Benedetto XVI Forum Luogo d'incontro di tutti quelli che amano il Santo Padre.

I libri che parlano di lui...

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    00 20/04/2010 20:41
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    Benedetto XVI «urbi et orbi»

    Benedetto XVI urbi et orbi. Con il Papa a Roma e per le vie del mondo è il titolo del volume a cura del segretario particolare del Papa edito in occasione del quinto anniversario di pontificato in tedesco da Herder e in italiano dalla Libreria Editrice Vaticana. Pubblichiamo quasi per intero la presentazione del curatore.

    di Georg Gänswein

    "Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura" (Mc 16, 15). Fedele a questo comando del Signore, il Successore di San Pietro si mette in cammino per portare le "parole di vita eterna" (Gv 6, 68) fino agli estremi confini della terra. Ogni viaggio, ogni incontro del Papa ha uno scopo ben preciso: "confermare nella fede" (cfr. Lc 22, 32) i fratelli e le sorelle.
    Allo stesso tempo, però, ogni visita ha anche un carattere proprio, possiede una sua specifica dinamica e un'inconfondibile coloritura.
    Uomini e donne di ogni paese e continente, di ogni provenienza, colore della pelle e formazione, cercano la vicinanza, anche e soprattutto la vicinanza fisica del Successore di Pietro. Lo posso confermare quale testimone degli incontri e dei viaggi finora svoltisi. Giorno dopo giorno, innumerevoli persone si mettono in viaggio per raggiungere la Città Eterna, per incontrare il Santo Padre, per vederlo, per ascoltarlo, così da poter pregare insieme al Papa e con lui celebrare i misteri della fede. Desiderano seguire le sue orme, ma anche farsi mettere da lui sulla giusta traccia.
    Ma è anche vero il contrario: il Successore di Pietro va nel mondo verso tutte le persone di buona volontà. Percepisce quale sia la via incontro ad esse.
    Il suo messaggio è tanto semplice quanto profondo: la fede non è un problema da risolvere, è un dono che va scoperto nuovamente.
    La fede dona gioia e pienezza. La fede ha un volto umano: Gesù Cristo. In Lui il Dio nascosto è divenuto visibile, tangibile. Dio, nella sua grandezza incommensurabile, si offre a noi nel suo Figlio.
    Al Santo Padre preme annunciare il Dio fatto carne Urbi et orbi, a piccoli e grandi, a chi ha potere e a chi non ne ha, dentro e fuori la Chiesa, che lo si gradisca o meno. E anche se tutte le telecamere sono puntate sul Papa, non si tratta tanto di lui. Il Santo Padre non mette al centro se stesso, non annuncia se stesso, ma Gesù Cristo, Redentore del mondo.
    Chi vive in pace con Dio, chi si lascia riconciliare con Lui, trova anche la pace con se stesso e con il prossimo e la creazione che lo circonda. La fede aiuta a vivere, la fede regala gioia, la fede è un dono: questa è la convinzione più profonda del Santo Padre. Per Papa Benedetto XVI è un sacro dovere lasciare tracce che conducano a questo dono. Con parole e immagini questo libro ne dà testimonianza.

    (©L'Osservatore Romano - 21 aprile 2010)


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    00 12/08/2010 20:21
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    È dedicato a Benedetto XVI l'ultimo libro di Giuseppe De Carli morto un mese fa

    Nella vigna del Signore



    di Gianluca Biccini

    "Finito di stampare nel mese di luglio 2010". Fa un certo effetto questa scritta impressa sul volumetto con copertina bianco-gialla Benedetto XVI "Nella vigna del Signore". Proprio mentre veniva dato alle stampe l'autore, Giuseppe De Carli, si spegneva al Policlinico Gemelli, dove era ricoverato da circa un mese. De Carli era il responsabile della struttura Rai Vaticano. È morto il 13 luglio scorso, a cinquantotto anni. Le esequie furono celebrate due giorni dopo nella chiesa romana della Traspontina, dall'arcivescovo Rino Fisichella, suo compagno di liceo nella natia Lodi. E proprio durante i funerali si venne a conoscenza di questa sua ultima fatica editoriale.
    Il volumetto contiene immagini a colori, didascalie e testi brevi ma esaurienti, che tracciano un sintetico itinerario dei luoghi di Joseph Ratzinger: da Marktl am Inn, nella Baviera orientale che gli ha dato i natali, a Traunstein, sede del seminario dove si formò al sacerdozio; da Freising, dove ha insegnato, al Vaticano, chiamato da Giovanni Paolo II come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e al quale è succeduto come successore di Pietro.
    Nelle pagine, tutta l'esperienza di uno dei più noti vaticanisti della Rai, professionista appassionato dell'informazione religiosa. A lui tra l'altro si deve la pubblica lettura integrale della Bibbia, che coinvolse nell'ottobre 2008 1.452 persone - a cominciare da Benedetto XVI e dal suo segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone. Si alternarono nella lettura delle pagine della Sacra Scrittura, dinnanzi alle telecamere della Rai, per un totale di 139 ore di ripresa televisiva senza interruzione. Coinvolgente cronista televisivo e narratore di eventi storici epocali autore delle due edizioni del libro L'ultimo segreto di Fatima, con il cardinale Tarcisio Bertone, Giuseppe De Carli ha saputo trasfondere anche in quest'ultima opera tutto il suo amore per la Chiesa e per il Papa. Si comincia con l'infanzia incantata in Baviera: e, tra le tante, compare un'immagine in bianco e nero del piccolo Joseph Ratzinger fra i suoi compagni della scuola elementare; un'altra il giorno della prima comunione e un'altra ancora con tutta la famiglia: papà Joseph, mamma Maria, il fratello Georg e la sorella Maria. Seguono i capitoli Intellettuale del cuore e, tra i più interessanti, Stregato da Roma, che racconta del giovane teologo tedesco alle prese con il concilio Vaticano ii e i suoi protagonisti. In un rigoroso percorso cronologico l'autore passa poi a parlare del servizio reso dall'allora cardinale Ratzinger nel Dicastero per la Dottrina della Fede. Significativo il titolo del paragrafo dedicato: "Panzerkardinal"? Interrogativo che viene sciolto con un giudizio estremamente positivo: "A vederli più da vicino - scrive De Carli - i quasi cinque lustri del magistero ufficiale del prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede sono stati tra i più fecondi e produttivi di tutta la storia del più strategico dei dicasteri della Santa Sede". Un capitolo è poi dedicato al Giubileo del 2000 e uno all'elezione al soglio di Pietro, da cui prende il titolo il libro. Con il capitolo Un pontificato sui sentieri di Dio, l'autore si sofferma sui trenta viaggi - diciassette in Italia e tredici nel resto del mondo - compiuti da Benedetto XVI fino al 2009. La pubblicazione si chiude con il capitolo intitolato Sul palcoscenico del mondo nel quale si sofferma sulle tre encicliche del Pontefice.

    (©L'Osservatore Romano - 13 agosto 2010)


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    00 24/08/2010 19:37
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    TROPPI ATTACCHI AL PAPA COSÌ A BENEDETTO XVI MANCA UNO SPIN DOCTOR

    MARCO ANSALDO

    Repubblica — 23 agosto 2010 pagina 34 sezione: CULTURA

    Quando il Papa è in viaggio all' estero, c'è un momento molto importante della giornata, addirittura centrale da un punto di vista mediatico. Si svolge immancabilmente all' alba, quando nella stanza d' albergo dove alloggia l' assistente del direttore della Sala stampa vaticana, il burbero ed efficentissimo Victor van Brantegem, avviene la distribuzione dei testi che il Santo Padre leggerà quel giorno.
    Così fu anche la mattina del 12 settembre 2006, a Ratisbona, primo viaggio di Joseph Ratzinger nella sua Baviera come Benedetto XVI. Ma quella volta accadde qualcosa. Una volta pronunciata la sua lezione all' università, le agenzie di stampa rilanciarono il discorso puntando soprattutto su una citazione di Manuele II Paleologo, dalla quale poteva evincersi il messaggio che per il Papa cattolico l' Islam è una religione violenta, votata alla guerra santa. Una frase che estrapolata dal suo contesto ampio e articolato, 12 pagine fitte, scosse profondamente il mondo islamico che reagì indignato alla vigilia del viaggio seguente di Benedetto nella Turchia di fede musulmana. Eppure, otto ore prima che il testo venisse pronunciato, gli stessi giornalisti leggendolo mentre facevano colazione capirono che quella sola frase poteva dare adito a pericolosi fraintendimenti e risultare potenzialmente esplosiva. Segnalarono subito la cosa all' ufficio stampa papale, insistendo, ma nulla venne cambiato.E puntualmente una bufera internazionale si abbatté violenta e durissima sul Vaticano, con tanto di richieste di scuse al Pontefice da parte di alti esponenti religiosi islamici, sopite infine dalla geniale intuizione della preghiera comune del Papa di Roma con il Mufti di Istanbul nella Moschea Blu. Ma com' è possibile che a Ratisbona nessuno dello staff papale avesse avuto la prontezza di avvisare Benedetto dei rischi? Un libro illuminante in proposito affronta non solo l' interessante ricostruzione di quell' incidente, ma tutta una serie di infortuni clamorosi e crisi mediatiche in cui il Vaticano si è trovato impigliato, soprattutto in quest' ultimo anno difficile per il Papa tedesco.
    Lo hanno scritto due fra i più preparati vaticanisti italiani, Paolo Rodari e Andrea Tornielli ( Attacco a Ratzinger, editore Piemme). Ratisbona infatti fu solo il primo caso, a cui ne seguirono molti.
    Quello della nomina del vescovo polacco Wielgus, in odore di spionaggio; della scomunica revocata al prelato negazionista Williamson; delle parole in Africa sui preservativi destinati ad aumentare il problema dell' Aids; della difficile gestione dello scandalo sulla pedofilia nella Chiesa; fino all' inedito scontro fra cardinali, con l' attacco della rampante eminenza austriaca Schoenborn all' ex segretario di Stato vaticano Sodano. Tutti questi infortuni destinati a intaccare gravemente l' immagine dell' istituzione cattolica e di chi la guida, sostengono i due autori, potrebbero invece essere sapientemente depotenziati da parte della Santa Sede. Basterebbe un accurato controllo preventivo e la possibilità successiva di applicarlo, come l' incidente di Ratisbona ha dimostrato e pure i casi seguenti, che Rodari e Tornielli analizzano uno per uno nelle loro complesse sfaccettature e nei brutali effetti successivi.
    La loro deflagrazione rivela piuttosto che la Gerarchia difetta - anche se ciò può sembrare strano - di una vera strategia comunicativa. Manca una regìa complessiva. E ci si limita, dopo, a tamponare le falle, a spegnere gli incendi, a disinnescare bombe già esplose.
    Le mansioni affidate all' attuale direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, uomo di grandissima preparazione e abnegazione, e la sua stessa confidenza e accessibilità al Papa appaiono diverse da quelle del suo predecessore, Joaquim Navarro Valls, che con Karol Wojtyla aveva non solo un rapporto di consigliere, ma agiva come un vero e proprio spin doctor. Una questione a cui la Santa Sede dovrà prestare molta attenzione. Perché come ha efficacemente spiegato ai due vaticanisti un autorevole porporato interno ai sacri palazzi, gli attacchi a Ratzinger si sono moltiplicati. «Attacchi di ogni tipo. Una volta si dice che il Papa si è espresso male, un' altra volta si parla di errore di comunicazione, un' altra ancora di un problema di coordinamento tra gli uffici curiali, un' altra di inadeguatezza di certi collaboratori. Vuole sapere la mia impressione?
    Non c' è una squadra che lo sostiene adeguatamente, che previene l' accadere di certi problemi, che riflette su come rispondere in modo efficace. Che cerca di far passare, di espandere l' autentico suo messaggio, spesso distorto.
    Così la domanda più frequente è diventata questa: a quando la prossima crisi?».

