00 10/01/2011 15:35
Il Papa all'Occidente: lo Stato non monopolizzi l'istruzione
Nel porgere gli auguri al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede



CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 10 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Papa Benedetto XVI ha esortato questo lunedì mattina a promuovere sistemi educativi rispettosi del diritto dei genitori di scegliere l'educazione per i propri figli.

Ha presentato la sua richiesta nel discorso che ha rivolto ai membri del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, ricevendoli nella Sala Regia del Palazzo Apostolico vaticano per la presentazione degli auguri per il nuovo anno.

“Esorto tutti i Governi a promuovere sistemi educativi che rispettino il diritto primordiale delle famiglie a decidere circa l’educazione dei figli e che si ispirino al principio di sussidiarietà, fondamentale per organizzare una società giusta”, ha detto.

Il Papa ha definito “preoccupante” il fatto che il servizio che le comunità religiose offrono alla società attraverso iniziative nell'ambito dell'educazione delle giovani generazioni “sia compromesso o ostacolato da progetti di legge che rischiano di creare una sorta di monopolio statale in materia scolastica”.

Ciò “si constata ad esempio in certi Paesi dell’America Latina”, ha indicato, ricordando che molti Stati sudamericani stanno celebrando “il secondo centenario della loro indipendenza, occasione propizia per ricordarsi del contributo della Chiesa cattolica alla formazione dell’identità nazionale”.

Riferendosi all'ambito educativo e alle minacce alla libertà delle famiglie, il Pontefice ha poi lamentato che in alcuni Paesi europei sia stata “imposta la partecipazione a corsi di educazione sessuale o civile che trasmettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un’antropologia contraria alla fede e alla retta ragione”.

Emarginazione della religione

Il Pontefice si è anche riferito ad altre minacce che il pieno esercizio della libertà religiosa subisce in Occidente.

Ai diplomatici presenti, ha parlato dei “Paesi nei quali si accorda una grande importanza al pluralismo e alla tolleranza, ma dove la religione subisce una crescente emarginazione”.

“Si tende a considerare la religione, ogni religione, come un fattore senza importanza, estraneo alla società moderna o addirittura destabilizzante, e si cerca con diversi mezzi di impedirne ogni influenza nella vita sociale”, ha avvertito.

“Si arriva così a pretendere che i cristiani agiscano nell’esercizio della loro professione senza riferimento alle loro convinzioni religiose e morali, e persino in contraddizione con esse”.

In questo senso, ha portato l'esempio delle “leggi che limitano il diritto all’obiezione di coscienza degli operatori sanitari o di certi operatori del diritto”.

Allo stesso tempo, ha sottolineato che “non si può che rallegrarsi dell’adozione da parte del Consiglio d’Europa, nello scorso mese di ottobre, di una Risoluzione che protegge il diritto del personale medico all’obiezione di coscienza di fronte a certi atti che ledono gravemente il diritto alla vita, come l’aborto”.

Il Papa ha anche sottolineato che “un’altra manifestazione dell’emarginazione della religione e, in particolare, del cristianesimo, consiste nel bandire dalla vita pubblica feste e simboli religiosi, in nome del rispetto nei confronti di quanti appartengono ad altre religioni o di coloro che non credono”.

“Agendo così, non soltanto si limita il diritto dei credenti all’espressione pubblica della loro fede, ma si tagliano anche radici culturali che alimentano l’identità profonda e la coesione sociale di numerose Nazioni”.

Quanto alla questione dell'esposizione pubblica di simboli religiosi, ha ricordato che “l’anno scorso, alcuni Paesi europei si sono associati al ricorso del Governo italiano nella ben nota causa concernente l’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici”.

Ha quindi espresso “gratitudine alle autorità di queste Nazioni, come pure a tutti coloro che si sono impegnati in tal senso, episcopati, organizzazioni e associazioni civili o religiose, in particolare il Patriarcato di Mosca e gli altri rappresentanti della gerarchia ortodossa”, nonché a “tutte le persone - credenti ma anche non credenti - che hanno tenuto a manifestare il loro attaccamento a questo simbolo portatore di valori universali”.

Riconoscere la libertà religiosa significa “garantire che le comunità religiose possano operare liberamente nella società, con iniziative nei settori sociale, caritativo od educativo”, ha indicato il Papa, sottolineando che “si può constatare la fecondità delle opere della Chiesa cattolica in questi campi”.















Benedetto XVI: proclamare in astratto la libertà religiosa non basta
Chiede azioni concrete per perseguire “una pace autentica e duratura”



CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 10 gennaio 2011 (ZENIT.org).- “Una proclamazione astratta della libertà religiosa non è sufficiente”, ha ricordato Papa Benedetto XVI questo lunedì mattina ricevendo in udienza i membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede per porgere loro gli auguri per il nuovo anno.

