È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!

Benedetto XVI Forum Luogo d'incontro di tutti quelli che amano il Santo Padre.

Documenti emanati dai dicasteri e da altri organismi della Curia Romana e della Santa Sede durante il pontificato di Benedetto XVI

  • Messaggi
  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 13.978
    Post: 2.954
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Veteran
    00 09/02/2010 00:31
    Intervento della Santa Sede sulla promozione di un'autentica integrazione sociale
    All'ONU, alla 48° sessione dell'Ecosoc



    CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 8 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l'intervento pronunciato il 4 febbraio a New York dall'Arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite, in occasione della 48° sessione della Commissione per lo Sviluppo Sociale del Consiglio Economico e Sociale dell'Onu (Ecosoc) sul tema dell'integrazione sociale.

    * * *

    Signor Presidente,

    A nome della mia Delegazione desidero esprimere a lei e al Bureau i migliori auguri per una sessione feconda sul tema prioritario di quest'anno, «Promuovere l'integrazione sociale», e attendo con piacere di lavorare con i membri e le altre parti interessate per affrontare le pressanti sfide dell'integrazione sociale.

    Da oltre vent'anni, ormai, la comunità umana sta vivendo e interagendo nel contesto della cosiddetta globalizzazione della società. E tuttavia, la «società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli» (Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 19). Tutti i responsabili della promozione dell'integrazione sociale e della coesione sanno fin troppo bene che non possono essere ottenute per mezzo di una semplice, seppure indispensabile, combinazione di buone leggi e di misure sociali e incentivi. C'è sempre il bisogno di andare oltre e prendere in considerazione il bene integrale della persona umana nelle sue diverse dimensioni, compresa quella spirituale.

    In un mondo afflitto dalle grandi difficoltà della crisi economica e finanziaria, le deliberazioni sulla promozione dell'integrazione sociale devono tener conto del suo collegamento con lo sradicamento della povertà e la piena occupazione, che comprende un lavoro dignitoso per tutti.

    Anche se il sistema finanziario sembra riacquistare stabilità e l'aumento della produzione in alcuni settori è segno di una ripresa economica, in molti luoghi il livello di disoccupazione continua a peggiorare.

    In questo contesto, al fine di promuovere la crescita economica e sociale, insieme all'occupazione, sembra che gli schemi di consumo dovrebbero concentrarsi sui beni e i servizi relazionali che favoriscono un maggiore legame tra le persone. Investendo nei beni relazionali, come l'assistenza medica, l'educazione, la cultura, l'arte, lo sport — tutte cose che sviluppano la persona ed esigono un'interazione umana unica piuttosto che una produzione meccanica — lo Stato, attraverso gli interventi pubblici, affronterebbe la questione dello sviluppo alla radice, favorendo al contempo l'occupazione e lo sviluppo a lungo termine.

    Lo sviluppo e l'integrazione sociale non si realizzeranno soltanto attraverso soluzioni tecnologiche, poiché riguardano principalmente le relazioni umane.

    Concentrarsi sulle relazioni umane esige un'apertura alla vita che è un contributo positivo allo sviluppo sociale ed economico. In questa luce, troppo spesso la crescita demografica è vista come causa della povertà mentre invece è un mezzo per superarla, poiché solo nella forza lavoro si può trovare la soluzione alla povertà. È pertanto indispensabile che i Paesi concentrino i loro sforzi sulla ricerca di modi e mezzi per far sì che le persone ricevano la necessaria preparazione, formazione ed educazione affinché l'ingegno umano possa essere utilizzato in un modo che promuova lo sviluppo e i diritti umani. Similmente, laddove i tassi di crescita economica sono diminuiti, le risposte non stanno nel cercare di chiudere la società agli altri e nel fare pressione per una diminuzione della popolazione, bensì nel creare una società che sia aperta alla vita e la incoraggi. Promuovere la vita e la famiglia e trovare modi per integrare il contributo di tutte le persone permetterà alle società di realizzare il loro pieno potenziale e ottenere lo sviluppo.

    Per questa ragione la famiglia occupa un posto centrale. La famiglia è il primo contesto in cui i bambini acquisiscono certe capacità, atteggiamenti e virtù che li preparano come forza lavoro e quindi permettono loro di contribuire alla crescita economica e allo sviluppo sociale. L'educazione e la formazione sono un investimento a lungo termine. Ciò esige che le politiche che promuovono la famiglia non si basino solo sulla ridistribuzione, ma soprattutto sulla giustizia e sull'efficienza, e che si assumano la responsabilità delle necessità economiche e del giusto trattamento fiscale delle famiglie.

    Signor Presidente, mentre promoviamo l'integrazione sociale nel mondo attuale, non possiamo ignorare la crescente attenzione che occorre rivolgere alla migrazione, e in particolare alla migrazione irregolare.

    Sempre più spesso si osservano intolleranza e attriti reciproci tra i cittadini e i nuovi arrivati nei paesi in cui vi è un'immigrazione intensa. Questo fenomeno esige una grande attenzione per i due percorsi dell'accettazione dei migranti e del rispetto della legge, nei quali si possono trovare le soluzioni al problema. Anche in questo campo l'integrazione e la coesione sociale sono i parametri che ci consentono di trovare soluzioni adeguate alle complesse questioni legate all'immigrazione.

    L'integrazione richiede molto tempo e generalmente viene realizzata nelle generazioni successive. Si fonda sulla premessa di una visione proattiva della cittadinanza nazionale e dei meccanismi di interazione, che implica il pieno rispetto dei diritti fondamentali di tutti — dei cittadini come pure dei nuovi arrivati — e una cultura di giustizia sociale.

    Nei programmi di integrazione sociale, che includono gli sforzi per superare il divario nell'educazione, nell'assistenza sanitaria e nella cura per l'ambiente, un ruolo importante viene svolto dalla società civile e dalle organizzazioni confessionali, poiché contribuiscono ad assicurare il coinvolgimento delle comunità locali e promuovono la cooperazione e la partecipazione di tutti i popoli.


    [Traduzione del testo in inglese a cura de L'Osservatore Romano]

  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 13.987
    Post: 2.959
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Veteran
    00 09/02/2010 15:27
    COMUNICATO DELLA SEGRETERIA DI STATO

    Dal 23 gennaio si stanno moltiplicando, soprattutto su molti media italiani, notizie e ricostruzioni che riguardano le vicende connesse con le dimissioni del direttore del quotidiano cattolico italiano "Avvenire", con l’evidente intenzione di dimostrare una implicazione nella vicenda del direttore de "L’Osservatore Romano", arrivando a insinuare responsabilità addirittura del cardinale segretario di Stato. Queste notizie e ricostruzioni non hanno alcun fondamento.

    In particolare, è falso che responsabili della Gendarmeria vaticana o il direttore de "L’Osservatore Romano" abbiano trasmesso documenti che sono alla base delle dimissioni, il 3 settembre scorso, del direttore di "Avvenire"; è falso che il direttore de "L’Osservatore Romano" abbia dato – o comunque trasmesso o avallato in qualsiasi modo – informazioni su questi documenti, ed è falso che egli abbia scritto sotto pseudonimo, o ispirato, articoli su altre testate.

    Appare chiaro dal moltiplicarsi delle argomentazioni e delle ipotesi più incredibili – ripetute sui media con una consonanza davvero singolare – che tutto si basa su convinzioni non fondate, con l’intento di attribuire al direttore de "L’Osservatore Romano", in modo gratuito e calunnioso, un’azione immotivata, irragionevole e malvagia. Ciò sta dando luogo a una campagna diffamatoria contro la Santa Sede, che coinvolge lo stesso Romano Pontefice.

    Il Santo Padre Benedetto XVI, che è sempre stato informato, deplora questi attacchi ingiusti e ingiuriosi, rinnova piena fiducia ai suoi collaboratori e prega perché chi ha veramente a cuore il bene della Chiesa operi con ogni mezzo perché si affermino la verità e la giustizia.

    Dal Vaticano, 9 febbraio 2010

  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 14.048
    Post: 2.993
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Veteran
    00 13/02/2010 16:01
    COMUNICATO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE DELL’UNITÀ DEI CRISTIANI SUL SIMPOSIO DEDICATO A HARVESTING THE FRUITS (ROMA, 8-10 FEBBRAIO 2009)


    Nell’ottobre 2009 è stato pubblicato il volume Harvesting the Fruits: Basic Aspects of Christian Faith in Ecumenical Dialogue. Il libro raccoglie i risultati di quarant’anni di dialoghi bilaterali tra la Chiesa cattolica e la Federazione Luterana Mondiale, l’Alleanza Mondiale delle Chiese Riformate, la Comunione Anglicana ed il Consiglio Metodista Mondiale, riflettendo anche su quale potrà essere il contenuto e la direzione della discussione ecumenica nel futuro. Il Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani ha ospitato un Simposio dall’8 al 10 febbraio 2010 sui temi presentati nel libro Harvesting the Fruits. Presso il Dicastero vaticano, su invito del suo Presidente, il Cardinale Walter Kasper, si sono incontrati teologi cattolici, luterani, riformati, anglicani e metodisti.

    Scopo del Simposio non era soltanto prendere atto dei molti elementi di convergenza conseguiti in quarant’anni di dialogo ufficiale, ma anche trovare il modo di comunicare tali importanti risultati ai membri delle varie comunità cristiane, affinché possano esprimere più pienamente nella loro vita di fede il progresso realizzato verso l’unità. Durante i tre giorni del Simposio, i partecipanti hanno esaminato nel dettaglio il tema della recezione delle dichiarazioni comuni, la necessità di una testimonianza cristiana comune ad ogni livello ed il nuovo contesto nel quale la cristianità deve portare avanti la sua missione.

    Il Simposio ha anche guardato al futuro, per discernere quella che dovrà essere la configurazione del dialogo ecumenico. Si è ampiamente riflettuto sui passi che dovranno essere intrapresi verso il raggiungimento dell’obiettivo ecumenico, che rimane la piena a visibile comunione. Il Cardinale Kasper ha proposto la seguente considerazione: "Cosa significa comunione nel senso teologico? Non significa comunità in senso orizzontale, ma communio sanctorum, che potremmo definire partecipazione verticale a ciò che è ‘santo’, alle ‘cose sante’- ovvero lo Spirito di Cristo presente nella sua Parola e nei sacramenti amministrati dai ministri, propriamente ordinati".

    I partecipanti hanno discusso su come sia possibile giungere ad una diversa valutazione delle divergenze tradizionali dal punto di vista della missione e del Regno di Dio. In tale contesto, è stato menzionato il nuovo e promettente approccio secondo il quale il dialogo ecumenico viene considerato come uno scambio di doni. Si è parlato onestamente anche dei limiti della diversità e del ruolo della gerarchia delle verità. Infine, sono state avanzate proposte concrete volte a promuovere la ricerca dell’unità, tra cui, in particolare, quella di stilare una Dichiarazione Comune su ciò che abbiamo conseguito insieme ecumenicamente. Tale dichiarazione potrebbe prendere la forma di un’affermazione comune della nostra fede battesimale, comprendente un commento al Credo apostolico ed al Padre Nostro.

    Al Simposio erano presenti sia esperti di dialoghi bilaterali sia giovani teologi, nuovi all’ecumenismo. La discussione teologica è stata di alto livello. I numerosi suggerimenti positivi che ha prodotto saranno ripresi nella Plenaria del Pontificio Consiglio prevista per il mese di novembre 2010. I partecipanti hanno espresso gratitudine per l’opportunità offerta loro di discutere approfonditamente delle sfide reali incontrate nella ricerca dell’unità dei cristiani. Essi hanno altresì dichiarato che la capacità di organizzare simili incontri è una potenzialità caratteristica di Roma, sottolineando in tal modo l’ampio servizio che il ministero petrino può offrire all’ecumenismo.

  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 14.049
    Post: 2.994
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Veteran
    00 13/02/2010 16:01
    COMUNICATO CONGIUNTO DELLA COMMISSIONE BILATERALE PERMANENTE DI LAVORO TRA LA SANTA SEDE E LO STATO DI ISRAELE


    La Commissione Bilaterale Permanente di Lavoro tra la Santa Sede e lo Stato di Israele si è incontrata il 10 febbraio 2010 per continuare il suo lavoro su un Accordo in conformità all’Articolo 10 § 2 del "Fundamental Agreement" tra le Parti del 1993.

    I colloqui sono stati proficui e si sono svolti in un’atmosfera di grande cordialità.

  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 14.073
    Post: 3.009
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Master
    00 15/02/2010 15:57
    Comunicato vaticano di bilancio di 40 anni di ecumenismo
    Dopo un incontro con teologi cattolici, luterani, riformati, anglicani e metodisti



    CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 15 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il comunicato diffuso dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani sul simposio che ha organizzato a Roma per analizzare 40 anni di ecumenismo con teologi cattolici, luterani, riformati, anglicani e metodisti.

    * * *

    Nell’ottobre 2009 è stato pubblicato il volume Harvesting the Fruits: Basic Aspects of Christian Faith in Ecumenical Dialogue. Il libro raccoglie i risultati di quarant’anni di dialoghi bilaterali tra la Chiesa cattolica e la Federazione Luterana Mondiale, l’Alleanza Mondiale delle Chiese Riformate, la Comunione Anglicana ed il Consiglio Metodista Mondiale, riflettendo anche su quale potrà essere il contenuto e la direzione della discussione ecumenica nel futuro. Il Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani ha ospitato un Simposio dall’8 al 10 febbraio 2010 sui temi presentati nel libro Harvesting the Fruits. Presso il Dicastero vaticano, su invito del suo Presidente, il Cardinale Walter Kasper, si sono incontrati teologi cattolici, luterani, riformati, anglicani e metodisti.

    Scopo del Simposio non era soltanto prendere atto dei molti elementi di convergenza conseguiti in quarant’anni di dialogo ufficiale, ma anche trovare il modo di comunicare tali importanti risultati ai membri delle varie comunità cristiane, affinché possano esprimere più pienamente nella loro vita di fede il progresso realizzato verso l’unità. Durante i tre giorni del Simposio, i partecipanti hanno esaminato nel dettaglio il tema della recezione delle dichiarazioni comuni, la necessità di una testimonianza cristiana comune ad ogni livello ed il nuovo contesto nel quale la cristianità deve portare avanti la sua missione.

    Il Simposio ha anche guardato al futuro, per discernere quella che dovrà essere la configurazione del dialogo ecumenico. Si è ampiamente riflettuto sui passi che dovranno essere intrapresi verso il raggiungimento dell’obiettivo ecumenico, che rimane la piena a visibile comunione. Il Cardinale Kasper ha proposto la seguente considerazione: "Cosa significa comunione nel senso teologico? Non significa comunità in senso orizzontale, ma communio sanctorum, che potremmo definire partecipazione verticale a ciò che è ‘santo’, alle ‘cose sante’- ovvero lo Spirito di Cristo presente nella sua Parola e nei sacramenti amministrati dai ministri, propriamente ordinati".