    © Copyright Repubblica, 23 agosto 2010


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    00 25/08/2010 10:20
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    I COMPLOTTI ANTI BENEDETTO XVI

    Andrea Tornielli

    «Ricordo ancora, come fosse oggi, le parole che sentii dire da un cardinale italiano, allora molto potente nella Curia romana, all’indomani dell’elezione di Benedetto XVI. “Due-tre anni, durerà solo due-tre anni...”.
    Lo faceva accompagnando le parole con un gesto delle mani, come per minimizzare... Joseph Ratzinger, il settantottenne Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede appena eletto successore di Giovanni Paolo II doveva essere un Papa di transizione, passare velocemente, ma soprattutto doveva passare senza lasciare troppa traccia di sé...
    Certo, un accenno alla durata del pontificato la fece Ratzinger stesso, nella Sistina. Disse che sceglieva il nome di Benedetto per ciò che la figura del grande santo patrono d’Europa aveva significato, ma anche perché l’ultimo Papa che aveva preso questo nome, Benedetto XV, non aveva avuto un pontificato molto lungo e si era adoperato per la pace. Ma un pontificato non lungo, a motivo dell’età già avanzata, non significa passare senza lasciare traccia. Anche quello di Giovanni XXIII doveva essere – e dal punto di vista meramente cronologico è stato – un pontificato di transizione. Ma quanto ha cambiato la storia della Chiesa... Ci ho ripensato molte volte: visto che non è passato così velocemente come qualcuno sperava, e visto che il suo pontificato è destinato a lasciare un segno, si sono moltiplicati gli attacchi contro Benedetto XVI. Attacchi di ogni tipo. Una volta si dice che il Papa si è espresso male, un’altra volta si parla di errore di comunicazione, un’altra ancora di un problema di coordinamento tra gli uffici curiali, un’altra di inadeguatezza di certi collaboratori, un’altra del concordante tentativo da parte di forze avverse alla Chiesa intenzionate a screditarla. Vuole sapere la mia impressione? Anche se in realtà il Santo Padre non è solo, anche se attorno a lui ci sono persone fedeli che cercando di aiutarlo, in tante occasioni egli viene lasciato oggettivamente solo. Non c’è una squadra che previene l’accadere di certi problemi, che riflette su come rispondere in modo efficace. Che cerca di far passare, di espandere l’autentico suo messaggio, spesso distorto. Così la domanda più frequente è diventata questa: a quando la prossima crisi? Mi sorprende anche il fatto che talvolta queste crisi arrivino dopo decisioni importanti...
    Mi sto ad esempio chiedendo che cosa accadrà ora che Benedetto XVI ha coraggiosamente proclamato l’eroicità delle virtù di Pio XII insieme a quelle di Giovanni Paolo II».
    Quando questa confidenza venne fatta a uno di noi, alla vigilia di Natale del 2009, da un autorevole porporato che lavora da molti anni nei sacri palazzi, il grande scandalo degli abusi sui minori perpetrati dal clero cattolico non era ancora esploso in tutta la sua portata. C’era, sì, il gravissimo caso irlandese. Ma nulla faceva ancora presagire che, come per contagio, la situazione oggettivamente peculiare dell’Irlanda – che ha messo in luce l’oggettiva incapacità di diversi vescovi di governare le loro diocesi e di affrontare i casi di abusi sui minori tenendo presente la necessità di assistere innanzitutto le vittime evitando in ogni modo che le violenze potessero ripetersi – finisse per replicarsi, per lo meno mediaticamente, in altri Paesi. E ha coinvolto la Germania, l’Austria, la Svizzera, e di nuovo, nelle polemiche, gli Stati Uniti, dove già il problema era emerso, e in maniera piuttosto devastante, all’inizio di questo millennio.
    Solo a scorrere le rassegne stampa internazionali, bisogna ammettere l’esistenza di un attacco contro Papa Ratzinger. Un attacco dimostrato dal pregiudizio negativo pronto a scattare su qualsiasi cosa il Pontefice dica o faccia. Pronto a enfatizzare certi particolari, pronto a creare dei «casi» internazionali.
    Questo attacco concentrico ha origine fuori, ma spesso anche dentro la Chiesa.

    Ed è (inconsapevolmente) aiutato dalla reazione a volte scarsa di chi attorno al Papa potrebbe fare di più per prevenire le crisi o per gestirle in modo efficace.

    Questo libro non intende presentare una tesi precostituita. Non intende accreditare in partenza l’ipotesi del complotto ideato da qualche «cupola» o Spectre. È però innegabile che Ratzinger sia stato e sia sotto attacco. Le critiche e le polemiche suscitate dal discorso di Regensburg; il caso clamoroso delle dimissioni del neo-arcivescovo di Varsavia Wielgus a causa di una sua vecchia collaborazione con i servizi segreti del regime comunista polacco; le polemiche per la pubblicazione del Motu proprio Summorum Pontificum; il caso della revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani, che ha coinciso con la trasmissione in video dell’intervista negazionista sulle camere a gas rilasciata a una Tv svedese da uno di loro; la crisi diplomatica per le parole papali sul preservativo durante il primo giorno del viaggio in Africa; il dilagare dello scandalo degli abusi sui minori, che non accenna ancora a placarsi.
    Di bufera in bufera, di polemica in polemica, l’effetto è stato quello di «anestetizzare» il messaggio di Benedetto XVI, schiacciandolo sul cliché del Papa retrogrado, depotenziandone la portata.
    Ma questo attacco non ha mai avuto un’unica regia. Ha avuto, piuttosto, un’assenza di regia. Anche se non si può escludere che in più occasioni, pure nel corso della crisi per gli scandali per la pedofilia del clero, si sia verificata un’alleanza tra ambienti diversi ai quali può far comodo ridurre al silenzio la voce della Chiesa, sminuendo la sua autorità morale e il suo essere fenomeno popolare, magari con la segreta speranza che nel giro di una decina d’anni essa finisca per contare sulla scena internazionale quanto una qualsiasi setta.

    © Copyright Il Giornale, 25 agosto 2010


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    PAPA: VATICANISTI DENUNCIANO, E' SOTTO ATTACCO PERCHE' VUOLE CAMBIAMENTI

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 25 ago.

    "Solo a scorrere le rassegne stampa internazionali, bisogna ammettere l'esistenza di un attacco contro Papa Ratzinger. Un attacco dimostrato dal pregiudizio negativo pronto a scattare su qualsiasi cosa il Pontefice dica o faccia. Pronto a enfatizzare certi particolari, pronto a creare dei 'casi' internazionali".
    Lo scrivono i vaticanisti Andrea Tornielli e Paolo Rodari che hanno raccolto in un volume edito da Piemme "documenti e testimonianze inedite" che "svelano i retroscena delle crisi che hanno caratterizzato i primi cinque anni di questo Pontificato.
    La tesi e' che ci sia "un attacco concentrico" che "ha origine fuori, ma spesso anche dentro la Chiesa.
    Ed e' (inconsapevolmente) aiutato dalla reazione, a volte scarsa, di chi attorno al Papa potrebbe fare di piu' per prevenire le crisi o per gestirle in modo efficace". Un attacco, inoltre, "inconsapevolmente aiutato dalla mancanza di una regia e di una strategia comunicativa" da parte della Santa Sede.

    Il libro contiene alcune rivelazioni, come la bozza di una riunione presieduta dal segretario di Stato Tarcisio Bertone, nella quale, nel gennaio del 2009, i capi dicastero della Curia Romana non seppero prevedere le reazioni negative alla revoca della scomunica ai lefebvriani, e la notizia che durante il viaggio in Africa del marzo dello stesso anno al Papa non fu detto delle polemiche innescate dai media occidentali riguardo alle sue parole sulla prevenzione dell'Aids.

    E descrive anche il "clima" non favorevole al Pontefice che si respira in alcuni ambienti cattolici: quando fu eletto, riportano ad esempio i due vaticanisti, si riteneva potesse regnare solo per un paio d'anni e non cambiare nulla. Le cose sono andate diversamente e il libro documenta quanto invece sia determinato Papa Ratzinger nel guidare la Chiesa verso una "purificazione", sia sul piano dei comportamenti etici che su quello di una maggiore fedelta' alla sua Tradizione. Dalla ricostruzione dettagliata dei singoli "incidenti" emerge nel libro proprio l'esistenza di una sorta di sinergia tra gli oppositori "interni" ai cambiamenti che Papa Ratzinger intende imprimere (e al recupero sia della Fraternita' San Pio X fondata da mons. Marcel Lefebvre che di numerose comunita' anglicane che chiedono la piena comunione con Roma) e espressioni laiciste ostili alla dottrina cattolica.
    Il libro dedica ampio spazio in particolare al motu proprio "Summorum pontificum" che ha liberalizzato l'uso del messale di San Pio V e riporta in proposito le parole - in questo caso ignorate - che il Pontefice pronuncio' nel volo verso Parigi, nel settembre 2008: "non c'e' alcuna opposizione tra la liturgia rinnovata del Concilio Vaticano II e questa liturgia.
    Ogni giorno i padri conciliari hanno celebrato la messa secondo l'antico rito e, al contempo, hanno concepito uno sviluppo naturale per la liturgia, una realta' viva che si sviluppa e esclude una contraddizione, un'opposizione tra la liturgia rinnovata e la liturgia precedente".
    Credo in ogni caso - aveva detto ancora Benedetto XVI durante il volo - che vi sia una possibilita' di arricchimento da ambedue le parti. Da un lato gli amici dell'antica liturgia possono e devono conoscere i nuovi santi, le nuove prefazioni della liturgia. Dall'altra, la liturgia nuova sottolinea maggiormente la partecipazione comune ma sempre non e' semplicemente un'assemblea di una certa comunita', ma sempre un atto della Chiesa universale, in comunione con tutti i credenti di tutti i tempi, e un atto di adorazione.
    In tal senso mi sembra che vi sia un mutuo arricchimento, ed e' chiaro che la liturgia rinnovata e' la liturgia ordinaria del nostro tempo".
    "Le critiche aspre al motu proprio - scrivono Tornielli e Rodari - arrivano dall'interno ma anche dall'esterno, perche' il motu proprio finisce per toccare diverse sensibilita'. Tra queste, quella ebraica.
    Gia' prima che il testo papale venisse pubblicato, esponenti del mondo ebraico avevano reso note diverse riserve. Successivamente, diversi rabbini nel mondo si dicono scandalizzati dal fatto che il Papa torni ad approvare preghiere che il Vaticano II aveva abolito".
    "Attacco a Ratzinger", comunque, "non intende presentare una tesi precostituita. Non intende accreditare in partenza l'ipotesi del complotto ideato da qualche cupola o spectre, neanche quella del 'complotto mediatico', divenuto spesso il comodo lasciapassare dietro al quale alcuni collaboratori del Pontefice si trincerano per giustificare ritardi e inefficienze".
    Secondo i due vaticanisti, tuttavia, "di bufera in bufera, di polemica in polemica, l'effetto e' stato quello di 'anestetizzare' il messaggio di Benedetto XVI, schiacciandolo sul cliche' del Papa retrogrado, depotenziandone la portata.
    E soprattutto dimenticando slanci e aperture dimostrati da Ratzinger in questi primi cinque anni di pontificato sui grandi temi" che ha saputo affrontare.

    © Copyright (AGI)


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    Attacco al Papa; un commento

    MARCO TOSATTI

    Ho letto il bel libro che Andrea Tornielli e Paolo Rodari hanno scritto su alcuni momenti particolarmente difficili del primo quinquennio di regno di Benedetto XVI.
    Il titolo scelto, “Attacco al Papa”, e la foto di copertina (papa Ratzinger visto di schiena, quasi a suggerire l’idea di un’aggressione alle spalle. E’ un volume ovviamente ben scritto, molto documentato; ricco di spunti “interni” al di là di quello che tutti, o molti sapevano.
    E’ un libro agghiacciante. Non tanto per quanto può suggerire il titolo – gli attacchi ai papi, di ogni genere, sono una costante nella storia della Chiesa – quanto per ciò che in maniera molto semplice, diretta ed evidente porta a concludere.
    E cioè che la maggior parte, se non la totalità di queste “crisi” avrebbero potuto essere evitate con una gestione più accurata, intelligente, professionale e laica della comunicazione del Pontefice.
    La “vendetta” curiale nei confronti di Joaquin Navarro Walls, mal visto e spesso sopportato con fatica da molti ambienti clericali, ha portato frutti avvelenati. Navarro ha fatto appena in tempo a evitare a Benedetto XVI una gaffe clamorosa nel viaggio in Polonia (nel discorso ad Auschwitz non c’era la parola “shoah”, che poi il Papa ha pronunciato tre volte); non ha potuto fare altrettanto a Regensburg, nel famoso incidente su Maometto e l’Islam.
    E qui possiamo aggiungere, a quanto scrivono Tornielli e Rodari, che non è stato solo dalla mattina presto (quando il testo della “Lectio magistralis” è stato consegnato ai giornalisti) si è cercato di mettere in guardia la Santa Sede dal pericolo di una bomba mediatica. Già la sera precedente alcuni cronisti che seguivano il viaggio pontificio avevano potuto disporre, per mezzi propri, del testo che Benedetto XVI avrebbe pronunciato il giorno seguente, e ne avevano messo in rilievo la potenziale pericolosità telefonando a propri referenti in Segreteria di Stato. Evidentemente senza successo.
    Uno dei momenti più drammatici degli ultimi anni è stato costituito dal caso Williamson. Benedetto XVI ha deciso di togliere la scomunica che gravava sui seguaci di mons. Lefbvre, e fra di loro il vescovo Williamson, che proprio mentre il provvedimento veniva preso guadagnava la prima pagina in tutto il mondo con le sue dichiarazioni negazioniste sull’Olocausto.
    Dalla riunione in cui si decise di togliere la scomunica il Direttore della Sala Stampa, padre Federico Lombardi, fu escluso.

    E il verbale della riunione, offerto dal libro, conclude: “Si è escluso di rilasciare interviste, come pure di presentare alla Stampa il documento, che di per sé appare sufficientemente chiaro...”.