Nel suo discorso, il Pontefice ha definito la libertà religiosa una “norma fondamentale della vita sociale”, che “deve trovare applicazione e rispetto a tutti i livelli e in tutti i campi”.

“Altrimenti – ha osservato –, malgrado giuste affermazioni di principio, si rischia di commettere profonde ingiustizie verso i cittadini che desiderano professare e praticare liberamente la loro fede”.

Il Papa ha quindi illustrato alcuni dei modi in cui la Santa Sede persegue la “piena libertà religiosa delle comunità cattoliche”, iniziando dai “Concordati o altri Accordi” e dicendosi lieto che “Stati di diverse regioni del mondo e di diverse tradizioni religiose, culturali e giuridiche scelgano il mezzo delle convenzioni internazionali per organizzare i rapporti tra la comunità politica e la Chiesa cattolica, stabilendo attraverso il dialogo il quadro di una collaborazione nel rispetto delle reciproche competenze”.

Al servizio della libertà religiosa è anche “l’attività dei Rappresentanti Pontifici presso Stati ed Organizzazioni internazionali”, ha ricordato.

A tale proposito, ha rilevato “con soddisfazione” che le Autorità del Vietnam hanno accettato che il Pontefice “designi un Rappresentante, che esprimerà con le sue visite alla cara comunità cattolica di quel Paese la sollecitudine del Successore di Pietro”.

Allo stesso modo, il Vescovo di Roma ha voluto “esplicitare alcuni principi a cui la Santa Sede, con tutta la Chiesa cattolica, si ispira nella sua attività presso le Organizzazioni Internazionali intergovernative, al fine di promuovere il pieno rispetto della libertà religiosa per tutti”.

In primo luogo, ha spiegato, c'è la convinzione che “non si può creare una sorta di scala nella gravità dell’intolleranza verso le religioni”.

“Purtroppo, un tale atteggiamento è frequente”, ha riconosciuto, sottolineando che “sono precisamente gli atti discriminatori contro i cristiani che sono considerati meno gravi, meno degni di attenzione da parte dei Governi e dell’opinione pubblica”.

Al tempo stesso, si deve rifiutare “il contrasto pericoloso che alcuni vogliono instaurare tra il diritto alla libertà religiosa e gli altri diritti dell’uomo, dimenticando o negando così il ruolo centrale del rispetto della libertà religiosa nella difesa e protezione dell’alta dignità dell’uomo”.

Ancor meno giustificabili sono poi “i tentativi di opporre al diritto alla libertà religiosa dei pretesi nuovi diritti, attivamente promossi da certi settori della società e inseriti nelle legislazioni nazionali o nelle direttive internazionali, ma che non sono, in realtà, che l’espressione di desideri egoistici e non trovano il loro fondamento nell’autentica natura umana”.

La lezione della storia

Il Papa ha poi desiderato “ribadire con forza che la religione non costituisce per la società un problema” e “non è un fattore di turbamento o di conflitto”.

“La Chiesa non cerca privilegi, né vuole intervenire in ambiti estranei alla sua missione, ma semplicemente esercitare questa missione con libertà”, ha sottolineato.

“Come negare il contributo delle grandi religioni del mondo allo sviluppo della civiltà?”, ha chiesto, invitando a “riconoscere la grande lezione della storia”.

“La sincera ricerca di Dio ha portato ad un maggiore rispetto della dignità dell’uomo”, ha osservato. “Le comunità cristiane, con il loro patrimonio di valori e principi, hanno fortemente contribuito alla presa di coscienza delle persone e dei popoli circa la propria identità e dignità, nonché alla conquista di istituzioni democratiche e all’affermazione dei diritti dell’uomo e dei suoi corrispettivi doveri”.

“Anche oggi i cristiani, in una società sempre più globalizzata, sono chiamati, non solo con un responsabile impegno civile, economico e politico, ma anche con la testimonianza della propria carità e fede, ad offrire un contributo prezioso al faticoso ed esaltante impegno per la giustizia, per lo sviluppo umano integrale e per il retto ordinamento delle realtà umane”, ha aggiunto citando il suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, celebrata il 1° gennaio.

“Che nessuna società umana si privi volontariamente dell’apporto fondamentale che costituiscono le persone e le comunità religiose!”, ha auspicato.

“Assicurando pienamente e a tutti la giusta libertà religiosa, la società potrà godere dei beni di giustizia e di pace che provengono dalla fedeltà degli uomini verso Dio e la sua santa volontà”.

Per questo motivo, il Papa ha concluso esortando “tutti, responsabili politici, capi religiosi e persone di ogni categoria, ad intraprendere con determinazione la via verso una pace autentica e duratura, che passa attraverso il rispetto del diritto alla libertà religiosa in tutta la sua estensione”.