00 06/07/2009 22:13
Dal blog di Lella...

"Caritas in veritate"

Con l'enciclica il Papa fa il liberale e spiazza anche i più tifosi del mercato

di Marco Saccone

Mette in soggezione leggere l’Enciclica denominata “Caritas in Veritas” così come l’ha enunciata Papa Benedetto XVI.
La sorpresa intellettuale deriva dal fatto che sia il custode della fede cristiana a diagnosticare con lucidità liberal-mondana la genesi dei mali che corrodono i sistemi economici odierni, ma soprattutto a delineare il pattern filosofico che le sfiancate società occidentali debbono seguire per trascinarsi fuori dallo stato di febbrile impotenza in cui giacciono.
Il mercato, luogo autoregolantesi, scevro da ideologie e da oppiacei concettuali di qualsivoglia genere, ha dispiegato storicamente i suoi limiti in una crisi economica senza precedenti. Non è il triste epilogo del capitalismo come modello economico, non è il prodotto materiale dell’asincronia tra rapporti di produzione e proprietà dei mezzi di produzione, non è nemmeno il crollo delle democrazie liberali fondate sul libero mercato. Niente di tutto ciò.
La crisi economica mondiale che ha minato l’etica del capitalismo è la conseguenza dell’abbandono del mercato alla sola logica del profitto. L’utilitarismo, manifestazione tangibile di un’implosione valoriale ha condotto all’immenentizzazione della verità.
Il mercato “lasciato da solo non può produrre quella coesione sociale” della quale necessita “per poter funzionare”. L’individuo, attore dello scambio economico, agisce secondo ragione quindi ha un orientamento prettamente utilitaristico e volto alla realizzazione del sé attraverso il conseguimento del successo economico. L’uomo si è convinto di essere autosufficiente, di aver generato un’istituzione di “anarchico ordine” che avrebbe sviluppato per sempre le sue potenzialità generando crescita, e quindi benessere. Egli ha relegato il concetto di felicità in prigioni di dominio terreno: il benessere materiale e l’azione sociale. L’uomo ha perduto la capacità di dare ascolto, per dirla con S. Agostino al “senso interno”, atto irriflesso e istintivo per cui la ragione, rendendosi conto della sua condizione parziale e fallibile, ammette al di sopra di sé l’esistenza di qualcosa di eterno. Ha perso “la speranza”, cioè il sentimento che “incoraggia la ragione e le dà la forza per orientare la volontà”.
Sono la volontà e le fonti etiche che la alimentano le chiavi di volta con le quali la collettività riprende le redini del suo futuro, guidandolo. La volontà di donare, che si esprime nella “carità nella verità”, oltrepassa il merito, perché il suo principio regolatore non è la scarsità, ma l’eccedenza. Poiché dono ricevuto da tutti “la carità nella verità” è una forza che costituisce la comunità, unifica gli uomini secondo modalità in cui non ci sono né barriere né confini”. L’atto del dono è un espressione elevatissima di volontà a-razionale, che funge da lume morale per l’orientamento dell’agire sociale. La carità è in ragione di una volontà: la volontà di verità.
Le parole di Ratzinger sono quelle di un liberale autentico. Convinto che il mercato sia il veicolo per generare crescita e benessere per il genere umano, riconosce le virtù razionali dell’individuo, ma al contempo mette in guardia dalla volontà di voler trovare in esso la verità. La ricerca della verità ha un quid collettivo, non può perciò avvenire a livello della mera ratio individuale e può generarsi solo attraverso la volontà ispirata ad un concetto collettivo, la speranza, alimentata dalla fede.
Ecco perché Benedetto XVI ci spiazza. La forza del suo pensiero a-relativista ha un riflesso orientativo anche per il più umano dei desideri: il profitto. Il fondamento filosofico dell’agire umano è di nuovo trascendente, ed è di nuovo riposto nella categoria di Dio, laddove l’utilitarismo sublima in carità, la ragione in verità.

© Copyright L'Occidentale, 6 luglio 2009


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