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    00 15/12/2009 23:52
    Messaggio del Papa per l'incontro a Poznan della comunità di Taizé


    CITTA' DEL VATICANO, martedì, 15 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il messaggio inviato a nome del Papa in vista del 32° Incontro Europeo dei Giovani, convocato dalla comunità di Taizé e che riunirà giovani di tutta Europa e di altri continenti nella città polacca di Poznań dal 29 dicembre 2009 al 2 gennaio 2010.

    * * *

    Cari giovani,

    Attraverso la preghiera, il Santo Padre si unisce a voi che siete riuniti, rispondendo all’invito della comunità di Taizé, a Poznan, nella patria del suo grande predecessore Giovanni Paolo II. Egli chiede allo Spirito Santo di trasmettervi sempre più il desiderio di Dio e di approfondire la vostra fiducia in Lui affinché possiate avanzare con coraggio verso il futuro e le sue molteplici sfide.

    Il Papa ha fiducia in voi per andare ad incontrare uomini e donne che hanno perduto il senso di Dio, che lo cercano a tastoni, talvolta senza neppure saperlo. Essi hanno bisogno di incontrare dei veri testimoni affinché risplenda per loro il volto di Cristo. Che Dio ispiri in voi i gesti e le parole che renderanno accessibile ad altri, dopo il vostro ritorno nei vostri paesi, la speranza che vi permette di vivere e lo slancio che il suo Spirito vuole dare ad ogni vita umana.

    Si, rallegratevi della sete che Egli ha deposto in voi: essa esprime la vostra dignità di figli e figlie di Dio. Durante questo 32° incontro europeo in Polonia, nuova tappa del vostro pellegrinaggio di fiducia sulla terra, scoprirete la gioia di attingere insieme alle sorgenti del Dio Vivente, la gioia della comunione in Cristo. È a questa gioia che vi guida la sua chiamata.

    Affidandovi all’intercessione della Vergine Maria, madre dei credenti, Sua Santità il Papa Benedetto XVI vi concede con tutto il cuore un’affettuosa benedizione apostolica, così come ai fratelli di Taizé, a tutte le persone che hanno organizzato questo pellegrinaggio, ai pastori ed ai fedeli che vi accolgono, alle vostre famiglie.
    [Modificato da +PetaloNero+ 15/12/2009 23:53]

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    00 16/12/2009 21:52
    RINUNCE E NOMINE


    RINUNCIA DEL VESCOVO DI JATAÍ (BRASILE) E NOMINA DEL SUCCESSORE

    Il Santo Padre Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Jataí (Brasile), presentata da S.E. Mons. Aloísio Hilário de Pinho, F.D.P., in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

    Il Papa ha nominato Vescovo di Jataí (Brasile) il Rev.do P. José Luiz Majella Delgado, C.Ss.R., Sottosegretario Generale aggiunto della Conferenza Episcopale del Brasile (CNBB).

    Rev.do P. José Luiz Majella Delgado, C.Ss.R.

    Il Rev.do P. José Luiz Majella Delgado, C.Ss.R., è nato il 19 ottobre 1953 a Juiz de Fora (Minas Gerais).

    Ha compiuto gli studi fondamentali nelle scuole dei Redentoristi ad Aparecida, quelli filosofici a Lorena e quelli teologici nell’Istituto Teologico di São Paulo.

    Emessa la professione religiosa nella Congregazione del Santissimo Redentore (Provincia di São Paulo) il 31 luglio 1980, ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 14 marzo 1981.

    Ha ricoperto quindi diversi incarichi: Vicario Parrocchiale nella Basílica Nacional de Nossa Senhora da Conceição Aparecida; del Santuario Nossa Senhora do Perpetuo Socorro, nella diocesi di São João da Boa Vista; della Parrocchia Santissima Trinità a Tietê; della Parrocchia Nossa Senhora do Patrocínio do Santíssimo Sacramento a Minas Gerais; della Parrocchia Santo Afonso a Tijuca.

    Superiore e Rettore del Seminario Redentorista a Minas Gerais; Superiore della sua Comunità nel Seminario Santa Teresinha a Tietê, São Paulo; Rettore del Seminário de Nossa Senhora do Patrocínio do Santíssimo Sacramento, a Sacramento; Superiore della Comunità Alfonsianum (juniorato) a São Paulo; Rettore del Seminario Redentorista Santo Alfonso a Aparecida; Ausiliare del Maestro dei Novizi e Maestro dei Novizi a Tietê, São Paulo.

    Membro del Consiglio Provinciale della Provincia Redentorista di São Paulo; del Segretariato Interprovincial de Espiritualidade Redentorista;del Segretariato Provinciale di Formazione Redentorista di São Paulo; della Coordenação dos Mestres de Noviços Redentoristas do Cone Sul da América Latina.

    Segretario della Organizzazione dei Seminari e Istituti del Brasile (OSIB) del Regionale "Leste 2" della Conferenza dei Vescovi del Brasile; della Associação dos Liturgistas do Brasil (ASLI).

    Membro della Coordenação dos Religiosos do Núcleo de Itapetininga Regionale di São Paulo; del Grupo de Reflexão para a Formação della Conferenza dei Religiosi del Brasile, Regionale São Paulo.

    Assessore Esecutivo della Conferenza Nazionale dei Religiosi del Brasile.

    Professore di Teologia Liturgica all’Instituto de Teologia Moral, a São Paulo, e all’Instituto Educacional Seminário Paulopolitano; di Teologia Liturgica all’Instituto São Paulo de Estudos Superiores a São Paulo; di Teologia Liturgica alla Pontificia Facoltà di Teologia di Nossa Senhora d Assunção di São Paulo.

    Dal 2007 è Sottosegretario aggiunto della Conferenza Episcopale del Brasile (Conferência Nacional dos Bispos do Brasil, CNBB).

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    00 16/12/2009 21:53
    L’UDIENZA GENERALE


    L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di pellegrini e di fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
    Nel discorso in lingua italiana, il Papa, continuando la catechesi sulla cultura cristiana nel Medioevo, si è soffermato su Giovanni di Salisbury.
    Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
    L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.


    CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

    Cari fratelli e sorelle,

    oggi ci avviamo a conoscere la figura di Giovanni di Salisbury, che apparteneva a una delle scuole filosofiche e teologiche più importanti del Medioevo, quella della cattedrale di Chartres, in Francia. Anch’egli, come i teologi di cui ho parlato nelle settimane scorse, ci aiuta a comprendere come la fede, in armonia con le giuste aspirazioni della ragione, spinge il pensiero verso la verità rivelata, nella quale si trova il vero bene dell’uomo.

    Giovanni nacque in Inghilterra, a Salisbury, tra il 1100 e il 1120. Leggendo le sue opere, e soprattutto il suo ricco epistolario, veniamo a conoscenza dei fatti più importanti della sua vita. Per circa dodici anni, dal 1136 al 1148, egli si dedicò agli studi, frequentando le scuole più qualificate dell’epoca, nelle quali ascoltò le lezioni di maestri famosi. Si recò a Parigi e poi a Chartres, l’ambiente che segnò maggiormente la sua formazione e di cui assimilò la grande apertura culturale, l’interesse per i problemi speculativi e l’apprezzamento per la letteratura. Come spesso accadeva in quel tempo, gli studenti più brillanti venivano richiesti da prelati e sovrani, per esserne stretti collaboratori. Questo accadde anche a Giovanni di Salisbury, che da un suo grande amico, Bernardo di Chiaravalle, fu presentato a Teobaldo, Arcivescovo di Canterbury - sede primaziale dell’Inghilterra -, il quale volentieri lo accolse nel suo clero. Per undici anni, dal 1150 al 1161, Giovanni fu segretario e cappellano dell’anziano Arcivescovo. Con infaticabile zelo, mentre continuava a dedicarsi allo studio, egli svolse un’intensa attività diplomatica, recandosi per dieci volte in Italia, con lo scopo esplicito di curare i rapporti del Regno e della Chiesa di Inghilterra con il Romano Pontefice. Fra l’altro, in quegli anni il Papa era Adriano IV, un inglese che ebbe con Giovanni di Salisbury una stretta amicizia. Negli anni successivi alla morte di Adriano IV, avvenuta nel 1159, in Inghilterra si creò una situazione di grave tensione tra la Chiesa e il Regno. Il re Enrico II, infatti, intendeva affermare la sua autorità sulla vita interna della Chiesa, limitandone la libertà. Questa presa di posizione suscitò le reazioni di Giovanni di Salisbury, e soprattutto la coraggiosa resistenza del successore di Teobaldo sulla cattedra episcopale di Canterbury, san Tommaso Becket, che per questo motivo andò in esilio, in Francia. Giovanni di Salisbury lo accompagnò e rimase al suo servizio, adoperandosi sempre per una riconciliazione. Nel 1170, quando sia Giovanni, sia Tommaso Becket erano già rientrati in Inghilterra, quest’ultimo fu assalito e ucciso all’interno della sua cattedrale. Morì da martire e come tale fu subito venerato dal popolo. Giovanni continuò a servire fedelmente anche il successore di Tommaso, fino a quando venne eletto Vescovo di Chartres, dove rimase dal 1176 al 1180, anno della sua morte.

    Delle opere di Giovanni di Salisbury vorrei segnalarne due, che sono ritenute i suoi capolavori, designate elegantemente con i titoli greci di Metaloghicón (In difesa della logica) e il Polycráticus (L’uomo di Governo). Nella prima opera egli – non senza quella fine ironia che caratterizza molti uomini colti – respinge la posizione di coloro che avevano una concezione riduttiva della cultura, considerata come vuota eloquenza, inutili parole. Giovanni, invece, elogia la cultura, l’autentica filosofia, l’incontro cioè tra pensiero forte e comunicazione, parola efficace. Egli scrive: "Come infatti non solo è temeraria, ma anche cieca l’eloquenza non illuminata dalla ragione, così la sapienza che non si giova dell’uso della parola è non solo debole, ma in certo modo monca: infatti, anche se, talora, una sapienza senza parola può giovare a confronto della propria coscienza, raramente e poco giova alla società" (Metaloghicón 1,1, PL 199,327). Un insegnamento molto attuale. Oggi, quella che Giovanni definiva "eloquenza", cioè la possibilità di comunicare con strumenti sempre più elaborati e diffusi, si è enormemente moltiplicata. Tuttavia, tanto più rimane urgente la necessità di comunicare messaggi dotati di "sapienza", ispirati cioè alla verità, alla bontà, alla bellezza. È questa una grande responsabilità, che interpella in particolare le persone che operano nell’ambito multiforme e complesso della cultura, della comunicazione, dei media. Ed è questo un ambito nel quale si può annunciare il Vangelo con vigore missionario.

    Nel Metaloghicón Giovanni affronta i problemi della logica, ai suoi tempi oggetto di grande interesse, e si pone una domanda fondamentale: che cosa può conoscere la ragione umana? Fino a che punto essa può corrispondere a quell’aspirazione che c’è in ogni uomo, cioè la ricerca della verità? Giovanni di Salisbury adotta una posizione moderata, basata sull’insegnamento di alcuni trattati di Aristotele e di Cicerone. Secondo lui, ordinariamente la ragione umana raggiunge delle conoscenze che non sono indiscutibili, ma probabili e opinabili. La conoscenza umana – questa è la sua conclusione - è imperfetta, perché soggetta alla finitezza, al limite dell’uomo. Essa, però, cresce e si perfeziona grazie all’esperienza e all’elaborazione di ragionamenti corretti e coerenti, in grado di stabilire rapporti tra i concetti e la realtà, grazie alla discussione, al confronto e al sapere che si arricchisce di generazione in generazione. Solo in Dio vi è una scienza perfetta, che viene comunicata all’uomo, almeno parzialmente, per mezzo della Rivelazione accolta nella fede, per cui la scienza della fede, la teologia, dispiega le potenzialità della ragione e fa avanzare con umiltà nella conoscenza dei misteri di Dio.

    Il credente e il teologo, che approfondiscono il tesoro della fede, si aprono anche a un sapere pratico, che guida le azioni quotidiane, cioè alle leggi morali e all’esercizio delle virtù. Scrive Giovanni di Salisbury: "La clemenza di Dio ci ha concesso la sua legge, che stabilisce quali cose sia per noi utile conoscere, e che indica quanto ci è lecito sapere di Dio e quanto è giusto indagare… In questa legge, infatti, si esplicita e si rende palese la volontà di Dio, affinché ciascuno di noi sappia ciò che per lui è necessario fare" (Metaloghicón 4,41, PL 199,944-945). Esiste, secondo Giovanni di Salisbury, anche una verità oggettiva e immutabile, la cui origine è in Dio, accessibile alla ragione umana e che riguarda l’agire pratico e sociale. Si tratta di un diritto naturale, al quale le leggi umane e le autorità politiche e religiose devono ispirarsi, affinché possano promuovere il bene comune. Questa legge naturale è caratterizzata da una proprietà che Giovanni chiama "equità", cioè l’attribuzione a ogni persona dei suoi diritti. Da essa discendono precetti che sono legittimi presso tutti i popoli, e che non possono in nessun caso essere abrogati. È questa la tesi centrale del Polycráticus, il trattato di filosofia e di teologia politica, in cui Giovanni di Salisbury riflette sulle condizioni che rendono l’azione dei governanti giusta e consentita.

    Mentre altri argomenti affrontati in quest’opera sono legati alle circostanze storiche in cui essa fu composta, il tema del rapporto tra legge naturale e ordinamento giuridico-positivo, mediato dall’equità, è ancor oggi di grande importanza. Nel nostro tempo, infatti, soprattutto in alcuni Paesi, assistiamo a uno scollamento preoccupante tra la ragione, che ha il compito di scoprire i valori etici legati alla dignità della persona umana, e la libertà, che ha la responsabilità di accoglierli e promuoverli. Forse Giovanni di Salisbury ci ricorderebbe oggi che sono conformi all’equità solo quelle leggi che tutelano la sacralità della vita umana e respingono la liceità dell’aborto, dell’eutanasia e delle disinvolte sperimentazioni genetiche, quelle leggi che rispettano la dignità del matrimonio tra un uomo e una donna, che si ispirano a una corretta laicità dello Stato – laicità che comporta pur sempre la salvaguardia della libertà religiosa –, e che perseguono la sussidiarietà e la solidarietà a livello nazionale e internazionale. Diversamente, finirebbe per instaurarsi quella che Giovanni di Salisbury definisce la "tirannia del principe" o, diremmo noi, "la dittatura del relativismo": un relativismo che, come ricordavo qualche anno fa, "non riconosce nulla come definitivo e lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie" (Missa pro eligendo Romano Pontifice, Omelia, "L’Osservatore Romano", 19 aprile 2005).

    Nella mia più recente Enciclica. Caritas in veritate, rivolgendomi agli uomini di buona volontà, che si impegnano affinché l’azione sociale e politica non sia mai sganciata dalla verità oggettiva sull’uomo e sulla sua dignità, ho scritto: "La verità e l'amore che essa dischiude non si possono produrre, si possono solo accogliere. La loro fonte ultima non è, né può essere, l'uomo, ma Dio, ossia Colui che è Verità e Amore. Questo principio è assai importante per la società e per lo sviluppo, in quanto né l'una né l'altro possono essere solo prodotti umani; la stessa vocazione allo sviluppo delle persone e dei popoli non si fonda su una semplice deliberazione umana, ma è inscritta in un piano che ci precede, e che costituisce per tutti noi un dovere che deve essere liberamente accolto" (n. 52). Questo piano che ci precede, questa verità dell’essere dobbiamo cercare e accogliere, perché nasca la giustizia, ma possiamo trovarlo e accoglierlo solo con un cuore, una volontà, una ragione purificati nella luce di Dio.



    SINTESI DELLA CATECHESI NELLE DIVERSE LINGUE


    ○ Sintesi della catechesi in lingua francese

    Chers Frères et Sœurs,

    Jean de Salisbury appartenait à l’école philosophique et théologique de la cathédrale de Chartres, l’une des plus importantes du Moyen-Âge. Né à Salisbury, en Angleterre, au début du douzième siècle, il fréquenta les écoles les plus renommées de l’époque, notamment à Paris et à Chartres. Membre du clergé de Cantorbéry, il en a servi fidèlement les Archevêques et il accompagna Thomas Becket dans son exil en France. Élu évêque de Chartres, il y demeura de 1176 jusqu’à sa mort en 1180. Pour Jean, la raison humaine parvient à des connaissances qui ne sont pas incontestables, mais probables et discutables. Mais la connaissance humaine grandit et se perfectionne grâce à l’expérience et à l’élaboration de raisonnements corrects et cohérents. En Dieu seul il y a une science parfaite, qui est communiquée à l’homme, au moins partiellement, par la Révélation accueillie dans la foi, par laquelle la science de la foi, la théologie, déploie les potentialités de la raison et fait progresser avec humilité dans la connaissance des mystères de Dieu. Pour Jean il y a une vérité objective et immuable, dont l’origine est en Dieu, qui est accessible à la raison humaine et qui concerne l’agir pratique et social. Il s’agit d’un droit naturel, qui doit inspirer les lois humaines ainsi que les autorités politiques et religieuses, afin de promouvoir le bien commun. Cette loi naturelle est caractérisée notamment par l’attribution à chaque personne de ses droits. C’est un enseignement qui demeure encore très actuel.

    Je salue avec plaisir ce matin les pèlerins francophones. Que votre préparation à la fête de Noël vous aide à accueillir le Christ qui vient, afin qu’il puisse vivre pleinement en vous. Avec ma Bénédiction Apostolique !


    ○ Sintesi della catechesi in lingua inglese

    Dear Brothers and Sisters,

    In our catechesis on the Christian culture of the Middle Ages, we now turn to John of Salisbury, an outstanding philosopher and theologian of the twelfth century. Born in England, John was educated in Paris and Chartres. A close associate of Saint Thomas Becket, he was involved in the crisis between the Church and the Crown under King Henry II, and died as Bishop of Chartres. In his celebrated work, the Metalogicon, John teaches that authentic philosophy is by nature communicative: it bears fruit in a message of wisdom which serves the building up of society in truth and goodness. While acknowledging the limitations of human reason, John insists that it can attain to the truth through dialogue and argumentation. Faith, which grants a share in God’s perfect knowledge, helps reason to realize its full potential. In another work, the Policraticus, John defends reason’s capacity to know the objective truth underlying the universal natural law, and its obligation to embody that law in all positive legislation. John’s insights are most timely today, in light of the threats to human life and dignity posed by legislation inspired more by the "dictatorship of relativism" than by the sober use of right reason and concern for the principles of truth and justice inscribed in the natural law.

    I offer a warm welcome to the student groups present today from England, Ireland and the United States. My cordial greeting also goes to the pilgrims from Kenya and Nigeria. Upon all the English-speaking pilgrims and visitors present at today’s Audience, I invoke God’s blessings of joy and peace!


    ○ Sintesi della catechesi in lingua tedesca

    Liebe Brüder und Schwestern!

    In der heutigen Generalaudienz möchte ich Johannes von Salisbury vorstellen. Dieser zu Beginn des 12. Jahrhunderts in England geborene Gelehrte studierte in Paris und an der berühmten Kathedralschule von Chartres. Er stand als Sekretär im Dienst von drei Erzbischöfen von Canterbury, bemühte sich um die Lösung der Konflikte zwischen dem König und der Kirche und war in den letzten vier Jahren seines Lebens Bischof von Chartres. Seine beiden Hauptwerke sind der Policraticus (philosophische und theologische Reflexionen über das Staatswesen, die gute Politik) und das Metalogicon (eine Verteidigung der Weisheit und der rechten Bildung). Aus diesen beiden Werken möchte ich zwei Gedanken herausgreifen, die auch für unsere Zeit von großer Bedeutung sind. Johannes von Salisbury warnt eindringlich vor einer leeren Rhetorik, die sich nicht aus dem Wahren, Guten und Schönen nährt, sondern einfach dahinredet. Diesen Ratschlag würde er heute wohl besonders an die Kulturschaffenden und an die Medien richten und sie einladen, die Wahrheit und die Weisheit des Evangeliums zum Maßstab der Kommunikation zu machen. Der Politik gilt seine Forderung, daß die staatlichen Gesetze nicht einfach aus der Tyrannei des Herrschers kommen dürfen, wie er sagt, sondern auf der Grundlage des universalen Naturrechts stehen müssen und daß die Würde der Menschen vom Staat zu schützen ist, daß es das Recht gibt, das unseren Rechtssetzungen vorangeht, das in der Natur selbst angelegte Recht, das von allen zu respektieren ist. Gesetze, die Abtreibung oder Euthanasie erlauben oder die Ehe zwischen einem Mann und einer Frau relativieren, sind demnach in keiner Weise angemessen, weil sie dem Wesen des Menschen widersprechen.

    Einen adventlichen Gruß richte ich an die deutschsprachigen Pilger sowie an die vielen Menschen, die über Radio und Fernsehen mit uns verbunden sind. In den wichtigen Fragen des öffentlichen und auch des persönlichen Lebens dürfen wir nicht vergessen, daß sie nicht bloß auf menschlichen Entscheidungen gründen, sondern auf einem Plan Gottes, der uns vorausgeht und eine Pflicht darstellt, die anzunehmen allein das Wohl aller und des einzelnen garantieren kann. Euch allen wünsche ich eine gnadenvolle Vorbereitung auf das Weihnachtsfest.


    ○ Sintesi della catechesi in lingua spagnola

    Queridos hermanos y hermanas:

    En la catequesis de hoy quiero presentar la figura de Juan de Salisbury, nacido en Inglaterra a principios del siglo doce. Recibió su formación en las escuelas más importantes de la época, París y Chartres. Completados sus estudios, fue consejero de los distintos Prelados de la Sede de Canterbury, poniendo a su disposición sus amplios conocimientos y sus dotes diplomáticas. Ya anciano, fue elegido Obispo de Chartres, donde ejerció su ministerio hasta su muerte.
    De entre las obras de Juan de Salisbury destacan dos por su vigente actualidad. La primera, titulada Metaloghicon, se centra en la defensa de la cultura como la conjunción entre la elocuencia y la sabiduría. Hoy, en efecto, los numerosos instrumentos y medios de comunicación necesitan de mensajes dotados de sabiduría e inspirados en la verdad. En la segunda obra, dedicada al hombre de gobierno, y titulada Polycráticus, sobresale el tema de la relación entre ley natural y el ordenamiento jurídico. Poner en el centro de toda acción social la verdad objetiva del hombre continúa siendo una necesidad ineludible.