    I partecipanti hanno discusso su come sia possibile giungere ad una diversa valutazione delle divergenze tradizionali dal punto di vista della missione e del Regno di Dio. In tale contesto, è stato menzionato il nuovo e promettente approccio secondo il quale il dialogo ecumenico viene considerato come uno scambio di doni. Si è parlato onestamente anche dei limiti della diversità e del ruolo della gerarchia delle verità. Infine, sono state avanzate proposte concrete volte a promuovere la ricerca dell’unità, tra cui, in particolare, quella di stilare una Dichiarazione Comune su ciò che abbiamo conseguito insieme ecumenicamente. Tale dichiarazione potrebbe prendere la forma di un’affermazione comune della nostra fede battesimale, comprendente un commento al Credo apostolico ed al Padre Nostro.

    Al Simposio erano presenti sia esperti di dialoghi bilaterali sia giovani teologi, nuovi all’ecumenismo. La discussione teologica è stata di alto livello. I numerosi suggerimenti positivi che ha prodotto saranno ripresi nella Plenaria del Pontificio Consiglio prevista per il mese di novembre 2010. I partecipanti hanno espresso gratitudine per l’opportunità offerta loro di discutere approfonditamente delle sfide reali incontrate nella ricerca dell’unità dei cristiani. Essi hanno altresì dichiarato che la capacità di organizzare simili incontri è una potenzialità caratteristica di Roma, sottolineando in tal modo l’ampio servizio che il ministero petrino può offrire all’ecumenismo.

  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 14.174
    Post: 3.064
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Master
    00 20/02/2010 15:14
    PRESENTAZIONE DELL’ANNUARIO PONTIFICIO 2010

    L’Annuario Pontificio 2010 è stato presentato al Santo Padre questa mattina, 20 febbraio 2010, da S.E.R. il Signor Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, e da S.E.R. Mons. Fernando Filoni, Sostituto alla Segreteria di Stato per gli Affari Generali. La redazione del nuovo Annuario è stata curata da Mons. Vittorio Formenti, incaricato dell’Ufficio Centrale di Statistica della Chiesa, dal Prof. Enrico Nenna e dagli altri collaboratori.

    Il complesso lavoro di stampa è stato invece curato dal Rev. don Pietro Migliasso S.D.B., dal Comm. Antonio Maggiotto e dal Comm. Giuseppe Canesso, rispettivamente Direttore Generale, Direttore Commerciale e Direttore Tecnico della Tipografia Vaticana. Il volume sarà prossimamente in vendita nelle librerie.

    Il Santo Padre ha ringraziato per l’omaggio, mostrando vivo interesse per i dati illustrati e pregando di esprimere l’attestazione della Sua sentita gratitudine a tutti coloro che hanno collaborato alla nuova edizione dell’Annuario.

    Dalla lettura del volume si possono desumere alcune novità relative alla vita della Chiesa cattolica nel mondo, a partire dal 2009.

    Durante tale anno sono state erette dal Santo Padre 8 nuove Sedi Vescovili ed 1 Prelatura; sono state elevate 1 Prelatura a Diocesi e 3 Prefetture a Vicariati Apostolici. In tutto sono stati nominati 169 nuovi Vescovi.

    I dati statistici, riferiti all’anno 2008, forniscono un’analisi sintetica delle principali dinamiche riguardanti la Chiesa Cattolica nelle 2.945 circoscrizioni ecclesiastiche del pianeta.

    Nel periodo che va dal 2007 al 2008 i fedeli battezzati nel mondo sono complessivamente passati da quasi 1.147 a 1.166 milioni, con un incremento assoluto di 19 milioni di fedeli e percentuale pari all’1,7%. Confrontando questi dati con l’evoluzione della popolazione mondiale nello stesso periodo, passata da 6,62 a 6,70 miliardi, si osserva che l’incidenza dei cattolici a livello planetario è lievemente aumentata, dal 17,33 al 17,40 per cento.

    Tra il 2007 e il 2008 il numero dei vescovi è aumentato globalmente dell’1,13%, passando da 4.946 a 5.002. L’incremento è stato significativo in Africa (+ 1,83%) e nelle Americhe (+1,57%), mentre in Asia (+1,09%) e in Europa (+0,70%) i valori si collocano sotto la media complessiva. L’Oceania registra nello stesso periodo un tasso di variazione di –3%. Tali dinamiche differenziate non hanno però causato sostanziali variazioni nella distribuzione dei vescovi per continente.

    La situazione numerica dei sacerdoti, sia diocesani che religiosi, continua a mostrare, a livello aggregato, un’evoluzione positiva, ma moderata e comunque attorno all’1% nel periodo 2000 – 2008. I sacerdoti, diocesani e religiosi, infatti, sono aumentati nel corso degli ultimi nove anni, passando da 405.178 nel 2000 a 408.024 nel 2007 e a 409.166 nel 2008. La distribuzione del clero tra i continenti, nel 2008, è caratterizzata da una forte prevalenza di sacerdoti europei (47,1%), quelli americani sono il 30%; il clero asiatico incide per il 13,2%, quello africano per l’8,7% e quello nell’Oceania per l’1,2%.

    Tra il 2000 e il 2008 non è variata l’incidenza relativa dei sacerdoti in Oceania; è invece cresciuto il peso sia del clero africano, sia di quello asiatico e dei sacerdoti americani, mentre il clero europeo è vistosamente sceso dal 51,5 al 47,1%.

    Tra le figure di operatori religiosi che affiancano l’attività pastorale dei vescovi e dei sacerdoti, le religiose professe costituiscono il gruppo di maggior peso numerico. Tali religiose, che nel Mondo erano 801.185 nell’anno 2000, diminuiscono progressivamente, tanto che al 2008 se ne contavano 739.067 (con una diminuzione relativa nel periodo del 7,8%). Va rilevato che i gruppi più numerosi di religiose professe si trovano in Europa (40,9%) e in America (27,5%) e che le contrazioni di maggior rilievo si sono manifestate ugualmente in Europa (- 17,6%) e in America (-12,9%), oltre che in Oceania (-14,9%), mentre in Africa e in Asia si hanno dei notevoli aumenti (+21,2% per l’Africa e +16,4 per l’Asia), che controbilanciano l’anzidetta diminuzione, ma non sino al punto di annullarla.

    A livello globale, il numero dei candidati al sacerdozio è aumentato, passando da 115.919 nel 2007 a 117.024 nel 2008. Complessivamente nel biennio si è avuto un tasso di aumento di circa l’1%. Tale variazione relativa è stata positiva in Africa (3,6%), in Asia (4,4%) e in Oceania (6,5%), mentre l’Europa ha fatto registrare un calo del 4,3%. L’America presenta invece una situazione di quasi stazionarietà.

  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 14.369
    Post: 3.166
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Master
    00 05/03/2010 15:55
    PRIMA PREDICA DI QUARESIMA

    Alle ore 9 di questa mattina, nella Cappella "Redemptoris Mater", alla presenza del Santo Padre Benedetto XVI, il Predicatore della Casa Pontificia, Rev.do P. Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto la prima Predica di Quaresima.

    Tema delle meditazioni quaresimali è il seguente: "Dispensatori dei misteri di Dio" - Il sacerdote, ministro della Parola e dei sacramenti.

    Le due successive Prediche di Quaresima avranno luogo venerdì 12 marzo e venerdì 26 marzo.






    Prima predica di padre Cantalamessa per la Quaresima 2010
    “Misteri di una alleanza nuova”



    CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 5 marzo 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito la prima predica di Quaresima che padre Raniero Cantalamessa, OFM Cap., ha tenuto questo venerdì mattina nella cappella Redemptoris Mater, alla presenza di Benedetto XVI e dei suoi collaboratori della Curia romana.

    Il tema delle meditazioni di quest'anno è “Dispensatori dei misteri di Dio. Il sacerdote, ministro della Parola e dei sacramenti”, in continuità con la riflessione sul ministero episcopale e presbiterale iniziata in Avvento.

    Le due prediche successive avranno luogo il 12 e il 26 marzo.

    * * *

    Il Signore mi concede di essere testimone della grazia straordinaria che si sta rivelando per la Chiesa quest’anno sacerdotale. Non si contano i ritiri del clero che si tengono in varie parti del mondo. A uno di questi ritiri, organizzato a Manila dalla conferenza episcopale delle Filippine, nel gennaio scorso, hanno preso parte 5.500 sacerdoti e 90 vescovi. È stato, a detta del cardinale di Manila, una nuova Pentecoste. Durante un’ora di adorazione guidata, all’invito del predicatore, tutta quella immensa distesa di sacerdoti in bianche vesti ha gridato a una sola voce: “Lord Jesus, we are happy to be your priests”: Signore Gesù, siamo felici di essere tuoi sacerdoti!”. E si vedeva dai volti che non erano solo parole. La stessa esperienza, in numero più ridotto, l’ho vissuta in diversi altri paesi. Tutti mi hanno pregato di trasmettere al Santo Padre il loro grazie e il loro saluto e io lo faccio con gioia in questo momento.

    1. I “misteri” di Dio

    La parola di Dio che ci guida in queste riflessioni per l’anno sacerdotale è 1 Corinzi 4, 1: “Si nos existimet homo, ut ministros Christi et dispensatores mysteriorum Dei”; quello che ognuno deve pensare di noi è che siamo "ministri di Cristo e dispensatori dei misteri di Dio”. Abbiamo meditato in Avvento la prima parte di questa definizione: il sacerdote come servitore di Cristo, nel potere e nell’unzione dello Spirito Santo. Ci resta, in questa Quaresima, di riflettere sulla seconda parte: il sacerdote come dispensatore dei misteri di Dio. Naturalmente quello che diciamo del sacerdote, vale a maggior ragione per il vescovo che possiede la pienezza del sacerdozio.

    Il termine “misteri” ha due significati fondamentali: il primo è quello di verità nascoste e rivelate da Dio, i divini propositi annunciati velatamente nell’Antico Testamento e rivelati agli uomini nella pienezza dei tempi; il secondo è quello di “segni concreti della grazia”, in pratica i sacramenti. La Lettera agli Ebrei riunisce i due significati nell’espressione: “le cose che riguardano Dio” (ta pros ton Theon, ea que sunt ad Deum); accentua anzi proprio il significato rituale e sacramentale, dicendo che il compito del sacerdote (l’autore parla però qui del sacerdozio in genere, dell’Antico e del Nuovo Testamento) è quello di “offrire doni e sacrifici per i peccati” (Eb 5,1).

    Questo secondo significato si afferma soprattutto nella tradizione della Chiesa. Sacramentum è il termine con cui, nel latino ecclesiastico, viene tradotta la parola mysterion. Sant’Ambrogio scrive due trattati sui riti dell’iniziazione cristiana, visti come compimento di figure e profezie dell’Antico Testamento; uno lo intitola “De sacramentis” e l’altro “De mysteriis”, anche se trattano in pratica lo stesso argomento.

    Ritornando alla parola dell’Apostolo, il primo di questi due significati mette in luce il ruolo del sacerdote nei confronti della parola di Dio, il secondo il suo ruolo nei confronti dei sacramenti. Insieme delineano la fisionomia del sacerdote come testimone della verità di Dio e come ministro della grazia di Cristo, come annunciatore e come sacrificatore.

    Per molti secoli la funzione del sacerdote è stata ridotta quasi esclusivamente al suo ruolo di liturgo e di sacrificatore: “offrire sacrifici e perdonare i peccati”. È stato il Concilio Vaticano II a rimettere in evidenza, accanto alla funzione cultuale, quella di evangelizzatore. In linea con quello che la Lumen gentium aveva detto della funzione dei vescovi di “insegnare” e “santificare”, la Presbyterorum ordinis scrive:

    “Dato che i presbiteri hanno una loro partecipazione nella funzione degli apostoli, ad essi è concessa da Dio la grazia per poter essere ministri di Cristo Gesù fra le nazioni mediante il sacro ministero del Vangelo, affinché le nazioni diventino un'offerta gradita, santificata nello Spirito Santo (Rom 15,16). È infatti proprio per mezzo dell'annuncio apostolico del Vangelo che il popolo di Dio viene convocato e adunato [...] Il loro servizio, che comincia con l'annuncio del Vangelo, deriva la propria forza e la propria efficacia dal sacrificio di Cristo”[1].

    Delle tre meditazioni di Quaresima (il Venerdì 19 Marzo, si omette la predica per la festa di san Giuseppe) ne dedicheremo una al tema del sacerdote come ministro della parola di Dio, una al sacerdote come ministro dei sacramenti e una più esistenziale, al rinnovamento del sacerdozio mediante la conversione al Signore.

    2. La lettera e lo Spirito

    A partire dal III secolo si nota una tendenza a modellare -nei requisiti, nei riti, nei titoli, nelle vesti - il sacerdozio cristiano su quello levitico dell’Antico Testamento[2]; una tendenza che si riflette in documenti canonici come le Costituzioni apostoliche, la Didascalia siriaca e altre fonti simili. Proprio questa assimilazione esterna, fa sentire più urgente il bisogno di riscoprire, in una occasione come questa, la novità e alterità sostanziale del ministero della nuova alleanza rispetto a quello dell’antica. È l’energica affermazione paolina che vorrei mettere al centro della presente meditazione:

    “La nostra capacità viene da Dio. Egli ci ha anche resi idonei a essere ministri di una nuova alleanza, non di lettera, ma di Spirito; perché la lettera uccide, ma lo Spirito vivifica. Or se il ministero della morte, scolpito in lettere su pietre, fu glorioso, al punto che i figli d'Israele non potevano fissare lo sguardo sul volto di Mosè a motivo della gloria, che pur svaniva, del volto di lui, quanto più sarà glorioso il ministero dello Spirito?” (2Cor 3, 5-8).

    Che cosa l’Apostolo intende con l’opposizione lettera – Spirito, lo si deduce da quello che ha scritto poco sopra, parlando della comunità del Nuovo Testamento: “È noto che voi siete una lettera di Cristo, scritta mediante il nostro servizio, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente; non su tavole di pietra, ma su tavole che sono cuori di carne” (2 Cor 3, 3).

    La lettera è dunque la legge mosaica scritta su tavole di pietra e, per estensione ogni legge positiva esteriore all’uomo; lo Spirito è la legge interiore, scritta sui cuori, quella che altrove l’Apostolo definisce “la legge dello Spirito che da la vita in Cristo Gesù e che libera dalla legge del peccato e della morte” (cf. Rom 8, 2).