    In tutta la riunione, secondo il verbale, il problema Williamson non appare. È il tardo pomeriggio del 22 gennaio, «Der Spiegel» ha già anticipato da due giorni la notizia delle dichiarazioni negazioniste del vescovo Williamson sulle camere a gas, la tv le ha trasmesse la sera precedente, le agenzie di stampa hanno rilanciato le sue parole, eppure cardinali e vescovi coinvolti non ritengono ci sia nulla da spiegare alla stampa.
    La campagna di aggressione scatenata contro Benedetto XVI personalmente, e la Chiesa in generale dal New York Times e altri organi di stampa anglosassoni ha offerto altri esempi di questa straordinaria insensibilità curiale ai meccanismi dell’informazione. Sarebbe lungo, e Tornielli e Rodari sono certamente esaustivi sul tema, presentare tappa per tappa questo calvario. Ma basta ricordare che nelle accuse relative al caso “Kiesle” (l’«Associated Press» affermava di avere in mano la prova che Benedetto XVI, quando era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, aveva coperto un prete pedofilo californiano, Stephen Kiesle, di Oakland. A supporto dell’accusa, l’Ap presenta una lettera scritta in latino e datata 6 novembre 1985) è dovuto intervenire il vaticanista di un’agenzia di stampa italiana, per mettere in luce la verità sul caso, smontando le accuse.
    Non solo: sono passati giorni, se non settimane di bufera, prima che la Santa Sede si decidesse di pubblicare (on line, e certamente non in grande evidenza) le linee guida, già operative dal 2001, messe in atto per affrontare il problema dei preti coinvolti in abusi sessuali. E’ evidente che se fossero state pubblicate all’inizio della tempesta il contesto mediatico successivo sarebbe stato bene diverso…
    Ma di esempi di masochismo mediatico questi cinque anni sono ben ricchi. Proviamo a tirare qualche conseguenza. Senza voler accusare il destino, il mondo cattivo e che non capisce e i lupi. Che ci sono, di sicuro; ma forse è necessario dotarsi di cani da pastore, perché, come recita l’adagio, chi pecora si fa…. Il magistero di Benedetto XVI è chiaro, espresso senza ambiguità, e tale nei suoi contenuti ( e anche nella forma, talvolta) da irritare molti.
    Non è un magistero – e un Papa – che possano affidarsi a una strategia della comunicazione puramente passiva, di semplice reazione, e non sempre tempestiva ed efficace; non sono un magistero, e un papa, che possano pensare di non coinvolgere quotidianamente nel suo lavoro uno specialista della comunicazione.
    L’impressione è che si voglia gestire la comunicazione della Chiesa come se il mare in cui naviga la barca di Pietro fosse liscio e tranquillo, e non come se le parole e le decisioni di Benedetto XVI non fossero tali, con cadenza periodica, da suscitare tempeste e reazioni.
    Il periodo più felice nella sua comunicazione esterna la Chiesa l’ha vissuto con un modulo che presentava alcune caratteristiche. La prima: coscienza dell’importanza della comunicazione come strumento essenziale del governo della Chiesa stessa, all’interno e all’esterno. Poi la scelta di un responsabile della comunicazione che provenga dal mondo dell’informazione secolare, la conosca nelle sue caratteristiche e difetti, forza e debolezze, e che abbia un rapporto privilegiato con il protagonista principale dell’informazione della Chiesa, e cioè il Papa. E giovane, che si dedichi solo a questo compito, che fa tremare pene e polsi, ventiquattro ore su ventiquattro.
    Terzo: una strategia che prevenga e preveda il problema, non che risponda semplicemente ad eventuali reazioni e critiche. E, probabilmente, in questo settore, “laico è meglio”; checché ne pensino i protagonisti di una qualche forma di revanscismo clericale dietro le Mura.
    Ma se al vertice non ci si convince dell’importanza strategica della comunicazione, e della necessità di trarre le conseguenze operative dovute, c’è solo da attendere la crisi prossima ventura.

    www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=196&ID_articolo=919&ID_sezione=&...


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    Il Papa si confessa in un libro-intervista

    di Andrea Tornielli

    Benedetto XVI ha deciso di pubblicare un libro intervista, un nuovo dialogo con il giornalista tedesco Peter Seewald, che già per due volte, quando Joseph Ratzinger era cardinale, lo aveva lungamente intervistato.
    La notizia, proveniente da ambienti dell’editoria tedesca, viene pubblicata questa mattina dal Tagespost e trova conferma in Vaticano.
    Nel marzo prossimo, durante la Quaresima, è prevista l’uscita del secondo volume del libro del Papa su Gesù di Nazaret, dedicato al momento culminante della vita di Cristo, la Passione, morte e resurrezione. E già si parla di un ulteriore volume che Benedetto XVI scriverà affrontando il tema dell’infanzia del Nazareno.
    Il libro-intervista con Seewald non rientra in questo piano, e anche se al momento non è stata stabilita la data di pubblicazione è ragionevole pensare che sia in libreria tra un anno. In Italia il volume dovrebbe essere edito dalla Libreria Editrice Vaticana (Lev) - che com’è noto detiene i diritti d’autore di tutte le opere del Pontefice - mentre nulla di definitivo è stato stabilito per l’edizione tedesca: la Lev sarebbe intenzionata a far uscire il libro presso l’editore Herder, mentre l’intervistatore preferirebbe un editore più laico, come Heyne.
    Il nuovo dialogo con il giornalista tedesco, che durante l’estate ha già realizzato le registrazioni dell’intervista con il Papa, sarà il quarto libro di questo genere per Joseph Ratzinger.
    Da cardinale Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, nel 1985, il futuro Pontefice si fece intervistare dallo scrittore Vittorio Messori, che sarebbe poi stato anche autore anche del libro-intervista con Giovanni Paolo II, il primo di un Papa (Varcare le soglie della speranza, 1994). Ne nacque il best-seller Rapporto sulla fede, un volume che fece epoca, anticipando quella che Papa Ratzinger definirà l’ermeneutica corretta del Concilio. Nel libro, il cardinale affermava, tra l’altro: «Tra i compiti più urgenti per il cristiano c’è il recupero della capacità di opporsi a molte tendenze della cultura circostante, rinunziando a certa solidarietà troppo euforica post-conciliare».
    Poco più di dieci anni dopo, nel 1997, ecco che il Prefetto della fede decide di dialogare di nuovo con un giornalista, questa volta Peter Seewald. Esce così Il sale della terra, volume dedicato a «cristianesimo e Chiesa cattolica nel XXI secolo». Il giornalista così descrive quegli incontri nell’introduzione: «Il Cardinale non mi ha mai chiesto nulla del mio passato o del mio stato di vita. Non ha nemmeno voluto che gli fossero anticipate delle domande, né ha preteso che qualcosa fosse eliminato o aggiunto. L’atmosfera dell’incontro è stata intensa e seria, ma talvolta questo “principe della Chiesa” sedeva tanto leggero sulla sua sedia che si aveva l’impressione di avere a che fare con uno studente.
    Una volta egli interruppe la nostra conversazione per ritirarsi in meditazione o, forse, anche per chiedere allo Spirito Santo le parole giuste». L’incontro con Ratzinger segna anche la vita di Seewald, che riscopre la fede.
    L’esperienza si ripete qualche anno dopo. Seewald intervista nuovamente Ratzinger all’alba del nuovo millennio e nel 2001 pubblica un altro best-seller, Dio e il mondo, dedicato all’«essere cristiani nel nuovo millennio».
    I tantissimi lettori di questi volumi sanno che Ratzinger non si sottrae ad alcuna domanda e non ha paura di affrontare gli argomenti più spinosi, come attestano le sue risposte durante le interviste sull’aereo con i giornalisti che seguono i suoi viaggi.
    Il nuovo libro non ha ancora un titolo ufficiale, l’ipotesi di lavoro al momento è Luce del mondo, ma è possibile che sia cambiato. Quando ha deciso, il Papa, di accettare questa proposta? Nel novembre 2008, durante un incontro avvenuto a margine dell’udienza generale, Vittorio Messori propose a Benedetto XVI di «aggiornare» Rapporto sulla fede: «Mi dia solo tre giorni», disse lo scrittore. Ratzinger non disse di no, ma si schernì dicendo: «Per me ora è difficile anche tre ore...». L’idea, in quel momento impraticabile, non doveva però essergli dispiaciuta. E così quando qualche mese fa Seewald ha proposto un nuovo dialogo, gli è stato risposto di sì.

    © Copyright Il Giornale, 31 agosto 2010


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    Papa/ P. Lombardi: Entro fine anno uscirà suo libro-intervista

    Conversazione con il giornalista tedesco Peter Seewald

    Roma, 31 ago. (Apcom)

    Entro la fine dell'anno sarà pubblicato un libro intervista del Papa, frutto delle conversazioni con il giornalista tedesco Peter Seewald. Lo ha annunciato il direttore della Sala Stampa Vaticana padre Federico Lombardi.
    "Nella settimana dal 26 al 31 luglio, a Castelgandolfo, il Santo Padre ha concesso al giornalista tedesco dott. Peter Seewald una serie di conversazioni, rispondendo alle sue domande su vari argomenti, analogamente a quanto già avvenuto altre due volte in passato, con lo stesso giornalista, quando il Card. Joseph Ratzinger era Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Le conversazioni si sono svolte in lingua tedesca", ha spiegato padre Lombardi in una nota. "La pubblicazione del volume è prevista in tempi abbastanza brevi (prima della fine dell'anno in corso) in italiano e in tedesco, e se possibile anche in altre lingue", ha concluso padre Lombardi.

    © Copyright Apcom


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    PAPA: PADRE LOMBARDI, LIBRO INTERVISTA CON PETER SEEWALD

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 31 ago.

    Sta per essere pubblicato un libro-intervista con Benedetto XVI.
    Lo ha reso noto il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi.
    "Nella settimana dal 26 al 31 luglio, a Castelgandolfo, il Papa ha concesso al giornalista tedesco Peter Seewald una serie di conversazioni, rispondendo alle sue domande su vari argomenti, analogamente a quanto gia' avvenuto altre due volte in passato, con lo stesso giornalista, quando il card. Joseph Ratzinger era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede", ha spiegato ai giornalisti padre Lombardi, precisando che "Le conversazioni si sono svolte in lingua tedesca". "La pubblicazione del volume - ha aggiunto padre Lombardi - e' prevista in tempi abbastanza brevi (prima della fine dell'anno in corso) in italiano e in tedesco, e se possibile anche in altre lingue.
    Com'e' noto, i diritti relativi alle pubblicazioni del Santo Padre sono detenuti dalla Libreria Editrice Vaticana, che pubblichera' anche l'edizione italiana".
    "Il nuovo libro - spiega da parte sua il vaticanista Andrea Tornielli, che aveva gia' anticipato la notizia - non ha ancora un titolo ufficiale, l'ipotesi di lavoro al momento e' Luce del mondo, ma e' possibile che sia cambiato". Non e' la prima volta che un Papa accetta di concedere un'interviste da pubblicare come libro. Nel 1994 Giovanni Paolo II si fece intervistare dallo scrittore Vittorio Messori per "Varcare le soglie della speranza", che e' stato uno dei libri piu' venduti di tutti i tempi, con circa 5 milioni di copie diffuse. Lo stesso Messori, nel 1989 era stato coautore con Ratzinger del best-seller "Rapporto sulla fede", che fece epoca, anticipando l'ermeneutica corretta del Concilio che e' oggi una delle linee principali del Pontificato.
    Nel libro, il cardinale affermava, tra l'altro: "Tra i compiti piu' urgenti per il cristiano c'e' il recupero della capacita' di opporsi a molte tendenze della cultura circostante, rinunziando a certa solidarieta' troppo euforica post-conciliare".
    Poco piu' di dieci anni dopo, nel 1997, l'allora prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, accetto' le domande di un altro giornalista, il tedesco Peter Seewald per il libro "Il sale della terra", un volume dedicato a "cristianesimo e Chiesa cattolica nel XXI secolo" che conteneva pero' anche diverse confidenze del futuro Papa su se stesso. Seewald intervisto' poi nuovamente Joseph Ratzinger nel 2001, cioe' all'indomani del Grande Gibileo, e pubblico' un altro best-seller, "Dio e il mondo", dedicato all'"essere cristiani nel nuovo millennio".
    "Il cardinale - confido' poi lo stesso Seewald - non mi ha mai chiesto nulla del mio passato o del mio stato di vita.
    Non ha nemmeno voluto che gli fossero anticipate delle domande, ne' ha preteso che qualcosa fosse eliminato o aggiunto. L'atmosfera dell'incontro e' stata intensa e seria, ma talvolta questo principe della Chiesa sedeva tanto leggero sulla sua sedia che si aveva l'impressione di avere a che fare con uno studente. Una volta egli interruppe la nostra conversazione per ritirarsi in meditazione o, forse, anche per chiedere allo Spirito Santo le parole giuste".
    Nel novembre 2008, durante un incontro avvenuto a margine dell'udienza generale, Vittorio Messori propose a Benedetto XVI di "aggiornare" Rapporto sulla fede: "Mi dia solo tre giorni", disse lo scrittore. Ratzinger non disse di no, ma si scherni' dicendo: "Per me ora e' difficile anche tre ore...".
    L'idea di un libro-intervista pero' e' stata recepita, anche se proprio il tempo tiranno deve aver suggerito al Papa di esprimersi in tedesco, cioe' la sua lingua natale, e non in italiano, il che gli avrebbe poi richiesto una piu' laboriosa revisione del testo. E cosi' quando Seewald ha proposto un nuovo dialogo, gli e' stato risposto di si'.

    © Copyright (AGI)


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    00 31/08/2010 19:24
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    B-XVI torna a farsi interrogare sulla fede dal tedesco Peter Seewald

    Paolo Rodari

    Notizia beneaugurale e sorprendente: Benedetto XVI ha deciso di tornare a farsi intervistare dal giornalista e scrittore tedesco Peter Seewald in un libro di riflessioni sulla chiesa e la fede in rapporto alla società contemporanea.

    Secondo fonti tedesche confermate da un articolo in uscita oggi sulla Tagespost, Seewald ha già incontrato più volte il Papa nelle scorse settimane tanto che lo schema del libro dovrebbe essere stato più o meno deciso. Era il 1996 quando l’allora cardinale Joseph Ratzinger si prestava a uno sforzo analogo: dava alle stampe “Il sale della terra”, una lunga intervista concessa sempre a Seewald e anch’essa dedicata al rapporto tra chiesa cattolica e società contemporanea.

    Qualche settimana fa su “Inside the atican” il cardinale bibliotecario di Santa romana chiesa, Raffaele Farina, rivelò un particolare inedito di Ratzinger: quando era cardinale chiese a Wojtyla di lasciare la Dottrina delle fede per andare a dirigere la biblioteca vaticana. La cosa non gli fu concessa ma anche oggi, da Papa, Ratzinger non rinuncia a immergersi nelle letture e a scrivere. Terminata da poco la seconda parte del libro su Gesù di Nazaret, Papa Benedetto sorprende trovando il tempo per nuovi lavori: la terza parte del libro su Gesù, l’impianto di una nuova enciclica e adesso un libro intervista con Seewald, probabilmente il giornalista al quale si sente più vicino e legato.

