00 06/07/2009 16:37
In attesa della "Caritas in veritate": il contesto economico, sociale e finanziario mondiale della terza Enciclica del Papa


La vigilia della presentazione della nuova Enciclica di Benedetto XVI, Caritas in veritate, vede i leader del mondo convergere sull'Abruzzo per l'imminente inizio del G8, sotto la presidenza italiana. Una contiguità che fa risaltare ancor più le tematiche sociali affrontate dal documento pontificio. In questa scheda, Luis Badilla tratteggia lo sfondo socio-economico e politico-finanziario dell'ultima Enciclica papale:

Alla vigilia della Conferenza di Doha promossa dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite sul finanziamento allo sviluppo (dicembre 2008), il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace pubblicò con un’esplicita approvazione della Segreteria di Stato, una Nota come “contributo al dialogo”. Da questo testo si possono evidenziare le principali caratteristiche del momento economico, sociale e finanziario all’interno del quale possono essere letti i contenuti della prossima terza enciclica di Benedetto XVI.

L’odierna crisi internazionale. Precipitare della crisi finanziaria globale originatasi nel mercato dei mutui subprime negli Stati Uniti. Al rialzo dei prezzi agricoli ed energetici verificatosi nei primi mesi del 2008, dunque, si è aggiunta una crisi finanziaria per certi versi drammatica, con conseguenze assai negative: soprattutto il tema del finanziamento allo sviluppo rischia di essere messo in secondo piano.

Crisi e sovranità nazionali. Siamo di fronte alla necessità di una semplice revisione, o di una vera e propria rifondazione del sistema delle istituzioni economiche e finanziarie internazionali? Molti soggetti, pubblici e privati nazionali e internazionali, richiedono una sorta di nuova Bretton Woods. Al di là dell'espressione utilizzata, la crisi ha indubbiamente riportato in primo piano l'urgenza di individuare nuove forme di coordinamento internazionale in materia monetaria, finanziaria e commerciale. Oggi appare chiaro che la sovranità nazionale è insufficiente; persino i grandi Paesi sono consapevoli del fatto che non è possibile raggiungere gli obiettivi nazionali contando unicamente sulle politiche interne: accordi, regole e istituzioni internazionali sono assolutamente necessari. Occorre evitare che si inneschi la catena del protezionismo reciproco; piuttosto si devono rafforzare le pratiche di cooperazione in materia di trasparenza e di vigilanza sul sistema finanziario. È persino possibile raggiungere soluzioni di «sovranità condivisa», come dimostra la storia dell'integrazione europea, a partire dai problemi concreti, dentro una visione di pace e di prosperità, radicata in valori condivisi.

Paesi ricchi e Paesi poveri. I flussi finanziari che connettono i Paesi sviluppati coi Paesi a basso reddito presentano almeno due elementi paradossali. il primo è rappresentato dal fatto che nel sistema globale sono i Paesi «poveri» a finanziare i Paesi «ricchi», che ricevono risorse provenienti sia dalle fughe di capitale privato, sia dalle decisioni governative di accantonare riserve ufficiali sotto forma di attività finanziarie «sicure» collocate nei mercati finanziariamente evoluti o nei mercati «offshore». Il secondo paradosso è che le rimesse degli emigrati — cioè della componente meno «liberalizzata» dei processi di globalizzazione — comportano un afflusso di risorse che, a livello macro, superano largamente i flussi di aiuto pubblico allo sviluppo. È come dire che i poveri del «Sud» finanziano i ricchi del «Nord» e gli stessi poveri del «Sud» devono emigrare e lavorare al «Nord» per sostenere le loro famiglie al «Sud».