    Saludo a los fieles de lengua española provenientes de España y diversos países de Latinoamérica, en particular a los sacerdotes recientemente ordenados de la Congregación de Legionarios de Cristo, a sus familiares y amigos, así como a los miembros del "Regnum Christi". A los nuevos presbíteros, deseo recordarles que, con ocasión del Año Sacerdotal, aprendan de san Juan María Vianney el amor a Cristo y su generoso servicio a la Iglesia. Que vuestra donación sea siempre total, plena y gozosa, sin olvidar nunca la predilección del Señor por vuestras vidas. Saludo también a los miembros de la Delegación del Estado de México, a quienes agradezco cordialmente su visita y la iniciativa emprendida de regalar el Pesebre y el Árbol, que estarán presentes en esta Aula durante estas Fiestas de Navidad y Año Nuevo. Muchas gracias.


    ○ Sintesi della catechesi in lingua portoghese

    Queridos irmãos e irmãs,

    Relendo as obras de João de Salisbúria, na Inglaterra, passados novecentos anos – ele viveu no século XII – vemos o homem de hoje a braços com desafios e problemas idênticos aos de então. Por exemplo, comunicar muito e dizer pouco. As nossas palavras devem ser ricas de sabedoria, isto é, inspiradas pela verdade, a bondade e a beleza. Muitos, em nossos dias, pensam que a razão pode ter opiniões, mas não certezas; e, menos ainda, certezas comuns a todos. Defendem que tudo é relativo. Mas não! Segundo João, o nosso teólogo e bispo, existe também uma verdade objectiva e imutável, que tem a sua origem em Deus e foi, por Ele, semeada nas suas criaturas. É acessível à razão humana e tem a ver com a vida prática e social. Trata-se de uma lei natural, na qual se devem inspirar as leis positivas da sociedade para promoverem o bem comum.

    Saúdo, com afecto, a todos vós, amados peregrinos de língua portuguesa, desejando que vos deixeis guiar pela voz de Deus que vos chama, através da consciência, a uma vida santa e rica de boas obras. Confiando à Virgem Mãe esta vossa peregrinação que vos prepara para o Natal, invoco, com a minha Bênção sobre os vossos passos e a vossa família, a abundância das graças do divino Salvador.



    SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE


    ○ Saluto in lingua polacca

    Pozdrawiam polskich pielgrzymów. W oczekiwaniu na przyjście Bożego Syna słuchamy z nadzieją słów Psalmisty: „Zaprawdę, bliskie jest zbawienie dla tych, którzy się boją Pana, tak iż chwała zamieszka w naszej ziemi. Łaska i wierność spotkają się z sobą, ucałują się sprawiedliwość i pokój. (...) Pan sam obdarzy szczęściem a nasza ziemia wyda swój owoc". Niech to proroctwo spełnia się w życiu każdego i każdej z was. Niech Bóg wam błogosławi!

    [Saluto i pellegrini polacchi. In attesa della venuta del Figlio di Dio ascoltiamo con speranza le parole del Salmista: "Certamente vicina è la salvezza a chi teme il Signore; la sua gloria dimorerà di nuovo nella nostra terra. Misericordia e fedeltà si sono abbracciate, giustizia e pace si sono baciate. (...) Infatti il Signore concederà ogni bene e la nostra terra darà il suo frutto". Si compia questa profezia nella vita di ognuno e di ognuna di voi. Dio vi benedica.]


    ○ Saluto in lingua italiana

    Mi rivolgo ora ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i partecipanti al pellegrinaggio promosso dall’associazione "Fraternità", accompagnati dal Cardinale Ennio Antonelli e dal Vescovo di Crema Mons. Oscar Cantoni, e li incoraggio a testimoniare con crescente impegno i valori dell’accoglienza e della solidarietà, specialmente verso i bambini e le famiglie più provate. Saluto i rappresentanti del "Credito Coperativo di Pitigliano" ed auspico che il Centenario di fondazione dell’Istituto bancario susciti sempre maggiore impegno a servizio degli autentici bisogni sociali. Saluto i fedeli della parrocchia "Santi Antonio e Annibale Maria", in Roma, i militari del "Reparto Operativo Infrastrutturale dell’Esercito", di Roma e quelli del "Decimo Reggimento Trasporti", di Bari.

    Con grande affetto saluto voi, cari giovani, cari ammalati e cari sposi novelli. In questo tempo di Avvento, il Signore per bocca del profeta Isaia ci dice: "Volgetevi a me e sarete salvi" (45,22). Voi, cari ragazzi e ragazze, che provenite da tante scuole e parrocchie d'Italia, fate spazio nel vostro cuore a Gesù che viene, per testimoniare la sua gioia e la sua pace. Voi, cari ammalati, accogliete il Signore nella vostra vita per trovare nell'incontro con Lui conforto e consolazione. E voi, cari sposi novelli, fate del messaggio d'amore del Natale la regola di vita della vostra famiglia.

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    CONFERIMENTO DELLA CITTADINANZA ONORARIA DI INTROD (AOSTA) AL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

    Al termine dell’Udienza Generale di questa mattina, nell’Auletta dell’Aula Paolo VI, è stata conferita al Santo Padre Benedetto XVI la Cittadinanza onoraria di Introd (Aosta).

    Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti:


    DISCORSO DEL SANTO PADRE

    Signor Presidente della Regione,
    Signori Sindaci,
    Reverendo Parroco,
    Signori Consiglieri comunali,
    Signore e Signori!

    È per me motivo di grande gioia ricevere la cittadinanza onoraria del Comune di Introd, dove ho potuto trascorre indimenticabili periodi di riposo, circondato dallo splendido panorama alpino, che favorisce l’incontro con il Creatore e ritempra lo spirito. Nel rivolgere a ciascuno di voi il mio cordiale saluto, desidero ringraziare in particolare il Presidente della Regione Autonoma Valle d’Aosta, Sig. Augusto Rollandin, e il Sindaco di Introd, Sig. Osvaldo Naudin, per le cortesi espressioni che hanno voluto indirizzarmi, a nome dei presenti e di quanti rappresentano.

    Considero la decisione del Consiglio Comunale di Introd, che ha voluto annoverarmi tra i cittadini onorari della propria Comunità, come un segno di affetto di tutti gli Introleins e degli abitanti dell’intera Valle d’Aosta, che sempre mi hanno riservato un’accoglienza calorosa e cordiale e, al tempo stesso, discreta e rispettosa del mio riposo. Ora posso dire, a maggior titolo di essere di casa ad Introd, questa deliziosa località alpina, cui mi legano lieti e grati ricordi e un sentimento di particolare vicinanza spirituale. In questo momento, mi vengono in mente tanti ricordi, soprattutto lo chalet, che era nel mezzo dei boschi: un luogo di riposo spirituale, con uno splendido panorama, e un segno di affetto della popolazione, del Sindaco, di tutti voi. Potrei raccontare molte cose. In questi giorni abbiamo parlato di che cosa si fa in inverno con lo chalet: sono contento di sapere che è ben custodito e protetto.

    Sono contento di apprendere dalle parole del Signor Sindaco che la mia presenza in Valle d’Aosta, e ancor prima quella del mio amato predecessore Giovanni Paolo II, ha favorito la crescita nella fede di quelle popolazioni a me tanto care e ricche di tradizioni cristiane e di tanti segni di vitalità religiosa. Mi è noto altresì che nel tronco antico di tale patrimonio spirituale, la Chiesa che è in Valle d’Aosta, sotto la solerte guida del suo Pastore, il caro Mons. Giuseppe Anfossi, non si stanca di innestare la "notizia" sempre nuova di Gesù, Verbo di Dio, che s’è fatto uomo per offrire agli uomini la gioia di vivere, già su questa terra, l’esaltante esperienza di essere figli amati da Dio. Tale compito appare particolarmente urgente in una società che alimenta, soprattutto nelle nuove generazioni, illusioni e false speranze, ma che il Signore anche oggi chiama a trasformarsi in "famiglia" dei figli di Dio, che vivono con "un cuore solo e un’anima sola" (At 4, 32) per testimoniare l’amore alla vita e ai poveri.

    Cari amici, nel rinnovarvi sentimenti di affetto e di gratitudine, invoco su di voi, sulle vostre famiglie e sull’intera Valle d’Aosta la benedizione di Dio. Il Signore continui a proteggere le vostre Comunità e la vostra Regione e l’aiuti a costruire un futuro che, mettendo Dio al primo posto, sarà sempre più giusto, solidale e colmo di speranze!

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    00 17/12/2009 22:10
    LE UDIENZE

    Il Santo Padre Benedetto XI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

    Ecc.mi Ambasciatori di: Danimarca, Uganda, Sudan, Kenya, Kazakhstan, Bangladesh; Finlandia, Lettonia, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali;

    S.E. Mons. Władisław Blin, Vescovo di Vitebsk (Bielorussia), in Visita "ad Limina Apostolorum";

    Rev.do Archimandrita Jan Sergiusz Gajek, M.I.C., Visitatore Apostolico per i Greco-Cattolici in Bielorussia, in Visita "ad Limina Apostolorum".

    Il Papa riceve questa mattina in Udienza:

    Gruppo degli Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale di Bielorussia, in Visita "ad Limina Apostolorum".



    RINUNCE E NOMINE


    RINUNCIA DEL VESCOVO DI LIMERICK (IRLANDA)

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Limerick (Irlanda), presentata da S.E. Mons. Donal Brendan Murray, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

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    00 17/12/2009 22:14
    LE LETTERE CREDENZIALI DEGLI AMBASCIATORI DI: DANIMARCA, UGANDA, SUDAN, KENYA, KAZAKHSTAN, BANGLADESH, FINLANDIA, LETTONIA


    Alle ore 11 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali, le Loro Eccellenze i Signori Ambasciatori di: Danimarca, Uganda, Sudan, Kenya, Kazakhstan, Bangladesh, Finlandia e Lettonia.
    Di seguito pubblichiamo i discorsi consegnati dal Papa agli Ambasciatori degli Stati sopra elencati, nonché i cenni biografici essenziali di ciascuno:


    DISCORSO DEL SANTO PADRE ALL’AMBASCIATORE DI DANIMARCA PRESSO LA SANTA SEDE, S.E. IL SIGNOR HANS KLINGENBERG

    Your Excellency,

    It is with pleasure that I welcome you to the Vatican and accept the Letters of Credence by which you are appointed Ambassador Extraordinary and Plenipotentiary of the Kingdom of Denmark to the Holy See. I thank you for the kind greetings which you bring from Her Majesty Queen Margrethe II, and I would ask you to convey to Her Majesty, to the Government, and to the people of your country my gratitude for their good wishes and the assurance of my prayers for the spiritual well-being of the nation.

    The Church’s diplomatic relations form a part of her mission of service to the international community. This engagement with civil society is shaped by her conviction that in an increasingly globalized world efforts to promote integral human development and a sustainable economic order must consider the fundamental relationship between God, creation and his creatures. Within this perspective, tendencies towards social fragmentation and piecemeal development initiatives can be overcome by the recognition of the unifying moral dimension constitutive of every human being, and the moral consequence pertaining to every economic decision (cf. Caritas in Veritate, 37). Indeed, contemporary scepticism in the face of political rhetoric, and a growing uneasiness with the lack of ethical points of reference governing technological advances and commercial markets all indicate the imperfections and limitations found within both individuals and society and the need for a rediscovery of fundamental values and a profound cultural renewal in harmony with God’s design for the world (cf. ibid., 21).

    Your Excellency, the world’s attention is currently drawn towards Denmark as it hosts the United Nations summit on climate change. The political and diplomatic deliberations at play in addressing the demands of such a complex matter test the resolve of stakeholders to forgo nationalistic or short-term alleged advantages in favour of longer-term benefits for the entire international human family. While some consensus can undoubtedly be reached through the elaboration of shared aspirations matched with policies and targets, fundamental change in any form of human behaviour – individual or collective – requires conversion of heart. Courage and sacrifice, fruits of an ethical awakening, enable us to envisage a better world and embolden us to pursue with hope all that is necessary to ensure that future generations are bequeathed the whole of creation in such a condition that they too can call it home. When the "moral tenor of society" (ibid., 51) declines, however, the challenges facing today’s leaders can only increase.

    This urgent need to emphasize the moral duty to distinguish between good and evil in all human action in order to rediscover and nurture the bond of communion that unites the human person and creation was a central theme of my recent address to FAO. On that occasion the international community considered the pressing issue of food security. Again, I stated that, important as they may be, development plans, investments and legislation are not enough. Rather, individuals and communities must change their behaviour and their perception of need. For States themselves this includes a redefining of the concepts and principles that have hitherto governed international relations to include the principle of altruism and the resolve to seek out new parameters - ethical as well as juridical and economic - capable of building relationships of greater fairness and balance between developing and developed countries (cf. Address to FAO, 16 November 2009).

    Within this framework a holistic understanding of the health of society can emerge in which our duties towards the environment are never detached from our duties towards the human person and in which a moral critique of the cultural norms shaping human coexistence, with particular concern for the young, is considered central to the well-being of society. Too often efforts to promote an integral understanding of the environment have had to sit alongside a reductionist understanding of the person. Typically the latter is lacking in respect for the spiritual dimension of individuals and at times is hostile towards the family, pitting spouses against each other through a distorted portrayal of the complementarity of men and women, and pitting mother and unborn child against each other through a misconstrued portrayal of "reproductive health". Responsibility in relationships, including the responsibility of careful parenting (cf. Caritas in Veritate, 44; Familiaris Consortio, 35), can never be truly nurtured without profound respect for the unity of family life according to the loving design of our Creator.

    Denmark’s assistance to humanitarian causes is widespread and multi-faceted. The Kingdom’s commitment to supporting peace-keeping operations and development projects together with its growing commitment to the continent of Africa are readily recognized by the Holy See for their generosity and professionalism. Among the principles we share in regard to development is the conviction that any form of corruption is always an affront to the dignity of the human person and will always be a severe impediment to the just and equitable progress of peoples. Denmark’s domestic record in this regard is commendable and your foreign financial aid policies rightly insist upon accountability and transparency on the part of receiver nations.

    Mr Ambassador, the members of the Catholic Church in your country will continue to pray and work for the spiritual, social and cultural development of all the Danish people. In ecumenical fellowship with other Christians they are attentive to the needs of the migrant communities present in your land as well as other groups that are vulnerable in various ways. Additionally the Church’s schools, pupils from which I regularly welcome to my weekly General Audience, serve the nation as they seek to bear witness to the love and truth of Christ.

    Your Excellency, during your term as Denmark’s representative to the Holy See the various departments of the Roman Curia will do all they can to assist you in the discharge of your duties. I offer my best wishes for the success of your endeavours to strengthen the cordial relations already existing between us. Upon you, your family and all your fellow citizens I invoke the abundant blessings of Almighty God.

    S.E. il Signor Hans Klingenberg
    Ambasciatore di Danimarca presso la Santa Sede

    S.E. il Signor Hans Klingenberg, nuovo ambasciatore di Danimarca presso la Santa Sede, è nato l'11 gennaio 1946. È sposato e ha quattro figli.
    Laureato in Legge (Aarhus University, 1971), ha svolto attività di docente presso l'Università di Copenaghen (1971-1973) ed ha frequentato la Woodrow Wilson School of Public and International Affairs presso la Princeton University (Stati Uniti d'America, 1973-1974). Funzionario presso il Ministero degli Affari Esteri dal 1971, ha ricoperto successivamente i seguenti incarichi: capo sezione presso il ministero degli Affari esteri (1974-1975); primo segretario di Ambasciata in Iran (1975-1977); capo sezione presso il ministero degli Affari esteri (1977-1981); consigliere di Ambasciata in Irlanda (1981-1985); capo sezione presso il ministero degli Affari esteri (1985-1990); vice rappresentante permanente, con rango di ministro, presso la missione permanente della Danimarca alle Nazioni Unite a New York (1990-1994); direttore di dipartimento (per il diritto internazionale e i diritti umani), presso il ministero degli Affari esteri (1994-1998); capo del servizio legale e agente del Governo, con rango di ambasciatore, presso la Corte europea dei diritti umani a Strasburgo (1998-2004); ambasciatore in Arabia Saudita (2004-2009).
    Attualmente è ambasciatore in Svizzera e in Lichtenstein. Risiede a Berna.
    Parla le altre lingue scandinave e l'inglese e conosce il tedesco e il francese.

    [01884-02.01] [Original text: English]


    DISCORSO DEL SANTO PADRE ALL’AMBASCIATORE DI UGANDA PRESSO LA SANTA SEDE, S.E. IL SIGNOR FRANCIS K. BUTAGIRA

    Your Excellency,

    I am pleased to welcome you to the Vatican as you present the Letters of Credence by which you are appointed Ambassador Extraordinary and Plenipotentiary of the Republic of Uganda to the Holy See. I am grateful for the courteous greetings and good wishes which you have expressed on behalf of His Excellency President Yoweri Kaguta Museveni. I willingly reciprocate and I ask you kindly to convey to His Excellency and to the people of Uganda the assurance of my prayers for their well-being.

    Diplomatic relations between the Holy See and the Republic of Uganda continue to offer many opportunities for mutual assistance and cooperation for the spiritual good and welfare of the people of your nation. Likewise the climate of freedom and respect in your nation towards the Catholic Church has allowed her to be faithful to her proper mission. The fruits of cooperation between the Church and the State, especially in areas related to development, education and healthcare, are widely recognized. Indeed, such a solid foundation should promote personal integrity, justice and fairness in local communities and hope for the whole nation, both among those who govern and among the general population, and should be an important factor in stability and growth.

    Mr Ambassador, in your address you mentioned the steady economic growth of the nation. The progress made to counter the causes of underdevelopment is certainly encouraging. Initiatives to promote more productive forms of agriculture, the proper use of the country’s resources and the implementation of concrete policies of regional cooperation are also very welcome. These and other efforts in various spheres, such as the provision of clean drinking water for all, the protection of the environment, the promotion of a sound, universal education and the struggle against corruption in its various forms, are part of an ambitious programme which will require good governance.

    The campaign of violence in the north of the country has devastated large areas. The tragedy for the local populations is clear for all to see. Some have had their childhood shattered and have been forced to commit deplorable crimes; there has been extensive destruction of property; widows and orphans are living in dire poverty; and many displaced persons are still unable or afraid to return to their villages and fields. It is understood that this situation has improved to some extent and I hope that the lack of security will finally be replaced by a stable peace and prosperity for the sorely tried people of the area. As the world looks for concrete results from the meeting held recently in Uganda on the plight of displaced persons, refugees and returnees, I pray that the Kampala Declaration may lead those in positions of responsibility in your nation and beyond to give due support and assistance to all who, through no fault of their own, have been forced to flee their homes.

    In this context, I would like to recall that reconciliation and peace were the principal themes of the recent Special Synod for Africa held here in the Vatican just a few months ago. The experience of the Church on your continent has shown that the mere absence of conflict does not constitute peace. It is only through the establishment of justice, reconciliation and solidarity that true and lasting peace and stability can be achieved. I assure Your Excellency that Ugandan Catholics, in living the values of the Gospel, wish to serve their fellow men and women in the promotion of deep-rooted reconciliation and peace. The Church will also continue to work for justice for all, accompanied by the fervent prayer that such a precious gift may become a reality for all citizens, without regard for ethnicity, region or creed.

    Your Excellency, I am sure that your time as Ambassador will help to strengthen the cordial relations which already exist between the Holy See and Uganda. The various departments of the Roman Curia are ready to assist you and, as you begin your high mission, I am pleased to assure you of my prayers. I invoke Almighty God's abundant blessings upon you, your family, and upon all the people of Uganda.

    S.E. il Signor Francis K. Butagira
    Ambasciatore di Uganda presso la Santa Sede

    S.E. il Signor Francis K. Butagira, nuovo ambasciatore di Uganda presso la Santa Sede, è nato a Bugamba, in Mbarara District, il 22 novembre 1942. È sposato e ha sette figli.
    Diplomato in African Studies (London University, School of Oriental & African Studies, 1965), si è laureato in diritto (Dar es Salaam University, 1967) e ha ottenuto un master in legge (Harvard University, 1971). Ha ricoperto i seguenti incarichi: procuratore generale presso il ministero della Giustizia d'Uganda (1967); lettore in legge presso la Scuola di diritto di Nsamizi (1968); capo del dipartimento di giurisprudenza del Law Development Centre (1969-1970); giudice dei Tribunali di Buganda (1973) e di Mbarara (1974) e presso la Corte Suprema (1974-1979); membro del Consiglio nazionale consultativo (Parlamento interino) (1979-1989) e presidente del medesimo (1980); membro del Parlamento, del Distretto occidentale di Mbarara, e speaker dell'Assemblea nazionale (1980-1985); presidente dell'Assemblea mista Eec/Acp della Missione per l'inchiesta dei Paesi dell'Africa meridionale sotto il regime dell'apartheid (1981-1983); membro del Consiglio della resistenza nazionale (Parlamento), rappresentante degli Elettori di Rwampara e presidente del Comitato per gli affari legali e per la sicurezza del medesimo Consiglio (1989-1996); legal practitioner della Società di avvocati di Kirenga and Butagira a Kampala (1996-1997); ambasciatore di Uganda in Etiopia e rappresentante permanente presso l'Oau (1998); alto commissario a Nairobi e rappresentante permanente presso il Programma per lo sviluppo e presso le Nazioni Unite (Unep e Habitat) (1999); mediatore nei colloqui per la pace del Sudan presso l'Igad (2000-2003); rappresentante permanente di Uganda presso le Nazioni Unite a New York (2003); presidente del terzo Comitato dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite - 60ª sessione - e vice presidente generale durante la 61ª sessione nonché rappresentante di Uganda presso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (2009); presidente dell'Organizzazione per la conferenza islamica (Oic) presso le Nazioni Unite a New York (2008-2009).
    Attualmente è ambasciatore a Berlino, ove risiede.
    Parla l'inglese.

    [01885-02.01] [Original text: English]


    DISCORSO DEL SANTO PADRE ALL’AMBASCIATORE DEL SUDAN PRESSO LA SANTA SEDE, S.E. IL SIGNOR SULIEMAN MOHAMED MUSTAFA

    Your Excellency,

    It is my pleasure to welcome you to the Vatican today and to receive the Letters accrediting you as Ambassador Extraordinary and Plenipotentiary of the Republic of the Sudan to the Holy See. I am grateful for the greetings you have expressed on behalf of His Excellency Omar al-Bashir, President of the Republic, and I ask you kindly to convey my good wishes to all your beloved fellow citizens.