    Chi conosce bene il Papa dice che il motivo per il quale ha deciso di lavorare ancora una volta a un libro intervista è il medesimo che lo spinse a fare la medesima cosa nel 1996. Disse il Papa: “Oggi sembra spesso che la schiera di coloro che frequentano ancora la messa, partecipano alle processioni e si esprimono positivamente nei confronti della chiesa, sia vista dalla maggioranza come un gruppetto esotico. E persino questo ultimo resto deve avere sempre di più l’impressione di vivere, con le proprie idee cristiane, in una realtà che non ha più nulla a che fare con il mondo nel quale loro vivono quotidianamente. Ma, allora, il processo di decadenza non è forse già più drammatico di quanto si possa credere?”.

    Un secondo motivo è ravvisabile tra le righe del suo pontificato: “Non si governa la chiesa solo mediante comandi e strutture, ma guidando e illuminando le anime”, ha ripetuto più volte Benedetto XVI. Il suo allontanamento dalla macchina del governo sembra voluto, studiato, ricercato. Non sembra disprezzo per l’arte del governo, quanto amore verso la chiesa la quale, secondo il suo punto di vista, necessita di illuminazione prima che d’altro.

    Pubblicato sul Foglio martedì 31 agosto 2010

    © Copyright Il Foglio, 31 agosto 2010


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    "Attacco a Ratzinger"

    Benedetto XVI lo ha detto durante il viaggio in Portogallo: il cancro della Chiesa viene dal suo interno.

    Un cancro interno dal quale la Chiesa istituzione sembra non abbia imparato ancora a difendersi

    Andrea Gagliarducci

    «Attacco a Ratzinger. Accuse e scandali, profezie e complotti» (Piemme), scritto dai vaticanisti Andrea Tornielli e Paolo Rodari (rispettivamente del Giornale e del Foglio) rimette ordine in cinque anni di pontificato. Indietro nel tempo, a guardare tutte le bucce di banana messe sul cammino di Benedetto XVI, dal caso Ratisbona alla questione Wielgus, dal caso Williamson dopo la revoca della scomunica ai lefevbriani fino agli ultimi attacchi al Papa sul tema della pedofilia. Bucce di banana che la comunicazione della Santa Sede non è stata in grado di evitare. Come, ad esempio, nel discorso di Ratisbona. Considerato «pericoloso» dai giornalisti che si erano visti recapitare il testo in anticipo e si erano affrettati a parlare con i loro riferimenti in Segreteria di Stato, per avvertire di un possibile scandalo diplomatico. Avvertimenti rimasti senza conseguenze.
    Eppure, quel discorso rappresenta ancora oggi una pietra milliare del pontificato di Ratzinger. Prima di Ratisbona, si aveva persino paura a parlare di Islam. Dopo, la Chiesa ha potuto intavolare un dialogo con l'Islam moderato.
    Il libro di Tornielli e Rodari è denso di indiscrezioni che testimoniano non solo l'attacco mosso verso il Papa, ma anche la scarsa perizia di chi dovrebbe prenderne le difese. Da segnalare, in particolare, l'eco che ha avuto la revoca della scomunica ai lefevbriani, a causa anche delle frasi antisemite e negazioniste di uno dei vescovi cui la scomunica è stata revocata, Williamson. Dichiarazioni rese alla fine del 2008, e anticipate dallo Spiegel, rivista tedesca, il 20 gennaio. Il 22 gennaio, l'intervista viene ripresa dalle agenzie italiane, mentre già in mattinata gli autori del libro avevano anticipato sui loro quotidiani la notizia della revoca della scomunica. «Nonostante - scrivono Tornelli e Rodari - vi siano stati almeno due giorni per riflettere sul da farsi ed eventualmente correre ai ripari, nessuno in Vaticano sembra preoccuparsi troppo per ciò che potrebbe accadere e per le reazioni del mondo ebraico. Nessuno in Segreteria di Stato sembra pensare che sia necessario spiegare bene i termini e le conseguenze della revoca della scomunica».
    Gli autori scrivono che il Papa non può essere avvertito delle polemiche perché il suo segretario, mons. Gaenswein, è a letto con una fastidiosa forma influenzale che lo tiene isolato. Suona difficile pensare che le comunicazioni siano interrotte, ma è un passaggio che lascia dedurre una certa incuria da parte del resto dell'apparato.
    Sempre il 22 gennaio, c'è una riunione in Segreteria di Stato. Dal verbale riportato dagli autori - una copia di quello a loro mostrato dal cardinal Dario Castrillòn Hoyos, al tempo presidente di Ecclesia Dei, organismo che si occupava del dialogo con i lefevbriani - si notano due particolari importanti. Primo: non è presente padre Federico Lombardi, portavoce della Sala Stampa, che deve spiegare la decisione ai media, e che - stando alla ricostruzione degli autori - aveva avvertito comunque per tempo la Segreteria di Stato. Secondo: nessuno si prende la briga di scavare nel passato di Williamson, sapendo che i giornalisti lo avrebbero fatto. Manca, in fondo, quel collegamento diretto tra Sala Stampa e appartamento papale che aveva fatto la fortuna di Joaquin Navarro Valls. I due autori avvertono che il libro «non presenta una tesi pre-costituita», ma le critiche al ruolo della Sala Stampa della Santa Sede, al suo scollamento con la Segreteria di Stato, sono evidenti. A onor del vero, non vengono solo dai due autori. I quali hanno l'indubbio merito di rimettere insieme i pezzi di un Papato che ha avuto molte pietre di intralcio nella sua strada. Ma c'è una riflessione che viene da fare, al termine della lettura: è vero che questo Papa, attaccato da tutti i fronti, ha un problema di immagine. Ma quanto influiscono i giornalisti stessi su questo problema di immagine? Quanto anticipazioni gratuite, fughe di notizie delle quali si dà conto senza considerare il modo in cui possano essere strumentalizzate, non costituiscono parte del cancro interno della Chiesa?

    © Copyright Il Tempo, 3 settembre 2010


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    "Perché mi attaccano". Autobiografia di un pontificato

    Da quando è stato eletto, Joseph Ratzinger è bersaglio di un crescendo di assalti, da dentro e fuori la Chiesa. C'è una "mano invisibile" che li muove? Ecco come il papa giudica e spiega

    di Sandro Magister

    ROMA, 3 settembre 2010

    Sono usciti questa estate, negli Stati Uniti e in Italia, due libri che ricostruiscono e analizzano gli attacchi sferrati da più parti contro Benedetto XVI fin dall'inizio del suo pontificato, con un crescendo che ha toccato l'acme quest'anno.
    Il libro di Gregory Erlandson e Matthew Bunson, editori di testate cattoliche molto diffuse negli Stati Uniti, si concentra sullo scandalo degli abusi sessuali del clero.

    Il libro dei vaticanisti italiani Paolo Rodari e Andrea Tornielli estende invece l'analisi a una decina di attacchi contro altrettanti atti e discorsi di Benedetto XVI: dalla lezione di Ratisbona alla liberalizzazione della messa in rito antico, dalla revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani alla condanna del preservativo anti-AIDS, dall'accoglienza degli anglicani nella Chiesa cattolica allo scandalo della pedofilia.

    Di ciascuno di questi episodi Rodari e Tornielli forniscono una ricostruzione molto accurata, con retroscena anche inediti.

    La loro conclusione è che sono in atto tre diversi attacchi contro Benedetto XVI, ad opera di tre diversi nemici.

    Il primo e principale è il nemico esterno. Sono le correnti d'opinione e i centri di potere ostili alla Chiesa e a questo papa.

    Il secondo nemico sono quei cattolici – tra i quali non pochi sacerdoti e vescovi – che vedono in Benedetto XVI un ostacolo al loro progetto di riforma "modernista" della Chiesa.

    Il terzo nemico sono infine quei funzionari della curia vaticana che invece di aiutare il papa gli portano danno, per incapacità, per insipienza o anche per opposizione.

    Non risulta che questi tre fronti rispondano a un'unica regia. Ciò non impedisce però di cercare se vi sia una ragione unificante che spieghi attacchi così aspri e continui, tutti concentrati sull'attuale papa. È quanto fanno Rodari e Tornielli nell'ultimo capitolo del loro libro, raccogliendo i pareri di vari analisti e commentatori.

    Ma non meno importante è sapere come lo stesso Benedetto XVI interpreta gli attacchi portati contro di lui.

    *

    Nell'omelia della messa conclusiva dell'Anno Sacerdotale, lo scorso 11 giugno, anche Benedetto XVI si è riferito a un "nemico". Così:

    "Era da aspettarsi che al 'nemico' questo nuovo brillare del sacerdozio non sarebbe piaciuto; egli avrebbe preferito vederlo scomparire, perché in fin dei conti Dio fosse spinto fuori dal mondo. E così è successo che, proprio in questo anno di gioia per il sacramento del sacerdozio, siano venuti alla luce i peccati di sacerdoti, soprattutto l’abuso nei confronti dei piccoli, nel quale il sacerdozio come compito della premura di Dio a vantaggio dell’uomo viene volto nel suo contrario".

    E così il papa si è espresso all'inizio del suo viaggio a Fatima, lo scorso 11 aprile:

    "Non solo da fuori vengono attacchi al papa e alla Chiesa,. [...] La più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa. E quindi la Chiesa ha profondo bisogno di ri-imparare la penitenza, di accettare la purificazione".

    Già da qui si intuisce che per Benedetto XVI anche l'orribile 2010 è da viversi come un anno di grazia, al pari degli anni precedenti, anch'essi costellati da attacchi alla Chiesa e al papa.

    Per lui tutto si tiene. La tribolazione prodotta dal peccato è la condizione dell'umanità bisognosa di salvezza. Una salvezza che viene solo da Dio ed è offerta nella Chiesa con i sacramenti amministrati dai sacerdoti.

    Per questo – fa capire il papa – il rifiuto di Dio coincide così spesso con un attacco al sacerdozio e a ciò che pubblicamente lo contrassegna, il celibato.

    Lo scorso 10 giugno, nella veglia di chiusura dell'Anno Sacerdotale, Benedetto XVI ha detto che il celibato è un'anticipazione "del mondo della risurrezione". È il segno "che Dio c’è, che Dio c’entra nella mia vita, che posso fondare la mia vita su Cristo, sulla vita futura".

    Per questo – ha detto ancora – il celibato "è un grande scandalo". Non solo per il mondo di oggi "in cui Dio non c’entra". Ma per la stessa cristianità, nella quale "non si pensa più al futuro di Dio e sembra sufficiente solo il presente di questo mondo".

    Che "rendere Dio presente in questo mondo" sia la priorità della sua missione, papa Joseph Ratzinger l'ha detto più volte, in particolare nella memorabile lettera da lui rivolta ai vescovi di tutto il mondo il 10 marzo 2009.

    Ma legare alla questione di Dio quella del sacerdozio e del celibato sacerdotale non è così scontato. Eppure è proprio ciò che Benedetto XVI fa costantemente.

    Ad esempio, alla fine del 2006, tracciando un bilancio del suo viaggio in Germania che aveva fatto colpo per la lezione di Ratisbona, dopo aver sottolineato che "il grande problema dell'Occidente è la dimenticanza di Dio", ha proseguito dicendo che "è questo il compito centrale del sacerdote: portare Dio agli uomini". Ma il sacerdote "può farlo soltanto se egli stesso viene da Dio, se vive con e da Dio". E il celibato è segno di questa dedizione piena:

    "Il nostro mondo diventato totalmente positivistico, in cui Dio entra in gioco tutt’al più come ipotesi ma non come realtà concreta, ha bisogno di questo poggiare su Dio nel modo più concreto e radicale possibile. Ha bisogno della testimonianza per Dio che sta nella decisione di accogliere Dio come 'terra' su cui si fonda la propria esistenza".

    Non sorprende quindi che, nell'imminenza della sua elezione a papa, Ratzinger abbia invocato una riforma della Chiesa che cominciasse col purificare dalla "sporcizia" anzitutto i ministri di Dio.

    Non sorprende che abbia inventato e indetto un Anno Sacerdotale finalizzato a condurre il clero a una vita santa.

    Non sorprende che la liturgia sia così centrale, in questo pontificato. Per la liturgia il sacerdote vive. È al sacerdote che Dio "ha dato di preparare la mensa di Dio per gli uomini, di dare loro il suo corpo e il suo sangue, di offrire loro il dono prezioso della sua stessa presenza".

    La liberalizzazione della messa in rito antico, la revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani, l'accoglienza data alle comunità anglicane più legate alla tradizione sono parti di questo stesso disegno. E puntualmente sono tutte oggetto di attacco.

    C'è una misteriosa lucidità di visione che unifica gli attacchi all'attuale pontificato. Come se in essi agisse una "mano invisibile", nascosta ai suoi stessi attori. Una mano, una mente, che intuisce il disegno di fondo di Benedetto XVI e quindi fa di tutto per contrastarlo.

    Nel Vangelo di Marco c'è un "segreto messianico" che accompagna la vita di Gesù e resta celato ai suoi stessi discepoli. Ma non al "nemico". Il diavolo è colui che riconosce da subito in Gesù il Messia salvatore. E lo grida.

    Il paradosso degli attacchi di oggi alla Chiesa è che, proprio mentre la vogliono ridurre all'impotenza e al silenzio, ne svelano l'essenza, come luogo del Dio che perdona.