    Sant’Agostino ha scritto un trattato sul nostro testo – il De Spiritu et littera - che è una pietra miliare nella storia del pensiero cristiano. La novità della nuova alleanza rispetto all’antica, egli spiega, è che Dio non si limita più a comandare all’uomo di fare o non fare, ma fa egli stesso con lui e in lui le cose che gli comanda. “Dove la legge delle opere impera minacciando, la legge della fede impetra credendo…Con la legge delle opere Dio dice all’uomo: ‘Fa’ quello che ti comando’, con la legge della fede l’uomo dice a Dio: ‘Da’ quello che mi comandi’”[3].

    La legge nuova che è lo Spirito è ben più che una “indicazione” di volontà; è un’“azione”, un principio vivo e attivo. La legge nuova è la vita nuova. L’opposizione lettera – Spirito equivale in san Paolo, all’opposizione legge – grazia: “Non siete più sotto la legge, scrive, ma sotto la grazia” (Rom 6,14).

    Anche nell’antica alleanza è presente l’idea di grazia, nel senso di benevolenza, favore e perdono di Dio (la hesed): “Farò grazia a chi vorrò far grazia” (Es 33,19); i salmi sono pieni di questo concetto. Ma ora la parola grazia, charis, ha acquistato un significato nuovo, storico: è la grazia che viene dalla morte e risurrezione di Cristo e che giustifica il peccatore. Non è più solo una benevola disposizione, ma una realtà, uno “stato”: “Giustificati dunque per fede, abbiamo pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore, mediante il quale abbiamo anche avuto, per la fede, l'accesso a questa grazia nella quale stiamo fermi” (Rom 5, 1-2).

    Giovanni descrive il rapporto tra antica e nuova alleanza allo stesso modo di Paolo: “La legge –scrive - è stata data per mezzo di Mosè; la grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo” (Gv 1, 17).

    Da ciò si deduce che la legge nuova, o dello Spirito, non è, in senso stretto, quella promulgata da Gesù sul monte delle beatitudini, ma quella da lui incisa nei cuori a Pentecoste. I precetti evangelici sono certo più elevati e perfetti di quelli mosaici; tuttavia, da soli, anch’essi sarebbero rimasti inefficaci. Se fosse bastato proclamare la nuova volontà di Dio attraverso il Vangelo, non si spiegherebbe che bisogno c’era che Gesù morisse e che venisse lo Spirito Santo; non si spiega perché il Gesù di Giovanni fa dipendere tutto dalla sua “elevazione”, cioè dalla sua morte di croce (cf. Gv 7, 39; 16, 7-15).

    Gli apostoli sono la prova vivente di ciò. Essi avevano ascoltato dalla viva voce di Cristo tutti i precetti evangelici, per esempio che “chi vuol essere il primo deve farsi l’ultimo e il servo di tutti”, ma fino alla fine li vediamo preoccupati di stabilire chi fosse il più grande fra di loro. Solo dopo la venuta dello Spirito su di loro li vediamo completamente dimentichi di sé e intenti solo a proclamare “le grandi opere di Dio” (cf. At 2, 11).

    Senza la grazia interiore dello Spirito, anche il Vangelo, dunque, anche il comandamento nuovo, sarebbe rimasto legge vecchia, lettera. Riprendendo un pensiero ardito di sant’Agostino, san Tommaso d’Aquino scrive: “Per lettera si intende ogni legge scritta che resta al di fuori dell’uomo, anche i precetti morali contenuti nel Vangelo; per cui anche la lettera del Vangelo ucciderebbe, se non si aggiungesse, dentro, la grazia della fede che sana”[4]. Ancora più esplicito è ciò che ha scritto un po’ prima: “La legge nuova è principalmente la stessa grazia dello Spirito Santo che è data ai credenti”[5].

    3. Non per costrizione, ma per attrazione

    Ma come agisce, in concreto, questa legge nuova che è lo Spirito? Agisce attraverso l’amore! La legge nuova altro non è se non quello che Gesù chiama il “comandamento nuovo”. Lo Spirito Santo ha scritto la legge nuova nei nostri cuori, infondendo in essi l’amore (Rom 5, 5). Questo amore è l’amore con cui Dio ama noi e con cui, contemporaneamente, fa sì che noi amiamo lui e il prossimo. È una capacità nuova di amare.

    Non è un controsenso parlare dell’amore come di una “legge”? A questa domanda si deve rispondere che vi sono due modi secondo cui l’uomo può essere indotto a fare, o a non fare, una certa cosa: o per costrizione o per attrazione. La legge esterna ve lo induce nel primo modo, per costrizione, con la minaccia del castigo; l’amore ve lo induce nel secondo modo, per attrazione. Ciascuno infatti è attratto da ciò che ama, senza che subisca alcuna costrizione dall’esterno. L’amore è come un “peso” dell’anima che attira verso l’oggetto del proprio piacere, in cui sa di trovare il proprio riposo[6]. La vita cristiana va vissuta per attrazione, non per costrizione.

    L’amore dunque è una legge, “la legge dello Spirito”, nel senso crea nel cristiano un dinamismo che lo spinge a fare tutto ciò che Dio vuole, spontaneamente, perché ha fatto propria la volontà di Dio e ama tutto ciò che Dio ama.

    Che posto ha, ci domandiamo, in questa economia dello Spirito, l’osservanza dei comandamenti? Anche dopo la venuta di Cristo sussiste infatti la legge scritta: ci sono i comandamenti di Dio, il decalogo, ci sono i precetti evangelici; a essi si sono aggiunte, in seguito, le leggi ecclesiastiche. Che senso hanno il Codice di diritto canonico, le regole monastiche, i voti religiosi, tutto ciò, insomma, che indica una volontà oggettivata, che mi si impone dall’esterno? Sono, tali cose, come dei corpi estranei nell’organismo cristiano?

    Ci sono stati, nel corso della storia della Chiesa, dei movimenti che hanno pensato così e hanno rifiutato, in nome della libertà dello Spirito, ogni legge, tanto da chiamarsi, appunto, movimenti “anomisti”, ma essi sono stati sempre sconfessati dall’autorità della Chiesa e dalla stessa coscienza cristiana. La risposta cristiana a questo problema ci viene dal Vangelo. Gesù dice di non essere venuto ad “abolire la legge”, ma a “darle compimento” (cf Mt 5, 17). E qual è il “compimento” della legge? “Pieno compimento della legge – risponde l’Apostolo – è l’amore!” (Rom 13, 10). Dal comandamento dell’amore – dice Gesù – dipendono tutta la legge e i profeti (cf Mt 22, 40).

    L’obbedienza diventa così la prova che si vive sotto la grazia. “Se mi amate, osservate i miei comandamenti” (Gv 14,15). L’amore, allora, non sostituisce la legge, ma la osserva, la “compie”. Nella profezia di Ezechiele si attribuiva precisamente al dono futuro dello Spirito e del cuore nuovo, la possibilità di osservare la legge di Dio: “Porrò il mio Spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò mettere in pratica le mie leggi” (Ez 36, 27). “È stata data la legge –scrive lapidariamente Agostino – perché si cercasse la grazia ed è stata data la grazia perché si osservasse la legge” [7].

    4. Attualità del messaggio della grazia

    Fin qui le conseguenze che il messaggio paolino sulla nuova alleanza può avere sul modo di concepire e vivere la vita cristiana. In questa occasione vorrei però mettere in evidenza soprattutto la luce che esso getta sul problema dell’evangelizzazione nel mondo attuale e del dialogo interreligioso e, di conseguenza, sul ruolo del sacerdote come ministro della verità di Dio.

    Agostino scrisse il suo trattato su La lettera e lo Spirito per combattere la tesi pelagiana secondo cui per salvarsi è sufficiente che Dio ci abbia creati, dotati del libero arbitrio e dato una legge che ci indica la sua volontà. In pratica, la tesi che l’uomo può salvarsi da solo e che la venuta di Cristo è, certo, un aiuto straordinario, ma non indispensabile per la salvezza.

    Si può discutere – e oggi si discute tra gli studiosi – se il santo abbia interpretato correttamente il pensiero del monaco Pelagio. Ma questo non dovrebbe sorprenderci. I Padri che si sono trovati a combattere delle eresie hanno spesso esplicitato quelle che (dal loro punto di vista!) erano le implicazioni logiche di una certa dottrina, senza tener conto sempre del punto di vista e del linguaggio diverso dell’avversario. Erano più preoccupati della dottrina che delle persone, della verità dogmatica che di quella storica. Agostino, anzi, si mostra assai più rispettoso e cortese nei riguardi di Pelagio di quanto non lo fosse, per esempio, Cirillo d’Alessandria nei confronti di Nestorio.

    La rivalutazione moderna di autori come Pelagio o Nestorio non significa dunque minimamente rivalutazione del pelagianesimo o del nestorianesimo. Questa distinzione ha contribuito, in tempi recenti, al ristabilimento della comunione con le chiese cosiddette nestoriane o monofisite d’oriente.

    Tutto questo, però, ci interessa relativamente. La cosa importante da ritenere è che Agostino ha ragione sul problema principale: per salvarsi non basta la natura, il libero arbitrio e la guida della legge, occorre la grazia, cioè occorre Cristo. Pensare diversamente significherebbe rendere superflua la sua venuta e con essa la sua morte e la redenzione; significherebbe considerare Cristo un esempio di vita, non “causa di salvezza eterna per chiunque crede” (Eb 5, 9).

    È su questo punto che il pensiero di Agostino – e prima di lui quello di Paolo – si rivela di una straordinaria attualità. Quello che, secondo l’Apostolo, distingue la nuova dall’antica alleanza, lo Spirito dalla lettera, la grazia dalla legge, fatte le debite distinzioni, è esattamente ciò che distingue oggi il cristianesimo da ogni altra religione.

    Le forme sono cambiante, ma la sostanza è la stessa. “Opera della legge”, o opera dell’uomo, è ogni pratica umana, quando da essa si fa dipendere la propria salvezza, sia, questa, concepita come comunione con Dio, o come comunione con se stessi e sintonia con le energie dell’universo. Il presupposto è lo stesso: Dio non si dona, lo si conquista!

    Possiamo illustrare la differenza così. Ogni religione umana o filosofia religiosa comincia con il dire all’uomo quello che deve fare per salvarsi: i doveri, le opere, siano esse opere ascetiche esteriori o cammini speculativi verso il proprio io interiore, il Tutto o il Nulla. Il cristianesimo non comincia dicendo all’uomo quello che deve fare, ma quello che Dio ha fatto per lui. Gesù non cominciò a predicare dicendo: “Convertitevi e credete al vangelo affinché il Regno venga a voi”; cominciò dicendo: “Il regno di Dio è venuto tra voi: convertitevi e credete al vangelo”. Non prima la conversione, poi la salvezza, ma prima la salvezza e poi la conversione.

    Anche nel cristianesimo –lo abbiamo già ricordato – esistono i doveri e i comandamenti, ma il piano dei comandamenti, compreso il più grande di tutti che è amare Dio e il prossimo, non è il primo piano, ma il secondo; prima di esso, c’è il piano del dono, della grazia. “Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo” (1 Gv 4,19). È dal dono che scaturisce il dovere, non viceversa

    Noi cristiani non entreremo certo in dialogo con altre fedi, affermando la differenza o la superiorità della nostra religione; questo sarebbe la negazione stessa del dialogo. Insisteremo piuttosto su ciò che ci unisce, gli obiettivi comuni, riconoscendo agli altri lo stesso diritto (almeno soggettivo) di considerare la loro fede la più perfetta e la definitiva. Senza dimenticare, del resto, che chi vive con coerenza e in buona fede una religione delle opere e della legge è migliore e più gradito a Dio di chi appartiene alla religione della grazia, ma trascura completamente sia di credere nella grazia che di compiere le opere della fede.

    Tutto questo non deve però indurci a mettere tra parentesi la nostra fede nella novità e unicità di Cristo. Non si tratta neppure di affermare la superiorità di una religione sulle altre, ma di riconoscere la specificità di ognuna, di sapere chi siamo e cosa crediamo.

    Non è difficile spiegare il perché della difficoltà ad ammettere l’idea di grazia e del suo istintivo rifiuto da parte dell’uomo moderno. Salvarsi “per grazia” significa riconoscere la dipendenza da qualcuno e questo risulta la cosa più difficile. È nota l’affermazione di Marx: “Un essere non si presenta indipendente se non in quanto è signore di se stesso, e non è signore di se stesso se non in quanto deve a se stesso la sua esistenza. Un uomo che vive per la “grazia” di un altro si considera un essere dipendente [...]. Ma io vivrei completamente per la grazia di un altro, se egli avesse creato la mia vita, se egli fosse la sorgente della mia vita e questa non fosse mia propria creazione”[8].Il motivo per cui si rifiuta un Dio creatore è anche quello per cui si rifiuta un Dio salvatore.

    È la spiegazione che san Bernardo da del peccato di Satana: egli preferì essere la più infelice delle creature per merito proprio, anziché la più felice per grazia altrui; preferì essere “infelice ma sovrano, anziché felice ma dipendente: misere praeesse, quam feliciter subesse[9].

    Il rifiuto del cristianesimo, in atto a certi livelli della nostra cultura occidentale, quando non è rifiuto della Chiesa e dei cristiani, è rifiuto della grazia.

    5. “Noi predichiamo Cristo Gesù Signore”

    Qual è, in questo campo, il compito dei sacerdoti in quanto amministratori dei misteri di Dio e maestri della fede? Quello di aiutare i fratelli a vivere la novità della grazia, che è come dire la novità di Cristo.

    Gesù nel vangelo usa l’espressione “i misteri del Regno dei cieli” per indicare tutto il suo insegnamento e, in particolare, ciò che riguarda la sua persona (cf. Mt 13, 11). Dopo la Pasqua si passa sempre più spesso dal plurale al singolare, dai misteri al mistero: tutti i misteri di Dio si riassumono ormai nel mistero che è Cristo.

    San Paolo parla del “mistero di Dio, cioè Cristo, nel quale tutti i tesori della sapienza e della conoscenza sono nascosti” (Col 2, 2-3). Ci invita a pensare a Cristo come a un palazzo, addentrandosi nel quale si passa di meraviglia in meraviglia. L’universo materiale, con tutte le sue bellezze e la sua incalcolabile estensione, è l’unica immagine adeguata dell’universo spirituale che è Cristo. Non per nulla esso è stato fatto “per mezzo di lui e in vista di lui” (Col 1,16).