    The Holy See willingly establishes diplomatic relations with different countries as a vehicle for fostering dialogue and cooperation worldwide. This dialogue can assist greatly in overcoming tensions, misrepresentations and misunderstandings, especially when these endanger the cause of peace and development. In the case of Sudan, the Holy See was profoundly gratified at the signing of the Comprehensive Peace Agreement four years ago which ended a tragic period of immense suffering, loss of life and destruction. The expectations generated by this agreement, contracted by important parties within the country and with the support of the international community, must be kept alive. The positive results, based on a genuine search for just solutions to tensions and on multi-party cooperation, should inspire further improvements in the process of implementation. Likewise in this delicate period, the good work being undertaken by international peacekeepers in sensitive areas and by humanitarian agencies deserves the support and due assistance of all national and regional authorities.

    Mr Ambassador, the country you represent has the resources and the population to become an important actor on the African Continent. It will prosper when the nation’s citizens live in a land where harmony and goodwill prevail, on the basis of the just resolution of existing conflicts acceptable to all parties. Violence "puts the brake on authentic development and impedes the evolution of people towards greater socio-economic and spiritual well-being" (Caritas in Veritate, 29); peace and development, two essential elements for the well-being of any nation, cannot exist without the safeguarding of human rights for all citizens without exception.

    In this context, it must be noted that the people of Darfur continue to suffer greatly. Negotiated agreements between armed groups have been slow and faltering and are in urgent need of support from all sides. Respect for civilian populations and their basic human rights, and responsibilities in relation to national and regional stability clearly require renewed attempts to seek lasting agreements. It is my heartfelt hope that all parties may pursue every opportunity for settlement through dialogue and the peaceful resolution of conflicts. This is the only way that will lead to stability - underpinned by truth, justice and reconciliation - for the Darfur region and for the rest of the country.

    Mr Ambassador, the Catholic Church in your country is committed to the spiritual and human well-being of her members and indeed of all the citizens of the nation, especially through education, healthcare and development projects and by fostering a spirit of tolerance, peace and respect for others through dialogue and cooperation. Catholics seek only that freedom, recognition and respect proper to the Church’s identity and mission. Sudan, like many countries is faced with the challenge of seeking a true and just balance between conserving cultural values that mark the identity of the majority of the population while respecting the rights and freedom of minorities. Public authorities need to ensure that the fundamental human right of religious freedom be truly enjoyed by people of all faiths. Likewise, families of a religious minority living where schools have educational programmes suitable for the religious majority, rightly look for the recognition of their parental rights to determine the education of their children without hindrance from the law. Both Muslim and Christian parents share the same affection and concern for their children and their welfare, especially regarding their religious upbringing.

    Your Excellency, I invite you to avail yourself of the willing cooperation of the Departments of the Roman Curia as I wish you every success in your mission to further the cordial relations existing between the Sudan and the Holy See. May the Almighty bestow his blessings upon Your Excellency, your family and the nation you represent.

    S.E. il Sig. Sulieman Mohamed Mustafa
    Ambasciatore del Sudan presso la Santa Sede
    S.E. il Signor Sulieman Mohamed Mustafa, nuovo ambasciatore del Sudan presso la Santa Sede, è nato il 1° gennaio 1952. È sposato e ha due figli.
    Baccalaureato in lingue straniere (Università di Khartoum), si è specializzato in lettere presso l'Università della Sorbona (Parigi, 1987) e ha conseguito un dottorato in storia presso la medesima Università (1991). Intrapresa la carriera diplomatica nel 1977, ha ricoperto i seguenti incarichi: terzo segretario presso il ministero degli Affari esteri (1977); vice capo Missione a Gibuti (1977-1980); consigliere di Ambasciata a Washington (1980-1984); vice direttore di dipartimento presso il ministero degli Affari esteri (1984); vice direttore del Gabinetto del presidente della Repubblica (1984-1985); vice direttore dell'ufficio esecutivo presso il ministero degli Affari esteri (1985-1987; 1992; 1996-1999); vice delegato della Delegazione permanente del Sudan presso l'Unesco a Parigi (1987-1991); direttore di dipartimento ad interim presso il ministero degli Affari esteri (1991); consigliere di Ambasciata a Londra (1992-1994); console generale negli Stati Uniti d'America e vice rappresentante permanente della Delegazione sudanese presso le Nazioni Unite a New York (1994-1996); vice direttore generale di dipartimento politico del Gabinetto del presidente della Repubblica (1999-2001); ambasciatore a Bangui (2001-2005); direttore del Gabinetto del ministro degli Affari esteri (2005-2008); ambasciatore a Jakarta (2007-2008).
    Dal mese di agosto 2008 è ambasciatore a Parigi, ove risiede.
    Parla l'arabo, l'inglese e il francese.

    [01886-02.01] [Original text: English]


    DISCORSO DEL SANTO PADRE ALL’AMBASCIATORE DEL KENYA PRESSO LA SANTA SEDE, S.E. IL SIGNOR ELKANAH ODEMBO

    Your Excellency,

    I am pleased to welcome you to the Vatican and to accept the Letters accrediting you as Ambassador Extraordinary and Plenipotentiary of the Republic of Kenya to the Holy See. I thank you for the greetings which you bring from your President, His Excellency Mwai Kibaki, and I ask you to convey my respectful gratitude to him and to assure him of my continuing prayers for the well-being of all your people.

    As you know, the Second Special Assembly for Africa of the Synod of Bishops was held in Rome in October of this year, and some six months earlier I made my first Apostolic Visit to Africa. These are signs of the continuing commitment of the Holy See to maintain and strengthen its cordial relations with the peoples and nations of your continent, and to ensure that the African dimension of the pressing concerns you mention – religious freedom, interreligious dialogue, international peace and justice and all areas of human development – will remain firmly on the agenda of the international community. As I said on my arrival last March, Africa has suffered disproportionately at a time of global food shortages, financial turmoil and disturbing patterns of climate change (Address at Welcome Ceremony, 17 March 2009), and it is essential that attempts to resolve these problems take due account of the needs and rights of the peoples of Africa.

    You have spoken of the dark period experienced by Kenya about two years ago, in the aftermath of disputed election results. Let me seize this occasion to assure you again of my heartfelt compassion for all those who suffered injury or bereavement in the course of the violence, and my earnest hope that the reform agenda on which your Government has embarked may succeed in restoring the peace and stability for which Kenya was justly renowned for many years. Dialogue and popular consent, matched by accountability and transparency, are the hallmarks of a sound and stable democratic government. In pursuing these objectives, the Kenyan authorities will be laying the foundations of a just and peaceful society for a long time to come.

    In view of the abundant human and natural resources with which Kenya is blessed, the goal of prosperity for all her citizens ought to lie within her grasp. Naturally, the global economic downturn of the past twelve months has taken its toll, and the Holy See will continue to urge the "pressing moral need for renewed solidarity" between countries at different stages of development (Caritas in Veritate, 49), in the interests of economic justice. Yet the responsibility for striving to overcome poverty must also be shouldered by the societies concerned, which need to give priority to the fight against corruption and the effort to distribute wealth more equitably. By correcting the malfunctions that cause divisions between and within peoples, it should be possible to harness the positive potential of the process of globalization so as to ensure a redistribution of wealth and thereby to "steer the globalization of humanity in relational terms, in terms of communion and the sharing of goods" (ibid., 42).

    This is where the local Church offers a most valuable contribution, highlighting the ethical dimension of the issues that present themselves in the life of the nation. I thank you for the appreciation you have expressed of the work of the Catholic community in Kenya in the areas of healthcare, education and human rights, and particularly in promoting initiatives for peace and reconciliation at the time of the post-election crisis. I can assure you that Catholics in Kenya are eager to continue this mission of service to the wider community, especially in the light of the renewed commitment to reconciliation, justice and peace that was the particular focus of the recent Special Assembly for Africa of the Synod of Bishops. That solemn event was a summons to the Church in Africa to proclaim with joy the good news of her life-giving faith, so as to bring hope to the hearts of all the people of the continent.

    Your Excellency, I am confident that the diplomatic mission which you begin today will consolidate the good relations that exist between the Holy See and the Republic of Kenya. In offering you my best wishes for the years ahead, I would like to assure you that the various departments of the Roman Curia are always glad to provide help and support in the fulfilment of your duties. Upon you, your family and all the people of Kenya I cordially invoke God’s abundant blessings.

    S.E. il Sig. Elkanah Odembo
    Ambasciatore del Kenya presso la Santa Sede
    S.E. il Signor Elkanah Odembo, nuovo ambasciatore del Kenya presso la Santa Sede, è nato a Nairobi nel 1957. È sposato e ha due figli.
    Laureato in Biologia (Bowdoin College, Brunswick, Maine, Stati Uniti d'America, 1980), ha ottenuto un master in sanità pubblica, con specializzazione in epidemiologia e risorse sociali nei Paesi sottosviluppati (Università del Texas, Stati Uniti d'America, 1983). Ha ricoperto i seguenti incarichi: docente alla High School Science, St. Mary' School di Nairobi (1980); assistente presso l'Università del Texas, Health Science Centre in Houston (1982-1983); ricercatore e training officer presso l'African Medical and Research Foundation (Amref) di Nairobi (1983-1988); country coordinator presso la World Neighbours del Kenya (1988-1990); rappresentante dell'Africa dell'Est presso la World Neighbours (1990-1998); consulente della Ford Foundation (1998-2000); consulente del Poverty Reduction Strategy Paper (Prsp) per lo sviluppo in Kenya (2000); direttore esecutivo della Ufadhili Trust (2000-2008).
    Attualmente è ambasciatore a Parigi, ove risiede.
    Parla inglese, kiswahili e francese.

    [01887-02.01] [Original text: English]


    DISCORSO DEL SANTO PADRE ALL’AMBASCIATORE DEL KAZAKHSTAN PRESSO LA SANTA SEDE, S.E. IL SIGNOR MUKHTAR B. TILEUBERDI

    Your Excellency,

    I am pleased to welcome you to the Vatican and to accept the Letters accrediting you as Ambassador Extraordinary and Plenipotentiary of the Republic of Kazakhstan to the Holy See. On this occasion I would ask you to convey my greetings to His Excellency President Nursultan Nazarbayev, who recently visited me here in the Vatican, and my good wishes to all the people of the Republic. Kindly assure the President of my prayers for his well-being and that of all the nation’s citizens, and convey to him my gratitude for the good wishes which you have just expressed on his behalf.

    As you will recall, my venerable predecessor, the late Pope John Paul II, visited Kazakhstan in September 2001. He gave witness, amid worldwide uncertainty and sadness at the time, that the Church, in fidelity to Christ’s teachings, supports peace and understanding among peoples and strives to promote authentic human progress.

    The Holy See encourages nations to respect the human person in his or her totality, acknowledging the spiritual as well as the material needs of all. Man is the source, the focus and the aim of all economic and social life (cf. Caritas in Veritate, 25). Thus, the Church works as leaven within every society to highlight the dignity of man, to give him the strength necessary to generate a clearer vision of himself and to muster new energy in the service of authentic human development.

    Mr Ambassador, although the Christians of Kazakhstan are a small percentage of the total population, they can trace their roots there back through the centuries. They therefore represent an important part of the rich diversity of religions and traditions of which your nation is comprised. The circumstance of these various groups living side by side in your country, together with your being a geographical link between Europe and Asia and between countries with large Christian and Muslim populations respectively, provides a precious opportunity to promote exchange and fraternity. Cooperation for development also offers a wonderful opportunity for a meeting between cultures and peoples (cf. Caritas in Veritate, 59). For this encounter genuinely to occur, there needs to be a continuing commitment on the part of States to respect basic human rights, not the least of which is freedom of religion. Religions have much to offer to development, especially when God’s place is recognized in the public realm, specifically with regard to its cultural, social, economic, and particularly its political dimensions (cf. ibid., 56).

    For its part, the Holy See, along with the Catholic community in Kazakhstan, supports those initiatives which foster peace and authentic friendship between peoples, founded on a mutual recognition of legitimate differences but above all on a commitment to the common good. The Agreement signed between the Holy See and Kazakhstan in 1998, the first of its kind in your region, is an accord based on mutual trust and respect. The juridical guarantee of rights and responsibilities in the Agreement provides a means for increased cooperation and goodwill. I can assure you that the Catholic community in your country wishes to contribute to the strengthening of good relations and mutual understanding between the Christian and Islamic worlds, to the benefit of all. May this cooperation and goodwill be abundantly blessed day by day!

    Your Excellency, as Kazakhstan assumes the chairmanship of the Organization for Security and Cooperation in Europe on 1 January 2010, I am pleased to offer you my good wishes for your country’s period in office. The international community recently recalled the twentieth anniversary of the fall of the Berlin Wall. In this light, your nation’s chairmanship of the OSCE represents an eloquent testimony of how far the world has developed and matured. The celebration of this anniversary also provides impetus for the strengthening of those democratic gains with a view to the stable future of the region and indeed the whole world. The Holy See is committed to consolidating the political freedoms won twenty years ago in Europe, whose external expression can only flourish when the divine gift of inner freedom is respected and fostered.

    Mr Ambassador, in offering you my best wishes for the success of your mission, I assure you that the various departments of the Roman Curia are ready to provide help and support in the fulfilment of your duties. It is the Church’s desire to develop and deepen the harmonious relations that exist between the Holy See and the Republic of Kazakhstan. Upon Your Excellency, your family and all the people of the Republic, I cordially invoke abundant divine blessings.

    S.E. il Sig. Mukhtar B. Tileuberdi
    Ambasciatore del Kazakhstan presso la Santa Sede
    S.E. il Signor Mukhtar B. Tileuberdi, nuovo ambasciatore di Kazakhstan presso la Santa Sede, è nato il 30 giugno 1968. È sposato e ha tre figli.
    Si è laureato in filosofia (Kazakh State University, Almaty, 1990). Ha ricoperto i seguenti incarichi: ricercatore presso il dipartimento di storia della filosofia, Kazakh State University (1990-1992); assistente presso il dipartimento di filologia cinese, Kazakh State University (1992-1993); addetto e, successivamente, terzo segretario presso il ministero degli Affari esteri (1993-1996); secondo segretario di Ambasciata nella Repubblica di Corea (1996-1999); primo segretario e capo della Divisione per l'Asia e l'Africa presso il ministero degli Affari esteri (1999-2000); adviser del segretario di Stato della Repubblica del Kazakhstan (2000-2001); consigliere di Ambasciata in Israele (2001-2003); vice ministro degli Affari esteri (2003-2004); Ambasciatore in Malesia (2004-2009).
    Attualmente è Ambasciatore in Svizzera e rappresentante permanente presso l'Ufficio delle Nazioni Unite e Istituzioni Specializzate a Ginevra, ove risiede.
    Parla l'inglese, il coreano e il giapponese.

    [01888-02.01] [Origina text: English]


    DISCORSO DEL SANTO PADRE ALL’AMBASCIATORE DEL BANGLADESH PRESSO LA SANTA SEDE, S.E. IL SIGNOR ABDUL HANNAN

    Mr Ambassador,

    It is my pleasure to welcome you today as you present the Letters of Credence by which you are appointed Ambassador of the People’s Republic of Bangladesh to the Holy See. I am grateful for the greetings which you have brought to me from His Excellency President Zillur Rahman, and I would ask you to convey to him in turn my own prayerful good wishes for his continued well-being and that of the Bangladeshi people. The recent visit to the Vatican of the Prime Minister, Her Excellency Sheikh Hasina Wajed, provided a welcome opportunity to renew our common commitment to enhancing the spirit of cooperation which has characterized the cordial relations between the Holy See and Bangladesh for over thirty years.

    Your Excellency, while your country still faces many economic, social and environmental challenges, the significant strides in development made in recent times have raised the hopes of its citizens and attracted the attention of the entire global community. Although few in number, Bangladesh’s Catholics too share the expectation that the collaborative efforts which have made these gains possible will continue to animate the nation as its citizens set new goals for the future and devise fresh ways of achieving them.

    One such goal has been the reduction of poverty. Its alleviation is inextricably tied to the extension of gainful employment. Work gives expression to human dignity, allowing men and women to realize their talents, develop their skills, and strengthen the bonds of solidarity with one another. This solidarity, in turn, also has a spiritual dimension, for by sharing the fruits of their labour with one another – and most especially with those in need – people everywhere bear witness to the goodness of the Almighty and his concern for the poorest and the weakest.

    In this context, one cannot but note the successes of your country’s initiatives in micro-credit and micro-finance which are gradually bringing a new level of prosperity to your people. Moreover, these practices show signs of protecting the more vulnerable sectors of society from the risks and abuses of usury (cf. Caritas in Veritate, 65). May a fair and prudent application of innovative lending strategies support rural infrastructures, stimulate markets, and advance the development and dissemination of agricultural technology that will make the best use of the valuable human, natural and socio-economic resources of your land.

    Improving standards of living also depends heavily on the commitment to the education of the young, both boys and girls. This has rightly been a priority for Bangladesh in recent decades, and achievements in this area give hope for the future. In the era of globalization, it is increasingly clear that greater access to education is essential for development at every level. Above all, it is essential for teachers to understand the nature of the human person and to cherish each and every student as a unique and precious individual, providing nourishment for the soul as well as the mind. The local Catholic Church is playing its part in this area through its widespread network of schools and other educational institutions. In this regard, the newly established Teachers’ Training College is intended to provide suitably qualified teachers so as to ensure that standards will further improve and that the commitment to education will continue on a sound footing into the future. The recent positive meetings with the Ministry of Education and the establishment of a formal liaison between the Ministry and the Bishops to discuss matters of common interest should lead to enhanced cooperation in the field of education and make possible the speedy and amicable resolution of whatever issues may arise from time to time.

    Your Excellency, I pray that Muslims, Hindus, Christians and all people of goodwill in your country will bear untiring witness to the peaceful coexistence that remains the vocation of the entire human race. To this end, all citizens – and particularly leaders – share in the responsibility of upholding the principles that underpin a just democratic system of governance. Intimidation and violence erode the very basis of social harmony and must be decried as offensive to human life and freedom. Showing a preferential love for the poor and the ailing, embracing the weak as precious in the sight of God: these are the ways by which society is infused with the breath of divine goodness that sustains the life of every creature.

    Mr Ambassador, at the outset of your mission, I cordially extend to you my good wishes for its success, and I assure you of my prayers and the support of the various offices of the Holy See which stand ready to assist you. Upon you, the members of your family and all the citizens of Bangladesh I willingly invoke abundant divine blessings.

    S.E. il Signor Abdul Hannan
    Ambasciatore del Bangladesh presso la Santa Sede

    S.E il Signor Md. Abdul Hannan, nuovo ambasciatore del Bangladesh presso la Santa Sede, è nato nel mese di ottobre del 1956. È sposato e ha due figli.
    Laureato in economia (Università di Chittagong, Bangladesh, 1977), ha ottenuto un master in diplomazia (Università di Lancaster, Regno Unito, 1989). Ha ricoperto i seguenti incarichi: funzionario del ministero del Lavoro e degli Affari sociali (1980-1981); membro dell'amministrazione per il Servizio civile del Bangladesh (1982-1984); funzionario del ministero degli Affari esteri (1985-1990); primo segretario di Ambasciata a Mosca (1991-1994); consigliere di Ambasciata in India (1995-1996); direttore di dipartimento presso il ministero degli Affari esteri (1997-1998); direttore presso l'ufficio del primo Ministro (1998-1999); ministro di Ambasciata in Ottawa (2000-2002); direttore generale presso il ministero degli Affari esteri e vice presidente del Foreign Service Academy (2002-2004); deputy high commissioner in Pakistan (2004-2006); Ambasciatore in Oman (2006-2009).
    Attualmente è rappresentante permanente presso l'Ufficio delle Nazioni Unite e Istituzioni specializzate a Ginevra e Vienna. Risiede a Ginevra.

    [01889-02.01] [Original text: English]


    DISCORSO DEL SANTO PADRE ALL’AMBASCIATORE DI FINLANDIA PRESSO LA SANTA SEDE, S.E. IL SIGNOR ALPO RUSI

    Mr Ambassador,

    I am pleased to welcome you to the Vatican and to accept the Letters accrediting you as Ambassador Extraordinary and Plenipotentiary of the Republic of Finland to the Holy See. I thank you for your gracious words and for the greetings that you bring from your President, Her Excellency Ms Tarja Halonen. Please convey to her my own good wishes and assure her of my continuing prayers for the well-being and prosperity of all the citizens of your land.

    For over sixty years, as you have observed, the Holy See has enjoyed cordial diplomatic relations with Finland, and indeed there are many common objectives in international affairs on which we can continue to work together. Your nation has shown a commitment to building up harmonious relations within Europe, particularly among the Member States of the European Union. Finland’s border with Russia enables it to act as a bridge to that country, and its proximity to the Baltic States means that it is well placed to foster cooperation and mutual exchange between them and the Nordic lands. The Holy See is eager to lend support to initiatives that encourage fraternity between nations while recognizing that, of themselves, the technical aspects of cooperation and stable coexistence are not enough to create lasting friendship between peoples or to overcome every division. It depends, rather, on charity, a divine gift which both presupposes and transcends justice in human relations (cf. Caritas in Veritate, 19, 34). This is where the voice of the Church has an essential contribution to make to international affairs, as nations like your own have recognized, ever since diplomatic relations were established between us during the dark days of the Second World War.

    For many years Finland has been at the forefront of international diplomatic activity in defence of peace and human rights. Indeed the very name of your capital, Helsinki, is associated with this worthy goal in the minds of countless people. Your nation has contributed actively to peace-keeping operations and has recently held with distinction the Presidency of the Organization for Security and Cooperation in Europe, an agency that owes its origin in 1975 to the Helsinki Final Act, another fruit of your country’s active presence on the international stage. In this connection, the Holy See particularly appreciates the initiatives that your Government has taken recently to strengthen its links with African nations. I spoke last October at the launch of the Second Special Assembly for Africa of the Synod of Bishops about the great spiritual contribution that the peoples of that continent can make to a world which in so many ways is undergoing a crisis of faith and hope (cf. Homily, 4 October 2009). While on the one hand economic aid and technology transfer should be granted in justice to the African people, they, with their great vitality and love of life, have much to teach the rest of the world. In this context, your country’s commitment to development sets an example of how to "steer the globalization of humanity in relational terms, in terms of communion and the sharing of goods" (Caritas in Veritate, 42).