    "Dottore serafico" è l'epiteto di san Bonaventura da Bagnoregio, uno dei primi successori di san Francesco alla testa dell'ordine da lui fondato. Potrebbe essere applicato anche a Benedetto XVI, per come guida la Chiesa nella tempesta.

    Nella catechesi da lui dedicata lo scorso 10 marzo a questo santo – da lui molto studiato già da giovane teologo – papa Ratzinger ha espresso il suo pensiero anche sui "nemici" interni alla Chiesa.

    A quelli che, scontenti, pretendono una palingenesi radicale della Chiesa, un nuovo cristianesimo spirituale fatto di nudo Vangelo senza più gerarchie né precetti né dogmi, Benedetto XVI ha detto che dallo spiritualismo all'anarchia il passo è breve. La Chiesa "è sempre Chiesa di peccatori e sempre luogo di grazia". Progredisce ed evolve, ma sempre in continuità con la tradizione.

    A quelli che per riformare la Chiesa puntano tutto su nuove strutture di comando e nuovi comandanti, ha detto che "governare non è semplicemente un fare, ma soprattutto pensare e pregare": cioè "guidando e illuminando le anime, orientando a Cristo".

    Gli attacchi che si concentrano su papa Benedetto sono per lui la prova di quanto sia alta la scommessa che egli lancia agli uomini d'oggi, a tutti, anche agli increduli: "vivere come se Dio ci fosse".

    chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1344604


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    Benedetto XVI e la crisi degli abusi sessuali

    di padre John Flynn, LC



    ROMA, domenica, 13 giugno 2010 (ZENIT.org).

    Le continue rivelazioni sugli abusi sessuali commessi dai preti nella Chiesa cattolica sta convogliando un’inedita attenzione sul ruolo del Vaticano e in particolare sulle misure prese da Benedetto XVI. Tuttavia, nel marasma dell’informazione esiste il rischio che i fatti vengano oscurati dall’intensità delle opinioni espresse.
    Un esempio recente è rappresentato dalla notizia di copertina della rivista Time del 7 giugno. Il titolo del servizio, sovrapposto all’immagine del Papa ripreso di spalle, recitava: “Perché essere Papa significa non dover mai chiedere scusa”.
    Tuttavia, basta un rapido sguardo nella sezione del sito Internet del Vaticano dedicata agli abusi sessuali, per constatare che Benedetto XVI ha ripetutamente espresso il suo rimorso riguardo agli abusi subiti da bambini e adolescenti. In particolare, il primo link in alto contiene un video sul sesto paragrafo della lettera del Papa, del 19 marzo, indirizzata ai cattolici di Irlanda, in cui afferma: “Avete sofferto tremendamente e io ne sono veramente dispiaciuto”.

    Per aiutare a chiarire la questione, Gregory Erlandson e Matthew Bunson hanno appena pubblicato un libro dal titolo: “Pope Benedict XVI and the Sexual Abuse Crisis” (Our Sunday Visitor). Gli autori sono ben titolati ad esprimere commenti sulla questione. Erlandson è il presidente ed editore di Our Sunday Visitor Publishing Company, mentre Bunson è l’editore del Catholic Almanac e anche del Catholic Answers magazine.

    Secondo loro, una delle lezioni derivanti dagli scandali degli abusi sessuali è quella di non dover avere timore della verità. “I fatti devono essere affrontati, ma devono anche essere esaminati con equilibrio e onestà”, osservano nella premessa.
    Le questioni sul passato di Benedetto XVI sono sorte con la pubblicazione di notizie sulle misure da lui prese quando era Arcivescovo di Monaco nei confronti di un sacerdote. Altre accuse hanno fatto seguito, che riguardavano alcune sue decisioni quando era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, in relazione ai casi di abusi negli Stati Uniti. La stampa ha accusato il Pontefice di negligenza, insabbiamento e di mancanza di attenzione per le vittime degli abusi.

    Travisamento

    Gli autori del libro rifiutano queste asserzioni considerandole false, ma ammettono che la gente avrà avuto difficoltà a trovare punti di vista contrari, in grado di portarli ad una più fedele visione della situazione reale. Il risultato è che Benedetto XVI è stato diffamato e anche che i dati sulla Chiesa cattolica negli Stati Uniti sono stati travisati. Durante gli ultimi anni, l’adozione di nuove regole e procedure ha portato ad un cambiamento considerevole nell’ambito degli abusi sessuali, sottolinea il libro. Gran parte della stampa recente presenta, tuttavia, la situazione come se questi cambiamenti non fossero mai avvenuti.
    Riguardo al ruolo del Pontefice all'epoca in cui era capo della Congregazione per la dottrina della fede, gli autori pongono due importanti questioni. Anzitutto, fino al 2001 la responsabilità su questi casi di abusi sessuali era condivisa tra alcuni alti esponenti del Vaticano. Solo con la pubblicazione della lettera apostolica del 18 maggio di quell’anno, tutti i sacerdoti accusati di abusi sessuali sono stati assegnati alla Congregazione per la dottrina della fede.

    In secondo luogo, quando l’allora cardinale Joseph Ratzinger ha preso in carico la gestione di questi casi, ha attraversato un cambiamento di atteggiamento e si è reso conto più chiaramente della gravità della situazione e della necessità di adottare misure molto più energiche.

    Questo lo ha portato alle parole scritte per le meditazioni della Via Crucis del Venerdì Santo del 2005, poco prima della morte di Giovanni Paolo II. Per la Nona Stazione ha declamato: “Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui!”.

    Una volta che la Congregazione per la dottrina della fede ha assunto la responsabilità della gestione dei sacerdoti che hanno commesso abusi sessuali, si è mossa speditamente per risolverli. Questo è stato spiegato in un intervista che monsignor Charles J. Scicluna ha rilasciato al quotidiano Avvenire a febbraio di quest’anno. Circa il 60% dei casi non sono stati portati in giudizio a causa dell’età avanzata degli accusati, ma sono stati sottoposti ad azione disciplinare e interdetti da ogni ministero pubblico. Nell’insieme, in gran parte dei casi, i vescovi locali hanno consentito di prendere immediate misure disciplinari, per non dover aspettare lo svolgimento dei processi.

    Alcuni servizi giornalistici hanno criticato la lentezza o l’assenza di misure prese da Roma nei confronti dei preti colpevoli di abusi. Ma gli autori del libro, traendo elementi da varie fonti, dimostrano che i ritardi nella gestione di questi casi sono da attribuire molto più alla responsabilità dei vescovi americani locali, che alla negligenza del cardinale Ratzinger o dei funzionari del suo Ufficio.

    Infatti, come sottolineano gli autori, uno dei fattori che ha aggravato i problemi degli abusi sessuali è stata la mancata applicazione, da parte dei vescovi, delle leggi e norme della Chiesa previste per questi casi. Ma non è stata solo una mancanza dei vescovi. Ai tempi in cui sono avvenuti questi abusi, spesso diversi decenni fa, gli psichiatri e molti altri della società dell’epoca non comprendevano appieno l’intensità della malattia che sta dietro queste azioni.
    Constatando i grandi progressi che sono stati compiuti, Erlandson e Bunson avanzano anche alcune proposte sugli ulteriori passi che la Chiesa può compiere. Anzitutto, devono essere mantenute la chiarezza e l’affidabilità che Benedetto XVI ha stabilito e inoltre deve essere chiesto il conto ai colpevoli. Secondo, il Vaticano dovrebbe cercare di stabilire delle norme valide ovunque, per assicurare che le autorità civili siano informate dei casi di abusi sessuali e che i casi siano trattati in modo adeguato. In terzo luogo, deve proseguire il rinnovamento spirituale del sacerdozio e della vita religiosa.

    Leadership

    Erlandson e Bunsen concludono il loro studio affermando che la crisi degli abusi sessuali dei preti molto probabilmente caratterizzerà il pontificato di Benedetto XVI. E questo non tanto per la quantità dei casi rivelati, ma piuttosto per il ruolo di guida dimostrato dal Pontefice.
    Prima di diventare Papa, è stato artefice di importanti azioni intraprese della Congregazione per la dottrina della fede nei confronti di sacerdoti autori di abusi. Una volta eletto Papa, si è incontrato con molte vittime, ha richiamato i preti colpevoli e ha responsabilizzato i vescovi. Ha anche indirizzato le riforme procedurali che consentono alla Chiesa di rispondere più rapidamente ai casi di abusi sessuali. Il libro cita le parole del cardinale Sean O'Malley di Boston, secondo cui, per un decennio, il maggiore sostegno che i vescovi americani avevano a Roma, nella gestione degli abusi sessuali, era l’allora cardinale Ratzinger.
    Una volta eletto, Benedetto XVI ha scelto come suo successore alla Congregazione per la dottrina della fede un americano, il cardinale William J. Levada, qualcuno che aveva ben presente la prospettiva degli scandali. Nei suoi messaggi relativi agli abusi sessuali, il Pontefice ha parlato in modo chiaro e forte. E, come ha detto chiaramente nella sua lettera ai cattolici irlandesi, ha ben presente la necessità di un rinnovamento spirituale, osserva il libro.

    Gli autori ammettono che, come molti della sua generazione, l’attuale Papa inizialmente ha avuto difficoltà a cogliere la gravità della situazione, ma è poi cambiato al punto che “è diventato un indiscutibile sostenitore della riforma e del rinnovamento della Chiesa, comprendendo appieno l’importanza di questa lotta”.

    In altre parole, Benedetto XVI, non solo non è un ostacolo all’efficace gestione dei problemi degli abusi sessuali, ma è una parte vitale della loro soluzione.

    © Copyright Zenit


    [Modificato da Paparatzifan 03/09/2010 21:54]
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    DOMENICA 5 SETTEMBRE 2010

    ATTACCO A RATZINGER: CUI PRODEST?

    di Francesco Colafemmina

    Che il Papa sia sotto attacco sin dalla sua elezione al soglio di Pietro nell'aprile del 2005, credo sia ormai evidente a tutti. Nessuno, tuttavia, aveva ancora raccolto in maniera sistematica ed approfondita la lunga serie di agguati, colpi bassi, vere e proprie campagne mediatiche ostili, volti a indebolire il pontificato di Papa Benedetto XVI, succedutisi durante gli ultimi cinque anni. Ci hanno pensato i vaticanisti Paolo Rodari e Andrea Tornielli con il loro nuovo saggio dal titolo "Attacco a Ratzinger".
    Il volume racconta da un punto di vista estremamente obiettivo tutti i principali "incidenti" con cui l'attuale pontefice ha dovuto man mano fare i conti. Incidenti il cui riverbero o la cui stessa creazione in ambito mediatico, ne hanno favorito l'impatto piuttosto negativo sulla percezione generale dello stato di salute della Chiesa Cattolica e sul giudizio dei fedeli. I due giornalisti non vogliono però ricorrere alle facili strade del complottismo. Pertanto nessuna illazione o supposizione viene avanzata direttamente sulle cause occulte o palesi di questi attacchi a intervalli costanti. Una ragione in più per sforzarsi di comprendere il senso dei fatti descritti nella loro inchiesta.

    1. Il Papa è da sempre sotto attacco? Come ha ricordato recentemente anche lo storico Alberto Melloni, già conferenziere del Grande Oriente d'Italia, nonché dossettiano d'annata, la "compassione" indirizzata verso la figura del Pontefice parrebbe costituire una sorta di archetipo psicologico del fedele cattolico. In fondo, il Papa è o non è il catalizzatore umano di quella "inadeguatezza" della Chiesa che è causa di conflitti ed attacchi?
    Purtroppo però la questione non è così semplice. Gli attacchi evidenziati da Tornielli e Rodari costituiscono un oggetto di grande interesse per una duplice ragione: sono singolari per la loro intensità, frequenza e qualità, e sono volti a screditare la figura dell'attuale pontefice prima ancora che l'intera Chiesa Cattolica.

    E' per queste due ragioni che gli attacchi a Ratzinger costituiscono un unicum nella storia recente del papato. D'altronde, anche in epoche più remote, ma sempre "moderne", gli attacchi a Papi come Pio VI e Pio IX, erano mossi da specifici ambienti politici e settari. Ma a quell'epoca i Papi potevano ancora contare sul supporto di Nazioni cattoliche, di un clero florido e credibile, di una società non secolarizzata e ancora fortemente ancorata alla fede. Oggi il completo mutamento dei costumi sociali, degli assetti politici ed istituzionali mondiali, nonché della forza umana all'interno della Chiesa (calo di vocazioni e arretramento della fede specie in Occidente), comporta una ancor più palpabile unicità degli attacchi rivolti a Papa Ratzinger.
    Converrà perciò capire per quali misteriose ragioni questi attacchi siano rivolti alla Chiesa non direttamente, bensì indirettamente, ossia colpendo la persona stessa di Joseph Ratzinger. Dovremmo quindi domandarci: a. Perché questo Papa è più attaccato dei suoi predecessori? b. Perché si attacca così fortemente proprio questo Papa?

    La prima domanda vuole stabilire un confronto col passato. La seconda si concentra sulla specificità dell'insegnamento e dell'azione dell'uomo Joseph Ratzinger. A queste due domande bisognerebbe però aggiungere le seguenti: c. Questi attacchi nascono dall'interno della Chiesa o dall'esterno? d. Chi trae vantaggio da tali attacchi?