    L’Apostolo ha individuato con più chiarezza di tutti il centro e il cuore dell’annuncio cristiano e lo ho espresso in maniera programmatica, a modo di manifesto: “Noi predichiamo Cristo crocifisso” (1 Cor 1, 23) e “Noi non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore” (2 Cor 4,5). Tali parole giustificano in pieno l’affermazione secondo cui il cristianesimo non è una dottrina ma una persona.

    Ma cosa significa, nella pratica, predicare “Cristo crocifisso”, o “Cristo Gesù Signore?” Non significa parlare sempre e solo del Cristo del kerygma o del Cristo del dogma, cioè trasformare le prediche in lezioni di cristologia. Significa piuttosto “ricapitolare tutto in Cristo” (Ef 1,10), fondare ogni dovere su di lui, far servire ogni cosa allo scopo di portare gli uomini alla “sublime conoscenza di Cristo Gesù Signore” (Fil 3, 8).

    Gesù deve essere l’oggetto formale, non necessariamente e sempre l’oggetto materiale, della predicazione, quello che la “informa”, che fa da fondamento e da autorità a ogni altro annuncio, l’anima e la luce dell’annuncio cristiano. “Arido è ogni cibo dell’anima – esclama san Bernardo - se non è condito con questo olio; insipido se non è condito con questo sale. Ciò che scrivi non ha sapore - non sapit mihi – se non vi palpita dentro il cuore di Gesù – nisi sonuerit ibi Cor Jesu”[10].

    Nella Liturgia delle ore di lingua tedesca, il Stundengebet, c’è un inno (Lodi del Martedì della seconda settimana) che mi è divenuto caro fin dal primo momento che l’ho recitato. Comincia così: "Göttliches Wort, der Gottheit Schrein, für uns in dein Geheimnis ein”. “Verbo eterno, Dio vivo e vero, facci penetrare nel tuo mistero“. L’espressione “il mistero di Cristo” è la più comprensiva di tutte: racchiude il suo essere e il suo agire, la sua umanità e la sua divinità, la sua preesistenza e la sua incarnazione, le profezie dell’Antico Testamento e la loro realizzazione nella pienezza dei tempi. Possiamo ripeterlo come una giaculatoria: “Verbo eterno, Dio vivo e vero, facci penetrare nel tuo mistero".



    --------------


    1) PO, 2.

    2) Cf. J.-M. Tillard, “Sacerdoce”, in DSpir. 14, col.12.

    3) Agostino, De Spiritu et littera, 13,22.

    4) Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, I-IIae, q. 106, a. 2.

    5) Ibid., q. 106, a. 1; cf. Agostino, De Spiritu et littera, 21, 36.

    6) Agostino, Commento al Vangelo di Giovanni, 26, 4-5: CCL 36, 261; Confessioni, XIII, 9.

    7) Agostino, De Spir. et litt. ,19,34.

    8) C. Marx, Manoscritti del 1844, in Gesamtausgabe, III, Berlino 1932, p. 124 e Critica della filosofia del diritto di Hegel, in Gesamtausgabe, I, 1, Francoforte sul M. 1927, p. 614 s.

    9) Bernardo di Chiaravalle, De gradibus humilitatis, X, 36: PL 182, 962.

    10) Bernardo di Chiaravalle, Sermones super Canticum, XV, 6: Ed. Cistercense, Roma 1957, p.86.

  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 14.410
    Post: 3.189
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Master
    00 08/03/2010 15:55
    APPELLO PER LA COLLETTA A SOSTEGNO DEI CRISTIANI IN TERRA SANTA


    Pubblichiamo di seguito la Lettera che il Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, l’Em.mo Card. Leonardo Sandri, ha inviato ai Pastori della Chiesa Universale affinché sostengano la Terra Santa:

    Testo in lingua italiana

    Eccellenza Reverendissima,

    Con la preparazione alla Pasqua del Signore torna l’appello ai Pastori della Chiesa Universale affinché sostengano la Terra Santa, offrendo la preghiera, la partecipazione vigilante e la concretezza della generosità.

    Nel "noi" della Chiesa trova motivazione la sensibilità per le necessità della Chiesa di Gerusalemme e del Medio Oriente. Sensibilità che si fa soccorso, come quello inviato ai fratelli della Giudea (At 11,29-30); ricordo, come l’invito di San Paolo nella lettera ai Galati (2,10), e colletta, che risponde a precise indicazioni pratiche (1 Cor 16,1-6) ed è definita grazia di prendere parte al servizio a favore dei santi (2 Cor 8-9 e Rm 15).

    Il nostro appello quest’anno trae ispirazione dal pellegrinaggio compiuto "sulle orme storiche di Gesù" dal Santo Padre Benedetto XVI nel maggio scorso.

    Ho avuto l’onore di accompagnarLo e di condividere l’ansia pastorale, ecumenica e interreligiosa che ne hanno animato le parole e i gesti.

    Insieme alla comunità ecclesiale di Israele e Palestina ho ascoltato "una voce" di fraternità e di pace.

    Sottolineando fortemente il problema incessante dell’emigrazione, Sua Santità ha ricordato che "nella Terra Santa c’è posto per tutti"! Ed ha esortato le autorità a sostenere la presenza cristiana, ma nel contempo ha assicurato ai cristiani di quella Terra la solidarietà della Chiesa.

    Nella Santa Messa a Betlemme, Egli ha poi incoraggiato i battezzati ad essere "un ponte di dialogo e di collaborazione costruttiva nell’edificare una cultura di pace che superi l’attuale stallo della paura, dell’aggressione e della frustrazione", perché le Chiese locali siano "laboratori di dialogo, di tolleranza e di speranza, come pure di solidarietà e di carità pratica.

    L’anno sacerdotale impegna a favore dei Luoghi Santi, insieme ai rispettivi Vescovi, i carissimi presbiteri e seminaristi di tutta la Chiesa. Torniamo, perciò, col cuore al Cenacolo di Gerusalemme, dove il Maestro e Signore "ci amò sino alla fine"; a quel luogo dove gli Apostoli con la Santa Madre del Crocifisso Risorto vissero la prima Pentecoste. Crediamo fermamente nel "fuoco mai spento" dello Spirito Santo, che il Vivente effonde in abbondanza. E prodighiamoci instancabilmente per garantire un futuro ai cristiani là dove apparvero "la benignità e l’umanità" del Nostro Dio e Padre.

    Il Papa ha affidato alla Congregazione per le Chiese Orientali il compito di tenere vivo l’interesse per quella Terra benedetta. A Suo nome esorto tutti a confermare la solidarietà finora mostrata. I cristiani d’Oriente portano, infatti, una responsabilità che spetta alla Chiesa universale, quella cioè di custodire le "origini cristiane", i luoghi e le persone che ne sono il segno, perché quelle origini siano sempre il riferimento della missione cristiana, la misura del futuro ecclesiale e la sua sicurezza. Essi meritano, pertanto, l’appoggio di tutta la Chiesa.

    Unisco un documento informativo, che illustra le opere compiute dalla Custodia di Terra Santa con la Colletta 2009. E ricordo che diversi interventi vengono realizzati dal Patriarcato Latino di Gerusalemme e dalle Chiese Orientali Cattoliche in Israele e Palestina sempre grazie all’annuale Colletta.

    Prego il Signore perché sia largo nella ricompensa verso quanti amano la Terra che Gli diede i natali: essa deve rimanere, grazie alla "Chiesa viva e giovane" che vi opera, la testimone nei secoli delle grandi opere della salvezza.

    In comunione con i pastori e i cristiani di Terra Santa, auguro una Pasqua colma delle benedizioni divine.

    Suo dev.mo

    Leonardo Card. Sandri
    Prefetto

    + Cyril Vasil’, S.I.
    Arcivescovo Segretario






    RAPPORTO DELLA CUSTODIA DI TERRA SANTA SU PROGETTI E OPERE REALIZZATI CON LA COLLETTA 2009


    CUSTODIA DI TERRA SANTA
    Ordine dei Frati Minori
    Rapporto sommario 2008/2009

    La Custodia di Terra Santa in adempimento della sua secolare Missione di tutelare i Luoghi Santi della Redenzione, officiare in essi il culto, assistere i Pellegrini e incrementare le opere apostoliche ha prestato negli anni 2008/2009 una particolare attenzione alla promozione e all’esecuzione dei seguenti Progetti e Opere:

    I. Luoghi Santi/Pellegrini

    1. Ain Karem

    - Conclusione del progetto di restauro dell’entrata al Santuario della Visitazione. Sondaggi e scavi archeologici nel piazzale principale, rifacimento completo dei condotti idrici e degli scarichi, restauro della lunga scalinata di accesso al Santuario.

    - Conclusione del progetto nel Santuario di S. Giovanni nel Deserto del restauro dell’antico muro di cinta e di alcuni ambienti per l’accoglienza di singoli Pellegrini che compiono esperienza di Romitaggio. Rinnovo dell’intero impianto elettrico.

    2. Betania

    - Conclusione del progetto di restauro del Convento di S. Lazzaro. Cambio degli impianti elettrici ed idrici, rifacimento dei pavimenti del Convento, della Sacrestia e degli ambienti di accoglienza dei Pellegrini.

    3. Betlemme

    - Progetto di rinnovo del sistema di illuminazione della chiesa di S. Caterina a Betlemme con la tinteggiatura dell’intera chiesa.

    - Continuazione del restauro degli ambienti di Casa Nova in vista del crescente afflusso dei Pellegrini.

    4. Gerusalemme

    - Progetto di restauro della Cappella del Ritrovamento della S. Croce nella Basilica del Santo Sepolcro e installazione di un nuovo sistema di protezione delle pareti.

    - Progetto di risistemazione della Valle del Cedron tra il Santuario e le mura della Gerusalemme antica, preparazione degli spazi per l’accoglienza dei pellegrini, per la preghiera e per la meditazione. Costruzione di due nuovi complessi di servizi per l’uso dei pellegrini.

    - Preparazione della celebrazione della S. Messa celebrata da Sua Santità Benedetto XVI nella Valle del Cedron.

    - Restauro delle finestre della Basilica delle Nazioni. Preparazione del progetto del restauro della copertura della Basilica e dei mosaici.

    - Restauro del Convento del Dominus Flevit e preparazione del progetto di risistemazione del giardino e degli spazi per l’accoglienza dei Pellegrini.

    5. Giaffa

    - Conclusione della seconda fase del restauro del Santuario di San Pietro in Giaffa, consistente nel rinnovo completo dell’interno del Convento e degli spazi per le attività pastorali per i lavoratori stranieri (lingua spagnola, francese e polacca) e per la comunità di espressione ebraica.

    - Inizio del progetto di restauro del complesso del Convento di S. Antonio in Giaffa.

    6. Magdala

    - Progetto di conservazione dell’area archeologica di Magdala. Restauro e consolidamento dei resti rinvenuti in seguito alla campagna archeologica negli anni ’70. Si è reso inoltre necessario lo strappo, il restauro e il ricollocamento su adeguati supporti dei tappeti musivi pavimentali che dovranno essere protetti dagli agenti atmosferici. È in allestimento un percorso di visita all’interno delle rovine, che si presta efficacemente ad illustrare la vita quotidiana della cittadina al tempo di Gesù.

    7. Nazareth

    - Restauro completo dell’Auditorium utilizzato per l’incontro di Sua Santità Benedetto XVI con i Capi religiosi della Galilea. Preparazione della celebrazione presieduta dal Papa nella Chiesa superiore. Conclusione del restauro dei percorsi di accesso per le visite del Santuario e per le processioni.

    - Continuazione del restauro della Grotta dell’Annunciazione.

    - Preparazione del progetto della copertura dell’antica Chiesa in Seforis (che ricorda la natività ed infanzia della Vergine); pagamento delle seguenti rate per ottenere i permessi delle autorità per le antichità.

    8. Monte Nebo (Giordania)

    - Prima fase dei lavori in vista del rifacimento della Basilica memoriale della morte del Profeta Mosè: consolidamento delle fondamenta, del terreno e messa in posa delle strutture portanti la futura copertura della basilica.

    9. Monte Tabor

    - Preparazione del progetto di costruzione del nuovo parcheggio, del restauro dei viali d’accesso al Santuario, del grande terrazzo sopra la sacrestia e delle vetrate nella Cripta della Chiesa.

    - Restauro di alcuni ambienti del Convento.

    10. Nain

    - Preparazione del progetto di costruzione del nuovo Convento nel Santuario di Nain dove Gesù ha risuscitato il figlio unico della vedova. Il progetto oltre la costruzione di nuovi ambienti prevede il restauro della Chiesa esistente, l’effettuazione di scavi archeologici e la risistemazione dell’intera area per l’accoglienza dei pellegrini.

    II. Luoghi Santi/Comunità Locale

    1. Opere in favore dei giovani

    - Continuazione del progetto "Borse di Studio", che consiste nel finanziamento completo di Studi per la durata di quattro anni. Si tratta di 350 Borse di Studio Universitarie all’anno, distribuite nelle diverse università nella regione (Betlemme, Ebraica a Gerusalemme e Haifa, Bir Zeit, Amman ed altre).

    - Continuazione del progetto di Sostegno alle imprese artigiane. Consiste nel sostenere circa 10 piccole imprese artigiane con l’acquisto di pezzi di ricambio, apparecchiature per la produzione, ausili per la messa in sicurezza delle attività.

    2. Attività per le famiglie

    - (Betlemme) Continuazione del progetto di sostegno alle famiglie organizzato dal Centro di ascolto parrocchiale e in coordinamento con il Franciscan Family Center (Consultorio familiare parrocchiale). Questo tipo di aiuto prevede un supporto socio-assistenziale ai bisogni principali delle famiglie.

    - Casa Francescana del Fanciullo. Accoglie oltre 20 ragazzi dell’età tra i 6 e i 12 anni provenienti dalle famiglie povere e con diversi tipi di difficoltà. I ragazzi oltre che all’accoglienza e all’assistenza nello studio, sono seguiti da un educatore, un assistente sociale e uno psicologo. Il progetto si sviluppa in stretto contatto con il Franciscan Family Center.

    - Continuazione del progetto di Assistenza medica. Il progetto agisce su diversi tipi di aiuto sanitario e si coordina sul territorio con il Franciscan Family Center, con la Caritas e con Bethlehem Arab Society for Rehabilitation. L’obiettivo principale è assicurare alle famiglie con difficoltà economiche una copertura, parziale o completa, delle spese mediche (acquisto farmaci, visite mediche e degenze ospedaliere).

    - Progetto di restauro delle case appartenenti alle famiglie più bisognose. Il restauro viene effettuato da operai disoccupati. Oltre all’aiuto alle famiglie vengono creati periodicamente decine di posti di lavoro.

    3. Comunità parrocchiali

    - (Gerusalemme) Preparazione della seconda fase del progetto di rinnovazione degli edifici del Parish Center in Beit Hanina. Pagamento delle seguenti rate per il restauro ed ampliamento della chiesa.