    The Finns have a distinguished track record in humanitarian aid, and their support for peoples less fortunate than themselves is likewise manifested in the welcome extended to immigrants. This is an area where the Church is able to assist, since the harmonious integration of foreigners into their host countries is greatly facilitated if they can find a spiritual home there, and Catholic communities, especially when small in number, are always very conscious of their communion with fellow Catholics throughout the world. The happy occasion last September of the ordination of a native Finn as Catholic Bishop of Helsinki is a sign both of the ancient roots of the Finnish Catholic Church and of its growth in recent years. In this context, I am also pleased to note the increasing cooperation and dialogue between the different Christian communities in Finland. I thank Your Excellency for the greetings that you bring from the Lutheran and Orthodox Archbishops, and I ask you kindly to reciprocate. These signs of growing fraternity among the followers of Christ augur well for the development of mutual understanding and respect between newly arrived immigrants of various religions and their Finnish hosts.

    A vital contribution that all religious groups can offer in your country, as elsewhere in Europe, is to draw attention to certain values that are in danger of being eroded through the process of secularization. I understand the pressures that governments face when presented with insistent demands from some quarters, in the name of tolerance, for acceptance of an ever wider range of viewpoints and lifestyles, but, as I have often pointed out, the virtue of tolerance is not served by the sacrifice of truth, particularly the truth concerning the dignity of the human person. I urge your Government to continue to take note of the ethical perspectives based upon the natural law indelibly inscribed in our common humanity – those authentically human values to which you have just referred – so that Finland’s long-standing esteem for the family and respect for life may shape its response to delicate social issues with long-term implications for the health of any human society.

    In offering my best wishes for the success of your mission, I would like to assure you that the various departments of the Roman Curia are ready to provide help and support in the fulfilment of your duties. Upon Your Excellency and all the people of Finland I cordially invoke God’s abundant blessings.

    S.E. il Signor Alpo Rusi
    Ambasciatore di Finlandia presso la Santa Sede

    S.E il Signor Alpo Rusi, nuovo ambasciatore di Finlandia presso la Santa Sede, è nato a Jyväskylä il 17 agosto 1949. È sposato e ha tre figli.
    Intrapresa la carriera diplomatica nel 1972, ha ricoperto i seguenti incarichi: vice-console ad Amburgo (1975-1977); segretario di Ambasciata a Copenaghen (1977-1979) e presso il ministero degli Affari esteri (Mae) (1979-1983); segretario della Rappresentanza permanente presso l'Onu a New York (1983-1986); consigliere presso il Mae (1986-1988); resident fellow presso l'EastWest Institute a New York (1988-1989); consigliere presso il Mae (1989-1991); direttore di Dipartimento presso il Mae (1991-1992); inviato all'Ambasciata a Bonn (1992-1993); consigliere del presidente della Repubblica e vice capo della Cancelleria (1994-1999); vice coordinatore per il patto di stabilità dell'Europa del Sud-Ovest, Bruxelles (1999-2000); docente universitario a Rovaniemi e ad Amburgo (2000-2003); Ambasciatore presso il Mae, responsabile per il processo di pace nei Balcani (2003-2004); ambasciatore itinerante presso il Mae, responsabile per la Bosnia ed Erzegovina, Macedonia, Montenegro ed Albania (2004-2007); ambasciatore e consigliere speciale dei presidenti della 62ª e della 63ª sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York (2007-2009).
    Attualmente è ambasciatore a Berna, ove risiede.
    Oltre al finlandese, parla inglese, tedesco e svedese e conosce il francese.

    [01890-02.01] [Original text: English]


    DISCORSO DEL SANTO PADRE ALL’AMBASCIATORE DI LETTONIA PRESSO LA SANTA SEDE, S.E. IL SIGNOR EINARS SEMANIS

    Mr Ambassador,

    In welcoming you to the Vatican and accepting the Letters of Credence by which you are appointed Ambassador of the Republic of Latvia to the Holy See, I am pleased to express my satisfaction at the cordial relations which we continue to enjoy. I am grateful to Your Excellency for transmitting the courteous greeting of your President, Mr Valdis Zatlers, and I would ask you kindly to reciprocate and to convey my own good wishes to him and to all the people of the Republic.

    From its unique position on the Baltic shores, Latvia has played an important role in the commercial and cultural evolution of Europe. This influence has not waned even when its people were deprived, for long and difficult periods, of their status as a sovereign nation. Now that its national identity is no longer under question, and its people again enjoy their freedom, Latvia can offer much to the international community. You mentioned, Mr Ambassador, the twentieth anniversary of the emergence of the "Baltic Way" according to which Latvia, Lithuania and Estonia expressed the wish to return fully to Europe. This historic gesture was an act of trust in the essential values of freedom, truth, justice and solidarity which, based on a Christian tradition and outlook, built up European culture and shaped its most important institutions. Having become a member of the European Union in 2004, Latvia too is now called to share in the continent’s task of finding the means towards greater international collaboration to consolidate the freedom, peace and prosperity of its peoples.

    Mr Ambassador, you also highlighted the important moments and the fruits of the Christian history of your country, which was named Terra Mariana by Pope Innocent III in the year 1205. I pray that Latvia, inspired by such an affectionate and powerful appellation, may remain faithful to the principles and values that the first Christian witnesses brought to your country, including Saint Meinhard and the other wise and zealous pastors who evangelized your nation. Christians of all the Churches and Ecclesial Communities in Latvia are called to contribute to the political and cultural life of the nation as well as to work for the visible unity of Christ’s Mystical Body. My predecessor, the late Pope John Paul II, on his historic visit to your land in 1993, supported the quest for greater Christian unity as a buttress to national unity and as a priority for renewal (cf. Address at Marian Shrine of Aglona, 9 September 1993). It is greatly to be hoped that such a renewal take place soon for the good of the nation as a whole.

    The Latvian people, who are known to cherish their land, and are careful to protect it from environmental degradation, also draw inspiration from their own folklore and culture as a solid basis for their concern for the land in all its aspects. By employing their ingenuity and by cultivating the resources God has given them, by extolling human dignity and respecting human life, and by promoting man’s vocation to build up a humanism open to spiritual and transcendent values (cf. Caritas in Veritate, 18), Latvia will surely become a model of development that protects the dignity of the human person while being sensitive to the requirements of a sustainable economy.

    The recent global economic downturn has had serious effects on the nation’s economy, generating poverty and unemployment in some areas and leaving no little uncertainty about the future. It is my sincere hope that the Latvian people may take heart as they and their leaders seek effective ways to weather this crisis and to rebuild Latvia’s economic strength. Such times demand courage and resolve. Your compatriots, Mr Ambassador, are aware that some radical measures may be necessary to uphold the common good even at the cost of restrictions, renunciation and sacrifice. On the other hand, such an exercise can only succeed – and be socially acceptable – when it is completed in a spirit of genuine justice and equity and with special attention to those who are most vulnerable. I pray that the resilient spirit of the Latvian people may continue to sustain them.

    Finally, Your Excellency, I am confident that the cordial relations between the Holy See and Latvia, re-established sixteen years ago after a long breach desired by neither party, will help to promote fraternity, respect and dialogue. In offering my good wishes at the beginning of your mission as Ambassador to the Holy See, I assure you of the readiness of the Roman Curia to assist you in your important task. May Almighty God bestow his abundant blessings upon you and upon all the people of Latvia.

    S.E. il Signor Einars Semanis
    Ambasciatore di Lettonia presso la Santa Sede

    S.E. il Signor Einars Semanis, nuovo ambasciatore di Lettonia presso la Santa Sede, è nato a Alŭksne il 9 novembre 1957. È sposato e ha due figli.
    Laureato in filosofia della storia e in sociologia (Università di Lettonia, 1980), ha ottenuto un dottorato in filosofia (Università di Mosca, 1984). Ha compiuto inoltre studi di post-grado in scienze politiche (Università di Oslo, 1992), sui parlamenti britannici (London School of Economics and Political Science, 1992), sulla politica americana moderna (seminario di Salisburgo, 1993) e in sinologia (Università di Lettonia, 1999). Ha svolto la seguente attività di docente: lettore del dipartimento di filosofia dell'Università di Lettonia (1980-1982); ricercatore presso la facoltà di filosofia dell'Università di Mosca (1984-1985); consultore di filosofia presso la House of Political Education (1985-1987); capo del dipartimento di scienze politiche dell'Università di Lettonia (1987-1993).
    Intrapresa la carriera diplomatica nel 1993, ha ricoperto i seguenti incarichi: capo della divisione per l'America e l'Australia presso il ministero degli Affari esteri (Mae) (1993-1994); sotto-segretario per gli Affari occidentali presso il Mae (1994); direttore di dipartimento presso il Mae (1994-1995); vice capo missione e consigliere presso l'Ambasciata negli Stati Uniti d'America (1995-1999); consigliere di Ambasciata nella Repubblica Popolare di Cina (1999); ambasciatore nella Repubblica Popolare di Cina (2000-2004); sotto-segretario di Stato presso il Mae (2004-2005); ambasciatore con incarichi speciali presso il Mae (2005); ambasciatore in Finlandia (2005-2009); rappresentante per l'Asia della Fondazione europea per il Board of Governors (Asef) (2007-2009).
    Attualmente è ambasciatore in Polonia.
    Oltre al lettone, parla inglese, russo e cinese.











    DISCORSO DEL SANTO PADRE AGLI AMBASCIATORI IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE COLLETTIVA DELLE LETTERE CREDENZIALI

    Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre Benedetto XVI rivolge questa mattina agli Ecc.mi nuovi Ambasciatori presso la Santa Sede, al termine dello scambio delle Lettere Credenziali con ciascun Ambasciatore:


    DISCORSO DEL SANTO PADRE

    Messieurs les Ambassadeurs,

    Je suis heureux de vous recevoir ce matin au Palais Apostolique. Vous êtes venus me présenter les Lettres qui vous accréditent comme Ambassadeurs extraordinaires et plénipotentiaires de vos pays respectifs : le Danemark, l’Ouganda, le Soudan, le Kenya, le Kazakhstan, le Bangladesh, la Finlande et la Lettonie. Soyez les bienvenus et veuillez, s’il vous plaît, présenter mes salutations cordiales à vos Chefs d’Etat en les remerciant pour les paroles courtoises que vous avez eu l’amabilité de me transmettre de leur part. Je formule des vœux déférents pour leur Haute Mission au service de leur pays. Je voudrais également, par votre entremise, saluer les Autorités civiles et religieuses de vos nations, ainsi que tous vos compatriotes. Veuillez les assurer de ma prière. Mes pensées rejoignent aussi tout naturellement les communautés catholiques présentes dans vos pays. Vous savez qu’elles désirent s’associer fraternellement à l’édification nationale à laquelle elles contribuent au mieux de leurs possibilités.

    Dans ma dernière Encyclique, Caritas in veritate, j’ai évoqué la restauration nécessaire d’un juste rapport entre l’homme et la création où il vit et œuvre. La création est le don précieux que dans Sa bonté Dieu a fait aux hommes. Ils en sont les administrateurs et doivent donc tirer toutes les conséquences de cette responsabilité. Les hommes ne peuvent ni la décliner ni la fuir en la reportant sur les générations à venir. Il devient évident que cette responsabilité environnementale ne peut être opposée à l’urgence de mettre fin aux scandales de la misère et de la faim. Il n’est plus possible, au contraire, de dissocier ces deux réalités, car la dégradation continue de l’environnement constitue une menace directe pour la survie de l’homme et pour son développement lui-même ; et elle risque même de menacer directement la paix entre les personnes et les peuples.

    Tant sur le plan individuel que sur le plan politique, il est nécessaire désormais de prendre des engagements plus décidés et plus largement partagés à l’égard de la création. En ce sens, j’encourage vivement les Autorités politiques de vos pays respectifs, et de l’ensemble des nations, non seulement à renforcer leur action en faveur de la sauvegarde de l’environnement, mais aussi - puisque le problème ne peut être affronté uniquement au niveau particulier de chaque pays - à être une force de proposition et d’incitation, afin de parvenir à des Accords internationaux contraignants qui soient utiles et justes pour tous.

    Les défis auxquels l’humanité se trouve aujourd’hui confrontée appellent certainement une mobilisation des intelligences et de la créativité de l’homme, une intensification de la recherche appliquée en vue d’une plus efficace et plus saine utilisation des énergies et des ressources disponibles. Ces efforts ne peuvent dispenser d’une conversion ou d’une transformation du modèle de développement actuel de nos sociétés. L’Eglise propose que cette modification profonde qui est à découvrir et à vivre, soit orientée par la notion de développement intégral de la personne humaine. En effet, le bien de l’homme ne réside pas dans une consommation toujours plus effrénée et dans l’accumulation illimitée de biens - consommation et accumulation qui sont réservées à un petit nombre et proposées comme modèles à la masse -. A cet égard, il revient non seulement aux diverses religions de souligner et de défendre la primauté de l’homme et de l’esprit, mais également à l’Etat. Celui-ci a le devoir de le faire notamment à travers une politique ambitieuse qui favorise pour tous les citoyens - à égalité - l’accès aux biens de l’esprit. En effet ceux-ci valorisent la richesse du lien social et encouragent l’homme à poursuivre sa quête spirituelle.

    Au printemps dernier, durant mon voyage apostolique dans différents pays du Moyen-Orient, j’ai proposé à diverses reprises de considérer les religions, en général, comme « nouveau départ » pour la paix. Il est vrai que dans l’histoire les religions étaient souvent un facteur de conflits. Mais il est aussi vrai que les religions vécues selon leur essence profonde étaient et sont une force de réconciliation et de paix. Dans ce moment historique les religions doivent aussi, à travers le dialogue franc et sincère, chercher le chemin de la purification pour correspondre toujours plus à leur vraie vocation.

    Notre humanité désire la paix et, si possible, la paix universelle. Il faut y tendre sans utopie et sans manipulations. Nous savons tous que la paix a besoin de conditions politiques et économiques, culturelles et spirituelles pour s’établir. La coexistence pacifique des différentes traditions religieuses au sein de chaque nation est parfois difficile. Plus qu’un problème politique, cette coexistence est aussi un problème qui se pose à l’intérieur d’elles-mêmes. Chaque croyant est appelé à interroger Dieu sur Sa volonté à propos de chaque situation humaine.

    En reconnaissant Dieu comme l’unique créateur de l’homme - de tout homme, quelle que soit sa confession religieuse, sa condition sociale ou ses opinions politiques - chacun respectera l’autre dans son unicité et dans sa différence. Il n’y a devant Dieu aucune catégorie ou hiérarchie d’homme, inférieur ou supérieur, dominant ou protégé. Il n’y a pour Lui que l’homme qu’Il a créé par amour et qu’Il veut voir vivre, en famille et en société, dans une harmonie fraternelle. La découverte du sage projet de Dieu sur l’homme l’amène à reconnaître Son amour. Pour l’homme de foi ou l’homme de bonne volonté, la résolution des conflits humains, comme la délicate cohabitation des différentes religions, peut se transformer en une coexistence humaine dans un ordre plein de bonté et de sagesse qui a son origine et son dynamisme en Dieu. Cette coexistence dans le respect de la nature des choses et de sa sagesse inhérente qui vient de Dieu - la tranquillitas ordinis - se nomme la paix. Le dialogue interreligieux apporte sa contribution spécifique à cette lente genèse qui défie les intérêts humains immédiats, politiques et économiques. Il est parfois difficile pour le monde politique et économique de donner à l’homme la première place ; il lui est encore plus délicat de considérer et d’admettre l’importance et la nécessité du religieux, et d’assurer à la religion sa véritable nature et place dans son versant public. La paix, tant désirée, ne naîtra que de l’action conjointe de l’individu, qui découvre sa vraie nature en Dieu, et des dirigeants des sociétés civiles et religieuses qui - dans le respect de la dignité et de la foi de chacun - sauront reconnaître et donner à la religion son noble et authentique rôle d’accomplissement et de perfectionnement de la personne humaine. Il s’agit là d’une recomposition globale, à la fois du temporel et du spirituel, qui permettra un nouveau départ vers la paix que Dieu désire universelle.

    Messieurs les Ambassadeurs, votre mission auprès du Saint-Siège vient de débuter. Auprès de mes collaborateurs, vous trouverez l’appui nécessaire pour son bon accomplissement. A nouveau, je vous adresse mes vœux les plus cordiaux pour l’excellente réussite de votre fonction si délicate. Puisse le Tout-Puissant vous soutenir et vous accompagner, vous-mêmes, vos proches, vos collaborateurs et tous vos compatriotes ! Que Dieu vous comble de l’abondance de ses bénédictions !







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    00 17/12/2009 22:14
    Il dialogo tra le religioni fattore di coesistenza umana pacifica
    Discorso del Papa a 8 nuovi rappresentanti diplomatici



    ROMA, giovedì, 17 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il discorso pronunciato dal Papa durante l'udienza agli otto nuovi ambasciatori di Danimarca, Uganda, Sudan, Kenya, Kazakhstan, Bangladesh, Finlandia e Lettonia, ricevuti questo giovedì in udienza per la presentazione delle Lettere credenziali.

    * * *


    Signori Ambasciatori,

    Sono lieto di ricevervi questa mattina nel Palazzo Apostolico. Siete venuti qui per presentarmi le Lettere che vi accreditano come Ambasciatori straordinari e plenipotenziari dei vostri rispettivi Paesi: la Danimarca, l'Uganda, il Sudan, il Kenya, il Kazakhstan, il Bangladesh, la Finlandia e la Lettonia. Siate i benvenuti e vogliate gentilmente presentare i miei cordiali saluti ai vostri capi di Stato ringraziandoli per le parole cortesi che avete avuto la gentilezza di trasmettermi da parte loro. Formulo voti deferenti per l'Alta Missione al servizio del loro Paese. Desidero anche salutare, attraverso di voi, le Autorità civili e religiose delle vostre nazioni, come pure tutti i vostri concittadini. Vogliate assicurarli della mia preghiera. Il mio pensiero si rivolge anche naturalmente alle comunità cattoliche presenti nei vostri Paesi. Voi sapete che esse desiderano unirsi fraternamente all'edificazione nazionale, alla quale contribuiscono al meglio delle loro possibilità.

    Nella mia ultima Enciclica, Caritas in veritate, ho ricordato la necessità di ristabilire un giusto rapporto fra l'uomo e il creato in cui egli vive e opera. Il creato è il dono prezioso che nella Sua bontà Dio ha fatto agli uomini. Essi ne sono gli amministratori e devono dunque assumersi tutte le conseguenze di questa responsabilità. Gli uomini non possono rifiutarla né evitarla riversandola sulle generazioni future. Diviene evidente che questa responsabilità ambientale non può essere opposta all'urgenza di porre fine agli scandali della miseria e della fame. Non è più possibile, al contrario, dissociare queste due realtà, poiché il degrado continuo dell'ambiente costituisce una minaccia diretta alla sopravvivenza dell'uomo e al suo stesso sviluppo; e rischia persino di minacciare direttamente la pace fra le persone e i popoli.

    Sia a livello individuale sia sul piano politico, è ormai necessario assumere impegni più decisi e più largamente condivisi nei confronti del creato. In tal senso, incoraggio vivamente le Autorità politiche dei vostri rispettivi Paesi, e dell'insieme delle Nazioni, non solo a rafforzare la loro azione a favore della salvaguardia dell'ambiente, ma anche — poiché il problema non può essere affrontato unicamente a livello di ogni singolo Paese — a essere una forza di proposta e d'incitamento, al fine di giungere ad accordi internazionali vincolanti, che siano utili e giusti per tutti.

    Le sfide a cui l'umanità deve oggi far fronte richiedono certamente una mobilitazione delle menti e della creatività dell'uomo, un'intensificazione della ricerca applicata in vista di una più efficace e più sana utilizzazione delle energie e delle risorse disponibili. Questi sforzi non possono dispensare da una conversione o da una trasformazione del modello di sviluppo attuale delle nostre società. La Chiesa propone che questo cambiamento profondo, che è da scoprire e da vivere, sia orientato dalla nozione di sviluppo integrale della persona umana. In effetti, il bene dell'uomo non consiste in un consumismo sempre più sfrenato e nell'accumulazione illimitata di beni, consumismo e accumulazione riservati a un piccolo numero di persone e proposti come modelli alla massa. A tale proposito, spetta non solo alle diverse religioni sottolineare e difendere il primato dell'uomo e dello spirito, ma anche allo Stato. Quest'ultimo ha il dovere di farlo, soprattutto attraverso una politica ambiziosa che favorisca per tutti i cittadini — in ugual modo — l'accesso ai beni dello spirito. In effetti essi valorizzano la ricchezza del legame sociale e incoraggiano l'uomo a proseguire la sua ricerca spirituale.

    La scorsa primavera, durante il mio viaggio apostolico in vari Paesi del Medio Oriente, ho proposto in più occasioni di considerare la religione, in generale, come «nuovo inizio» per la pace. È vero che nella storia le religioni sono state spesso un fattore di conflitto. Ma è anche vero che le religioni vissute secondo la loro essenza profonda sono state e sono una forza di riconciliazione e di pace. In questo momento storico le religioni devono anche, attraverso il dialogo franco e sincero, cercare il cammino della purificazione per corrispondere sempre più alla loro vera vocazione.

    La nostra umanità desidera la pace e, se possibile, la pace universale. Occorre tendervi senza utopia e senza manipolazioni. Noi tutti sappiamo che la pace per stabilirsi ha bisogno di condizioni politiche ed economiche, culturali e spirituali. La coesistenza pacifica delle diverse tradizioni religiose all'interno di ogni nazione è talvolta difficile. Più che un problema politico, questa coesistenza è anche un problema che si pone all'interno di esse stesse. Ogni credente è chiamato a interrogare Dio sulla Sua volontà rispetto a ogni situazione umana.

    Riconoscendo Dio come l'unico creatore dell'uomo — di ogni uomo, quali che siano la sua confessione religiosa, la sua condizione sociale o le sue opinioni — ognuno rispetterà l'altro nella sua unicità e nella sua diversità. Non esiste dinanzi a Dio nessuna categoria o gerarchia di uomo, inferiore o superiore, dominante o protetto. Per Lui esiste solo l'uomo che ha creato per amore e che vuole veder vivere, in famiglia e in società, in un'armonia fraterna. La scoperta del saggio progetto di Dio per l'uomo porta quest'ultimo a riconoscere il Suo amore. Per l'uomo di fede o per l'uomo di buona volontà, la risoluzione dei conflitti umani, come la delicata coabitazione delle diverse religioni, può trasformarsi in una coesistenza umana in un ordine pieno di bontà e di saggezza che ha la sua origine e il suo dinamismo in Dio. Questa coesistenza nel rispetto della natura delle cose e della sua saggezza intrinseca che viene da Dio — la tranquillitas ordinis — si chiama pace. Il dialogo interreligioso apporta il suo contributo specifico a questa lenta genesi che sfida gli interessi umani immediati, politici ed economici. È a volte difficile per il mondo politico ed economico dare all'uomo il primo posto; e gli risulta ancora più difficile considerare e ammettere l'importanza e la necessità della dimensione religiosa e garantire alla religione la sua vera natura e il suo posto nel versante pubblico. La pace, tanto desiderata, nascerà solo dall'azione congiunta dell'individuo — che scopre la sua vera natura in Dio — e dei dirigenti delle società civili e religiose che — nel rispetto della dignità e della fede di ognuno — sapranno riconoscere e conferire alla religione il suo nobile e autentico ruolo di realizzazione e di perfezionamento della persona umana. Si tratta qui di una ricomposizione globale, nello stesso tempo dell'ambito temporale e di quello spirituale, che permetterà un nuovo inizio verso la pace che Dio desidera universale.

