raggiunti dai servizi sociali", e "a coloro che sostengono con il loro generoso aiuto entita' assistenziali di iniziativa privata, come questa Scuola di Educazione Speciale".
    Benedetto XVI ha anche dato atto "dello sforzo di questa e altre analoghe istituzioni ecclesiali" e ha espresso il suo compiacimento perche' alle attuali strutture "si aggiungera' una nuova Residenza che avete desiderato portasse il nome del Papa". Le iniziative ecclesiali a favore dei piu' deboli, "mostrano chiaramente - ha detto Ratzinger - che, per il cristiano, ogni uomo e' un vero santuario di Dio, che deve essere trattato con sommo rispetto e affetto, soprattutto quando si trova nel bisogno. La Chiesa vuole cosi' realizzare le parole del Signore nel Vangelo: 'In verita' io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli piu' piccoli, l'avete fatto a me'". Secondo il Pontefice, "in questa terra, queste parole di Cristo hanno spinto molti figli della Chiesa a dedicare la propria vita all'insegnamento, alla beneficienza o alla cura dei malati e dei diversamente abili. Ispirati dal loro esempio, vi chiedo di continuare a soccorrere i piu' piccoli e bisognosi, dando loro il meglio di voi stessi".

    (AGI)

    PAPA: PREGO TUTTI I GIORNI PER I PICCOLI MALATI

    Salvatore Izzo

    (AGI) - Barcellona, 7 nov.

    "Cari bambini occupate un posto molto importante nel cuore del Papa. Prego per voi tutti i giorni rendendo grazie a Dio per le vostre vite preziose".
    Lo ha confidato Bendetto XVI ai piccoli ospiti del centro pediatrico "Nen Deu" di Barcellona, da lui visitato questo pomeriggio. "Vi chiedo - ha aggiunto - di aiutarmi con la vostra preghiera a compiere con fedelta' la missione che Cristo mi ha affidato. Non tralascio inoltre di pregare per coloro che sono al servizio di chi soffre, lavorando instancabilmente perche' le persone con disabilita' possano occupare il loro giusto posto nella societa' e non siano emarginate a causa delle loro limitazioni".
    "A questo proposito - ha tenuto a sottolineare il Pontefice - vorrei riconoscere, in modo speciale, la testimonianza fedele dei sacerdoti e di coloro che visitano i malati nelle loro case, negli ospedali e in altre istituzioni specializzate. Essi incarnano l'importante ministero della consolazione di fronte alle fragilita' della nostra condizione, che la Chiesa cerca di compiere con gli stessi sentimenti del Buon Samaritano".

    © Copyright (AGI)


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    Paparatzifan
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    00 08/11/2010 10:48
    Da "Il sussidiario.net"...

    PAPA/ Benedetto rompe gli schemi: il futuro della fede passa dalla Spagna Redazione

    lunedì 8 novembre 2010

    Il papa nella Spagna di Zapatero. E l’esercito dei media già pronto a incasellare la visita nello schema di una Chiesa in trincea, in perenne guerra contro il “nemico” della modernità. Ma è il papa stesso a rompere lo schema. Già sull’aereo, con i giornalisti, parla di “incontro, non scontro, con la laicità”. E se è una “tragedia” il fatto che l’uomo moderno percepisca Dio come “un antagonista della sua libertà”, sarà inutile perdere tempo a recriminare o denunciare. Occorre piuttosto la verità di una testimonianza affinché “Dio torni a risuonare gioiosamente sotto i cieli dell’Europa”.

    Una visita non “reattiva”, centrata su due semplici gesti. Il pellegrinaggio a Santiago de Compostela e la consacrazione della Sagrada Familia a Barcellona. Si è scritto all’inizio del pontificato che Benedetto XVI era il papa della “parola” mentre Giovanni Paolo II era il papa dei “gesti”. Un papa da “leggere” più che da “vedere”. Anche questo schema, cinque anni dopo, appare logoro e inadeguato. Non si capisce papa Ratzinger se non si vede il modo in cui celebra e prega, il modo in cui si è inginocchiato, ad esempio, sabato scorso, davanti alla tomba dell’apostolo Giacomo. Impossibile separare i suoi giudizi, anche quelli più netti, dalla mitezza e serenità dello sguardo. Lo abbiamo visto anche nei momenti meno ufficiali di questo viaggio spagnolo: lo stupore divertito e quasi “bambino” con cui seguiva le oscillazioni mozza fiato del grande incensiere nel santuario di Santiago. Lo sguardo incantato di fronte alla bellezza della Sagrada Familia, durante la cerimonia di dedicazione.
    Il professor Ratzinger è diventato papa. E i primi ad accorgersene sono i comuni fedeli, che d’istinto gli vogliono bene. Dalla sua presenza, dal suo insegnamento, si sentono davvero confermati e rincuorati nella semplicità della loro fede. C’era un modo di sentirsi “ratzingeriani”, anche in campo ecclesiastico, che significava essere sempre e solo “contro”. Duri e puri, severi e arcigni. Quelli che non fanno sconti, mai... Il rischio era quello di assomigliare e assumere infine tutti i tic e le nevrosi del “nemico”, sia esso il “cattolico progressista” o il “laicista”.

    Benedetto XVI anche in questo spezza gli schemi. Si era già visto nel viaggio in Gran Bretagna. Lo ha confermato il pellegrinaggio spagnolo. Non è un papa “contro”, è un papa che comunica, anche umanamente, positività. Vuole parlare all’uomo d’oggi, ovvero a ciascuno di noi. Desidera sinceramente che comprendiamo e sperimentiamo il cristianesimo non come un “di meno” ma un “di più” di umanità. Un annuncio umile e lieto, perché consapevole che, ultimamente, la sua riuscita non dipende dal nostro argomentare o dalla nostro attivismo, è grazia di Dio, come ha ricordato ieri mattina nella Sagrada Familia: “Da Lui la Chiesa riceve la propria vita, la propria dottrina e la propria missione. La Chiesa non ha consistenza da se stessa; è chiamata ad essere segno e strumento di Cristo, in pura docilità alla sua autorità e in totale servizio al suo mandato. L’unico Cristo fonda l’unica Chiesa; Egli è la roccia sulla quale si fonda la nostra fede. Basati su questa fede, cerchiamo insieme di mostrare al mondo il volto di Dio, che è amore ed è l’unico che può rispondere all’anelito di pienezza dell’uomo”.

    (Lucio Brunelli)


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