    - Parish Center a Nazaret. Completata ed inaugurata la costruzione di un centro parrocchiale per varie attività parrocchiali e sociali della Comunità cristiana della città (finanziata quasi completamente dai vescovi tedeschi e da Sua Santità Benedetto XVI), si prosegue con la costruzione dei campi sportivi per i giovani e con la preparazione di alcuni spazi ricreativi per i bambini.

    - (Giaffa) Progetto di riorganizzazione e di preparazione dei nuovi spazi per le attività parrocchiali della comunità locale e delle comunità straniere (oltre ventiduemila fedeli) per la locale Parrocchia S. Antonio.

    4. Scuole

    - (Ramle) Ampliamento e restauro degli spazi della scuola esistente.

    5. Costruzione di appartamenti per i poveri e per le giovani coppie

    - The Franciscan Neighborhood in Jaffa. Si tratta di 124 appartamenti per famiglie cristiane della parrocchia. Ottenuti e pagati i permessi edilizi finali.

    - Housing Project in Nazaret. È situato a 2 km di distanza dalla Basilica dell’Annunciazione. Oltre ad una Cappella ed alcune costruzioni per uso sociale prevede circa 80 appartamenti per rispondere alla necessità di abitazione per le giovani famiglie.

    - Prosegue il restauro delle abitazioni nella Città Vecchia di Gerusalemme. Le antiche abitazioni, spesso del periodo ottomano, sono spesso in condizioni precarie e costringono gli abitanti al loro abbandono. Il Progetto prevede un progressivo rinnovo di circa 300 abitazioni. Nel periodo da dicembre 2008 a dicembre di 2009 sono stati rinnovati oltre 80 appartamenti.

    6. Altre opere culturali

    - Ogni anno la Custodia di Terra Santa sostiene economicamente la Facoltà di Scienze Bibliche e di Archeologia dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme. Oltre al sostentamento completo dell’attività della Facoltà, vengono offerte a circa 30 studenti provenienti da diverse diocesi e istituti religiosi Borse di Studio che garantiscono per tutta la durata degli studi vitto ed alloggio.

    - Franciscan Media Center. E’ una nuova forma di apostolato avente lo scopo di trasmettere attraverso network televisivi il messaggio dei Luoghi Santi e la vita delle comunità cristiane locali.

    - Istituto Magnificat. In pochi anni di attività il Magnificat è diventata una scuola di musica capace di formare studenti provenienti da diverse culture e religioni. Ad oggi sono iscritti oltre 180 giovani guidati da 16 docenti. Il Magnificat promuove attività di ricerca e manifestazioni culturali a livello locale ed internazionale.

    A tutto ciò si devono aggiungere anche numerosi interventi in Siria e Libano. In particolare segnaliamo il rifacimento della chiesa parrocchiale e del Convento di S. Francesco (Aleppo), concluso nell’ottobre 2009; la costruzione di 90 nuovi appartamenti e di un asilo infantile a Tripoli (Libano), in corso; il completo restauro del Convento a Tripoli, della chiesa di Latakiye (Siria), della casa delle suore e dell'asilo infantile a Jakubiye (Siria).

  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 14.429
    Post: 3.200
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Master
    00 09/03/2010 16:19
    INTERVENTO DELLA SANTA SEDE AL SEGMENTO DI ALTO LIVELLO DELLA XIII SESSIONE ORDINARIA DEL CONSIGLIO DEI DIRITTI DELL’UOMO SULLA CRISI ECONOMICA E FINANZIARIA MONDIALE

    Il 3 marzo scorso, in occasione della XIII Sessione Ordinaria del Consiglio dei Diritti dell’Uomo, in corso a Ginevra, l’Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite, S.E. Mons. Silvano M. Tomasi, ha pronunciato l’intervento che riportiamo qui di seguito:


    INTERVENTO DI S.E. MONS. SILVANO M. TOMASI

    Mr. President,

    My delegation joins previous speakers in expressing our condolences and solidarity to the people of Chile for the victims of the recent earthquake.

    Mr. President,

    The Delegation of the Holy See wants to restate its conviction that the perspective of human rights provides a positive contribution for a solution to the current financial crisis. Even though some signs of recovery seem visible, the crisis continues to aggravate the conditions of millions of people in their access to the basic necessities of life and has adversely compromised the retirement plans of many. This situation, therefore, calls for new regulations and a sound global system of governance that ensures a sustainable and comprehensive path to development for all. In the establishment of new regulations and reliable governance there exists a unique opportunity to address the root causes of the crisis and to affirm an integrated approach to the implementation of all economic, social, civil and political human rights as outlined in the Universal Declaration of Human Rights.

    United Nations reports give plenty of evidence regarding the many negative consequences of the financial crisis: the scandal of hunger, the growing inequality worldwide, millions of unemployed people and millions of others reduced to extreme poverty, institutional failures, lack of social protection for countless vulnerable persons. These imbalances, the Holy Father reminds us in the recent encyclical Caritas in Veritate, "are produced when economic action, conceived merely as an engine for wealth creation, is detached from political action, conceived as a means for pursuing justice through redistribution"1 Equity and justice are essential criteria in the management of the world economy.

    The enjoyment of human rights becomes possible when States translate principles into law and make change on the ground a reality. While the State is the first actor in the implementation of human rights, it cannot fail to collaborate with all other players in its own civil society and with the international community, interconnected and interdependent as we are in today’s globalized world. In fact, the common goal is the protection and respect of human dignity that binds together the entire human family, a unity rooted on the four basic principles of the centrality of the human person, solidarity, subsidiarity and the common good. In this context, the review of the Human Rights Council should aim also at making change on the ground a reality and the concrete implementation of human rights, its priority.

    Mr. President,

    An important message conveyed by Pope Benedict XVI in Caritas in Veritate (CV) in this moment of economic crisis is the invitation to overcome the obsolete dichotomy between the economic, social and ecological spheres. Markets and freedom are important requirements in building a healthy society, but the context within which they operate is global and must include the universal principles of honesty, justice, solidarity and in addition the principles of "reciprocity and gift"2. The focus of concern in the reform of the financial system, and the economic models that are operative in government programs and corporate policies, should shift from goods and services to the persons who are recipients of these services; in this way, they have access to the resources to improve their position in life and thus place their talents at the service of their local community and the universal common good. The social doctrine of the Church has always pursued such a goal with special care for the more vulnerable members of society. In fact, by giving priority to human beings and the created order that supports them on their earthly journey, we can modify the rules that govern the financial system to serve concrete change, to move away from old habits of greed that led to the present crisis, and to promote effective integral development and the implementation of human rights since "the primary capital to be safeguarded and valued is the human person in his or her integrity." (CV, 25)

    ________________________________________________________

    1 Benedict XVI, Encyclical Letter Caritas in Veritate, 36

    2 Ibid. "The great challenge before us, accentuated by the problems of development in this global era and made even more urgent by the economic and financial crisis, is to demonstrate, in thinking and behaviour, not only that traditional principles of social ethics like transparency, honesty and responsibility cannot be ignored or attenuated, but also that in commercial relationships the principle of gratuitousness and the logic of gift as an expression of fraternity can and must find their place within normal economic activity. This is a human demand at the present time, but it is also demanded by economic logic. It is a demand both of charity and of truth" (CV, 36)

  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 14.445
    Post: 3.205
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Master
    00 10/03/2010 15:41
    STATEMENT OF THE HOLY SEE AT THE 54th SESSION OF THE COMMISSION ON THE STATUS OF WOMEN ON ITEM 3: FOLLOW-UP TO THE FOURTH WORLD CONFERENCE ON WOMEN AND THE TWENTY-THIRD SPECIAL SESSION OF THE GENERAL ASSEMBLY ENTITLED "WOMEN 2000: GENDER EQUALITY, DEVELOPMENT AND PEACE FOR THE TWENTY-FIRST CENTURY"

    Here below the statement delivered by H.E. Archbishop Celestino Migliore, Apostolic Nuncio, Permanent Observer of the Holy See, on 8 March 2010, at the 54th Session of the Commission on the Status of Women (Economic and Social Council) on Item 3: Follow-up to the Fourth World Conference on Women and to the twenty-third special session of the General Assembly entitled "Women 2000: gender equality, development and peace for the twenty-first century":

    Mr. Chairman,

    As this Commission undertakes a fifteen-year review of the implementation of the Beijing Declaration and Platform for Action and the outcomes of the twenty-third special session of the General Assembly, my delegation wishes you and your Bureau a productive session for the good of all women in the world.

    From the successive interventions in these days in the general debate, it seems that the assessment is not entirely positive: it includes some light, but also many and disturbing shadows.

    The advancements achieved regarding the status of women in the world in the last fifteen years include, among others, improvements in the education of girls, the promotion of women as key to eradicating poverty and fostering development, growth of participation in social life, political reforms aimed at removing forms of discrimination against women and specific laws against domestic violence.

    In particular, among the many parallel events, some have stressed the indispensable role played by civil society in all its components, in highlighting the dignity of women, their rights and responsibilities.

    This having been said, women continue to suffer in many parts of the world.

    Violence in the form of female feticide, infanticide, and abandonment are realities that cannot be brushed aside. Discrimination in health and nutrition occurs throughout the lives of girls and malnutrition affects girls much more than boys, stunting future physical and mental growth. Girls continue to account for the majority of children out of school and girls and women 15 years of age and over account for two-thirds of the world’s illiterate population.

    It is a sad fact that three quarters of those infected by HIV/AIDS are girls and women between the ages of 15 and 24; the proportion of women infected with HIV is increasing in Asia, Eastern Europe and Latin America; and in sub-Saharan Africa, 60% of all adults and three out of four young people living with the virus are female.

    Of those who are trafficked across international borders each year, minors account for up to 50% and aproximately 70% are women and girls with the majority of transnational victims being trafficked into commercial sexual exploitation. Around the world girls and women are victims of physical, sexual and psychological violence, including rape as a weapon of war in various parts of the world, not to mention economic abuse.

    The reasons for this precarious situation are various. The analyses in these days tend to be found mostly, and not without good reason, in cultural and social dynamics as well as delays and slowness of policy. Yet we would do well to look also to principles, priorities and action policies in force in international organizations, namely, that system of motivations, values, guidelines and methodologies that guide the UN’s work on women’s issues.

    Achieving equality between women and men in education, employment, legal protection and social and political rights is considered in the context of gender equality. Yet the evidence shows that the handling of this concept, as hinted at in the Cairo and Beijing Conferences, and subsequently developed in various international circles, is proving increasingly ideologically driven, and actually delaysthe true advancement of women. Moreover, in recent official documents there are interpretations of gender that dissolve every specificity and complementarity between men and women. These theories will not change the nature of things but certainly are already blurring and hindering any serious and timely advancement on the recognition of the inherent dignity and rights of women.

    Almost no outcome document of international Conferences and Committees, or Resolution fails to attempt to link the achievement of personal, social, economic and political rights to a notion of sexual and reproductive health and rights which is violent to unborn human life and is detrimental to the integral needs of women and men within society. While at the same time only seldom are women’s political, economic and social rights mentioned as an inescapable clause and commitment. This is particularly distressing given the widespread maternal mortality occurring in regions where health systems are inadequate. A solution respectful of the dignity of women does not allow us to bypass the right to motherhood, but commits us to promoting motherhood by investing in and improving local health systems and providing essential obstetrical services.

    Mr. Chairman,

    Fifteen years ago the Beijing Platform for Action proclaimed that women’s human rights are an inalienable, integral and indivisible part of universal human rights. This is key not only to understanding the inherent dignity of women and girls but also to making this a concrete reality around the world.

    The Holy See reaffirms its commitments for improving the condition of women. Its call to Catholic institutions, on the occasion of the Beijing Conference, for a concerted and prioritized strategy directed to girls and young women, especially the poorest, has yielded over the past years many significant results, and remains a strong commitment to implementing and promoting this task for the future.

    Thank you, Mr. Chairman.


  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 14.450
    Post: 3.208
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Master
    00 11/03/2010 00:19
    Intervento della Santa Sede alla Commissione sullo Status della donna
    Luci e ombre della condizione delle donne



    CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 10 marzo 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'intervento pronunciato l'8 marzo, nel palazzo dell'Onu a New York, nell'ambito della 54ª sessione del Comitato sullo Status della donna, dall'Arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite a New York.

    * * *

    Signor Presidente,

    mentre questa commissione si accinge a una verifica dopo quindici anni della realizzazione della Dichiarazione e della Piattaforma di Azione di Pechino e dei risultati della ventitreesima sessione speciale dell'Assemblea Generale, la mia delegazione augura a Lei e al suo Ufficio una sessione produttiva per il bene di tutte le donne del mondo.

    Dagli interventi che si sono susseguiti in questi giorni nell'ambito del dibattito generale, sembra che la valutazione non sia del tutto positiva: include alcune luci, ma anche molte ombre inquietanti.

    I progressi ottenuti rispetto alla condizione delle donne nel mondo negli ultimi quindici anni includono, fra l'altro, miglioramenti nell'educazione delle giovani, la promozione delle donne quale chiave per lo sradicamento della povertà e per la promozione dello sviluppo, l'aumento della partecipazione alla vita sociale, riforme politiche volte a rimuovere forme di discriminazione contro le donne e leggi specifiche contro la violenza domestica.

    In particolare, fra i numerosi eventi paralleli, alcuni hanno sottolineato il ruolo indispensabile svolto dalla società civile, in tutte le sue componenti, nell'evidenziare la dignità delle donne, i loro diritti e responsabilità.

    Comunque, le donne continuano a soffrire in numerose parti del mondo.

    La violenza, sotto forma di aborto di feti femminili, di infanticidio e di abbandono, è una realtà che non può essere ignorata. La discriminazione nell'assistenza sanitaria e nell'alimentazione si verifica nella vita di giovani donne e la malnutrizione le colpisce molto più che i ragazzi, arrestando la loro crescita mentale e fisica. Le ragazze costituiscono ancora la maggioranza dei minori non scolarizzati e, con le donne di 15 anni e oltre, rappresentano i due terzi della popolazione illetterata mondiale.

    È triste che tre quarti dei malati di Hiv/Aids siano ragazze e donne tra i 15 e i 24 anni. La proporzione di donne affette da Hiv sta aumentando in Asia, in Europa dell'Est e in America latina. Nell'Africa sub-sahariana, il 60% di tutti gli adulti e tre giovani su quattro affetti dal virus sono di sesso femminile.