    Signori Ambasciatori, la vostra missione presso la Santa Sede è appena cominciata. Presso i miei collaboratori troverete il sostegno necessario per il suo felice compimento. Vi porgo nuovamente i miei auguri più cordiali per l'eccellente riuscita della vostra tanto delicata funzione. Possa l'Onnipotente sostenere e accompagnare voi, i vostri familiari, i vostri collaboratori e tutti i vostri concittadini! Che Dio vi colmi dell'abbondanza delle sue Benedizioni!

    [Traduzione dal testo originale in francese a cura de “L'Osservatore Romano”]

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    CELEBRAZIONE EUCARISTICA CON LA COMUNITÀ DEL CENTRO "ALETTI" DI ROMA IN OCCASIONE DEL 90° COMPLEANNO DEL CARDINALE TOMÁŠ ŠPIDLÍK, S.I.

    Alle ore 7.30 di questa mattina, nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto la Celebrazione eucaristica con la Comunità del Centro "Aletti" di Roma, in occasione del novantesimo compleanno del Cardinale Tomáš Špidlík, S.I.

    Di seguito riportiamo il testo dell’omelia che il Papa ha pronunciato nel corso della Santa Messa:


    OMELIA DEL SANTO PADRE

    Cari amici,

    con l’odierna Liturgia entriamo nell’ultimo tratto del cammino dell’Avvento, che esorta ad intensificare la nostra preparazione, per celebrare con fede e con gioia il Natale del Signore, accogliendo con intimo stupore Dio che si fa vicino all’uomo, a ciascuno di noi.

    La prima lettura ci presenta l’anziano Giacobbe che raduna i suoi figli per la benedizione: è un evento di grande intensità e commozione. Questa benedizione è come un sigillo della fedeltà all’alleanza con Dio, ma è anche una visione profetica, che guarda in avanti e indica una missione. Giacobbe è il padre che, attraverso le vie non sempre lineari della propria storia, giunge alla gioia di radunare i suoi figli attorno a sé e tracciare il futuro di ciascuno e della loro discendenza. In particolare, oggi abbiamo ascoltato il riferimento alla tribù di Giuda, di cui si esalta la forza regale, rappresentata dal leone, come pure alla monarchia di Davide, rappresentata dallo scettro, dal bastone del comando, che allude alla venuta del Messia. Così, in questa duplice immagine, traspare il futuro mistero del leone che si fa agnello, del re il cui bastone di comando è la Croce, segno della vera regalità. Giacobbe ha preso progressivamente coscienza del primato di Dio, ha compreso che il suo cammino è guidato e sostenuto dalla fedeltà del Signore, e non può che rispondere con adesione piena all’alleanza e al disegno di salvezza di Dio, diventando a sua volta, insieme con la propria discendenza, anello del progetto divino.

    Il brano del Vangelo di Matteo ci presenta la "genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo" (Mt 1,1), sottolineando ed esplicitando ulteriormente la fedeltà di Dio alla promessa, che Egli attua non soltanto mediante gli uomini, ma con loro e, come per Giacobbe, talora attraverso vie tortuose e impreviste. Il Messia atteso, oggetto della promessa, è vero Dio, ma anche vero uomo; Figlio di Dio, ma anche Figlio partorito dalla Vergine, Maria di Nazaret, carne santa di Abramo, nel cui seme saranno benedetti tutti i popoli della terra (cfr Gen 22,18). In questa genealogia, oltre a Maria, vengono ricordate quattro donne. Non sono Sara, Rebecca, Lia, Rachele, cioè le grandi figure della storia d’Israele. Paradossalmente, invece, sono quattro donne pagane: Racab, Rut, Betsabea, Tamar, che apparentemente "disturbano" la purezza di una genealogia. Ma in queste donne pagane, che appaiono in punti determinanti della storia della salvezza, traspare il mistero della chiesa dei pagani, l’universalità della salvezza. Sono donne pagane nelle quali appare il futuro, l’universalità della salvezza. Sono anche donne peccatrici e così appare in loro anche il mistero della grazia: non sono le nostre opere che redimono il mondo, ma è il Signore che ci dà la vera vita. Sono donne peccatrici, sì, in cui appare la grandezza della grazia della quale noi tutti abbiamo bisogno. Queste donne rivelano tuttaviauna risposta esemplare alla fedeltà di Dio, mostrando la fede nel Dio di Israele. E così vediamo trasparire la chiesa dei pagani, mistero della grazia, la fede come dono e come cammino verso la comunione con Dio.La genealogia di Matteo, pertanto, non è semplicemente l’elenco delle generazioni: è la storia realizzata primariamente da Dio, ma con la risposta dell’umanità. È una genealogia della grazia e della fede: proprio sulla fedeltà assoluta di Dio e sulla fede solida di queste donne poggia la prosecuzione della promessa fatta a Israele.

    La benedizione di Giacobbe si accosta molto bene all’odierna felice ricorrenza del 90.mo compleanno del caro Cardinale Špidlík. La sua lunga vita e il suo singolare cammino di fede testimoniano come sia Dio a guidare chi a Lui si affida. Ma egli ha percorso anche un ricco itinerario di pensiero, comunicando sempre con ardore e profonda convinzione che il centro di tutta la Rivelazione è un Dio Tripersonale e che, di conseguenza, l’uomo creato a sua immagine è essenzialmente un mistero di libertà e di amore, che si realizza nella comunione: il modo stesso di essere di Dio. Questa comunione non esiste per se stessa, ma procede – come non si stanca di affermare l’Oriente cristiano – dalle Persone divine che liberamente si amano. La libertà e l’amore, elementi costitutivi della persona, non sono afferrabili per mezzo delle categorie razionali, per cui non si può comprendere la persona se non nel mistero di Cristo, vero Dio e vero uomo, e nella comunione con Lui, che diventa accoglienza della "divinoumanità" anche nella nostra stessa esistenza. Fedele a questo principio, il Cardinale Špidlík ha intessuto lungo gli anni una visione teologica vivace e, per moltiaspetti, originale nella quale confluiscono organicamente l’Oriente e l’Occidente cristiani, scambiandosi reciprocamente i loro doni. Il suo fondamento è la vita nello Spirito; il principio della conoscenza: l’amore; lo studio: un’iniziazione alla memoria spirituale; il dialogo con l’uomo concreto: un criterio indispensabile, e il suo contesto: il corpo sempre vivo di Cristo, che è la sua Chiesa. Strettamente legata a questa visione teologica è l’esercizio della paternità spirituale, che il Cardinale Špidlík ha costantemente svolto e continua a svolgere. Oggi, potremmo dire che si raduna attorno a lui, nella celebrazione dei Divini Misteri, una sua "piccola discendenza" spirituale, il Centro Aletti, che vuole raccogliere il suo prezioso insegnamento, facendolo fruttificare con nuove intuizioni e nuove ricerche, anche attraverso la raffigurazione artistica. In questo contesto, mi sembra particolarmente bello sottolineare il legame tra teologia ed arte scaturito dal suo pensiero. Ricorrono infatti dieci anni da quando il mio venerato e amatopredecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II, ha dedicato questa Cappella, la Redemptoris Mater, affermandoche "quest’opera si propone come espressione di quella teologia a due polmoni dalla quale può attingere nuova vitalità la Chiesa del terzo millennio". E continua il Papa:"L’immagine della Redemptoris Mater, che campeggia nella parete centrale pone davanti ai nostri occhi il mistero dell’amore di Dio, che si è fatto uomo per dare a noi, esseri umani, la capacità di diventare figli di Dio… (E’ il) messaggio dellasalvezza e di gioia che Cristo, nato da Maria, ha portato all’umanità" (Insegnamenti XXII, 2 [1999], p. 895).

    A Lei, caro Cardinale Špidlík, auguro di vero cuore l’abbondanza delle grazie del Signore, perché continui ad illuminare con sapienza i Membri del "Centro Aletti" e tutti i suoi figli spirituali. Continuando la Celebrazione dei Santi Misteri, affido ciascuno alla materna protezione della Madre del Redentore, invocando dal Verbo divino, che ha assunto la nostra carne, la luce e la pace annunciata dagli Angeli a Betlemme. Amen

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    00 17/12/2009 22:15
    VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" DEGLI ECC.MI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI BIELORUSSIA


    Questa mattina, alle ore 12, il Santo Padre Benedetto XVI incontra i Presuli della Conferenza Episcopale di Bielorussia, ricevuti in questi giorni, in separate udienze, per la Visita "ad Limina Apostolorum" e rivolge loro il discorso che pubblichiamo di seguito:


    Signor Cardinale,

    Venerati Fratelli,

    sono lieto di porgere a ciascuno di voi il mio cordiale benvenuto nella casa del Successore di Pietro, cui Cristo ha affidato il compito di pascere il suo gregge (cfr Gv 21,15-19), confermare i fratelli nella fede (cfr Lc 22,31), custodire e promuovere l’unità ecclesiale (cfr Lumen gentium, 22). Ringrazio Mons. Aleksander Kaskiewicz per le parole, con cui ha voluto presentare il cammino della Chiesa in Bielorussia, evidenziando anche le sfide che la attendono.

    Negli incontri che ho avuto con voi, ho apprezzato lo zelo pastorale con cui svolgete il vostro ministero, nel desiderio e nell’impegno che cresca sempre di più tra voi la corresponsabilità, la comunione e la condivisione delle decisioni, affinché il vostro servizio sia sempre più fruttuoso. E’ particolarmente importante, infatti, annunciare con rinnovato entusiasmo ed incisività il perenne Messaggio del Vangelo in una società che non è immune dalle tentazioni della secolarizzazione, dell’edonismo e del relativismo: i problemi della denatalità, della fragilità delle famiglie e dell’illusione di trovare fortuna al di fuori della propria terra ne sono un segno. Di fronte a tali sfide, compito urgente dei Pastori è di evidenziare la forza della fede, una fede radicata in una solida tradizione, per contribuire a preservare la profonda identità cristiana della Nazione, nel dialogo rispettoso con le altre culture e religioni. Per raggiungere tale obiettivo è necessario che, accogliendo l’invito del Salmo: "Ecco, com’è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme" (Sal 133,1), abbiate grande cura nel formulare programmi e nel promuovere metodi pastorali sempre più adeguati, come pure nel porre in atto le decisioni della Conferenza Episcopale. Tale rinnovata testimonianza di unità, oltre che giovare all’annuncio del Vangelo, favorirà il rapporto con l’Autorità civile e, particolarmente, le relazioni ecumeniche.

    Un altro elemento che desidero sottolineare è la speciale attenzione da porre, nell’azione pastorale, alla dimensione educativa. Come ho più volte affermato, oggi viviamo in una sorta di "emergenza" in questo delicato ed essenziale settore, ed è necessario moltiplicare gli sforzi per offrire, in primo luogo alle nuove generazioni, una valida formazione. Vi incoraggio, pertanto, a proseguire nel vostro impegno, curando che un’adeguata catechesi segni il cammino di fede in tutte le tappe della vita, e che vi siano occasioni, intra ed extra ecclesiali, per far giungere, sotto la vostra guida, il Messaggio di Cristo in ogni ambito del gregge a voi affidato. Singolare rilievo acquista la preoccupazione per il discernimento e l’accompagnamento delle diverse vocazioni, in particolare quelle sacerdotali e religiose, come pure l’impegno per favorire programmi destinati alla crescita umana e cristiana della gioventù. Al riguardo, vi invito a vigilare attentamente affinché i candidati al sacerdozio ricevano una solida e rigorosa formazione spirituale e teologica e siano debitamente guidati nel compiere una seria e profonda verifica della chiamata divina. La situazione attuale della nostra società richiede un discernimento particolarmente attento. E’ importante, allora, per il futuro della vostra Chiesa che a Grodno e a Pinsk si continui ad offrire ai giovani seminaristi un itinerario formativo completo e qualificato, ed è una preziosa opportunità per promuovere un’azione pastorale unitaria anche il fatto che in entrambe le istituzioni condividano il cammino verso il sacerdozio i candidati per il clero diocesano e per quello religioso. Tale situazione produrrà frutti sempre più promettenti se la proposta educativa continuerà ad essere il risultato di intensa collaborazione tra il Vescovo e i rispettivi Superiori religiosi, e sarà capace di dare vita anche ad iniziative per la formazione permanente. Siate vicini con sempre maggiore sollecitudine ai vostri sacerdoti, specialmente a quelli che iniziano il ministero pastorale. L’esercizio attento e cordiale della paternità del Vescovo costituisce un elemento fondamentale per la riuscita di una vita sacerdotale! Occorre, inoltre, avere sempre presente che il Signore vi chiama, come Pastori della Chiesa, a saper discernere ogni ministero destinato all’edificazione del corpo ecclesiale, anche di carattere laicale, culturale e civile, perché tutti contribuiscano a far crescere il Regno di Dio in Bielorussia, nello spirito di una vera e reale comunione per richiamare quei valori cristiani che hanno contribuito in modo determinante alla costruzione della civiltà europea.

    Cari Fratelli, sappiate valorizzare ogni giusto apporto per annunciare e diffondere il Regno di Dio, testimoniando con gesti concreti la fraternità che genera la pace; la mansuetudine che accompagna la giustizia; lo spirito di comunione che rifugge dai personalismi; la carità che è paziente e benigna, non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia, mai manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, si rallegra della verità e tutto crede, tutto spera, tutto sopporta per amore di Cristo (cfr 1 Cor 13,4-7). In tale contesto, si pone, altresì, la fraterna collaborazione con la Chiesa Ortodossa di Bielorussia, i cui Pastori condividono con voi la ricerca e l’impegno per il bene dei fedeli. Anche le Chiese Ortodosse, come la Chiesa Cattolica, sono fortemente impegnate a riflettere su come rispondere alle sfide del nostro tempo per trasmettere con fedeltà il Messaggio di Cristo. Accogliendo l’invito emerso nel recente incontro cattolico-ortodosso di Cipro, occorre intensificare il comune cammino in tale direzione. Un significativo apporto potrà essere offerto dalla piccola, ma fervente Comunità greco-cattolica presente nel Paese. Essa costituisce una testimonianza importante per la Chiesa e un dono del Signore.

    Qualche mese fa ho ricevuto il Signor Presidente della Repubblica di Bielorussia. Nell’incontro, cordiale e rispettoso, è stata ribadita la volontà delle parti di stipulare un Accordo, di cui è in corso l’elaborazione. Inoltre, ho sottolineato la particolare attenzione con la quale questa Sede Apostolica, come pure la Conferenza Episcopale, seguono le vicende del Paese e l’impegno di fattiva collaborazione su materie di comune interesse, al fine di promuovere, nel rispetto delle competenze di ciascun ambito, il bene dei cittadini. Venerati Fratelli, rinnovando la mia gratitudine, invoco la Madre di Dio, così amata nella vostra Terra, affinché vi sostenga e vi guidi con la sua protezione. Con tali auspici e con particolare affetto imparto a voi, ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e a tutti i fedeli una speciale Benedizione Apostolica, mentre assicuro il mio ricordo nella preghiera per tutto il Popolo bielorusso.



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    00 18/12/2009 21:40
    LE UDIENZE

    Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

    Em.mo Card. Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali;

    Em.mo Card. Joseph Zen Ze-kiun, Vescovo emerito di Hong Kong (Cina).





    RINUNCE E NOMINE



    RINUNCIA DELL’ARCIVESCOVO DI CAPE TOWN (SUD AFRICA) E NOMINA DEL SUCCESSORE

    Il Santo Padre Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Cape Town (Sud Africa), presentata da S.E. Mons. Lawrence Patrick Henry, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

    Il Papa ha nominato Arcivescovo di Cape Town (Sud Africa) S.E. Mons. Stephen Brislin, finora Vescovo di Kroonstad (Sud Africa).



    NOMINA DELL’ARCIVESCOVO-VESCOVO DI TREVISO (ITALIA)

    Il Santo Padre ha nominato Arcivescovo-Vescovo di Treviso (Italia) S.E. Mons. Gianfranco Agostino Gardin, O.F.M. Conv., con il titolo di Arcivescovo "ad personam", finora Arcivescovo tit. di Torcello e Segretario della Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di Vita apostolica.

    S.E. Mons. Gianfranco Agostino Gardin, O.F.M. Conv.

    S.E. Mons. Gianfranco Agostino Gardin, O.F.M. Conv., è nato a San Polo di Piave (provincia di Treviso, diocesi di Vittorio Veneto) il 15 marzo 1944; vissuto a Venezia dal 1946.

    Entrato nell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, ha emesso la professione solenne il 4 ottobre 1965 ed è stato ordinato sacerdote il 21 marzo 1970. Ha compiuto gli studi filosofico-teologici a Padova. Successivamente ha conseguito il dottorato in Teologia morale a Roma, presso l’Accademia Alfonsiana.

    È stato docente di Teologia morale presso l’Istituto Teologico S. Antonio Dottore di Padova e in altri Istituti teologici dal 1973 al 1988. Vicerettore nel Seminario teologico della sua Provincia dal 1973 al 1976. Dal 1978 al 1988 ha lavorato nella redazione del mensile Messaggero di S. Antonio, e dal 1980 al 1988 ha curato la nascita e poi diretto la rivista di divulgazione teologica Credereoggi.

    Dal 1988 al 1995 è stato Ministro provinciale della sua Provincia religiosa. Dal 1995 al 2001 è stato Ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali. Nel 1999 ha partecipato al Sinodo dei Vescovi sull’Europa. È stato anche Presidente dell’Unione Superiori Generali.

    Dal 2001 al 2005, risiedendo a Treviso, si è dedicato prevalentemente ad attività di formazione permanente a favore di vari Istituti di vita consacrata in Italia e all’estero. Nel luglio 2005 è stato nominato direttore generale dell’opera Messaggero di S. Antonio a Padova.

    Il 10 luglio 2006 è stato nominato Arcivescovo titolare di Cissa (successivamente trasferito a Torcello) e Segretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 26 agosto 2006.

    Ha scritto vari articoli, particolarmente su temi di vita consacrata.




    NOMINA DI CAPO UFFICIO NELLA CONGREGAZIONE PER LE CHIESE ORIENTALI

    Il Papa ha nominato Capo Ufficio nella Congregazione per le Chiese Orientali il Rev.do Mons. Arnaud Bérard.

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    00 18/12/2009 21:41
    Lettera di Benedetto XVI per i 75 anni del Cardinale Cordes


    ROMA, venerdì, 18 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito una lettera inviata da Benedetto XVI al Cardinale Josef Cordes, Presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum” , e inserita in una pubblicazione celebrativa in suo onore dal titolo “Gott ist treu” (Sankt Ulrich Verlag).

    * * *

    Eminenza! Cordes, Caro Amico!

    Nel volume di studi in Tuo onore, in occasione del Tuo 75° compleanno ho voluto essere presente almeno con una parola di ringraziamento e di benedizione. Non ricordo più quando ci siamo incontrati per la prima volta. Una idea di Te me la sono fatta per la prima volta negli anni Settanta attraverso i Tuoi contributi alla rivista “Communio” che allora era stata fondata da poco.

    Quello che Tu allora scrivevi era sempre connesso a questioni attuali, urgenti e concrete del presente, ma era anche contrassegnato da uno sguardo rivolto all’essenziale, in modo da condurre il lettore alle giuste risposte seguendo la logica intima della cosa stessa. Per circa un anno abbiamo fatto parte insieme della Conferenza Episcopale Tedesca, poi sei stato chiamato a Roma al Pontificio Consiglio dei Laici. Poco tempo dopo, il Santo Padre mi ha messo a capo della Congregazione della fede e quindi ambedue abitiamo nella città eterna da più di un quarto di secolo.

    Con coraggio e creatività al principio della Tua attività romana hai aperto nuove strade per condurre i giovani a Cristo. Dietro le case di Via della Conciliazione hai trovato la vecchia Chiesa di San Lorenzo in Piscibus che allora serviva da atrio di una scuola – un vecchio edificio sacro che hai fatto riportare alla sua pura bellezza e ne hai fatto un centro dell’incontro dei giovani con Cristo.

    Anche alla genesi ed alla crescita delle Giornate Mondiali della Gioventù hai dato un contributo. Particolarmente caratteristico per il Tuo slancio pastorale è e rimane il Tuo impegno per i “movimenti”: il Movimento Carismatico, Comunione e Liberazione ed il Cammino Neocatecumenale hanno molti motivi di gratitudine nei Tuoi confronti. Mentre gli organizzatori e i pianificatori nella Chiesa al principio avevano molto riserve nei confronti dei movimenti, Tu hai subito fiutato la vita che lì erompeva – la forza dello Spirito Santo che dona vie nuove e in modo imprevedibile mantiene sempre giovane la Chiesa.

    Hai riconosciuto il carattere pentecostale di questi movimenti e Ti sei impegnato appassionatamente per ottenere che fossero accolti dai pastori della Chiesa. Certo, per quello che riguarda l'organizzazione e la pianificazione c’erano spesso buoni motivi per scandalizzarsi perché erompevano cose nuove ed impreviste che non sempre si lasciavano ricondurre senza problemi nelle forme organizzative esistenti.

    Tu hai visto che ciò che è organico è più importante di ciò che è organizzato, Tu hai visto che qui degli uomini erano stati toccati nel profondo dallo spirito di Dio e che in tal modo crescevano forme nuove di autentica vita cristiana e nuovi modi autentici di essere Chiesa. Certo, questi movimenti devono essere ordinati e ricondotti all’interno della totalità; devono imparare a riconoscere i loro limiti e a diventare parte della realtà comunitaria della Chiesa nella sua costituzione propria insieme con il Papa e con i Vescovi. Hanno pertanto bisogno di guida e anche di purificazione per poter raggiungere la forma della loro vera maturità.