    Cercherò di trovare una risposta all'ultima domanda, il cui prodest?. Rispondere oggi a questa domanda sarebbe forse un po' da sciocchi. Credo, infatti, che i profittatori dell'indebolimento della personalità mediatica di Papa Ratzinger, preferiscano ancora restare dietro le quinte. Ma intanto cerchiamo di tratteggiarne la fisionomia.
    La storia ci insegna che il più delle volte complotti e manomissioni alla corte di un re sono stati operati o da aspiranti al trono frustrati nelle loro aspettative, o dall'aristocrazia di corte vogliosa di innovazioni e di guadagno di potere, o da nemici esterni al regno, capaci di portare tra le loro fila alcuni fedeli cortigiani del re sotto scacco. Chiaramente, rispetto al passato, il vero problema della Chiesa Cattolica e dell'attuale papato riguarda un fattore storicamente nuovo, come la comunicazione. Dunque, aggiungiamo che gli attacchi possono essere - diciamo così - "provocati", ma non finalmente "causati" da una cattiva comunicazione.
    Visto però che la comunicazione rientra sempre nell'attività interna alla "corte" pontificia, la "provocazione" dell'attacco può anche coincidere con la sua "causa", nel momento in cui si sappia che talune comunicazioni sono mediamente in grado di produrre effetti dannosi per l'immagine del pontefice. Sicché o gli errori di comunicazione sono dovuti ad imperizia o sono dovuti ad una volontà esplicita di danneggiare il Pontefice.
    Per capire come stiano le cose su quest'ultimo punto, è opportuno però dare uno sguardo all'intero sistema comunicativo della Santa Sede. Questo sistema è sempre fallace o lo è solo in casi specifici? In poche parole gli errori li commette solo quando nella comunicazione è coinvolto il Papa o anche in altri casi?

    Prima di dare una risposta a quest'ulteriore quesito, domandiamoci chi sia il responsabile finale della comunicazione della Santa Sede. E' o non è il Cardinal Segretario di Stato? Non si tratta dunque di una figura istituzionale di spicco all'interno della "corte" pontificia? Sicché possiamo concludere il ragionamento sulla possibile causa degli attacchi da ascrivere ad una cattiva comunicazione della Santa Sede, affermando che una volta che il re è nudo - ovvero si è ampiamente dimostrato che la comunicazione della Santa Sede fa spesso acqua da tutte le parti ed espone ancor più spesso ad attacchi mediatici il Santo Padre - non ci si può più nascondere dietro un dito. Così l'imperizia non può che trasformarsi in responsabilità (errare humanum est, perseverare diabolicum!).

    Ritorniamo perciò alla casistica già espressa: preparazione di un cambio al vertice (giochi preparatori per il prossimo Conclave), rivendicazioni dell'aristocrazia (collegialità richiesta dai Vescovi), complicità con agenti esterni (infiltrazioni lobbistiche in Vaticano). Esaminiamo quindi nel dettaglio questi tre casi, a mio parere interconnessi tra di loro.

    2. Sfogliando le pagine di "Attacco a Ratzinger" (titolo che emblematicamente spiega l'indirizzo personale e non istituzionale di tali attacchi) si può agilmente delineare, in via preliminare, il profilo ideologico dell'attaccante. Anzitutto l'attaccante è un tipico conformista: non ambisce a creare "problemi" e "discussioni" sia in ambito politico che religioso. Ama l'irenismo e il dialogo fini a se stessi e vuole che la Chiesa conviva pacificamente con le altre religioni senza proclamare la sua unica verità (esempio Ratisbona). E' totalmente contrario alla cosiddetta "riforma della riforma" e ambisce ad una piena e completa attuazione della riforma liturgica del Concilio Vaticano II (casi Linz, Williamson, Summorum Pontificum). Qua e là fa emergere insoddisfazione e voglia di apertura dinanzi alle ferree norme etiche della Chiesa, in particolare quando si parla di contraccezione e aborto, comunione per separati e divorziati (vedi caso Preservativo africano, ma si potrebbero citare altri casi di contestazione al Papa omessi nel dossier Rodari-Tornielli per la loro minore intensità). Inoltre l'attaccante tipo è interessato ad indebolire l'autorità del Pontefice utilizzando la questione pedofilia: i vescovi sono costretti ad agire in modo omertoso da documenti pontifici (come la Crimen sollicitationis). La questione pedofilia aiuta inoltre l'attaccante a rivendicare l'abolizione del celibato dei sacerdoti (vedi anche le dichiarazioni di Schoenborn in merito). Il profilo è dunque chiarissimo. Manca però una sorta di analisi in positivo degli attacchi. Ossia: quando il Papa non è stato attaccato, ma, al contrario, osannato? Possiamo dire senza tema di smentite che il Papa è stato osannato a livello mondiale quando è stata pubblicata la Caritas in veritate. Ricordate? Dal governatore della banca d'Italia Mario Draghi al premier britannico Gordon Brown, da Giulio Tremonti al presidente Barack Obama, per non parlare del gotha della finanza: tutti si sono sperticati nell'apprezzare ed osannare il rilancio delle energie rinnovabili, l'auspicio di uno sviluppo sostenibile, la critica degli eccessi speculativi, il finale voto perché si dia vita ad un organismo sovranazionale in grado di occuparsi di immigrazione, economia e via dicendo. Questi temi, impossibile negarlo, devono stare molto a cuore all'attaccante di Ratzinger. D'altronde quell'enciclica l'ha prodotta fisicamente il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace (come fece allora notare il critico George Weigel) e lo stesso Papa la rimandò indietro insoddisfatto per ben tre volte.

    Mettendo quindi insieme i singoli tasselli di questo puzzle non emerge forse prepotentemente una vera e propria agenda per il prossimo papato? Non è chiaro come il sole che attraverso questi attacchi si è intenti a delineare i futuri indirizzi della Chiesa?
    L'intreccio fortissimo fra creazione e percezione mediatica degli attacchi ha, d'altronde, un unico obiettivo: indebolire l'autorità personale dell'attuale pontefice e far coincidere l'ostilità nei suoi riguardi con una più diffusa ostilità nei riguardi delle sue scelte e dei suoi orientamenti.
    Così si interconnettono interessi molteplici. a. Quello dei Vescovi, interessati a realizzare una piena e completa collegialità col Vescovo di Roma. Un interesse, quest'ultimo, che rimonta a molti anni fa e riverbera nel presente antiche tensioni fra poteri interni alla Chiesa di Roma.
    b. L'interesse delle lobbies emanazione della finanza internazionale e di dominanti ambienti politici: come potrebbero, infatti, i Vescovi conservare un potere finanziario e in qualche modo istituzionale senza l'appoggio di tali lobbies? Gli investimenti che costantemente le curie episcopali di mezzo mondo portano avanti (specie nel settore immobiliare) sono forse autofinanziati? Nella maggior parte dei casi no.

    Si instaura così nella base istituzionale della Chiesa Cattolica un necessario stato di non belligeranza fra poteri, la cui provvisorietà dipende dalla progressiva omogeneizzazione delle istanze da essi propugnate. In sintesi la Chiesa finisce per venire a patti con la finanza e le istituzioni laiciste, i cui obiettivi coincidono con l'attenuazione dell'esclusivismo religioso cattolico, l'adeguamento etico del cattolicesimo alla nuova moralità contemporanea, la trasformazione del ritualismo romano nel quale il rapporto col divino è relazione oggettiva, in liturgia intellettualistica e sociale, dove il rito e la fede si stemperano in uno spiritualismo vagamente new age infarcito di soggettivismo.

    3. Quindi, in ultima analisi, è vero che non si può parlare esclusivamente di complotto o di semplice imperizia curiale, in riferimento ai molteplici attacchi subiti da Papa Ratzinger in questo quinquennio. Tuttavia, è innegabile che le trame di questo più grande fenomeno di trasformazione della Chiesa Cattolica siano estremamente chiare ed evidenti e in parte ovvie, data la parallela trasformazione della società e delle istituzioni politiche e finanziarie. E per comprendere quale tela andranno a tessere nel futuro, basta attenersi al presente disegno dell'ordito. Fuor di metafora: è possibile comprendere sin da ora dove e come culmineranno gli attacchi al Pontefice? Personalmente ho una teoria: credo che per demolire definitivamente l'autorità morale e dottrinale di Joseph Ratzinger basterebbe incrinarne la limpidezza umana. Ci hanno già provato in quest'ultimo anno cercando di coinvolgerlo in responsabilità gravi nel trattamento di casi di pedofilia, ipotizzando un coinvolgimento di suo fratello in casi di abusi nel coro di Ratisbona, rievocando sue presunte omissioni quand'era Arcivescovo di Monaco. Finora non ci sono riusciti. Sarebbe facile dire che non praevalebunt, se non fosse che queste forze negative sono talmente radicate nel seno della Chiesa da essere ormai indistinguibili, da non appartenere a chiare e nette fazioni. E' come se per attuare un cambiamento variamente auspicato da una maggioranza di Vescovi e sacerdoti, ognuno avesse deciso di sacrificare un po' dell'autorità di questo Pontefice, esponendolo alle ire di un mondo che lo giudica inadeguato. Questa divisione, questo stato di conflittualità interecclesiale non si risolverà facilmente perché è annoso e radicato, specie nel clero. Sono forse i fedeli, invece, i veri difensori di Papa Ratzinger? Non è forse a loro che è rimessa la responsabilità di amare questo pontefice e di difenderlo perinde ac cadaver, come un tempo dicevano i gesuiti?
    Ritengo proprio di sì. Dunque armiamoci di rosari e cominciamo a pregare e a fare una sana opera di apologetica: il destino della Chiesa è certo nelle mani di Dio, ma è anche nelle nostre e contro questi attacchi la preghiera e la salda fede sono certamente le "armi" più belle che lo stesso Sommo Pontefice Benedetto XVI vorrebbe vederci impugnare!

    Attacco a Ratzinger - di Paolo Rodari e Andrea Tornielli - Piemme - p.322 - € 18


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    Gli attacchi dimostrano che questo papato è esplosivo

    di Bruno Mastroianni,

    Tempi, 2.9.10

    Finite le vacanze si torna alla solita routine: il Papa parla di una cosa grandiosa come la fraternità universale e i media la riducono a un “duro monito rivolto a Sarkozy”. Non c’è molto da stupirsi.
    È successo anche all’intervista a Fox di Mons. Scicluna, Promotore di giustizia della Congragazione della Dottrina della Fede, sui casi di abuso sui minori e l’atteggiamento del Papa.

    Qualcuno l’ha vista riportata in quegli spazi che solo qualche mese fa pullulavano di orchi col clergyman? Eppure in quelle dichiarazioni traspariva la visone lucida e dirompente di Ratzinger sulla questione degli abusi: «si tratta certamente di una crisi per la Chiesa», ha detto Scicluna, «ma è anche un’opportunità. È l’occasione per guardare in faccia il “peccato” e fare qualcosa al riguardo. È un’opportunità per la Chiesa di mostrarsi determinata nella lotta contro il peccato e contro la criminalità».

    Sarà interessante allora leggere il libro di Andrea Tornielli e Paolo Rodari “Attacco a Ratzinger” (Piemme, 320 pagine, 18 euro) in cui i due vaticanisti si interrogano sulle cause e le ragioni che hanno portato al florilegio di incomprensioni e mistificazioni sul Papato che – come si legge nel testo - «di polemica in polemica, hanno avuto l’effetto di "anestetizzare" il messaggio di Benedetto XVI, schiacciandolo sul cliché del Papa retrogrado, depotenziandone la portata».
    A noi intanto viene spontanea una considerazione: vuoi vedere che tutta questa corsa mediatica al disinnesco non è altro che la conferma di quanto Ratzinger sia una deflagrazione che sta lasciando tracce indelebili nella storia?

    © Copyright Tempi, 2 settembre 2010


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    Ratzinger nel mirino

    Dietro l’attacco alla Chiesa c’è un obiettivo preciso: Benedetto XVI

    Aldo Maria Valli

    Ratzinger sta facendo al mondo contemporaneo e alla sua cultura una proposta, tanto semplice quanto rivoluzionaria, riassumibile in una formula: allargare gli spazi della ragione. Non è vero che è razionale solo ciò che è sperimentabile in modo scientifico. Razionale è tutto ciò che attiene alla natura umana, compresi quegli aspetti che non possiamo dimostrare con formule matematiche o con esperimenti di laboratorio.
    Razionale è anche credere in un Dio che crea l’uomo, a sua immagine e somiglianza, per amore.
    Di qui l’altra proposta, rivolta ai non credenti, di vivere veluti si Deus daretur, come se Dio ci fosse. Nell’epoca dei Lumi l’uomo ha cercato di codificare alcune norme morali fondamentali etsi Deus non daretur, partendo cioè dall’idea che Dio non esista. Spossata dalle guerre di religione e dall’uso politico della fede, l’umanità ha cercato di sganciarsi dall’ipotesi Dio in nome dello spirito di libertà. Ma oggi, in un’epoca in cui il tramonto dei valori cristiani espone l’uomo al rischio dell’autodistruzione, la prospettiva va ribaltata: anche chi non riesce a concepire la ricerca di Dio come qualcosa di razionale viva come se un’entità suprema e regolatrice esistesse. Proposta della quale si potrebbe discutere in un rinnovato «cortile dei gentili».
    I monaci che nel medioevo portarono alla costruzione dell’Europa (lo ha ricordato a Parigi il 12 settembre 2008) in quell’epoca confusa riuscirono a elaborare una nuova cultura perché avevano sete di assoluto e perché cercavano Dio. Lezione valida anche oggi, perché in ogni tempo una cultura si costruisce sulla ricerca di Dio e sulla disponibilità ad ascoltarlo.
    Rimettere ordine e fare pulizia nella Chiesa è l’altro grande compito che Benedetto si è dato (a partire dalla denuncia lanciata nella via crucis del 2005, quando parlò della «sporcizia» che c’è nella Chiesa) e che lo ha portato a lanciare segnali chiari, come dimostrano la netta condanna degli abusi sessuali compiuti da sacerdoti e religiosi, i ripetuti richiami contro l’inimicizia e il carrierismo, e l’inchiesta a carico dei Legionari di Cristo che ha permesso di portare alla luce i «gravissimi e obiettivamente immorali comportamenti » del fondatore, padre Marcial Maciel Degollado.
    A dispetto dei modi poco appariscenti e del carattere riservato, l’umile lavoratore nella vigna del Signore non si è risparmiato.
    Lo ha fatto nel segno della verità. Ma ciò lo ha messo decisamente in rotta di collisione con chi non vuole unire ma dividere e non vuole portare luce ma tenebre.