    Fra quanti, ogni anno, sono vittima di traffici attraverso i confini internazionali il 50% è costituito da minorenni e circa il 70% da donne e ragazze. Per la maggior parte, questo traffico è finalizzato allo sfruttamento sessuale a fini di lucro. In tutto il mondo, ragazze e donne sono vittimedi violenze fisiche, sessuali e psicologiche, che includono lo stupro come strumento di guerra in varie parti del mondo, per non parlare dell'abuso economico.

    Le ragioni di questa situazione precaria sono varie. Le analisi di questi giorni tendono a individuarle soprattutto, e non senza un buon motivo, in dinamiche culturali e sociali nonché in ritardi e lentezze delle politiche. Tuttavia faremmo bene a guardare anche a principi, priorità e politiche di azione presenti nelle organizzazioni internazionali, ovvero, a quel sistema di motivazioni, valori, orientamenti e metodologie, che guida l'opera delle Nazioni Unite sulle questioni femminili.

    La parità fra donne e uomini nell'educazione, nell'occupazione, nella tutela legale, nei diritti politici e sociali è considerata nel contesto dell'eguaglianza di genere. La realtà dimostra che l'uso di questo concetto, come suggerito nelle Conferenze del Cairo e di Pechino, e di conseguenza sviluppato in vari circoli internazionali, è sempre più guidato ideologicamente e, di fatto, ritarda il progresso autentico delle donne. Inoltre, documenti recenti contengono interpretazioni di genere che dissolvono ogni specificità e complementarità fra uomini e donne. Queste teorie non cambieranno la natura delle cose, ma, di certo, stanno già offuscando e ostacolando ogni serio e tempestivo progresso nel riconoscimento della dignità e dei diritti delle donne.

    Quasi tutti i documenti di conferenze o comitati internazionali, o risoluzioni, riescono a collegare il raggiungimento dei diritti personali, sociali, economici e politici a una nozione di salute e di diritti riproduttivi e sessuali, che è violenta verso i nascituri e dannosa per i bisogni integrali di donne e di uomini in seno alla società. Tuttavia, nello stesso tempo, solo raramente si menzionano i diritti politici, economici e sociali delle donne, come impegno e condizione ineludibili. Questo è particolarmente doloroso data la diffusa mortalità materna nelle regioni in cui i sistemi sanitari sono inadeguati. Una soluzione rispettosa della dignità delle donne non ci permette di trascurare il diritto alla maternità, ma ci impegna a promuovere quest'ultima investendo nei sistemi sanitari locali e migliorandoli, fornendo servizi essenziali di ostetricia.

    Signor Presidente,

    quindici anni fa, la Piattaforma di Azione di Pechino proclamò che i diritti umani delle donne sono parte inalienabile, integrale e indivisibile dei diritti umani universali. Questa non è solo la chiave per comprendere la dignità intrinseca delle donne e delle giovani, ma anche per far sì che sia un realtà concreta in tutto il mondo.

    La Santa Sede riafferma i suoi impegni per migliorare la condizione delle donne. In occasione della Conferenza di Pechino, la sua esortazione a istituzioni cattoliche affinché adottassero una strategia concertata e urgente rivolta alle ragazze e alle giovani donne, in particolare a quelle più povere, ha prodotto, nel corso di questi ultimi anni, risultati significativi e resta un impegno forte per realizzare e promuovere questo compito in futuro.

    [Traduzione dal testo originale in inglese a cura de “L'Osservatore Romano”]

  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 14.472
    Post: 3.221
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Master
    00 12/03/2010 00:26
    Sacerdoti e laici: il giusto rapporto
    Guzmán Carriquiry, Sotto-Segretario del Pontificio Consiglio per i Laici




    ROMA, giovedì, 11 marzo 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo la relazione del prof. Guzmán Carriquiry, Sotto-Segretario del Pontificio Consiglio per i Laici, al Convegno teologico internazionale organizzato dalla Congregazione per il Clero e che si tiene l'11 e il 12 marzo presso la Pontificia Università Lateranense sul tema “Fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote”.

    * * *

    L’Anno Sacerdotale è una buona occasione per ricapitolare alcune delle questioni più rilevanti nei rapporti tra clero e laicato. È ben noto quanto l’autocoscienza della Chiesa come mistero di comunione, dono dello Spirito nell’evento e negli insegnamenti del Concilio Vaticano II, ripresa e approfondita nel magistero dei successivi pontefici e nell’iter sinodale della Chiesa, sia stata semina feconda per impostare e per attuare in modo sempre più corretto i rapporti tra il clero e i fedeli laici. Infatti, riprendendo una grande corrente storica di “promozione del laicato”, il Concilio Vaticano II illuminò la vocazione e la dignità battesimale dei fedeli laici e la loro piena appartenenza alla Chiesa, mistero di comunione missionaria, ponendo in risalto la partecipazione di tutto il popolo di Dio al dono sacerdotale di Cristo, impiantando il sacramento dell’ordine, gerarchico e ministeriale allo stesso tempo, nel contesto del sacerdozio universale dei fedeli.

    Oggi si può considerare superata, in linea di massima, quella visione tradizionale che recludeva i fedeli laici in una condizione di minorità – come se si trattasse d’una massa di destinatari e clienti dell’azione pastorale – favorita da quelle forme storiche e culturali di “clericalismo” che avevano impregnato la prassi e il volto della Chiesa cattolica, soprattutto nella fase del tardo-tridentino, in reazione alle istanze critiche della “riforma protestante” e dell’“Illuminismo”. La risposta reattiva di definire i laici in opposizione al clero e ai religiosi, accentuando la loro specificità e autonomia, portò, nella prima fase del dopo-concilio, a concepire e attuare il loro protagonismo come ricerca e ridistribuzione di spazi, diritti e poteri, dando luogo a non poche tensioni, contestazioni e conflitti in seno alla compagine ecclesiale. Non furono una buona traduzione degli insegnamenti conciliari né della loro fedele attuazioni neanche le tendenze che hanno portato a una “secolarizzazione dei clerici” e ad una “clericalizzazione dei laici”. Infine, fu anche fuorviante, lontana dalla realtà, anche l’idea di una “promozione del laicato” che riducesse l’importanza del sacerdozio ministeriale e che portasse a considerare maggiormente la responsabilità dei laici nel colmare le lacune causate dalla scarsità di sacerdoti, come se si trattasse di un mero scambio di funzioni.

    È fondamentale, dunque, che sullo sfondo della comune appartenenza battesimale di tutti i christifideles, in cui “comune è la dignità dei membri (…), comune la grazia dei figli, comune la vocazione alla perfezione, una sola salvezza, una sola speranza, e indivisa la carità”, si mantenga con chiarezza, sia a livello teologico che nella prassi pastorale, la differenza tra sacerdozio universale dei fedeli e sacerdozio ministeriale, entrambi radicati nell’unico sacerdozio della nuova ed eterna Alleanza, cioè nel sacerdozio di Cristo, ma come modalità essenzialmente diverse. Essi sono “ordinati l’uno all’altro” (Lumen Gentium, 10) nella comunità organica e gerarchica che è la Chiesa, che si fonda, e sempre si rinnova, sui doni sacramentali e carismatici che le sono coessenziali, arricchita da diversi ministeri, stati di vita e compiti. Il sacerdozio ministeriale è essenzialmente riferito e ordinato al sacerdozio comune, come servizio per far crescere la consapevolezza e la responsabilità battesimale di tutti i fedeli. Essi, infatti, non sono soltanto destinatari della Parola, della celebrazione dei sacramenti, dell’educazione alla fede e del servizio della carità, giacché l’impegno profuso dal sacerdote è reso affinché diventino soggetti consapevoli della loro vocazione cristiana e responsabili della missione della Chiesa a tutti i livelli dell’esistenza umana. Il sacerdozio comune, invece, è ordinato a quello ministeriale perché ne ha bisogno per poter diventare offerta di tutta la vita al Signore.

    È molto importante coltivare ed educare il sensus fidei e il sensus ecclesiae dei fedeli laici in rapporto al dono del sacerdozio ordinato per il disegno di salvezza, per l’essere e la missione della Chiesa, per la vita cristiana dei battezzati. Si tratta di una importante questione per la catechesi, ma che non si risolve con la semplice ripetizione della dottrina; ha bisogno, invece, per essere veramente educativa, della testimonianza che, tramite la loro vita e il loro ministero, gli sacerdoti rendono del Cristo che rappresentano di fronte alla comunità dei fedeli. Infatti, i fedeli laici hanno bisogno che i sacerdoti condividano con loro, a mani piene e col cuore colmo di riconoscenza e di zelo per le anime, i doni della Parola di Dio e dei Sacramenti, nella consapevolezza della comune appartenenza al mistero della Chiesa come fatto primordiale della loro vita. I fedeli laici hanno bisogno di essere aiutati a riscoprire la bellezza, la gioia, il senso di gratitudine e la responsabilità dell’essere cristiani. Essi devono sapersi riscoprire peccatori, mendicanti della misericordia divina, per riavvicinarsi con frequenza al sacramento della penitenza, trovando i preti nell’attesa disponibile e fiduciosa nel confessionale. Essi hanno bisogno di essere richiamati alla grazia del matrimonio, per vivere con maggiore pienezza questo mistero grande di unità, di fedeltà e di fecondità. Hanno bisogno di sacerdoti che siano autentici educatori alla fede e nella fede, che li sostengano nella loro crescita come christifideles. Hanno bisogno di essere accompagnati nell’itinerario di un’autentica esistenza cristiana, che abbia l’eucaristia come fonte e culmine. Hanno bisogno di sentire vicino il sacerdote nei momenti cruciali della loro esistenza. Essi hanno bisogno, dunque, del sacerdote per la loro salvezza!

    I fedeli laici sentono vivamente il bisogno di santi sacerdoti.

    Su questo sfondo di riflessioni, il testo che ho preparato affronta in modo speciale cinque campi tematici che ora soltanto menziono. Il primo è quello della “pluralità di ministeri” nell’edificazione della comunità cristiana, apprezzando e valorizzando il contributo prezioso dei fedeli laici nell’esercizio di diversi “ministeri non ordinati” in uno spirito di vera comunione, di gratuità e di servizio e mettendo in guardia, invece, contro ogni pericolosa tendenza alla loro “clericalizzazione”. Il secondo si riferisce al compito sacerdotale di saper scoprire, discernere, valorizzare e fomentare i multiformi carismi dei laici e, in modo particolare, quelli tramite cui non pochi sono attratti a una più alta vita spirituale, specialmente mediante la loro partecipazione in diverse associazioni di fedeli. I sacerdoti sono chiamati a condividere la gioia e la gratitudine che hanno manifestato S.S. Giovanni Paolo II e S.S. Benedetto XVI, in un abbondante e ricco magistero, nel riconoscere i movimenti ecclesiali e le nuove comunità come “provvidenziali”, un bene e una viva speranza per la Chiesa universale, per la sua missione. Vale anche per loro ciò che il Papa Benedetto XVI raccomandava ai Vescovi: “andate incontro ai movimenti con molto amore”. La terza questione approfondita è quella della partecipazione del sacerdote nei movimenti e nuove comunità, un fatto che, in genere, rinnova la propria vocazione e arricchisce il proprio ministero grazie alla carica carismatica, educativa e missionaria di queste realtà, destinate ad essere per ciascuno il sostegno per i propri compiti oggettivi nella Chiesa, luce e calore che li rendono - e questo è segno e verifica importante! - ancora più capaci di fedeltà al proprio Vescovo, più legati alla fraternità nel presbiterio, più attenti alle incombenze della pastorale e della disciplina ecclesiastica, più disponibili al servizio di tutti. Il quarto tema specificamente sviluppato è la conversione del sacerdote per mettersi in vero stato di missione, oltre la “pastorale di conservazione”, che non si limiti ad attendere i fedeli in chiesa né a rinchiudersi nel ghetto dei “buoni cattolici” né a rifugiarsi in discorsi astratti, ma inviato ad gentes,andando incontro alla vita, ai bisogni e alle attese delle persone, delle famiglie e delle comunità nella loro realtà quotidiana, dovunque essi si trovino, mettendo ogni cosa a confronto con l’annuncio della presenza di Cristo, pieno di com-passione e di misericordia. Il quinto tema approfondito è la necessità che hanno i fedeli laici impegnati nei diversi ambiti della vita pubblica di contare sulla presenza di sacerdoti vicini e competenti che li richiamino al significato e alle esigenze cristiane dei loro stessi impegni e li aiutino a vivere coerentemente.

    Infine, tre annotazioni. Prima, il bisogno che hanno il sacerdoti dei fedeli laici, delle famiglie cristiane, delle comunità, delle associazioni e dei movimenti, come compagnia e sostegno cristiano per la loro vita, spesso logorante. Seconda, la corresponsabilità dei laici in una formazione dei sacerdoti tesa ad abbracciare tutta la realtà con grande amore, alla luce di un giudizio cristiano. Terza: una maggiore responsabilità dei fedeli laici riguardo all’incremento delle vocazioni sacerdotali.


  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 14.483
    Post: 3.227
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Master
    00 12/03/2010 16:19
    SECONDA PREDICA DI QUARESIMA

    Alle ore 9 di questa mattina, nella Cappella "Redemptoris Mater", alla presenza del Santo Padre Benedetto XVI, il Predicatore della Casa Pontificia, Rev.do P. Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto la seconda Predica di Quaresima.

    Tema delle meditazioni quaresimali è il seguente: "Dispensatori del misteri di Dio" - Il sacerdote, ministro della Parola e dei sacramenti.

    La terza ed ultima Predica di Quaresima avrà luogo venerdì 26 marzo.


  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 14.484
    Post: 3.228
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Master
    00 12/03/2010 16:19
    COMUNICATO: PERIODO DI RIPOSO ESTIVO DEL SANTO PADRE

    Nel corso della prossima estate, il Santo Padre si recherà direttamente da Roma a Castel Gandolfo, per trascorrevi tutto il periodo estivo. Egli ha molto apprezzato gli inviti ricevuti anche quest’anno a recarsi per alcune settimane in località alpine e ha ringraziato sinceramente i Vescovi che li avevano presentati, ma per quest’anno preferisce iniziare subito il periodo estivo di riposo e di studio senza l’impegno di ulteriori trasferimenti.

  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 14.495
    Post: 3.233
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Master
    00 13/03/2010 00:34
    Seconda predica di padre Cantalamessa per la Quaresima 2010
    "Cristo offrì se stesso a Dio"



    CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 12 marzo 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito la seconda predica di Quaresima che padre Raniero Cantalamessa, OFM Cap., ha tenuto questo venerdì mattina nella cappella Redemptoris Mater, alla presenza di Benedetto XVI e dei suoi collaboratori della Curia romana.

    Il tema delle meditazioni di quest'anno è "Dispensatori dei misteri di Dio. Il sacerdote, ministro della Parola e dei sacramenti", in continuità con la riflessione sul ministero episcopale e presbiterale iniziata in Avvento.