    Essi, tuttavia, sono doni dei quali bisogna essere grati. Non è più possibile pensare alla vita della Chiesa del nostro tempo senza ricomprendere in essa questi doni di Dio.

    Infine sei diventato Presidente del Consiglio Pontificio “Cor Unum” e sei quindi responsabile dell’attività caritativa della Chiesa in tutto il mondo. Hai accolto questo compito con la Tua solita energia e con uno sguardo di fede rivolto all’essenziale ed a questo compito hai dato forma. Soprattutto Ti preoccupi che la Caritas non diventi una organizzazione di beneficenza come tutte le altre, che non venga deviata verso la politica, ma sempre rimanga espressione della fede, che nel suo intrinseco dinamismo deve diventare amore.

    In questa occasione devo rivolgerTi un personale ringraziamento. Quando io, dopo la mia elezione a successore di Pietro, meditavo quale mai potesse essere il tema della mia prima enciclica mi venne in mente che Tu, già da lungo tempo, consigliavi la redazione di un documento sul tema dell’amore che avrebbe dovuto presentare non solo la Caritas come organizzazione, ma anche rendere evidente che l’amore è la realtà centrale della fede cristiana; è a partire da lì che si doveva anche prospettare nella giusta luce l’attività caritativa della Chiesa.

    Devo pertanto ringraziarTi per intuizioni sul tema di questa enciclica che si sono formate nei dialoghi con Te.

    Per tutto questo voglio ringraziarTi dal profondo del cuore. Che la benedizione di Nostro Signore possa accompagnarTi anche per il futuro in tutti i Tuoi passi.

    Tuo
    Benedetto PP XVI

    Città del Vaticano - 10.12.2009

    [© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana]

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    00 18/12/2009 21:42
    Omelia del Papa celebrando i Vespri con gli universitari di Roma


    CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 18 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo dell'omelia pronunciata da Benedetto XVI questo giovedì pomeriggio, presiedendo la celebrazione dei Vespri con gli universitari di Roma in preparazione al Natale.

    * * *

    Signori Cardinali,

    venerati Fratelli nell'Episcopato,

    illustri Signori e Signore,

    cari fratelli e sorelle!

    Quale sapienza nasce a Betlemme? Questa domanda vorrei porre a me e a voi in questo tradizionale incontro pre-natalizio con il mondo universitario romano. Oggi, invece della Santa Messa, celebriamo i Vespri, e la felice coincidenza con l'inizio della novena di Natale ci farà cantare tra poco la prima delle Antifone dette Maggiori:

    "O Sapienza, che esci dalla bocca dell'Altissimo,

    ti estendi ai confini del mondo,

    e tutto disponi con soavità e con forza:

    vieni, insegnaci la via della saggezza" (Liturgia delle Ore, Vespri del 17 dicembre).

    Questa stupenda invocazione è rivolta alla "Sapienza", figura centrale nei libri dei Proverbi, della Sapienza e del Siracide che da essa sono detti appunto "sapienziali" e nei quali la tradizione cristiana scorge una prefigurazione del Cristo. Tale invocazione diventa davvero stimolante e, anzi, provocante, quando ci poniamo di fronte al Presepe, cioè al paradosso di una Sapienza che, uscita "dalla bocca dell'altissimo", giace avvolta in fasce dentro una mangiatoia (cfr Lc 2,7.12.16).

    Possiamo già anticipare la risposta alla domanda iniziale: quella che nasce a Betlemme è la Sapienza di Dio. San Paolo, scrivendo ai Corinzi, usa questa espressione: "la sapienza di Dio, che è nel mistero" (1 Cor 2,7), cioè in un disegno divino, che è rimasto a lungo nascosto e che Dio stesso ha rivelato nella storia della salvezza. Nella pienezza dei tempi, questa Sapienza ha assunto un volto umano, il volto di Gesù, il quale - come recita il Simbolo apostolico - "fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto, discese agli inferi, il terzo giorno risuscitò da morte, salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente, di là verrà a giudicare i vivi e i morti". Il paradosso cristiano consiste proprio nell'identificazione della Sapienza divina, cioè il Logos eterno, con l'uomo Gesù di Nazaret e con la sua storia. Non c'è soluzione a questo paradosso se non nella parola "Amore", che in questo caso va scritta naturalmente con la "A" maiuscola, trattandosi di un Amore che supera infinitamente le dimensioni umane e storiche. Dunque, la Sapienza che questa sera invochiamo è il Figlio di Dio, la seconda persona della Santissima Trinità; è il Verbo, che, come leggiamo nel Prologo di Giovanni, "era in principio presso Dio", anzi, "era Dio", che con il Padre e lo Spirito Santo ha creato tutte le cose e che "si è fatto carne" per rivelarci quel Dio che nessuno può vedere (cfr Gv 1,2-3.14.18).

    Cari amici, un professore cristiano, o un giovane studente cristiano, porta dentro di sé l'amore appassionato per questa Sapienza! Legge tutto alla sua luce; ne coglie le tracce nelle particelle elementari e nei versi dei poeti; nei codici giuridici e negli avvenimenti della storia; nelle opere artistiche e nelle espressioni matematiche. Senza di Lei niente è stato fatto di tutto ciò che esiste (cfr Gv 1,3) e dunque in ogni realtà creata se ne può intravedere un riflesso, evidentemente secondo gradi e modalità differenti. Tutto ciò che viene recepito dall'intelligenza umana può esserlo perché, in qualche modo e misura, partecipa della Sapienza creatrice. Qui, in ultima analisi, sta anche la possibilità stessa dello studio, della ricerca, del dialogo scientifico in ogni campo del sapere.

    A questo punto non posso evitare una riflessione forse un po' scomoda ma utile per noi che siamo qui e che apparteniamo per lo più all'ambiente accademico. Domandiamoci: chi c'era - la notte di Natale - alla grotta di Betlemme? Chi ha accolto la Sapienza quando è nata? Chi è accorso per vederla, l'ha riconosciuta e adorata? Non dottori della legge, scribi o sapienti. C'erano Maria e Giuseppe, e poi i pastori. Che significa questo? Gesù un giorno dirà: "Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza" (Mt 11,26): hai rivelato il tuo mistero ai piccoli (cfr Mt 11,25). Ma allora non serve studiare? O addirittura è nocivo, controproducente per conoscere la verità? La storia di duemila anni di cristianesimo esclude quest'ultima ipotesi, e ci suggerisce quella giusta: si tratta di studiare, di approfondire le conoscenze mantenendo un animo da "piccoli", uno spirito umile e semplice, come quello di Maria, la "Sede della Sapienza". Quante volte abbiamo avuto paura di avvicinarci alla Grotta di Betlemme perché preoccupati che ciò fosse di ostacolo alla nostra criticità e alla nostra "modernità"! Invece, in quella Grotta, ciascuno di noi può scoprire la verità su Dio e quella sull'uomo. In quel Bambino, nato dalla Vergine, esse si sono incontrate: l'anelito dell'uomo alla vita eterna ha intenerito il cuore di Dio, che non si è vergognato di assumere la condizione umana.

    Cari amici, aiutare gli altri a scoprire il vero volto di Dio è la prima forma di carità, che per voi assume la qualifica di carità intellettuale. Ho appreso con piacere che il cammino di quest'anno della pastorale universitaria diocesana avrà per tema: "Eucaristia e carità intellettuale". Una scelta impegnativa ma appropriata. Infatti, in ogni Celebrazione eucaristica Dio viene nella storia in Gesù Cristo, nella sua Parola e nel suo Corpo, donandoci quella carità che ci permette di servire l'uomo nella sua concreta esistenza. Il progetto "Una cultura per la città", poi, offre una promettente proposta di presenza cristiana nell'ambito culturale. Mentre auspico che sia fruttuoso tale vostro itinerario, non posso non invitare tutti gli Atenei ad essere luoghi di formazione di autentici operatori della carità intellettuale. Da essi dipende largamente il futuro della società, soprattutto nell'elaborazione di una nuova sintesi umanistica e di una nuova capacità progettuale (cfr Enc. Caritas in veritate, 21). Incoraggio tutti i responsabili delle istituzioni accademiche a proseguire insieme, collaborando alla costruzione di comunità in cui tutti i giovani possano formarsi ad essere uomini maturi e responsabili per realizzare la "civiltà dell'amore".

    Al termine di questa Celebrazione, la delegazione universitaria australiana consegnerà a quella africana l'icona di Maria Sedes Sapientiae. Affidiamo alla Vergine Santa tutti gli universitari del continente africano e l'impegno di cooperazione che in questi mesi, dopo il Sinodo Speciale per l'Africa, si va sviluppando tra gli Atenei di Roma e quelli africani. Rinnovo il mio incoraggiamento a questa nuova prospettiva di cooperazione ed auguro che da essa possano nascere e crescere progetti culturali capaci di promuovere un vero sviluppo integrale dell'uomo. Possa, cari amici, il prossimo Natale portare gioia e speranza a voi, alle vostre famiglie e a tutto l'ambiente universitario, a Roma e nel mondo intero.

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    00 18/12/2009 21:42
    UDIENZA AI PARTECIPANTI AL PELLEGRINAGGIO DAL BELGIO PER IL DONO DELL’ALBERO DI NATALE IN PIAZZA SAN PIETRO

    Alle ore 12.15 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i partecipanti al Pellegrinaggio dal Belgio convenuti a Roma per il dono dell’albero di Natale in Piazza San Pietro, che quest’anno è offerto dalla regione belga della Vallonia.

    Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai presenti:


    DISCORSO DEL SANTO PADRE

    Chers Frères et Sœurs,

    Je vous souhaite à tous la bienvenue, vous qui êtes venus offrir le sapin de Noël qui, avec la crèche, orne la Place Saint-Pierre au cours des fêtes de la Nativité. J’adresse un salut particulier à Monsieur le Ministre de l’économie de la Région Wallonne et à Mgr Aloys Jousten, Évêque de Liège, et je les remercie des aimables paroles qu’ils m’ont adressées. Mes salutations cordiales vont aussi à Son Excellence Monsieur Franck De Coninck, Ambassadeur de Belgique près le Saint-Siège, ainsi qu’aux autorités politiques locales qui ont fait le voyage. Je salue également les choristes et les représentants de l’Agence wallonne à l’Exportation et aux Investissements étrangers qui sont à l’origine du projet. Ma gratitude s’étend à tous ceux qui ont offert leur collaboration à ce don et qui ne peuvent être présents aujourd’hui. Je remercie aussi les personnes qui ont assuré le transport délicat de cet arbre imposant.

    Dans la forêt, les arbres se tiennent proches les uns des autres et chacun d’eux contribue à faire de la forêt un lieu ombragé, obscur parfois. Et voici que, choisi parmi une multitude, le sapin majestueux que vous offrez aujourd’hui est illuminé et couvert de décorations étincelantes qui sont comme autant de fruits merveilleux. Laissant sa robe sombre pour un éclat scintillant, il est transfiguré, il devient porteur d’une lumière qui n’est pas la sienne mais qui rend témoignage à la vraie Lumière qui vient en ce monde. La destinée de cet arbre est comparable à celle des bergers : veillant dans les ténèbres de la nuit, les voilà illuminés par le message des anges. Le sort de cet arbre est également comparable au nôtre, nous qui sommes appelés à porter de bons fruits pour manifester que le monde a véritablement été visité et racheté par le Seigneur. Dressé auprès de la crèche, ce sapin manifeste, à sa manière, la présence du grand mystère présent dans le lieu simple et pauvre de Bethléem. Aux habitants de Rome, à tous les pèlerins, à tous ceux qui se rendront sur la Place Saint-Pierre à travers les images des télévisions du monde entier, il proclame l’avènement du Fils de Dieu. À travers lui, c’est le sol de votre terre et la foi des communautés chrétiennes de votre Région qui saluent l’Enfant-Dieu, Lui qui est venu faire toute chose nouvelle et appeler toutes les créatures, des plus humbles aux plus élevées, à entrer dans le mystère de la Rédemption et à y être associées.

    Je prie pour que les populations de votre région demeurent fidèles à la lumière de la foi. Portée il y a longtemps par des hommes qui se sont aventurés dans les vallons et les forêts des Ardennes, la lumière de l’Évangile est ensuite repartie de chez vous, portée par les très nombreux missionnaires qui ont quitté leur sol natal, pour l’emmener parfois jusqu’aux extrémités du monde. Puisse longtemps encore l’Église qui est en Belgique, et tout particulièrement le diocèse de Liège, être une terre où germe avec générosité la semence du Royaume que le Christ est venu jeter en terre.

    Chers amis, encore une fois, je vous adresse un très grand merci pour ce beau cadeau. Je vous présente dès à présent mes vœux très cordiaux de belles et saintes Fêtes de Noël, vœux que je vous prie de transmettre à vos familles, à vos collaborateurs et à toutes les personnes qui vous sont chères.

    Que le Seigneur vous bénisse, ainsi que votre Région et toute la Belgique !

    Wir freuen uns, daß ein belgischer Baum hier in St. Peter in die Welt hinein leuchtet. Ich wünsche Ihnen allen, daß das Licht dieses Baumes Ihnen auch Freude ins Herz bringt und daß Sie mit großer innerer Freude Weihnachten feiern dürfen. Gottes Segen Ihnen allen! Gesegnete Weihnachten und ein gutes Neues Jahr!


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    00 19/12/2009 21:39
    LE UDIENZE

    Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

    S.E. Mons. Angelo Amato, Arcivescovo tit. di Sila, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi;

    S.E. Mons. Salvatore Fisichella, Arcivescovo tit. di Voghenza, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita; Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense.

    Il Papa riceve questa mattina in Udienza:

    On. Gianni Letta, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con la Famiglia;

    Superiori e Officiali della Congregazione delle Cause dei Santi;

    Ragazzi dell’Azione Cattolica Italiana (A.C.R.).

    Il Santo Padre riceve questo pomeriggio in Udienza:

    Em.mo Card. Giovanni Battista Re, Prefetto della Congregazione per i Vescovi.






    RINUNCE E NOMINE


    NOMINA DEL VESCOVO DI NAKURU (KENYA)

    Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Nakuru (Kenya) il Rev.do Maurice Muhatia Makumba, del clero della diocesi di Kakamega, Rettore e Professore al Seminario Maggiore Nazionale di St. Thomas Aquinas di Nairobi.

    Rev.do Maurice Muhatia Makumba

    Il Rev.do Maurice Muhatia Makumba è nato il 19 maggio 1968, nel villaggio Lirhanda, Parrocchia di St. Joseph the Worker a Shubuyi , diocesi di Kakamega. Ha studiato la Filosofia nel Seminario Maggiore di St. Augustine e la Teologia nel Seminario Maggiore Nazionale di St. Thomas Aquinas. Ha ottenuto la Licenza e il Dottorato in Filosofia presso l’Università della Santa Croce, a Roma. È stato ordinato sacerdote il 15 ottobre 1994 ed incardinato nella diocesi di Kakamega.

    Dopo l’ordinazione sacerdotale ha svolto i seguenti incarichi: 1994: Vicario parrocchiale di St. Joseph a Kakamega; 1995-1998: Vice Rettore e Docente al Seminario Minore di St. Peter a Makumu; 1998-2002: Studi per la Licenza e il Dottorato in Filosofia presso l’Università della Santa Croce, a Roma; 2002-2005: Vice Rettore e Docente al Seminario Maggiore di St. Augustine, Manga; dal 2003: Membro del Collegio dei Consultori; 2005-2007: Rettore ad interim e Docente al Seminario Maggiore di St. Mathias Mulumba a Tindinyo; dal 2007: Rettore al Seminario Maggiore Nazionale di St. Thomas Aquinas; dal 2008: Segretario esecutivo part-time della Commissione Episcopale per la Dottrina della Fede.

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    00 19/12/2009 21:40
    UDIENZA DEL SANTO PADRE ALLA CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI PER LA CELEBRAZIONE DEL 40mo ANNIVERSARIO DELL’ISTITUZIONE DEL DICASTERO

    In tarda mattinata, nella Sala Clementina, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza Superiori, Officiali e Collaboratori della Congregazione delle Cause dei Santi in occasione della celebrazione del 40mo anniversario dell’istituzione del Dicastero.
    Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai presenti:


    DISCORSO DEL SANTO PADRE

    1. Cari fratelli e sorelle, desidero esprimere a tutti voi la gioia di incontrarvi!

    Saluto con viva cordialità i Signori Cardinali, gli Arcivescovi e i Vescovi presenti. Rivolgo il mio particolare pensiero al Prefetto del Dicastero, l'Arcivescovo Angelo Amato, e lo ringrazio per le gentili e affettuose parole che, a nome di tutti, ha voluto indirizzarmi. Con lui saluto il Segretario della Congregazione, il Sotto-Segretario, i Sacerdoti, i Religiosi, i Consultori Storici e Teologi, i Postulatori, gli Officiali Laici e i Periti Medici, con i loro familiari, e tutti i collaboratori.

    2. La speciale circostanza che vi vede riuniti intorno al Successore di Pietro è la celebrazione del 40.mo anniversario dell'istituzione della Congregazione delle Cause dei Santi, che ha conferito una forma più organica e moderna all’azione di discernimento che la Chiesa, fin dalle origini, ha messo in atto per riconoscere la santità di tanti suoi figli. La creazione del vostro Dicastero è stata preparata dagli interventi dei miei predecessori, specialmente Sisto V, Urbano VIII e Benedetto XIV, ed è stata realizzata nel 1969 dal Servo di Dio Paolo VI, grazie al quale un complesso di esperienze, di contributi scientifici, di norme procedurali si è andato configurando in una sintesi intelligente ed equilibrata, confluendo nell’erezione di un nuovo Dicastero.

    Mi è ben nota l'attività che, in questo quarantennio, la Congregazione ha sviluppato, con competenza, a servizio dell’edificazione del Popolo di Dio, offrendo un significativo contributo all’opera di evangelizzazione. Infatti, quando la Chiesa venera un Santo, annunzia l’efficacia del Vangelo e scopre con gioia che la presenza di Cristo nel mondo, creduta e adorata nella fede, è capace di trasfigurare la vita dell’uomo e produrre frutti di salvezza per tutta l’umanità. Inoltre, ogni beatificazione e canonizzazione è, per i cristiani, un forte incoraggiamento a vivere con intensità ed entusiasmo la sequela di Cristo, camminando verso la pienezza dell’esistenza cristiana e la perfezione della carità (cfr Lumen gentium, 40). Alla luce di tali frutti, si comprende l'importanza del ruolo svolto dal Dicastero nell'accompagnare le singole tappe di un evento di così singolare profondità e bellezza, documentando con fedeltà il manifestarsi di quel sensus fidelium che è un fattore importante per il riconoscimento della santità.

    3. I Santi, segno di quella radicale novità che il Figlio di Dio, con la sua incarnazione, morte e risurrezione, ha innestato nella natura umana e insigni testimoni della fede, non sono rappresentanti del passato, ma costituiscono il presente e il futuro della Chiesa e della società. Essi hanno realizzato in pienezza quella caritas in veritate che è il sommo valore della vita cristiana, e sono come le facce di un prisma, sulle quali, con diverse sfumature, si riflette l'unica luce che è Cristo.

    La vita di queste straordinarie figure di credenti, appartenenti a tutte le Regioni della terra, presenta due significative costanti, che vorrei sottolineare.

    Innanzitutto, il loro rapporto con il Signore, anche quando percorre strade tradizionali, non è mai stanco e ripetitivo, ma si esprime sempre in modalità autentiche, vive e originali e scaturisce da un dialogo con il Signore intenso e coinvolgente, che valorizza e arricchisce anche le forme esteriori.

    Inoltre, nella vita di questi nostri fratelli risalta la continua ricerca della perfezione evangelica, il rifiuto della mediocrità e la tensione verso la totale appartenenza a Cristo. «Siate santi, perché io, il Signore vostro Dio, sono santo»: è l'esortazione, riportata nel libro del Levitico (19,2), che Dio rivolge a Mosè. Essa ci fa comprendere come la santità sia tendere costantemente alla misura alta della vita cristiana, conquista impegnativa, ricerca continua della comunione con Dio, che rende il credente impegnato a «corrispondere» con la massima generosità possibile al disegno d'amore che il Padre ha su di lui e sull’intera umanità.

    4. Le principali tappe del riconoscimento della santità da parte della Chiesa, cioè la beatificazione e la canonizzazione, sono unite tra loro da un vincolo di grande coerenza. Ad esse vanno aggiunte, come indispensabile fase preparatoria, la dichiarazione dell'eroicità delle virtù o del martirio di un Servo di Dio e l'accertamento di qualche dono straordinario, il miracolo, che il Signore concede per intercessione di un suo Servo fedele.

    Quanta sapienza pedagogica si manifesta in tale itinerario! In un primo momento, il Popolo di Dio è invitato a guardare a quei fratelli che, dopo un primo accurato discernimento, vengono proposti come modelli di vita cristiana; quindi, viene esortato a rivolgere loro un culto di venerazione e di invocazione circoscritto nell'ambito di Chiese locali o di Ordini religiosi; infine è chiamato ad esultare con l’intera comunità dei credenti per la certezza che, grazie alla solenne proclamazione pontificia, un suo figlio o una sua figlia ha raggiunto la gloria di Dio, dove partecipa alla perenne intercessione di Cristo in favore dei fratelli (cfr Ebr 7,25).

    In questo cammino la Chiesa accoglie con gioia e stupore i miracoli che Dio, nella sua infinita bontà, gratuitamente le dona, per confermare la predicazione evangelica (cfr Mc 16,20). Accoglie, altresì, la testimonianza dei martiri come la forma più limpida e intensa di configurazione a Cristo.

    Questo progressivo manifestarsi della santità nei credenti corrisponde allo stile scelto da Dio nel rivelarsi agli uomini e, allo stesso tempo, è parte del cammino con cui il Popolo di Dio cresce nella fede e nella conoscenza della Verità.

    Il graduale avvicinamento alla "pienezza della luce" emerge in modo singolare nel passaggio dalla beatificazione alla canonizzazione. In questo percorso, infatti, si compiono eventi di grande vitalità religiosa e culturale, nei quali invocazione liturgica, devozione popolare, imitazione delle virtù, studio storico e teologico, attenzione ai «segni dall'alto» si intrecciano e si arricchiscono reciprocamente. In questa circostanza si realizza una particolare modalità della promessa di Gesù ai discepoli di tutti i tempi: «Lo Spirito di verità vi guiderà alla verità tutta intera» (cfr Gv 16,13). La testimonianza dei santi, infatti, mette in luce e fa conoscere aspetti sempre nuovi del Messaggio evangelico.