Regolamentazione del mercato finanziario. La crisi attuale è maturata in un contesto decisionale in cui l'orizzonte temporale degli operatori finanziari era estremamente breve e in cui la fiducia — ingrediente essenziale del «credito» — era più riposta nei meccanismi del mercato che nelle relazioni fra partner. Non a caso, la fiducia è venuta meno proprio nel comparto che era ritenuto «sicuro» per antonomasia, ossia le transazioni interbancarie; ma senza questa fiducia si blocca tutto, inclusa la possibilità di normale funzionamento delle imprese produttive. Le crisi finanziarie e le loro conseguenze hanno, infatti, come componente l'aspettativa che il clima finanziario peggiori. Tutto ciò induce gli operatori a comportarsi in un modo che rende più probabile il peggioramento effettivo della situazione con un prevedibile effetto cumulativo. Con la crisi, è venuta improvvisamente meno la fiducia fideistica riposta nel mercato, inteso come meccanismo capace di autoregolarsi e di generare sviluppo per tutti.

Fiducia, trasparenza e regole. I mercati finanziari non possono operare senza fiducia; e senza trasparenza e senza regole non ci può essere fiducia. Il buon funzionamento del mercato richiede dunque un importante ruolo dello Stato e, dove appropriato, della comunità internazionale nel fissare e nel far rispettare regole di trasparenza e di prudenza. Si deve ricordare, però, che nessun intervento di regolazione può «garantire» la sua efficacia a prescindere dalla coscienza morale ben formata e dalla responsabilità quotidiana degli operatori del mercato, specie degli imprenditori e dei grandi operatori finanziari. Le regole di oggi, essendo disegnate sull'esperienza di ieri, non necessariamente preservano dai rischi di domani. Così, se anche esistono buone strutture e buone regole che aiutano, occorre ricordare che da sole non bastano, l'uomo non può mai essere cambiato o redento semplicemente dall'esterno. Occorre raggiungere l'essere morale più profondo delle persone, occorre una reale educazione all'esercizio della responsabilità nei confronti del bene di tutti, da parte di tutti i soggetti, a tutti i livelli: operatori finanziari, famiglie, imprese, istituzioni finanziarie, autorità pubbliche, società civile.

Ruolo della società civile nel finanziamento allo sviluppo. La finanza per lo sviluppo richiede di mettere a tema sia l'aiuto pubblico allo sviluppo, sia il ruolo degli altri attori: persone, imprese, organizzazioni. In particolare, la società civile non solo svolge un importante ruolo attivo nella cooperazione allo sviluppo, ma essa riveste un ruolo significativo anche nel finanziamento dello sviluppo. Lo fa, innanzitutto, attraverso la contribuzione volontaria da persona a persona, come nelle rimesse degli emigranti, o tramite forme organizzative relativamente semplici (si pensi all'adozione a distanza). Ci sono poi le risorse per lo sviluppo messe in moto dalle imprese, nell'esercizio attivo della propria responsabilità sociale; e quelle, talvolta assai cospicue, che vengono stanziate da parte di importanti Fondazioni.Anche l'adozione di comportamenti responsabili in materia di consumo e di investimento costituisce una importante risorsa per lo sviluppo. Il diffondersi di tali comportamenti responsabili, dal punto di vista degli effetti materiali, può fare la differenza sul funzionamento di certi particolari mercati; ma la loro importanza risiede soprattutto nel fatto che essi esprimono una concreta partecipazione da parte delle persone — in quanto consumatori, in quanto investitori del risparmio familiare oppure in quanto decisori delle strategie aziendali — alla possibilità che i più poveri escano dalla loro condizione di povertà.

Mezzi e fini. Un'ultima, importante cautela: bisogna stare attenti a non confondere i mezzi (le risorse finanziarie) e il fine, ossia lo sviluppo. Non basta predisporre un ammontare adeguato di finanziamenti per pensare di ottenere, in modo meccanico, lo sviluppo. Esso non è tanto il «risultato» che si troverà alla fine, ma la strada che giorno per giorno viene tracciata dalle scelte concrete di molteplici attori: Governi donatori e riceventi, organizzazioni non governative, comunità locali.


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