    Quanto riportato sopra è un estratto dal libro “La verità del papa” di Aldo Maria Valli in uscita per Lindau

    © Copyright Europa, 9 settembre 2010


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    «Lo stereotipo del reazionario è pericoloso quanto Agcà»

    di Aldo Maria Valli | 02 setembre 2010

    Concordo con Tornielli e Rodari: si punta a minare la credibilità del Papa. Ma non parlerei di errori di comunicazione

    Quando si farà la storia del pontificato di Benedetto XVI sarà difficile prescindere dal libro di Paolo Rodari e Andrea Tornielli Attacco a Ratzinger. Accuse, scandali, profezie e complotti contro Benedetto XVI (Piemme, 322 pagine, 18 euro). I due vaticanisti, tra i migliori che io conosca, ricostruiscono accuratamente, anche con particolari inediti, dieci attacchi che papa Ratzinger ha subito in questi anni, stabiliscono alcune connessioni e arrivano a una conclusione: contro l’attuale papa è in atto un attacco che ha protagonisti e mandanti diversi, accomunati però dallo stesso disegno.

    Gli episodi passati in rassegna sono quelli che hanno tenuto banco nelle cronache, dalla lectio magistralis di Ratisbona alla liberalizzazione della messa secondo l’antico rito, dalla revoca della scomunica a quattro vescovi lefebvriani alle affermazioni sull’utilizzo del preservativo come strumento contro l’epidemia dio Aids, dall’accoglienza di gruppi di anglicani nella Chiesa cattolica al devastante scandalo per i reati di pedofilia commessi da sacerdoti. Argomenti diversi, situazioni diverse, contesti diversi, ma con un filo conduttore: la volontà, da parte di alcuni, di colpire questo pontefice.

    Ora, perché questi attacchi? E chi sono i nemici di Benedetto? Il libro è molto chiaro. Il motivo comune è la volontà di indebolire Benedetto XVI minandone la credibilità, il che si può ottenere dipingendolo costantemente come un vecchio reazionario, espressione di un mondo superato e di una fede che non solo non ha più nulla da dire all’uomo contemporaneo, ma diventa dannosa (si veda il caso dell’Aids) sulla strada dell’autentica libertà e del vero progresso. Quanto ai nemici, gli autori ne individuano tre: il primo è rappresentato da intellettuali, centri di potere e correnti di pensiero che vogliono spingere la Chiesa ai margini del dibattito pubblico, relegando la fede e le sue conseguenze morali nell’ambito del sentimentalismo privato e togliendole così rilevanza sociale e culturale. Il secondo nemico è invece interno, ed è costituto da quei settori della Chiesa e del mondo cattolico che in nome del rinnovamento e del dialogo con la modernità considerano Benedetto XVI un anacronismo, perché troppo legato alla tradizione e a una visione dogmatica (così dicono) della fede. Infine c’è il terzo nemico, ancora più interno, perché sta fisicamente a pochi passi dal papa stesso: sono quei collaboratori che, dentro la curia vaticana, in realtà non collaborano affatto ma, a volte per incapacità, altre volte perché essi stessi poco in sintonia con questo papa, remano in direzione opposta.

    Secondo Rodari e Tornielli non si può dire che sia in atto un complotto, nel senso che tutti questi nemici operano ognuno secondo logiche proprie, senza un progetto predisposto di comune accordo. Di certo però gli attacchi vanno tutti nella stessa direzione e mirano a ottenere lo stesso risultato.

    È una tesi che condivido e che è verificabile nei fatti. C’è un dettaglio però rispetto al quale dissento dall’analisi degli autori, ed è quando sostengono che da parte del Vaticano c’è un difetto di comunicazione. Nella vicenda della revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani c’è stato sicuramente un ritardo nel rendersi conto della gravità delle affermazioni del vescovo Richard Williamson e non si è stati capaci di spiegare a sufficienza motivi e portata del provvedimento papale, circostanza del resto ammessa dallo stesso pontefice. Ma negli altri casi “incriminati” onestamente non vedrei sbagli dal punto di vista della comunicazione. Ciò che Benedetto ha sostenuto nella lezione di Ratisbona, ad esempio, è ciò che lui voleva effettivamente dire, e la citazione che ha scatenato il putiferio, sulla violenza usata da Maometto, era funzionale al suo discorso. Sono stati i mass media a mettere in bocca al papa le parole che invece erano dell’imperatore Manuele Paleologo, vissuto quasi settecento anni fa. E quando il papa, in viaggio verso l’Africa, ha detto che non è con il preservativo che si può risolvere il problema dell’Aids, ha detto forse qualcosa di poco ragionevole? O non è piuttosto ciò che sostengono anche gli scienziati più onesti e meno ideologizzati?

    Nello stesso periodo in cui Rodari e Tornielli hanno scritto Attacco a Ratzinger io ho scritto La verità del Papa, e sotto molti aspetti i due libri si assomigliano, tanto è vero che in un primo tempo il titolo previsto per il mio era Attacco alla Chiesa. Non è solo una coincidenza. Se tre vaticanisti, senza consultarsi, hanno avvertito la stessa esigenza vuol dire che siamo in presenza di un fenomeno la cui rilevanza va al di là dell’ordinario. Se tanti anni fa Giovanni Paolo II venne messo fisicamente nel mirino di un attentatore, oggi Joseph Ratzinger è preso di mira, grazie a Dio, in un altro modo, ma l’attacco odierno è più devastante. La partita è fra verità e relativismo. E chi vuole che l’umanità cada totalmente in preda al relativismo ha capito che il primo ostacolo da rimuovere è proprio Benedetto XVI.


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    Da "vinonuovo.it" ...

    «Colpito perché dice cose scomode»

    di Andrea Tornielli | 02 setembre 2010

    Valli sottolinea bene l'ostilità alle parole su relativismo morale e ingiustizia sociale. Ma per noi c'è anche una «questione Curia» da non sottovalutare

    La verità del Papa (Lindau, pp. 184, 14 euro) è un bel libro del vaticanista del Tg1 Aldo Maria Valli che rivela nel sottotitolo - «Perché lo attaccano, perché va ascoltato» - il suo obiettivo: presentare il cuore del messaggio di Benedetto XVI, mettendo in luce come questo sia osteggiato da chi non perdona al Papa di dire ciò che dice. Valli mostra di condividere l’analisi di George Weigel e non crede all’esistenza di un complotto organizzato con un’unica regia, ma ritiene che gli scandali sollevati dagli abusi sessuali commessi da preti e religiosi sia stato strumentalizzato «al fine di realizzare una delle più imponenti operazioni anticattoliche mai condotte, con l’obiettivo di screditare non solo la Chiesa ma anche e soprattutto l’attuale Papa, Benedetto XVI».

    All’origine dell’attacco contro Ratzinger, spiega il vaticanista del Tg1, c’è una «battaglia» intrapresa da Benedetto «contro il relativismo, che è entrato anche nella Chiesa e che rende gli uomini incapaci di riconoscere il bene e il male, il bello e il brutto, ciò che è buono e doveroso da ciò che è cattivo e da evitare. E nasce qui la sua proposta fatta alla cultura contemporanea, anche a quella di ispirazione atea, di ancorarsi a un principio condiviso di verità nel quale riconoscersi in quanto uomini. Altra sfida tremenda, ma portata avanti con assoluta serenità e coerenza». L’«aggressione», spiega Valli, è determinata dalla «volontà di colpire» il Papa per due motivi: «Perché dice che una verità esiste e perché fa appello alla giustizia sociale. Il primo è un fronte filosofico, il secondo è economico-sociale. Ma entrambi concorrono a fare del pontefice un punto di riferimento che ostacola le manovre di chi invece campa sul relativismo morale e sull’ingiustizia sociale. Di qui gli attacchi nei suoi confronti».

    Il libro, che non è un excursus attraverso i singoli attacchi ma cerca piuttosto di offrirne una chiave di lettura unitaria legata al messaggio scomodo del Pontefice, contiene pagine illuminanti, come quella dedicata alle critiche rivolte dall’arcivescovo di New York Timothy Dolan al «New York Times», accusato dal prelato di usare due pesi e due misure: attacco frontale e diretto al Papa e alla Chiesa cattolica per il modo in cui sono stati trattati i casi di pedofilia del clero, con richiesta di pressante di pulizia e trasparenza, massima cautela, invece, quando sotto accusa per lo stesso crimine era stato un rabbino. «Le parole di Dolan – scrive Valli – sono state aspramente condannate, anche in Italia, come sintomo di antisemitismo strisciante, ma nessuno si è premurato di verificare in che cosa consista il riferimento al “rabbino newyorkese”. La vicenda – continua il vaticanista – è sconvolgente. Tutto nasce dalla denuncia fatta da sei uomini, ora adulti, nei confronti del rabbino Yehuda Kolko, docente alla Yeshiva Torah Temimah di Brooklyn, accusato di aver abusato di loro quando erano bambini. Il fatto singolare è che i sei si sono rivolti a un avvocato,
    Michael Dowd, divenuto famoso per aver intentato cause per miliardi di dollari contro la Chiesa cattolica come legale delle vittime di abusi commessi da sacerdoti. Proprio i successi di Dowd – si legge ancora nel libro di Valli – hanno convinto i sei a rompere gli indugi, ma nel caso in questione all’avvocato è andata male, perché il rabbino, ben protetto dalla comunità, si è licenziato dalla scuola e ha patteggiato evitando risarcimenti onerosi. Dowd in ogni caso ha deciso di non mollare la presa. Secondo lui gli abusi sessuali sono avvenuti e avvengono non solo nelle scuole rabbiniche, ma anche nelle case degli ebrei ortodossi, coinvolgendo figli e figlie. Come fonte, Dowd cita Dov Hikind, che nel corso di una trasmissione dell’emittente radiofonica WMCA avrebbe ricevuto in pochi minuti centinaia di telefonate da parte di vittime di abusi avvenuti in scuole e case. Dowd ha chiesto di rendere noti i nomi dei responsabili degli abusi, ma Hikind ha risposto: “Piuttosto che parlare mi faccio dieci anni di galera”. Negli ambienti dell’ebraismo ortodosso denunciare certi fatti ai non ebrei è considerata la più alta forma di tradimento. È proprio questo vaso che l’arcivescovo Dolan ha chiesto di scoperchiare».

    Pagine di cronaca molto interessanti per comprendere come funzioni un certo circuito mediatico, anche se, proprio su questo, Benedetto XVI, al contrario di molti suoi collaboratori, non ha mai difeso se stesso o la Chiesa cattolica nascondendosi dietro le statistiche e invitando a guardare le colpe altrui, come se un mal comune fosse un mezzo gaudio e il fatto che le depravazioni interessassero ampiamente altri gruppi professionali o religiosi potesse rappresentare un’attenuante per i preti macchiatisi di questi gravi delitti. Valli ricorda, a questo proposito, come Ratzinger, proprio nel giorno della manifestazione di sostegno al Papa organizzata dal laicato cattolico in piazza San Pietro, abbia detto: «Il vero nemico da temere e da combattere è il peccato, il male spirituale, che a volte, purtroppo, contagia anche i membri della Chiesa. Viviamo nel mondo, dice il Signore, ma non siamo del mondo, anche se dobbiamo guardarci dalle sue seduzioni. Dobbiamo invece temere il peccato e per questo essere fortemente radicati in Dio, solidali nel bene, nell’amore, nel servizio».

    Mi permetto di fare solo un piccolo appunto al libro di Aldo Maria. Valli scrive che «nei mass media come nelle centrali finanziarie, nei governi come nei gruppi di pressione di vario tipo e ispirazione, il Papa, al di là di un rispetto formale, è visto spesso come un fastidioso bastone inserito fra le ruote della macchina impegnata a costruire il consenso e a formare coscienze. Tanto più è credibile, tanto più il capo della Chiesa cattolica va colpito. E se Benedetto XVI è tanto colpito è proprio perché è molto credibile e le sue parole hanno efficacia». Ma nelle pagine del suo volume non si mettono in evidenza eventuali inadempienze o sottovalutazioni della macchina di governo curiale chiamata a sostenere e aiutare il Papa come «cinghia di trasmissione» del suo messaggio. Sono convinto, ad esempio, che la lectio di Regensburg si sia trasformata in una possibilità di dialogo sincero con molti intellettuali islamici, ma se per quindici volte, dopo quel discorso, il Papa ha ripetuto che la citazione di Manuele II Paleologo non esprimeva il suo pensiero, forse sta a significare che ciò non era così chiaro ed evidente nel testo iniziale, pur essendo indubitabile la strumentalizzazione mediatica.


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    Occorre ristabilire la verità

    Le EDIZIONI LINDAU presentano

    Aldo Maria Valli

    LA VERITÀ DEL PAPA
    Perché lo attaccano, perché va ascoltato



    -Edizioni Lindau | Collana «I Draghi» | pp. 184 | euro 12,00 | ISBN 978-88-7180-886-4 | settembre 2010

    IN LIBRERIA DAL 23 SETTEMBRE

    Da quando è scoppiato il cosiddetto «scandalo pedofilia», quasi non passa giorno senza che la Chiesa cattolica e il Papa siano sottoposti a critiche feroci e attacchi impietosi, molto spesso attraverso ricostruzioni dei fatti lacunose e tendenziose. La stampa internazionale ha dato straordinario risalto alla vicenda e ha messo sotto accusa l’intera Chiesa cattolica, la sua organizzazione, i suoi vertici, le sue regole.