    Come è stato ben sottolineato dalle parole dell'Ecc.mo Prefetto, nell’itinerario per il riconoscimento della santità, emerge una ricchezza spirituale e pastorale che coinvolge tutta la comunità cristiana. La santità, cioè la trasfigurazione delle persone e delle realtà umane a immagine del Cristo risorto, rappresenta lo scopo ultimo del piano di salvezza divina, come ricorda l'apostolo Paolo: «Questa è la volontà di Dio: la vostra santificazione» (1 Ts 4,3).

    5. Cari fratelli e sorelle, la solennità del Natale, alla quale ci stiamo preparando, fa risplendere in piena luce la dignità di ogni uomo, chiamato a diventare figlio di Dio. Nell'esperienza dei Santi questa dignità si realizza nella concretezza delle circostanze storiche, dei temperamenti personali, delle scelte libere e responsabili, dei carismi soprannaturali.

    Confortati da un così gran numero di testimoni, affrettiamo dunque anche noi il passo verso il Signore che viene, innalzando la splendida invocazione nella quale culmina l'inno del Te Deum: «Aeterna fac cum sanctis tuis in gloria numerari»; nel tuo avvento glorioso, accoglici, o Verbo Incarnato, nell'assemblea dei tuoi Santi.

    Con tali voti, volentieri formulo a ciascuno fervidi auguri per le imminenti Festività Natalizie e con affetto imparto la Benedizione Apostolica.

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    00 19/12/2009 21:41
    UDIENZA A UNA DELEGAZIONE DI RAGAZZI DELL’AZIONE CATTOLICA ITALIANA

    A fine mattinata, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza una rappresentanza di ragazzi dell’Azione Cattolica Italiana (A.C.R.) e rivolge loro le parole di saluto che riportiamo di seguito:


    PAROLE DEL SANTO PADRE

    Cari Ragazzi dell’ACR,

    vi saluto con grande affetto. E’ sempre bello per me incontrarvi in questo appuntamento pre-Natalizio, tanto atteso e desiderato da tutti voi. Saluto cordialmente il Presidente Nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, Dott. Franco Miano e l’Assistente Generale, Mons. Domenico Sigalini. Per loro tramite, ringrazio quanti si adoperano generosamente per la vostra educazione religiosa e umana, dedicando tempo e risorse personali alla vostra benemerita Associazione.

    So che quest'anno vi state particolarmente impegnando sul tema "Siamo in onda" per mettervi in comunicazione con Gesù e con gli altri, avendo come riferimento l’immagine biblica di Zaccheo, colui che incontra il Signore e lo accoglie con gioia. Anche voi siete piccoli come Zaccheo, che è salito su un albero perché voleva vedere Gesù, ma il Signore, alzando lo sguardo, si è accorto subito di lui, in mezzo alla folla. Gesù vi vede e vi sente anche se siete piccoli, anche se a volte gli adulti non vi considerano come vorreste. Gesù non solo vi vede, ma si sintonizza sulla vostra onda, vuole fermarsi da voi, stare con voi, stabilire con ciascuno di voi una forte amicizia. Questo lo ha fatto nascendo a Betlemme e facendosi vicino ai ragazzi e agli uomini di ogni tempo, anche a ciascuno di noi.

    Cari amici, di fronte a Gesù imitate sempre l’esempio di Zaccheo che è sceso subito dall'albero, lo ha accolto pieno di gioia nella sua casa e non ha più smesso dì fargli festa! Accoglietelo nella vostra vita tutti i giorni, tra i giochi e tra gli impegni, nelle preghiere, quando chiede la vostra amicizia e la vostra generosità, quando siete felici e quando avete paura. A Natale, ancora una volta, l’amico Gesù vi viene incontro e vi chiama! E’ il Figlio di Dio, è il Signore che vedete ogni giorno nelle immagini presenti nelle chiese, nelle strade, nelle case. Egli vi parla sempre dell’amore "più grande", capace di donarsi senza limiti, di portare pace e perdono.

    Solo la presenza di Gesù nelle vostre vite dà la gioia piena, perché lui è capace di rendere sempre nuova e bella ogni cosa. Lui non vi dimentica mai. Se gli dite ogni giorno che "siete in onda", aspettatevi sicuramente che egli vi chiami per inviarvi un messaggio di amicizia e di affetto. Lo fa quando partecipate alla Santa Messa, quando vi dedicate allo studio, ai vostri impegni quotidiani e quando sapete compiere gesti di condivisione, di solidarietà, di generosità e di amore verso gli altri. Così potrete dire ai vostri amici, ai vostri genitori, ai vostri animatori, ai vostri educatori che siete riusciti a prendere la linea con Gesù nella vostra preghiera, nel compiere i vostri doveri e quando sarete capaci di stare accanto a tanti ragazzi e ragazze che soffrono, specialmente a coloro che vengono da Paesi lontani e spesso sono abbandonati, senza genitori e senza amici.

    Cari ragazzi, con questi sentimenti vi auguro un felice e Santo Natale. Estendo i miei voti augurali alle vostre famiglie e all’intera Azione Cattolica e, affidandovi alla protezione della Madre di Gesù, di cuore tutti vi benedico.

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    00 20/12/2009 21:56
    LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS


    Alle ore 12 di oggi, IV domenica di Avvento, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.

    Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


    PRIMA DELL’ANGELUS

    Cari fratelli e sorelle!

    Con la IV Domenica di Avvento, il Natale del Signore è ormai dinanzi a noi. La liturgia, con le parole del profeta Michea, invita a guardare a Betlemme, la piccola città della Giudea testimone del grande evento: "E tu, Betlemme di Efrata, / così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, / da te uscirà per me / colui che deve essere il dominatore in Israele; / le sue origini sono dall’antichità, / dai giorni più remoti" (Mi 5,1). Mille anni prima di Cristo, Betlemme aveva dato i natali al grande re Davide, che le Scritture concordano nel presentare come antenato del Messia. Il Vangelo di Luca narra che Gesù nacque a Betlemme perché Giuseppe, lo sposo di Maria, essendo della "casa di Davide", dovette recarsi in quella cittadina per il censimento, e proprio in quei giorni Maria diede alla luce Gesù (cfr Lc 2,1-7). In effetti, la stessa profezia di Michea prosegue accennando proprio ad una misteriosa nascita: "Dio li metterà in potere altrui – dice – / fino a quando partorirà colei che deve partorire; / e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d’Israele" (Mi 5,2). C’è dunque un disegno divino che comprende e spiega i tempi e i luoghi della venuta del Figlio di Dio nel mondo. E’ un disegno di pace, come annuncia ancora il profeta parlando del Messia: "Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore, / con la maestà del nome del Signore, suo Dio. / Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande / fino agli estremi confini della terra. / Egli stesso sarà la pace!" (Mi 5,3).

    Proprio quest’ultimo aspetto della profezia, quello della pace messianica, ci porta naturalmente a sottolineare che Betlemme è anche una città-simbolo della pace, in Terra Santa e nel mondo intero. Purtroppo, ai nostri giorni, essa non rappresenta una pace raggiunta e stabile, ma una pace faticosamente ricercata e attesa. Dio, però, non si rassegna mai a questo stato di cose, perciò anche quest’anno, a Betlemme e nel mondo intero, si rinnoverà nella Chiesa il mistero del Natale, profezia di pace per ogni uomo, che impegna i cristiani a calarsi nelle chiusure, nei drammi, spesso sconosciuti e nascosti, e nei conflitti del contesto in cui si vive, con i sentimenti di Gesù, per diventare ovunque strumenti e messaggeri di pace, per portare amore dove c’è odio, perdono dove c’è offesa, gioia dove c’è tristezza e verità dove c’è errore, secondo le belle espressioni di una nota preghiera francescana.

    Oggi, come ai tempi di Gesù, il Natale non è una favola per bambini, ma la risposta di Dio al dramma dell’umanità in cerca della vera pace. "Egli stesso sarà la pace!" – dice il profeta riferendosi al Messia. A noi spetta aprire, spalancare le porte per accoglierlo. Impariamo da Maria e Giuseppe: mettiamoci con fede al servizio del disegno di Dio. Anche se non lo comprendiamo pienamente, affidiamoci alla sua sapienza e bontà. Cerchiamo prima di tutto il Regno di Dio, e la Provvidenza ci aiuterà. Buon Natale a tutti!



    DOPO L’ANGELUS

    Rivolgo un cordiale saluto al personale de L’Osservatore Romano che, nel periodo natalizio, ogni domenica e mercoledì colloca una postazione mobile in Piazza San Pietro, dove è possibile acquistare il giornale insieme con una piccola icona della Natività. Auguro ogni bene per questa iniziativa che, oltre a diffondere il quotidiano vaticano, si propone di sostenere la realizzazione di una scuola nella Repubblica Democratica del Congo.

    Chers frères et sœurs de langue française, à quelques jours de la fête de Noël, la liturgie nous invite à reconnaître la présence de Dieu dans nos vies. A la suite de la Vierge Marie, prenons le temps de faire silence et d’écouter Dieu nous parler au plus profond de nous-mêmes ! Sachons faire confiance au Christ qui vient et rendons-nous disponibles pour nous abandonner librement à sa volonté ! Soyons déjà les porteurs de la Bonne Nouvelle de sa venue en notre monde ! Que Dieu comble tous les peuples de bonheur et de paix !

    I greet all the English-speaking visitors and pilgrims here today. On this fourth Sunday of Advent, we are filled with joy because the Lord is at hand. We heard in today’s Gospel about Mary’s journey to visit her cousin Elizabeth. Just as Mary travelled through the hill country of Judah, to share with her kinswoman the joyful news of Christ’s coming, so too the Church is called to journey through history, proclaiming the wondrous message of salvation. As the great feast of Christmas draws near, I invoke God’s abundant blessings upon all of you, and upon your families and loved ones at home.

    Von Herzen grüße ich alle deutschsprachigen Pilger und Teilnehmer am heutigen Angelusgebet. In diesen Tagen vor Weihnachten verdichtet sich die Erwartung zu freudiger Gewißheit: Der Herr ist nahe! Er kommt, um uns Menschen Heil und Rettung zu bringen. Wie Maria wollen wir Gottes Wort gläubig aufnehmen und weitertragen. Gott mache uns um so eifriger in seinem Dienst, je näher das Fest der Geburt seines Sohnes heranrückt (vgl. Schlußgebet vom IV. Adventssonntag). Euch allen wünsche ich einen guten vierten Advent und ein frohes, gnadenreiches Weihnachtsfest!

    Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española presentes en esta oración mariana y a todos los que se unen a ella a través de la radio y la televisión. La Virgen Santísima, llevando en su seno y en su corazón al Hijo de Dios, fue causa de alegría para su pariente Isabel. Os invito a que, acogiendo en vuestro interior la divina Palabra, dando un testimonio fiel y convencido de la fe y prodigándoos en obras de caridad, seáis también para los demás testigos y mensajeros de Cristo Jesús, fuente de gozo y esperanza para el mundo. Os animo igualmente, estando ya próximas las fiestas de la Navidad, a prepararos con fervor a la celebración del nacimiento del Verbo, hecho carne en las purísimas entrañas de María. Feliz domingo.

    Serdecznie pozdrawiam Polaków. Od wczoraj Arcybiskup Gnieźnieński jest Prymasem Polski. Ten honorowy tytuł powraca do najstarszej metropolii na ziemiach polskich, związanej z kultem świętego Wojciecha, Patrona Polski. Kardynałowi Józefowi Glempowi dziękuję za jego prymasowską posługę w trudnym okresie przemian. Arcybiskupowi Henrykowi Muszyńskiemu życzę wielu łask Bożych. Całemu Kościołowi w Polsce z serca błogosławię.

    [Saluto cordialmente i polacchi. Da ieri l’Arcivescovo di Gniezno è Primate della Polonia. Questo titolo onorario ritorna alla più antica Metropoli sulle terre polacche, legata al culto di San Adalberto, Patrono della Polonia. Ringrazio il cardinale Józef Glemp per aver svolto la sua missione primaziale nel difficile periodo di transizione. All’Arcivescovo Henryk Muszyński auguro abbondanti grazie di Dio. Benedico di cuore tutta la Chiesa in Polonia.]

    Saluto infine con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare la rappresentanza del Presepe Vivente di Pereto (provincia di L’Aquila), giunto alla sua quarantesima edizione. Saluto inoltre i partecipanti all’iniziativa organizzata dalla "Federazione Cultura, Sport, Spettacolo, Solidarietà nel Mondo", in collaborazione con l’Opera Romana Pellegrinaggi. A tutti auguro una serena domenica e buone feste del santo Natale.

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    00 21/12/2009 22:39
    RINUNCE E NOMINE



    RINUNCIA DI AUSILIARE DI MONTERREY (MESSICO)

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’ufficio di Ausiliare dell’arcidiocesi di Monterrey (Messico), presentata da S.E. Mons. José Lizáres Estrada, in conformità ai canoni 411 e 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.



    RINUNCIA E SUCCESSIONE DELL’ARCIVESCOVO DI CINCINNATI (U.S.A.)

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Cincinnati (U.S.A.), presentata da S.E. Mons. Daniel E. Pilarczyk, in conformità al can. 401 § 1 del codice di Diritto Canonico.

    Gli succede S.E. Mons. Dennis M. Schnurr, finora Arcivescovo Coadiutore della medesima sede metropolitana.



    NOMINA DEL VESCOVO DI SASKATOON (CANADA)

    Il Papa ha nominato Vescovo di Saskatoon (Canada) il Rev.do Mons. Donald Bolen, finora Vicario Generale di Regina.

    Rev.do Mons. Donald Bolen

    Il Rev.do Mons. Donald Bolen è nato a Gravelbourg, allora sede vescovile, oggi nell’arcidiocesi di Regina, il 7 febbraio 1961. Dopo la formazione nel "Saint Paul Seminary" di Ottawa, è stato ordinato sacerdote il 12 ottobre 1991 per l’arcidiocesi di Regina. Ha quindi perfezionato gli studi teologici presso la Saint Paul University di Ottawa (1993-1994) e l’Università di Oxford (1994-1997).

    Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha ricoperto i seguenti incarichi: Vicario parrocchiale nella parrocchia di Estevan (1991-1993); Docente di Teologia presso il "Campion College" dell’Università del Saskatchewan (1997-1999); Parroco della parrocchia "St Jean Baptiste" di Regina (1997-1998); Parroco delle parrocchie di Milestone e Lang (1998-1999); Officiale del Pontificio Consiglio per la promozione dell’Unità dei Cristiani (2000-2007).

    Dal 2007 ad oggi è stato Vicario Generale dell’arcidiocesi di Regina.

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    00 21/12/2009 22:40
    UDIENZA DEL SANTO PADRE ALLA CURIA ROMANA IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE DEGLI AUGURI NATALIZI


    Alle ore 11 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i Cardinali con i membri della Curia Romana e del Governatorato per la presentazione degli auguri natalizi.

    Nel corso dell’incontro, dopo l’indirizzo di omaggio al Santo Padre del Cardinale Angelo Sodano, Decano del Collegio Cardinalizio, il Papa rivolge ai presenti il discorso che riportiamo di seguito:


    DISCORSO DEL SANTO PADRE

    Signori Cardinali,

    Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato,

    Cari Fratelli e Sorelle,

    la Solennità del Santo Natale, come è stato appena sottolineato dal Cardinale Decano Angelo Sodano, è, per i cristiani, un’occasione del tutto particolare di incontro e di comunione. Quel Bambino che adoriamo a Betlemme ci invita a sentire l’amore immenso di Dio, quel Dio che è disceso dal cielo e si è fatto vicino a ciascuno di noi per renderci suoi figli, parte della sua stessa Famiglia. Anche questo tradizionale appuntamento natalizio del Successore di Pietro con i suoi più stretti collaboratori, è un incontro di famiglia, che rinsalda i vincoli di affetto e di comunione, per formare sempre più quel "Cenacolo permanente" consacrato alla diffusione del Regno di Dio, appena ricordato. Ringrazio il Cardinale Decano per le cordiali parole con cui si è fatto interprete dei sentimenti augurali del Collegio cardinalizio, dei Membri della Curia Romana e del Governatorato, come pure di tutti i Rappresentanti Pontifici che sono profondamente uniti a noi nel portare agli uomini del nostro tempo quella luce che è nata nella mangiatoia di Betlemme. Nell’accogliervi con grande gioia, desidero anche esprimere la mia gratitudine a tutti per il generoso e competente servizio che prestate al Vicario di Cristo e alla Chiesa.

    Un altro anno ricco di avvenimenti importanti per la Chiesa e per il mondo volge al termine. Con uno sguardo retrospettivo pieno di gratitudine vorrei in quest’ora richiamare l’attenzione solo su alcuni punti-chiave per la vita ecclesiale. Dall’Anno Paolino si è passati all’Anno Sacerdotale. Dalla figura imponente dell’Apostolo delle Genti che, colpito dalla luce del Cristo risorto e dalla sua chiamata, ha portato il Vangelo ai popoli del mondo, siamo passati alla figura umile del Curato d’Ars, che per tutta la sua vita è rimasto nel piccolo paese che gli era stato affidato e che, tuttavia, proprio nell’umiltà del suo servizio ha reso ampiamente visibile nel mondo la bontà riconciliatrice di Dio. A partire da ambedue le figure si manifesta l’ampia portata del ministero sacerdotale e diventa evidente come è grande proprio ciò che è piccolo e come, attraverso il servizio apparentemente piccolo di un uomo, Dio possa operare cose grandi, purificare e rinnovare il mondo dal di dentro.

    Per la Chiesa e per me personalmente, l’anno che si sta chiudendo è stato in gran parte nel segno dell’Africa. C’era innanzitutto il viaggio in Camerun ed Angola. Era commovente per me sperimentare la grande cordialità con cui il Successore di Pietro, il Vicarius Christi, veniva accolto. La gioia festosa e l’affetto cordiale, che mi venivano incontro su tutte le strade, non riguardavano, appunto, semplicemente un qualsiasi ospite casuale. Nell’incontro col Papa si rendeva sperimentabile la Chiesa universale, la comunità che abbraccia il mondo e che viene radunata da Dio mediante Cristo – la comunità che non è fondata su interessi umani, ma che ci è offerta dall’attenzione amorevole di Dio per noi. Tutti insieme siamo famiglia di Dio, fratelli e sorelle in virtù di un unico Padre: questa è stata l’esperienza vissuta. E si sperimentava che l’attenzione amorevole di Dio in Cristo per noi non è una cosa del passato e neppure cosa di teorie erudite, ma una realtà del tutto concreta qui ed ora. Proprio Lui è in mezzo a noi: questo abbiamo percepito attraverso il ministero del Successore di Pietro. Così eravamo elevati al di sopra della semplice quotidianità. Il cielo era aperto, e questo è ciò che fa di un giorno una festa. Ed è al contempo qualcosa di duraturo. Continua ad essere vero, anche nella vita quotidiana, che il cielo non è più chiuso; che Dio è vicino; che in Cristo tutti ci apparteniamo a vicenda.

    In modo particolarmente profondo si è impresso nella mia memoria il ricordo delle Celebrazioni liturgiche. Le Celebrazioni della Santa Eucaristia erano vere feste della fede. Vorrei menzionare due elementi che mi sembrano particolarmente importanti. C’era innanzitutto una grande gioia condivisa, che si esprimeva anche mediante il corpo, ma in maniera disciplinata ed orientata dalla presenza del Dio vivente. Con ciò è già indicato il secondo elemento: il senso della sacralità, del mistero presente del Dio vivente plasmava, per così dire, ogni singolo gesto. Il Signore è presente – il Creatore, Colui al quale tutto appartiene, dal quale noi proveniamo e verso il quale siamo in cammino. In modo spontaneo mi venivano in mente le parole di san Cipriano, che nel suo commento al Padre Nostro scrive: "Ricordiamoci di essere sotto lo sguardo di Dio rivolto su di noi. Dobbiamo piacere agli occhi di Dio, sia con l’atteggiamento del nostro corpo che con l’uso della nostra voce" (De dom. or. 4 CSEL III 1 p 269). Sì, questa consapevolezza c’era: noi stiamo al cospetto di Dio. Da questo non deriva paura o inibizione, neppure un’obbedienza esteriore alle rubriche e ancor meno un mettersi in mostra gli uni davanti agli altri o un gridare in modo indisciplinato. C’era piuttosto ciò che i Padri chiamavano "sobria ebrietas": l’essere ricolmi di una gioia che comunque rimane sobria ed ordinata, che unisce le persone a partire dall’interno, conducendole nella lode comunitaria di Dio, una lode che al tempo stesso suscita l’amore del prossimo, la responsabilità vicendevole.

    Naturalmente faceva parte del viaggio in Africa soprattutto l’incontro con i Fratelli nel ministero episcopale e l’inaugurazione del Sinodo dell’Africa mediante la consegna dell’Instrumentum laboris. Ciò avvenne nel contesto di un colloquio serale nella festa di san Giuseppe, un colloquio in cui i rappresentanti dei singoli episcopati esposero in maniera toccante le loro speranze e preoccupazioni. Io penso che il buon padrone di casa, san Giuseppe, che personalmente conosce bene che cosa significhi il ponderare, in atteggiamento di sollecitudine e di speranza, le vie future della famiglia, ci abbia ascoltato con amore e ci abbia accompagnato fin dentro il Sinodo stesso. Gettiamo solo un breve sguardo sul Sinodo. In occasione della mia visita in Africa si è resa evidente innanzitutto la forza teologica e pastorale del Primato Pontificio come punto di convergenza per l’unità della Famiglia di Dio. Lì, nel Sinodo, è emersa ancora più fortemente l’importanza della collegialità – dell’unità dei Vescovi, che ricevono il loro ministero proprio per il fatto che entrano nella comunità dei Successori degli Apostoli: ognuno è Vescovo, Successore degli Apostoli, solo in quanto partecipe della comunità di coloro nei quali continua il Collegium Apostolorum nell’unità con Pietro e col suo Successore. Come nelle liturgie in Africa e poi, di nuovo, in San Pietro a Roma, il rinnovamento liturgico del Vaticano II ha preso forma in modo esemplare, così nella comunione del Sinodo si è vissuto in modo molto pratico l’ecclesiologia del Concilio. Commoventi erano anche le testimonianze che potevamo sentire dai fedeli provenienti dall’Africa – testimonianze di sofferenza e di riconciliazione concrete nelle tragedie della storia recente del Continente.