    La prima predica è stata pronunciata il 5 marzo, quella successiva avrà luogo il 26 marzo.

    * * *

    1. La novità del sacerdozio di Cristo

    In questa meditazione vogliamo riflettere sul sacerdote come amministratore dei misteri di Dio, intendendo, questa volta, per "misteri" i segni concreti della grazia, i sacramenti. Non possiamo soffermarci su tutti i sacramenti, ci limitiamo al sacramento per eccellenza che è l'Eucaristia. Così fa anche la Presbyterorum Ordinis che, dopo aver parlato dei presbiteri come evangelizzatori, prosegue dicendo che " il loro servizio, che comincia con l'annuncio del Vangelo, deriva la propria forza e la propria efficacia dal sacrificio di Cristo" che essi rinnovano misticamente sull'altare[1].

    Questi due compiti del sacerdote sono quelli che anche gli apostoli riservarono a se stessi: "Quanto a noi -dichiara Pietro negli Atti -, continueremo a dedicarci alla preghiera e al ministero della Parola" (At 6,4). La preghiera di cui egli parla non è la preghiera privata; è la preghiera liturgica comunitaria che ha al suo centro la frazione del pane. La Didaché permette di vedere come l'Eucaristia nei primi tempi veniva offerta proprio nel contesto della preghiera della comunità, come parte di essa e suo culmine[2].

    Come il sacrificio della Messa non si concepisce se non in dipendenza dal sacrificio della croce, così il sacerdozio cristiano non si spiega se non in dipendenza e come partecipazione sacramentale al sacerdozio di Cristo. È da qui che dobbiamo partire per scoprire la caratteristica fondamentale e i requisiti del sacerdozio ministeriale.

    La novità del sacrificio di Cristo rispetto al sacerdozio dell'antica alleanza (e, come oggi sappiamo, rispetto a ogni altra istituzione sacerdotale anche fuori della Bibbia) è messa in rilievo nella Lettera agli Ebrei da diversi punti di vista: Cristo non ha avuto bisogno di offrire vittime anzitutto per i propri peccati, come ogni sacerdote (7,27); non ha bisogno di ripetere più volte il sacrificio, ma "una volta sola, alla pienezza dei tempi, è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso" (9, 26). Ma la differenza fondamentale è un'altra. Sentiamo come essa viene descritta:

    "Cristo, sommo sacerdote dei beni futuri [...] è entrato una volta per sempre nel luogo santissimo, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue. Così ci ha acquistato una redenzione eterna. Infatti, se il sangue di capri, di tori e la cenere di una giovenca sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano, in modo da procurar la purezza della carne, quanto più il sangue di Cristo, che mediante lo Spirito eterno offrì se stesso puro di ogni colpa a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte per servire il Dio vivente!" (Eb 9, 11-14).

    Ogni altro sacerdote offre qualcosa fuori di sé, Cristo ha offerto se stesso; ogni altro sacerdote offre delle vittime, Cristo si è offerto vittima! Sant'Agostino ha racchiuso in una formula celebre questo nuovo genere di sacerdozio, in cui sacerdote e vittima sono la stessa cosa: "Ideo victor, quia victima, et ideo sacerdos, quia sacrificium": vincitore perché vittima, sacerdote perché vittima"[3].

    Nel passaggio dai sacrifici antichi al sacrificio di Cristo si osserva la stessa novità che nel passaggio dalla legge alla grazia, dal dovere al dono, illustrata in una meditazione precedente. Da opera dell'uomo per placare la divinità e riconciliarla a sé, il sacrificio passa ad essere dono di Dio per placare l'uomo, farlo desistere dalla sua violenza e riconciliarlo a sé (cf. Col 1,20). Anche nel suo sacrificio, come in tutto il resto, Cristo è "totalmente altro".

    2. "Imitate ciò che compite"

    La conseguenza di tutto ciò è chiara: per essere sacerdote "secondo l'ordine di Gesù Cristo", il presbitero deve, come lui, offrire se stesso. Sull'altare, egli non rappresenta soltanto il Gesù "sommo sacerdote", ma anche il Gesù "somma vittima", essendo ormai le due cose inseparabili. In altre parole non può accontentarsi di offrire Cristo al Padre nei segni sacramentali del pane e del vino, deve anche offrire se stesso con Cristo al Padre. Raccogliendo un pensiero di sant'Agostino, la istruzione della S. Congregazione dei riti, Eucharisticum mysterium, scrive: "La Chiesa, sposa e ministra di Cristo, adempiendo con lui all'ufficio di sacerdote e vittima, lo offre al Padre e, insieme, offre tutta se stessa con lui" [4].

    Quello che qui si dice della Chiesa intera, si applica in modo tutto speciale al celebrante. Al momento dell'ordinazione, il vescovo rivolge agli ordinandi l'esortazione: "Agnoscite quod agitis, imitamini quod tractatis": "Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai". In altre parole: fai anche tu ciò che fa Cristo nella Messa, cioè offri te stesso a Dio in sacrificio vivente. Scrive san Gregorio Nazianzeno:

    "Sapendo che nessuno è degno della grandezza di Dio, della Vittima e del Sacerdote, se non si è prima offerto lui stesso come sacrificio vivente e santo, se non si è presentato come oblazione ragionevole e gradita (cf Rom 12, 1) e se non ha offerto a Dio un sacrificio di lode e uno spirito contrito - l'unico sacrificio di cui l'autore di ogni dono domanda l'offerta -, come oserò offrirgli l'offerta esteriore sull'altare, quella che è la rappresentazione dei grandi misteri?"[5].

    Mi permetto di dire come io stesso ho scoperto questa dimensione del mio sacerdozio perché può forse aiutare a capire meglio. Dopo la mia ordinazione, ecco come io vivevo il momento della consacrazione: chiudevo gli occhi, chinavo il capo, cercavo di estraniarmi da tutto ciò che mi circondava per immedesimarmi in Gesù che, nel cenacolo, pronunciò per la prima volta quelle parole: "Accipite et manducate...", "Prendete, mangiate...".

    La liturgia stessa favoriva questo atteggiamento, facendo pronunciare le parole della consacrazione a voce bassa e in latino, chinati sulle specie, rivolti all'altare e non al popolo. Poi, un giorno, ho capito che tale atteggiamento, da solo, non esprimeva tutto il significato della mia partecipazione alla consacrazione. Chi presiede invisibilmente a ogni Messa è il Gesù risorto e vivo, il Gesù, per essere esatti, che era morto, ma ora vive per sempre (cf. Ap 1, 18). Ma questo Gesù è il "Cristo totale", Capo e corpo inscindibilmente uniti. Dunque, se è questo Cristo totale che pronuncia le parole della consacrazione, anch'io le pronuncio con lui. Dentro l'"Io" grande del Capo, c'è nascosto il piccolo "io" del corpo che è la Chiesa, c'è anche il mio piccolissimo "io".

    Da allora, mentre, come sacerdote ordinato dalla Chiesa, pronuncio le parole della consacrazione "in persona Christi", credendo che, grazie allo Spirito Santo, esse hanno il potere di cambiare il pane nel corpo di Cristo e il vino nel suo sangue, allo stesso tempo, come membro del corpo di Cristo, non chiudo più gli occhi, ma guardo i fratelli che ho davanti, o, se celebro da solo, penso a coloro che devo servire durante il giorno e, rivolto a essi, dico mentalmente, insieme con Gesù: "Fratelli e sorelle, prendete, mangiate: questo è il mio corpo; prendete, bevete, questo è il mio sangue".

    In seguito ho trovato una singolare conferma negli scritti della venerabile Concepciòn Cabrera de Armida, detta Conchita, la mistica messicana, fondatrice di tre ordini religiosi, di cui è in corso il processo di beatificazione. Al suo figlio gesuita, in procinto di essere ordinato sacerdote, ella scriveva: "Ricordati, figlio mio, quando terrai in mano l'Ostia Santa, tu non dirai: Ecco il corpo di Gesù, ecco il suo sangue, ma dirai: Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue: cioè deve operarsi in te una trasformazione totale, devi perderti in lui, essere un altro Gesù"[6].

    L'offerta del sacerdote e di tutta la Chiesa, senza quella di Gesù, non sarebbe né santa, né gradita a Dio, perché siamo solo creature peccatrici, ma l'offerta di Gesù, senza quella del suo corpo che è la Chiesa, sarebbe anch'essa incompleta e insufficiente: non, s'intende, per procurare la salvezza, ma perché noi la riceviamo e ce ne appropriamo. È in questo senso che la Chiesa può dire con san Paolo: "Completo nella mia carne ciò che manca alla passione di Cristo" (cf. Col 1, 24).

    Possiamo illustrare con un esempio ciò che avviene ad ogni Messa. Immaginiamo che in una famiglia c'è uno dei figli, il primogenito, affezionatissimo al padre. Per il suo compleanno vuole fargli un regalo. Prima però di presentarglielo chiede, in segreto, a tutti i fratelli e le sorelle di apporre la loro firma sul dono. Questo arriva dunque nelle mani del padre come l'omaggio indistinto di tutti i suoi figli e come un segno della stima e dell'amore di tutti loro, ma, in realtà, uno solo ha pagato il prezzo di esso.

    E ora l'applicazione. Gesú ammira ed ama sconfinatamente il Padre celeste. A lui vuol fare ogni giorno, fino alla fine del mondo, il dono più prezioso che si possa pensare, quello della sua stessa vita. Nella Messa egli invita tutti i suoi "fratelli", che siamo noi, ad apporre la loro firma sul dono, di modo che esso giunge a Dio Padre come il dono indistinto di tutti i suoi figli, "il mio e vostro sacrificio", lo chiama il sacerdote nell'Orate fratres. Ma, in realtà, sappiamo che uno solo ha pagato il prezzo di tale dono. E quale prezzo!

    3. Il corpo e il sangue

    Per capire le conseguenze pratiche che derivano per il sacerdote da tutto questo, è necessario tener conto del significato della parola "corpo" e della parola "sangue". Nel linguaggio biblico, la parola corpo, come la parola carne, non indica, come per noi oggi, una terza parte della persona come nella tricotomia greca (corpo, anima, nous); indica tutta la persona, in quanto vive in una dimensione corporea.( "Il Verbo si fece carne", significa si fece uomo, non ossa, muscoli, nervi!). A sua volta, "sangue" non indica una parte di una parte dell'uomo. Il sangue è sede della vita, perciò l'effusione del sangue è segno della morte.

    Con la parola "corpo" Gesù ci ha donato la sua vita, con la parola sangue ci ha donato la sua morte. Applicato a noi, offrire il corpo significa offrire il tempo, le risorse fisiche, mentali, un sorriso che è tipico di uno spirito che vive in un corpo; offrire il sangue significa offrire la morte. Non soltanto il momento finale della vita, ma tutto ciò che già fin da ora anticipa la morte: le mortificazioni, le malattie, le passività, tutto il negativo della vita.

    Proviamo a immaginare la vita sacerdotale vissuta con questa consapevolezza. Tutta la giornata, non solo il momento della celebrazione, è una eucaristia: insegnare, governare, confessare, visitare i malati, anche il riposo, anche lo svago, tutto. Un maestro spirituale, il gesuita francese Pierre Olivaint, diceva: "Le matin, moi prêtre, Lui victime; le long du jour Lui prêtre, moi victime: il mattino (a quel tempo la Messa si celebrava solo di mattina) io sacerdote, Lui (Cristo) vittima ; lungo la giornata, Lui sacerdote, io vittima. "Come fa bene un prete -diceva il Santo curato d'Ars - a offrirsi a Dio in sacrificio tutte le mattine"[7].

    Grazie all'Eucaristia, anche la vita del sacerdote anziano, malato, e ridotto all'immobilità, è preziosissima per la Chiesa. Lui offre "il sangue". Feci visita una volta a un sacerdote malato di tumore. Si stava preparando per celebrare una delle sue ultime Messe con l'aiuto di un sacerdote giovane. Aveva anche una malattia agli occhi per cui lacrimava in continuazione. Mi disse: "Non avevo mai capito l'importanza di dire anche a nome mio nella Messa: "Prendete, mangiate; prendete bevete...". Adesso l'ho capito. È tutto quello che mi resta e lo dico in continuazione pensando ai miei parrocchiani. Ho capito cosa vuol dire essere "pane spezzato" per gli altri.

    4. A servizio del sacerdozio universale dei fedeli

    Una volta scoperta questa dimensione esistenziale, dell'Eucaristia, è compito pastorale del sacerdote aiutare a viverla anche al resto del popolo di Dio. L'anno sacerdotale non dovrebbe rimanere una opportunità e una grazia solo per i preti, ma anche per i laici. La Presbyterorum ordinis afferma chiaramente che il sacerdozio ministeriale è a servizio del sacerdozio universale di tutti battezzati, affinché essi " possano offrire se stessi come ostia viva, santa, accettabile da Dio (Rom 12,1). Infatti:

    "È attraverso il ministero dei presbiteri che il sacrificio spirituale dei fedeli viene reso perfetto nell'unione al sacrificio di Cristo, unico mediatore; questo sacrificio, infatti, per mano dei presbiteri e in nome di tutta la Chiesa, viene offerto nell'eucaristia in modo incruento e sacramentale, fino al giorno della venuta del Signore"[8].

    La costituzione Lumen gentium del Vaticano II, parlando del "sacerdozio comune" di tutti i fedeli, scrive:

    "I fedeli, in virtù del regale loro sacerdozio, concorrono all'oblazione dell'Eucaristia...Partecipando al sacrificio eucaristico, fonte e culmine di tutta la vita cristiana, offrono a Dio la Vittima divina e se stessi con Essa; così tutti, sia con la oblazione che con la santa comunione, compiono la propria parte nell'azione liturgica, non però ugualmente, ma chi in un modo e chi in un altro" [9] .

    L'Eucaristia è dunque l'atto di tutto il popolo di Dio, non solo nel senso passivo, che ridonda a beneficio di tutti, ma anche attivamente, nel senso che è compiuto con la partecipazione di tutti. Il fondamento biblico più chiaro di questa dottrina è Romani 12, 1: "Vi esorto, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente santo e gradito a Dio, è questo il vostro culto spirituale" .

    Commentando queste parole di Paolo, san Pietro Crisologo, diceva:

    "L'Apostolo vede così innalzati tutti gli uomini alla dignità sacerdotale per offrire i propri corpi come sacrificio vivente. O immensa dignità del sacerdozio cristiano! L'uomo è divenuto vittima e sacerdote per se stesso. Non cerca più fuori di sé ciò che deve immolare a Dio, ma porta con sé e in sé ciò che sacrifica a Dio per sé... Fratelli, questo sacrificio è modellato su quello di Cristo...Sii dunque, o uomo, sii sacrifico e sacerdote di Dio" [10].