    L’attacco, inedito per ostinazione e capillarità, ha un obiettivo preciso: Benedetto XVI, fatto oggetto di una campagna denigratoria per molti versi a senso unico. Il suo insegnamento sulla ragione umana, la sua critica di un’economia priva di etica, il suo coraggio nel denunciare i mali della Chiesa stessa (con la recente affermazione secondo cui la persecuzione viene anche dall’interno), la sua avversione per il «politicamente corretto» ne fanno automaticamente un nemico agli occhi di molti, e non solo al di fuori della cattolicità e del mondo ecclesiale.

    La ricostruzione di Aldo Maria Valli non si ferma però agli ultimi mesi – con aspetti di estrema attualità, come il viaggio del Papa in UK, e analisi di casi poco conosciuti –, va più a fondo e disegna una mappa dettagliata delle forze antagoniste a Roma – esterne alla Chiesa, ma anche interne –, delle loro azioni e della loro strategia su temi quali l’aids, l’islam, l’unità dei cristiani, l’aborto, il ruolo della Chiesa nella società.

    Benedetto XVI è davvero un ostacolo? Per chi? O si tratta, effettivamente, di un problema di "comunicazione"?Valli parte da una domanda diretta: dietro il grande clamore dello scandalo della pedofilia, c’è forse una manovra contro il Papa? È un fatto che il sistema globale della comunicazione non ama Joseph Ratzinger, il suo rigore, la sua determinazione, la sua dolce inflessibilità. Già in passato lo ha preso di mira, accusandolo di fomentare l’islam, di incoraggiare i negazionisti dell’Olocausto, di contribuire alla diffusione dell’Aids in Africa ecc. Ma quali sono le ragioni di questa ostilità? Dove affondano le sue radici? Quali interessi sono in gioco? E, soprattutto, chi vuole colpire il Papa?

    Senza nascondere la gravità dei crimini e dei peccati commessi da alcuni figli della Chiesa, occorre ristabilire la verità.

    L'AUTORE. Aldo Maria Valli (Rho, 1958) è vaticanista al Tg1. Tra i suoi libri più recenti, Voi mi sarete testimoni. Dionigi Tettamanzi arcivescovo a Milano e, con Rodolfo Lorenzoni, La tradizione tradita. La Chiesa, gli ebrei e il negazionismo.

    L'INDICE

    7 Introduzione

    La verità del Papa

    17 1. Ratzinger nel mirino
    33 2. Scandalo in prima pagina
    57 3. Un’inquisizione per il Papa
    69 4. A braccia aperte
    87 5. Un naufragio provvidenziale
    111 6. Il pregiudizio anticristiano
    127 7. La grande proposta
    143 8. Quell’attacco che viene da dentro
    159 9. Conclusioni


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    00 25/09/2010 19:54
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    Cinque anni di pontificato nello sguardo del segretario particolare

    Il Papa delle sorprese

    Stile e coraggio di un uomo che parla di Dio

    Il ventisettesimo Premio Capri San Michele per la Sezione Immagini Verità — assegnato all'opera Benedetto xvi urbi et orbi. Con il Papa a Roma e per le vie del mondo (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2010), curata dal segretario particolare del Pontefice — è consegnato nel pomeriggio del 25 settembre ad Anacapri. Anticipiamo l'intervento del curatore.

    di Georg Gänswein

    Un lustrum è molto, un lustrum non è molto; un arco di tempo di cinque anni è ampio, un arco di tempo di cinque anni non è molto ampio. Sulla questione si può discutere a lungo e trovare argomenti pro e contro.
    Lo scorso 19 aprile 2010 erano cinque anni da quando il cardinale Joseph Ratzinger veniva eletto Papa con il nome di Benedetto xvi. Il quinto anniversario della sua elezione è stata l'occasione concreta per questa pubblicazione. Ma la ragione più profonda sta nell'invito a seguire le tracce del Santo Padre nella sua sede episcopale di Roma (urbi), nei suoi viaggi apostolici in Italia e nei diversi Paesi e continenti della terra (orbi), e a trovarne il messaggio dietro i discorsi, le omelie, le lettere, le catechesi. È in quest'ottica che il tempo mondano, chrònos, può e deve diventare per tutti un chairòs, il tempo della grazia. E allora la disquisizione sulla valenza temporale del quinquennio si apre a una dimensione del tutto diversa, che sfugge alla logica del computo matematico.

    Chi era presente personalmente in piazza San Pietro o davanti ai televisori, nel momento in cui il fumo bianco dal camino della Cappella Sistina annunciava al mondo il nuovo Papa, non dimenticherà mai la commozione e l'emozione quando il Sommo Pontefice, appena eletto, si affacciò dalla Loggia delle Benedizioni e rivolse ai fedeli, a braccio, le indimenticabili parole: «Cari fratelli e sorelle, dopo il grande Papa Giovanni Paolo ii, i signori Cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore. Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare ed agire anche con strumenti insufficienti e soprattutto mi affido alle vostre preghiere. Nella gioia del Signore risorto, fiduciosi nel suo aiuto permanente, andiamo avanti. Il Signore ci aiuterà e Maria sua Santissima Madre starà dalla nostra parte. Grazie».

    In tutti gli angoli della terra l'acqua è sempre la stessa: è sempre l'identica composizione di idrogeno e di ossigeno. Eppure l'acqua è dovunque diversa. Perché? Perché l'acqua assume ogni volta delle caratteristiche singolari in rapporto al terreno che la filtra. Così accade per i Papi. Essi svolgono la stessa missione e rispondono alla medesima chiamata di Gesù; però ognuno risponde con la propria personalità e con la propria irripetibile sensibilità.

    Tutto questo è meravigliosamente bello: è un segno dell'unità nella diversità; è un miracolo di novità nella continuità; è una manifestazione suprema di ciò che accade in tutto il corpo della santa Chiesa di Cristo, dove novità e continuità convivono e si armonizzano senza sosta. Papa Benedetto xvi non è uguale a Giovanni Paolo ii, Deo gratias: Dio non ama la ripetizione e le fotocopie. E Giovanni Paolo ii non era uguale a Giovanni Paolo i, Deo gratias, così come Giovanni Paolo i non era uguale a Paolo vi, Deo gratias, e Paolo vi non era uguale a Giovanni xxiii, Deo gratias. Eppure tutti hanno amato Cristo appassionatamente e hanno servito fedelmente la sua Chiesa: Deo gratias quam maximas!

    Però — ecco il fatto veramente singolare ed edificante — Papa Benedetto xvi si è presentato al mondo come il primo devoto del suo predecessore; è un atto di grande umiltà, che stupisce e suscita commossa ammirazione.

    Il 20 aprile 2005, parlando ai cardinali nella Cappella Sistina un giorno dopo l'elezione al supremo pontificato, Benedetto xvi si esprimeva così: «Nel mio animo convivono in queste ore due sentimenti contrastanti. Da una parte un senso di inadeguatezza e di umano turbamento per la responsabilità (...). Dall'altra parte, sento viva in me una profonda gratitudine a Dio che non abbandona il suo gregge, ma lo conduce attraverso i tempi, sotto la guida di coloro che Egli stesso ha eletto come Vicari del Suo Figlio e ha costituito pastori. Carissimi, questa intima riconoscenza per un dono della divina misericordia prevale, malgrado tutto, nel mio cuore. E considero questo fatto una grazia speciale ottenutami dal mio venerato Predecessore, Giovanni Paolo ii. Mi sembra di sentire la sua mano forte che stringe la mia; mi sembra di vedere i suoi occhi sorridenti e di ascoltare le sue parole, rivolte in questo momento particolarmente a me: “Non abbiate paura”».

    Come sono sincere questo parole, e nello stesso tempo, profumate di umiltà! È davvero meraviglioso il fatto che un Papa attribuisca all'intercessione del proprio predecessore il primo dono del suo pontificato: la pace del cuore in mezzo alla bufera inattesa delle emozioni. Papa Benedetto xvi ha dato alla Chiesa e al mondo una stupenda lezione di stile pastorale: chi inizia un servizio ecclesiale — questa è la sua lezione — non deve cancellare le tracce di chi ha lavorato precedentemente, ma deve porre umilmente i propri piedi sulle orme di chi ha camminato e faticato prima di lui. Se accadesse sempre così, sarebbe salvo tanto patrimonio di bene, che invece viene spesso demolito e dilapidato. Il Papa ha raccolto questa eredità e la sta elaborando con il suo stile mite e riservato, con le sue parole pacate e profonde, con i suoi gesti misurati ma incisivi.

    Benedetto xvi nel suo discorso inaugurale del ministero petrino, il 24 aprile 2005, ha usato espressioni molto chiare: «Il mio vero programma di governo — ha detto il Papa — è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire le mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui, cosicché sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia». Da quel giorno sono trascorsi cinque anni. Per un pontificato non si tratta certo di un lungo periodo, ma di un lasso di tempo sufficiente per tracciare un primo bilancio. Per cosa si batte Benedetto xvi? Che messaggio vuol portare agli uomini, a Roma e nel mondo? Cosa lo muove e cosa è riuscito lui stesso a smuovere?

    Va anzitutto sottolineato quanto questo Papa abbia sorpreso tutti noi: in primo luogo per la lievità con la quale ha assunto il compito del suo predecessore Giovanni Paolo ii, interpretandolo in modo nuovo e tuttavia egualmente pieno di vitalità. Giovanni Paolo ii è stato il Pontefice delle grandi immagini, dalla potenza immediatamente evocativa; Benedetto xvi è il Papa della parola, della forza della parola: è un teologo più che un uomo di grandi gesti, un uomo che «parla» di Dio.

    Allo stesso modo ha destato in noi meraviglia come l'ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, con il suo calore e la sua semplicità così spontanea e vera, riesca senza sforzo alcuno ad avvincere il cuore degli uomini.

    È giunto inaspettato anche il coraggio che segna chiaramente il pontificato del Papa tedesco.

    Benedetto xvi non teme i confronti e i dibattiti. Chiama per nome le insufficienze e gli errori dell'occidente, critica quella violenza che pretende di avere una giustificazione religiosa. Non smette mai di ricordarci che si voltano le spalle a Dio con il relativismo e l'edonismo non meno che con l'imposizione della religione attraverso la minaccia e la violenza. Al centro del pensiero del Papa sta la questione del rapporto tra fede e ragione; tra religione e rinuncia alla violenza.

    Dalla sua prospettiva, la rievangelizzazione dell'Europa e di tutto il mondo sarà possibile quando gli uomini comprenderanno che fede e ragione non sono in contrasto, ma in relazione tra loro. Una fede che non si misura con la ragione diviene essa stessa irragionevole e priva di senso. E al contrario, una concezione della ragione che riconosce unicamente ciò che è misurabile non basta per comprendere l'intera realtà. La ragione deve lasciare spazio alla fede e la fede deve rendere testimonianza alla ragione, perché entrambe non si sminuiscano nel ristretto orizzonte della propria ontologia. In fondo, al Papa interessa riaffermare il nocciolo della fede cristiana: l'amore di Dio per l'uomo, che trova nella morte in croce di Gesù e nella sua risurrezione l'espressione insuperabile. Questo amore è l'immutabile centro sul quale si fonda la fiducia cristiana nel mondo, ma anche l'impegno alla misericordia, alla carità, alla rinuncia alla violenza.

    Non a caso la prima enciclica di Benedetto xvi è intitolata Deus caritas est, «Dio è amore». È un segno evidente; di più, una frase programmatica del suo pontificato. Benedetto xvi vuole far risplendere il fascinosum del messaggio cristiano. È questo che, più di ogni altra cosa, caratterizza il pontificato del Papa teologo. Nella sua prospettiva, sta qui la forza e anche la possibilità di futuro per la fede. Il messaggio del successore di Pietro è tanto semplice quanto profondo: la fede non è un problema da risolvere, è un dono che va scoperto nuovamente, giorno per giorno. La fede dona gioia e pienezza.

    Ma la fede ha un volto umano — Gesù Cristo. In lui, il Dio nascosto è divenuto visibile, tangibile. Dio, nella sua grandezza incommensurabile, si offre a noi nel suo Figlio. Al Santo Padre preme annunciare il Dio fatto carne, urbi et orbi, a piccoli e grandi, a chi ha potere e a chi non ne ha, dentro e fuori la Chiesa, che lo si gradisca o meno. E anche se tutti gli occhi e le telecamere sono puntati sul Papa, non si tratta tanto di lui.

    Il Santo Padre non mette al centro se stesso, non annuncia se stesso, ma Gesù Cristo, l'unico redentore del mondo. Chi vive in pace con Dio, chi si lascia riconciliare con lui, trova anche la pace con se stesso, con il prossimo e la creazione che lo circonda. La fede aiuta a vivere, la fede regala gioia, la fede è un grande dono: questa è la convinzione più profonda di Papa Benedetto.

    Per lui è un sacro dovere lasciare tracce che conducano a questo dono. Con parole e immagini il libro premiato ne dà testimonianza: esso vuole essere un attestato di devozione e di affetto al Santo Padre, e un piccolo strumento — anch'esso umile, parziale ma evocativo con la forza delle immagini — di evangelizzazione e di documentazione di una testimonianza che si esprime «in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra» (Atti degli Apostoli, 1, 6).

    (©L'Osservatore Romano - 26 settembre 2010)


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