    Il Sinodo si era proposto il tema: La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. È questo un tema teologico e soprattutto pastorale di un’attualità scottante, ma poteva essere anche frainteso come un tema politico. Compito dei Vescovi era di trasformare la teologia in pastorale, cioè in un ministero pastorale molto concreto, in cui le grandi visioni della Sacra Scrittura e della Tradizione vengono applicate all’operare dei Vescovi e dei sacerdoti in un tempo e in un luogo determinati. Ma in questo non si doveva cedere alla tentazione di prendere personalmente in mano la politica e da pastori trasformarsi in guide politiche. In effetti, la questione molto concreta davanti alla quale i pastori si trovano continuamente è, appunto, questa: come possiamo essere realisti e pratici, senza arrogarci una competenza politica che non ci spetta? Potremmo anche dire: si trattava del problema di una laicità positiva, praticata ed interpretata in modo giusto. È questo anche un tema fondamentale dell’Enciclica, pubblicata nel giorno dei Santi Pietro e Paolo, "Caritas in veritate", che ha in tal modo ripreso ed ulteriormente sviluppato la questione circa la collocazione teologica e concreta della dottrina sociale della Chiesa.

    Sono riusciti i Padri Sinodali a trovare la strada piuttosto stretta tra una semplice teoria teologica ed un’immediata azione politica, la strada del "pastore"? Nel mio breve discorso a conclusione del Sinodo ho risposto affermativamente, in modo consapevole ed esplicito, a questa domanda. Naturalmente, nell’elaborazione del documento postsinodale, dovremo fare attenzione a mantenere tale equilibrio ed offrire così quel contributo per la Chiesa e la società in Africa che è stato affidato alla Chiesa in virtù della sua missione. Vorrei cercare di spiegare questo brevemente a proposito di un singolo punto. Come già detto, il tema del Sinodo designa tre grandi parole fondamentali della responsabilità teologica e sociale: riconciliazione – giustizia – pace. Si potrebbe dire che riconciliazione e giustizia siano i due presupposti essenziali della pace e che quindi definiscano in una certa misura anche la sua natura. Limitiamoci alla parola "riconciliazione". Uno sguardo sulle sofferenze e pene della storia recente dell’Africa, ma anche in molte altre parti della terra, mostra che contrasti non risolti e profondamente radicati possono portare, in certe situazioni, ad esplosioni di violenza in cui ogni senso di umanità sembra smarrito. La pace può realizzarsi soltanto se si giunge ad una riconciliazione interiore. Possiamo considerare come esempio positivo di un processo di riconciliazione in via di riuscita la storia dell’Europa dopo la seconda guerra mondiale. Il fatto che dal 1945 nell’Europa occidentale e centrale non ci siano più state guerre si fonda sicuramente in misura determinante su strutture politiche ed economiche intelligenti ed eticamente orientate, ma queste potevano svilupparsi solo perché esistevano processi interiori di riconciliazione, che hanno reso possibile una nuova convivenza. Ogni società ha bisogno di riconciliazioni, perché possa esserci la pace. Riconciliazioni sono necessarie per una buona politica, ma non possono essere realizzate unicamente da essa. Sono processi pre-politici e devono scaturire da altre fonti.

    Il Sinodo ha cercato di esaminare profondamente il concetto di riconciliazione come compito per la Chiesa di oggi, richiamando l’attenzione sulle sue diverse dimensioni. La chiamata che san Paolo ha rivolto ai Corinzi possiede proprio oggi una nuova attualità. "In nome di Cristo siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio!" (2 Cor 5, 20). Se l’uomo non è riconciliato con Dio, è in discordia anche con la creazione. Non è riconciliato con se stesso, vorrebbe essere un altro da quel che è ed è pertanto non riconciliato neppure con il prossimo. Fa inoltre parte della riconciliazione la capacità di riconoscere la colpa e di chiedere perdono – a Dio e all’altro. E infine appartiene al processo della riconciliazione la disponibilità alla penitenza, la disponibilità a soffrire fino in fondo per una colpa e a lasciarsi trasformare. E ne fa parte la gratuità, di cui l’Enciclica "Caritas in veritate" parla ripetutamente: la disponibilità ad andare oltre il necessario, a non fare conti, ma ad andare al di là di ciò che richiedono le semplici condizioni giuridiche. Ne fa parte quella generosità di cui Dio stesso ci ha dato l’esempio. Pensiamo alla parola di Gesù: "Se tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono" (Mt 5, 23s.). Dio che sapeva che non siamo riconciliati, che vedeva che abbiamo qualcosa contro di Lui, si è alzato e ci è venuto incontro, benché Egli solo fosse dalla parte della ragione. Ci è venuto incontro fino alla Croce, per riconciliarci. Questa è gratuità: la disponibilità a fare il primo passo. Per primi andare incontro all’altro, offrirgli la riconciliazione, assumersi la sofferenza che comporta la rinuncia al proprio aver ragione. Non cedere nella volontà di riconciliazione: di questo Dio ci ha dato l’esempio, ed è questo il modo per diventare simili a Lui, un atteggiamento di cui sempre di nuovo abbiamo bisogno nel mondo. Dobbiamo oggi apprendere nuovamente la capacità di riconoscere la colpa, dobbiamo scuoterci di dosso l’illusione di essere innocenti. Dobbiamo apprendere la capacità di far penitenza, di lasciarci trasformare; di andare incontro all’altro e di farci donare da Dio il coraggio e la forza per un tale rinnovamento. In questo nostro mondo di oggi dobbiamo riscoprire il Sacramento della penitenza e della riconciliazione. Il fatto che esso in gran parte sia scomparso dalle abitudini esistenziali dei cristiani è un sintomo di una perdita di veracità nei confronti di noi stessi e di Dio; una perdita, che mette in pericolo la nostra umanità e diminuisce la nostra capacità di pace. San Bonaventura era dell’opinione che il Sacramento della penitenza fosse un Sacramento dell’umanità in quanto tale, un Sacramento che Dio aveva istituito nella sua essenza già immediatamente dopo il peccato originale con la penitenza imposta ad Adamo, anche se ha potuto ottenere la sua forma completa solo in Cristo, che è personalmente la forza riconciliatrice di Dio e ha preso su di sé la nostra penitenza. In effetti, l’unità di colpa, penitenza e perdono è una delle condizioni fondamentali della vera umanità, condizioni che nel Sacramento ottengono la loro forma completa, ma che, a partire dalle loro radici, fanno parte dell’essere persone umane come tale. Il Sinodo dei Vescovi per l’Africa ha pertanto a ragione incluso nelle sue riflessioni anche rituali di riconciliazione della tradizione africana come luoghi di apprendimento e di preparazione per la grande riconciliazione che Dio dona nel Sacramento della penitenza. Questa riconciliazione, però, richiede l’ampio "atrio" del riconoscimento della colpa e dell’umiltà della penitenza. Riconciliazione è un concetto pre-politico e una realtà pre-politica, che proprio per questo è della massima importanza per il compito della stessa politica. Se non si crea nei cuori la forza della riconciliazione, manca all’impegno politico per la pace il presupposto interiore. Nel Sinodo i Pastori della Chiesa si sono impegnati per quella purificazione interiore dell’uomo che costituisce l’essenziale condizione preliminare per l’edificazione della giustizia e della pace. Ma tale purificazione e maturazione interiore verso una vera umanità non possono esistere senza Dio.

    Riconciliazione – con questa parola-chiave mi torna alla mente il secondo grande viaggio dell’anno che si chiude: il pellegrinaggio in Giordania ed in Terra Santa. Al riguardo vorrei innanzitutto ringraziare cordialmente il Re di Giordania per la grande ospitalità con cui mi ha accolto ed accompagnato lungo tutto lo svolgimento del mio pellegrinaggio. La mia gratitudine riguarda in modo particolare anche la maniera esemplare con cui egli si impegna per la convivenza pacifica tra cristiani e musulmani, per il rispetto nei confronti della religione dell’altro e per la collaborazione nella comune responsabilità davanti a Dio. Ringrazio di cuore anche il governo d’Israele per tutto ciò che ha fatto affinché la visita potesse svolgersi pacificamente ed in sicurezza. Sono particolarmente grato per la possibilità concessami di celebrare due grandi liturgie pubbliche – a Gerusalemme e a Nazaret – in cui i cristiani hanno potuto presentarsi pubblicamente come comunità di fede in Terra Santa. Infine, il mio ringraziamento si rivolge all’Autorità palestinese che mi ha accolto, anch’essa, con grande cordialità; essa pure mi ha reso possibile una Celebrazione liturgica pubblica a Betlemme, e mi ha fatto conoscere le sofferenze come anche le speranze del suo Territorio. Tutto ciò che si può vedere in quei Paesi, invoca riconciliazione, giustizia, pace. La visita a Yad Vashem ha significato un incontro sconvolgente con la crudeltà della colpa umana, con l’odio di un’ideologia accecata che, senza alcuna giustificazione, ha consegnato milioni di persone umane alla morte e che con ciò, in ultima analisi, ha voluto cacciare dal mondo anche Dio, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe e il Dio di Gesù Cristo. Così questo è in primo luogo un monumento commemorativo contro l’odio, un richiamo accorato alla purificazione e al perdono, all’amore. Proprio questo monumento alla colpa umana ha reso poi tanto più importante la visita ai luoghi della memoria della fede e ha fatto percepire la loro inalterata attualità. In Giordania abbiamo visto il punto più basso della terra presso il fiume Giordano. Come si potrebbe non sentirsi richiamati alla parola della Lettera agli Efesini, secondo cui Cristo è "disceso nelle regioni più basse della terra" (Eph 4, 9). In Cristo Dio è disceso fin nell’ultima profondità dell’essere umano, fin nella notte dell’odio e dell’accecamento, fin nel buio della lontananza dell’uomo da Dio, per accendere lì la luce del suo amore. Egli è presente perfino nella notte più profonda: anche negli inferi, eccoti – questa parola del Salmo 139 [138], 8 è diventata realtà nella discesa di Gesù. Così l’incontro con i luoghi della salvezza nella chiesa dell’annunciazione a Nazaret, nella grotta della natività a Betlemme, nel luogo della crocifissione sul Calvario, davanti al sepolcro vuoto, testimonianza della risurrezione, è stato come un toccare la storia di Dio con noi. La fede non è un mito. È storia reale, le cui tracce possiamo toccare con mano. Questo realismo della fede ci fa particolarmente bene nei travagli del presente. Dio si è veramente mostrato. In Gesù Cristo Egli si è veramente fatto carne. Come Risorto Egli rimane vero Uomo, apre continuamente la nostra umanità a Dio ed è sempre il garante del fatto che Dio è un Dio vicino. Sì, Dio vive e sta in relazione con noi. In tutta la sua grandezza è tuttavia il Dio vicino, il Dio-con-noi, che continuamente ci chiama: Lasciatevi riconciliare con me e tra voi! Egli sempre pone nella nostra vita personale e comunitaria il compito della riconciliazione.

    Infine vorrei ancora dire una parola di gratitudine e di gioia per il mio viaggio nella Repubblica Ceca. Prima di tale viaggio sono sempre stato avvertito che quello è un Paese con una maggioranza di agnostici e di atei, in cui i cristiani costituiscono ormai soltanto una minoranza. Tanto più gioiosa è stata la sorpresa nel costatare che dappertutto ero circondato da grande cordialità ed amicizia; che grandi liturgie venivano celebrate in un’atmosfera gioiosa di fede; che nell’ambito delle università e della cultura la mia parola trovava una viva attenzione; che le Autorità dello Stato mi hanno riservato una grande cortesia e hanno fatto tutto il possibile per contribuire al successo della visita. Sarei ora tentato di dire qualcosa sulla bellezza del Paese e sulle magnifiche testimonianze della cultura cristiana, le quali soltanto rendono tale bellezza perfetta. Ma considero importante soprattutto il fatto che anche le persone che si ritengono agnostiche o atee, devono stare a cuore a noi come credenti. Quando parliamo di una nuova evangelizzazione, queste persone forse si spaventano. Non vogliono vedere se stesse come oggetto di missione, né rinunciare alla loro libertà di pensiero e di volontà. Ma la questione circa Dio rimane tuttavia presente pure per loro, anche se non possono credere al carattere concreto della sua attenzione per noi. A Parigi ho parlato della ricerca di Dio come del motivo fondamentale dal quale è nato il monachesimo occidentale e, con esso, la cultura occidentale. Come primo passo dell’evangelizzazione dobbiamo cercare di tenere desta tale ricerca; dobbiamo preoccuparci che l’uomo non accantoni la questione su Dio come questione essenziale della sua esistenza. Preoccuparci perché egli accetti tale questione e la nostalgia che in essa si nasconde. Mi viene qui in mente la parola che Gesù cita dal profeta Isaia, che cioè il tempio dovrebbe essere una casa di preghiera per tutti i popoli (cfr Is 56, 7; Mc 11, 17). Egli pensava al cosiddetto cortile dei gentili, che sgomberò da affari esteriori perché ci fosse lo spazio libero per i gentili che lì volevano pregare l’unico Dio, anche se non potevano prendere parte al mistero, al cui servizio era riservato l’interno del tempio. Spazio di preghiera per tutti i popoli – si pensava con ciò a persone che conoscono Dio, per così dire, soltanto da lontano; che sono scontente con i loro dèi, riti, miti; che desiderano il Puro e il Grande, anche se Dio rimane per loro il "Dio ignoto" (cfr At 17, 23). Essi dovevano poter pregare il Dio ignoto e così tuttavia essere in relazione con il Dio vero, anche se in mezzo ad oscurità di vario genere. Io penso che la Chiesa dovrebbe anche oggi aprire una sorta di "cortile dei gentili" dove gli uomini possano in una qualche maniera agganciarsi a Dio, senza conoscerlo e prima che abbiano trovato l’accesso al suo mistero, al cui servizio sta la vita interna della Chiesa. Al dialogo con le religioni deve oggi aggiungersi soprattutto il dialogo con coloro per i quali la religione è una cosa estranea, ai quali Dio è sconosciuto e che, tuttavia, non vorrebbero rimanere semplicemente senza Dio, ma avvicinarlo almeno come Sconosciuto.

    Alla fine, ancora una volta, una parola circa l’Anno Sacerdotale. Come sacerdoti siamo a disposizione di tutti: per coloro che conoscono Dio da vicino e per coloro per i quali Egli è lo Sconosciuto. Noi tutti dobbiamo conoscerlo sempre di nuovo e dobbiamo cercarlo continuamente per diventare veri amici di Dio. Come potremmo, in definitiva, arrivare a conoscere Dio, se non attraverso uomini che sono amici di Dio? Il nucleo più profondo del nostro ministero sacerdotale è quello di essere amici di Cristo (cfr Gv 15, 15), amici di Dio, per il cui tramite anche altre persone possano trovare la vicinanza a Dio. Così, insieme con il mio profondo ringraziamento per tutto l’aiuto resomi lungo l’intero anno, ecco il mio augurio per il Natale: che noi diventiamo sempre più amici di Cristo e quindi amici di Dio e che in questo modo possiamo essere sale della terra e luce del mondo. Un santo Natale e un buon Anno Nuovo!



    INDIRIZZO DI OMAGGIO DEL DECANO DEL COLLEGIO CARDINALIZIO

    Beatissimo Padre,

    Il Natale è vicino e fra poco faremo nostro il canto degli Angeli sulla grotta di Betlemme: "Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà".

    Intanto, in questi giorni d’attesa, cercheremo di accogliere l’invito della Liturgia, che ci chiama ad essere "vigilanti nella preghiera ed esultanti nella lode" (Prefazio II d’Avvento).

    E’ poi noto che le Feste Natalizie costituiscono, per le nostre famiglie cristiane, una bella occasione per ritrovarsi insieme e per rinsaldare i loro vincoli di reciproco amore.

    In tale circostanza, anche la Famiglia Pontificia vuole stringersi intorno a Lei, Padre Santo, per rinnovarLe i sentimenti di profonda comunione ecclesiale ed augurarLe liete e sante Feste Natalizie.

    Sono i voti che, in primo luogo, Le pervengono dai 185 Membri del Collegio Cardinalizio, sia di quelli sparsi per il mondo, sia di quelli residenti nell’Urbe. Alcuni di noi sono già avanti negli anni, sperando però che l’Onnipotente ci conceda ciò che aveva promesso ai pii Israeliti, stando alle note parole del Salmo: "Nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno vegeti e rigogliosi" (Sal 92,15).

    In secondo luogo, mi è caro presentare a Vostra Santità gli auguri di tutta la Curia Romana, che intende formare con il Successore di Pietro un "Cenacolo permanente", totalmente consacrato alla diffusione del Regno di Dio, per usare una frase cara al Servo di Dio Papa Paolo VI (Insegnamenti di Paolo VI, 1973, 257).

    Ai voti dei presenti si uniscono pure quelli dei Nunzi Apostolici, che rappresentano Vostra Santità presso le Chiese particolari ed i Governi civili dei Vari Paesi ove essi sono stati destinati. A tali auguri si uniscono pure i Nunzi Apostolici emeriti, sempre vicini alle sollecitudini pastorali del Successore di Pietro.

    Infine, sono lieto di presentare a Vostra santità anche i voti dei responsabili del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, impegnati a coadiuvarLa nel delicato settore della vita dello Stato, vero strumento di libertà per la Sede Apostolica e valido punto di sostegno per la sua missione internazionale.

    Beatissimo Padre,

    raccogliendo in un'unica "corbeille" tutti questi voti, sono molto lieto di presentarGlieli, a nome di tutti i Suoi Collaboratori. Da parte nostra, cercheremo di seguire l’invito che San Pietro rivolgeva alle prime comunità cristiane: "Ciascuno secondo il dono ricevuto, lo metta a servizio degli altri, come buoni amministratori della multiforme grazia di Dio" (cf 1 Pt, 4,10).

    Con questi sentimenti noi intendiamo collaborare con Vostra Santità, per la diffusione del Regno di Dio nel mondo d’oggi.

    Su questi nostri propositi imploriamo, Padre Santo, la Sua Apostolica Benedizione.


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    RINUNCE E NOMINE



    NOMINA DEL VESCOVO DI JASHPUR (INDIA)

    Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Jashpur (India), il Rev. Mons. Emmanuel Kerketta, attuale Amministratore diocesano di Jashpur.

    Rev. Mons. Emmanuel Kerketta

    Il Rev.do Mons. Emmanuel Kerketta, è nato il 16 marzo 1952, nel villaggio di Gotmahua, nella Diocesi di Jashpur. Dopo le scuole primarie e secondarie a Musgutry, ha frequentato la Loyola High School di Kunkuri, ed è poi entrato nel Seminario Minore di Ranchi. Ha completato un anno di "Spirituality and Probation" al St. Albert’s College, sempre a Ranchi. Ha frequentato successivamente per due anni il St. Joseph’s Seminary di Mangalore, e per oltre tre anni il St. Xavier’s College di Ranchi, prima di tornare nuovamente al St. Joseph’s Seminary per concludere gli studi di Teologia. Ha ricevuto l’Ordinazione sacerdotale il 5 maggio 1984, ed è stato incardinato nella Diocesi di Jashpur.

    Dopo l’Ordinazione sacerdotale ha ricoperto i seguenti incarichi: 1984-1986: Vicario Parrocchiale di Portenga e Direttore delle scuole di Catholic Ashram, nella medesima zona; 1986-1988: Studi di Matematica all’Università Guru Gasidas a Bilaspur; 1988 - 1989: Studi in Scienze dell’Educazione all’Università Rani Durgawati a Jabalpur; 1989 - 1992: Presidente della

    "Scuola Apostolica" di Gholeng; 1992 - 2006: Professore e poi Presidente del Deepak Janta H.S. Harradippa; 2006 - 2008: Vicario Generale di Jashpur; dal 2008: Amministratore diocesano.



    NOMINA DEL VESCOVO COADIUTORE DI SHREWSBURY (INGHILTERRA)

    Il Santo Padre ha nominato Vescovo Coadiutore di Shrewsbury (Inghilterra) il Rev.do Mons. Mark Davies, del clero della diocesi di Salford, finora Vicario Generale della medesima diocesi.

    S.E. Mons. Mark Davies

    S.E. Mons. Mark Davies è nato a Manchester il 12 maggio 1959. Ha compiuto gli studi presso la St. Ann's Secondary School di Manchester e, quelli filosofici e teologici, all' Ushaw College di County Durham ove ha conseguito il Baccellierato in Teologia. Successivamente ha ottenuto il Dottorato in Storia presso l'Università di Durham.

    È stato ordinato sacerdote l'11 febbraio 1984 per la diocesi di Salford.

    Dopo un primo periodo come Vicario parrocchiale a St. Mary's presso Swinton, nel 1989 è diventato Segretario particolare del Vescovo Mons. Kelly. Dal 1992 al 2003 è stato Parroco di St. John Bosco parish a Blackley, svolgendo contemporaneamente il ministero di Cappellano presso il Children's Hospital di Booth Hall.

    Nel 2003 è stato nominato Vicario Generale della diocesi di Salford, Canonico del Capitolo della cattedrale e Prelato d'Onore.



    NOMINA DI MEMBRI DELLA CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI

    Il Papa ha nominato Membri della Congregazione delle Cause dei Santi Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Edmond Farhat, Arcivescovo titolare di Biblo, Nunzio Apostolico, e Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Raffaello Martinelli, Vescovo di Frascati.



    NOMINA DI CONSULTORI DELLA SEGRETERIA GENERALE DEL SINODO DEI VESCOVI

    Il Santo Padre ha nominato Consultori della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi i Reverendi Signori: Mons. Ermenegildo MANICARDI, Rettore dell'Almo Collegio Capranica; Markus GRAULICH, S.D.B., Promotore di Giustizia Sostituto presso il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica; Godfrey Igwebuike ONAH, Vice Rettore della Pontificia Università Urbaniana; i Reverendi Padri: Paul BÉRÉ, S.I., Professore di Antico Testamento e Lingue bibliche, presso "Institut de Théologie de la Compagnie de Jésus", "Université Catholique de l'Afrique de l'Ouest", Abidjan (Costa d'Avorio), e presso "Hekima College Jesuit School of Theology", Nairobi (Kenya); Juan Javier FLORES ARCAS, O.S.B., Rettore Magnifico del Pontificio Ateneo S. Anselmo; Paolo MARTINELLI, O.F.M. Cap., Preside dell'Istituto Francescano di Spiritualità presso la Pontificia Università "Antonianum", e Professore di Teologia Dogmatica e di Teologia Spirituale presso la Pontificia Università Gregoriana; Samir KHALIL SAMIR, S.I., Professore di Storia della Cultura Araba e di Islamologia presso l'Università "St Joseph" di Beyrouth (Libano).

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