    Proviamo a vedere come il modo di vivere la consacrazione che ho illustrato potrebbe aiutare anche i laici a unirsi all'offerta del sacerdote. Anche il laico è chiamato, abbiamo visto, a offrirsi a Cristo, nella Messa. Può farlo usando le stesse parole di Cristo: "Prendete, mangiate, questo è il mio corpo"? Penso che nulla si opponga a ciò. Non facciamo la stessa cosa quando, per esprimere il nostro abbandono alla volontà di Dio, usiamo le parole di Gesù sulla croce: "Padre, nelle tue mani affido il mio spirito", o quando, nelle nostre prove, ripetiamo: "Passi da me questo calice", o altre parole del Salvatore? Usare le parole di Gesù aiuta ad unirsi ai suoi sentimenti.

    La mistica messicana, ricordata sopra, sentiva rivolte anche a se, non solo al figlio sacerdote, le parole di Cristo: "Voglio che, trasformato in me per la sofferenza, per l'amore e per la pratica di tutte le virtù, salga verso il cielo questo grido della tua anima in unione con me: Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue" [11].

    Il fedele laico deve solo essere consapevole che queste parole dette da lui, nella Messa o durante il giorno, non hanno il potere di rendere presente il corpo e il sangue di Cristo sull'altare. Egli non agisce, in questo momento, in persona Christi; non rappresenta Cristo, come fa il sacerdote ordinato, ma solo si unisce a Cristo. Perciò, non dirà le parole della consacrazione a voce alta, come il sacerdote, ma nel proprio cuore, pensandole, più che pronunziandole.

    Proviamo a immaginare cosa avverrebbe se anche i laici, al momento della consacrazione, dicessero silenziosamente: "Prendete, mangiate: questo è il mio corpo. Prendete, bevete: questo è il mio sangue". Una mamma di famiglia celebra così la sua Messa, poi va a casa e comincia la sua giornata fatta di mille piccole cose. La sua vita è letteralmente sbriciolata; apparentemente non lascia traccia alcuna nella storia. Ma non è cosa da niente quello che fa: è un'eucaristia insieme con Gesù! Una suora dice anche lei, nel suo cuore, al momento della consacrazione: "Prendete, mangiate..."; poi va al suo lavoro giornaliero: bambini, malati, anziani. L'Eucaristia "invade" la sua giornata che diventa come un prolungamento dell'Eucaristia.

    Ma vorrei soffermarmi in particolare su due categorie di persone: i lavoratori e i giovani. Il pane eucaristico "frutto della terra e del lavoro dell'uomo", ha qualcosa di importante da dire sul lavoro umano, e non solo su quello agricolo. Nel processo che porta dal chicco seminato in terra al pane sulla mensa, interviene l'industria con le sue macchine, il commercio, i trasporti e un'infinità di altre attività, in pratica tutto il lavoro umano. Insegniamo al lavoratore cristiano a offrire, nella Messa, il suo corpo e il suo sangue, cioè il tempo, il sudore, la fatica. Il lavoro non sarà più alienante come nella visione marxista in cui esso finisce nel prodotto che viene venduto, ma santificante.

    E cosa ha da dire l'Eucaristia ai giovani? Basta che pensiamo una cosa: cosa vuole il mondo dai giovani e dalle ragazze, oggi? Il corpo, nient'altro che il corpo! Il corpo, nella mentalità del mondo, è essenzialmente uno strumento di piacere e di sfruttamento. Qualcosa da vendere, da spremere finché è giovane e attraente, e poi da buttare via, insieme con la persona, quando non serve più a questi scopi. Specialmente il corpo della donna è divenuto una merce di consumo.

    Insegniamo ai giovani e alle ragazze cristiane a dire, al momento della consacrazione: "Prendete, mangiate, questo è il mio corpo, offerto per voi". Il corpo viene così consacrato, diventa cosa sacra, non si può più "dare in pasto" alla concupiscenza propria ed altrui, non si può più vendere, perché si è donato. E' diventato eucaristia con Cristo. L'apostolo Paolo scriveva ai primi cristiani: "Il corpo non è per l'impudicizia, ma per il Signore...Glorificate dunque Dio con il vostro corpo (1 Cor 6, 13.20). E spiegava subito i due modi in cui si può glorificare Dio con il proprio corpo: o con il matrimonio o con la verginità, a secondo del carisma e della vocazione di ognuno (cf. 1 Cor 7, 1 ss.).

    5. Con l'opera dello Spirito Santo

    Dove trovare la forza, sacerdoti e laici, per fare questa offerta totale di sé a Dio, per prendersi e sollevarsi, per così dire, da terra con le proprie mani? La risposta è: lo Spirito Santo! Cristo, abbiamo ascoltato all'inizio dalla Lettera agli Ebrei, offrì se stesso al Padre in sacrificio, "nello Spirito eterno" (Eb 9, 14), cioè grazie allo Spirito Santo. Fu lo Spirito Santo che come suscitava nel cuore umano di Cristo l'impulso alla preghiera (cf. Lc 10,21), così suscitò in lui l'impulso e anzi il desiderio di offrirsi al Padre in sacrificio per l'umanità.

    Papa Leone XIII, nella sua enciclica sullo Spirito Santo, dice che "Cristo ha compiuto ogni sua opera, e specialmente il suo sacrificio, con l'intervento dello Spirito Santo (praesente Spiritu)"[12] e nella Messa, prima della comunione, il sacerdote prega dicendo: "Signore Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo, che per volontà del Padre e con l'opera dello Spirito Santo (cooperante Spiritu Sancto), morendo hai dato la vita al mondo...". Questo spiega perché nella Messa ci sono due "epiclesi", cioè due invocazioni dello Spirito Santo: una, prima della consacrazione, sul pane e sul vino, e una, dopo la consacrazione, sull'intero corpo mistico.

    Con le parole di una di queste epiclesi (Preghiera eucaristica III), chiediamo al Padre il dono del suo Spirito per essere a ogni Messa, come Gesù, sacerdoti e insieme sacrificio: "Egli (lo Spirito Santo) faccia di noi un sacrificio perenne a te gradito, perché possiamo ottenere il regno promesso insieme con i tuoi eletti: con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio, con i tuoi santi apostoli, i gloriosi martiri e tutti i santi nostri intercessori presso di te".

    [1] PO, 2.

    [2] Didachè, 9-10.

    [3] Agostino, Confessioni, 10,43.

    [4] Eucharisticum mysterium, 3; cf. Agostino, De civitate Dei, X, 6 (CCL 47, 279).

    [5] Gregorio Nazianzeno, Oratio 2, 95 (PG 35, 497).

    [6] In Diario spirituale di una madre di famiglia, a cura di M.-M. Philipon, Roma, Città Nuova, 1985, p. 117.

    [7] Citato da Benedetto XVI nella Lettera di indizione dell'anno sacerdotale.

    [8] PO, 2.

    [9] Lumen gentium, 10-11.

    [10] Pietro Crisologo, Sermo 108 (PL 52, 499 s.).

    [11] Diario, cit., p. 199.

    [12] Leone XIII, Enc. "Divinum illud munus", 6.

  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 14.505
    Post: 3.239
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Master
    00 13/03/2010 16:13
    AVVISO AI GIORNALISTI: INTERVISTA A MONS. CHARLES J. SCICLUNA, PROMOTORE DI GIUSTIZIA DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

    Il quotidiano "Avvenire" pubblica oggi una intervista a Mons. Charles J. Scicluna, Promotore di Giustizia della Congregazione per la Dottrina della Fede, sull’attività investigativa e giudiziaria della Congregazione sui "Delicta graviora" che includono i reati di pedofilia compiuti da membri del clero.

    La Sala Stampa segnala questa intervista perché risponde a molte delle domande poste recentemente dai giornalisti.

    Oltre che sul quotidiano "Avvenire" di oggi 13 marzo 2010, pag. 5, richiamo in prima pagina, gli accreditati possono trovare il testo dell’intervista in lingua italiana, con traduzioni di lavoro in inglese, francese, tedesco e spagnolo, nell’area riservata della pagina Web della Sala Stampa della Santa Sede.

    I testi saranno anche reperibili nelle pagine delle relative lingue del sito Web della Radio Vaticana (www.radiovaticana.org).


  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 14.543
    Post: 3.260
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Master
    00 16/03/2010 15:34
    INTERVENTO DELLA SANTA SEDE ALLA XIII SESSIONE ORDINARIA DEL CONSIGLIO DEI DIRITTI DELL’UOMO SULLA LOTTA CONTRO LA VIOLENZA SESSUALE SUI BAMBINI, IN OCCASIONE DELL’INCONTRO ANNUALE SUI DIRITTI DEL FANCIULLO (10 MARZO 2010)

    Il 10 marzo scorso, in occasione dell’incontro annuale sui Diritti del Fanciullo, l’Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite, S.E. Mons. Silvano Maria Tomasi, ha pronunciato alla XIII Sessione Ordinaria del Consiglio dei Diritti dell’Uomo, in corso a Ginevra, l’intervento che riportiamo qui di seguito:


    INTERVENTO DI S.E. MONS. SILVANO MARIA TOMASI

    Mr. President,

    "Sexual abuse of minors is always a heinous crime". To this unambiguous condemnation of sexual violence against children and young people, the Holy Father Pope Benedict XVI has added the religious dimension, pointing out that it is also a "grave sin" that offends God and human dignity. The child's physical and psychological integrity is violated with destructive consequences. Studies have shown that abused children react in different ways to sexual violence and have a higher likelihood of teen pregnancy, homelessness, risk of drug and alcohol dependence. In a word, the evil committed against these little ones often stigmatizes them for their entire life.

    As you are aware, in the last years, Catholic clergy, religious and lay workers in a number of countries have been accused , and several have been convicted, of child abuse. There is no excuse for this behavior, which is a grave betrayal of trust. In some cases heavy fines had to be paid while in other cases the culprits were given custodial sentences. Protection from sexual aggression remains high on the agenda of all church institutions as they struggle to come to terms with this serious problem. Likewise, concrete measures to ensure transparency and assistance to the victims and their families are the way to alleviate the pain, grief, and bewilderment caused by the abuse that has occurred.

    The Catholic community continues its efforts to deal decisively with this problem. Thus, those who are found guilty of these crimes are immediately suspended from exercising their office and are dealt with according to the norms of civil and canon laws. Other legal measures have been taken in order to ensure that children and young people cared for in schools and institutions are safe. Many of the measures taken, legal or administrative, deal with recognition and punishment of abuse. Prevention is the best medicine, and this begins with education and promoting a culture of respect of the human rights and human dignity of every child, and especially through the implementation of efficient methods for the recruitment of school personnel.

    Could the panel share some best practices that can help children to recognize and report the improper behavior of educators and caregivers?

  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 14.566
    Post: 3.275
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Master
    00 17/03/2010 16:21
    COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE: COMMISSIONE INTERNAZIONALE DI INCHIESTA SU MEDJUGORJE

    È stata costituita presso la Congregazione per la Dottrina della Fede, sotto la presidenza del Cardinale Camillo Ruini, una Commissione internazionale di inchiesta su Medjugorje. Detta Commissione, composta da Cardinali, Vescovi, periti ed esperti, lavorerà in maniera riservata, sottoponendo l’esito del proprio studio alle istanze del Dicastero.

  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 14.612
    Post: 3.303
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Master
    00 20/03/2010 15:44
    COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE: RIUNIONE DELLA COMMISSIONE SULLA CHIESA CATTOLICA IN CINA

    Dal 22 al 24 marzo corrente si riunirà, in Vaticano, la Commissione che il Papa Benedetto XVI ha istituito nel 2007 per studiare le questioni di maggiore importanza, relative alla vita della Chiesa cattolica in Cina. Fanno parte di detta Commissione i Superiori dei Dicasteri della Curia Romana, che sono competenti in materia, e alcuni rappresentanti dell’Episcopato cinese e di congregazioni religiose.

    La prima riunione plenaria, svoltasi nei giorni 10-12 marzo 2008, ebbe, come tema, la Lettera che il Santo Padre Benedetto XVI aveva indirizzato ai cattolici cinesi il 27 maggio 2007. Durante i lavori fu esaminata l’accoglienza, che era stata riservata al medesimo Documento pontificio all’interno e al di fuori della Cina. Si fece anche una riflessione sui principi teologici, ispiratori della Lettera, al fine di cogliere le prospettive che da essi nascono per la comunità cattolica in Cina.

    Nella seconda riunione plenaria (30 marzo-1º aprile 2009) si prese in esame il tema della formazione umana, intellettuale, spirituale e pastorale dei seminaristi e delle persone consacrate, nonché quello della formazione permanente dei sacerdoti.

    Nella prossima riunione plenaria si continuerà ad approfondire il predetto tema della formazione, affinché in Cina, come nel resto del mondo, l’opera dei sacerdoti e delle persone consacrate aiuti la Chiesa ad incarnare il Vangelo e a darne testimonianza, anche di fronte alle sfide poste dall’evoluzione delle condizioni sociali e culturali.

  • OFFLINE
    +PetaloNero+
    Post: 14.707
    Post: 3.358
    Registrato il: 22/08/2006
    Registrato il: 20/01/2009
    Utente Comunità
    Utente Master
    00 25/03/2010 16:00

    NUOVI "TESTI FONDAMENTALI" DISPONIBILI SUL SITO WEB UFFICIALE VATICANO

    ON LINE GLI ATTI UFFICIALI DELLA SANTA SEDE E LA COLLEZIONE DEI DOCUMENTI DEL PERIODO DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE


    Importanti testi finora disponibili in forma cartacea nelle biblioteche sono ora resi accessibili sul Sito Web ufficiale della Santa Sede, www.vatican.va , nella Sezione "Testi fondamentali".

    Si tratta delle intere collezioni degli Acta Sanctae Sedis (ASS) e Acta Apostolicae Sedis (AAS), cioè gli Atti ufficiali della Santa Sede dal 1865 al 2007, in formato pdf, e della collezione dei 12 volumi degli Actes et Documents du Saint-Siège relatifs à la Seconde Guerre Mondiale, pubblicati per volere di Paolo VI a partire dal 1965, curati da una équipe specializzata di quattro storici gesuiti.

    Questi testi costituiscono una miniera di documentazione d’inestimabile valore che ora è messa gratuitamente a disposizione di tutti gli studiosi e delle persone interessate. Un grande contributo per la ricerca e l’informazione sulla Santa Sede, la sua storia e la sua attività.
    [Modificato da Paparatzifan 25/03/2010 16:39]

12